Stock option ed analisi finanziaria
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Stock option ed analisi finanziaria
Analisi finanziaria Valutazione delle performance Il valore dell’azienda «sconta» il piano di stock option? di Giulio Tagliavini, Istituto di Credito e Finanza, Università di Parma L a remunerazione del management, corrisposta sotto forma di stock options, ha effetto sul valore dell’impresa e sulla sua performance finanziaria. Ma l’informativa di bilancio italiana non prevede in proposito alcun obbligo di iscrizione, lasciando quindi all’analista il compito di quantificare e rendere manifesto il suo reale impatto, anche al fine di tutelare gli azionisti. I termini della questione La soluzione SO è molto frequente nelle imprese più dinamiche ed innovative; le iniziative imprenditoriali della new economy prevedono quasi sempre una SO anche con l’obiettivo di rendere condizionata la remunerazione del management e quindi rinviare costi molto rilevanti al momento in cui si è già creato il valore che può sostenerli (con beneficio finanziario, posponendo l’uscita, e con beneficio economico, non iscrivendo in conto economico il costo del lavoro cosı̀ denominato). Ci si deve però chiedere se l’esistenza di un piano di SO ha effetto sul valore dell’impresa e sulla sua performance finanziaria. Una valutazione frettolosa del problema potrebbe fare pensare che non vi siano effetti rilevanti, in quanto l’emissione delle azioni da assegnare al management è futura e appunto condizionata a buoni risultati. In realtà vi sono effetti significativi ed immediati, spesso trascurati, che sono peraltro affrontati in modo adeguato dalla letteratura finanziaria internazionale. Un analista finanziario deve avere idee precise per inquadrare gli effetti immediati di una SO apparentemente proiettata solo nel futuro. L’informativa di bilancio L’informativa di bilancio italiana sulla questione è stata fino ad ora molto parziale e sostanzialmente rimessa alla volontà di chi redige il bilancio. Solo in alcuni casi, i piani di SO sono stati descritti nelle note informative al bilancio, con una parziale grado di approfondimento e completezza, tanto da essere quasi sempre insoddisfacente ai fini dell’analisi finanziaria. La Consob, con la comunicazione n. 11508 del 15 febbraio 2000, ha imposto, limitatamente alle società quotate, incisive raccomandazioni in tema di informazioni riguardanti questo tema. Tali informazioni verranno in seguito prodotte con regolarità, su basi corrette e con metodologie comuni, nella relazione di gestione al bilancio di esercizio. Sui prospetti di bilancio (situazione patrimoniale, conto economico e posizione finanziaria) non compaiono in effetti le conseguenze di tali operazioni e non verranno inserite neppure sulla base della citata comunicazione Consob. Le regole contabili nazionali, ma come vedremo non cosı̀ in altri paesi, non considerano infatti tale forma di remunerazione del maNota: (1) Si veda Al Ehrbar, Economic value added - The real key to creating wealth, John Wiley and Sons, 1998. 43 Amministrazione & Finanza n. 20/2000 I piani di stock option (SO nel seguito) sono sempre più diffusi e, negli ultimi tempi, anche in Italia. A favore di questa soluzione di remunerazione del management giocano infatti numerosi fattori: da un lato, il favorevole trattamento fiscale, da poco definito in Italia, appare relativamente conveniente; inoltre, pare opportuno allineare in massima misura gli obiettivi del management con quelli degli azionisti. Si parla, a questo proposito nella teoria della finanza aziendale, dei cosiddetti «problemi di agenzia», in quanto il management è l’agente che governa l’impresa per conto del mandante (l’azionista), con obiettivi che possono porsi più o meno in conflitto. Un piano di remunerazione agganciato al valore creato, e quindi all’incremento del prezzo delle azioni, è certamente in grado di riconciliare gli obiettivi non sempre perfettamente allineati. Remunerare il management con un’opzione di acquisto, a prezzo fermo, di azioni dell’impresa in cui lavora è certamente una soluzione coerente con l’obiettivo di perseguire con decisione un piano di impresa ambizioso. A quanto già detto, si aggiunge il fatto che l’attribuzione di una significativa partecipazione al risultato aziendale concorre a modificare opportunamente la cultura aziendale, fortificando il senso di appartenenza e di condivisione degli obiettivi (1). Analisi finanziaria Valutazione delle performance Amministrazione & Finanza n. 20/2000 44 nagement come un costo aziendale, anche se hanno indubbiamente una natura compensativa a favore dei dirigenti. In effetti, l’analista finanziario scrupoloso si pone qualche interrogativo sulla questione, in quanto, essenzialmente, le azioni assegnate al management potrebbero essere alternativamente vendute al mercato, magari ad un prezzo più elevato; il costo dello stipendio del manager potrebbe essere fiscalmente deducibile se attribuito in via ordinaria e con la soluzione SO diviene indeducibile, ne consegue un effetto finanziario negativo. Ciò pone dubbi e perplessità e richiede riflessioni circa il grado di analisi più opportuno (2). La SO sembra quindi essere la via per trasformare un costo esplicito di conto economico in un costo non rilevato, almeno rinviato ma forse non considerato neppure in un momento successivo. Una azienda che lancia un piano di SO ha utili più alti rispetto ad alternative modalità tradizionali di remunerazione dei dirigenti; l’analista finanziario si chiede: è anche aumentato il valore dell’impresa o è diminuito? In altri termini, una operazione di SO permette di abbassare il costo del capitale o lo incrementa? Le misure di performance finanziaria (Roe, Roi, ecc.) sono sempre significative o vanno aggiustate? In meglio o in peggio? Le soluzioni contabili alternative: un esempio di riferimento Nella Tavola 1 si è sviluppato un esempio sulla base di un caso concreto che permette di ragionare sul problema e trarre alcune conclusioni. La colonna «A» presenta la situazione di bilancio in assenza di specifiche rilevazioni connesse al tema della SO; si tratta della soluzione ordinariamente adottata in Italia. Si vede che l’impresa ha una ottima redditività e un utile per azione di 20,2 euro. L’impresa crea valore nell’esercizio per circa 1,24 milioni di euro. La colonna «B» tratta il problema secondo gli standard delineati dalla Opinion n. 25 del Fasb, in vigore negli Stati Uniti dal 1972 (che riprende, a dire il vero, una regola contabile definita nel 1948). Siccome l’opzione è in the money, ossia sarebbe certamente esercitata nel momento attuale essendo il prezzo da pagare (300 euro) inferiore al valore di una azione (535) (3), si impone di rilevare in contabilità il valore, ragionevolmente certo, già trasferito al soggetto a cui si è attribuita la SO. Tale valore deve essere ovviamente ripartito sui tre anni in cui è vigente la SO. La colonna «C» tratta invece il problema secondo l’Exposure Draft del Fasb del 1993. Tale proposta non è stata successivamente approvata ed inserita nei principi contabili di generale accettazione ma appare, come sarà in seguito chiarito, particolarmente convincente all’analista finanziario. Tale soluzione suggerisce di considerare il valore della SO secondo un modello di pricing delle opzioni (tra cui il più noto è quello di Black & Scholes). L’azienda ha asse- gnato al management un’opzione che vale, al momento, circa 313 euro (e non 196); vale di più rispetto a prima perché si tengono anche in considerazione i seguenti fatti: — le azioni verranno pagate solo tra tre anni; — se le cose dovessero andare male, il management comunque non ci può rimettere; — le cose potrebbero andare ancora molto meglio rispetto alla valorizzazione attuale delle azioni. Ci sono dunque prospettive favorevoli già opzionate dal management e queste prospettive hanno un valore. Con questa soluzione occorre caricare nel conto economico il costo della SO di competenza dell’esercizio, quantificata in circa 2 milioni di euro. La colonna A potrebbe essere definita come quella della mancata contabilizzazione; la colonna B come la contabilizzazione del valore intrinseco (differenza positiva tra prezzo dell’azione di compendio e prezzo di esercizio) e la colonna C come la contabilizzazione del valore pieno (4). È chiaro che il quadro cambia completamente con la riclassificazione B e, ancora di più, con quella della colonna C. Il risultato operativo precipita; il valore apparentemente creato non viene confermato. Il ROI apparentemente è di circa il 27%; se si tiene conto del costo del lavoro corrisposto via SO si arriva però solo al 7,3%. Con una valutazione prudenziale del costo della SO (colonna B) si definisce un ROI del 13%. Il ROE passa dal 31 al 9%; con la valorizzazione proposta dal draft si arriva ad un ROE negativo. Di fronte a questi dati, risulta facile capire perché chi usa la SO cerca di non indicarla in bilancio; se lo fa, la performance finanziaria diviene molto debole. Tra gli analisti si discute di come evidenziare in bilancio la SO: pochi analisti sceglierebbero la colonna A; molti si accontentano della soluzione B; altri, più rigidi, pretendono di prendere decisioni solo sulla base della colonna C. La soluzione B ha, tra l’altro, il difetto di non assegnare alcun valore ad opzioni al Note: (2) Si veda: Alessandro Penati, Stock option, ora serve più trasparenza, Il Corriere della Sera, 27 agosto 2000. (3) Più esattamente, è necessario effettuare il confronto tra prezzo di esercizio della SO e valore di equilibrio post aumento di capitale. È infatti ovvio che ogni aumento di capitale a prezzo di sottoscrizione favorevole finisce per diluire il valore di una singola azione. Nell’esempio, si noti che il prezzo di sottoscrizione (300) è sı̀ inferiore al valore corrente di una azione (535) ma è anche significativamente inferiore al valore di equilibrio post aumento di capitale (496). (4) Si veda: Conrad S. Cicciotello - Grant C. Terry, «Employee stock options», in Journal of Accountacy, Jan 1995, pag. 72; Paul Pacter, «Fasb’s stock option accounting proposal: correting a serious flaw», in The CPA Jornal Online, March 1994; James R. Mountain, «Fasb 123: Putting together the pieces», in Journal of Accountancy, January, 1996; John Green Marci Baker, «Stock option earning debate lives», in Tresury & Risk Management, Nov/Dec 1997; Charles Sisk, «Fasb Expands markto-market reach for stock option plans», in Corporate Financig Week, vol. 25, 1999. Analisi finanziaria Valutazione delle performance momento in zona di non esercizio, mentre certamente un certo valore è loro attribuibile. Apprezzamento o valutazione restrittiva? È evidente che una soluzione restrittiva è in grado di mettere in cattiva luce i risultati di diverse imprese, dell’economia tradizionale e di quella new. Secondo uno studio dedicato alle banche statunitensi, si stima che i principali istituti sovrastimano i propri utili mediamente del 43% attraverso l’insoddisfacente contabilizzazione dei piani di SO (rimanendo nella soluzione B e non esponendo la soluzione C) (5). La Chase Manhattan Bank ha sopravvalutato l’utile addirittura dell’84%. Sarebbe interessante valutare quale effetto si produrrebbe sui conti della new economy italiana con tali regole contabili più restrittive ma, come già detto, non vi sono le informazioni di base essenziali per trovare un risultato certo interessante ma destinato a rimanere ignoto. La Tavola indica un effetto rilevante anche nella valutazione dell’impresa. Ipotizzando una valutazione basata sul multiplo del fatturato, significativa nel caso qui presentato, si riscontra che il valore scende con la contabilizzazione più restrittiva di circa l’8% (in ragione del numero di azioni in circolazione stimate Nota: (5) Si veda E.W., «Stock option eat bank bottom lines, studies show», in CFO Alert, American Banker, n. 2, 1998. Tavola 1 . Le possibili soluzioni contabili per il piano di stock option Piano di stock option Attribuzione del diritto a comprare 20.000 azioni a prezzo predefinito. Il diritto viene esercitato tra tre anni. È previsto un aumento di capitale futuro dedicato al piano delle stock option. B C Soluzione contabile attuale Fasb opinion n. 25/1972 Fasb Exposure Draft 1993 E E E E E E E E E E E E E E E E 10.000.000 -6.500.000 -2.088.889 1.411.111 -390.000 1.021.111 -1.088.500 -67.389 E E E E E E E E Ricavi Costi Costo stock option indeducibile Risultato operativo OF Risultato lordo Imposte (35%) Risultato netto 10.000.000 -6.500.000 0 3.500.000 -390.000 3.110.000 -1.088.500 2.021.500 Assets 13.000.000 E 16.916.667 E 19.266.667 E Debito oneroso Capitale proprio Totale 6.500.000 E 6.500.000 E 13.000.000 E 9.111.111 E 7.805.556 E 16.916.667 E 10.677.778 E 8.588.889 E 19.266.667 E 300 E 0E 300 E 196 E 300 E 313 E 26,9% 31,1% 2,00 13,0% 9,2% 2,17 7,3% -0,8% 2,24 100.000 65,00 E 20,2 E 12,00% 6,00% 7,95% 6,0 53.500.000 E 535,000 E 102.440 76,20 E 7,0 E 12,00% 6,00% 7,64% 6,0 50.888.889 E 496,766 E 103.904 82,66 E -0,6 E 12,00% 6,00% 7,51% 6,0 49.322.222 E 474,688 E 2.275.000 E -1.033.500 E 1.241.500 E 969.444 E -1.292.000 E -322.556 E 186.111 E -1.447.100 E -1.260.989 E Prezzo di esercizio di una stock option Valore di computo di una stock option 10.000.000 -6.500.000 -1.305.556 2.194.444 -390.000 1.804.444 -1.088.500 715.944 45 Indici Roi Roe CI/MP Parametri di valutazione Numero azioni Valore contabile di una azione Utile per azione Costo del capitale proprio OF / D WACC Valore unlevered / Fatturato di mercato Valore dei mezzi propri Valore di una azione Valore creato Nopat Capital charge EVA Amministrazione & Finanza n. 20/2000 Soluzione contabile A Analisi finanziaria Valutazione delle performance Amministrazione & Finanza n. 20/2000 46 con il Treasury method). Se si usasse una valutazione imperniata su un multiplo di un risultato economico, ne deriverebbe una abbassamento del prezzo a livelli drammatici. Osservando il caso proposto, è utile chiedersi se un analista finanziario propenderà per una delle tre soluzioni o se le riterrà indifferenti. È chiaro che il venditore delle azioni cercherà di sottolineare i vantaggi della soluzione A, il compratore cercherà di dimostrare che la soluzione C è ampiamente affidabile; la soluzione B può essere un compromesso. Probabilmente l’analista finanziario indipendente, ad esempio in caso di stima peritale, dovrà certamente basarsi almeno sulla soluzione B ed ipotizzare, come è frequente, la possibilità di esercitare immediatamente il diritto di acquisto delle azioni, se sono «in the money», ossia in zona di esercizio. Questa è la strada per tenere conto dei valori già irrevocabilmente trasferiti al management. Più precisamente, occorrerà poi tenere conto del valore dell’opzione misurata secondo i modelli di pricing e verificare, solo in tal modo, quale valore complessivo hanno le SO assegnate. Risulta inevitabile basarsi sulla soluzione C. È vero che la valutazione delle imprese dinamiche e in sviluppo, in settori di punta, sono valorizzate in modo «generoso» e l’aggiustamento qui discusso non consente di cogliere tali valori; resta il fatto che la metodologia più coerente con gli obiettivi dell’analisi finanziaria richiede la valorizzazione più penalizzante. Nel caso presentato, il valore dell’azione non è certamente 535 euro: esso non tiene conto del piano di opzioni emesse; è ragionevolmente approssimato in 497 euro (soluzione B) che tiene conto di quanto già maturato dal management; è precisamente stabilito in 473 euro (soluzione C) che tiene conto di quanto già maturato e di quanto può maturare sulla base dei contratti già stipulati. La soluzione contabile A nasconde il fatto che il valore creato dalla gestione è già stato, in effetti, assegnato al management e non è più a disposizione degli azionisti. La soluzione B nasconde molto meno questo fenomeno e per questo è in molti casi accettabile. È chiaro che la soluzione C richiede un apprezzamento soggettivo del valore dell’opzione emessa; forse non è opportuno che ciò avvenga sul bilancio civilistico (soprattutto per non iscrivere una quota di capitale proprio solo eventuale) ma certamente è opportuno che lo sia nel bilancio di valutazione della performance finanziaria e del livello del capitale economico. È opportuno riassumere alcune ulteriori considerazioni rilevanti. Gestire la volatilità del prezzo delle azioni Un problema di maggiore dettaglio è stato esaminato dalla Fasb Interpretation n. 44 del marzo 2000. Cosa fare quando un’opzione emessa a favore del management ad un certo prezzo di esercizio viene ribilancia- ta/riprezzata ad una prezzo di esercizio più basso? Ciò è accaduto di frequente in conseguenza dei ripiegamenti delle quotazioni della prima parte dell’anno 2000 e in precedenza nell’estate del 1998. È stato essenziale ritarare le opzioni in quanto, se cosı̀ non fosse stato, non si sarebbe mantenuto alcun elemento di incentivazione per il management (che avrebbe dovuto mirare ad accrescimenti di valore in concreto impossibili). È chiaro che in tale caso occorre ricostruire il valore effettivo delle opzioni emesse con problemi delicati di attribuzione per competenza (6). Il principio di fondo sostenuto dal Fasb è che occorre imporre alle aziende di contabilizzare nel conto economico ogni cambio di prezzo di esercizio delle opzioni precedentemente attribuite. Nella valutazione delle opzioni secondo il metodo C è rilevante la stima della volatilità del prezzo dell’azione. Si tratta di una stima incerta e critica; deve essere fatta con attenzione in modo da assicurare correttezza all’intero procedimento. L’incertezza di valutazione è inevitabile con tutte le soluzioni finanziarie ibride e condizionate e non è di per sé motivo sufficiente per semplificare il problema e rinunciare ad una corretta valutazione del debito contratto nei riguardi dei dirigenti. L’effetto di diluizione dell’utile per azione e di peggioramento dei risultati finanziari in conseguenza della classificazione corretta delle SO ha un impatto molto più limitato per imprese quotate di grande dimensione. Da un lato, ciò si spiega per la più ridotta volatilità che questi titoli manifestano e da ciò consegue un valore più basso delle opzioni; d’altra parte, le azioni di compendio implicate nel piano di SO hanno un peso più ridotto nel numero complessivo delle azioni in circolazione. Le «attenuanti generiche» per la mancata contabilizzazione Qualcuno potrebbe sostenere che il costo del lavoro compreso nella SO non lo paghi la società, ma i soci con il loro patrimonio; per questa ragione si potrebbe legittimare la mancata contabilizzazione. Tuttavia questo argomento è fuorviante. È indubbio che la SO abbia natura quasi sempre remunerativa per il management; ciò premesso, le regole contabili correnti, di fronte a una spesa societaria pagata direttamente dagli azionisti, impongono di registrare in conto economico il costo e il contributo in conto capitale ricevuto dai soci. Anche se fosse vero che sono i soci a pagare un costo per i servizi manageriali non viene meno la necessità di una accurata contabilizzazione. È utile poi osservare che la controparte contraente dell’accordo è la società emittente e non i soci. Nota: (6) Si veda: «Fasb Offers More Guidance on Stock Options», in Journal of Accountancy, July 2000, pag. 18. Analisi finanziaria Valutazione delle performance Un ulteriore argomento talvolta suggerito per sconsigliare la contabilizzazione delle SO è che esse non sono negoziabili e quindi il manager/detentore non le può monetizzare; quindi non hanno un valore effettivo e correntemente misurabile. Anche questa osservazione non è conclusiva. Certamente il fatto che le SO non siano cedibili ha la sua importanza e produce un abbassamento del loro valore. È prassi corrente comunque contabilizzare obblighi contrattuali non liquidi o cedibili e ciò non è mai stato particolarmente di ostacolo. I modelli di pricing dei contratti finanziari sono stati costruiti proprio per dare un prezzo a prestazioni su cui non è attivo un mercato. Negli Stati Uniti si sta poi diffondendo un mercato dei derivati scritti sulle SO; tali derivati sono in grado di assicurare liquidità anche alle SO. L’impatto delle SO sul valore dell’azienda Le riflessioni qui proposte hanno, nel loro complesso, l’obiettivo di richiamare l’attenzione dell’analista finanziario affinché esso non cada nel seguente errore: attribuire all’azienda in crescita un valore creato fittizio, in quanto in realtà già speso per remunerare il management. Se il valore è attribuito al management, non è attribuito all’azionista. Detto questo ed evitato che l’analista finanziaria cada in errori di valutazione, occorre aggiungere che il vero problema è «politico» e non tecnico. Cosa si otterrebbe, in sostanza, con un utilizzo generalizzato della contabilizzazione anticipata del valore pieno delle SO? Si otterrebbe quasi certamente un oggettivo disincentivo per una forma di remunerazione coerente con obiettivi ambiziosi e imprenditoriali, realmente in grado di creare valore per le imprese e per la collettività. Il mondo professionale statunitense ha deciso che non valesse la pena, sulla base di un ragionamento di astratta correttezza contabile, di porre un ostacolo al perseguimento di tali obiettivi. Probabilmente tale valutazione è condivisibile. Sotto un diverso punto di vista, si otterrebbe però di mettere in luce che la remunerazione del management ha raggiunto livelli di esagerazione e ha effetti non trascurabili sul valore delle imprese. Se ciò accade a danno degli azionisti è bene che essi se ne accorgano. Gli analisti costruiscono i dati di valutazione sulla base dei ragionamenti precedentemente illustrati. 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