E - Autorità di Bacino del Fiume Arno

Transcript

E - Autorità di Bacino del Fiume Arno
Autorità di Bacino del Fiume Arno
Rassegna stampa di venerdì 24 aprile 2015
ID
Quotidiani
Categoria
Ambito
17 24-apr-15
La Nazione
Rischio
Idraulico
Firenze
Rari Nantes, non c'è più pace: “Via entro il mese di giugno”
Pepino Paolo
21 24-apr-15
La Nazione
Cronaca
Firenze
Canottieri, addio agevolazioni: “Saremo costretti a chiudere”
Marmugi
Elena
11 24-apr-15
La Repubblica
Politica
Firenze
Cgil contro Nardella, l'ultimo affondo per la Notte bianca
Vanni
Massimo
24-apr-15
La Nazione
Urbanistica
Bagno a
Ripoli
“Colline al sicuro: nessuna nuova casa”
Plastina
Manuela
11 24-apr-15
La Nazione
Politica
Elezioni regionali 2015. Donzelli. “Rossi stringe mani, io penso ai fatti”
11 24-apr-15
Il Tirreno
Politica
Elezioni regionali 2015. I tre motivi della Toscana con Salvini
21 24-apr-15
Il Tirreno
Cronaca
La Toscana si prepara: verso le tendopoli a Firenze e Grosseto
Neri Mario
11 24-apr-15
Il Messaggero
Politica
Italicum, il premier non teme i numeri e dai ribelli pd arrivano messaggi di pace
Bertoloni
Meli Nino
11 24-apr-15
Corriere della
Sera
Politica
Italicum, sfida su voto segreto e fiducia. Prodi boccia il partito della Nazione
11 24-apr-15
Il Sole 24 ore
Politica
Italicum. Fi annuncia il primo voto segreto
11 24-apr-15
La Nazione
Politica
Renzi vuole il tesoretto a ogni costo. Il governo blinda le risorse già sicure
11 24-apr-15
Corriere della
Sera
Politica
Berlusconi. Il leader vuole un ciclone, le liste un test per ripartire. Rossi sonda i nuovi
nomi
11 24-apr-15
Il Messaggero
Politica
Fi, la rifondazione di Berlusconi riparte da Marina
11 24-apr-15
Il Giornale
Politica
Marina Berlusconi gela Renzi: “E' di parole più che di parola”
11 24-apr-15
La Repubblica
Politica
“Renzi avvelena la politica”. L'ira di Marina Berlusconi spiazza i moderati di Arcore
Ciriaco
Tommaso
11 24-apr-15
La Stampa
Politica
Verdini pronto a lasciare Fi per il partito della Nazione
La Mattina
Amedeo
11 24-apr-15
Il Sole 24 ore
Politica
Città metropolitane con tagli diversificati
Trovati
Gianni
11 24-apr-15
Italia Oggi
Politica
Solidarietà tra i super-sindaci
Barbero
Matteo
11 24-apr-15
Il Messaggero
Politica
Profughi, lite fra le Regioni. Il Viminale rivede le quote
11 24-apr-15
La Repubblica
Politica
Diffamazione, stretta anche sui blog
Milella Liana
11 24-apr-15
L'Espresso
Politica
Nel Pd la vera scissione è tra centro e periferia
Ignazi Piero
11 24-apr-15
L'Espresso
Politica
Vietato indagare ministri
2
Data
Titolo articolo
Giornalista
Lancisi Mario
T. Al.
Fiammeri
Barbara
Gozzi Alessia
Labate
Tommaso
Ajello Mario
Zurlo
Stefano
Errante
Valentina
Biondani
Paolo
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 24/04/2015
Sasso
Michele
11 24-apr-15
L'Espresso
Politica
Governatori sfrenati
6
24-apr-15
Italia Oggi
Finanze
Ora spunta anche la tasse sulle frane
Giancane
Antonio
19 24-apr-15
La Stampa
Ambiente
Tre proposte per il clima che cambia
Corbi Maria
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 2 24/04/2015
Nantes, non c e p_íu pace
entro íl mese dí gï gno»
u
Nuova ingiunzione inviata dalla Città Metropolitana
di PAOLO PEPINO
NON c'è pace per la Canottieri
Comunali ma neppure, e soprattutto, per la Rari Nantes Florentia presa di mira dalla Provin-
cia/Demanio ora sotto le vesti di
«Città Metropolitana». E' infatti
dei giorni scorsi l'ordinanza dirigenziale del nuovo ente che è pervenuta a sorpresa nella sede Rari
sul lungarno Ferrucci nella quale viene intimato, entro il prossimo mese di giugno, il rilascio delle parti demaniali della stessa sede.
IN SOSTANZA sarebbero interessati gli uffici della società
biancorossa, terrazze e ristorante. Escluse, la piscina intitolata a
Gigi Raspini e la palazzina storica che ospita gli spogliatoi. Insomma, un sorprendente giro di
vite al famoso «cronoprogramma» concordato fra Provincia e
Comune che prevedeva interventi mirati di demolizione alla Canottieri Comunali, al Teatro Lido-Centro Anziani e alla Rari
Nantes Florentia. All'inizio, si
era parlato anche di una nuova
location, sia della Rari che della
Canottieri Comunali, sempre sul
lato sinistro dell'Arno leggermente a monte del Ponte Da Verrazzano.
POI, anche a seguito delle molte
proteste, non solo degli associati
dei due Club, ma anche di comitati cittadini, uniti ad interrogazioni di politici al sindaco Nardella, le aspettative si erano
orientate su una soluzione di riqualifica delle zone urbane e verde delle due società. Tutto ciò an-
che in considerazione del riscontrato «moderato/medio» grado di
pericolosità di rischio idraulico
nel tratto interessato. Senza contare le ingenti spese che comportebbero demolizioni e ricostruzioni dei due complessi societari.
LE SENTITE rimostranze a questi ultimi provvedimenti dei pre-
A;Ní 9
Í2 e
II presidente Andrea Meri
ridenti Andrea Pieri (Rari) e
Giancarlo Fianchisti ( Canottieri Comunali) sembrano tuttavia
aver già avuto effetto con assicurazioni da parte dell'amministrazione comunale di una revisone
dell'ordinanza.
ANNUNCIATA intanto per la
prossima settimana una conferenza stampa congiunta dei presidenti Pieri e Fianchisti.
-IL CRONOPROGRAMMA PREVEDEVA INTERVENTI
MIRATI SOLO SUGLI SPAZI A RISCHIO ID RAULICO
LA SOCIETA' SI RIBELLA, PALAZZO VECCHIO FRENA
anc ri addio agevo1azïon'_
ch udere'
aremo
,1._
•
,r
presidente
di ELENA MARMUG1
ALL'OMBRA del Ponte Vecchio
e proprio sotto la Galleria degli Uffizi c'è un luogo ricco di storia e
cultura, di sport e di vittorie, nel
quale i fiorentini si riconoscono e
riconoscono la propria identità collettiva forti del fatto che è una realtà unica e radicata profondamente
nel tessuto cittadino.
Si tratta della Società sportiva dilettantistica «Canottieri Firenze», formalmente costituita nel 1886 col
nome «Firenze». I primi titoli vinti a livello nazionale risalgono al
1913. Da lì in avanti un trionfo. Fino ad arrivare ai giorni nostri, a ieri per la precisione, quando il presidente della società, Cristiano Calussi, alla presenza di tutto il consiglio direttivo, fresco di nomina e
di conferme per quanto riguarda alcuni componenti e che rimarrà alla guida del club fino al 2017, ha
chiesto aiuto perché il rischio di
chiusura è imminente.
«UNA NORMATIVA statale - dice Calussi - potrebbe far chiudere
la società costringendo il club a pagare allo Stato una cifra insostenibile considerando che la società
stessa vive delle sole quote dei soci». Va da sé che con la chiusura
della sede «è a rischio anche la permanenza del circolo che oltre all'attività sportiva dilettantistica propone, svolge e segue anche molte iniziative educative, assistenziali dedicate ai più piccoli ma anche ad adolescenti e a persone con disabilità».
Il club remiero, composto oggi da
circa 700 iscritti impegnati in varie
attività amatoriali e agonistiche,
i
si. «Le istituzioni remino con noi»
lancia il suo appello alle istituzioni
per poter continuare a godere del
canone agevolato di affitto per i locali demaniali : «Per quanto riguarda l'esterno della nostra sede - spie-
La nuova norma abolisce
i canoni a prezzo cal mierato
per le società sportive
ga Calussi-abbiamo già raggiunto
un accordo con la Provincia per
cui, con un minimo aumento del
canone, ne potremmo disporre per
altri otto anni. Ma i locali interni,
stando a una stima calcolata nel
2005, comporterebbero una spesa
II presidente Calussi
di centocinquantamila curo l'anno. Un costo che non siamo assolutamente in grado di permetterci».
In realtà la battaglia dura da tempo: «Siamo in discussione con il
Demanio da molto tempo e comprendiamo bene che si limiti ad applicare le regole nazionali. Lo stato
ha modificato la normativa escludendo le società sportive che così
non potranno più godere del canone agevolato in caso di affitto di locali demaniali».
DUNQUE se prima avevano un
abbattimento dei costi del 90 per
cento, con le nuove regole addio
concessioni. Da quando effettivamente il provvedimento sarà attivo ancora però non è dato saperlo.
Le istituzioni, a cui è rivolto l'appello, hanno dunque margine di accordo per, è proprio il caso di dire,
remare dalla stessa parte al fianco
della Canottieri. Ieri al tavolo erano presenti Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione, Eugenio
Giani, in rappresentanza del Coni,
e Andrea Vannucci, assessore allo
sport del Comune di Firenze, che
hanno dato una risposta di impegno, positiva per rassicurare la Società: «Confido che la questione si
possa risolvere - ha assicurato Saccardi - l'impegno del governo a risolvere questa partita c'è ma concretamente serve una modifica legislativa per consentire all'agenzia
del demanio di passare ai fatti. Siamo ingabbiati in una legge che ha
trascurato realtà come questa, riconfermiamo però il nostro impegno e quello del governo. Tutto ciò
che possiamo fare lo faremo».
I LOCALI INTERNI DELLA CANOTTIERI FIRENZE
SONO DEL DEMANIO, CHE FINO AD OGGI LI HA
CONCESSI ALLA SOCIETA' A PREZZO CALMIERATO
LA LEGGE E' CAMBIATA, LE AGEVOLAZIONI
NON SONO PIU ' POSSIBILI: CANOTTIERI
DOVREBBE PAGARE 150 ILA EURO L'ANNO
STEFANIA SACCARDI, VICEPRESIDENTE
DELLA REGIONE: « FAREMO TUTTO IL POSSIBILE
PER AIUTARE LA STORICA SOCIETA'»
L'ultima protesta dei Canottieri Comunali contro lo sfratto
PARLA L'ASSESSORE VANNUCCI
Trasloco in stand by
`Situazione complessa'
NESSUNA novità per quanto riguarda la Canottieri Comunali
Firenze. Se non che «il riapprovato regolamento urbanistico
attesta che ï'iter che conduce alla nuova destinazione della storica società fiorentina sta proseguendo». Così l'assessore comunale allo sport Andrea Vannucci che aggiunge : «Quella
dell'attività sportiva sulla riva sinistra dell'Arno è una situazione complessa. Ad oggi non ci sono novità : nel regolamento urbanistico è stata recepita la previsione del parco dell'Anconella e poi c'è il cronoprogramma approvato contestualmente
dall'amministrazione comunale e dall'anuninistrazione provinciale qualche anno fa».
La vicenda della storica società Canottieri Firenze ha scosso
non poco l'opinione pubblica cittadina e il mondo sportivo.
Tutto ha avuto inizio quando è stato reso noto che sull'associazione, operante nei locali di proprietà comunale, incombeva
un'ingiunzione di sgombero della Provincia , perché alcuni locali come la palestra sarebbero stati troppo a ridosso dell'Arno
e avrebbero potuto costituire un intralcio al corso del fiume,
oltre ad essere a rischio sicurezza . Da allora in avanti in tantissimi si sono impegnati nel trovare una soluzione positiva ad
una vicenda che interessa un pezzo di storia dello sport fiorentino. Tra questi molti partiti politici, decisi a far rimanere al
proprio posto tutte le strutture della società.
Maurizio Costanzo
C'1 contro Nardella
•
l' timo aff
ul
orG. d
o
per la Notte bianca
Fuso: organizzarla il 30 aprile sminuisce il
agio
Il sindaco: usano Firenze soltanto per fare politica
«SE la Cgil ha deciso di fare politica usando Firenze lo dica chiaramente. Noi andiamo avanti».
Contrattacca il sindaco Dario
Nardella. E lo fa addebitando alla Cgil quello che Matteo Renzi
ha addebitato alla Fiom di Maurizio Landini: fare politica, non
sindacato. Contrattacca dopo il
nuovo affondo che, sotto forma
di lettera, se la prende per la prima volta con tanta veemenza
contro la "Notte bianca", convocata di nuovo da Palazzo Vecchio per questo 30 aprile. E dopo i litigi sul Maggio e lo sciopero minacciato ai primi di maggio per gli appalti esterni nei nidi e nelle materne, nel bel mezzo della campagna delle regionali, Nardella perde la pazienza. Certificando uno scontro ormai manifesto.
«Organizzare la Notte bianca il
30 aprile vuoi dire, di fatto, sminuire il valore della festa del Primo maggio», scrive proprio al
sindaco la Filcams-Cgil. «Così facendo la città esalta il divertimento ed il consumo: noi non
vogliamo essere antimoderni
ed ideologici chiediamo solo
maggiore rispetto dei valori del
lavoro», sostiene il sindacato. E
«non essersi posti ancora la questione della Notte bianca associata al Primo maggio significa
organizzare un evento importante a scapito della festa del lavoro», aggiunge.
È l'affondo che spinge Nardella
a reagire: «Non è la prima volta
che si organizza la Notte bianca
e nessuno si è fin qui sentito offeso nei valori», ribatte. Convinto com'è che dietro le proteste
della Cgil ci sia qualcosa di più
delle mere ragioni di merito:
«Non si usi Firenze per fare politica». Attaccare la giunta Nardella per attaccare il renzismo?
«Non vedo motivi non politici.
Mi auguro che la Cgil e gli altri
sindacati ci ripensino», spiega
Nardella. «Perché abbiamo risanato il Maggio e il ministro ha
dato assicurazione che i lavoratori risultati in esubero saranno tutti riassunti. Quanti a nidi
e materne eroghiamo uno dei
servizi migliori d'Italia. Le materne sono gratuite, a parte le
mense, e le liste d'attesa sono
tra le più corte. Certo, si è deci-
sodi ricorrere ad appalti a fronte di risorse che non ci sono, garantendo la continuazione del
servizio e degli standard di qualità». Ragion per cui, sostiene il
sindaco, «queste minacce continue di scioperi, dasl Maggio alle materne, sono inspiegabili».
E se alla fine le cosiddette "procedure di raffreddamento" non
saranno fermate (ieri sono scattate anche quelle per la polizia
municipale), «gli unici a pagarne le conseguenze saranno i
bambini e le loro famiglie».
Ma lo scontro è ormai frontale:
«Se si tiene aperto la notte e pure il Primo maggio quale è il risultato?», chiede il segretario
della Camera del lavoro Mauro
Fuso. Proprio Nardella, aggiunge, «da parlamentare fu relatore di una proposta di legge con
13 festività da rispettare».
Quanto a nidi e materne, insiste Fuso, «le risorse scarseggiano ma così si smantella il sistema».
In mattinata Nardella presiede
a Roma il vertice sulle Città me-
tropolitane. E finalmente ottiene il'riequilibrio': da 26 milioni
di euro che erano, il taglio dei
fondi alla metroCittà dovrebbe
passare a poco più di 20. Uno
"sconto" non da poco, insufficiente però a scongiurare la
stangata del 5,5% che si abbatterà sulle polizze Rcauto.
3 RICftOfJULIGNE RISENVAIA
.f
,..
:. .
A
. ..
.,
.m
.
f ,•
miei
,'
' »..
v.,.
!?
Im
1 ^a
/
1
'/
:
9p
4 f.
«Colline ál sicuro: nessuna nuova casa»
urbanistico: « i al recupero»
Il sìndaco Casini presenta il regolamento ur
di MANUELA PLASTINA
NO A NUOVE costruzioni nelle
aree collinari, ma maggiore elasticità nei cambi di destinazione
d'uso degli immobili e di sviluppo delle zone artigianali e industriali. Le principali novità introdotte dal nuovo regolamento urbanistico approvato dall'ultimo
consiglio comunale di Bagno a Ripoli puntano al futuro infrastrutturale, a metà tra le piste ciclabili
e la tralnvia.
«Puntiamo sul recupero e il riutilizzo degli immobili esistenti spiega il sindaco Francesco Casini - con maggiori possibilità di
cambio di destinazione d'uso tra
produttivo, ricettivo e direzionale».
Non si potrà più costruire nelle
zone collinari, mentre è stata trovata una soluzione definitiva (in
accordo con la Regione) per la collina di Bubè: «Raddoppieremo il
giardino che insiste sulla frazione
di Grassina, realizzeremo dei percorsi di mobilità sostenibile e an-
che un'arena all'aperto dedicata
in maniera stabile alla Rievocazione Storica di Pasqua».
Ad Antella saranno implementati
gli impianti sportivi, in particolare con l'ampliamento del campo
da baseball e la realizzazione di
una nuova viabilità di accesso che
servirà anche la Casa del Popolo.
Alla scuola Michelet arriverà una
Il documento prevede anche
La passerella ciclopedonale
che unisce i due lati dell'Arno
nuova palestra e laboratori a disposizione dell'istituzione scolastica e della cittadinanza.
«Il nuovo regolamento - dice ancora il sindaco - prevede la passerella ciclopedonale che unisce i
due lati dell'Arno all'altezza di
Compiobbi e Vallina e da quest'ultima partirà la ciclabile fino a Bagno a Ripoli, integrando il siste-
a'"
!
II sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini
Gc
ma che collega già il capoluogo a
Sorgane, Antella e Grassina attraverso le due ruote». Introdotto anche il corridoio infrastrutturale
della tramvia per portare questo
mezzo di trasporto da viale Europa fin nel cuore di Bagno a Ripoli.
CONFERMATO lo sviluppo viario e di parcheggio legato ai lavori
di ampliamento dell'ospedale di
Ponte a Niccheri, mentre sarà affidato a una variante del piano
strutturale «un percorso urbanistico sulle aree artigianali, industriali e produttive: vogliamo permettere lo sviluppo delle realtà già esistenti e l'arrivo di nuove attività e
in questo dare altre opportunità
di lavoro, sempre però all'insegna
del rispetto ambientale».
DOPO
6.y."
40
0
hmco stnnge rn
«ABBIAMO scelto di venire a verificare di persona la situazione
dell'ex Saffa di Fucecchio per marcare la differenza tra chi sceglie le
passerelle elettorali e chi invece si
interessa da tempo ai problemi concreti del territorio. Tra chi preferisce andare a stringere mani senza
sporcarsi le mani affrontando il tema della concorrenza sleale causata
dalle imprese cinesi nell'Empolese
Valdelsa».
QUANTO denuncia il capogruppo regionale di Fratelli d'Italia e
candidato governatore Giovanni
Donzelli (FdI - Liste civiche per
Giorgia Meloni), dopo il sopralluogo all'ex fabbrica di fiammiferi nel
cuore di Fucecchio, insieme ai responsabili locali di Fratelli d'Italia.
VISITA ALL'EX SAFFA DI FUCECCHIO
o
io penso ai fattí'
«La zona è piena di piccoli capannoni al cui interno vivono e lavorano cittadini cinesi in condizioni di
assoluta indigenza», denuncia Donzelli. «Non mi risulta che sia mai
stato effettuato un controllo della
Asl, da queste parti, ma solo la rimozione di alcune auto abbandonate. È così che le amministrazioni locali intendono contrastare l'illegalità diffusa? Da molto tempo si parla
di progetti per riqualificare l'area,
ma attualmente la situazione vede
nuclei familiari di cinesi lavorare
senza alcuna tutela. Se un esercente italiano commette irregolarità
anche lievi, è costretto a pagare
multe salatissime che possono metterne in ginocchio l'azienda, mentre agli abusivi cinesi è consentito
tutto. Ecco la Fucecchio che Enrico Rossi ha scelto di non vedere».
li sopralluogo di Donzelli
all'ex Saffa di Fucecchio
D_
I
MO
DELLA TOSCANA
CONSALVINI
di MARIO LANCISI
nrico Rossi quasi sicuramente vincerà le elezioni regionali, ma proprio
per questo forse è interessato
a capire perché c'è una fetta di
Toscana che accorre ad applaudire e fare un selfie con
Matteo Salvini. Stando a quello che abbiamo visto a Fucecchio nella sfida da vicino con
Rossi, tre ci sembrano le ragioni principali dello sfondamento, anche nella Toscana rossa
e accogliente con rom e immigrati, del leader leghista.
A PAG. 5
I -a i°re,aca.
,,ou
ITREMOTIVI
DELLA TOSCANA
CONSALVINI
di MARIO LANCISI
nrico Rossi quasi sicuramente vincerà le elezioni regionali, ma proprio
per questo forse è interessato a
capire perché c'è una fetta di
Toscana che accorre ad applaudire e fare un selfie con
Matteo Salvini, il «razzista» in
camicia verde, «l'imprenditore della paura», come l'ha definito.
Stando a quello che abbiamo visto a Fucecchio nella sfida da vicino con Rossi, tre ci
sembrano le ragioni principali
dello sfondamento, anche nel-
la Toscana rossa e accogliente
con rom e immigrati, del leader leghista che alimenta «un
clima di odio contro i migranti», come ha sottolineato il governatore.
La prima ragione ha la faccia dei giovani festosi accanto
al Matteo leghista: autografi,
abbracci e selfies. Ed è riassumibile nella testimonianza raccolta di un giovane che ha detto: «Quelli della mia generazione sono senza lavoro anche
perché loro, i migranti, ci fanno concorrenza. Quindi: lavoro e casa agli italiani. Chi non è
italiano se ne stia a casa propria».
Ecco i giovani, le loro paure
per il futuro, quel loro sentirsi
esclusi dal sistema. Non a caso
stravedono per i due Matteo
nazionali. Il Renzi che rottama
la vecchia classe dirigente e il
Salvini che respinge gli immigrati. Il vecchio e il diverso. I
due leader che agli occhi dei
giovani, a torto o a ragione, poco importa, si sforzano di immaginare una politica di inclusione nel sistema delle nuove
generazioni. Renzi con il jobs
act, Salvini con il "fuori gli immigrati".
La seconda ragione sta nella
svolta di Salvini rispetto a Bossi. La Lega non è più quella della secessione, dell'ampolla sul
Po, dei riti nordici, ma la forza
politica che racconta a chi non
ce la fa economicamente: «Se
tu stai male la colpa è dell'euro
e dell'Europa». Claudio Borghi, candidato toscano della
Lega, è un economista che fonda la sua notorietà sul no all'
euro.
Le paure dei giovani,
l'addio alla secessione,
gli umori che Berlusconi
non rappresenta più
A Fucecchio abbiamo incontrato l'operaia che a causa della Fornero non può andare in
pensione e il piccolo artigiano
che odia Bruxelles, le sue direttive e burocrati.
Paradossalmente gli "sfigati" evocati da Salvini a Livorno
non sono i commercianti, gli
artigiani e gli impiegati che seguono Rossi: molti di loro un
lavoro ce l'hanno, il sistema li
include, un futuro, per quanto
incerto, sorride all'orizzonte.
No, gli "sfigati" stanno al con-
trario proprio tra i fans di Salvim: i giovani senza lavoro, i pensionati senza pensione, gli imprenditori senza più impresa.
Ma proprio per questo gli "sfigati" - che a noi piace chiamare proletari, non garantiti, poveri, ultimi - dovrebbero stare
a cuore alla sinistra di Rossi.
E anche l'egoismo di chi si riconosce negli slogan anti immigrati di Salvini, nella sua ricetta da tamburi di guerra («affondare i barconi, respingere i
migranti e arrestare gli scafisti»), se non tracima nel razzismo, può essere il riflesso di
una paura sociale alla quale
dare una risposta politica.
Terza ragione: Salvini come
Renzi e come Grillo non sono
capi di partito, ma brand politici di una società in profonda
trasformazione. La Toscana
non è leghista ma Salvini esprime anche umori e strati sociali
presenti anche nella nostra regione e che Berlusconi non
rappresenta più.
E la Toscana che si sente
esclusa dal sistema costruito
dalla sinistra in cui imprese e
sindacati concertano, enti
pubblici e privati hanno trovato punti di equilibrio, dove è
forte, come diversi anni fa studiarono due studiosi americani, il senso civico e solidale.
Questa è la Toscana forte e anche virtuosa.
Ma non tutti sono integrati
in questo sistema. Si sentono
esclusi. Messi ai margini. E i
selfies di Salvini danno loro almeno l'illusione di essere
riammessi al centro della grande giostra sociale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La Toscana sì' pre para:
verso le ten dopoli
a Fí&renze e Grosseto
Mentre li arrivi continueranno anche oggi
le prefetture avrebbero individuato due aree
I FIRENZE
Se Bruxelles non fermerà gli
sbarchi selvaggi, riducendo i
flussi di migranti, «le tendopoli
saranno inevitabili». Le prefetture della Toscana (e di Italia) sono in allerta. Lo sono da quando, due giorni fa, il Viminale ha
descritto ai rappresentanti del
governo sul territorio le dimensioni che potrebbe assumere
una nuova ondata di arrivi. Per
questo sono chiamate ad attrezzarsi al massimo delle capacità.
Perché se l'Europa non realizzasse il suo piano per fermare i
barconi lanciati in Mediterraneo dalle coste di Tripoli, di qui
a settembre la regione potrebbe
dover organizzare l'accoglienza
ad 8.000 richiedenti asilo.
«In commissione al Senato spiega Luigi Varrata, prefetto di
Firenze incaricato di coordinare tutte le prefetture toscane - si
è parlato di 5.000 possibili migranti a settimana, 500 perla nostra regione. Per la Toscana significherebbe dover preparare
centri di accoglienza per 2.000
rifugiati al mese». In quattro mesi, un territorio che attualmente
ospita 2.400 profughi malesi,
ghanesi, ivoriani o nigeriani si
troverebbe a dover "assorbire"
il triplo della quota che gli assegnavano finora le previsioni del
ministero dell'Interno, e cioè
3.400 rifugiati. Se così fosse non
basterebbero più i 7.000 posti
che la vicepresidente Stefania
Saccardi auspica di poter trovare «in strutture disponibili in tutta la regione» proprio per scongiurare le città di tende. Il rischio è di dover dire addio al
modello dell'«accoglienza diffu-
sa» in piccole strutture voluto
dal governatore Enrico Rossi.
Con una portata migratoria così
consistente a quel punto sarebbero oltre 10.000 a i migranti a
cui dover dare ospitalità. Non
basterebbero più i 4.200 posti rimasti fra quelli messi a disposizione dai Comuni attraverso
l'Anci.
E intanto gli arrivi continuano. Già oggi nella sola provincia
di Firenze dai pullman scenderanno 50 persone, 25 troveranno accoglienza nel capoluogo,
portando il conto degli ospitati
in città a 650. Nei primi venti
giorni di aprile nell'area metropolitana si è ritrovata a gestire
825 profughi, 125 in più di quelli
giunti in tutto il mese di aprile
del2014.
«Spero che le misure dei vertici Ue per ridurre i flussi siano efficaci», il prefetto Luigi Varratta.
«Io per primo sono contrario alle tendopoli, ma se si dovesse
verificare questo scenario sarebbero inevitabili». Le contromisure di Bruxelles puntano sul blocco navale grazie all'aumento dei
fondi per la missione Triton,
perfino su un intervento militare finalizzato alla distruzione
delle carrette degli scafisti prima della partenza dalle coste libiche, e poi sulla disponibilità
dei paesi Ue a compartecipare
all'accoglienza. Ieri è subito arrivata la prima defezione: «Diciamo sì all'aiuto operativo, ma
non prenderemo immigrati»,
ha detto il premier inglese David Cameron.
Nel frattempo il prefetto
avrebbe già individuato due
aree. Una nel prato centrale della ex caserma dei Lupi di Toscana a Firenze, un'altra a Grosse-
te. Il no alle tendopoli è da giorni un refrain di Rossi, che ieri ha
rilanciato l'accoglienza diffusa
dopo l'arresto di un senegalese
in un centro della Croce Rossa
di Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo, secondo la procura di Palermo lo scafista del
gommone su cui andò in scena
la strage dei cristiani, gettati in
mare da un gruppo di musulmani al culmine di una rissa furibonda scoppiata per motivi religiosi. «Bene l'arresto, l'accoglienza diffusa con piccole strutture è un sistema che contribuisce a far emergere anche delin-
quenti», ha detto il governatore.
«Rossi si chieda piuttosto perché lo scafista ammazza- cri stiani (in realtà non è accusato di
omicidio ma di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ndr) ha cercato rifugio in Toscana - attacca Giovanni Donzelli, candidato alle regionali
per Fdi - Glielo diciamo noi: gli
schiavisti scelgono la Toscana
perché sanno che qui trovano
un terreno fertile per nascondersi, dietro la'cortina' della solidarietà si celano le corsie preferenziali per gli immigrati».
Mario Neri
I PRODl1ZIONE RISERVATA
Un barcone carico di immigrati
,'o le li ndolxili
, aiirevreGrocm[o
Italicum, il premier non teme i numeri
e dai ribelli pd arrivano segnali di pace
LA
ROMA Quanti del Pd alla fine non
voteranno l'Italicum? «Nessuno.
Tutti i 310 deputati dem voteranno secondo le indicazioni del
gruppo e quindi diranno di sì»,
scommette Ettore Rosato, il vice
vicario in odore di assurgere a capogruppo dopo le dimissioni di
Roberto Speranza. Rosato non è
il solo, a pensarla così. Molto fiduciosi sono ai piani alti del Nazareno, dove il vice segretario Lorenzo Guerini continua a tessere la
tela per superare le sacche di resistenza, avvicina uno a uno i dissidenti, discute, si confronta, esorta, invita. Per non parlare di palazzo Chigi, dove il premier segretario, confortato anche dai sondaggi, scommette pure lui su un
passaggio pressoché trionfale della nuova legge elettorale in aula,
dove approderà il 27 per poi venire votata realmente ai primi di
maggio.
CLIMA DISTESO
Un clima più disteso, che ha fatto
dire alla ministra Maria Elena Boschi che non è affatto scontata la
richiesta della fiducia sul provvedimento, mentre dal fronte oppositivo il capogruppo forzista Renato Brunetta continua a promettere voti segreti, che potrebbero
però trasformarsi in un boomerang (quanti di FI nel segreto dell'urna voterebbero pro Italicum?); Brunetta ieri ha annunciato pregiudiziale di costituzionalità con annesso scrutinio segreto.
C'è in generale un clima meno
infuocato e una situazione più distesa in casa Pd. E' bastato che
tornasse a circolare l'ipotesi di
riaprire una trattativa sulla parallela riforma costituzionale del Senato, perché da Area riformista ci
si fiondasse a pesce per andare a
vedere. Si è tornato finanche a
parlare di riciclare il modello
Bundesrat tedesco, che presenta
però due "piccoli" inconvenienti:
ove mai si volesse procedere, bi-
Maria Elena Boschi (foto LAPRESSE)
L' "Italicum"
Il ddl diventerà legge se sarà approvato lunedì dalla Camera
630
Deputati
da eleggere
100
ialternanza
; Cuccata
uomo-donna
1
capilista stesso il capolista è il
sesso in regione ; primo degli eletti
(circoscrizione)
Possibili
non oltre 60%
Z
per
l' elettore
4nome
un può essere
candidato in non
più di 10 collegi
6-7
Seggi disponibili
Collegi
per collegio
plurinominali
eccetto Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta
che avranno collegi uninominali
di sesso diverso
140%
Se nessuna lista
superala soglia,
si va al secondo
turno trai due
partiti più votati
(ballottaggio)
3%
Soglia
di sbarramento
peri partiti
,1340 seggi
Al partito vincitore
vanno 340 seggi;
alle minoranze 290
(assegnati con un
algoritmo, che
proietta le quote
nazionali nei collegi)
ANSA
metri
sognerebbe ricominciare daccapo, visto che si tratterebbe di rimettere mano all'articolo 2; secondo: visto che in una seconda
Camera modello Bundesrat entrerebbero i governi regionali, diventerebbe un Senato targato Pd in
toto o quasi. «E' un'apertura importante, noi avevamo chiesto
modifiche sostanziali al ddl costituzionale, siamo pronti per andare a vedere», conferma Davide
Zoggia, capo dell'organizzazione
ai tempi di Bersani.
IL CONTENZIOSO
Il dato politico è che nelle minoranze si è riaperto il contenzioso
interno tra i capi, i padri nobili
D'Alema e Bersani da una parte,
su posizioni più rigide e barricadere, e il grosso della truppa dei
quarantenni contrari agli strappi. E così, mentre Massimo D'Alema va a Modena e ricomincia a
sparare ad alzo zero su Renzi e l'Italicum («forzatura sgradevole la
sostituzione dei 10 in commissione»; «il premier vuole subito la
nuova legge elettorale perché
vuol portare poi il Paese subito al
voto»); mentre Pierluigi Bersani
se la prende con i cattolici rei di
non opporsi al renzismo («la cultura cattolica ha sempre dato un
grande contributo sulla democrazia, ma oggi mi sembra un po' appannata» ), i giovani, quarantenni
e non, veleggiano su altre rotte,
non di collisione. A partire dal capogruppo dimissionario Speranza, che continua a ripetere che
lui, così come altri, «voterà la fiducia», tanto che è ripresa a circolare la voce di un possibile rientro
delle dimissioni (si parla anche di
un incontro con Renzi).
Nino Bertoloni Meli
OO R I PROOUZI ON E RISERVATA
Italicum, sfida su voto segreto e fiducia
Prodi boccia il partito della Nazione.
Il Pd pronto a sostit
L'iter
Dopo il
primo via libera
della Camera,
a marzo 2014,
l'italicum
è stato
modificato
in Senato, dove
è passato
a gennaio: è
quindi tornato
a Montecitorio
per il sì
definitivo
Mercoledì
il testo della
nuova legge
elettorale è
stato licenziato
dalla
commissione
Affari
costituzionali:
le opposizioni
hanno lasciato i
lavori, dopo
la sostituzione
di 10 deputati
della
minoranza
dem
L'italicum
sarà all'esame
dell'Aula da
lunedì. I relatori
sono Gennaro
Migliore (Pd)
e Francesco
Paolo Sisto (FI).
Perle
votazioni,
probabilmente,
si dovrà
aspettare
l'inizio di
maggio: entro
metà mese
previsto il voto
finale
e Speranza: il renziano Rosato in pole per la guida dei deputati
ROMA La partita dell'Italicum è
ancora tutta da giocare, ma
Matteo Renzi dà già per acquisito il risultato. Resta da capire
se il governo riterrà necessario
mettere la fiducia sui tre articoli del provvedimento, facendo
così cadere gli emendamenti. E
se il voto finale (su cui non può
essere messa la fiducia) sarà
segreto. La minoranza del Pd
prova a resistere e le voci dei
big si fanno sentire, ma alla fine è difficile che i dissenzienti
superino le venti unità. Forza
Italia, intanto, fa sapere con Renato Brunetta che il gruppo
presenterà una pregiudiziale di
costituzionalità e richiederà di
procedere con voto segreto.
Il Pd è ancora scosso dalle dimissioni del capogruppo Roberto Speranza, esponente delle minoranza che per mesi ha
provato a fare da pontiere, trovando un equilibrio con la
maggioranza, ma che ha deciso
di gettare la spugna dopo gli
ultimi no di Renzi a modificare
la legge elettorale. Martedì si
dovrebbe tenere la riunione del
gruppo che, presente Renzi,
deciderà il nuovo capogruppo.
In pole position c'è l'attuale vicecapogruppo vicario Ettore
Rosato. Alessia Morani assicura a Un giorno da pecora che va
tutto bene: «I miei colleghi della minoranza sostituiti? Non
sono affatto arrabbiati e anzi
sono tornati al loro posto. E
nessuno, secondo me, voterà
contro l'Italicum». Ottimismo
smentito dalle voci dissidenti,
come quella di Alfredo D'Attorre, che annuncia il suo no. Secondo alcune voci, intanto, si
preparerebbe un cambio della
guardia ai vertici di alcune
commissioni, con l'arrivo di
nuovi renziani al posto di Francesco Boccia (Bilancio) e Guglielmo Epifani (Attività produttive).
Fanno sentire la loro voce
anche i big del partito. Romano
Prodi, in un'intervista a Radio
Popolare dove anticipa i contenuti del suo libro Missione incompiuta, spiega che «il partito nella Nazione è il contrario
di quel progetto di alternanza
che avevo delineato con l'Ulivo». Pier Luigi Bersani, invece,
fa un appello: «La cultura cattolica dovrebbe stare bene in
campo sui temi della democrazia». E Massimo D'Alema spera
che in Aula si possa «votare liberamente»: «Nessuno vuole
affossare la legge elettorale,
numerosi parlamentari pd vogliono migliorarla». A Letta,
che aveva criticato la legge nei
giorni scorsi, rispondono i costituzionalisti Stefano Ceccanti, Augusto Barbera e Francesco
Clementi: «Le linee principali
dell'Italicum sono le conclusioni del Comitato di saggi da te
voluto».
Scelta civica chiede che si
migliori l'Italicum, senza far ricorso a voti di fiducia. E Giuseppe Lauricella (Pd) sostiene
che con il voto segreto la legge
avrebbe una maggioranza molto più ampia di quella del governo: «Almeno metà dei parlamentari di M5S, Forza Italia e
dei partiti più piccoli voterebbe
per l'Italicum». Un fatto è certo,
secondo Danilo Toninelli, M5S:
«Se l'Italicum viene approvato,
il governo cadrà. Aprite gli occhi, Renzi vuole fare bingo».
Al. T.
© RIP RODUZIOfd= RSERVA'A
4ri seggi sui quali
può contare
la maggioranza
per l'Italicum
sulla carta:
senza contare
eventuali
assenze, la
soglia per il via
libera è a quota
316. All'appello
potrebbero
mancare tra
20 e 40 sì dalla
minoranza pd
(fino a 70 con
il voto segreto)
Opposizioni sulle barricate: no alla fiducia - Il Cavaliere alla cena con il Ppe: «La Corte Ue stabilirà presto la mia innocenza»
oncia il primo voto segreto
«Lo chiederemo sulla pregiudiziale di costituzionalità» - Marina Berlusconi: Renzi avvelena le portate
Barbara Fiammeri
Ilviaalballosull'ItalicumlodàRenato Brunetta «Chiederemo il voto
segreto sulla pregiudiziale di costituzionalità», annuncia il capogruppo di
Fi bruciando anche le altre opposizioni sul tempo. Una dichiarazione
che arriva poche ore dopo il duro attacco di Marina Berlusconi contro
Matteo Renzi accusato di essere «un
avvelenatorediportate»,a capodiun
governo«non diparola ma diparole»
enellostessogiornoincui Berlusconi
senior ricompare al tavolo del Ppe
riunito ieri a Milano. Tre mosse che
servono a serrare le fila e a caricare le
truppe in vista dell'appuntamento
con le regionali del 31 maggio e ancor
primasull'Italicum.
La richiesta di voto segreto sulla
pregiudiziale di costituzionalità
era data per scontata e conferma
che né Fi né le altre opposizioni sono disponibili ad accogliere la proposta del governo per il voto palese. Il dado è tratto. A a questopunto
sembra altrettanto scontato che
sulla riforma elettorale Renzi chie-
derà la fiducia. Un conto è infatti
riuscire a tenere unita la maggioranza e soprattutto il Pd su uno o
due voti segreti, altro è barcamenarsi in decine di votazioni. Gli
emendamenti saranno infatti una
cinquantina ed è sufficiente che ne
passi anche uno solo pervan if icare
l'obiettivo di approvare definitivamente l'Itahcum.
Il copione insomma è già scritto
e ilvoto segreto sulla pregiudiziale
di fatto potrebbe rappresentare la
prova generale di quello finale, che
si terrà la settimana successiva,
presu mib i lmen te attorno al 6 maggio. Attenzione però, i cambi di
scena sono sempre p+++ossibili e
Fi potrebbe esserne la principale
protagonista. Il voto segreto è una
minaccia per Renzi ma non solo.
Non è certoun mistero che alcuni tragli azzurri (non solo ideputati
vicini a Verdini) sono pronti a sostenere dietro anonimato l'approvazione dell'Italicum. Una scelta
non tanto per convinzione quanto
per convenienza, visto che la mi-
Padre e figlia . Silvio Berlusconi e la primogenita Marina
naccia di Renzi («se non c'è la maggioranza si va al voto») rende inquieti i sonni di parecchi «onorevoli», timorosi sia della discesa di
Fi nei sondaggi che dell'operazione restylinglanciata da Berlusconi.
llCavaliere,cheierinellacenaconi
verticidelPpeharibaditoche«presto
la Corte di Strasburgo stabilirà la sua
innocenza»,continuaaripeteredivoler«cambiaretutto».L'appuntamentoèfissatoall'indomanidelleregionali. E lì che potrebbe annunciare la nascita di un nuovo partito sul «modello» di quello Repubblicano
statunitense.Inquestocontestovainquadrata anche l'intervista rilasciata
ieriafl AnsadaMarinaBerlusconi.La
primogenita, pur avendo sempre
smentito di voler entrare in politica,
ieri proprio di politica ha parlato attaccando duramente Renzi e il sistemagiustiziache«nonfunziona». Anchesenonèlaprimavolta,latempistica è unpo'sospetta Ed èproprio questo l'obiettivo, lasciar intendere che
unBerlusconicisaràsempre.
U RIPP,ODDZIO NE RISERVATA
-19
nzï vuole il tesoretto a o
b
lii da
1
0
i C LO
r sors gia sicure
,
El
® %<,
ï
O
do
e
Padoan corre ai ripari Z attesa e verdetto di autunno sui conti
B runetta g rida
all'i m brog lio e chiede
che la Ra g ioneria
dello Stato batta un colpo
Alessia Gozzi
ROMA
NIENTE interventi estemporanei.
Il famoso tesoretto da 1,6 miliardi
dovrà derivare solo da disponibilità di bilancio. Ma Renzi lo ha voluto nero su bianco `blindando' le risorse. Ed è deciso a giocarselo prima delle elezioni regionali di maggio. Magari estendendo il bonus
da 80 euro agli incapienti o alle famiglie più bisognose. Nella risoluzione di maggioranza, approvata
ieri dai due rami del Parlamento, è
previsto che per coprire l'uso del
tesoretto saranno «congelate» risorse già stanziate in bilancio, «in
attesa di registrare» in autunno
l'assestamento del margine dello
0,1% tra il deficit tendenziale e
quello programmato dal governo.
Un accantonamento, spiegano dal
Tesoro, che serve a garantire la certezza degli obiettivi di finanza pubblica indicati nel Documento di
economia e finanza, in particolare
il rapporto tra deficit e I'il al 2,6%
nel 2015. Insomma, un meccanismo «momentaneo e di breve durata» che serve a rispettare le regole
contabili. Anche perché - è bene
ricordarlo - non si tratta di soldi
in più, ma di utilizzare tutti i margini di flessibilità consentiti dai parametri Ue per agire sul deficit.
L'EVE NTUALE spazio di manovra
nei conti pubblici avrà, poi, un altro paletto: dovrà essere impiegato
per implementare le riforme strutturali già avviate. Tecnicamente,
comunque, il tesoretto sarebbe
spendibile da subito. Salvo poi dover correre ai ripari con la legge di
Stabilità d'autunno, nella malaugurata eventualità che il deficit
tendenziale non si confermi al
2,5%. Una prima indicazione arri-
vera comunque a maggio, quando
la Commissione europea aggiornerà le stime sull'Italia. Ma il governo è certo che la crescita del Pil ci
sarà e, per questo, non ha voluto
mettere nella risoluzione che gli
1,6 miliardi di tesoretto sarebbero
stati anticipati da tagli lineari ai
ministeri. Ma l'opposizione è già
sulle barricate, con Renato Brunetta che parla di «ennesimo imbro-
POTERE
ALLA PAROLA
di NICOLETTA MAGNUM
TESORETTO
Il tesoretto, recente
invenzione del Tesoro (il
calembour è d'obbligo), porta
in sé una maledizione.
Sparisce. In principio fu
l'extragettito fiscale,
dichiarato dal ministro
Tommaso Padoa Schioppa
(governo Prodi) nel 2007: nel
volgere di pochi mesi la
situazione si capovolse e,
addirittura, poco mancò che
non diventasse un buco. Il
tesoretto di Padoan sembra
destinato a fare una fine
simile. Insomma, manna
contabile a sua (leggi:
bilancio) insaputa. Del resto,
nel tredicesimo secolo
Brunetto Latini si cimentò
in un Tesoretto, anch'esso
colpito da sorte avversa: il
poemetto allegorico è
rimasto incompiuto.
glio» e si appella alla Ragioneria generale dello Stato. L'altolà era già
arrivato dai tecnici, Bankitalia in
primis, che hanno messo in guardia dall'uso di risorse non certe e
che, comunque, sarebbe più prudente utilizzare per consolidare i
conti pubblici. Soprattutto considerando che la crescita prevista
(0,7% quest'anno e 1,4% il prossimo) è legata a fattori macroeconomici come l'euro, il petrolio e il Qe
di Draghi. Lo ha ammesso anche
il viceministro dell'Economia che
ha invitato a non cullarsi nera riE resina: «O facciamo le riforme a detto Enrico Morando - o non
riusciremo a trasformare la ripresa, per ora gracile, in una ripresa
stabile e duratura. Perché è influenzata da fattori esogeni destinati a esaurire il loro effetto».
OLTRE alle variabili sul quadro
macro, c'è tutta la partita dei tagli:
Renzi preme perché la spending
review acceleri ma ci sono ca itoli
in sospeso. Come gli 1,7 miliardi
che dovrebbero entrare nelle casse
dello Stato con la stretta sull'evasione fiscale grazie ai due meccanismi di inversione contabile
dell'Iva introdotti con la manovra,
cioè la reverse charge per la grande
distribuzione e lo split payment per
la pubblica amministrazione. Per
entrambi i meccanismi si attende
ancora il via libera da Bruxelles. Il
Tesoro rassicura sul «costruttivo»
dialogo con la Commissione ma il
tempo stringe. E a fine giugno si
rischia il rincaro delle accise.
Nella risoluzione entra anche la richiesta di mantenere gli sgravi
contributivi per i neoassunti (per
il 2016 non ci sono ancora le risorse) alla flessibilità in uscita per le
pensioni. Ma settimana prossima
il tema caldo sul tavolo di Renzi sarà il tesoretto.
ON
i%'6 PII, 91J i- A,
or"
1,6 mítìardí
2 , 6 per cento
+0,7 per cento
Il tesoretto emerso
dalle pieghe del Def
che dovrebbe essere
utilizzato nel 2015
Il rapporto deficit/Pil
L'incremento del Pil
nel 2015; nel 2016
sarà dell '1,4%
e dell'1,5 % nel 2017
nel 2015; nel 2016
sarà 1 , 8% e, nel 2017,
sarà lo 0,8%
Il leader vuole tue ciclone,
le liste m1 test per ripartire
Rossi sonda i nuovi nomi
Al lavoro per FI anche Tajani e Fiori. Ncd con Toti in Liguria
volti nuovi ne saranno testati
parecchi. Per «vedere l'effetto
che fa» anche alle Regionali,
elezione storicamente difficile
per un partito come Forza ItaROMA «Sarà una rivoluzione»
continua a ripetere in privato
Silvio Berlusconi. E l'ora X della
rivoluzione di Forza Italia che cambierà senz'altro simbolo e probabilmente anche nome - scatterà un secondo dopo che sarà caduto il sipario
sulle elezioni Regionali.
Ma non sarà un passaggio a
vuoto, quella tornata elettorale
a cui si avvicinano regioni come Veneto e Liguria, Campania
li
Forza Italia punta su
giovani, società civile
e donne. Tra i nomi la
giornalista Ilaria Cavo
e Puglia, Toscana e Umbria, più
le Marche. Bensì, come aveva
lasciato intendere settimane fa
Mariarosaria Rossi, presentando l'ormai celebre circolare sui
parametri delle candidature,
«la prova generale» di quello
che sarà il nuovo partito a giugno. Fatto di un numero di
«aver 65» ridotto quasi al lumicino e di tanti giovani, selezionati tra gli amministratori, gli
industriali, nella società civile,
tra gli sportivi e gli ex sportivi.
Nella «prova generale», di
i candidati
governatore
di Forza Italia:
Toti
(Liguria),
Caldoro
(Campania)
e Mugnai
(Toscana)
la Regione (tra
le sette al voto)
di cui Forza
Italia ha la
presidenza. Si
tratta della
Campania,
guidata
da Caldoro
lia.
In Liguria, tanto per fare un
esempio, nel listino di Giovanni Toti sarà schierata la giornalista tv Ilaria Cavo, già volto noto di Mediaset (Matrix) e della
Rai (Porta a porta). In Veneto,
tanto per farne un altro, spazio
a Simone Furlan, imprenditore
e soprattutto inventore della
barricadera pattuglia nota col
nome di «Esercito di Silvio».
Mentre in Campania, tra molti
ex, potrebbe spuntare in lista
anche il nome di Alessandro
Cecchi Paone, giornalista con
un passato anche in Rai, che ha
lavorato con Francesca Pascale
alla svolta di Forza Italia sui diritti civili.
Antonio Tajani, uno di dirigenti che sta collaborando alla
stesura delle liste con la Rossi e
col neoresponsabile enti locali
Marcello Fiori, lo dice senza
troppi giri di parole. «Quelle
delle Regionali saranno liste
improntate al rinnovamento.
Liste in cui troveranno molto
più spazio giovani, donne, volti
nuovi» spiega l'europarlamen-
tare.
«Sarà una squadra molto
competitiva» aggiunge «in cui
troverete gente della società civile, del mondo dell'imprenditoria, dell'associazionismo,
dello sport...». Cambiare è difficile, molto. Ma Berlusconi ha
tutta l'intenzione di far si che la
circolare della Rossi - tetto
agli over 65, deroghe limitate,
alternanza di genere - venga
rispettata alla lettera. Compreso quel comma in cui veniva
esplicitato, e senza troppi eufemismi, che chi non si mette in
regola col pagamento delle
quote al partito può anche dimenticarsi la candidatura.
Lonardo, moglie di Clemente
Mastella. Mentre, tanto per rimanere al rapporto con gli alfaniani, più pacifica sarà la situazione in Liguria, dove grazie a un accordo regionale Area
Popolare (Ncd e Udc) ha avuto
anche il via libera di Matteo
Salvini per stare nella compagine moderata che sostiene
Giovanni Toti.
Uno dei laboratori del «rinnovamento forzista», uno dei
posti dove sperimentare è facile visto che si corre verso una
sicura sconfitta, è la Puglia, dove verrà celebrata la disfida fratricida contro la lista di Raffaele Fitto. Abbiamo fatto le quote.
Sessanta a quaranta» sorride il
commissario del partito Luigi
Vitali. Che annuncia: «Il 6o per
cento delle candidature di Forza Italia sarà riservato alla società civile, a gente che non ha
mai fatto politica prima. Per chi
stava già in politica, invece, rimane il 4o per cento che resta».
Come in ogni rivoluzione
che si rispetti, anche i veterani
avranno la loro parte in commedia. In Campania, nonostante i malumori dell'ala filoberlusconiana di Ncd che fa capo a Nunzia De Girolamo, i forzisti schiereranno Sandra
congresso
Per rifondere il partito
ad Arcore si parla
di un congresso
«in grande stile»
Ghisono
Mariarosaria
Rossi, 43 anni,
senatrice e
commissario
straordinario
di Forza Italia
Marcello Fiori
45 anni,
neoresponsabile enti
locali
degli azzurri
Antonio Tajani
61 anni,
vicepresidente
del Parlamento
europeo,
eletto con FI
«Dopo le Regionali cambierà
tutto» spiegava ieri Alessandro
Cattaneo, l'ex sindaco di Pavia,
già inventore dell'area dei
mattatori». Partito leggero con
leadership pesante, simile ai
Repubblicani americani, forse
nuovo nome, sicuro nuovo simbolo, senz'altro nuova sede. Per
gestire la transizione, Berlusconi avrà bisogno di un passaggio
formale. Non a caso, ad Arcore
e dintorni, già si parla di «un
congresso fondativo» da celebrare forse prima dell'estate,
forse dopo. Di sicuro, si mormora, «in grande stile».
Tommaso Labate
© RIP RODUZIOfd= RSERVA'A
FI, la rifondazione
di Berlusconi
riparte da Marina
I1 Cav: «Strasburgo mi salverà». Ma dietro l'ottimismo i timori
La figlia torna in campo: «Renzi avvelena la politica». E cita Mao
ILCENTRODESTRA
ROMA Marina come Marine? La
Berlusconi come la Le Pen, dopo
i padri le figlie alla guida del partito? La primogenita dell'ex Cavaliere ieri sembra aver fatto una
prova di discesa in campo. Scagliandosi contro Matteo Renzi
con toni di una virulenza di cui
l'anziano genitore non appare
più capace. E lo ha fatto anche
con espressioni pop - «Quello di
Renzi è più un governo di parole
che un governo di parola», ossia
«tante promesse e quasi nessuna
mantenuta» - e con citazioni che
non ci si aspetterebbe. Per esempio da Mao Tse Tung, che pure «è
un personaggio lontanissimo da
me»: «La politica non sarà un
pranzo di gala - dichiara Marina ma mi sembra che Renzi abbia il
vizietto di avvelenare le portate».
E ancora: «Soltanto Cipro cresce
meno dell'Italia». Di questa Italia
IL LEADER: «MATTEO Si
REGGE SU 148 DEPUTATI
ILLEGITTIMI
E 32 TRANSFUGHI»
E PER Il FUTURO PUNTA
SUI GIOVANI EMERGENTI
che, vista da Marina, è in recessione per colpa del premier, è abitata da una magistratura «sconcertante» ed è «priva di un governo all'altezza della situazione e
che faccia ciò che è necessario:
veri sgravi fiscali finanziati da veri tagli alla spesa, liberalizzazioni, sburocratizzazione, riforme».
Ecco il programma Marina. Guiderà lei la Forza Italia 2.0, quel
partito giovane e arrembante per
il quale il patriarca di Arcore sta
già facendo il casting e Marina
l'ha già superato piazzandosi in
cima a tutti? Silvio si è sempre
più convinto che la figlia è la persona giusta, anche alla luce del
Marina Berlusconi (foto ANSA)
fatto che la sentenza della Corte
di Strasburgo in suo favore contro la Severino e contro la sua
incandidabilità continua a farsi
attendere. Pubblicamente fa l'ottimista («Verrà stabilità la mia innocenza») e privatamente è più
prudente, o addirittura pessimista, su un esito favorevole. Ieri ha
parlato di «una manina» che farebbe ritardare e slittare quel verdetto a settembre, mentre doveva arrivare in questa primavera.
Parole che hanno preoccupato
molti dei suoi - «Così incattiviamo la Corte europea» - i quali
hanno provato a smosciarle.
PREPARAZIONE
E a proposito di giudici, riecco
Marina: «Un Paese in cui non
funziona la giustizia è un Paese
che non funziona». «Quello su
Ruby? Un processo senza prove e
senza reato». «Condanna per i diritti Mediaset? Vicenda sconcertante, nella quale il diritto è stato
ancora una volta calpestato».
Scalda i motori, Marina, che si fa
intervistare dall'Ansa. E si prepara da front-women di Matteo, giovane contro giovane, proprio
mentre il papà s'intrattiene a cena a Palazzo Grazioli con vecchie
glorie come Umberto Bossi (che
gli ha detto che «il gelato è buonissimo» e che «in Puglia dovevate stare uniti tu e Fitto, le divisio-
Il leader e fondatore di Forza
Italia Silvio Berlusconi
durante il suo intervento
all'assemblea con i senatori
del partito, mercoledì a
Palazzo Madama (foto ANSA)
ni fanno incazzare la gente»). E
dice che per il suo «nuovo partito
repubblicano
all'americana»
avrà come consulente l'ex presidente degli Usa, George Bush (junior ma già senior). E ieri, come
fosse già nella parte di regista della nuova Forza Italia, ha partecipato a Milano alla riunione del
Ppe assicurando che «il moderatismo europeo è la nostra famiglia» e sferrando attacchi al governo: «Si regge su 148 deputati
dichiarati illegittimi dalla Consulta e su 32 senatori che hanno
cambiato casacca».
I numeri del partito
SENATO
L 'M ERA
7 7 2 58 -]
,
sii
Sii
36,1
34,,3
3L, 2
?
13
7
su 73
i í í__f1; ïfi
'`
35.2
1
- --------------------------------------------------------------------------------- ------------------- `Fi,An ""Solo Forza Italia (compresa circoscrizione Estero)
ANSA cermmetr
POSTI
La rifondazione scatterà dopo la
probabile sconfitta alle elezioni
Regionali. Marina sembra essere
un primo tassello. Un altro consiste nell'allargamento del Cerchio
Magico, in cui è entrato Andrea
Ruggieri, che affianca Deborah
Bergamini nella gestione della
comunicazione e l'altro ieri Silvio all'assemblea dei deputati accarezzava davanti a tutti i muscoli del nuovo arrivato e ha detto ai
presenti: «Guardatelo, questo è
uno forte. Rivolgetevi a lui per
ogni cosa». Lo schema di ragionamento che viene attribuito all'ex
premier (che pure tranquillizza
tutti: «Sarà un partito mix tra
esperti e giovani») è il seguente.
Con l'Italicum, che prevede 100
capilista, Forza Italia al massimo
avrà 70 eletti. E in quelle 70 posizioni, il presidente vuole per lo
più Cerchio Magico e giovani e
new entry: dalla Sardone a Cattaneo, da Ruggieri a Fiori neo-responsabile degli Enti locali. Acchiappare più i voti d'opinione
che quelli dei notabili. «Voglio ecco il mantra di Berlusconi - un
partito delle idee». E Marina sembra avere le idee chiare.
Mario Aj ello
G RIPRODUZIONE RISERVATA
Marina Berlusconi gela Renzi
«E di parole più che di parola»
La presidente Fininvest e Mond,adori non f a sconti. «A livello
economico opportunità uniche, il governo non è all'altezza»
sioni, altro che fatti e cambiamenti. L'ala
verdiniana di Forza Italia che smania per
correre in soccorso del premier prenderà
nota.
d i Stefano Zurlo
ioca fra singolare e plurale per incastrare il premier: «Quello guidato da Renzi mi sembra molto più
`
un governo diparole che ungoverno diparola». Marina Berlusconi è affilata come
un coltello. E non mo stra alcuna simpatia
verso il capo dell'esecutivo, lo stesso per
cui invece si è speso nel passato il fratello
Pier Silvio. Ragionando per schemi e semplificazioni, si potrebbe dire che Marina
interpretala linea antiNazareno adottata
dal padre Silvio nell'ultima fase, dopo la
rottura sulla nomina di Mattarella. Ma
con ogniprobabilitàilpresidente diFininvest e Mondadori segue solo i propri ragionamenti e le proprie convinzioni.
Difendeilpapà, esprime felicitàperl'assoluzione nel processo Ruby, «un dibattimento senza prove e senza reato», nello
stesso tempo cita Mao per colpire l'uomo
nuovo di Firenze. E lo fa con una battuta
perfida: «Parafrasando Mao Zedonglapolitica non sarà un pranzo di gala, va bene,
ma mi pare che Renzi abbia il vizietto di
avvelenare un po' troppo spesso le portate». Fiducia zero, dunque, nelle virtù taumaturgiche del capo del governo.
Marina Berlusconi mette in fila numeri
e cifre, poi traccia la sua analisi. Impietosa: «Quest'anno l'esecutivo prevede una
crescita dello 0,7 per cento, dietro di noi
nell'areaeuro c'è solo Cipro, nonmisembra un risultato esaltante». E ancora: «Bisogna vedere come evolverà la crisi greca, ma mi pare che, a livello generale, dal
quantitativeeasingdellaBce, conilcrollo
del cambio euro-dollaro, fino al calo del
prezzo del petrolio, si stiano creando opportunitàuniche. Opportunitàperle quali l'Italia non ha meriti e che non dureranno in eterno. Per approfittarne appieno ci
vorrebbe inprimo luogo un governo all'altezza della situazione, che faccia quello
che è necessario». Ma il governo Renzi,
sintetizzaMarinaBerlusconi, «èungoverno diparole. Non diparola». Lustrini eillu-
Lei, nell'intervista concessa all'Ansa,
parla anche di giustizia, con riferimento
ai procedimenti del padre Silvio e delle
aziende di cui è alla guida. «Siamo un
gruppo solido e in movimento - spiega il
presidente di Fininvest - il 2014, assieme
a una Mondadori di nuovo in utile, ha visto una Mediaset, dove mio fratello Pier
Silvio e la sua squadra hanno fatto un lavoro eccezionale, che torna a distribuire dividendi ehavisto anche unnetto miglioramento della situazione finanziaria». Ci sono poi le trattative in corso: l'acquisto della divisione libri dalla Rizzoli e la cessione
di un pezzo di gloria sportiva come il Milan, disputato da investitori cinesi e thailandesi. E qui Marina sceglie la cautela.
Capitolo Rcs: «È evidente che inun mercato in contrazione occorre consolidare le
proprie posizioni nelle attività in cui si è
leader. Ma la strada è ancora lunga».
E ilMilan? Quila stretta finale potrebbe
essere molto vicina: «È una fase molto delicata, si impone il silenzio».
M arina invece non ha paura di affrontare il capitolo giustizia: «Un Paese in cui
non funziona la giustizia è un Paese che
non funziona». Il caso Ruby, salvo colpi di
coda, è chiuso: dunque Marina prova
«grandissima soddisfazione», ma la miscela con altrettanta «grandissima amarezza per i guasti irreparabili provocati»
dalla vicenda. Una storia «che deve far riflettere tutti». E poi c'è la condanna per i
diritti Mediaset, «di una gravità sconcertante». Si aspettano i «supplementari» a
Strasburgo: «Il sacrosanto bisogno digiustizia di mio padre non potrà non essere
soddisfatto».
Su Matteo
Renzi
L(rholili(•(r iuon è
(ur hr(nr,o di -(da
ma lni lur nn ri,.io:
(rrrele(ur l(°horl(rl(°
Su magistrati
e tribunali
Sul processo
Ruby
I' oddi,c%(r~ion(>h(r,
l(( Íin( di uiz incuho
(LC I(l°(Io: . P11 .(!
prore cmvi ,.(r I rn l o
Sul gruppo
Fininvest
1Io(ul(rdori è
di ((n(mo i(( nlile
e 1I(°di(1 (l lorrr(r (r
(lislrii)Iiir( (lii•id(ndi
"Remi avvelena la politica"
l'ira di MarinaBerlusconi
spiazzai moderati di Arcore
presidente di Fìnínvest sfida la linea di Gonfalonieri e Gianni Letta
L'ex Cavaliere toma t i leader del e: Strasburgo mi ridarà~ l'innocenza
TOMMASO CIRIACO
. Divisi in famiglia, divisi in azienda, divisi nel partito. Dopo aver spaccato irrimediabilmente Forza Italia, il fantasma del Nazareno seppellisce l'unità del board berlusconiano. Tocca a Marina Berlusconi bombardare clamorosamente il premier. «Quello guidato da Renzi mi sembra molto più un governo
di parole che di parola». La figlia prediletta interpreta gli umori del padre, mortificando
pubblic amente il sentimento filogovernativo
di due pezzi da novanta come Fedele Confalonieri e Gianni Letta, E quest'ultimo, sconsolato, confida alle colombe azzurre: «Sto provando qualsiasi cosa per convincere Silvio a sedere al tavolo della trattativa, maneanchemilascia concludere il ragionamento...».
Per prendere a schiaffi Palazzo Chigi, la
presidente di Mondadori e Fininvest sceglie
l'Ansa. «Parafrasando Mao Zedong-sostiene- la politica non sarà un pranzo di gala, va
bene, ma mi pare che Renzi abbia il vizietto di
avvelenare un po' troppo spesso le portate».
Le politiche del governo non vanno giù al numerounodelcolossoeditoriale: «Promessefin
troppe, impegni mantenuti pochi o nulla. Anche se come imprenditore ho l'obbligo di ottimismo, non c'è da star sereni». Per non lasciaredubbi, M arina Berlusconidifende il fondatore anche sul piano giudiziario: «Un Paese
in cui non funziona la giustizia è un Paese che
non funziona. Il processo Ruby? Senza prove
e senza reato». Ë un affondo diretto, a freddo.
L'esatto opposto delle parole di apprezzamento - al limite del renzismo ortodosso spese mesi fa dal fratello Pier Silvio,
È nelchiusodiArcorechesiconsumalanuova svolta. A nulla serve il pressing di Letta e
Confalonieri, tornati alla carica negli ultimi
giorni per spostare il baricentro di Forza Italia. Marina, da sempre in sintonia con i fedelissimidel cerchio magico, si oppone, E d'altra
parte «io per papà sono disposta a tutto», va ripetendo. C'è chi ipotizza, ancora una volta,
una clamorosa discesa in campo. Di certo c'è
che la primogenita, testata riservatamente
dopo ogni uscita pubblica, resta l'arma carica
sempre a disposizione di Berlusconi.
A dire il vero l'ex premier settantottenne
non sembra deciso a mollare. «Cerco il mio
successore - ripete ciclicamente da un de-
cennio - ma ancora non l'ho individuato».
Dopo aver scontato i servizi sociali, comunque, il capo di FI si è presentato ieri a una cena
del Ppe a Milano. Assenti i leader Ue, impegnati a Bruxelles, l'ex premier si è dovuto accontentare di alcuni funzionari continentali,
Prima propone le quote per ripartire tra tutti
i Paesi dell'Unione gli immigrati che richiedono asilo. Poi si sfoga: «Sono un perseguitato, ma sarò reintegrato dalla Corte Europea di
Strasburgo. Stasera rientro nel Partito popolare europeo dopo una lunga assenza». Sogna
la riabilitazione entro settembre, prevede il
ribaltone del governo e consegna ai colleghi
dimezza Europa (un po' basiti) questa fotografia dell'Italia: «La democrazia è sospesa».
In Forza Italia, intanto, il clima resta pessimo. Mentre Antonio Tafani continua a proporsi con il leader per coordinare il partito dopo le Regionali, un gruppo sempre più consistente di parlamentari lavora ad altri scenari.
In una lettera mai recapitata a Berlusconi, alcunisenatori implorano il c apo disforzarsi per
superare «protagonismi ed egoismi», evitando «nuove scissioni». Ma sono soprattutto gli
uomini di Verdini a scalpitare. Sondano riservatamente i colleghi di partito. Vogliono
strappare con il capo, sostenere le riforme
renziane e lasciare il gruppo. Non che 1a circostanza allarmi l'ex Cavaliere: «Sapete dove
può andare Dens, per quanto mi riguarda?».
Al gruppo Misto, pare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
GRUPPO AUTONOMO
DenisVerdini,
sostenitore del
patto con Renzi
sulle riforme,
sta compattando
un gruppo di
parlamentari
di Forza Italia
che potrebbero
votare l'Italicum
in dissenso dal
partito. Sarebbe
il prologo della
formazione di un
gruppo autonomo.
Una mossa
analoga, ma di
segno opposto,
potrebbe compiere
Raffaele Fitto
Silvio Berlusconi con la figlia Marina
Berlusconi rilancia la tesi della
"democrazia sospesa" in Italia.
E sui muranti strategia anti-Lega:
vanno ripartiti tra tutti i Paesi Ue
Verclini pronto a lasciare H
per il pa °tito della Nazione
II passaggio al gruppo misto potrebbe avvenire dopo le Regionali
I_Jex braccio destro di Berlusconi sempre più attratto dal renzismo
ß erlusconi ci ha messo
una pietra sopra. Considera Fitto ormai fuori
da Forza Italia e Raffaele non
sembra granché preoccupato.
Anzi ha già preparato le valige
per il suo viaggio verso altri lidi politici (quali ancora non è
chiaro). Aspetta solo il momento giusto. Anche Denis
Verdini sta cominciando a fare
gli scatoloni da trasportare nel
fantastico mondo renziano:
dopo le regionali porterà i suoi
parlamentari nel gruppo misto, collocandosi a supporto
della maggioranza. Al Senato
hanno fatto da apripista Sandro Bondi e Manuela Repetti.
Per il momento Verdini smentisce di voler abbandonare il
suo ex Messia e attribuisce le
voci di una sua uscita al cerchio magico. Dice di più. Dice
che le voci messe in giro ad arte da Rossi, Toti e Bergamini
siano una mossa per forzare il
suo distacco in modo da evitare che si porti dietro più gente
possibile. La tesi di Verdini è la
seguente: i berlusconiani di
guardia al trono azzurro vorrebbero accelerare i tempi del
divorzio per depotenziare la
campagna acquisti dei ribelli.
Attrarre i delusi
Le elezioni regionali sono lo
spartiacque. La composizione
delle liste lascerà sul terreno
morti e feriti, esclusi ed epurati. La sera del 30 aprile,
quando la partita delle candidature sarà game over, partiranno i ricorsi con i quali Fitto
contesterà davanti alla magistratura la legittimità della
Rossi e di Luigi Vitali (segretario Fi della Puglia) a presentare liste e simbolo di Forza
Italia. Una lotta politica combattuta pure a colpi di carta
da bollo che servirà a Raffaele
per rimanere formalmente
nel partito, per prendere tempo e mettere in campo le sue
liste contro quelle berlusconiane. E intanto aspetterà il
flop elettorale del suo (ex)
partito per poi portarsi via parlamentari, sindaci, amministratori, militanti, consiglieri regionali e comunali delusi, sbandati
e in cerca di ricollocamento in
una nuova area di centrodestra.
La nascita di gruppi autonomi è
il passo successivo, sempre che
abbia i numeri per farli alla Camera e al Senato.
Santanché contro Verdini
Complementare ma di segno
politico opposto il programma
di Verdini. Denis punta al Partito della Nazione all'ombra di
Renzi. Anche lui attende l'esito
delle regionali che coincideranno, giorno più giorno meno, con
il voto finale sulla legge elettorale. Ha cercato in tutti i modi
di convincere Berlusconi che il
patto del Nazareno e il legame
con Matteo non andassero annullati. «Resterai solo», arrivò a
preconizzare in un colloquio a
Palazzo Grazioli. L'ex premier
non crede più al «malato di bulimia di potere» che risiede a Palazzo Chigi. Uno che secondo la
figlia Marina ha «il vizietto di
avvelenare le portate». Verdini
invece vede in Renzi il nuovo
Messia della politica e cerca di
convincere gli emarginati dal
cerchio magico di seguirlo nella
Terra Promessa. Non c'è riuscito con la Santanché: si è rotto
un sodalizio che i due avevano
quando esercitavano un forte
ascendente sul grande capo.
Ora anche le loro strade si sono
divise perché il premier per Daniela è quanto di peggio ci sia.
Allora Verdini prepara le truppe da portare al gruppo misto.
Questo passaggio dovrebbe verificarsi all'inizio di giugno, all'indomani delle regionali e del
voto sulla legge elettorale. A
quel punto saranno in scadenza
le presidenze delle commissioni
parlamentari: salteranno alcuni presidenti della dissidenza
Democratica e di Forza Italia.
Alcune di queste presidenze
potrebbero andare agli amici di
Verdini. Senza Fitto e Verdini,
Berlusconi immagina un profondo rinnovamento di Fi e sogna di fare un Partito Repubblicano in stile americano. Ha raccontato che si avvarrà addirittura della consulenza dell'ex
presidente degli Stati Uniti, George Bush junior.
Bus h
Senza Fitto e
Verdini, Berlusconi ha
confidato di
sognare un
Partito Repubblicano in
stile americano. Ha rac-
contato che si
avvarrà della
consulenza
dell'ex presidente degli
Stati Uniti,
George Bush
junior
passi
Dopo le regionali Verdini
porterà i suoi
parlamentari
nel gruppo
misto, collocandosi a
supporto
della maggioranza. Al
Senato hanno
fatto da
apripista
Sandro Bondi
e Manuela
Repetti
Forza Ilta ha
Denis Verdini
con Luca
Lotti, sottosegretario a
Palazzo Chigi
Verdini, verso
l'addio a
Forza Italia, è
tentato dal
Partito della
Nazione
. Bologna, Genova e Milano alleggeriranno il carico di Firenze, Roma e Napoli
Città metropolitane con tagh diversificati
Gianni Trovati
MILANO
imm- Più tagli a Bologna, Genova e
Milano per alleggerire il carico di
Firenze, Roma e Napoli. In sintesi
è questo ilrisultato della proposta
che i sindaci hanno inviato ieri al
Governo per provare a risolvere
il problema dei t agli alle Città metropolitane su cui nelle settimane
scorse si era scaldato il confronto
fra amministratori e Governo,
sfociato due settimane fa nell'incontro a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio.
La soluzione individuata dai
tecnici di Ifel-Anci, come sottolinealo stesso presidentedell'associazione dei Comuni Piero Fassino, è «solidale», nel senso che dopo qualche scintilla anche all'interno del mondo degli enti locali
le amministrazioni che erano state meno colpite dalla geografia
dei tagli decisa in conferenza Stato-Città si sono rese disponibili
ad accettare una quota aggiuntiva
di manovra per aiutare Firenze,
Ronfa e Napoli. «Ora ci aspettiamo analoga disponibilità dal Governo, per arrivare entro la prossima settimana alla decisione poEtica divarare il decreto entilocali». E qui iniziano le incognite.
Lasot unacomplessivachiesta
alle Città metropolitane rimane
invariata, come ha chiesto il Governo, ma il nuovo riparto dei tagli impone comunque una correzione allaleggediStabilità.Lamanovra chiede infatti di distribuire
le sforbiciate tra Province e Città
metropolitane in base ai «fabbisogni standard», cioè al "prezzo
giusto" delle diverse funzioni locali, e l'attuazione portata avanti
dal Governo ha appli caro la misurain base alrapporto fra «costi cf-
«Ora ci aspettiamo analoga
disponibilità dalgoverno
per arrivare entro la
prossima settimana al varo
del decreto enti locali»
...........................................................................
ficienti», misurati dalla Sose, e
possibilità per ogni ente di raccogliere gettito dalle imposte sull'automobile (addizionale RcAuto e Ipt) e sull'ambiente. La proposta dei sindaci, per rendere un
po' meno brusco il passaggio dalle vecchie alle nuove regole, mescolainvecei«costi efficient
efficie
spesa storica. Per attuarla,
quindi, occorre che il Governo sia
disposto ad attenuare in parte la
parola d'ordine dell'«addio alla
spesa storica» sventolata nelle
scorse settimane.
Nel cantiere del decreto enti
locali, poi, non sono pochi gli
aspetti ancora in discussione.
Uno è rappresentato dalla riduzione delle super-sanzioni in vigore da quest'anno per chi ha sforato nel 2o14 il Patto di stabilità: l'idea, che riguarda da vicino
almeno un terzo degli enti di area
vasta, è già scritta nell'intesa firmata a febbraio da sindaci e Governo, ma va tradotta in pratica
con scelte che hanno dei costi.
I due passaggi, rappresentati da
redistribuzione dei tagli e alleggerimento delle sanzioni, sono
intrecciati a doppio filo, anche
perché penalità più leggere aiuterebbero a compensare la stretta
aggiuntiva alle Città scese in aiuto
di Firenze, Roma e Napoli. Tutta
lapartita, che comprende anche il
Fondo per le detrazioni Tasi da
625 milioni, è a sua volta collegata
all'esito della trattativafra Governo e Regioni sui tagli alla sanità,
perché anche questo capitolo dovrebbe finire nel decreto enti locali: il rendez-vous, però, è slittatoamercoledìprossimo, el'intesa
è ancora tutta da trovare.
gianni. trovati fi ilsole24ore.com
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
La, proposta che l,Anci farà al 'Torerno per ripartire i sacrifcci. A Roma sconto cli. // jnlr-r
•
Sol i dar i et à
•
super sindaeì
-
RiMO dula ti i tagli sulle me trop oli. Napoli rec up era 13
DI MATTEO BARBERO
oma recupera circa 11
milioni, Napoli poco
meno di 13, mentre
Firenze poco più di 4.
È questa la sostanza dell'accordo raggiunto ieri tra le città
metropolitane per una diversa
rimodulazione dei tagli previsti dall'ultima manovra, dopo
che il riparto basato sui parametri previsti dalla legge di
stabilità 2015 aveva prodotto
effetti molto squilibrati fra
le diverse amministrazioni e
troppo pesanti per alcune di
esse, con inevitabile coda di
polemiche.
La quadra è stata trovata
ieri dal coordinamento Anci,
con il via libera a un documento che, applicando una diversa
metodologia di calcolo, redistribuisce circa 27 milioni di
sacrifici, in modo da alleggerire il peso a carico delle tre città. In questo modo, il taglio a
carico di Roma scende da 87,4
a 76,2 milioni, quello a carico
di Napoli da 66 a 53,7 milioni, quello imposto a Firenze
da 25,9 a 21,7. Ovviamente,
il tutto avviene a invarianza
della riduzione complessiva,
per cui, per esempio, il taglio
di Torino passa da 21,2 a 26,8
milioni, quello di Bologna (il
cui sindaco Virginio Merola, si era duramente scontrato
con il collega di Firenze, Dario Nardella sul riparto) da
5,3 a 9,1. In tal modo, come
evidenzia il testo dell'accordo, «diminuisce notevolmente la variabilità del taglio
all'interno del comparto»,
rendendone la distribuzione
più omogenea, anche in termini di incidenza sulla spesa
netta e in termini pro-capite.
Al termine della riunione, il
presidente dell'Anca., Piero
Fassino , ha espresso grande
soddisfazione. «C'erano riserve da parte di alcune città», ha
osservato, «ma oggi l'Anci ha
dato una dimostrazione di coe-
•
sione e solidarietà importante.
Ora analoga disponibilità ce
l'aspettiamo dal governo, per
arrivare a un accordo nel corso
della prossima settimana che
si concluda con la decisione
politica di varare il decreto
enti locali in tempo utile per
la chiusura dei bilanci». Infatti, la proposta dell'Anci deve
essere recepita mediante un
correttivo normativo, che modifichi la disciplina dettata
dalla legge di stabilità 2015
(190/2014). Fassino ha anche
ricordato le altre questioni
aperte, «dalla reintroduzione
del fondo perequativo di 625
milioni, al meccanismo compensativo sull'Imu sui terreni
agricoli e montani per i piccoli
comwii, passando per la flessibilizzazione del nuovo sistema
di contabilità, fino alla possibilità di utilizzare nella spesa
corrente la rinegoziazione dei
mutui, l'alienazione di beni
mobili e immobili e gli avanzi
di esercizio». Infine, l'Anci è
tornata a chiedere la disapplicazione delle sanzioni per
lo sforamento al Patto ereditato dalle vecchie Province e
la copertura da parte dello
Stato, come peraltro prevede
la legge Delrio, del 30% del
costo del personale. Sul Patto,
l'accordo raggiunto ieri prevede anche la revisione dei
meccanismi di calcolo degli
obiettivi anche per le province e le città metropolitane,
proponendo una metodologia
analoga a quella introdotta
per i comuni dall'Intesa raggiunta in Conferenza Statocittà e autonomie locali lo
scorso 19 febbraio (peraltro
non ancora recepita dal legislatore). In pratica, si punta a
escludere dalla base di calcolo le spese correnti sostenute
per rifiuti, trasporto pubblico
locale e formazione professionale (ovvero le componenti
che determinano i principali
differenziali di spesa che si riscontrano nei bilanci provinciali, in ragione soprattutto
della differente intensità con
cui le Regioni hanno utilizzato lo strumento della delega
di funzioni), a estendere l'arco temporale di riferimento
al quadriennio 2009-2012,
escludendo comunque dal
computo l'anno in cui il complesso delle spese considerate
assume il valore più alto, e a
considerare nel «montante»
utile ai fini del riparto, anziché il solo taglio operato con
il dl n. 78 del 2010, l'intero
ammontare dei tagli alle risorse delle Province intervenuti
nel periodo 2011-2015. Ciò
dovrebbe garantire maggiore
sostenibilità e assicurare più
spazi alle città metropolitane
alla luce delle maggiori funzioni loro conferite.
© Riproduzione riservata
n
città
Popolazione al
metropolitana
31/1/2015
-------------------------- ------------2 ,; n 7 ç'. 1.7
To r ino
17i; .1
i hlil no
[
il
r
Spesa
diff.
corrente
media 201012 al netto
negativa
entrate
entrate
di formaz .
storiche
professionale ,
tpl, rifiuti
entrate
potenziali
24 8A
--?1n
ezi 3
-,
------
L -p
',
. fT1n
--()0I1
-
netta
21 r ,1
-
-------
1
_.0 7.2 2
..3 1 2= 4
-
1,
Taglio
2015
quota su
spesa
2015
quota
taglio Sose
Tot
taglio
0
in !a
spesa
spesa
2015
netta
netta
(40%)
I
11,
--
;_01,4
-----11-1.9
-9.9
------- ---s05,E,
5,2
5-g 7; J
--
4
,{)
---ji ------
3,^
101.4
3,0
---- ,
C .1
1e2..
----------,---r, J,C
23,9
,_
5,K
5,7
-
5. 1 _
",0
9,7
---
------
2I , 7
t; 9,0
",'
.
11
,
52,3
-
--
733.
S
S0
--------
£
i
9,0`%
€ 9 .1
a
- ,
---" ,7
21, 1
------i --------i ---------16,"?
17, 6
9.1
',5
,'
9g,4
14 4%
.5
",
., J
1-5.6
°
- - - - - - - - - _
--k
1) 4
4,0
7"-
105,2
---- ---------------
,Y,
- ,
I, 1 _i.s
-------__------_-_----------
. .17i.. JJ
1.261.Si'v4
1 °',
--^
I
1h 0
,--------------------------- --- - - - - - - - - - - - - _- - - - _-- - - _ -------------
E;aí.
efficientata
(60%)
-----
in €
procapite !
--
C1 '
,,0
8C`, L,04F
------------------1-001. 170
Taglio
media
rettificata
C:7,
4
G
F"c ize
- 3, ï3
_----- _--I-------_-_
- 1 --------
r ---------------
Eclo ;
il
Spesa
corrente
---
./
- - - - - - - _,
1-íl,F,
,5
-
0
-
--
1 7
`-------------------- ------------------`
-----------'
-28
154
257
"
Totale
18.478.763
1.750
1.722
103
14,7/0
€' 13,9
L-------------i--------------L-------------L---------- - 1 ---------1 --------------------- - L-------_',-------_i----------
Profughi, lite tra le Regioni
il Viminale rivede le quote
Oggi la nuova circolare del ministero
Rimane la sproporzione tra Nord e Sud
per la redistribuzione dei richiedenti asilo il 21% accolti in Sicilia e l'1% in Val d'Aosta
L'EMERGENZA
R 0 M A Il risultato sperato non arriva. Almeno in materia di accoglienza. Le porte dell'Europa
non si aprono ai migranti. E la
prima fessura sugli accordi di
Dublino rimane aleatoria: 5mila,
forse 10mila, potrebbero essere
accolti dai paesi membri su base
volontaria, ma nessun trasferimento dall'Italia. Sullo sfondo
c'è sempre la stessa accusa da
parte degli altri 27: il mancato fotosegnalamento di alcuni richiedenti asilo che, proprio in violazione dei protocolli sottoscritti
nel 2003, consentirebbe ai migranti di arrivare Oltralpe. Il problema resta a casa nostra, oggi
una nuova circolare del Viminale tornerà a sollecitare i prefetti
per trovare un accordo con gli
amministratori locali per recuperare almeno seimila posti. Alla vigilia delle elezioni la tensione cresce e, contrariamente all'entusiasmo mostrato mercoledì dall'Anci, la conferenza delle
regioni registra spaccature e la
chiusura di alcuni amministratori. La sproporzione sull'accoglienza è ancora enorme: il 21
per cento dei migranti ospitato
in Sicilia contro l'1 per cento della Val d'Aosta. Il 21 aprile la quota degli arrivi era di 25.098. Ma
gli sbarchi continui imporrebbero un costante aggiornamento
dei dati.
LA REDISTRIBUZIONE IN UE
Tra i 27 leader europei il tema
dell'accoglienza resta tabù. La
polemica riguarda ancora il
mancato fotosegnalamento da
parte dell'Italia e l'enorme numero di profughi che, dopo essere
sbarcati sulle nostre coste, arrivano Oltralpe. Non ci sono aperture sul punto. Uno spiraglio riguarda il cosiddetto "resettlement" ossia le nuove migrazioni.
Il progetto pilota della commissione Ue sui richiedenti asilo po-
trebbe passere dalle 5000 unità,
indicate dalla bozza due giorni
fa, a 10mila. Ma sempre su base
volontaria. Una goccia nell'oceano che non ha nulla a che vedere
con gli sbarchi già avvenuti in
Italia. Nulla infatti è stato previsto sulla cosiddetta "relocation",
cioè il trasferimento all'estero
dei migranti, ospiti nelle nostre
strutture, che abbiano indicato
altri paesi come meta ultima.
LA CIRCOLARE
Sarà diffuso oggi il documento
per trovare ospitalità ad altri seimila richiedenti asilo. Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione tornerà a rivolgersi
ai prefetti, nell'auspicio di
un'apertura da parte degli amministratori. L'ipotizzata requisizione delle strutture resterà l'extrema ratio e non sarà praticata
prima del 31 maggio, quando in
molti centri i cittadini saranno
chiamati alle urne. Nel documento del Viminale, un vero e
proprio richiamo al dovere dell'accoglienza, è esplicito il riferimento alle ultime 800 vittime
del naufragio.
LE REGIONI
Quella del presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio
Chiamparino, resta una voce isolata: «Ogni regione è responsabile di ciò che dice e fa davanti all'
opinione pubblica. Siamo di
fronte ad un fenomeno epocale».
Netta la chiusura della Lega: «La
situazione è fuori controllo: si
pensava lo scorso anno arrivassero 60 mila immigrati e ne sono
giunti in Italia 190 mila. Per il
2015 non sappiamo nulla. Per
noi anche l'intesa raggiunta sulla ripartizione dei Fondi per l'accoglienza è saltata», dice il coordinatore degli assessori agli Affari Finanziari, Massimo Garavaglia, assessore della Lega in Lombardia.
Valentina Errante
RIPRODUZIONE RISERVATA
Sbarco di migranti (foto LAPRESSE)
I PREFETTI DOVRANNO
TROVARE GLI ACCORDI
CON I SINDACI
E CON I GOVERNATORI
PER RECUPERARE
I POSTI NECESSARI
L'ULTIMA IPOTESI
E QUELLA DELLA
REQUISIZIONE
DEI SITI PUBBLICI
LINEA DURA DELLA LEGA
«SIAMO GIA PIENI»
I numeri del fenomeno
Migranti sbarcati sulle coste italiane
dall'1 gennaio al 21 aprite
25.098
21.738
2014
2015
Migranti ospitati nette strutture
temporanee , nei CARA,
nello SPRAR
Sicilia
. 5.286
Lazio
^951
Lombardia
5.444
Puglia
592
Campania
3.993
Calabria
460
Piemonte
3.344
Emilia Romagna
3.117
Toscana
2.452
Veneto
2.463
Marche
1.436
Friuli
1.421
Sardegna
1.031
Liguria
1.015
Molise
745
Umbria
739
Abruzzo
763
Basilicata
568
Trentino A. A.
635
Val d'Aosta
61
Percentuale di distribuzione dei migranti per regione
Dïffamazïone, stretta anche sui blog
Il Pd Errníní intende estendere le regole della rettifica obbligatoria alle testate non registrate
1 tf,8MI %;
Ë I L./rl.L.i,
...
Due tagliole incombono
sulla stampa. Intercettazioni e
diffamazione, bavagli che tornano d'attualità. La commissione Giustizia della Camera è
al lavoro. Saranno ascoltati i direttori, come aveva proposto
Renzi agiugno 2014. Il governo
si muove. Il premier vede con favore il carcere per chi pubblica
le telefonate: la proposta del
procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri lo
attrae. Il Pd, con il responsabile
Giustizia David Ermini, un renziano super doc, vuole estendere le nuove e rigide regole della
rettific a obbligatoria da pubblicare entro due giorni anche ai
blog, non solo alle testate giornalistiche registrate. Ieri ne ha
parlato col Guardasigilli Andrea Orlando. Un altro pd, il relatore della legge Walter Verini, è tuttavia perplesso. Il mondo dei blogger è in allarme, ma
tra gli editori è diffu sa la tesi che
non sarebbe giusto far cadere il
peso della nuova legge solo sulle testate registrate, mentre
qualsiasi blog resta libero di
pubblicare quello che vuole.
Un mini vertice di maggioranza a Montecitorio ha cominciato a fare il punto su modifiche importanti. C'è pure una
novità positiva: il Pd si èconvinto che vada eliminato il "diritto
all'oblio", via dal web qualsiasi
notizia che il soggetto citato
consideri diffamatoria. Favorevole M5 S. Una richiesta giunta
anche dal Garante della Privacy Antonello Soro. Non dovrebbero passare altre due proposte di Ermini, far calare da 50
a 30mila la multa massima per
la diffamazione di una notizia
che si pubblica con la consapevolezza che sia falsa e il diritto
di replica alla rettifica. La legge
comunque è ancora un c antiere
aperto, in cui "balla" sia la questione delle querele temerarie
che si vorrebbe estendere a
qualsiasi tipo di lite, sia la previsione di imporre una sanzione disciplinare al giornalista
che diffama. La Camera l'aveva
imposta per il recidivo, il Senato l'ha spostata in avanti (tre, e
non due diffamazioni), Montecitorio vuole tornare indietro.
La diffamazione avrebbe potuto essere il contenitore per le
intercettazioni. L'ha proposto
Alessandro Pagano di Ncd, via
la delega dal processo penale
per metterla nella diffamazione. Ma la presidente Pd della
commissione Giustizia Donatella Ferranti dirà che è inammissibile. Ferranti lancia il giro
di tavolo coi direttori. M5S voleva sentire Travaglio del Fatto
e Abbate dell'Espresso, ma ha
prevalso l'audizione collettiva.
Soddisfatto il sottosegretario
alla Giustizia Enrico Costa, che
dà il nome alla legge, e che da
sempre si batte per una stretta
sulle intercettazioni. Ora parla
di «una sintesi equilibrata nel
rispetto dei valori costituzionali». Il vero nodo, dopo le amministrative, sarà il carcere per
chi pubblicale registrazioni, 26 anni per Gratteri. Più del falso
in bilancio di una società non
quotata (1-5 anni). Intercettabile soloil primoreato. DiceFerranti: «Sarebbe un controsenso. Nella diffamazione è punito
con la multa chi pubblica consapevolmente un fatto falso. E
poi un atto diffuso tra tante persone non si può più considerare
segreto». Per questo Renzi vuole che le telefonate non stiano
nemmeno nelle ordinanze. Solo un numero. Gli avvocati, con
un badge, le leggeranno nella
cassaforte della procura e saranno tenuti al segreto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LA DIFFAMAZIONE
Sparisce il carcere per
chi diffama, male
rettifiche diventano
perentorie. Prevista
una multa da 10 a
50mila euro se c'è la
consapevolezza della
falsità del fatto
pubblicato
ILDESTINODEIBLOG
Nel testo approvato al
Senato i129 ottobre
2014 i blog sono fuori
dall'obbligo di
rispettare le regole
stringenti della rettifica.
Con la proposta del Pd
Ermini invece ci
rientrano in pieno
IL DIRITTO ALL'OBLIO
La contestata norma,
via dal web le
diffamazioni, sarà
eliminata dalla
diffamazione e inserita
n una legge ad hoc.
D'accordo il Garante
della Privacy Soro, ma
anche Pd e M5S
Piero Ignazi
Potere&poteri www.lespresso.it
Potentati locali fuori controllo, che ignorano le
indicazioni del quartier generale romano. Ma così
il partito può andare presto verso l'implosione
Nel Pd la vera scissione
è tra centro e periferia
C'È UNA SCISSIONE in atto nel Pd.
Ma non è quella tra Renzi e i suoi
oppositori: riguarda la divaricazione
tra il centro e la periferia, tra il quartier generale romano e i terminali
locali. La nuova leadership democrat
ha dato il colpo di grazia a una separazione di percorsi che già da molti
anni stava allontanando i dirigenti
periferici del partito dai vertici nazionali. Renzi ha semplicemente accelerato un processo.
Se i De Luca boys fanno il bello e il
cattivo tempo alzando le spalle di
fronte a regole e prassi, stringendo
alleanze contro natura e cambiando
casacca con grande naturalezza è
perché il partito non controlla più le
spinte centrifughe. L'autonomizzazione dei quadri dirigenti a livello
subnazionale e, soprattutto, degli
eletti, parte da lontano, dal collasso
del sistema partitico post-Tangentopoli.
Il Pd, passando attraverso il Pds e
i Ds, è stato l'unico ad aver conservato una continuità politico-organizzativa. Ingannevole, però, perché mentre narrazioni e riferimenti simbolici
hanno garantito la tradizione, le pratiche sono andate da tutt'altra parte.
Quello cha cambiava, in maniera
sotterranea e nascosta, erano i rapporti tra vertice e base, al di là di ogni
contrapposizione politica all'interno
del partito. I vari passaggi da D'Alema a Veltroni, da Fassino a Bersani,
non hanno mai portato a mutamenti
ideali e programmatici di rilievo.
Non è guardando al livello ideologico-culturale, che si possono rintracciare le ragioni delle tensioni che
oggi attraversano il Pd. Bisogna partire dalla concezione del partito e
della rappresentanza politica che si è
andata affermando a partire dalla
metà degli anni Novanta: già da allora gli antecedenti del Pd hanno riconosciuto alle strutture decentrate
del partito maggior autonomia nella
definizione delle loro regole interne,
nella scelta della classe dirigente,
nella gestione finanziaria e in altri
ambiti ancora.
In sostanza, è stata promossa una
sorta di federalizzazione strisciante.
Parallelamente a questa tendenza si
è affermata, anche nel dibattito pubblico, una impostazione "autonomista" fondata sullo sganciamento
degli eletti dalla ossequienza nei
confronti dei rispettivi partiti. Tutto
ciò deprimeva il ruolo del partito
nella selezione dei candidati e rendeva liberi gli eletti da ogni vincolo
partitico.
IL FRUTTO di questo processo di autonomizzazione è stato quello di indebolire la capacità di controllo delle strutture centrali sulla periferia.
Perché i vertici romani hanno lasciato correre? Perché riposava su uno
scambio implicito, sulla non interferenza della periferia nelle scelte nazionali. Una sorta di vivi e lascia vivere. E così i vari livelli organizzativi
sono andati ognuno per conto pro-
prio. Se poi a tutto questo aggiungiamo le litanie sulle nefandezze del
partito fortemente strutturato e ben
organizzato ( qualcuno ricorderà le
sciocchezze sul "partito leggero"...),
allora è chiaro che le classi dirigenti
locali si siano sentite autorizzate ad
avere mano libera.
POI È ARRIVATO Renzi, l'anti-partito
per eccellenza. Il leader che ha impersonato la capacità di far politica, e di
conquistare il quartier generale, con
una sua, personale, macchina organizzativa senza passare per le fila
interne. L'arrivo al Nazareno di un
personaggio con questo profilo, tutto
proiettato all'esterno, tutto concentrato sulla forza della leadership,
tutto rivolto alla comunicazione diretta con l'opinione pubblica senza
filtri partitici, significava il "liberi
tutti" per i quadri locali. E così, quel
lento ma continuo cammino verso
l'autonomia della periferia è diventato una corsa senza freni.
Ora, senza pudore né ritrosia i
vari cacicchi locali impongono le
loro scelte ad un partito centrale distratto e, sotto sotto, disinteressato.
Finché il manovratore centrale non
viene disturbato il conflitto centro-periferia rimane sotto il livello di
guardia. Ma il Pd viaggia su due binari diversi: dirigenti ed eletti ai livelli sub-nazionali che si muovono indipendentemente dalla direzione di
marcia del centro, al primo intoppo,
possono far deragliare il treno.
Privilegi
Altero Matteoli
e, a sinistra,
Giulio Tremonti
Vietato indagare ministri
Tremonti e Matteoli sotto accusa per corruzione. Ma una legge-vergogna
soccorre i politici di governo. E le uniche condanne risalgono a Tangentopoli
di Paolo Biondani
IETATO INDAGARE sulla
casta di governo. Nell'Italia saccheggiata da una
corruzione enorme, c'è
V uno scudo legale che pro-
tegge proprio i politici con più poteri: i ministri che controllano le casse
centrali della spesa pubblica.
In questi mesi di crisi e lotta agli
sprechi, i magistrati di Venezia e di
Milano hanno rimesso in moto la
speciale procedura peri reati commessi dai ministri nell'esercizio delle loro
funzioni. Giulio Tremonti e Altero
Matteoli, esponenti di spicco dei governi di Silvio Berlusconi, sono accusati di corruzione. Come tutti gli indagati, fino a prova contraria vanno
considerati innocenti. Anche perché la
legge in vigore non impone più rigore
e più controlli per chi conta di più, ma
il contrario: come parlamentari, non
possono essere intercettati, perquisiti
e tantomeno arrestati; e come ministri, godono di privilegi speciali, tutti
per loro. Che nella storia italiana
hanno quasi sempre salvato i governanti. 1 condannati per reati ministe-
riali sono pochissimi. E gli ultimi casi
risalgono ai tempi di Mani Pulite.
Prima e dopo quel periodo eccezionale, decine di accuse sono state azzerate da un veto politico: stop alle indagini, con tanti saluti alla giustizia.
Le inchieste sui ministri sono regolate da una disciplina che alcuni giuristi paragonano a un «fossile legale» dei
tempi del vecchio codice: la legge costituzionale numero 1 del 16 gennaio
1989. «È una normativa tecnicamente
incredibile: sembra fatta apposta per
garantire l'impunità», sintetizza uno
dei magistrati che hanno condotto le
nuove inchieste. Il privilegio più vistoso è l'autorizzazione a procedere: il
ministro può essere processato solo
con il permesso della Camera, se è un
onorevole, o del Senato. Dietro questo
muro legale, trovano riparo anche i
coimputati di ogni sorta: imprenditori,
burocrati, faccendieri, eventuali complici mafiosi. Se il Parlamento nega
l'autorizzazione, si salvano tutti.
«Una vera assurdità tecnica», secondo diversi magistrati, è il comma
di legge che regola l'avvio dell'inchie-
sta. Quando una Procura scopre un
ipotetico reato ministeriale, non può
fare niente: «omessa ogni indagine»,
come prescrive l'articolo 6, i pm devono liberarsi del fascicolo «dandone immediata comunicazione» a tutti i sospettati. Per i normali cittadini
le Procure possono, anzi devono tenere segreta l'inchiesta almeno nei
primi sei mesi, per evitare che l'indagato possa far sparire i soldi o inquinare le prove. Per i ministri e i loro
complici, la regola è rovesciata: preavviso immediato a tutti gli indagabili, fosse anche un caso di omicidio,
mafia o droga.
Messi così in allarme i sospettati,
l'inchiesta va affidata a tre giudici
estratti a sorte tra tutti i magistrati del
distretto, anche se non hanno mai fatto indagini, riuniti nel cosiddetto tribunale dei ministri: un collegio che
ricorda i vecchi giudici istruttori, aboliti da un quarto di secolo. Il collegio
ha solo 90 giorni per concludere tutta
l'inchiesta, prorogabili di altri 60 al
massimo. In tempi così brevi è praticamente impossibile fare rogatorie, ad >
Privilegi
esempio, per trovare l'eventuale bottino nascosto all'estero. Alla fine, se il
tribunale archivia, il verdetto è «inoppugnabile». Se invece chiede l'autorizzazione al processo, il Parlamento può
negarla anche se il reato è provato,
«qualora reputi che l'inquisito abbia
agito per la tutela di un interesse dello
Stato»: un alibi politico «insindacabile», per cui regge anche se è falso.
Con regole del genere, non meraviglia
che i ministri condannati si riducano a
pochi sfortunati. Il primo e per anni
unico fu Mario Tanassi, socialdemocratico, condannato a due anni e quattro
mesi, il primo marzo 1979, dalla Corte
Costituzionale con il vecchio rito: una
sola sentenza autorevolissima e inappellabile. Era il fronte italiano dello scandalo Lockheed, innescato da un'inchiesta
degli Stati Uniti che il nostro Paese non
poteva ignorare: come ministro della
Difesa, Tanassi fu corrotto con 560 milioni di lire per sbloccare l'acquisto di 14
aerei militari costosissimi.
La legge del 1989 è nata proprio per
garantire a ministri come lui i soliti tre
gradi di giudizio. E così è toccato al tribunale dei ministri, appena creato, indagare sulle "carceri d'oro": le tangenti
confessate a Milano, dopo l'arresto,
dall'imprenditore Bruno De Mico. Il suo
processo si è chiuso nel 1994 con la
condanna definitiva a cinque anni, per
concussione, dell'ex ministro Franco
Nicolazzi, anche lui del Psdi, che aveva
intascato 2,5 miliardi di lire. In quel periodo era diventato normale concedere
l'autorizzazione a procedere, che nel
1993, al culmine di Tangentopoli, è stata
abolita per i semplici parlamentari. Tra i
ministri, il condannato più illustre è
Francesco De Lorenzo, liberale, titolare
della sanità dal 1989 al 1992, condannato a cinque anni e quattro mesi per
decine di tangenti, per un totale accertato di 4,5 milioni di euro, sborsate dalle
industrie farmaceutiche da lui favorite.
Dopo Mani Pulite, invece, le indagini
sui governi sembrano fermarsi. Per
tutto il ventennio dominato da Berlusconi, la procedura per i reati ministeriali diventa un muro di gomma. Alcune
procure archiviano sul nascere decine
di fascicoli. E quando il tribunale dei
ministri conferma qualche accusa, interviene il Parlamento. Tra i casi più
clamorosi spicca il salvataggio politico
di Pietro Lunardi, l'ex ministro delle
grandi opere, accusato di corruzione
con il cardinale Crescenzio Sepe. Nel
2010 il tribunale dei ministri conclude
che Lunardi ha acquistato a prezzo
bassissimo un palazzo di lusso dall'ente
religioso Propaganda Fide, che intanto
otteneva cinque milioni di euro dal
governo«in assoluta carenza dei presupposti». I magistrati invocano per
quattro volte l'autorizzazione a proce-
I PM DEVONO AVVISARE
SUBITO GLI INDAGATI
MENTRE IL PARLAMENTO
PUÒ SEMPRE NEGARE
L'AUTORIZZAZIONE A
PROCEDERE. COME È
SUCCESSO CON LUNARDI
Mario Tanassi , ministro negli anni '70
dere, ma il parlamento le blocca una
dopo l'altra chiedendo sempre «approfondimenti». Nello stesso periodo beneficia dello stop politico al processo
anche il ministro Matteoli, accusato di
favoreggiamento per aver rivelato a un
amico prefetto che era sotto intercettazione per tangenti su speculazioni edilizie all'Isola d'Elba.
Dopo la bocciatura del lodo Alfano,
(che avrebbe sospeso i processi al premier) l'immunità ministeriale è stata
invocata pure nel caso Ruby: Berlusconi, secondo la sua maggioranza, telefonò in questura per far rilasciare la
minorenne marocchina agendo da premier, perché credeva veramente che
fosse la nipote di Mubarak. Quindi la
Camera ha votato un conflitto di attribuzioni, ma la Corte Costituzionale, il
12 aprile 2012, ha dato ragione alla
Procura di Milano, scrivendo che «era
obbligata a indagare». Pochi ricordano
che anche Giulio Andreotti, dopo una
carriera costellata di mancate autorizzazioni a procedere, tentò di sottrarsi
allo storico processo di Palermo per
complicità con la mafia (poi chiuso con
la prescrizione fino al 1980 e l'assoluzione per gli anni successivi) accampando la competenza del tribunale dei ministri di Roma. Ma i giudici hanno replicato che Andreotti era sotto accusa
solo come capo-corrente della Dc.
Ora si ricomincia da due. La nuova
Camera ha già autorizzato il processo
a Matteoli: i padroni del Mose di Venezia hanno confessato di avergli
versato 550 mila euro, oltre a dover
inserire una sua società, intestata secondo l'accusa a un prestanome, nei
maxi-finanziamenti per disinquinare
Porto Marghera. E al Senato pende la
richiesta di procedere contro Tremonti per una presunta corruzione targata
Finmeccanica: 2,6 milioni di euro
mascherati da parcella per il suo studio professionale. Il tribunale dei ministri ha firmato un atto d'accusa che
sembra quasi una sentenza di condanna. Ma l'affare è del 2008/2009, per
cui Tremonti potrà comunque approfittare della vecchia, cara legge sulla
prescrizione. ■
Spese allegre
Gove rnatori sfrenati
Dalla Campania al Veneto, fanno piovere fondi puntando alla riconferma.
Il record di Caldoro: 22 milioni al giorno. E per Zaia è tutta una sagra
di Michele Sasso
S
PENDING REVIEW non ti conosco più. Spendere e spandere in vista delle elezioni è
possibile. Trasformando l'Europa tiranna
che impone la dieta ai conti pubblici in una
grassa benefattrice che sparge milioni. Ci
voleva un tocco di genio napoletano per
riuscire in questo contrappasso, messo in
campo da Stefano Caldoro per sostenere il rinnovo della
poltrona di governatore campano: 1700 progetti, con soldi
seminati ovunque. Tanto, la quota più grande la mette l'Ue.
E poco importa se i fondi destinati a cementare uno sviluppo duraturo finiscono in faccende ordinarie o iniziative effimere, come le strade da rattoppare o i posti letto in occasione dell'Expo, che si tiene ottocento chilometri più a nord.
Il voto del 31 maggio si avvicina e in maniera direttamente proporzionale crescono le elargizioni per generare
consenso. È l'ultima raffica dei governatori, per firmare
delibere, leggi e finanziamenti destinati a germogliare in
ospedali, autostrade, promozioni e soprattutto tante inaugurazioni. I presidenti in gara hanno sempre le forbici in
mano, per tagliare nastro su nastro. Una frenesia da vernissage che permette di fare bella figura senza tirare fuori
quattrini. I soldi infatti circolano copiosi dove la competizione è più incerta. Come in Campania, appunto. O in
Veneto dove - stando alle accuse dell'opposizione - Luca
Zaia ha appena "festosamente" elargito cinquanta milioni
ad associazioni ed enti locali. In Puglia invece lo sgretolamento del centrodestra ha restituito il sorriso all'ex sindaco di Bari Michele Emiliano, mentre in Umbria Catiuscia
Marini se l'è presa comoda e ha cominciato le manovre per
la riconferma solo dopo Pasqua.
aperta a Genova a marzo; una cooperativa non convenzionata con l'Asl». Per la Paita però la strada si fa sempre più
dura: dopo le primarie al veleno è arrivato un avviso di garanzia per l'ultima di troppe alluvioni; infine, per guastare
la festa Silvio Berlusconi ha paracadutato in Liguria il suo
protetto Giovanni Toti. L'unico modo di esorcizzare la paura è il solito: inaugurare di tutto, di più. La nuova strada di
Cornigliano, il recupero di Villa Mina ad Arenzano, la pista
ciclabile di Costarainera, una scuola ad Avegno. Vista da
fuori, la regione sembra paralizzata dalla carenza di grandi
infrastrutture: non ci sono treni veloci, le arterie sono ingolfate, mancano interventi sistematici contro il dissesto. Invece la giunta preferisce "lo spezzatino", più proficuo dal
punto di vista elettorale, e ha messo in cantiere 365 opere
pubbliche: un programma lungo un anno. Persino a Natale,
il sito web ha lanciato un proclama, l'ennesimo: «Abbiamo
cofinanziato il ripristino della strada di Terzorio», borgo
imperiese di soli 234 abitanti, affacciato sui viadotti dell'autostrada dei Fiori. E chissà che Palazzo Chigi non faccia un
regalo prima delle urne, concretizzando almeno parte dei
379 milioni che il governo ha destinato alla lotta delle croniche alluvioni liguri.
Oltre a rivestire i torrenti, la giunta rossa si è preoccupata
di altre coperture, cercando la benedizione della curia. A
febbraio 51 milioni sono andati nelle fondamenta del "Galliera bis": un nuovo ospedale da 370 letti nella zona orientale di Genova, ma anche una singolare struttura pubblica
sotto il controllo dell'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, presidente del consiglio di amministrazione. Non stupisce quindi che il leader dei vescovi abbia preso le difese
della Paita dopo l'avviso di garanzia: «Perché certe indagini
esplodono sempre in certe ore?».
PIÙ MARATONA CHE STAFFETTA
In Liguria la staffetta democrat tra il presidente Claudio
Burlando e il suo assessore Raffaella Paita si è trasformata
in maratona: da un anno e mezzo governatore uscente e
candidata alla successione stanno girando tutti i 235 comuni di riviera ed entroterra. Una lunga marcia segnata da «una
febbre acuta da taglio del nastro», come sottolinea il consigliere di centrodestra Matteo Rosso: «Nella foga inaugurano persino strutture private, come la casa della Maternità
L'ORO DI NAPOLI VIENE DA BRUXELLES
La Campania è seduta su un vulcano. E non è il Vesuvio,
ma un giacimento che erutta milioni: due miliardi di curo,
fondi Ue da spendere entro l'anno o restituire. Così Caldoro ha potuto unire l'utile al dilettevole, finanziando tutto
il finanziabile. Il record è stato raggiunto a marzo: in due
settimane è riuscito a mettere la firma su spese per 22 milioni al giorno. L'oro di Bruxelles è tracimato in 1693
progetti decisamente assortiti. La squadra di pallacanestro
casertana è ultima in campionato? Grazie all'Europa vince
campetti da basket in tutta la provincia, da Caianello a
Camigliano, da Marcianise a Pietramelara: un'invasione
di playground manco fosse Harlem.
Si è persino riusciti a fare passare le "Vie dell'Expo" dai
monti dell'Irpinia, con un milione e mezzo assegnati al comune di Montoro Inferiore per creare ospitalità diffusa in
occasione dell'evento milanese. «Non sappiamo come stiamo spendendo questi fondi ma sappiamo cosa intende la
giunta con la sua "accelerazione della spesa": accogliere ogni
progetto. Sono 729 quelli sotto i 500 mila euro, che non
danno nessuna scossa all'economia», sottolinea il consigliere Pd Antonio Marciano. I fondi europei infatti possono
essere miracolosi oppure rivelarsi un boomerang. Bruxelles
è chiara: vanno usati per lo «sviluppo armonico del territorio, il sostegno al tessuto produttivo, ricerca e innovazione».
Altrimenti bisogna restituirli. E chissà come verranno giudicate le spese per pedonalizzare vicoli di Caserta, riasfaltare strade di Benevento, comprare autobus in giro per le
province o i nove milioni per passare dalla tv analogica a
quella digitale finiti alle emittenti locali.
Grande attenzione, tra gli altri, a un comune dal nome
noto, Nusco, e dal sindaco altrettanto noto, l'87enne Ciriaco
De Mita, che ha avuto quasi sette milioni: milleseicento euro di stanziamento
per ognuno dei quattromila residenti.
Stessa attenzione per la moglie dell'ex
segretario della Dc: due milioni e mezzo
Stefano Caldoro,
a destra, durante
l'inaugurazione
di una fermata
della
metropolitana
per la sua associazione che gestirà un
di Napoli
centro polifunzionale ad Avellino. Lo
scopo? Corsi di guida sicura.
Uno dei punti di forza del governatore uscente è stata la
gestione rigorosa del budget sanitario, con una lunga quaresima di tagli. Uno sforzo proficuo perché il 12 marzo ha
potuto sfruttare lo sblocco del turnover deciso da Roma e
annunciare ben 1118 assunzioni tra medici e infermieri. E
il giorno dopo non ha rinunciato a un evento «rivoluzionario e indispensabile»: l'inaugurazione dell'ospedale del
Mare. Bella cerimonia. Peccato che i muratori stiano ancora lavorando e ne avranno per un altro anno.
IN VENETO È SEMPRE FESTA
È qui la festa? Di fronte c'è la rampante renziana Alessandra Moretti, alle spalle la fronda leghista di Flavio Tosi. E
così Luca Zaia subito dopo Pasqua ha tirato fuori un asso
dalla manica per conservare la presidenza veneta. Il bilancio regionale, tra gli «interventi per il sostegno alla ri- >
Spese allegre
presa economica» destina 50 milioni per «contributi e
partecipazioni di enti ed associazioni». Una sagra infinita.
Per la festa dell'uva di Bardolino pronti 100 mila curo, per
i cori all'arena di Verona ecco 50 mila, 20 mila per la rievocazione della battaglia di Castagnaro (combattuta in un
solo giorno del 1387 tra i signori di Verona e Padova), e
poi il palio della mura di Peschiera del Garda (16 mila), il
"festival endurance" di bici (20 mila), la corsa automobilistica Millemiglia e il festival biblico (30 mila). A seguire
acquisti di pulmini, sistemazione di tetti e campanili parrocchiali, impianti di videosorveglianza e «cippi commemorativi» della prima guerra mondiale e «progetto ciaspole». Tutto indispensabile a cinque settimane dal voto? «E
una mancia elettorale da cinquanta milioni» attaccano i
consiglieri Pd Roberto Fasoli e Franco Bonfante:«Approvati senza istruttorie né bandi. Per metterla in piedi è bastata una semplice telefonata dei consiglieri di maggioranza: "Dimmi cosa serve e ve lo facciamo avere" è stata
l'indicazione».
Zaia preferisce non replicare e correre tra mostre, firme
di protocolli e inaugurazioni di opere made in Veneto. In-
cluso il sostegno finale alla sua creatura prediletta: il gigante d'asfalto chiamato Pedemontana. Sono 95 chilometri tra Vicenza e Treviso, fortissimamente voluti sin da
quando lasciò il ministero dell'Agricoltura. Ha posato la
prima pietra nel 2011, poi nello scorso febbraio ha concesso la compatibilità ambientale all'infrastruttura. Strada
facendo, il costo è diventato pauroso: due miliardi e 700
milioni. Ma il governatore non ha nessuna intenzione di
frenare: «Serve alla collettività». «Si vantano dell'assenza
di conflitti con gli agricoltori per la terra sottratta ma ci
sono norme di dubbia legalità: i rimborsi sono sopra stimati», ragiona Tiziano Tempesta, docente del dipartimento territorio dell'Università di Padova, che aggiunge: «Invece di utilizzare le strade esistenti sono riusciti a costruire
l'unica superstrada italiana a pedaggio». Un investimento
messo in mani fidate. Due fedelissimi del governatore sono
stati insediati su poltrone chiave per vigilare su questa
montagna di denaro: Lucio Fadelli nominato all'anticorruzione regionale, mentre Fabio Fior ai rapporti istituzionali dei lavori pubblici. Poco conta che il primo sta per
essere processato per turbativa d'asta, mentre il secondo è
Un'istituzione sempre più screditata
Ormai manca poco più di un mese e la campagna elettorale sta
entrando nel vivo in tutte le sette regioni (Veneto, Liguria, Marche,
Toscana, Umbria, Campania e Puglia) dove si voterà per eleggere
presidente e consiglieri. Ma la credibilità nell'istituto federale
più importante è precipitata al livello minimo. Il Barometro di
Demopolis mostra un crollo di fiducia in soli cinque anni, che si è
più che dimezzata passando dal 33 per cento al 16. Sono stati
cinque anni di scandali continui, che hanno minato la stima dei
cittadini nei confronti dei parlamentini e degli amministratori.
Dalla Lombardia al Lazio, dall'epopea delle vacanze extralusso
di Roberto Formigoni allo scandalo delle spese folli di Franco
"Batman" Fiorito, un intero ceto politico ha offerto
I partiti stanno rinnovando
la propria classe politica?
Negli ultimi 20 anni
la contiguità tra affari
e politica è:
La fiducia degli italiani
nell'istituzione "regione"
No, a nessun livello
48%
Aumentata
62%
33%
dm
_.Mm
gl
Sì
19%
Solo in parte a livello
nazionale, non nelle
dinamiche locali
33%
/
Diminuita
3%
Rimasta
uguale
35%
2010 2012 2013 Oggi
*Barometro Politico Demopolis
DEMOPOLIS
Indagine dell'istituto
Demopolis per il
settimanale l'Espresso
NOTA INFORMATIVA
L'indagine è stata condotta
dal 18 al 20 aprile 2015
dall'istituto Demopolis,
diretto da Pietro Vento,
su un campione stratificato
di 1.000 intervistati,
rappresentativo
dell'universo della
popolazione italiana
maggiorenne . Metodologia
ed approfondimenti su:
www.demopolis.it
Luca Zaia brinda
all'apertura di
una nuova strada
nel padovano
sospettato dai magistrati di essere uno
dei padroni del ciclo dei rifiuti.
COM'È SOLIDALE LA TOSCANA
«Matteo Salvini dice: "Se vinciamo
nelle Regioni rosse". Mia nonna
avrebbe risposto: "Il maiale si sogna
le ghiande"». Una replica via twitter,
rapida e immediata. Parte della campagna comunicativa lanciata dalla
giunta di Enrico Rossi, presidente pd
della Toscana, grazie a due milioni e
mezzo di soldi pubblici.
Per i consiglieri berlusconiani Stefano Mugnai e Nicola Nascosti è «una
cifra spropositata per una forma di
propaganda indiretta». Non si sono però fermati e passando voce per voce l'ultimo bilancio, hanno scoperto i costi
dell'operazione Rossi 2.0: per cinguettare, aggiornare i
social network e tutta l'informazione multimediale ci sono
un milione e 367 mila euro solo per il presidente. Importi
uno spettacolo pessimo, culminato nelle indagini sui rimborsi
elettorali allegri in tutte le regioni e in tutti i partiti. In più
c'è il peso delle ultime inchieste per corruzione, che si sono
concentrate sugli enti locali.
Pochi credono che a livello locale i partiti abbiano imparato
la lezione e stiano procedendo a un rinnovamento. Se una
maggioranza risicata del campione di Demopolis pensa
che almeno nelle istituzioni romane sia in corso un
cambiamento, solo il 19 per cento coglie novità sul territorio.
Ma c'è un altro dato che incrina il legame con gli elettori:
il 62 per cento ritiene che la contiguità tra affari e politica
sia addirittura aumentata rispetto alla stagione
di Tangentopoli. «Sulla percezione dell'opinione pubblica,
spiega a "l'Espresso" il direttore di Demopolis Pietro Vento,
pesa in modo rilevante la convinzione di un rapporto tuttora
troppo stretto tra politica ed affari, soprattutto a livello
regionale e locale».
È un campanello d'allarme che nessun partito ha saputo
cogliere, affrontando l'appuntamento delle regionali senza
investire su volti nuovi, né su formule innovative.
E che rischia di influire sul risultato della competizione.
A partire dal dato dell'astensione. Secondo Demopolis
se in questo momento si dovesse votare per il parlamento
nazionale, il 42 per cento degli elettori diserterebbe le urne:
non si presenterebbero al seggio otto milioni di italiani in più
rispetto al 2013. Ma i tentativi di voltare pagina sono stati
pochi e limitati all'introduzione delle primarie da parte del Pd:
uno strumento gestito in modo confuso, con denunce
di brogli che, come in Liguria, non hanno certo contribuito
a rafforzare l'immagine dei partiti.
considerevoli per aggiornare con commenti e foto il proprio profilo di Facebook, promuovere la campagna elettorale e rispondere ai lettori via twitter con l'humor pisano
del presidente.
Rossi ha ufficialmente dato il via alla competizione a
Livorno, dove il Pd ha subito una batosta alle comunali,
affrontando di petto il tema drammatico della disoccupazione. Ma nelle pieghe dell'ultimo bilancio emergono
anche eredità del passato che sanciscono il consolidarsi di
intenti tra associazioni bianche e rosse e fanno della Toscana la meta dei new global di tutto il Paese: è il caso dei
diciotto milioni di euro per la "Cooperazione internazionale e promozione della cultura della pace". Sovvenzioni
per la partecipazione a programmi internazionali, collaborazione con ong ed enti no-profit. Un programma da far
invidia alla Farnesina per un assessorato, quello alla Pace,
chiuso da tempo. «È un macigno che ci portiamo dietro
dal 2005 quando venne creato per poi essere cancellato
cinque anni dopo», contesta l'oppositore Nascosti, «è
davvero necessaria questa spesa su un tema tanto vasto
quanto fumoso?».
La Toscana non è solo il faro dei pacifisti, è anche una
terra di sport dove particolare attenzione è stata riservata
agli impianti sportivi. Prima del fischio finale sulla legislatura "federale" sono spuntati due milioni e 200 mila euro
nella variazione di bilancio di marzo. Ma solo per rifare il
campo da calcio del Comune di Coreglia Antelminelli ecco
un milione e 200 mila euro. Operazione lodevole, ma perché premiare questo borgo lucchese di cinquemila anime?
«E una "cambiale elettorale" per il paese del consigliere Pd Marco Remaschi dove gioca una piccola squadra»,
risponde Giovanni Donzelli, candidato a governatore per
Fratelli d'Italia. «Nessun caso», ribatte Remaschi, «è una
scelta di concentrare gli sforzi su poche strutture. E non
è certo una "marchetta": qui siamo abituati a vincere con
l'80 per cento dei consensi».
hanno collaborato Tommaso Forte,
Fabio Lepore e Carlo Parodi
IL CASO
Ora spunta anche la tassa sulle frane
In questi periodi di magra, che cosa non si dell'imposta non è prevista la voce «frane».
inventano gli enti locali per risanare i conti?
E qui la fantasia dei solerti ragionieri di
L'ultima tassa è l'imposta sulle frane. Una Nazzano si supera: basta una «interpretaziotassa talmente assurda da sfiorare la genia- ne autentica» del regolamento. Detto e fatlità, in un paese come il nostro avido di tasse to: «si dà atto», recita la delibera comunale
ma anche caratterizzato dal dissesto idrogeo- approvata quasi all'unanimità il 30 marzo
logico e dagli innumerevoli fenomeni franosi. di quest'anno, «che la tariffa base «cantiere
Il fatto è questo: a Nazzano un paese in pro- edile» sia utilizzata per tutte le occupaziovincia di Roma, una strada comunale posta ni di aree pubbliche dovute all'accumulo di
all'interno del Parco naturale Tevere Farfa, materiale detritico, vegetale o di altro tipo,
viene sommersa nel settembre scorso da una a qualsiasi titolo occupanti l'area pubblica».
frana di terriccio, massi e alberi. La strada Come dire, a qualsiasi titolo, una frana.
resta dunque inagibile per alcuni mesi, anche
Segue il conto da pagare a carico del Parco,
per la grande quantità di detriti.
piuttosto salato, 160 mila curo
Il comune, evidentemente a corto di risorse,
Ma che cosa accadrebbe se tutti i comuni
decide allora di multare l'Ente parco per il decidessero di tassare le frane? Di smottadanno che ne è derivato; ma come?
menti provvisori o perenni in Italia cene sono
L'idea viene agli uffici tecnici: all'ammi- almeno 500.000; la base imponibile della tasnistrazione basterà applicare la Cosap, cioè sa sarebbe enorme, anche decidendo solo un
l'imposta che colpisce l'occupazione di suolo piccolo contributo, il nuovo balzello potrebbe
pubblico.
rendere in un batter d'occhio
La delibera (lei
Una tassa pensata però
decine di miliardi di euro. Gli
peri tavolini dei bar e tutt'al
amministratori spendaccioni
ronuune sul silo
più per i mercati ambulanti x"
si fregano le mani. A quando
w'ww.ilaliao-gi.il/ una tassa sulle alluvioni?
o le impalcature edili. Infatti
documerali
nel regolamento comunale
Antonio Mancane
CONVEGNO ALLA CAME RA
T're proposte
p er ® clima
che cambia
MARIA CORBI
Emergenza ambiente. Prima
che la conferenza internazionale sul clima 2015 che si terrà a dicembre a Parigi tenti
una via unitaria alla salvaguardia del Pianeta, dall'Italia arrivano tre proposte, elaborate da un gruppo di studiosi (scienziati, economisti,
giuristi) e presentate ieri al
convegno promosso dalla
Fondazione Centro per un
Futuro Sostenibile presieduta da Francesco Rutelli che si
è svolto nella Sala della Regina della Camera dei deputati. Prima di tutto accelerare
l'eliminazione di alcuni gas
che contribuiscono in modo
rilevante all'effetto-serra e
che potrebbero essere sostituiti nella cornice giuridica,
già esistente, del Protocollo
di Montreal. Ma anche affrontare con maggiore decisione le sfide legate alle foreste, al cibo e al paesaggio visto che il loro contributo per
la riduzione delle emissioni
può essere molto importante. Dalla riduzione degli
sprechi alimentari (uno dei
temi dell'Expo) può derivare un risparmio potenziale
di 250 milioni di tonnellate
annue di CO2 solo in Europa. Infine, rendere più tempestivo ed efficace sul piano
giuridico l'Accordo in preparazione a Parigi.
C'è poco tempo per salvare il pianeta, il monito che
riassume le preoccupazioni
di Francesco Rutelli e degli
altri partecipanti al dibattito,
ma anche della presidente
della Camera Laura Boldrini
che in apertura di convegno
ha ricordato le parole pronunciate da papa Francesco
nel suo discorso alla conferenza mondiale sulla nutrizione nel novembre scorso a
Roma: «Dio sempre perdona.
La terra non perdona mai.
Custodire la sorella terra, la
madre terra, affinché non risponda con la distruzione».
«Ormai nessuno può fingere di non sapere», ha detto la
Boldrini che ha invitato la
classe dirigente a dare il
buon esempio. «Il cambiamento del clima indotto dall'
uomo sta provocando una serie di effetti a catena che rischiano di andare fuori controllo e di compromettere irreparabilmente il futuro della Terra che abitiamo». « É
per mantenere uno stile di vita consumistico ed energivoro - ha ammonito - che si producono quelle emissioni che
determinano l'inquinamento
e il global warming. Per questo il paradigma della sostenibilità deve rappresentare
la cultura dei presente e del
futuro». Una formazione alla
tutela della terra che dovrebbe iniziare sui banchi di scuola secondo la Boldrini.
Rutelli ha rilevato la necessità di «un impegno contro la
crescita pericolosissima delle emissioni che alterano il
clima che dev'essere fatto
proprio da tutta la Comunità
internazionale su una solida
base di condivisione scientifica». Due le sfide per un futuro sostenibile: far incontrare
stabilmente necessità e vantaggi della decarbonizzazione delle nostre società (più
occupazione, sviluppo delle
imprese, miglioramenti per
la salute e per l'agricoltura) e
rendere comprensibili alla
cittadinanza gli obiettivi del
negoziato sul clima.