“Il fascino pericoloso delle stock option” Luigi Zingales, Il Sole 24

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“Il fascino pericoloso delle stock option” Luigi Zingales, Il Sole 24
“Il fascino pericoloso delle stock option”
Luigi Zingales, Il Sole 24 Ore
8 March 2006
Gli anni 80 sono stati etichettati come il decennio dell'avidità. I 90 sono considerati il decennio delle stock option.
Negli Stati Uniti prima e nel resto del mondo poi, le stock option sono diventate una forma diffusa di compenso non
solo per i top manager, ma anche per i quadri intermedi e spesso per tutti i lavoratori. Seattle è piena di milionari
grazie alle opzioni che Microsoft ha dato, fin dall'inizio, a una fetta consistente dei suoi dipendenti. Gli scandali
societari di inizio secolo, però, hanno inquinato l'immagine di questo strumento. Da utile incentivo sono diventati
sinonimo di corruzione o addirittura malcelato furto. Qual è la verità? Quale ruolo devono giocare le stock option nella
politica retributiva di un'impresa?
Per capire la funzione delle stock option e la loro diffusione è necessario fare un passo indietro. Durante gli anni 80 gli
Stati Uniti intrapresero una profonda ristrutturazione industriale, abbandonando i settori maturi e investendo in quelli
emergenti. Ristrutturazioni di questo tipo sono difficili. Anche quando la decisione giusta è chiudere uno stabilimento,
molti manager sono riluttanti a farlo. È più piacevole essere ricordato come colui che ha aperto dieci nuovi impianti
piuttosto che come colui che ne ha chiusi altrettanti. Per indurre un manager a questa scelta giusta, ma dolorosa, ci
sono solo due strumenti: la paura della bancarotta e la speranza di lauti guadagni. L'America degli anni 80 usò
entrambi: i famosi leveraged buyout (Lbo) riempirono le imprese di debiti e promisero ai manager lauti compensi (sotto
forma di stock option) se la ristrutturazione fosse andata a buon fine.
Il successo degli Lbo spinse molte imprese a imitarne gli incentivi. Con la differenza che negli Lbo c'è un azionista di
riferimento che possiede una quota societaria significativa e decide il compenso offerto ai manager, mentre in molte
imprese americane tale figura manca e a determinare la remunerazione dell'amministratore delegato sono i consiglieri
di amministrazione nominati da lui stesso.
Non bisogna essere degli esperti di economia per capire che la tentazione a essere eccessivamente generosi è molto
forte. Soprattutto quando le regole contabili permettevano di non iscrivere a bilancio il costo delle stock option.
Non sorprendentemente i consiglieri di amministrazione di molte società offrono stipendi da favola ai loro top
manager. Lo stesso accade in Europa quando le aziende sono controllate da una miriade di soci; pensiamo al caso di
alcune grandi banche italiane. Il problema quindi non è nell'uso delle stock option, ma nel modo in cui queste vengono
assegnate. Ben venga, quindi, se la Fiat, controllata dalla famiglia Agnelli, offre un consistente pacchetto di stock
option a un manager esterno come Sergio Marchionne. Lo stesso non si può affermare quando l'azionista di controllo
assegna un lauto pacchetto a se stesso in qualità di presidente.
L'altro errore commesso negli anni 90 è stato quello di offrire ai manager stock option con un orizzonte di esercizio
molto breve. Ciò ha indotto alcuni manager a manipolare i dati contabili per far salire il prezzo delle azioni, e quindi il
valore delle loro opzioni, e a venderle rapidamente. Per allineare l'interesse del management con quello degli azionisti
è necessario che le opzioni abbiano un orizzonte di esercizio molto lungo, in modo che i manager non possano vendere
le azioni per lungo tempo.
Un discorso diverso vale per le opzioni offerte ai dipendenti. Nonostante il loro fascino politico (il mito mai tramontato
di un'economia partecipativa) le stock option date a tutti i dipendenti non hanno molto senso dal punto di vista
economico, tranne in rari casi. Infatti, le decisioni dei top manager hanno un forte e diretto impatto sul valore
dell'impresa e le stock option sono un modo efficiente per indurli a effettuare le scelte giuste. Più si scende nella
gerarchia aziendale e più il legame tra il comportamento di un dipendente e il prezzo delle azioni si allenta. Si perde
quindi la funzione di incentivo delle opzioni mentre rimane il forte rischio associato all'essere remunerati in azioni.
Pensate ai dipendenti della United Airlines, che erano pagati con opzioni e possedevano una grossa quota della società
attraverso il fondo pensioni; quando la compagnia aerea fallì molti di loro si sono trovati senza lavoro, senza pensione
e con in mano un pugno di opzioni prive di valore. Investire una fetta consistente della propria remunerazione
nell'impresa in cui si lavora è un grave errore perché aumenta notevolmente i propri rischi economici. Nelle moderne
economie di mercato occorre diversificare il rischio investendo in altre società quotate in Borsa. Le stock option vanno
nella direzione esattamente contraria.
Molti attribuiscono alle stock option assegnate a tutti i dipendenti un valore psicologico. I lavoratori si sentono
maggiormente partecipi ai destini dell'impresa se ne sono anche un po’ proprietari. Se questo è vero, però, non occorre
attribuire loro una parte consistente del salario in stock option. Basta una quota simbolica.
Ci sono solo due casi in cui le stock option ai dipendenti sono giustificabili. Il primo riguarda gli start up.
Nell'accettare di lavorare in un'impresa appena nata un dipendente si assume un rischio maggiore, visto che più della
metà fallisce entro due anni. Per compensare questo rischio gli start up dovrebbero pagare stipendi enormi, ma non
hanno sufficienti risorse per farlo. Le stock option diventano quindi l'unica forma di remunerazione possibile. L'altro
caso è quello di trattenere nell'impresa personaggi chiave. Per esempio, quando si teme che alcuni scienziati possano
passare alla concorrenza o mettersi in proprio. Un ricco pacchetto di stock option esercitabili solo dopo molti anni ha il
benefico effetto di legare il portafoglio (e quindi anche il cuore) di uno scienziato al successo aziendale. Non per
niente vengono chiamate "golden hadcuffs" (manette d'oro). Tranne questi casi, l'uso generalizzato delle stock option
espone i lavoratori a un rischio eccessivo e deve essere evitato.
Le stock option, come la forza dell'atomo, non sono in sé né buone né cattive. Se usate bene possono essere la forza
propulsiva di un sistema di mercato. Se usate male lo possono fare esplodere.