E - Autorità di Bacino del Fiume Arno
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Autorità di Bacino del Fiume Arno Rassegna stampa di venerdì 24 aprile 2015 ID Quotidiani Categoria Ambito 17 24-apr-15 La Nazione Rischio Idraulico Firenze Rari Nantes, non c'è più pace: “Via entro il mese di giugno” Pepino Paolo 21 24-apr-15 La Nazione Cronaca Firenze Canottieri, addio agevolazioni: “Saremo costretti a chiudere” Marmugi Elena 11 24-apr-15 La Repubblica Politica Firenze Cgil contro Nardella, l'ultimo affondo per la Notte bianca Vanni Massimo 24-apr-15 La Nazione Urbanistica Bagno a Ripoli “Colline al sicuro: nessuna nuova casa” Plastina Manuela 11 24-apr-15 La Nazione Politica Elezioni regionali 2015. Donzelli. “Rossi stringe mani, io penso ai fatti” 11 24-apr-15 Il Tirreno Politica Elezioni regionali 2015. I tre motivi della Toscana con Salvini 21 24-apr-15 Il Tirreno Cronaca La Toscana si prepara: verso le tendopoli a Firenze e Grosseto Neri Mario 11 24-apr-15 Il Messaggero Politica Italicum, il premier non teme i numeri e dai ribelli pd arrivano messaggi di pace Bertoloni Meli Nino 11 24-apr-15 Corriere della Sera Politica Italicum, sfida su voto segreto e fiducia. Prodi boccia il partito della Nazione 11 24-apr-15 Il Sole 24 ore Politica Italicum. Fi annuncia il primo voto segreto 11 24-apr-15 La Nazione Politica Renzi vuole il tesoretto a ogni costo. Il governo blinda le risorse già sicure 11 24-apr-15 Corriere della Sera Politica Berlusconi. Il leader vuole un ciclone, le liste un test per ripartire. Rossi sonda i nuovi nomi 11 24-apr-15 Il Messaggero Politica Fi, la rifondazione di Berlusconi riparte da Marina 11 24-apr-15 Il Giornale Politica Marina Berlusconi gela Renzi: “E' di parole più che di parola” 11 24-apr-15 La Repubblica Politica “Renzi avvelena la politica”. L'ira di Marina Berlusconi spiazza i moderati di Arcore Ciriaco Tommaso 11 24-apr-15 La Stampa Politica Verdini pronto a lasciare Fi per il partito della Nazione La Mattina Amedeo 11 24-apr-15 Il Sole 24 ore Politica Città metropolitane con tagli diversificati Trovati Gianni 11 24-apr-15 Italia Oggi Politica Solidarietà tra i super-sindaci Barbero Matteo 11 24-apr-15 Il Messaggero Politica Profughi, lite fra le Regioni. Il Viminale rivede le quote 11 24-apr-15 La Repubblica Politica Diffamazione, stretta anche sui blog Milella Liana 11 24-apr-15 L'Espresso Politica Nel Pd la vera scissione è tra centro e periferia Ignazi Piero 11 24-apr-15 L'Espresso Politica Vietato indagare ministri 2 Data Titolo articolo Giornalista Lancisi Mario T. Al. Fiammeri Barbara Gozzi Alessia Labate Tommaso Ajello Mario Zurlo Stefano Errante Valentina Biondani Paolo Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 24/04/2015 Sasso Michele 11 24-apr-15 L'Espresso Politica Governatori sfrenati 6 24-apr-15 Italia Oggi Finanze Ora spunta anche la tasse sulle frane Giancane Antonio 19 24-apr-15 La Stampa Ambiente Tre proposte per il clima che cambia Corbi Maria Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 2 24/04/2015 Nantes, non c e p_íu pace entro íl mese dí gï gno» u Nuova ingiunzione inviata dalla Città Metropolitana di PAOLO PEPINO NON c'è pace per la Canottieri Comunali ma neppure, e soprattutto, per la Rari Nantes Florentia presa di mira dalla Provin- cia/Demanio ora sotto le vesti di «Città Metropolitana». E' infatti dei giorni scorsi l'ordinanza dirigenziale del nuovo ente che è pervenuta a sorpresa nella sede Rari sul lungarno Ferrucci nella quale viene intimato, entro il prossimo mese di giugno, il rilascio delle parti demaniali della stessa sede. IN SOSTANZA sarebbero interessati gli uffici della società biancorossa, terrazze e ristorante. Escluse, la piscina intitolata a Gigi Raspini e la palazzina storica che ospita gli spogliatoi. Insomma, un sorprendente giro di vite al famoso «cronoprogramma» concordato fra Provincia e Comune che prevedeva interventi mirati di demolizione alla Canottieri Comunali, al Teatro Lido-Centro Anziani e alla Rari Nantes Florentia. All'inizio, si era parlato anche di una nuova location, sia della Rari che della Canottieri Comunali, sempre sul lato sinistro dell'Arno leggermente a monte del Ponte Da Verrazzano. POI, anche a seguito delle molte proteste, non solo degli associati dei due Club, ma anche di comitati cittadini, uniti ad interrogazioni di politici al sindaco Nardella, le aspettative si erano orientate su una soluzione di riqualifica delle zone urbane e verde delle due società. Tutto ciò an- che in considerazione del riscontrato «moderato/medio» grado di pericolosità di rischio idraulico nel tratto interessato. Senza contare le ingenti spese che comportebbero demolizioni e ricostruzioni dei due complessi societari. LE SENTITE rimostranze a questi ultimi provvedimenti dei pre- A;Ní 9 Í2 e II presidente Andrea Meri ridenti Andrea Pieri (Rari) e Giancarlo Fianchisti ( Canottieri Comunali) sembrano tuttavia aver già avuto effetto con assicurazioni da parte dell'amministrazione comunale di una revisone dell'ordinanza. ANNUNCIATA intanto per la prossima settimana una conferenza stampa congiunta dei presidenti Pieri e Fianchisti. -IL CRONOPROGRAMMA PREVEDEVA INTERVENTI MIRATI SOLO SUGLI SPAZI A RISCHIO ID RAULICO LA SOCIETA' SI RIBELLA, PALAZZO VECCHIO FRENA anc ri addio agevo1azïon'_ ch udere' aremo ,1._ • ,r presidente di ELENA MARMUG1 ALL'OMBRA del Ponte Vecchio e proprio sotto la Galleria degli Uffizi c'è un luogo ricco di storia e cultura, di sport e di vittorie, nel quale i fiorentini si riconoscono e riconoscono la propria identità collettiva forti del fatto che è una realtà unica e radicata profondamente nel tessuto cittadino. Si tratta della Società sportiva dilettantistica «Canottieri Firenze», formalmente costituita nel 1886 col nome «Firenze». I primi titoli vinti a livello nazionale risalgono al 1913. Da lì in avanti un trionfo. Fino ad arrivare ai giorni nostri, a ieri per la precisione, quando il presidente della società, Cristiano Calussi, alla presenza di tutto il consiglio direttivo, fresco di nomina e di conferme per quanto riguarda alcuni componenti e che rimarrà alla guida del club fino al 2017, ha chiesto aiuto perché il rischio di chiusura è imminente. «UNA NORMATIVA statale - dice Calussi - potrebbe far chiudere la società costringendo il club a pagare allo Stato una cifra insostenibile considerando che la società stessa vive delle sole quote dei soci». Va da sé che con la chiusura della sede «è a rischio anche la permanenza del circolo che oltre all'attività sportiva dilettantistica propone, svolge e segue anche molte iniziative educative, assistenziali dedicate ai più piccoli ma anche ad adolescenti e a persone con disabilità». Il club remiero, composto oggi da circa 700 iscritti impegnati in varie attività amatoriali e agonistiche, i si. «Le istituzioni remino con noi» lancia il suo appello alle istituzioni per poter continuare a godere del canone agevolato di affitto per i locali demaniali : «Per quanto riguarda l'esterno della nostra sede - spie- La nuova norma abolisce i canoni a prezzo cal mierato per le società sportive ga Calussi-abbiamo già raggiunto un accordo con la Provincia per cui, con un minimo aumento del canone, ne potremmo disporre per altri otto anni. Ma i locali interni, stando a una stima calcolata nel 2005, comporterebbero una spesa II presidente Calussi di centocinquantamila curo l'anno. Un costo che non siamo assolutamente in grado di permetterci». In realtà la battaglia dura da tempo: «Siamo in discussione con il Demanio da molto tempo e comprendiamo bene che si limiti ad applicare le regole nazionali. Lo stato ha modificato la normativa escludendo le società sportive che così non potranno più godere del canone agevolato in caso di affitto di locali demaniali». DUNQUE se prima avevano un abbattimento dei costi del 90 per cento, con le nuove regole addio concessioni. Da quando effettivamente il provvedimento sarà attivo ancora però non è dato saperlo. Le istituzioni, a cui è rivolto l'appello, hanno dunque margine di accordo per, è proprio il caso di dire, remare dalla stessa parte al fianco della Canottieri. Ieri al tavolo erano presenti Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione, Eugenio Giani, in rappresentanza del Coni, e Andrea Vannucci, assessore allo sport del Comune di Firenze, che hanno dato una risposta di impegno, positiva per rassicurare la Società: «Confido che la questione si possa risolvere - ha assicurato Saccardi - l'impegno del governo a risolvere questa partita c'è ma concretamente serve una modifica legislativa per consentire all'agenzia del demanio di passare ai fatti. Siamo ingabbiati in una legge che ha trascurato realtà come questa, riconfermiamo però il nostro impegno e quello del governo. Tutto ciò che possiamo fare lo faremo». I LOCALI INTERNI DELLA CANOTTIERI FIRENZE SONO DEL DEMANIO, CHE FINO AD OGGI LI HA CONCESSI ALLA SOCIETA' A PREZZO CALMIERATO LA LEGGE E' CAMBIATA, LE AGEVOLAZIONI NON SONO PIU ' POSSIBILI: CANOTTIERI DOVREBBE PAGARE 150 ILA EURO L'ANNO STEFANIA SACCARDI, VICEPRESIDENTE DELLA REGIONE: « FAREMO TUTTO IL POSSIBILE PER AIUTARE LA STORICA SOCIETA'» L'ultima protesta dei Canottieri Comunali contro lo sfratto PARLA L'ASSESSORE VANNUCCI Trasloco in stand by `Situazione complessa' NESSUNA novità per quanto riguarda la Canottieri Comunali Firenze. Se non che «il riapprovato regolamento urbanistico attesta che ï'iter che conduce alla nuova destinazione della storica società fiorentina sta proseguendo». Così l'assessore comunale allo sport Andrea Vannucci che aggiunge : «Quella dell'attività sportiva sulla riva sinistra dell'Arno è una situazione complessa. Ad oggi non ci sono novità : nel regolamento urbanistico è stata recepita la previsione del parco dell'Anconella e poi c'è il cronoprogramma approvato contestualmente dall'amministrazione comunale e dall'anuninistrazione provinciale qualche anno fa». La vicenda della storica società Canottieri Firenze ha scosso non poco l'opinione pubblica cittadina e il mondo sportivo. Tutto ha avuto inizio quando è stato reso noto che sull'associazione, operante nei locali di proprietà comunale, incombeva un'ingiunzione di sgombero della Provincia , perché alcuni locali come la palestra sarebbero stati troppo a ridosso dell'Arno e avrebbero potuto costituire un intralcio al corso del fiume, oltre ad essere a rischio sicurezza . Da allora in avanti in tantissimi si sono impegnati nel trovare una soluzione positiva ad una vicenda che interessa un pezzo di storia dello sport fiorentino. Tra questi molti partiti politici, decisi a far rimanere al proprio posto tutte le strutture della società. Maurizio Costanzo C'1 contro Nardella • l' timo aff ul orG. d o per la Notte bianca Fuso: organizzarla il 30 aprile sminuisce il agio Il sindaco: usano Firenze soltanto per fare politica «SE la Cgil ha deciso di fare politica usando Firenze lo dica chiaramente. Noi andiamo avanti». Contrattacca il sindaco Dario Nardella. E lo fa addebitando alla Cgil quello che Matteo Renzi ha addebitato alla Fiom di Maurizio Landini: fare politica, non sindacato. Contrattacca dopo il nuovo affondo che, sotto forma di lettera, se la prende per la prima volta con tanta veemenza contro la "Notte bianca", convocata di nuovo da Palazzo Vecchio per questo 30 aprile. E dopo i litigi sul Maggio e lo sciopero minacciato ai primi di maggio per gli appalti esterni nei nidi e nelle materne, nel bel mezzo della campagna delle regionali, Nardella perde la pazienza. Certificando uno scontro ormai manifesto. «Organizzare la Notte bianca il 30 aprile vuoi dire, di fatto, sminuire il valore della festa del Primo maggio», scrive proprio al sindaco la Filcams-Cgil. «Così facendo la città esalta il divertimento ed il consumo: noi non vogliamo essere antimoderni ed ideologici chiediamo solo maggiore rispetto dei valori del lavoro», sostiene il sindacato. E «non essersi posti ancora la questione della Notte bianca associata al Primo maggio significa organizzare un evento importante a scapito della festa del lavoro», aggiunge. È l'affondo che spinge Nardella a reagire: «Non è la prima volta che si organizza la Notte bianca e nessuno si è fin qui sentito offeso nei valori», ribatte. Convinto com'è che dietro le proteste della Cgil ci sia qualcosa di più delle mere ragioni di merito: «Non si usi Firenze per fare politica». Attaccare la giunta Nardella per attaccare il renzismo? «Non vedo motivi non politici. Mi auguro che la Cgil e gli altri sindacati ci ripensino», spiega Nardella. «Perché abbiamo risanato il Maggio e il ministro ha dato assicurazione che i lavoratori risultati in esubero saranno tutti riassunti. Quanti a nidi e materne eroghiamo uno dei servizi migliori d'Italia. Le materne sono gratuite, a parte le mense, e le liste d'attesa sono tra le più corte. Certo, si è deci- sodi ricorrere ad appalti a fronte di risorse che non ci sono, garantendo la continuazione del servizio e degli standard di qualità». Ragion per cui, sostiene il sindaco, «queste minacce continue di scioperi, dasl Maggio alle materne, sono inspiegabili». E se alla fine le cosiddette "procedure di raffreddamento" non saranno fermate (ieri sono scattate anche quelle per la polizia municipale), «gli unici a pagarne le conseguenze saranno i bambini e le loro famiglie». Ma lo scontro è ormai frontale: «Se si tiene aperto la notte e pure il Primo maggio quale è il risultato?», chiede il segretario della Camera del lavoro Mauro Fuso. Proprio Nardella, aggiunge, «da parlamentare fu relatore di una proposta di legge con 13 festività da rispettare». Quanto a nidi e materne, insiste Fuso, «le risorse scarseggiano ma così si smantella il sistema». In mattinata Nardella presiede a Roma il vertice sulle Città me- tropolitane. E finalmente ottiene il'riequilibrio': da 26 milioni di euro che erano, il taglio dei fondi alla metroCittà dovrebbe passare a poco più di 20. Uno "sconto" non da poco, insufficiente però a scongiurare la stangata del 5,5% che si abbatterà sulle polizze Rcauto. 3 RICftOfJULIGNE RISENVAIA .f ,.. :. . A . .. ., .m . f ,• miei ,' ' ».. v.,. !? Im 1 ^a / 1 '/ : 9p 4 f. «Colline ál sicuro: nessuna nuova casa» urbanistico: « i al recupero» Il sìndaco Casini presenta il regolamento ur di MANUELA PLASTINA NO A NUOVE costruzioni nelle aree collinari, ma maggiore elasticità nei cambi di destinazione d'uso degli immobili e di sviluppo delle zone artigianali e industriali. Le principali novità introdotte dal nuovo regolamento urbanistico approvato dall'ultimo consiglio comunale di Bagno a Ripoli puntano al futuro infrastrutturale, a metà tra le piste ciclabili e la tralnvia. «Puntiamo sul recupero e il riutilizzo degli immobili esistenti spiega il sindaco Francesco Casini - con maggiori possibilità di cambio di destinazione d'uso tra produttivo, ricettivo e direzionale». Non si potrà più costruire nelle zone collinari, mentre è stata trovata una soluzione definitiva (in accordo con la Regione) per la collina di Bubè: «Raddoppieremo il giardino che insiste sulla frazione di Grassina, realizzeremo dei percorsi di mobilità sostenibile e an- che un'arena all'aperto dedicata in maniera stabile alla Rievocazione Storica di Pasqua». Ad Antella saranno implementati gli impianti sportivi, in particolare con l'ampliamento del campo da baseball e la realizzazione di una nuova viabilità di accesso che servirà anche la Casa del Popolo. Alla scuola Michelet arriverà una Il documento prevede anche La passerella ciclopedonale che unisce i due lati dell'Arno nuova palestra e laboratori a disposizione dell'istituzione scolastica e della cittadinanza. «Il nuovo regolamento - dice ancora il sindaco - prevede la passerella ciclopedonale che unisce i due lati dell'Arno all'altezza di Compiobbi e Vallina e da quest'ultima partirà la ciclabile fino a Bagno a Ripoli, integrando il siste- a'" ! II sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini Gc ma che collega già il capoluogo a Sorgane, Antella e Grassina attraverso le due ruote». Introdotto anche il corridoio infrastrutturale della tramvia per portare questo mezzo di trasporto da viale Europa fin nel cuore di Bagno a Ripoli. CONFERMATO lo sviluppo viario e di parcheggio legato ai lavori di ampliamento dell'ospedale di Ponte a Niccheri, mentre sarà affidato a una variante del piano strutturale «un percorso urbanistico sulle aree artigianali, industriali e produttive: vogliamo permettere lo sviluppo delle realtà già esistenti e l'arrivo di nuove attività e in questo dare altre opportunità di lavoro, sempre però all'insegna del rispetto ambientale». DOPO 6.y." 40 0 hmco stnnge rn «ABBIAMO scelto di venire a verificare di persona la situazione dell'ex Saffa di Fucecchio per marcare la differenza tra chi sceglie le passerelle elettorali e chi invece si interessa da tempo ai problemi concreti del territorio. Tra chi preferisce andare a stringere mani senza sporcarsi le mani affrontando il tema della concorrenza sleale causata dalle imprese cinesi nell'Empolese Valdelsa». QUANTO denuncia il capogruppo regionale di Fratelli d'Italia e candidato governatore Giovanni Donzelli (FdI - Liste civiche per Giorgia Meloni), dopo il sopralluogo all'ex fabbrica di fiammiferi nel cuore di Fucecchio, insieme ai responsabili locali di Fratelli d'Italia. VISITA ALL'EX SAFFA DI FUCECCHIO o io penso ai fattí' «La zona è piena di piccoli capannoni al cui interno vivono e lavorano cittadini cinesi in condizioni di assoluta indigenza», denuncia Donzelli. «Non mi risulta che sia mai stato effettuato un controllo della Asl, da queste parti, ma solo la rimozione di alcune auto abbandonate. È così che le amministrazioni locali intendono contrastare l'illegalità diffusa? Da molto tempo si parla di progetti per riqualificare l'area, ma attualmente la situazione vede nuclei familiari di cinesi lavorare senza alcuna tutela. Se un esercente italiano commette irregolarità anche lievi, è costretto a pagare multe salatissime che possono metterne in ginocchio l'azienda, mentre agli abusivi cinesi è consentito tutto. Ecco la Fucecchio che Enrico Rossi ha scelto di non vedere». li sopralluogo di Donzelli all'ex Saffa di Fucecchio D_ I MO DELLA TOSCANA CONSALVINI di MARIO LANCISI nrico Rossi quasi sicuramente vincerà le elezioni regionali, ma proprio per questo forse è interessato a capire perché c'è una fetta di Toscana che accorre ad applaudire e fare un selfie con Matteo Salvini. Stando a quello che abbiamo visto a Fucecchio nella sfida da vicino con Rossi, tre ci sembrano le ragioni principali dello sfondamento, anche nella Toscana rossa e accogliente con rom e immigrati, del leader leghista. A PAG. 5 I -a i°re,aca. ,,ou ITREMOTIVI DELLA TOSCANA CONSALVINI di MARIO LANCISI nrico Rossi quasi sicuramente vincerà le elezioni regionali, ma proprio per questo forse è interessato a capire perché c'è una fetta di Toscana che accorre ad applaudire e fare un selfie con Matteo Salvini, il «razzista» in camicia verde, «l'imprenditore della paura», come l'ha definito. Stando a quello che abbiamo visto a Fucecchio nella sfida da vicino con Rossi, tre ci sembrano le ragioni principali dello sfondamento, anche nel- la Toscana rossa e accogliente con rom e immigrati, del leader leghista che alimenta «un clima di odio contro i migranti», come ha sottolineato il governatore. La prima ragione ha la faccia dei giovani festosi accanto al Matteo leghista: autografi, abbracci e selfies. Ed è riassumibile nella testimonianza raccolta di un giovane che ha detto: «Quelli della mia generazione sono senza lavoro anche perché loro, i migranti, ci fanno concorrenza. Quindi: lavoro e casa agli italiani. Chi non è italiano se ne stia a casa propria». Ecco i giovani, le loro paure per il futuro, quel loro sentirsi esclusi dal sistema. Non a caso stravedono per i due Matteo nazionali. Il Renzi che rottama la vecchia classe dirigente e il Salvini che respinge gli immigrati. Il vecchio e il diverso. I due leader che agli occhi dei giovani, a torto o a ragione, poco importa, si sforzano di immaginare una politica di inclusione nel sistema delle nuove generazioni. Renzi con il jobs act, Salvini con il "fuori gli immigrati". La seconda ragione sta nella svolta di Salvini rispetto a Bossi. La Lega non è più quella della secessione, dell'ampolla sul Po, dei riti nordici, ma la forza politica che racconta a chi non ce la fa economicamente: «Se tu stai male la colpa è dell'euro e dell'Europa». Claudio Borghi, candidato toscano della Lega, è un economista che fonda la sua notorietà sul no all' euro. Le paure dei giovani, l'addio alla secessione, gli umori che Berlusconi non rappresenta più A Fucecchio abbiamo incontrato l'operaia che a causa della Fornero non può andare in pensione e il piccolo artigiano che odia Bruxelles, le sue direttive e burocrati. Paradossalmente gli "sfigati" evocati da Salvini a Livorno non sono i commercianti, gli artigiani e gli impiegati che seguono Rossi: molti di loro un lavoro ce l'hanno, il sistema li include, un futuro, per quanto incerto, sorride all'orizzonte. No, gli "sfigati" stanno al con- trario proprio tra i fans di Salvim: i giovani senza lavoro, i pensionati senza pensione, gli imprenditori senza più impresa. Ma proprio per questo gli "sfigati" - che a noi piace chiamare proletari, non garantiti, poveri, ultimi - dovrebbero stare a cuore alla sinistra di Rossi. E anche l'egoismo di chi si riconosce negli slogan anti immigrati di Salvini, nella sua ricetta da tamburi di guerra («affondare i barconi, respingere i migranti e arrestare gli scafisti»), se non tracima nel razzismo, può essere il riflesso di una paura sociale alla quale dare una risposta politica. Terza ragione: Salvini come Renzi e come Grillo non sono capi di partito, ma brand politici di una società in profonda trasformazione. La Toscana non è leghista ma Salvini esprime anche umori e strati sociali presenti anche nella nostra regione e che Berlusconi non rappresenta più. E la Toscana che si sente esclusa dal sistema costruito dalla sinistra in cui imprese e sindacati concertano, enti pubblici e privati hanno trovato punti di equilibrio, dove è forte, come diversi anni fa studiarono due studiosi americani, il senso civico e solidale. Questa è la Toscana forte e anche virtuosa. Ma non tutti sono integrati in questo sistema. Si sentono esclusi. Messi ai margini. E i selfies di Salvini danno loro almeno l'illusione di essere riammessi al centro della grande giostra sociale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA La Toscana sì' pre para: verso le ten dopoli a Fí&renze e Grosseto Mentre li arrivi continueranno anche oggi le prefetture avrebbero individuato due aree I FIRENZE Se Bruxelles non fermerà gli sbarchi selvaggi, riducendo i flussi di migranti, «le tendopoli saranno inevitabili». Le prefetture della Toscana (e di Italia) sono in allerta. Lo sono da quando, due giorni fa, il Viminale ha descritto ai rappresentanti del governo sul territorio le dimensioni che potrebbe assumere una nuova ondata di arrivi. Per questo sono chiamate ad attrezzarsi al massimo delle capacità. Perché se l'Europa non realizzasse il suo piano per fermare i barconi lanciati in Mediterraneo dalle coste di Tripoli, di qui a settembre la regione potrebbe dover organizzare l'accoglienza ad 8.000 richiedenti asilo. «In commissione al Senato spiega Luigi Varrata, prefetto di Firenze incaricato di coordinare tutte le prefetture toscane - si è parlato di 5.000 possibili migranti a settimana, 500 perla nostra regione. Per la Toscana significherebbe dover preparare centri di accoglienza per 2.000 rifugiati al mese». In quattro mesi, un territorio che attualmente ospita 2.400 profughi malesi, ghanesi, ivoriani o nigeriani si troverebbe a dover "assorbire" il triplo della quota che gli assegnavano finora le previsioni del ministero dell'Interno, e cioè 3.400 rifugiati. Se così fosse non basterebbero più i 7.000 posti che la vicepresidente Stefania Saccardi auspica di poter trovare «in strutture disponibili in tutta la regione» proprio per scongiurare le città di tende. Il rischio è di dover dire addio al modello dell'«accoglienza diffu- sa» in piccole strutture voluto dal governatore Enrico Rossi. Con una portata migratoria così consistente a quel punto sarebbero oltre 10.000 a i migranti a cui dover dare ospitalità. Non basterebbero più i 4.200 posti rimasti fra quelli messi a disposizione dai Comuni attraverso l'Anci. E intanto gli arrivi continuano. Già oggi nella sola provincia di Firenze dai pullman scenderanno 50 persone, 25 troveranno accoglienza nel capoluogo, portando il conto degli ospitati in città a 650. Nei primi venti giorni di aprile nell'area metropolitana si è ritrovata a gestire 825 profughi, 125 in più di quelli giunti in tutto il mese di aprile del2014. «Spero che le misure dei vertici Ue per ridurre i flussi siano efficaci», il prefetto Luigi Varratta. «Io per primo sono contrario alle tendopoli, ma se si dovesse verificare questo scenario sarebbero inevitabili». Le contromisure di Bruxelles puntano sul blocco navale grazie all'aumento dei fondi per la missione Triton, perfino su un intervento militare finalizzato alla distruzione delle carrette degli scafisti prima della partenza dalle coste libiche, e poi sulla disponibilità dei paesi Ue a compartecipare all'accoglienza. Ieri è subito arrivata la prima defezione: «Diciamo sì all'aiuto operativo, ma non prenderemo immigrati», ha detto il premier inglese David Cameron. Nel frattempo il prefetto avrebbe già individuato due aree. Una nel prato centrale della ex caserma dei Lupi di Toscana a Firenze, un'altra a Grosse- te. Il no alle tendopoli è da giorni un refrain di Rossi, che ieri ha rilanciato l'accoglienza diffusa dopo l'arresto di un senegalese in un centro della Croce Rossa di Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo, secondo la procura di Palermo lo scafista del gommone su cui andò in scena la strage dei cristiani, gettati in mare da un gruppo di musulmani al culmine di una rissa furibonda scoppiata per motivi religiosi. «Bene l'arresto, l'accoglienza diffusa con piccole strutture è un sistema che contribuisce a far emergere anche delin- quenti», ha detto il governatore. «Rossi si chieda piuttosto perché lo scafista ammazza- cri stiani (in realtà non è accusato di omicidio ma di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ndr) ha cercato rifugio in Toscana - attacca Giovanni Donzelli, candidato alle regionali per Fdi - Glielo diciamo noi: gli schiavisti scelgono la Toscana perché sanno che qui trovano un terreno fertile per nascondersi, dietro la'cortina' della solidarietà si celano le corsie preferenziali per gli immigrati». Mario Neri I PRODl1ZIONE RISERVATA Un barcone carico di immigrati ,'o le li ndolxili , aiirevreGrocm[o Italicum, il premier non teme i numeri e dai ribelli pd arrivano segnali di pace LA ROMA Quanti del Pd alla fine non voteranno l'Italicum? «Nessuno. Tutti i 310 deputati dem voteranno secondo le indicazioni del gruppo e quindi diranno di sì», scommette Ettore Rosato, il vice vicario in odore di assurgere a capogruppo dopo le dimissioni di Roberto Speranza. Rosato non è il solo, a pensarla così. Molto fiduciosi sono ai piani alti del Nazareno, dove il vice segretario Lorenzo Guerini continua a tessere la tela per superare le sacche di resistenza, avvicina uno a uno i dissidenti, discute, si confronta, esorta, invita. Per non parlare di palazzo Chigi, dove il premier segretario, confortato anche dai sondaggi, scommette pure lui su un passaggio pressoché trionfale della nuova legge elettorale in aula, dove approderà il 27 per poi venire votata realmente ai primi di maggio. CLIMA DISTESO Un clima più disteso, che ha fatto dire alla ministra Maria Elena Boschi che non è affatto scontata la richiesta della fiducia sul provvedimento, mentre dal fronte oppositivo il capogruppo forzista Renato Brunetta continua a promettere voti segreti, che potrebbero però trasformarsi in un boomerang (quanti di FI nel segreto dell'urna voterebbero pro Italicum?); Brunetta ieri ha annunciato pregiudiziale di costituzionalità con annesso scrutinio segreto. C'è in generale un clima meno infuocato e una situazione più distesa in casa Pd. E' bastato che tornasse a circolare l'ipotesi di riaprire una trattativa sulla parallela riforma costituzionale del Senato, perché da Area riformista ci si fiondasse a pesce per andare a vedere. Si è tornato finanche a parlare di riciclare il modello Bundesrat tedesco, che presenta però due "piccoli" inconvenienti: ove mai si volesse procedere, bi- Maria Elena Boschi (foto LAPRESSE) L' "Italicum" Il ddl diventerà legge se sarà approvato lunedì dalla Camera 630 Deputati da eleggere 100 ialternanza ; Cuccata uomo-donna 1 capilista stesso il capolista è il sesso in regione ; primo degli eletti (circoscrizione) Possibili non oltre 60% Z per l' elettore 4nome un può essere candidato in non più di 10 collegi 6-7 Seggi disponibili Collegi per collegio plurinominali eccetto Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta che avranno collegi uninominali di sesso diverso 140% Se nessuna lista superala soglia, si va al secondo turno trai due partiti più votati (ballottaggio) 3% Soglia di sbarramento peri partiti ,1340 seggi Al partito vincitore vanno 340 seggi; alle minoranze 290 (assegnati con un algoritmo, che proietta le quote nazionali nei collegi) ANSA metri sognerebbe ricominciare daccapo, visto che si tratterebbe di rimettere mano all'articolo 2; secondo: visto che in una seconda Camera modello Bundesrat entrerebbero i governi regionali, diventerebbe un Senato targato Pd in toto o quasi. «E' un'apertura importante, noi avevamo chiesto modifiche sostanziali al ddl costituzionale, siamo pronti per andare a vedere», conferma Davide Zoggia, capo dell'organizzazione ai tempi di Bersani. IL CONTENZIOSO Il dato politico è che nelle minoranze si è riaperto il contenzioso interno tra i capi, i padri nobili D'Alema e Bersani da una parte, su posizioni più rigide e barricadere, e il grosso della truppa dei quarantenni contrari agli strappi. E così, mentre Massimo D'Alema va a Modena e ricomincia a sparare ad alzo zero su Renzi e l'Italicum («forzatura sgradevole la sostituzione dei 10 in commissione»; «il premier vuole subito la nuova legge elettorale perché vuol portare poi il Paese subito al voto»); mentre Pierluigi Bersani se la prende con i cattolici rei di non opporsi al renzismo («la cultura cattolica ha sempre dato un grande contributo sulla democrazia, ma oggi mi sembra un po' appannata» ), i giovani, quarantenni e non, veleggiano su altre rotte, non di collisione. A partire dal capogruppo dimissionario Speranza, che continua a ripetere che lui, così come altri, «voterà la fiducia», tanto che è ripresa a circolare la voce di un possibile rientro delle dimissioni (si parla anche di un incontro con Renzi). Nino Bertoloni Meli OO R I PROOUZI ON E RISERVATA Italicum, sfida su voto segreto e fiducia Prodi boccia il partito della Nazione. Il Pd pronto a sostit L'iter Dopo il primo via libera della Camera, a marzo 2014, l'italicum è stato modificato in Senato, dove è passato a gennaio: è quindi tornato a Montecitorio per il sì definitivo Mercoledì il testo della nuova legge elettorale è stato licenziato dalla commissione Affari costituzionali: le opposizioni hanno lasciato i lavori, dopo la sostituzione di 10 deputati della minoranza dem L'italicum sarà all'esame dell'Aula da lunedì. I relatori sono Gennaro Migliore (Pd) e Francesco Paolo Sisto (FI). Perle votazioni, probabilmente, si dovrà aspettare l'inizio di maggio: entro metà mese previsto il voto finale e Speranza: il renziano Rosato in pole per la guida dei deputati ROMA La partita dell'Italicum è ancora tutta da giocare, ma Matteo Renzi dà già per acquisito il risultato. Resta da capire se il governo riterrà necessario mettere la fiducia sui tre articoli del provvedimento, facendo così cadere gli emendamenti. E se il voto finale (su cui non può essere messa la fiducia) sarà segreto. La minoranza del Pd prova a resistere e le voci dei big si fanno sentire, ma alla fine è difficile che i dissenzienti superino le venti unità. Forza Italia, intanto, fa sapere con Renato Brunetta che il gruppo presenterà una pregiudiziale di costituzionalità e richiederà di procedere con voto segreto. Il Pd è ancora scosso dalle dimissioni del capogruppo Roberto Speranza, esponente delle minoranza che per mesi ha provato a fare da pontiere, trovando un equilibrio con la maggioranza, ma che ha deciso di gettare la spugna dopo gli ultimi no di Renzi a modificare la legge elettorale. Martedì si dovrebbe tenere la riunione del gruppo che, presente Renzi, deciderà il nuovo capogruppo. In pole position c'è l'attuale vicecapogruppo vicario Ettore Rosato. Alessia Morani assicura a Un giorno da pecora che va tutto bene: «I miei colleghi della minoranza sostituiti? Non sono affatto arrabbiati e anzi sono tornati al loro posto. E nessuno, secondo me, voterà contro l'Italicum». Ottimismo smentito dalle voci dissidenti, come quella di Alfredo D'Attorre, che annuncia il suo no. Secondo alcune voci, intanto, si preparerebbe un cambio della guardia ai vertici di alcune commissioni, con l'arrivo di nuovi renziani al posto di Francesco Boccia (Bilancio) e Guglielmo Epifani (Attività produttive). Fanno sentire la loro voce anche i big del partito. Romano Prodi, in un'intervista a Radio Popolare dove anticipa i contenuti del suo libro Missione incompiuta, spiega che «il partito nella Nazione è il contrario di quel progetto di alternanza che avevo delineato con l'Ulivo». Pier Luigi Bersani, invece, fa un appello: «La cultura cattolica dovrebbe stare bene in campo sui temi della democrazia». E Massimo D'Alema spera che in Aula si possa «votare liberamente»: «Nessuno vuole affossare la legge elettorale, numerosi parlamentari pd vogliono migliorarla». A Letta, che aveva criticato la legge nei giorni scorsi, rispondono i costituzionalisti Stefano Ceccanti, Augusto Barbera e Francesco Clementi: «Le linee principali dell'Italicum sono le conclusioni del Comitato di saggi da te voluto». Scelta civica chiede che si migliori l'Italicum, senza far ricorso a voti di fiducia. E Giuseppe Lauricella (Pd) sostiene che con il voto segreto la legge avrebbe una maggioranza molto più ampia di quella del governo: «Almeno metà dei parlamentari di M5S, Forza Italia e dei partiti più piccoli voterebbe per l'Italicum». Un fatto è certo, secondo Danilo Toninelli, M5S: «Se l'Italicum viene approvato, il governo cadrà. Aprite gli occhi, Renzi vuole fare bingo». Al. T. © RIP RODUZIOfd= RSERVA'A 4ri seggi sui quali può contare la maggioranza per l'Italicum sulla carta: senza contare eventuali assenze, la soglia per il via libera è a quota 316. All'appello potrebbero mancare tra 20 e 40 sì dalla minoranza pd (fino a 70 con il voto segreto) Opposizioni sulle barricate: no alla fiducia - Il Cavaliere alla cena con il Ppe: «La Corte Ue stabilirà presto la mia innocenza» oncia il primo voto segreto «Lo chiederemo sulla pregiudiziale di costituzionalità» - Marina Berlusconi: Renzi avvelena le portate Barbara Fiammeri Ilviaalballosull'ItalicumlodàRenato Brunetta «Chiederemo il voto segreto sulla pregiudiziale di costituzionalità», annuncia il capogruppo di Fi bruciando anche le altre opposizioni sul tempo. Una dichiarazione che arriva poche ore dopo il duro attacco di Marina Berlusconi contro Matteo Renzi accusato di essere «un avvelenatorediportate»,a capodiun governo«non diparola ma diparole» enellostessogiornoincui Berlusconi senior ricompare al tavolo del Ppe riunito ieri a Milano. Tre mosse che servono a serrare le fila e a caricare le truppe in vista dell'appuntamento con le regionali del 31 maggio e ancor primasull'Italicum. La richiesta di voto segreto sulla pregiudiziale di costituzionalità era data per scontata e conferma che né Fi né le altre opposizioni sono disponibili ad accogliere la proposta del governo per il voto palese. Il dado è tratto. A a questopunto sembra altrettanto scontato che sulla riforma elettorale Renzi chie- derà la fiducia. Un conto è infatti riuscire a tenere unita la maggioranza e soprattutto il Pd su uno o due voti segreti, altro è barcamenarsi in decine di votazioni. Gli emendamenti saranno infatti una cinquantina ed è sufficiente che ne passi anche uno solo pervan if icare l'obiettivo di approvare definitivamente l'Itahcum. Il copione insomma è già scritto e ilvoto segreto sulla pregiudiziale di fatto potrebbe rappresentare la prova generale di quello finale, che si terrà la settimana successiva, presu mib i lmen te attorno al 6 maggio. Attenzione però, i cambi di scena sono sempre p+++ossibili e Fi potrebbe esserne la principale protagonista. Il voto segreto è una minaccia per Renzi ma non solo. Non è certoun mistero che alcuni tragli azzurri (non solo ideputati vicini a Verdini) sono pronti a sostenere dietro anonimato l'approvazione dell'Italicum. Una scelta non tanto per convinzione quanto per convenienza, visto che la mi- Padre e figlia . Silvio Berlusconi e la primogenita Marina naccia di Renzi («se non c'è la maggioranza si va al voto») rende inquieti i sonni di parecchi «onorevoli», timorosi sia della discesa di Fi nei sondaggi che dell'operazione restylinglanciata da Berlusconi. llCavaliere,cheierinellacenaconi verticidelPpeharibaditoche«presto la Corte di Strasburgo stabilirà la sua innocenza»,continuaaripeteredivoler«cambiaretutto».L'appuntamentoèfissatoall'indomanidelleregionali. E lì che potrebbe annunciare la nascita di un nuovo partito sul «modello» di quello Repubblicano statunitense.Inquestocontestovainquadrata anche l'intervista rilasciata ieriafl AnsadaMarinaBerlusconi.La primogenita, pur avendo sempre smentito di voler entrare in politica, ieri proprio di politica ha parlato attaccando duramente Renzi e il sistemagiustiziache«nonfunziona». Anchesenonèlaprimavolta,latempistica è unpo'sospetta Ed èproprio questo l'obiettivo, lasciar intendere che unBerlusconicisaràsempre. U RIPP,ODDZIO NE RISERVATA -19 nzï vuole il tesoretto a o b lii da 1 0 i C LO r sors gia sicure , El ® %<, ï O do e Padoan corre ai ripari Z attesa e verdetto di autunno sui conti B runetta g rida all'i m brog lio e chiede che la Ra g ioneria dello Stato batta un colpo Alessia Gozzi ROMA NIENTE interventi estemporanei. Il famoso tesoretto da 1,6 miliardi dovrà derivare solo da disponibilità di bilancio. Ma Renzi lo ha voluto nero su bianco `blindando' le risorse. Ed è deciso a giocarselo prima delle elezioni regionali di maggio. Magari estendendo il bonus da 80 euro agli incapienti o alle famiglie più bisognose. Nella risoluzione di maggioranza, approvata ieri dai due rami del Parlamento, è previsto che per coprire l'uso del tesoretto saranno «congelate» risorse già stanziate in bilancio, «in attesa di registrare» in autunno l'assestamento del margine dello 0,1% tra il deficit tendenziale e quello programmato dal governo. Un accantonamento, spiegano dal Tesoro, che serve a garantire la certezza degli obiettivi di finanza pubblica indicati nel Documento di economia e finanza, in particolare il rapporto tra deficit e I'il al 2,6% nel 2015. Insomma, un meccanismo «momentaneo e di breve durata» che serve a rispettare le regole contabili. Anche perché - è bene ricordarlo - non si tratta di soldi in più, ma di utilizzare tutti i margini di flessibilità consentiti dai parametri Ue per agire sul deficit. L'EVE NTUALE spazio di manovra nei conti pubblici avrà, poi, un altro paletto: dovrà essere impiegato per implementare le riforme strutturali già avviate. Tecnicamente, comunque, il tesoretto sarebbe spendibile da subito. Salvo poi dover correre ai ripari con la legge di Stabilità d'autunno, nella malaugurata eventualità che il deficit tendenziale non si confermi al 2,5%. Una prima indicazione arri- vera comunque a maggio, quando la Commissione europea aggiornerà le stime sull'Italia. Ma il governo è certo che la crescita del Pil ci sarà e, per questo, non ha voluto mettere nella risoluzione che gli 1,6 miliardi di tesoretto sarebbero stati anticipati da tagli lineari ai ministeri. Ma l'opposizione è già sulle barricate, con Renato Brunetta che parla di «ennesimo imbro- POTERE ALLA PAROLA di NICOLETTA MAGNUM TESORETTO Il tesoretto, recente invenzione del Tesoro (il calembour è d'obbligo), porta in sé una maledizione. Sparisce. In principio fu l'extragettito fiscale, dichiarato dal ministro Tommaso Padoa Schioppa (governo Prodi) nel 2007: nel volgere di pochi mesi la situazione si capovolse e, addirittura, poco mancò che non diventasse un buco. Il tesoretto di Padoan sembra destinato a fare una fine simile. Insomma, manna contabile a sua (leggi: bilancio) insaputa. Del resto, nel tredicesimo secolo Brunetto Latini si cimentò in un Tesoretto, anch'esso colpito da sorte avversa: il poemetto allegorico è rimasto incompiuto. glio» e si appella alla Ragioneria generale dello Stato. L'altolà era già arrivato dai tecnici, Bankitalia in primis, che hanno messo in guardia dall'uso di risorse non certe e che, comunque, sarebbe più prudente utilizzare per consolidare i conti pubblici. Soprattutto considerando che la crescita prevista (0,7% quest'anno e 1,4% il prossimo) è legata a fattori macroeconomici come l'euro, il petrolio e il Qe di Draghi. Lo ha ammesso anche il viceministro dell'Economia che ha invitato a non cullarsi nera riE resina: «O facciamo le riforme a detto Enrico Morando - o non riusciremo a trasformare la ripresa, per ora gracile, in una ripresa stabile e duratura. Perché è influenzata da fattori esogeni destinati a esaurire il loro effetto». OLTRE alle variabili sul quadro macro, c'è tutta la partita dei tagli: Renzi preme perché la spending review acceleri ma ci sono ca itoli in sospeso. Come gli 1,7 miliardi che dovrebbero entrare nelle casse dello Stato con la stretta sull'evasione fiscale grazie ai due meccanismi di inversione contabile dell'Iva introdotti con la manovra, cioè la reverse charge per la grande distribuzione e lo split payment per la pubblica amministrazione. Per entrambi i meccanismi si attende ancora il via libera da Bruxelles. Il Tesoro rassicura sul «costruttivo» dialogo con la Commissione ma il tempo stringe. E a fine giugno si rischia il rincaro delle accise. Nella risoluzione entra anche la richiesta di mantenere gli sgravi contributivi per i neoassunti (per il 2016 non ci sono ancora le risorse) alla flessibilità in uscita per le pensioni. Ma settimana prossima il tema caldo sul tavolo di Renzi sarà il tesoretto. ON i%'6 PII, 91J i- A, or" 1,6 mítìardí 2 , 6 per cento +0,7 per cento Il tesoretto emerso dalle pieghe del Def che dovrebbe essere utilizzato nel 2015 Il rapporto deficit/Pil L'incremento del Pil nel 2015; nel 2016 sarà dell '1,4% e dell'1,5 % nel 2017 nel 2015; nel 2016 sarà 1 , 8% e, nel 2017, sarà lo 0,8% Il leader vuole tue ciclone, le liste m1 test per ripartire Rossi sonda i nuovi nomi Al lavoro per FI anche Tajani e Fiori. Ncd con Toti in Liguria volti nuovi ne saranno testati parecchi. Per «vedere l'effetto che fa» anche alle Regionali, elezione storicamente difficile per un partito come Forza ItaROMA «Sarà una rivoluzione» continua a ripetere in privato Silvio Berlusconi. E l'ora X della rivoluzione di Forza Italia che cambierà senz'altro simbolo e probabilmente anche nome - scatterà un secondo dopo che sarà caduto il sipario sulle elezioni Regionali. Ma non sarà un passaggio a vuoto, quella tornata elettorale a cui si avvicinano regioni come Veneto e Liguria, Campania li Forza Italia punta su giovani, società civile e donne. Tra i nomi la giornalista Ilaria Cavo e Puglia, Toscana e Umbria, più le Marche. Bensì, come aveva lasciato intendere settimane fa Mariarosaria Rossi, presentando l'ormai celebre circolare sui parametri delle candidature, «la prova generale» di quello che sarà il nuovo partito a giugno. Fatto di un numero di «aver 65» ridotto quasi al lumicino e di tanti giovani, selezionati tra gli amministratori, gli industriali, nella società civile, tra gli sportivi e gli ex sportivi. Nella «prova generale», di i candidati governatore di Forza Italia: Toti (Liguria), Caldoro (Campania) e Mugnai (Toscana) la Regione (tra le sette al voto) di cui Forza Italia ha la presidenza. Si tratta della Campania, guidata da Caldoro lia. In Liguria, tanto per fare un esempio, nel listino di Giovanni Toti sarà schierata la giornalista tv Ilaria Cavo, già volto noto di Mediaset (Matrix) e della Rai (Porta a porta). In Veneto, tanto per farne un altro, spazio a Simone Furlan, imprenditore e soprattutto inventore della barricadera pattuglia nota col nome di «Esercito di Silvio». Mentre in Campania, tra molti ex, potrebbe spuntare in lista anche il nome di Alessandro Cecchi Paone, giornalista con un passato anche in Rai, che ha lavorato con Francesca Pascale alla svolta di Forza Italia sui diritti civili. Antonio Tajani, uno di dirigenti che sta collaborando alla stesura delle liste con la Rossi e col neoresponsabile enti locali Marcello Fiori, lo dice senza troppi giri di parole. «Quelle delle Regionali saranno liste improntate al rinnovamento. Liste in cui troveranno molto più spazio giovani, donne, volti nuovi» spiega l'europarlamen- tare. «Sarà una squadra molto competitiva» aggiunge «in cui troverete gente della società civile, del mondo dell'imprenditoria, dell'associazionismo, dello sport...». Cambiare è difficile, molto. Ma Berlusconi ha tutta l'intenzione di far si che la circolare della Rossi - tetto agli over 65, deroghe limitate, alternanza di genere - venga rispettata alla lettera. Compreso quel comma in cui veniva esplicitato, e senza troppi eufemismi, che chi non si mette in regola col pagamento delle quote al partito può anche dimenticarsi la candidatura. Lonardo, moglie di Clemente Mastella. Mentre, tanto per rimanere al rapporto con gli alfaniani, più pacifica sarà la situazione in Liguria, dove grazie a un accordo regionale Area Popolare (Ncd e Udc) ha avuto anche il via libera di Matteo Salvini per stare nella compagine moderata che sostiene Giovanni Toti. Uno dei laboratori del «rinnovamento forzista», uno dei posti dove sperimentare è facile visto che si corre verso una sicura sconfitta, è la Puglia, dove verrà celebrata la disfida fratricida contro la lista di Raffaele Fitto. Abbiamo fatto le quote. Sessanta a quaranta» sorride il commissario del partito Luigi Vitali. Che annuncia: «Il 6o per cento delle candidature di Forza Italia sarà riservato alla società civile, a gente che non ha mai fatto politica prima. Per chi stava già in politica, invece, rimane il 4o per cento che resta». Come in ogni rivoluzione che si rispetti, anche i veterani avranno la loro parte in commedia. In Campania, nonostante i malumori dell'ala filoberlusconiana di Ncd che fa capo a Nunzia De Girolamo, i forzisti schiereranno Sandra congresso Per rifondere il partito ad Arcore si parla di un congresso «in grande stile» Ghisono Mariarosaria Rossi, 43 anni, senatrice e commissario straordinario di Forza Italia Marcello Fiori 45 anni, neoresponsabile enti locali degli azzurri Antonio Tajani 61 anni, vicepresidente del Parlamento europeo, eletto con FI «Dopo le Regionali cambierà tutto» spiegava ieri Alessandro Cattaneo, l'ex sindaco di Pavia, già inventore dell'area dei mattatori». Partito leggero con leadership pesante, simile ai Repubblicani americani, forse nuovo nome, sicuro nuovo simbolo, senz'altro nuova sede. Per gestire la transizione, Berlusconi avrà bisogno di un passaggio formale. Non a caso, ad Arcore e dintorni, già si parla di «un congresso fondativo» da celebrare forse prima dell'estate, forse dopo. Di sicuro, si mormora, «in grande stile». Tommaso Labate © RIP RODUZIOfd= RSERVA'A FI, la rifondazione di Berlusconi riparte da Marina I1 Cav: «Strasburgo mi salverà». Ma dietro l'ottimismo i timori La figlia torna in campo: «Renzi avvelena la politica». E cita Mao ILCENTRODESTRA ROMA Marina come Marine? La Berlusconi come la Le Pen, dopo i padri le figlie alla guida del partito? La primogenita dell'ex Cavaliere ieri sembra aver fatto una prova di discesa in campo. Scagliandosi contro Matteo Renzi con toni di una virulenza di cui l'anziano genitore non appare più capace. E lo ha fatto anche con espressioni pop - «Quello di Renzi è più un governo di parole che un governo di parola», ossia «tante promesse e quasi nessuna mantenuta» - e con citazioni che non ci si aspetterebbe. Per esempio da Mao Tse Tung, che pure «è un personaggio lontanissimo da me»: «La politica non sarà un pranzo di gala - dichiara Marina ma mi sembra che Renzi abbia il vizietto di avvelenare le portate». E ancora: «Soltanto Cipro cresce meno dell'Italia». Di questa Italia IL LEADER: «MATTEO Si REGGE SU 148 DEPUTATI ILLEGITTIMI E 32 TRANSFUGHI» E PER Il FUTURO PUNTA SUI GIOVANI EMERGENTI che, vista da Marina, è in recessione per colpa del premier, è abitata da una magistratura «sconcertante» ed è «priva di un governo all'altezza della situazione e che faccia ciò che è necessario: veri sgravi fiscali finanziati da veri tagli alla spesa, liberalizzazioni, sburocratizzazione, riforme». Ecco il programma Marina. Guiderà lei la Forza Italia 2.0, quel partito giovane e arrembante per il quale il patriarca di Arcore sta già facendo il casting e Marina l'ha già superato piazzandosi in cima a tutti? Silvio si è sempre più convinto che la figlia è la persona giusta, anche alla luce del Marina Berlusconi (foto ANSA) fatto che la sentenza della Corte di Strasburgo in suo favore contro la Severino e contro la sua incandidabilità continua a farsi attendere. Pubblicamente fa l'ottimista («Verrà stabilità la mia innocenza») e privatamente è più prudente, o addirittura pessimista, su un esito favorevole. Ieri ha parlato di «una manina» che farebbe ritardare e slittare quel verdetto a settembre, mentre doveva arrivare in questa primavera. Parole che hanno preoccupato molti dei suoi - «Così incattiviamo la Corte europea» - i quali hanno provato a smosciarle. PREPARAZIONE E a proposito di giudici, riecco Marina: «Un Paese in cui non funziona la giustizia è un Paese che non funziona». «Quello su Ruby? Un processo senza prove e senza reato». «Condanna per i diritti Mediaset? Vicenda sconcertante, nella quale il diritto è stato ancora una volta calpestato». Scalda i motori, Marina, che si fa intervistare dall'Ansa. E si prepara da front-women di Matteo, giovane contro giovane, proprio mentre il papà s'intrattiene a cena a Palazzo Grazioli con vecchie glorie come Umberto Bossi (che gli ha detto che «il gelato è buonissimo» e che «in Puglia dovevate stare uniti tu e Fitto, le divisio- Il leader e fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi durante il suo intervento all'assemblea con i senatori del partito, mercoledì a Palazzo Madama (foto ANSA) ni fanno incazzare la gente»). E dice che per il suo «nuovo partito repubblicano all'americana» avrà come consulente l'ex presidente degli Usa, George Bush (junior ma già senior). E ieri, come fosse già nella parte di regista della nuova Forza Italia, ha partecipato a Milano alla riunione del Ppe assicurando che «il moderatismo europeo è la nostra famiglia» e sferrando attacchi al governo: «Si regge su 148 deputati dichiarati illegittimi dalla Consulta e su 32 senatori che hanno cambiato casacca». I numeri del partito SENATO L 'M ERA 7 7 2 58 -] , sii Sii 36,1 34,,3 3L, 2 ? 13 7 su 73 i í í__f1; ïfi '` 35.2 1 - --------------------------------------------------------------------------------- ------------------- `Fi,An ""Solo Forza Italia (compresa circoscrizione Estero) ANSA cermmetr POSTI La rifondazione scatterà dopo la probabile sconfitta alle elezioni Regionali. Marina sembra essere un primo tassello. Un altro consiste nell'allargamento del Cerchio Magico, in cui è entrato Andrea Ruggieri, che affianca Deborah Bergamini nella gestione della comunicazione e l'altro ieri Silvio all'assemblea dei deputati accarezzava davanti a tutti i muscoli del nuovo arrivato e ha detto ai presenti: «Guardatelo, questo è uno forte. Rivolgetevi a lui per ogni cosa». Lo schema di ragionamento che viene attribuito all'ex premier (che pure tranquillizza tutti: «Sarà un partito mix tra esperti e giovani») è il seguente. Con l'Italicum, che prevede 100 capilista, Forza Italia al massimo avrà 70 eletti. E in quelle 70 posizioni, il presidente vuole per lo più Cerchio Magico e giovani e new entry: dalla Sardone a Cattaneo, da Ruggieri a Fiori neo-responsabile degli Enti locali. Acchiappare più i voti d'opinione che quelli dei notabili. «Voglio ecco il mantra di Berlusconi - un partito delle idee». E Marina sembra avere le idee chiare. Mario Aj ello G RIPRODUZIONE RISERVATA Marina Berlusconi gela Renzi «E di parole più che di parola» La presidente Fininvest e Mond,adori non f a sconti. «A livello economico opportunità uniche, il governo non è all'altezza» sioni, altro che fatti e cambiamenti. L'ala verdiniana di Forza Italia che smania per correre in soccorso del premier prenderà nota. d i Stefano Zurlo ioca fra singolare e plurale per incastrare il premier: «Quello guidato da Renzi mi sembra molto più ` un governo diparole che ungoverno diparola». Marina Berlusconi è affilata come un coltello. E non mo stra alcuna simpatia verso il capo dell'esecutivo, lo stesso per cui invece si è speso nel passato il fratello Pier Silvio. Ragionando per schemi e semplificazioni, si potrebbe dire che Marina interpretala linea antiNazareno adottata dal padre Silvio nell'ultima fase, dopo la rottura sulla nomina di Mattarella. Ma con ogniprobabilitàilpresidente diFininvest e Mondadori segue solo i propri ragionamenti e le proprie convinzioni. Difendeilpapà, esprime felicitàperl'assoluzione nel processo Ruby, «un dibattimento senza prove e senza reato», nello stesso tempo cita Mao per colpire l'uomo nuovo di Firenze. E lo fa con una battuta perfida: «Parafrasando Mao Zedonglapolitica non sarà un pranzo di gala, va bene, ma mi pare che Renzi abbia il vizietto di avvelenare un po' troppo spesso le portate». Fiducia zero, dunque, nelle virtù taumaturgiche del capo del governo. Marina Berlusconi mette in fila numeri e cifre, poi traccia la sua analisi. Impietosa: «Quest'anno l'esecutivo prevede una crescita dello 0,7 per cento, dietro di noi nell'areaeuro c'è solo Cipro, nonmisembra un risultato esaltante». E ancora: «Bisogna vedere come evolverà la crisi greca, ma mi pare che, a livello generale, dal quantitativeeasingdellaBce, conilcrollo del cambio euro-dollaro, fino al calo del prezzo del petrolio, si stiano creando opportunitàuniche. Opportunitàperle quali l'Italia non ha meriti e che non dureranno in eterno. Per approfittarne appieno ci vorrebbe inprimo luogo un governo all'altezza della situazione, che faccia quello che è necessario». Ma il governo Renzi, sintetizzaMarinaBerlusconi, «èungoverno diparole. Non diparola». Lustrini eillu- Lei, nell'intervista concessa all'Ansa, parla anche di giustizia, con riferimento ai procedimenti del padre Silvio e delle aziende di cui è alla guida. «Siamo un gruppo solido e in movimento - spiega il presidente di Fininvest - il 2014, assieme a una Mondadori di nuovo in utile, ha visto una Mediaset, dove mio fratello Pier Silvio e la sua squadra hanno fatto un lavoro eccezionale, che torna a distribuire dividendi ehavisto anche unnetto miglioramento della situazione finanziaria». Ci sono poi le trattative in corso: l'acquisto della divisione libri dalla Rizzoli e la cessione di un pezzo di gloria sportiva come il Milan, disputato da investitori cinesi e thailandesi. E qui Marina sceglie la cautela. Capitolo Rcs: «È evidente che inun mercato in contrazione occorre consolidare le proprie posizioni nelle attività in cui si è leader. Ma la strada è ancora lunga». E ilMilan? Quila stretta finale potrebbe essere molto vicina: «È una fase molto delicata, si impone il silenzio». M arina invece non ha paura di affrontare il capitolo giustizia: «Un Paese in cui non funziona la giustizia è un Paese che non funziona». Il caso Ruby, salvo colpi di coda, è chiuso: dunque Marina prova «grandissima soddisfazione», ma la miscela con altrettanta «grandissima amarezza per i guasti irreparabili provocati» dalla vicenda. Una storia «che deve far riflettere tutti». E poi c'è la condanna per i diritti Mediaset, «di una gravità sconcertante». Si aspettano i «supplementari» a Strasburgo: «Il sacrosanto bisogno digiustizia di mio padre non potrà non essere soddisfatto». Su Matteo Renzi L(rholili(•(r iuon è (ur hr(nr,o di -(da ma lni lur nn ri,.io: (rrrele(ur l(°horl(rl(° Su magistrati e tribunali Sul processo Ruby I' oddi,c%(r~ion(>h(r, l(( Íin( di uiz incuho (LC I(l°(Io: . P11 .(! prore cmvi ,.(r I rn l o Sul gruppo Fininvest 1Io(ul(rdori è di ((n(mo i(( nlile e 1I(°di(1 (l lorrr(r (r (lislrii)Iiir( (lii•id(ndi "Remi avvelena la politica" l'ira di MarinaBerlusconi spiazzai moderati di Arcore presidente di Fìnínvest sfida la linea di Gonfalonieri e Gianni Letta L'ex Cavaliere toma t i leader del e: Strasburgo mi ridarà~ l'innocenza TOMMASO CIRIACO . Divisi in famiglia, divisi in azienda, divisi nel partito. Dopo aver spaccato irrimediabilmente Forza Italia, il fantasma del Nazareno seppellisce l'unità del board berlusconiano. Tocca a Marina Berlusconi bombardare clamorosamente il premier. «Quello guidato da Renzi mi sembra molto più un governo di parole che di parola». La figlia prediletta interpreta gli umori del padre, mortificando pubblic amente il sentimento filogovernativo di due pezzi da novanta come Fedele Confalonieri e Gianni Letta, E quest'ultimo, sconsolato, confida alle colombe azzurre: «Sto provando qualsiasi cosa per convincere Silvio a sedere al tavolo della trattativa, maneanchemilascia concludere il ragionamento...». Per prendere a schiaffi Palazzo Chigi, la presidente di Mondadori e Fininvest sceglie l'Ansa. «Parafrasando Mao Zedong-sostiene- la politica non sarà un pranzo di gala, va bene, ma mi pare che Renzi abbia il vizietto di avvelenare un po' troppo spesso le portate». Le politiche del governo non vanno giù al numerounodelcolossoeditoriale: «Promessefin troppe, impegni mantenuti pochi o nulla. Anche se come imprenditore ho l'obbligo di ottimismo, non c'è da star sereni». Per non lasciaredubbi, M arina Berlusconidifende il fondatore anche sul piano giudiziario: «Un Paese in cui non funziona la giustizia è un Paese che non funziona. Il processo Ruby? Senza prove e senza reato». Ë un affondo diretto, a freddo. L'esatto opposto delle parole di apprezzamento - al limite del renzismo ortodosso spese mesi fa dal fratello Pier Silvio, È nelchiusodiArcorechesiconsumalanuova svolta. A nulla serve il pressing di Letta e Confalonieri, tornati alla carica negli ultimi giorni per spostare il baricentro di Forza Italia. Marina, da sempre in sintonia con i fedelissimidel cerchio magico, si oppone, E d'altra parte «io per papà sono disposta a tutto», va ripetendo. C'è chi ipotizza, ancora una volta, una clamorosa discesa in campo. Di certo c'è che la primogenita, testata riservatamente dopo ogni uscita pubblica, resta l'arma carica sempre a disposizione di Berlusconi. A dire il vero l'ex premier settantottenne non sembra deciso a mollare. «Cerco il mio successore - ripete ciclicamente da un de- cennio - ma ancora non l'ho individuato». Dopo aver scontato i servizi sociali, comunque, il capo di FI si è presentato ieri a una cena del Ppe a Milano. Assenti i leader Ue, impegnati a Bruxelles, l'ex premier si è dovuto accontentare di alcuni funzionari continentali, Prima propone le quote per ripartire tra tutti i Paesi dell'Unione gli immigrati che richiedono asilo. Poi si sfoga: «Sono un perseguitato, ma sarò reintegrato dalla Corte Europea di Strasburgo. Stasera rientro nel Partito popolare europeo dopo una lunga assenza». Sogna la riabilitazione entro settembre, prevede il ribaltone del governo e consegna ai colleghi dimezza Europa (un po' basiti) questa fotografia dell'Italia: «La democrazia è sospesa». In Forza Italia, intanto, il clima resta pessimo. Mentre Antonio Tafani continua a proporsi con il leader per coordinare il partito dopo le Regionali, un gruppo sempre più consistente di parlamentari lavora ad altri scenari. In una lettera mai recapitata a Berlusconi, alcunisenatori implorano il c apo disforzarsi per superare «protagonismi ed egoismi», evitando «nuove scissioni». Ma sono soprattutto gli uomini di Verdini a scalpitare. Sondano riservatamente i colleghi di partito. Vogliono strappare con il capo, sostenere le riforme renziane e lasciare il gruppo. Non che 1a circostanza allarmi l'ex Cavaliere: «Sapete dove può andare Dens, per quanto mi riguarda?». Al gruppo Misto, pare. © RIPRODUZIONE RISERVATA GRUPPO AUTONOMO DenisVerdini, sostenitore del patto con Renzi sulle riforme, sta compattando un gruppo di parlamentari di Forza Italia che potrebbero votare l'Italicum in dissenso dal partito. Sarebbe il prologo della formazione di un gruppo autonomo. Una mossa analoga, ma di segno opposto, potrebbe compiere Raffaele Fitto Silvio Berlusconi con la figlia Marina Berlusconi rilancia la tesi della "democrazia sospesa" in Italia. E sui muranti strategia anti-Lega: vanno ripartiti tra tutti i Paesi Ue Verclini pronto a lasciare H per il pa °tito della Nazione II passaggio al gruppo misto potrebbe avvenire dopo le Regionali I_Jex braccio destro di Berlusconi sempre più attratto dal renzismo ß erlusconi ci ha messo una pietra sopra. Considera Fitto ormai fuori da Forza Italia e Raffaele non sembra granché preoccupato. Anzi ha già preparato le valige per il suo viaggio verso altri lidi politici (quali ancora non è chiaro). Aspetta solo il momento giusto. Anche Denis Verdini sta cominciando a fare gli scatoloni da trasportare nel fantastico mondo renziano: dopo le regionali porterà i suoi parlamentari nel gruppo misto, collocandosi a supporto della maggioranza. Al Senato hanno fatto da apripista Sandro Bondi e Manuela Repetti. Per il momento Verdini smentisce di voler abbandonare il suo ex Messia e attribuisce le voci di una sua uscita al cerchio magico. Dice di più. Dice che le voci messe in giro ad arte da Rossi, Toti e Bergamini siano una mossa per forzare il suo distacco in modo da evitare che si porti dietro più gente possibile. La tesi di Verdini è la seguente: i berlusconiani di guardia al trono azzurro vorrebbero accelerare i tempi del divorzio per depotenziare la campagna acquisti dei ribelli. Attrarre i delusi Le elezioni regionali sono lo spartiacque. La composizione delle liste lascerà sul terreno morti e feriti, esclusi ed epurati. La sera del 30 aprile, quando la partita delle candidature sarà game over, partiranno i ricorsi con i quali Fitto contesterà davanti alla magistratura la legittimità della Rossi e di Luigi Vitali (segretario Fi della Puglia) a presentare liste e simbolo di Forza Italia. Una lotta politica combattuta pure a colpi di carta da bollo che servirà a Raffaele per rimanere formalmente nel partito, per prendere tempo e mettere in campo le sue liste contro quelle berlusconiane. E intanto aspetterà il flop elettorale del suo (ex) partito per poi portarsi via parlamentari, sindaci, amministratori, militanti, consiglieri regionali e comunali delusi, sbandati e in cerca di ricollocamento in una nuova area di centrodestra. La nascita di gruppi autonomi è il passo successivo, sempre che abbia i numeri per farli alla Camera e al Senato. Santanché contro Verdini Complementare ma di segno politico opposto il programma di Verdini. Denis punta al Partito della Nazione all'ombra di Renzi. Anche lui attende l'esito delle regionali che coincideranno, giorno più giorno meno, con il voto finale sulla legge elettorale. Ha cercato in tutti i modi di convincere Berlusconi che il patto del Nazareno e il legame con Matteo non andassero annullati. «Resterai solo», arrivò a preconizzare in un colloquio a Palazzo Grazioli. L'ex premier non crede più al «malato di bulimia di potere» che risiede a Palazzo Chigi. Uno che secondo la figlia Marina ha «il vizietto di avvelenare le portate». Verdini invece vede in Renzi il nuovo Messia della politica e cerca di convincere gli emarginati dal cerchio magico di seguirlo nella Terra Promessa. Non c'è riuscito con la Santanché: si è rotto un sodalizio che i due avevano quando esercitavano un forte ascendente sul grande capo. Ora anche le loro strade si sono divise perché il premier per Daniela è quanto di peggio ci sia. Allora Verdini prepara le truppe da portare al gruppo misto. Questo passaggio dovrebbe verificarsi all'inizio di giugno, all'indomani delle regionali e del voto sulla legge elettorale. A quel punto saranno in scadenza le presidenze delle commissioni parlamentari: salteranno alcuni presidenti della dissidenza Democratica e di Forza Italia. Alcune di queste presidenze potrebbero andare agli amici di Verdini. Senza Fitto e Verdini, Berlusconi immagina un profondo rinnovamento di Fi e sogna di fare un Partito Repubblicano in stile americano. Ha raccontato che si avvarrà addirittura della consulenza dell'ex presidente degli Stati Uniti, George Bush junior. Bus h Senza Fitto e Verdini, Berlusconi ha confidato di sognare un Partito Repubblicano in stile americano. Ha rac- contato che si avvarrà della consulenza dell'ex presidente degli Stati Uniti, George Bush junior passi Dopo le regionali Verdini porterà i suoi parlamentari nel gruppo misto, collocandosi a supporto della maggioranza. Al Senato hanno fatto da apripista Sandro Bondi e Manuela Repetti Forza Ilta ha Denis Verdini con Luca Lotti, sottosegretario a Palazzo Chigi Verdini, verso l'addio a Forza Italia, è tentato dal Partito della Nazione . Bologna, Genova e Milano alleggeriranno il carico di Firenze, Roma e Napoli Città metropolitane con tagh diversificati Gianni Trovati MILANO imm- Più tagli a Bologna, Genova e Milano per alleggerire il carico di Firenze, Roma e Napoli. In sintesi è questo ilrisultato della proposta che i sindaci hanno inviato ieri al Governo per provare a risolvere il problema dei t agli alle Città metropolitane su cui nelle settimane scorse si era scaldato il confronto fra amministratori e Governo, sfociato due settimane fa nell'incontro a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio. La soluzione individuata dai tecnici di Ifel-Anci, come sottolinealo stesso presidentedell'associazione dei Comuni Piero Fassino, è «solidale», nel senso che dopo qualche scintilla anche all'interno del mondo degli enti locali le amministrazioni che erano state meno colpite dalla geografia dei tagli decisa in conferenza Stato-Città si sono rese disponibili ad accettare una quota aggiuntiva di manovra per aiutare Firenze, Ronfa e Napoli. «Ora ci aspettiamo analoga disponibilità dal Governo, per arrivare entro la prossima settimana alla decisione poEtica divarare il decreto entilocali». E qui iniziano le incognite. Lasot unacomplessivachiesta alle Città metropolitane rimane invariata, come ha chiesto il Governo, ma il nuovo riparto dei tagli impone comunque una correzione allaleggediStabilità.Lamanovra chiede infatti di distribuire le sforbiciate tra Province e Città metropolitane in base ai «fabbisogni standard», cioè al "prezzo giusto" delle diverse funzioni locali, e l'attuazione portata avanti dal Governo ha appli caro la misurain base alrapporto fra «costi cf- «Ora ci aspettiamo analoga disponibilità dalgoverno per arrivare entro la prossima settimana al varo del decreto enti locali» ........................................................................... ficienti», misurati dalla Sose, e possibilità per ogni ente di raccogliere gettito dalle imposte sull'automobile (addizionale RcAuto e Ipt) e sull'ambiente. La proposta dei sindaci, per rendere un po' meno brusco il passaggio dalle vecchie alle nuove regole, mescolainvecei«costi efficient efficie spesa storica. Per attuarla, quindi, occorre che il Governo sia disposto ad attenuare in parte la parola d'ordine dell'«addio alla spesa storica» sventolata nelle scorse settimane. Nel cantiere del decreto enti locali, poi, non sono pochi gli aspetti ancora in discussione. Uno è rappresentato dalla riduzione delle super-sanzioni in vigore da quest'anno per chi ha sforato nel 2o14 il Patto di stabilità: l'idea, che riguarda da vicino almeno un terzo degli enti di area vasta, è già scritta nell'intesa firmata a febbraio da sindaci e Governo, ma va tradotta in pratica con scelte che hanno dei costi. I due passaggi, rappresentati da redistribuzione dei tagli e alleggerimento delle sanzioni, sono intrecciati a doppio filo, anche perché penalità più leggere aiuterebbero a compensare la stretta aggiuntiva alle Città scese in aiuto di Firenze, Roma e Napoli. Tutta lapartita, che comprende anche il Fondo per le detrazioni Tasi da 625 milioni, è a sua volta collegata all'esito della trattativafra Governo e Regioni sui tagli alla sanità, perché anche questo capitolo dovrebbe finire nel decreto enti locali: il rendez-vous, però, è slittatoamercoledìprossimo, el'intesa è ancora tutta da trovare. gianni. trovati fi ilsole24ore.com 0 RIPRODUZIONE RISERVATA La, proposta che l,Anci farà al 'Torerno per ripartire i sacrifcci. A Roma sconto cli. // jnlr-r • Sol i dar i et à • super sindaeì - RiMO dula ti i tagli sulle me trop oli. Napoli rec up era 13 DI MATTEO BARBERO oma recupera circa 11 milioni, Napoli poco meno di 13, mentre Firenze poco più di 4. È questa la sostanza dell'accordo raggiunto ieri tra le città metropolitane per una diversa rimodulazione dei tagli previsti dall'ultima manovra, dopo che il riparto basato sui parametri previsti dalla legge di stabilità 2015 aveva prodotto effetti molto squilibrati fra le diverse amministrazioni e troppo pesanti per alcune di esse, con inevitabile coda di polemiche. La quadra è stata trovata ieri dal coordinamento Anci, con il via libera a un documento che, applicando una diversa metodologia di calcolo, redistribuisce circa 27 milioni di sacrifici, in modo da alleggerire il peso a carico delle tre città. In questo modo, il taglio a carico di Roma scende da 87,4 a 76,2 milioni, quello a carico di Napoli da 66 a 53,7 milioni, quello imposto a Firenze da 25,9 a 21,7. Ovviamente, il tutto avviene a invarianza della riduzione complessiva, per cui, per esempio, il taglio di Torino passa da 21,2 a 26,8 milioni, quello di Bologna (il cui sindaco Virginio Merola, si era duramente scontrato con il collega di Firenze, Dario Nardella sul riparto) da 5,3 a 9,1. In tal modo, come evidenzia il testo dell'accordo, «diminuisce notevolmente la variabilità del taglio all'interno del comparto», rendendone la distribuzione più omogenea, anche in termini di incidenza sulla spesa netta e in termini pro-capite. Al termine della riunione, il presidente dell'Anca., Piero Fassino , ha espresso grande soddisfazione. «C'erano riserve da parte di alcune città», ha osservato, «ma oggi l'Anci ha dato una dimostrazione di coe- • sione e solidarietà importante. Ora analoga disponibilità ce l'aspettiamo dal governo, per arrivare a un accordo nel corso della prossima settimana che si concluda con la decisione politica di varare il decreto enti locali in tempo utile per la chiusura dei bilanci». Infatti, la proposta dell'Anci deve essere recepita mediante un correttivo normativo, che modifichi la disciplina dettata dalla legge di stabilità 2015 (190/2014). Fassino ha anche ricordato le altre questioni aperte, «dalla reintroduzione del fondo perequativo di 625 milioni, al meccanismo compensativo sull'Imu sui terreni agricoli e montani per i piccoli comwii, passando per la flessibilizzazione del nuovo sistema di contabilità, fino alla possibilità di utilizzare nella spesa corrente la rinegoziazione dei mutui, l'alienazione di beni mobili e immobili e gli avanzi di esercizio». Infine, l'Anci è tornata a chiedere la disapplicazione delle sanzioni per lo sforamento al Patto ereditato dalle vecchie Province e la copertura da parte dello Stato, come peraltro prevede la legge Delrio, del 30% del costo del personale. Sul Patto, l'accordo raggiunto ieri prevede anche la revisione dei meccanismi di calcolo degli obiettivi anche per le province e le città metropolitane, proponendo una metodologia analoga a quella introdotta per i comuni dall'Intesa raggiunta in Conferenza Statocittà e autonomie locali lo scorso 19 febbraio (peraltro non ancora recepita dal legislatore). In pratica, si punta a escludere dalla base di calcolo le spese correnti sostenute per rifiuti, trasporto pubblico locale e formazione professionale (ovvero le componenti che determinano i principali differenziali di spesa che si riscontrano nei bilanci provinciali, in ragione soprattutto della differente intensità con cui le Regioni hanno utilizzato lo strumento della delega di funzioni), a estendere l'arco temporale di riferimento al quadriennio 2009-2012, escludendo comunque dal computo l'anno in cui il complesso delle spese considerate assume il valore più alto, e a considerare nel «montante» utile ai fini del riparto, anziché il solo taglio operato con il dl n. 78 del 2010, l'intero ammontare dei tagli alle risorse delle Province intervenuti nel periodo 2011-2015. Ciò dovrebbe garantire maggiore sostenibilità e assicurare più spazi alle città metropolitane alla luce delle maggiori funzioni loro conferite. © Riproduzione riservata n città Popolazione al metropolitana 31/1/2015 -------------------------- ------------2 ,; n 7 ç'. 1.7 To r ino 17i; .1 i hlil no [ il r Spesa diff. corrente media 201012 al netto negativa entrate entrate di formaz . storiche professionale , tpl, rifiuti entrate potenziali 24 8A --?1n ezi 3 -, ------ L -p ', . fT1n --()0I1 - netta 21 r ,1 - ------- 1 _.0 7.2 2 ..3 1 2= 4 - 1, Taglio 2015 quota su spesa 2015 quota taglio Sose Tot taglio 0 in !a spesa spesa 2015 netta netta (40%) I 11, -- ;_01,4 -----11-1.9 -9.9 ------- ---s05,E, 5,2 5-g 7; J -- 4 ,{) ---ji ------ 3,^ 101.4 3,0 ---- , C .1 1e2.. ----------,---r, J,C 23,9 ,_ 5,K 5,7 - 5. 1 _ ",0 9,7 --- ------ 2I , 7 t; 9,0 ",' . 11 , 52,3 - -- 733. 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Le porte dell'Europa non si aprono ai migranti. E la prima fessura sugli accordi di Dublino rimane aleatoria: 5mila, forse 10mila, potrebbero essere accolti dai paesi membri su base volontaria, ma nessun trasferimento dall'Italia. Sullo sfondo c'è sempre la stessa accusa da parte degli altri 27: il mancato fotosegnalamento di alcuni richiedenti asilo che, proprio in violazione dei protocolli sottoscritti nel 2003, consentirebbe ai migranti di arrivare Oltralpe. Il problema resta a casa nostra, oggi una nuova circolare del Viminale tornerà a sollecitare i prefetti per trovare un accordo con gli amministratori locali per recuperare almeno seimila posti. Alla vigilia delle elezioni la tensione cresce e, contrariamente all'entusiasmo mostrato mercoledì dall'Anci, la conferenza delle regioni registra spaccature e la chiusura di alcuni amministratori. La sproporzione sull'accoglienza è ancora enorme: il 21 per cento dei migranti ospitato in Sicilia contro l'1 per cento della Val d'Aosta. Il 21 aprile la quota degli arrivi era di 25.098. Ma gli sbarchi continui imporrebbero un costante aggiornamento dei dati. LA REDISTRIBUZIONE IN UE Tra i 27 leader europei il tema dell'accoglienza resta tabù. La polemica riguarda ancora il mancato fotosegnalamento da parte dell'Italia e l'enorme numero di profughi che, dopo essere sbarcati sulle nostre coste, arrivano Oltralpe. Non ci sono aperture sul punto. Uno spiraglio riguarda il cosiddetto "resettlement" ossia le nuove migrazioni. Il progetto pilota della commissione Ue sui richiedenti asilo po- trebbe passere dalle 5000 unità, indicate dalla bozza due giorni fa, a 10mila. Ma sempre su base volontaria. Una goccia nell'oceano che non ha nulla a che vedere con gli sbarchi già avvenuti in Italia. Nulla infatti è stato previsto sulla cosiddetta "relocation", cioè il trasferimento all'estero dei migranti, ospiti nelle nostre strutture, che abbiano indicato altri paesi come meta ultima. LA CIRCOLARE Sarà diffuso oggi il documento per trovare ospitalità ad altri seimila richiedenti asilo. Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione tornerà a rivolgersi ai prefetti, nell'auspicio di un'apertura da parte degli amministratori. L'ipotizzata requisizione delle strutture resterà l'extrema ratio e non sarà praticata prima del 31 maggio, quando in molti centri i cittadini saranno chiamati alle urne. Nel documento del Viminale, un vero e proprio richiamo al dovere dell'accoglienza, è esplicito il riferimento alle ultime 800 vittime del naufragio. LE REGIONI Quella del presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, resta una voce isolata: «Ogni regione è responsabile di ciò che dice e fa davanti all' opinione pubblica. Siamo di fronte ad un fenomeno epocale». Netta la chiusura della Lega: «La situazione è fuori controllo: si pensava lo scorso anno arrivassero 60 mila immigrati e ne sono giunti in Italia 190 mila. Per il 2015 non sappiamo nulla. Per noi anche l'intesa raggiunta sulla ripartizione dei Fondi per l'accoglienza è saltata», dice il coordinatore degli assessori agli Affari Finanziari, Massimo Garavaglia, assessore della Lega in Lombardia. Valentina Errante RIPRODUZIONE RISERVATA Sbarco di migranti (foto LAPRESSE) I PREFETTI DOVRANNO TROVARE GLI ACCORDI CON I SINDACI E CON I GOVERNATORI PER RECUPERARE I POSTI NECESSARI L'ULTIMA IPOTESI E QUELLA DELLA REQUISIZIONE DEI SITI PUBBLICI LINEA DURA DELLA LEGA «SIAMO GIA PIENI» I numeri del fenomeno Migranti sbarcati sulle coste italiane dall'1 gennaio al 21 aprite 25.098 21.738 2014 2015 Migranti ospitati nette strutture temporanee , nei CARA, nello SPRAR Sicilia . 5.286 Lazio ^951 Lombardia 5.444 Puglia 592 Campania 3.993 Calabria 460 Piemonte 3.344 Emilia Romagna 3.117 Toscana 2.452 Veneto 2.463 Marche 1.436 Friuli 1.421 Sardegna 1.031 Liguria 1.015 Molise 745 Umbria 739 Abruzzo 763 Basilicata 568 Trentino A. A. 635 Val d'Aosta 61 Percentuale di distribuzione dei migranti per regione Dïffamazïone, stretta anche sui blog Il Pd Errníní intende estendere le regole della rettifica obbligatoria alle testate non registrate 1 tf,8MI %; Ë I L./rl.L.i, ... Due tagliole incombono sulla stampa. Intercettazioni e diffamazione, bavagli che tornano d'attualità. La commissione Giustizia della Camera è al lavoro. Saranno ascoltati i direttori, come aveva proposto Renzi agiugno 2014. Il governo si muove. Il premier vede con favore il carcere per chi pubblica le telefonate: la proposta del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri lo attrae. Il Pd, con il responsabile Giustizia David Ermini, un renziano super doc, vuole estendere le nuove e rigide regole della rettific a obbligatoria da pubblicare entro due giorni anche ai blog, non solo alle testate giornalistiche registrate. Ieri ne ha parlato col Guardasigilli Andrea Orlando. Un altro pd, il relatore della legge Walter Verini, è tuttavia perplesso. Il mondo dei blogger è in allarme, ma tra gli editori è diffu sa la tesi che non sarebbe giusto far cadere il peso della nuova legge solo sulle testate registrate, mentre qualsiasi blog resta libero di pubblicare quello che vuole. Un mini vertice di maggioranza a Montecitorio ha cominciato a fare il punto su modifiche importanti. C'è pure una novità positiva: il Pd si èconvinto che vada eliminato il "diritto all'oblio", via dal web qualsiasi notizia che il soggetto citato consideri diffamatoria. Favorevole M5 S. Una richiesta giunta anche dal Garante della Privacy Antonello Soro. Non dovrebbero passare altre due proposte di Ermini, far calare da 50 a 30mila la multa massima per la diffamazione di una notizia che si pubblica con la consapevolezza che sia falsa e il diritto di replica alla rettifica. La legge comunque è ancora un c antiere aperto, in cui "balla" sia la questione delle querele temerarie che si vorrebbe estendere a qualsiasi tipo di lite, sia la previsione di imporre una sanzione disciplinare al giornalista che diffama. La Camera l'aveva imposta per il recidivo, il Senato l'ha spostata in avanti (tre, e non due diffamazioni), Montecitorio vuole tornare indietro. La diffamazione avrebbe potuto essere il contenitore per le intercettazioni. L'ha proposto Alessandro Pagano di Ncd, via la delega dal processo penale per metterla nella diffamazione. Ma la presidente Pd della commissione Giustizia Donatella Ferranti dirà che è inammissibile. Ferranti lancia il giro di tavolo coi direttori. M5S voleva sentire Travaglio del Fatto e Abbate dell'Espresso, ma ha prevalso l'audizione collettiva. Soddisfatto il sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa, che dà il nome alla legge, e che da sempre si batte per una stretta sulle intercettazioni. Ora parla di «una sintesi equilibrata nel rispetto dei valori costituzionali». Il vero nodo, dopo le amministrative, sarà il carcere per chi pubblicale registrazioni, 26 anni per Gratteri. Più del falso in bilancio di una società non quotata (1-5 anni). Intercettabile soloil primoreato. DiceFerranti: «Sarebbe un controsenso. Nella diffamazione è punito con la multa chi pubblica consapevolmente un fatto falso. E poi un atto diffuso tra tante persone non si può più considerare segreto». Per questo Renzi vuole che le telefonate non stiano nemmeno nelle ordinanze. Solo un numero. Gli avvocati, con un badge, le leggeranno nella cassaforte della procura e saranno tenuti al segreto. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA DIFFAMAZIONE Sparisce il carcere per chi diffama, male rettifiche diventano perentorie. Prevista una multa da 10 a 50mila euro se c'è la consapevolezza della falsità del fatto pubblicato ILDESTINODEIBLOG Nel testo approvato al Senato i129 ottobre 2014 i blog sono fuori dall'obbligo di rispettare le regole stringenti della rettifica. Con la proposta del Pd Ermini invece ci rientrano in pieno IL DIRITTO ALL'OBLIO La contestata norma, via dal web le diffamazioni, sarà eliminata dalla diffamazione e inserita n una legge ad hoc. D'accordo il Garante della Privacy Soro, ma anche Pd e M5S Piero Ignazi Potere&poteri www.lespresso.it Potentati locali fuori controllo, che ignorano le indicazioni del quartier generale romano. Ma così il partito può andare presto verso l'implosione Nel Pd la vera scissione è tra centro e periferia C'È UNA SCISSIONE in atto nel Pd. Ma non è quella tra Renzi e i suoi oppositori: riguarda la divaricazione tra il centro e la periferia, tra il quartier generale romano e i terminali locali. La nuova leadership democrat ha dato il colpo di grazia a una separazione di percorsi che già da molti anni stava allontanando i dirigenti periferici del partito dai vertici nazionali. Renzi ha semplicemente accelerato un processo. Se i De Luca boys fanno il bello e il cattivo tempo alzando le spalle di fronte a regole e prassi, stringendo alleanze contro natura e cambiando casacca con grande naturalezza è perché il partito non controlla più le spinte centrifughe. L'autonomizzazione dei quadri dirigenti a livello subnazionale e, soprattutto, degli eletti, parte da lontano, dal collasso del sistema partitico post-Tangentopoli. Il Pd, passando attraverso il Pds e i Ds, è stato l'unico ad aver conservato una continuità politico-organizzativa. Ingannevole, però, perché mentre narrazioni e riferimenti simbolici hanno garantito la tradizione, le pratiche sono andate da tutt'altra parte. Quello cha cambiava, in maniera sotterranea e nascosta, erano i rapporti tra vertice e base, al di là di ogni contrapposizione politica all'interno del partito. I vari passaggi da D'Alema a Veltroni, da Fassino a Bersani, non hanno mai portato a mutamenti ideali e programmatici di rilievo. Non è guardando al livello ideologico-culturale, che si possono rintracciare le ragioni delle tensioni che oggi attraversano il Pd. Bisogna partire dalla concezione del partito e della rappresentanza politica che si è andata affermando a partire dalla metà degli anni Novanta: già da allora gli antecedenti del Pd hanno riconosciuto alle strutture decentrate del partito maggior autonomia nella definizione delle loro regole interne, nella scelta della classe dirigente, nella gestione finanziaria e in altri ambiti ancora. In sostanza, è stata promossa una sorta di federalizzazione strisciante. Parallelamente a questa tendenza si è affermata, anche nel dibattito pubblico, una impostazione "autonomista" fondata sullo sganciamento degli eletti dalla ossequienza nei confronti dei rispettivi partiti. Tutto ciò deprimeva il ruolo del partito nella selezione dei candidati e rendeva liberi gli eletti da ogni vincolo partitico. IL FRUTTO di questo processo di autonomizzazione è stato quello di indebolire la capacità di controllo delle strutture centrali sulla periferia. Perché i vertici romani hanno lasciato correre? Perché riposava su uno scambio implicito, sulla non interferenza della periferia nelle scelte nazionali. Una sorta di vivi e lascia vivere. E così i vari livelli organizzativi sono andati ognuno per conto pro- prio. Se poi a tutto questo aggiungiamo le litanie sulle nefandezze del partito fortemente strutturato e ben organizzato ( qualcuno ricorderà le sciocchezze sul "partito leggero"...), allora è chiaro che le classi dirigenti locali si siano sentite autorizzate ad avere mano libera. POI È ARRIVATO Renzi, l'anti-partito per eccellenza. Il leader che ha impersonato la capacità di far politica, e di conquistare il quartier generale, con una sua, personale, macchina organizzativa senza passare per le fila interne. L'arrivo al Nazareno di un personaggio con questo profilo, tutto proiettato all'esterno, tutto concentrato sulla forza della leadership, tutto rivolto alla comunicazione diretta con l'opinione pubblica senza filtri partitici, significava il "liberi tutti" per i quadri locali. E così, quel lento ma continuo cammino verso l'autonomia della periferia è diventato una corsa senza freni. Ora, senza pudore né ritrosia i vari cacicchi locali impongono le loro scelte ad un partito centrale distratto e, sotto sotto, disinteressato. Finché il manovratore centrale non viene disturbato il conflitto centro-periferia rimane sotto il livello di guardia. Ma il Pd viaggia su due binari diversi: dirigenti ed eletti ai livelli sub-nazionali che si muovono indipendentemente dalla direzione di marcia del centro, al primo intoppo, possono far deragliare il treno. Privilegi Altero Matteoli e, a sinistra, Giulio Tremonti Vietato indagare ministri Tremonti e Matteoli sotto accusa per corruzione. Ma una legge-vergogna soccorre i politici di governo. E le uniche condanne risalgono a Tangentopoli di Paolo Biondani IETATO INDAGARE sulla casta di governo. Nell'Italia saccheggiata da una corruzione enorme, c'è V uno scudo legale che pro- tegge proprio i politici con più poteri: i ministri che controllano le casse centrali della spesa pubblica. In questi mesi di crisi e lotta agli sprechi, i magistrati di Venezia e di Milano hanno rimesso in moto la speciale procedura peri reati commessi dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni. Giulio Tremonti e Altero Matteoli, esponenti di spicco dei governi di Silvio Berlusconi, sono accusati di corruzione. Come tutti gli indagati, fino a prova contraria vanno considerati innocenti. Anche perché la legge in vigore non impone più rigore e più controlli per chi conta di più, ma il contrario: come parlamentari, non possono essere intercettati, perquisiti e tantomeno arrestati; e come ministri, godono di privilegi speciali, tutti per loro. Che nella storia italiana hanno quasi sempre salvato i governanti. 1 condannati per reati ministe- riali sono pochissimi. E gli ultimi casi risalgono ai tempi di Mani Pulite. Prima e dopo quel periodo eccezionale, decine di accuse sono state azzerate da un veto politico: stop alle indagini, con tanti saluti alla giustizia. Le inchieste sui ministri sono regolate da una disciplina che alcuni giuristi paragonano a un «fossile legale» dei tempi del vecchio codice: la legge costituzionale numero 1 del 16 gennaio 1989. «È una normativa tecnicamente incredibile: sembra fatta apposta per garantire l'impunità», sintetizza uno dei magistrati che hanno condotto le nuove inchieste. Il privilegio più vistoso è l'autorizzazione a procedere: il ministro può essere processato solo con il permesso della Camera, se è un onorevole, o del Senato. Dietro questo muro legale, trovano riparo anche i coimputati di ogni sorta: imprenditori, burocrati, faccendieri, eventuali complici mafiosi. Se il Parlamento nega l'autorizzazione, si salvano tutti. «Una vera assurdità tecnica», secondo diversi magistrati, è il comma di legge che regola l'avvio dell'inchie- sta. Quando una Procura scopre un ipotetico reato ministeriale, non può fare niente: «omessa ogni indagine», come prescrive l'articolo 6, i pm devono liberarsi del fascicolo «dandone immediata comunicazione» a tutti i sospettati. Per i normali cittadini le Procure possono, anzi devono tenere segreta l'inchiesta almeno nei primi sei mesi, per evitare che l'indagato possa far sparire i soldi o inquinare le prove. Per i ministri e i loro complici, la regola è rovesciata: preavviso immediato a tutti gli indagabili, fosse anche un caso di omicidio, mafia o droga. Messi così in allarme i sospettati, l'inchiesta va affidata a tre giudici estratti a sorte tra tutti i magistrati del distretto, anche se non hanno mai fatto indagini, riuniti nel cosiddetto tribunale dei ministri: un collegio che ricorda i vecchi giudici istruttori, aboliti da un quarto di secolo. Il collegio ha solo 90 giorni per concludere tutta l'inchiesta, prorogabili di altri 60 al massimo. In tempi così brevi è praticamente impossibile fare rogatorie, ad > Privilegi esempio, per trovare l'eventuale bottino nascosto all'estero. Alla fine, se il tribunale archivia, il verdetto è «inoppugnabile». Se invece chiede l'autorizzazione al processo, il Parlamento può negarla anche se il reato è provato, «qualora reputi che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato»: un alibi politico «insindacabile», per cui regge anche se è falso. Con regole del genere, non meraviglia che i ministri condannati si riducano a pochi sfortunati. Il primo e per anni unico fu Mario Tanassi, socialdemocratico, condannato a due anni e quattro mesi, il primo marzo 1979, dalla Corte Costituzionale con il vecchio rito: una sola sentenza autorevolissima e inappellabile. Era il fronte italiano dello scandalo Lockheed, innescato da un'inchiesta degli Stati Uniti che il nostro Paese non poteva ignorare: come ministro della Difesa, Tanassi fu corrotto con 560 milioni di lire per sbloccare l'acquisto di 14 aerei militari costosissimi. La legge del 1989 è nata proprio per garantire a ministri come lui i soliti tre gradi di giudizio. E così è toccato al tribunale dei ministri, appena creato, indagare sulle "carceri d'oro": le tangenti confessate a Milano, dopo l'arresto, dall'imprenditore Bruno De Mico. Il suo processo si è chiuso nel 1994 con la condanna definitiva a cinque anni, per concussione, dell'ex ministro Franco Nicolazzi, anche lui del Psdi, che aveva intascato 2,5 miliardi di lire. In quel periodo era diventato normale concedere l'autorizzazione a procedere, che nel 1993, al culmine di Tangentopoli, è stata abolita per i semplici parlamentari. Tra i ministri, il condannato più illustre è Francesco De Lorenzo, liberale, titolare della sanità dal 1989 al 1992, condannato a cinque anni e quattro mesi per decine di tangenti, per un totale accertato di 4,5 milioni di euro, sborsate dalle industrie farmaceutiche da lui favorite. Dopo Mani Pulite, invece, le indagini sui governi sembrano fermarsi. Per tutto il ventennio dominato da Berlusconi, la procedura per i reati ministeriali diventa un muro di gomma. Alcune procure archiviano sul nascere decine di fascicoli. E quando il tribunale dei ministri conferma qualche accusa, interviene il Parlamento. Tra i casi più clamorosi spicca il salvataggio politico di Pietro Lunardi, l'ex ministro delle grandi opere, accusato di corruzione con il cardinale Crescenzio Sepe. Nel 2010 il tribunale dei ministri conclude che Lunardi ha acquistato a prezzo bassissimo un palazzo di lusso dall'ente religioso Propaganda Fide, che intanto otteneva cinque milioni di euro dal governo«in assoluta carenza dei presupposti». I magistrati invocano per quattro volte l'autorizzazione a proce- I PM DEVONO AVVISARE SUBITO GLI INDAGATI MENTRE IL PARLAMENTO PUÒ SEMPRE NEGARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE. COME È SUCCESSO CON LUNARDI Mario Tanassi , ministro negli anni '70 dere, ma il parlamento le blocca una dopo l'altra chiedendo sempre «approfondimenti». Nello stesso periodo beneficia dello stop politico al processo anche il ministro Matteoli, accusato di favoreggiamento per aver rivelato a un amico prefetto che era sotto intercettazione per tangenti su speculazioni edilizie all'Isola d'Elba. Dopo la bocciatura del lodo Alfano, (che avrebbe sospeso i processi al premier) l'immunità ministeriale è stata invocata pure nel caso Ruby: Berlusconi, secondo la sua maggioranza, telefonò in questura per far rilasciare la minorenne marocchina agendo da premier, perché credeva veramente che fosse la nipote di Mubarak. Quindi la Camera ha votato un conflitto di attribuzioni, ma la Corte Costituzionale, il 12 aprile 2012, ha dato ragione alla Procura di Milano, scrivendo che «era obbligata a indagare». Pochi ricordano che anche Giulio Andreotti, dopo una carriera costellata di mancate autorizzazioni a procedere, tentò di sottrarsi allo storico processo di Palermo per complicità con la mafia (poi chiuso con la prescrizione fino al 1980 e l'assoluzione per gli anni successivi) accampando la competenza del tribunale dei ministri di Roma. Ma i giudici hanno replicato che Andreotti era sotto accusa solo come capo-corrente della Dc. Ora si ricomincia da due. La nuova Camera ha già autorizzato il processo a Matteoli: i padroni del Mose di Venezia hanno confessato di avergli versato 550 mila euro, oltre a dover inserire una sua società, intestata secondo l'accusa a un prestanome, nei maxi-finanziamenti per disinquinare Porto Marghera. E al Senato pende la richiesta di procedere contro Tremonti per una presunta corruzione targata Finmeccanica: 2,6 milioni di euro mascherati da parcella per il suo studio professionale. Il tribunale dei ministri ha firmato un atto d'accusa che sembra quasi una sentenza di condanna. Ma l'affare è del 2008/2009, per cui Tremonti potrà comunque approfittare della vecchia, cara legge sulla prescrizione. ■ Spese allegre Gove rnatori sfrenati Dalla Campania al Veneto, fanno piovere fondi puntando alla riconferma. Il record di Caldoro: 22 milioni al giorno. E per Zaia è tutta una sagra di Michele Sasso S PENDING REVIEW non ti conosco più. Spendere e spandere in vista delle elezioni è possibile. Trasformando l'Europa tiranna che impone la dieta ai conti pubblici in una grassa benefattrice che sparge milioni. Ci voleva un tocco di genio napoletano per riuscire in questo contrappasso, messo in campo da Stefano Caldoro per sostenere il rinnovo della poltrona di governatore campano: 1700 progetti, con soldi seminati ovunque. Tanto, la quota più grande la mette l'Ue. E poco importa se i fondi destinati a cementare uno sviluppo duraturo finiscono in faccende ordinarie o iniziative effimere, come le strade da rattoppare o i posti letto in occasione dell'Expo, che si tiene ottocento chilometri più a nord. Il voto del 31 maggio si avvicina e in maniera direttamente proporzionale crescono le elargizioni per generare consenso. È l'ultima raffica dei governatori, per firmare delibere, leggi e finanziamenti destinati a germogliare in ospedali, autostrade, promozioni e soprattutto tante inaugurazioni. I presidenti in gara hanno sempre le forbici in mano, per tagliare nastro su nastro. Una frenesia da vernissage che permette di fare bella figura senza tirare fuori quattrini. I soldi infatti circolano copiosi dove la competizione è più incerta. Come in Campania, appunto. O in Veneto dove - stando alle accuse dell'opposizione - Luca Zaia ha appena "festosamente" elargito cinquanta milioni ad associazioni ed enti locali. In Puglia invece lo sgretolamento del centrodestra ha restituito il sorriso all'ex sindaco di Bari Michele Emiliano, mentre in Umbria Catiuscia Marini se l'è presa comoda e ha cominciato le manovre per la riconferma solo dopo Pasqua. aperta a Genova a marzo; una cooperativa non convenzionata con l'Asl». Per la Paita però la strada si fa sempre più dura: dopo le primarie al veleno è arrivato un avviso di garanzia per l'ultima di troppe alluvioni; infine, per guastare la festa Silvio Berlusconi ha paracadutato in Liguria il suo protetto Giovanni Toti. L'unico modo di esorcizzare la paura è il solito: inaugurare di tutto, di più. La nuova strada di Cornigliano, il recupero di Villa Mina ad Arenzano, la pista ciclabile di Costarainera, una scuola ad Avegno. Vista da fuori, la regione sembra paralizzata dalla carenza di grandi infrastrutture: non ci sono treni veloci, le arterie sono ingolfate, mancano interventi sistematici contro il dissesto. Invece la giunta preferisce "lo spezzatino", più proficuo dal punto di vista elettorale, e ha messo in cantiere 365 opere pubbliche: un programma lungo un anno. Persino a Natale, il sito web ha lanciato un proclama, l'ennesimo: «Abbiamo cofinanziato il ripristino della strada di Terzorio», borgo imperiese di soli 234 abitanti, affacciato sui viadotti dell'autostrada dei Fiori. E chissà che Palazzo Chigi non faccia un regalo prima delle urne, concretizzando almeno parte dei 379 milioni che il governo ha destinato alla lotta delle croniche alluvioni liguri. Oltre a rivestire i torrenti, la giunta rossa si è preoccupata di altre coperture, cercando la benedizione della curia. A febbraio 51 milioni sono andati nelle fondamenta del "Galliera bis": un nuovo ospedale da 370 letti nella zona orientale di Genova, ma anche una singolare struttura pubblica sotto il controllo dell'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, presidente del consiglio di amministrazione. Non stupisce quindi che il leader dei vescovi abbia preso le difese della Paita dopo l'avviso di garanzia: «Perché certe indagini esplodono sempre in certe ore?». PIÙ MARATONA CHE STAFFETTA In Liguria la staffetta democrat tra il presidente Claudio Burlando e il suo assessore Raffaella Paita si è trasformata in maratona: da un anno e mezzo governatore uscente e candidata alla successione stanno girando tutti i 235 comuni di riviera ed entroterra. Una lunga marcia segnata da «una febbre acuta da taglio del nastro», come sottolinea il consigliere di centrodestra Matteo Rosso: «Nella foga inaugurano persino strutture private, come la casa della Maternità L'ORO DI NAPOLI VIENE DA BRUXELLES La Campania è seduta su un vulcano. E non è il Vesuvio, ma un giacimento che erutta milioni: due miliardi di curo, fondi Ue da spendere entro l'anno o restituire. Così Caldoro ha potuto unire l'utile al dilettevole, finanziando tutto il finanziabile. Il record è stato raggiunto a marzo: in due settimane è riuscito a mettere la firma su spese per 22 milioni al giorno. L'oro di Bruxelles è tracimato in 1693 progetti decisamente assortiti. La squadra di pallacanestro casertana è ultima in campionato? Grazie all'Europa vince campetti da basket in tutta la provincia, da Caianello a Camigliano, da Marcianise a Pietramelara: un'invasione di playground manco fosse Harlem. Si è persino riusciti a fare passare le "Vie dell'Expo" dai monti dell'Irpinia, con un milione e mezzo assegnati al comune di Montoro Inferiore per creare ospitalità diffusa in occasione dell'evento milanese. «Non sappiamo come stiamo spendendo questi fondi ma sappiamo cosa intende la giunta con la sua "accelerazione della spesa": accogliere ogni progetto. Sono 729 quelli sotto i 500 mila euro, che non danno nessuna scossa all'economia», sottolinea il consigliere Pd Antonio Marciano. I fondi europei infatti possono essere miracolosi oppure rivelarsi un boomerang. Bruxelles è chiara: vanno usati per lo «sviluppo armonico del territorio, il sostegno al tessuto produttivo, ricerca e innovazione». Altrimenti bisogna restituirli. E chissà come verranno giudicate le spese per pedonalizzare vicoli di Caserta, riasfaltare strade di Benevento, comprare autobus in giro per le province o i nove milioni per passare dalla tv analogica a quella digitale finiti alle emittenti locali. Grande attenzione, tra gli altri, a un comune dal nome noto, Nusco, e dal sindaco altrettanto noto, l'87enne Ciriaco De Mita, che ha avuto quasi sette milioni: milleseicento euro di stanziamento per ognuno dei quattromila residenti. Stessa attenzione per la moglie dell'ex segretario della Dc: due milioni e mezzo Stefano Caldoro, a destra, durante l'inaugurazione di una fermata della metropolitana per la sua associazione che gestirà un di Napoli centro polifunzionale ad Avellino. Lo scopo? Corsi di guida sicura. Uno dei punti di forza del governatore uscente è stata la gestione rigorosa del budget sanitario, con una lunga quaresima di tagli. Uno sforzo proficuo perché il 12 marzo ha potuto sfruttare lo sblocco del turnover deciso da Roma e annunciare ben 1118 assunzioni tra medici e infermieri. E il giorno dopo non ha rinunciato a un evento «rivoluzionario e indispensabile»: l'inaugurazione dell'ospedale del Mare. Bella cerimonia. Peccato che i muratori stiano ancora lavorando e ne avranno per un altro anno. IN VENETO È SEMPRE FESTA È qui la festa? Di fronte c'è la rampante renziana Alessandra Moretti, alle spalle la fronda leghista di Flavio Tosi. E così Luca Zaia subito dopo Pasqua ha tirato fuori un asso dalla manica per conservare la presidenza veneta. Il bilancio regionale, tra gli «interventi per il sostegno alla ri- > Spese allegre presa economica» destina 50 milioni per «contributi e partecipazioni di enti ed associazioni». Una sagra infinita. Per la festa dell'uva di Bardolino pronti 100 mila curo, per i cori all'arena di Verona ecco 50 mila, 20 mila per la rievocazione della battaglia di Castagnaro (combattuta in un solo giorno del 1387 tra i signori di Verona e Padova), e poi il palio della mura di Peschiera del Garda (16 mila), il "festival endurance" di bici (20 mila), la corsa automobilistica Millemiglia e il festival biblico (30 mila). A seguire acquisti di pulmini, sistemazione di tetti e campanili parrocchiali, impianti di videosorveglianza e «cippi commemorativi» della prima guerra mondiale e «progetto ciaspole». Tutto indispensabile a cinque settimane dal voto? «E una mancia elettorale da cinquanta milioni» attaccano i consiglieri Pd Roberto Fasoli e Franco Bonfante:«Approvati senza istruttorie né bandi. Per metterla in piedi è bastata una semplice telefonata dei consiglieri di maggioranza: "Dimmi cosa serve e ve lo facciamo avere" è stata l'indicazione». Zaia preferisce non replicare e correre tra mostre, firme di protocolli e inaugurazioni di opere made in Veneto. In- cluso il sostegno finale alla sua creatura prediletta: il gigante d'asfalto chiamato Pedemontana. Sono 95 chilometri tra Vicenza e Treviso, fortissimamente voluti sin da quando lasciò il ministero dell'Agricoltura. Ha posato la prima pietra nel 2011, poi nello scorso febbraio ha concesso la compatibilità ambientale all'infrastruttura. Strada facendo, il costo è diventato pauroso: due miliardi e 700 milioni. Ma il governatore non ha nessuna intenzione di frenare: «Serve alla collettività». «Si vantano dell'assenza di conflitti con gli agricoltori per la terra sottratta ma ci sono norme di dubbia legalità: i rimborsi sono sopra stimati», ragiona Tiziano Tempesta, docente del dipartimento territorio dell'Università di Padova, che aggiunge: «Invece di utilizzare le strade esistenti sono riusciti a costruire l'unica superstrada italiana a pedaggio». Un investimento messo in mani fidate. Due fedelissimi del governatore sono stati insediati su poltrone chiave per vigilare su questa montagna di denaro: Lucio Fadelli nominato all'anticorruzione regionale, mentre Fabio Fior ai rapporti istituzionali dei lavori pubblici. Poco conta che il primo sta per essere processato per turbativa d'asta, mentre il secondo è Un'istituzione sempre più screditata Ormai manca poco più di un mese e la campagna elettorale sta entrando nel vivo in tutte le sette regioni (Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Umbria, Campania e Puglia) dove si voterà per eleggere presidente e consiglieri. Ma la credibilità nell'istituto federale più importante è precipitata al livello minimo. Il Barometro di Demopolis mostra un crollo di fiducia in soli cinque anni, che si è più che dimezzata passando dal 33 per cento al 16. Sono stati cinque anni di scandali continui, che hanno minato la stima dei cittadini nei confronti dei parlamentini e degli amministratori. Dalla Lombardia al Lazio, dall'epopea delle vacanze extralusso di Roberto Formigoni allo scandalo delle spese folli di Franco "Batman" Fiorito, un intero ceto politico ha offerto I partiti stanno rinnovando la propria classe politica? Negli ultimi 20 anni la contiguità tra affari e politica è: La fiducia degli italiani nell'istituzione "regione" No, a nessun livello 48% Aumentata 62% 33% dm _.Mm gl Sì 19% Solo in parte a livello nazionale, non nelle dinamiche locali 33% / Diminuita 3% Rimasta uguale 35% 2010 2012 2013 Oggi *Barometro Politico Demopolis DEMOPOLIS Indagine dell'istituto Demopolis per il settimanale l'Espresso NOTA INFORMATIVA L'indagine è stata condotta dal 18 al 20 aprile 2015 dall'istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, su un campione stratificato di 1.000 intervistati, rappresentativo dell'universo della popolazione italiana maggiorenne . Metodologia ed approfondimenti su: www.demopolis.it Luca Zaia brinda all'apertura di una nuova strada nel padovano sospettato dai magistrati di essere uno dei padroni del ciclo dei rifiuti. COM'È SOLIDALE LA TOSCANA «Matteo Salvini dice: "Se vinciamo nelle Regioni rosse". Mia nonna avrebbe risposto: "Il maiale si sogna le ghiande"». Una replica via twitter, rapida e immediata. Parte della campagna comunicativa lanciata dalla giunta di Enrico Rossi, presidente pd della Toscana, grazie a due milioni e mezzo di soldi pubblici. Per i consiglieri berlusconiani Stefano Mugnai e Nicola Nascosti è «una cifra spropositata per una forma di propaganda indiretta». Non si sono però fermati e passando voce per voce l'ultimo bilancio, hanno scoperto i costi dell'operazione Rossi 2.0: per cinguettare, aggiornare i social network e tutta l'informazione multimediale ci sono un milione e 367 mila euro solo per il presidente. Importi uno spettacolo pessimo, culminato nelle indagini sui rimborsi elettorali allegri in tutte le regioni e in tutti i partiti. In più c'è il peso delle ultime inchieste per corruzione, che si sono concentrate sugli enti locali. Pochi credono che a livello locale i partiti abbiano imparato la lezione e stiano procedendo a un rinnovamento. Se una maggioranza risicata del campione di Demopolis pensa che almeno nelle istituzioni romane sia in corso un cambiamento, solo il 19 per cento coglie novità sul territorio. Ma c'è un altro dato che incrina il legame con gli elettori: il 62 per cento ritiene che la contiguità tra affari e politica sia addirittura aumentata rispetto alla stagione di Tangentopoli. «Sulla percezione dell'opinione pubblica, spiega a "l'Espresso" il direttore di Demopolis Pietro Vento, pesa in modo rilevante la convinzione di un rapporto tuttora troppo stretto tra politica ed affari, soprattutto a livello regionale e locale». È un campanello d'allarme che nessun partito ha saputo cogliere, affrontando l'appuntamento delle regionali senza investire su volti nuovi, né su formule innovative. E che rischia di influire sul risultato della competizione. A partire dal dato dell'astensione. Secondo Demopolis se in questo momento si dovesse votare per il parlamento nazionale, il 42 per cento degli elettori diserterebbe le urne: non si presenterebbero al seggio otto milioni di italiani in più rispetto al 2013. Ma i tentativi di voltare pagina sono stati pochi e limitati all'introduzione delle primarie da parte del Pd: uno strumento gestito in modo confuso, con denunce di brogli che, come in Liguria, non hanno certo contribuito a rafforzare l'immagine dei partiti. considerevoli per aggiornare con commenti e foto il proprio profilo di Facebook, promuovere la campagna elettorale e rispondere ai lettori via twitter con l'humor pisano del presidente. Rossi ha ufficialmente dato il via alla competizione a Livorno, dove il Pd ha subito una batosta alle comunali, affrontando di petto il tema drammatico della disoccupazione. Ma nelle pieghe dell'ultimo bilancio emergono anche eredità del passato che sanciscono il consolidarsi di intenti tra associazioni bianche e rosse e fanno della Toscana la meta dei new global di tutto il Paese: è il caso dei diciotto milioni di euro per la "Cooperazione internazionale e promozione della cultura della pace". Sovvenzioni per la partecipazione a programmi internazionali, collaborazione con ong ed enti no-profit. Un programma da far invidia alla Farnesina per un assessorato, quello alla Pace, chiuso da tempo. «È un macigno che ci portiamo dietro dal 2005 quando venne creato per poi essere cancellato cinque anni dopo», contesta l'oppositore Nascosti, «è davvero necessaria questa spesa su un tema tanto vasto quanto fumoso?». La Toscana non è solo il faro dei pacifisti, è anche una terra di sport dove particolare attenzione è stata riservata agli impianti sportivi. Prima del fischio finale sulla legislatura "federale" sono spuntati due milioni e 200 mila euro nella variazione di bilancio di marzo. Ma solo per rifare il campo da calcio del Comune di Coreglia Antelminelli ecco un milione e 200 mila euro. Operazione lodevole, ma perché premiare questo borgo lucchese di cinquemila anime? «E una "cambiale elettorale" per il paese del consigliere Pd Marco Remaschi dove gioca una piccola squadra», risponde Giovanni Donzelli, candidato a governatore per Fratelli d'Italia. «Nessun caso», ribatte Remaschi, «è una scelta di concentrare gli sforzi su poche strutture. E non è certo una "marchetta": qui siamo abituati a vincere con l'80 per cento dei consensi». hanno collaborato Tommaso Forte, Fabio Lepore e Carlo Parodi IL CASO Ora spunta anche la tassa sulle frane In questi periodi di magra, che cosa non si dell'imposta non è prevista la voce «frane». inventano gli enti locali per risanare i conti? E qui la fantasia dei solerti ragionieri di L'ultima tassa è l'imposta sulle frane. Una Nazzano si supera: basta una «interpretaziotassa talmente assurda da sfiorare la genia- ne autentica» del regolamento. Detto e fatlità, in un paese come il nostro avido di tasse to: «si dà atto», recita la delibera comunale ma anche caratterizzato dal dissesto idrogeo- approvata quasi all'unanimità il 30 marzo logico e dagli innumerevoli fenomeni franosi. di quest'anno, «che la tariffa base «cantiere Il fatto è questo: a Nazzano un paese in pro- edile» sia utilizzata per tutte le occupaziovincia di Roma, una strada comunale posta ni di aree pubbliche dovute all'accumulo di all'interno del Parco naturale Tevere Farfa, materiale detritico, vegetale o di altro tipo, viene sommersa nel settembre scorso da una a qualsiasi titolo occupanti l'area pubblica». frana di terriccio, massi e alberi. La strada Come dire, a qualsiasi titolo, una frana. resta dunque inagibile per alcuni mesi, anche Segue il conto da pagare a carico del Parco, per la grande quantità di detriti. piuttosto salato, 160 mila curo Il comune, evidentemente a corto di risorse, Ma che cosa accadrebbe se tutti i comuni decide allora di multare l'Ente parco per il decidessero di tassare le frane? Di smottadanno che ne è derivato; ma come? menti provvisori o perenni in Italia cene sono L'idea viene agli uffici tecnici: all'ammi- almeno 500.000; la base imponibile della tasnistrazione basterà applicare la Cosap, cioè sa sarebbe enorme, anche decidendo solo un l'imposta che colpisce l'occupazione di suolo piccolo contributo, il nuovo balzello potrebbe pubblico. rendere in un batter d'occhio La delibera (lei Una tassa pensata però decine di miliardi di euro. Gli peri tavolini dei bar e tutt'al amministratori spendaccioni ronuune sul silo più per i mercati ambulanti x" si fregano le mani. A quando w'ww.ilaliao-gi.il/ una tassa sulle alluvioni? o le impalcature edili. Infatti documerali nel regolamento comunale Antonio Mancane CONVEGNO ALLA CAME RA T're proposte p er ® clima che cambia MARIA CORBI Emergenza ambiente. Prima che la conferenza internazionale sul clima 2015 che si terrà a dicembre a Parigi tenti una via unitaria alla salvaguardia del Pianeta, dall'Italia arrivano tre proposte, elaborate da un gruppo di studiosi (scienziati, economisti, giuristi) e presentate ieri al convegno promosso dalla Fondazione Centro per un Futuro Sostenibile presieduta da Francesco Rutelli che si è svolto nella Sala della Regina della Camera dei deputati. Prima di tutto accelerare l'eliminazione di alcuni gas che contribuiscono in modo rilevante all'effetto-serra e che potrebbero essere sostituiti nella cornice giuridica, già esistente, del Protocollo di Montreal. Ma anche affrontare con maggiore decisione le sfide legate alle foreste, al cibo e al paesaggio visto che il loro contributo per la riduzione delle emissioni può essere molto importante. Dalla riduzione degli sprechi alimentari (uno dei temi dell'Expo) può derivare un risparmio potenziale di 250 milioni di tonnellate annue di CO2 solo in Europa. Infine, rendere più tempestivo ed efficace sul piano giuridico l'Accordo in preparazione a Parigi. C'è poco tempo per salvare il pianeta, il monito che riassume le preoccupazioni di Francesco Rutelli e degli altri partecipanti al dibattito, ma anche della presidente della Camera Laura Boldrini che in apertura di convegno ha ricordato le parole pronunciate da papa Francesco nel suo discorso alla conferenza mondiale sulla nutrizione nel novembre scorso a Roma: «Dio sempre perdona. La terra non perdona mai. Custodire la sorella terra, la madre terra, affinché non risponda con la distruzione». «Ormai nessuno può fingere di non sapere», ha detto la Boldrini che ha invitato la classe dirigente a dare il buon esempio. «Il cambiamento del clima indotto dall' uomo sta provocando una serie di effetti a catena che rischiano di andare fuori controllo e di compromettere irreparabilmente il futuro della Terra che abitiamo». « É per mantenere uno stile di vita consumistico ed energivoro - ha ammonito - che si producono quelle emissioni che determinano l'inquinamento e il global warming. Per questo il paradigma della sostenibilità deve rappresentare la cultura dei presente e del futuro». Una formazione alla tutela della terra che dovrebbe iniziare sui banchi di scuola secondo la Boldrini. Rutelli ha rilevato la necessità di «un impegno contro la crescita pericolosissima delle emissioni che alterano il clima che dev'essere fatto proprio da tutta la Comunità internazionale su una solida base di condivisione scientifica». Due le sfide per un futuro sostenibile: far incontrare stabilmente necessità e vantaggi della decarbonizzazione delle nostre società (più occupazione, sviluppo delle imprese, miglioramenti per la salute e per l'agricoltura) e rendere comprensibili alla cittadinanza gli obiettivi del negoziato sul clima.