La cena dei ribelle con Loti F Beriusconi: danno peli il Pd
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La cena dei ribelle con Loti F Beriusconi: danno peli il Pd
La cena dei ribelle con Loti F Beriusconi: danno peli il Pd Guerra sui nt di Paola Di Caro ROMA «Se ne andranno in 5 o 6, non ci faranno male. Anzi, vedrete, il danno sarà tutto per Renzi, che dovrà gestire gente che nel suo partito considerano impresentabile. Voglio proprio vedere come farà...». Raccontano che, dopo l'appello al cuore e all'antica amicizia che non ha smosso Denis Verdini dalle proprie posizioni, con i suoi Silvio Berlusconi abbia archiviato l'addio senza drammi. Ci aveva provato l'ex premier a impedire l'ennesima rottura nel suo partito, e nei prossimi giorni ha assicurato ai suoi che si darà da fare per evitare che il gruppo lieviti e abbia sul prosieguo della legislatura un impatto maggiore di quello che potrebbe avere se restasse limitato a 5-6 nuovi voti per la maggioranza di governo. Ma alla fine, per Berlusconi, la patata bollente sarà appunto «nelle mani di Renzi». Non la pensano così i verdiniani, che pure in larga parte di Berlusconi sono stati per anni e anni fedelissimi, inseriti nella macchina operativa del partito, con ruoli di peso. Come Luca D'Alessandro, che lascia con amarezza per approdare al Misto alla Camera assicurando che voterà solo quello che riterrà «giusto dei provvedimenti del governo: l'abbassamento delle tasse, se ci sarà, le riforme. Mai la fiducia, quella no». Come Ignazio Abrignani, che scuote la testa: «La verità è che questo era il partito dove le liti un tempo erano politiche, tra Tremonti e Scajola. Oggi, assistiamo ad altre liti...». E non c'è dubbio che il cam- eri. Gli «scissionisti»: al Senato almeno in dieci biamento di dna di Forza Italia, la presa del potere del cosiddetto cerchio magico - la Rossi, Toti, la Bergamini, con un suo ruolo cruciale pure la Pascale - abbia allontanato e alla fine provocato la rottura insanabile tra Verdini e i suoi - sempre più marginalizzati dopo la fine del Nazareno - e un Berlusconi che, denunciano in coro «ha scelto una strada che non è più la nostra, a partire dalle alleanze: con questo Salvini, noi non ci staremmo mai». Ci sono così ragioni umane, personali, di rapporti, di pesi ma anche profondamente politiche nello strappo di Verdini e i suoi. L'ex coordinatore dal Nazareno in poi ha sempre sostenuto la necessità di mantenere vivo il dialogo con Renzi, in qualsiasi forma, e lui personalmente non l'ha mai abbandonato se è vero che due sere fa, prima di incontrare ieri Berlusconi a pranzo, è stato a cena col braccio destro operativo di Renzi, Luca Lotti, per concordare forse, sicuramente per informare il premier delle sue mosse. Alleaderpd d'altronde Verdini porta in dote un tesoretto non da poco. Ufficialmente, i numeri al Senato sui quali potrebbe contare la maggioranza sarebbero io o u: alcuni di provenienza azzurra (Verdini, Mazzoni, D'Anna, Falanga, Longo), altri da Gal (Schiavone e Compagnoni che avrebbero avuto il L'ira della siinistra D'Attorre: verifica con la nostra base se appoggiassero la maggioranza via libera dal loro leader lombardo), Barani, Davico, l'ncd Langella, probabilmente Conti che pur non avendo firmato il documento dei io sarebbe disponibile ad aggiungersi. Ma fra i verdiniani, che vorrebbero lanciare il gruppo la prossima settimana, c'è la speranza che i numeri crescano, tanto che la sensazione è che ci si tenga appositamente stretti nel dichiarare le proprie forze per evitare le mosse di riconquista da parte di Berlusconi. Numeri che su riforme e temi delicati potrebbero essere decisivi non solo in Aula ma anche nelle commissioni, cambiando gli equilibri a favore della maggioranza anche laddove i mal di I parlamentari che, secondo le stime dei verdinani, sarebbero pronti a seguire l'ex coordinatore di FI nelle due Camere pancia di qualche componente del centrosinistra provocassero problemi. Per questo Renzi non benedice certo pubblicamente l'operazione dando il benvenuto ad «Azione Liberal Popolare», ma guarda con favore a quello che potrebbe trasformarsi non nel secondo «forno» che fu Forza Italia con Nazareno, ma certo in un utile fornelletto col quale tenere a bada i ribelli del suo partito. Non a caso, nel Pd la minoranza guarda con grande sospetto e diffidenza all'operazione: «Ho visto che ci sarebbero stati colloqui, incontri, pranzi con Renzi e Lotti: se questo gruppo desse il suo sostanziale appoggio alla maggioranza, sarebbe indispensabile una verifica democratica con la base del Pd», avverte Alfredo D'Attorre. Da parte loro, i verdiniani guardano al futuro: la legislatura è lunga, e un polo centrista che si fondi nel partito della Nazione di Renzi «si potrà costruire». Dopo aver metabolizzato un addio che peserà, sul centrodestra e forse sulla legislatura. © RIPRODUZIONE RISERVATA Riccardo Conti, 67 anni, Riccardo Mazzoni, 61 anni, toscano, tra i senatori più vicini a Verdini, è membro della commissione Affari bresciano, imprenditore, l'8 luglio ha lasciato il gruppo di Forza Italia per entrare nel misto costituzionali Michelino Davico, 54 anni, Vincenzo D'Anna, 63 anni, campano, biologo, senatore di Gal, ha sostenuto alle Regionali in Campania la corsa di De Luca piemontese, insegnante, eletto in Senato con la Lega, da dicembre 2013 è nel gruppo di Gal Lucio Barani, 62 anni, toscano, medico, già esponente del Nuovo Psi, è stato eletto con il Pdl ed è passato poi al gruppo Gal Denis Verdini, 64 anni, e Silvio Berlusconi, 78, ritratti nell'aprile del 2010 all'Auditorium di Santa Cecilia di Roma nel corso della Direzione nazionale dell'allora Pdl, di cui Verdini era coordinatore nazionale con Bondi e La Russa (Aldo Liverani)