POESIA - Kavafis - Museo della Nascita

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POESIA - Kavafis - Museo della Nascita
Costantino Kavafis
EROI, AMICI E AMANTI
Rinvigorimento
Chi desidera rinvigorire lo spirito
deve liberarsi del rispetto e della sottomissione.
Delle regole, alcune le conserverà
ma per lo più trasgredirà
sia le regole che le consuetudini e uscirà
dalla via usuale e carente.
Imparerà molte cose dai piaceri.
Non avrà paura dell’azione distruttiva:
metà della casa deve essere demolita.
In questo modo farà virtuosi passi avanti nella sapienza.
[1903?]
Settembre 1903
Lasciate almeno che con l’inganno io mi illuda
e che non senta il vuoto della mia vita.
E fui così spesso così vicino.
E come rimasi paralizzato, come esitai?
Perché rimasi con le labbra serrate?
E dentro di me piangeva il vuoto della mia vita
e i miei desideri vestivano a lutto.
Essere stato così spesso così vicino
agli occhi, alle labbra sensuali,
al corpo sognato, adorato.
Essere stato così spesso così vicino.
[1904]
Costantino Kavafis
Gennaio 1904
Ah, notti di questo gennaio
in cui siedo e ripercorro con la mente
quegli istanti e ti incontro,
e odo le nostre ultime parole e le prime.
Disperate notti di questo gennaio,
mentre si dilegua la visione e mi lascia solo.
Come si dilegua e si dissolve in fretta se ne vanno gli alberi, se ne vanno le strade, le case e le luci;
svanisce e si perde la tua sensuale immagine.
[1904]
sulle scale
Mentre scendevo l’ignobile scala,
tu entrasti dalla porta e per un istante
vidi il tuo volto sconosciuto e tu vedesti me.
Subito mi nascosi per non farmi vedere di nuovo e tu
passasti rapido nascondendo il volto
e ti infilasti nell’ignobile casa
dove non avresti trovato il piacere, così come non l’avevo trovato io.
Eppure l’amore che volevi io l’avevo da darti,
l’amore che volevo - me l’hanno detto i tuoi occhi
stanchi e ambigui - tu l’avevi da darmi.
I nostri corpi si avvertirono e si cercarono,
il sangue e la pelle intuirono.
Ma noi, turbati, ci eclissammo.
Costantino Kavafis
[1904]
Cosa nascoste
Da ciò che ho fatto e da ciò che ho detto
non cerchino di scoprire chi ero.
C’era un ostacolo che trasformava
le mie azioni e il mio stile di vita.
C’era un ostacolo che mi fermava
tutte le volte che stavo per dire.
Dalle mie azioni meno visibili
dai miei scritti più mascherati soltanto da quelli mi percepiranno.
Ma forse non vale la pena impegnarsi
e sforzarsi così tanto per comprendermi.
In futuro - in una società migliore sicuramente qualcun altro fatto come me
si mostrerà e si comporterà liberamente.
[1908]
andai
Non ebbi legami. Mi abbandonai totalmente e andai.
A godimenti, per metà reali
e per metà erratici nella mia mente,
andai nella notte illuminata.
E bevvi vini vigorosi, come quelli
che bevono i prodi del piacere.
[1913]
Costantino Kavafis
Mare del mattino
Fermarmi qua. Mirare anch’io la natura un po’.
Azzurri luminosi e gialli lidi
del mare al mattino e del cielo terso:
tutto bello e nella luce immerso.
Fermarmi qua. E illudermi di vedere ciò
(lo vidi veramente quando mi fermai),
e non anche qua le mie fantasie,
i miei ricordi, le visioni di voluttà.
[1915]
Nella via
II volto simpatico, un po’ pallido,
gli occhi castani, come pesti,
venticinque anni, ma sembra ne abbia venti,
con un non so che di artistico nel vestire
- forse il colore della cravatta, la forma del colletto cammina nella via senza meta,
come ancora ipnotizzato dall’illecita voluttà,
dalla voluttà assai illecita che ha goduto.
[1916]
Costantino Kavafis
Una notte
La stanza era spoglia e squallida,
nascosta sull’equivoca osteria.
Dalla finestra si vedeva il vicolo,
sporco e stretto. Da giù
arrivavano le voci di operai
che giocavano a carte e facevano baldoria.
E lì sul letto dozzinale e umile
ebbi il corpo dell’amore, ebbi le labbra
sensuali e rosee dell’ebbrezza,
rosee di una tale ebbrezza, che anche adesso
mentre scrivo, dopo così tanti anni!,
nella mia casa solitària, m’inebrio ancora.
[1916]
La vetrina del tabaccaio
Stavano accanto alla vetrina tutta illuminata
d’un tabaccaio, in piedi, in mezzo a molti altri.
I loro sguardi si incrociarono per caso
e timidamente, esitanti, espressero
l’illecito desiderio della loro carne.
Costantino Kavafis
Poi qualche passo ansioso sul marciapiede finché sorrisero e si scambiarono un lieve cenno.
E poi la carrozza chiusa...
l’armonioso contatto dei corpi,
le mani avvinghiate, le labbra incollate.
[1917]
Giorni del 1901
Questa era la cosa eccezionale in lui,
che malgrado la sua dissolutezza
e la sua notevole esperienza in amore,
e malgrado l’abituale armonizzarsi
dell’atteggiamento e dell’età,
c’erano momenti - benché rari
ovviamente - che dava l’impressione
di carne pressoché intatta.
La bellezza dei suoi ventinove anni,
così spesso assaporata dal piacere,
a volte faceva pensare paradossalmente
a un efebo un po’ goffo che per la prima volta
affida all’amore il corpo immacolato.
[1927]
voci
Voci immaginarie e amate
Costantino Kavafis
dei morti e di coloro per noi
perduti come i morti.
A volte ci parlano nei sogni;
a volte la mente assorta le avverte.
E con la loro eco per un attimo tornano
echi della prima poesia di nostra vita come musica remota che nella notte svanisce.
[1904]
Di sera
Non sarebbe durato a lungo. Me lo dice
la mia annosa esperienza. Ma troppo precipitoso
fu forse il destino a porvi fine.
Fugace fu la vita felice.
Ma come furono intensi gli odori,
su che letto sublime ci adagiammo
e a quali piaceri donammo i nostri corpi.
Un’eco del piacere di quei giorni,
un’eco di quei giorni, mi raggiunse,
un po’ dell’ardore di noi due giovani:
una lettera presi ancora tra le mani,
la lessi e la rilessi finché la luce si spense.
Malinconico uscii sul balcone uscii per distrarmi guardando almeno
un po’ dell’amata città,
un po’ del movimento delle strade e dei negozi.
[1917]
Costantino Kavafis
muratori
II Progresso è un grande edifìcio - ciascuno
reca la propria pietra: uno parole, uno sentenze, un altro
opere - e ogni giorno che passa la sua vetta si leva
più in alto. Se giungono improvvise tempeste
e maremoti, in gran numero i bravi operai
accorrono a difesa della loro opera effìmera.
Effìmera, poiché ciascuno di loro spreca la sua vita
tra mille stenti e patimenti per la generazione futura,
affinchè quella generazione conosca soltanto gioia
priva di dolore, lunga vita, ricchezze e saggezza
senza soggezione alcuna al vile sudore e all’indegno lavoro.
Ma questa generazione leggendaria non esisterà mai:
la perfezione stessa un giorno causerà il crollo dell’opera
e l’inutile fatica ancora una volta ricomincerà.
[1891]
la jeunesse blanche
L’amatissima e bianca giovinezza,
la nostra bianca, bianchissima giovinezza,
che è immensa ma insufficiente,
come un arcangelo su dì noi apre le sue ali!...
Continuamente si esaurisce, continuamente ama;
si dissolve e viene meno nei bianchi orizzonti.
Se ne va e si perde nei bianchi orizzonti,
per sempre se ne va.
No. Non per sempre. Farà ritorno,
tornerà indietro, farà ritomo.
Con le sue candide membra, con la sua candida grazia,
la nostra bianca giovinezza verrà a prenderci.
Con le sue mani candide ci afferrerà
e con un fine sudario tratto dal suo biancore,
con un bianchissimo sudario tratto dal suo biancore,
ci coprirà.
[1895]
Costantino Kavafis
disorientamento
La mia anima nel pieno della notte è
paralizzata e disorientata. Fuori,
fuori di lei si compie la sua vita.
E attende l’improbabile alba.
E attendo, mi logoro e mi tedio
anch’io dentro di lei o con lei.
[1896]
mura
Senza prudenza, senza pietà, senza pudore
m’hanno costruito intorno alte e salde mura.
Adesso sto qua seduto e mi dispero.
Non penso ad altro: questa sorte mi logora la mente;
fuori avevo infatti tante cose da fare.
Com’è che non guardai fuori mentre costruivano le mura?
Tuttavia, mai udii vociare di costruttori o rumori.
Inavvertitamente m’hanno chiuso dal mondo fuori.
[1897]
Costantino Kavafis
candele
I giorni futuri stanno di fronte a noi:
una riga di piccole candele accese auree, arednti e animate.
I giorni passati sono alle nostre spalle,
una misera fila di candele spente;
le più vicine fumano ancora,
fredde, disfatte e curve.
Non voglio vederle; mi angustia il loro aspetto,
e mi angustia ricordare la loro antica luce.
Guardo avanti le candele accese.
Non voglio voltarmi. Inorridirei vedendo
con che rapidità si allunga la fila scura,
con che rapidità si moltiplicano le candele spente.
[1899]
Le finestre
In queste stanze scure in cui trascorro
giorni annoiati, mi aggiro
per trovare le finestre. - Quando una finestra
si aprirà, sarà un sollievo. Ma le finestre non si trovano, o io non riesco
a trovarle. E forse è meglio non trovarle affatto.
La luce potrebbe essere un nuovo supplizio.
Chissà quali novità potrebbe mostrare.
[1903]
Costantino Kavafis
Che fece… il gran rifiuto
Per alcuni uomini giunge il giorno in cui
devono pronunciare il grande Sì o il grande
No. È chiaro sin da subito chi lo ha
pronto dentro di sé il Sì, e pronunciandolo
si sente più rispettabile e risoluto.
Chi rifiuta non si pente. Se glielo richiedessero,
“no” pronuncerebbe di nuovo. Eppure quel no quel no giusto - lo annienta per tutta la vita.
[1901]
monotonia
A un giorno monotono ne segue
un altro monotono, identico. Accadranno
le stesse cose, riaccadranno di nuovo gli stessi istanti ci trovano e ci abbandonano.
Un mese passa e porta un altro mese.
I fatti che avverranno si intuiscono facilmente:
sono gli stessi noiosi fatti di ieri.
E il domani finisce per non sembrare più domani.
[1908]
Costantino Kavafis
La città
Dicesti: “Andrò in altra terra, andrò in altro mare.
Un’altra città ci sarà migliore di questa qua.
Ogni mio tentativo è una condanna scritta
e il mio cuore - come un defunto - è sepolto.
Fino a quando la mia mente rimarrà in questo marasma?
Ovunque mi giro, ovunque guardo,
rottami neri della mia vita vedo qua
dove ho trascorso, consumato e sprecato tutti questi anni”.
Non troverai posti nuovi, non troverai altri mari.
La città ti seguirà. Per le solite vie
curverai. Nei soliti quartieri diventerai curvo,
nelle solite case diventerai canuto.
Sempre a questa città approderai. Altri luoghi non sperare non ci sono navi, non ci sono vie per te.
La vita che hai consumato qui,
in questa piccola nicchia, in tutta la terra l’hai sciupata.
[1910]
conclusioni
Tra paura e sospetti,
la mente turbata, gli occhi atterriti,
facciamo congetture su come
evitare il pericolo certo
che così orribilmente ci minaccia.
Ma ci sbagliamo, esso non è sulla nostra strada;
menzogneri erano i messaggi
(o non li abbiamo uditi o non li abbiamo compresi).
Altra rovina, che non immaginavamo,
improvvisa, impetuosa ci cade addosso,
e impreparati - non c’è più tempo - ci travolge.
Costantino Kavafis
[1911]
Seconda odissea
Odissea seconda e grande,
forse più grande della prima. Ma, ahimè,
senza Omero e senza esametro.
Piccola era la dimora paterna,
piccola era la città paterna,
e Itaca tutta intera era piccola.
L’affetto di Telemaco, la fedeltà
Costantino Kavafis
di Penelope, la vecchiezza del padre,
i suoi vecchi amici, l’amore
del popolo devoto,
il lieto riposo nella casa
giunsero come raggi di gioia
al cuore del navigante.
E come raggi di sole tramontarono.
La sete
di mare gli si risvegliò dentro.
Odiava l’aria della terraferma.
I fantasmi dell’Esperia
tormentavano il suo sonno la notte.
Fu colto da nostalgia
per i viaggi e per i mattutini
approdi in porti in cui, con infinita gioia,
entri per la prima volta.
L’affetto di Telemaco, la fedeltà
di Penelope, la vecchiezza del padre,
i suoi vecchi amici, l’amore
del popolo devoto,
la pace e il riposo
della casa gli vennero a noia.
E partì.
Man mano che le coste di Itaca
svanivano alla sua vista
e navigava a vele spiegate verso occidente,
verso l’Iberia e verso le colonne d’Ercole, lontano da ogni mare acheo, sentiva di tornare a vivere, sentiva di
togliersi di dosso i gravosi legami
delle cose note e degli affari di famiglia.
E il suo cuore avventuriero
con freddezza gioiva, privo d’amore.
[1894]
quando la scolta vide la luce
Estate e inverno la scolta stava di guardia
sul tetto degli Atridi. Ora gioisce.
In lontananza ha visto accendersi un fuoco.
È felice: anche la sua fatica cesserà.
È impegnativo stare di vedetta giorno e notte,
col caldo e coi freddo, per avvistare fuochi
Costantino Kavafis
oltre l’Aracneo. Ora è apparso il segnale
tanto atteso. Quando la felicità
giunge ci da una gioia inferiore
a quella che ci saremmo aspettati. Tuttavia
il guadagno è evidente: ci siamo salvati
da speranze e attese. Parecchie cose
accadranno agli Atridi. Anche uno stolto
riesce a capirlo adesso che la scolta
ha visto la luce. Ma non esageriamo.
Bene la luce; bene anche quelli che arrivano;
e bene anche i loro discorsi e le loro opere.
Auguriamoci che tutto vada per il meglio.
Argo però può fare a meno
degli Atridi. Le case non sono eterne.
Si diranno molte cose. Noi
ascolteremo. Ma non ci ingannerà
l’Indispensabile, l’Unico, il Grande.
Perché di indispensabile, unico e grande
se ne trova subito qualche altro.
[1900]
il re demetrio
Allora egli [...] non come fosse un re, ma come
un vero commediante, si spogliò della
clamide reale e ne indossò una povera e dimessa,
Costantino Kavafis
e camuffandosi in tal modo, si diede alla fuga.
Plutarco, Vita di Demetrio
Quando i macedoni lo abbandonarono
dimostrando di preferirgli Pirro,
il re Demetrio (aveva un animo
grande) non si comportò affatto
- così dissero come un re.
Si tolse le vesti d’oro
e gettò via i calzari
di porpora. Indossò rapidamente
abiti semplici e si dileguò.
Proprio come un attore che,
finita la rappresentazione,
si cambia d’abito e se ne va.
[1906]
Itaca
Costantino Kavafis
Quando parti alla volta di Itaca
augurati che il tragitto sia lungo,
pieno di avventure, pieno di sapere.
I Lestrigoni e i Ciclopi,
l’adirato Poseidone non temere,
mai li incontrerai sulla tua strada
se il tuo giudizio rimane elevato, se un’emozione
squisita ti sfiora il corpo e lo spirito.
I Lestrigoni e i Ciclopi,
l’ostile Poseidone non li incontrerai
se non li rechi dentro te nell’anima,
se la tua anima non li erge innanzi a te.
Augurati che il tragitto sia lungo.
Tanti siano i mattini d’estate in cui
con grande gioia e immensa delizia
entrerai in approdi mai visti prima;
fermati negli empori dei fenici
e procurati bella mercanzia,
madreperla e corallo, ambra ed ebano,
e aromi sensuali d’ogni sorta,
quanto più copiosi aromi sensuali,
vai in molte città egiziane
e impara più che puoi dai savi.
Itaca devi avere sempre in mente.
Giungervi è la tua meta.
Ma non affrettare mai il viaggio.
Meglio se dura tanti anni
e vecchio ormai ormeggi nell’isola,
ricco di quanto hai guadagnato strada facendo,
senza aspettarti che Itaca ti dia ricchezze.
Itaca ti ha dato il bel viaggio.
Senza di lei non saresti partito.
Nient’altro ha da offrirti.
E se anche la trovi spoglia, Itaca non t’ha ingannato.
Saggio come sei diventato, con così tante esperienze
avrai già capito quanto vale un’Itaca.
[1911]
Costantino Kavafis
Il Dio abbandona Antonio
Quando d’un tratto a mezzanotte si ode
un corteo invisibile che passa
con musiche sublimi e canti per la tua sorte che s’incrina ormai, per i tuoi
fallimenti, per i progetti della tua vita
rivelatisi tutti errori, non piangere invano.
Da uomo ormai pronto, da coraggioso,
salutala l’Alessandria che ti sfugge.
Soprattutto non ti illudere, non dire che
si è trattato di un sogno, che ti ha tradito l’udito:
non ti abbassare a tali vane speranze.
Da uomo ormai pronto, da coraggioso,
come si addice a te che fosti degno di una tale città,
avvicinati con passo fermo alla finestra,
e ascolta commosso, ma senza
le suppliche e le lamentele dei vili,
come estremo piacere, i suoni,
i sublimi strumenti del corteo religioso
e salutala l’Alessandria che tu perdi.
[1911]