02 Federico Mao
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02 Federico Mao
Federico Mao VC Intervista a mia zia. Mariuccia Ramorino, detta Iucci, nata a Cuneo il 30/12/1925, fino a sei anni ha abitato a Ceva, nella provincia, per poi spostarsi a Torino nel 1932, davanti al cantiere dell’ospedale Molinette. Rimase nella stessa residenza fino al luglio del 1943, quando la Royal Air Force bombardò Torino distruggendole l’abitazione (ci dice Iucci) “provocando 12 morti”. Dopo le elementari ha studiato alle magistrali, ma a causa del conflitto abbandonò gli studi e all’età di 17 anni ha iniziato a fare la sarta “in via Roma, da Mari Mattè, lavorando 11 anni senza libretto ma imparando un mestiere”. Dopo un matrimonio finito con un annullamento dalla Sacra Romana Rota “costato dieci milioni di lire, di allora”, e l’attesa per questa, conobbe Lino Chillemi, siciliano, futuro suo secondo marito il “4 gennaio del 69, sposato nella medesima chiesa”. Felicemente sposata con una parte d’Italia da sempre leggermente malvista “data la mia testa quadra da piemontese”, dopo diversi viaggi per l’Europa ed avventure perse l’amato Lino, da lì sempre rimpianto “perché era una persona squisita sotto tutti i punti di vista, ja dit tut”. Ora è un’arzilla vecchietta di 87 anni “monarchica fino alla fine”, abita nella stessa casa “con amore” da 60 anni, che taglia e cuce “non solo i vestiti, ma anche le lingue”. Domanda: Durante la seconda guerra mondiale avevi la mia età. Come hai vissuto la tua adolescenza? Risposta: Erano tempi brutti, non come adesso. C’era la tessera annonaria, il pane di riso, impossibile da mangiare e digerire. Noi andavamo a Ceva a prendere la farina e il salame dai mezzadri di mia nonna (paterna). Quando si arrivava a Porta Nuova quelli della annonaria ti frugavano nelle borse e si trattenevano queste cose, e guai a rispondere. Non potevi dir niente. Erano già ladri allora. Noi la fame non l’abbiamo sofferta e a fine guerra avevamo ancora del caffé nel barattolo. Il periodo più nero è stato l’8 settembre 43 (mi pare), quando i ragazzi o andavano nella repubblica di Salò o nei partigiani. Mio zio, l’alpino, è andato col maggiore Mauri nelle Langhe, a Torresina, a Iliano e con mia nonna, nell’imbottitura della giacca avevamo il tabacco per i partigiani. Avevano diritto a fumare! Già che facevano una vita bruttissima. Avevamo anche i lasciapassare per i tedeschi e per i partigiani (il terreno era diviso), ma nessuno ce l’ha mai chiesti. Ho assistito al lancio degli americani con i bengala. I bengala illuminavano come se fosse giorno e poi i paracadute arrivavano dal cielo, con armi, latte e cioccolato. Così tanti contadini facevano provviste (rubando, il primo che li trovava… eheh). Radio Londra diceva quando arrivavano i lanci. I tedeschi Castellino Tanaro l’hanno bruciata con delle persone dentro la chiesa. I tedeschi facevano paura. Ma anche Stella Rossa faceva paura, dall’altra parte del Tanaro. Come in tutti i gruppi ce ne sono di bravi e di farabutti. Io che sono monarchica sono la prima a dire che chi ha davvero tradito il Paese è stato Vittorio Emanuele III, che ha abbandonato i soldati senza ordini, allo sbaraglio. Basti pensare a Cefalonia: una vergogna, i tedeschi fucilavano ufficiali e soldati comuni italiani. Umberto di Savoja sarebbe andato con i partigiani e il padre non gliel’ha permesso. Fosse andato forse avremmo ancora i re. Federico Mao VC Mi dispiace che tanti giovani non sanno che in tanti sono morti per niente, vedessero l’Italia che oggi abbiamo. “Un giorno per la libertà senza libertà”. Chi andava coi partigiani cercava la libertà, ma non l’hanno trovata. Finita la guerra abbiamo tutti aspettato la rinascita: in parte c’è stata e in parte no. Un aneddoto che mi piace ricordare, che mi fa ancora male adesso: a Torresina ho conosciuto un ragazzo di 18 anni, Massarello di Ceva; l’hanno catturato i tedeschi, gli hanno strappato il cuore e l’hanno attaccato al camion per le gambe, a testa per terra, e l’hanno trascinato da Torresina; arrivato a Ceva rimanevano solo i brandelli. Bestie. Quando vado al cimitero a Ceva, per trovare i miei genitori, passo dai caduti per la resistenza e lascio un fiore, in ricordo di quel ragazzo. Sono stati tempi brutti. Ora non sono belli (metti “puntini puntini”). Speriamo in bene (metti un punto interrogativo). L’avvenire per i giovani come sarà? Stiamo vendendo tutto. Anche la Microtecnica nata qui in piazza Graf non è più nostra. Il giorno che ho visto strappare il nome dall’edificio mi sono messa a piangere. Una parte della nostra gioventù è stata legata a quella fabbrica. Ora mi ritrovo vecchia, sola, ogni tanto vengono i miei cugini a trovarmi. Ma il mondo non mi piace più: non c’è più educazione, quello che conta sono i soldi e l’apparire. Ma per andare bene bisogna ESSERE positivi, anche coi difetti. Amo il Piemonte, ma anche l’Italia. È la mia patria e non la lascerei per nulla al mondo, manco dovessi mangiare una cipolla intera. Speriamo in bene (ma c’è poco da sperare, sottolinealo tre volte). C’è troppo egoismo e ladrocinio. Forse la parola “onestà” non si conosce più. Eravamo poveri, ma molto ricchi dentro. Una volta. Punto e basta. Ce ne sarebbe da raccontare. Ho visto anche diciottenni gridare “Viva il Duce! Viva l’Italia” ed essere fucilati dalle squadre Ettore Muti (repubblichini) al ponte Isabella. I giardini delle Molinette erano pieni di morti (ai tempi aveva i giardini da un’entrata all’altra). Mia mamma faceva la fioraia davanti l’ospedale e aveva un gran da fare con le corone di fiori. Si è rovinata tutte le mani col fil di ferro. Lei lavorava sodo perché mio padre l’avrebbero mandato in Germania se non si fosse nascosto dai mezzadri di mia nonna ai Poggi di Ceva. Meno male che è finita. Speriamo di non vederne più. Perché quando andavo a scuola del 36 c’era la guerra d’Africa, vedevamo sulle cartine dove erano i nostri. Mio zio, è stato a Bengasi, e ne ha viste di cose brutte! Quando c’era il generale Graziani, preso e castrato dai beduini. Speriamo di non vederne più. Ora sarebbe distruttiva per il mondo intiero. Avessimo avuto le V1 (i missili) forse avremmo vinto… mah… Non è stato così. Mussolini non ha fatto tutto male, perché se abbiamo le pensioni possiamo dire grazie a lui. Ci insegnava l’amor di patria. Ora ci insegnano l’amor di portafoglio. La nostra generazione ha visto troppe guerre. Del 36 dopo l’Abissinia facevamo le scarpe con i feltri dei cappelli da uomo. Nel 38 quella di Spagna è stata tremenda, con tutti i morti all’Alcázar. E poi l’ultima è stata disastrosa, sotto tutti i punti di vista. Anche la Quarta Armata americana ne ha fatte di tutti i colori a Napoli. Andavano con le ragazze, le stupravano, e non si poteva dire niente. Ne sono nati tanti di mulatti. I genitori potevano solo nascondere le ragazze... quella è l’America. Federico Mao VC Allora io torno a dire “Guai ai Vinti!”, mi pare l’abbia detto Giulio Cesare, non ricordo bene, ne è passato di tempo, ma non è cambiato niente sotto il sole. La bestia più grande mangia la bestia più piccola. Ora c’è solo da temere Chernobyl, perché le radiazioni hanno contaminato i cervelli. E io dico “speriamo in bene”. Tanto quando arriva quello che arriva per tutti io l’aspetto con piacere, ho già visto abbastanza. Preferisco la sincerità, anche se qualche volta è scomoda. L’ass scritt’ tut? Lèi ja dine abastansa. Ades vui autri giüvu deve da fè. Bhom. Spero per tutti i miei nipoti e la nuova gioventù che spunti un’alba radiosa. Ora ho chiacchierato abbastanza e chiudo la parentesi. Bhom. (Se non vi piace strappate tutto, non è neanche la centesima parte di quello che ho visto)