lunedì - Te la devi meritare Giò

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lunedì - Te la devi meritare Giò
Te la devi meritare, Gio’_Miki Rosco
LUNEDÌ
Abstract
Aveva buttato giù i primi tre articoli, quando Marta lo chiamò.
-
Sono arrivati i punk, ti aspettano nella saletta riunioni.
Giò si mosse stancamente, diviso tra il sollievo di interrompere il lavoro redazionale e lo
sconforto di incontrare quel coatto. Eccolo lì, vestito tutto di pelle nera, con i capelli viola,
accompagnato, come sempre, dalla sua compagna, la Geisha Caterina, una tizia in parrucca e
minigonna inguinale, col viso bistrato e che non apriva mai bocca, quella che, durante i
concerti, lavorava a maglia sul palcoscenico. Non aveva mai capito a quale genio del
marketing era venuta in mente l’idea della tipa silenziosa e mite conciata in quel modo, ma
funzionava, visto che, delle tante mail che venivano postate sul sito, una su cinque – loro
avevano statistiche su tutto – era indirizzata alla Geisha. Giò ne era un po’ turbato, non
l’aveva mai sentita parlare, tanto da credere che fosse muta.
- Eccolo, il nostro grande redattore. Nun ce so’ contatti, sul sito, Giosuè, non c’è
gnente! Saranno mille al massimo, in una settimana, ma che cazzo stai facendo?
- Mille non sono male. – con quel buzzurro non gli andava di fare il solito numero
dell’accento sul nome, lo chiamasse come voleva. – Non hai concerti, non vai in
televisione, non hai dischi nuovi, che debbo comunicare? Un migliaio di contatti non è
male.
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- Nun è male un cazzo. Che te pago a fa’? Che ve pago a fa’ se nun siete capaci di
inventarvi quarcosa? Se ero capace io, lo facevo da solo, sto cazzo de sito. Dovete
inventarvi quarcosa voi, pe’ fa’ movimento. Capito? Fatte venì quarche idea. – fece
una pausa, guardandolo fisso negli occhi con aria di seria disapprovazione, sospirò in
modo plateale e si voltò verso il responsabile marketing - E noi namo a parlà de sordi,
Agostì, che così nun va.
Ed entrò nella stanza di Presta, chiudendo la porta violentemente e lasciandolo solo con la
muta, che, dopo un lunghissimo minuto di silenzio, a dimostrazione, infine, che era dotata di
parola, gli si rivolse.
- Tu sei figlio del Salvinetti?
- Conosci mio padre?
- Ci ho fatto l’esame di italiano.
La voce era dolce e profonda. Faceva malissimo a non parlare, la Geisha, che sotto la
parruccona e la faccia bianca, non doveva essere niente male.
-
Sei iscritta a lettere?
-
Mi sono laureata cinque anni fa. Ho ventotto anni.
-
Beh, io ne ho trenta e mi sono laureato solo due anni fa.
La Geisha sospirò.
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-
Mi ha messo ventinove, quel pallone gonfiato. Non ti offendi se lo chiamo “pallone
gonfiato”?
-
Nemmeno un po’, mio padre è uno stronzo. Solo lui mette questi voti. Comunque, ti è
andata bene: io ho preso ventiquattro. Mi ha fatto torturare per un’ora dalla Chiarini,
la sua assistente devota, lui ascoltava e non interveniva. Poi ha detto: “mettigli
ventiquattro. Per essere uno di Scienze della Comunicazione non è male.”
-
Allora sei d’accordo con me che è uno screanzato. E scorretto per di più. Io ho preso
tutti trenta, solo quel ventinove. Non mi importa più niente dei voti, ma allora ci sono
rimasta male.
-
Cazzo, tutti trenta, sei forte.
-
Mentre Aldo ha preso diciannove. - E ridacchiò.
-
Chi è Aldo?
La geisha lo guardò, finalmente diretto.
-
Come chi è, sei il suo biografo e non lo sai? AnVedi, si chiama Aldo.
Altra risatina.
Giò non sapeva come continuare, la ragazza lo intrigava, e poi ventinove dal padre, non era
male. E tutti trenta.
-
Ti dispiacerebbe se ti facessi un pompino? - Gli chiese lei dopo un lungo minuto, e
senza aspettare la sua risposta, si inginocchiò davanti a lui, gli tirò la lampo e iniziò a
succhiarglielo.
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Giò ebbe contemporaneamente tre diversi pensieri angosciosi, che solo per amor di logica
elenchiamo in sequenza.
1. oddio, e se non mi viene duro?
2. oddio, oggi incontro Claudia!
3. oddio e se entra AnVediAldo?
Tralasciamo il terzo pensiero angosciato, perché è naturale che arrivi in quelle condizioni e
non ha bisogno di spiegazioni. Sugli altri due occorre invece chiarire che, benché Giò abbia
solo trent’anni, ha avuto ripetute defaillance erettive. Magari non proprio ripetute, ma più
d’una. Le ha avute con Claudia, la sua ragazza e quella sera dovevano incontrarsi. Perché
Claudia, professoressa precaria di musica a Brescia, tornava una volta a settimana a Roma,
domenica andava dai suoi e lunedì si dedicava al “ragazzo” prima di prendere il treno per
tornare al nord. E forse era proprio quella stupida routine sessuale che lo aveva reso meno
pronto. E ora la Geisha Caterina metteva a rischio ulteriore la sua performance serale, visto
che la prima preoccupazione si era rivelata immediatamente infondata. Quindi l’esperienza,
peraltro di indiscutibile soddisfazione per Giò, fu almeno in parte guastata dal pensiero di
Claudia. (Forse uno psicologo direbbe che c’era, in questa ombra, un certo qual senso di
colpa, ma conoscendo il nostro eroe, tendiamo ad escluderne ogni traccia).
Per fortuna,
anche la terza preoccupazione, pur presente, non si rivelò motivata e AnVediAldo entrò nella
stanza non appena la Geisha si era seduta ricomposta e aveva appallottolato il fazzoletto di
carta che era servito per pulire le tracce del misfatto.
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