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Dialogo
con
gli
torici
u2 l’età dei totalitarismi e la seconda guerra mondiale
T5 Re nzo D e Fe lice
L’unicità dell’esperienza fascista italiana
Intervista sul fascismo, Laterza, Roma-Bari 1999
Lo studioso Renzo De Felice (1929-), pur non negando l’esistenza di un fondo comune nelle diverse
esperienze autoritarie dell’Europa tra le due guerre, ritiene che il concetto di “fascismo”, per avere
un significato, deve essere circoscritto all’esperienza italiana. Sicuramente tale esempio influenzò
altri paesi europei, ma i risultati fuori dall’Italia finirono per essere radicalmente diversi.
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Quando si dice che il regime fascista è conservatore, autoritario, reazionario, si può avere
ragione. Però esso non ha nulla in comune con i regimi conservatori che erano esistiti prima
del fascismo e con i regimi reazionari che si sono avuti dopo.
Il regime fascista ha come elemento che lo distingue dai regimi reazionari e conservatori
la mobilitazione e la partecipazione delle masse. Che poi ciò sia realizzato in forme demagogiche è un’altra questione: il principio è quello della partecipazione attiva, non dell’esclusione. Questo è un punto che va tenuto presente, è uno degli elementi, diciamo così, rivoluzionari. Un altro elemento rivoluzionario è che il fascismo italiano – anche qui si può dire
demagogicamente, ma è un altro discorso – si pone un compito, quello di trasformare la società e l’individuo in una direzione che non era mai stata sperimentata né realizzata.
I regimi conservatori hanno un modello che appartiene al passato e che va recuperato. I
regimi di tipo fascista, invece, vogliono creare qualcosa che costituisca una nuova fase della civiltà.
Qui si introduce una differenziazione tra il fascismo nella sua versione italiana e il nazionalsocialismo, il quale, se ha tutto l’aspetto rivoluzionario di mobilitazione delle masse,
per quel che concerne la trasformazione della società si muove su un doppio binario che in
parte si diversifica dal caso italiano. Se da un lato tende alla creazione di una nuova società, dall’altro però i valori più profondi su cui questa società deve costruirsi sono valori tradizionali, antichi, addirittura immutabili. Il principio della razza è tipico, in questo senso,
ma non è il solo: il nazismo non fa altro che recuperare e adattare a se stesso la «nuova politica» così come si era sviluppata dalle guerre antinapoleoniche in poi, tende cioè ad una
restaurazione di valori; non alla creazione di nuovi valori. L’idea di creare un nuovo tipo di
uomo non è del nazismo.
[…] Io sono fermissimo nel ritenere che il fascismo sia un fenomeno che si può e si deve
circoscrivere rigidamente, altrimenti non capiamo più niente.
[…] Non a caso, negli ultimi anni i maggiori contributi all’analisi del fascismo sono venuti dal sistematico lavoro di ricerca e di approfondimento storico della realtà dei singoli fascismi. Direi che i maggiori studiosi ormai sono d’accordo che il discorso sul fascismo tenda
a definirsi in termini piuttosto univoci, e in qualche misura ben diversi da quelli nei quali era stato impostato negli anni precedenti la nostra generazione. Questi studiosi concordano nel constatare che nei singoli fascismi le peculiarità nazionali furono decisive, tali da
rendere un discorso di tipo unitario scientificamente poco produttivo. Il denominatore comune c’è, ma è molto meno importante di quanto comunemente si dice, ed è un denominatore comune negativo, che riguarda cioè una serie di cose che si rifiutano da parte dei fascismi, in particolare dal fascismo italiano e dal nazismo.
Quando si passa al positivo – alle cose che essi volevano creare, volevano affermare – allora le differenze diventano molto forti e tali da indurre ad usare il termine «fascista» con
estrema cautela, se, almeno in sede storica, si vuole capire la peculiarità dei vari movimenti,
se si vuole veramente capire tutto il periodo nel suo complesso.
© 2012 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – A. Brancati, T. Pagliarani, Voci della storia e dell’attualità
Dialogo
con
gli
torici
u2 l’età dei totalitarismi e la seconda guerra mondiale
Comprensione
1 In che senso De Felice usa il termine «rivoluzionario» per definire il movimento fascista?
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2 Perché questo carattere «rivoluzionario» differenzia profondamente il fascismo dal nazismo?
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3 In quale altro aspetto il fascismo si differenziava dal nazismo secondo l’autore?
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Interpretazione
4 Sei d’accordo con De Felice quando sostiene che il fascismo operò per l’inclusione delle masse nella
vita del paese, e non per la loro esclusione? Scrivi un breve testo in cui porti degli esempi a sostegno
della tua opinione.
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© 2012 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – A. Brancati, T. Pagliarani, Voci della storia e dell’attualità