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LA CROCE SEGNO DI VITTORIA
Anche in questa domenica il tema centrale è la croce, segno altissimo della
misericordia di Dio: "... bisogna che sia Innalzato il Figlio dell'uomo, perché
chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio, infatti, ha mandato Il Figlio nel
mondo, non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui..."
Il discorso sulla croce è introdotto dal dialogo tra Gesù e Nicodemo, dialogo del
quale, oggi, leggiamo la parte conclusiva. Nicodemo era un fariseo osservante e
faceva parte del sinedrio, quindi di coloro che avrebbero giudicato Gesù; di lui, che
sicuramente è una figura storica, parla solo Giovanni, l'evangelista attento ai
simboli; infatti, anche Nicodemo, come altri personaggi, diventa un simbolo, che
rappresenta quanti, in ricerca, tentano di uscire dalle tenebre del dubbio, per
raggiungere la verità, che è luce; "...chi opera la verità, viene alla luce...", afferma
Gesù. Nicodemo incontra il Maestro di notte, e la notte è un elemento caro a
Giovanni, essa è sinonimo di tenebra e di male, anche Giuda uscì dal cenacolo
mentre era notte, e, alla morte di Gesù scese la tenebra sulla terra. Questo
esponente del giudaismo, come ogni uomo in ricerca, interroga Gesù; è un lungo,
interessantissimo dialogo, del quale oggi leggiamo le battute finali, quelle appunto
che mettono l'uomo di fronte allo "scandalo della croce", quella sfida drammatica
che aveva fatto dire a Paolo: "...mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci
cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifìsso, scandalo per i Giudei,
stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci,
predichiamo Cristo potenza Dio e sapienza di Dio." (Cor.1,22-25) La croce, infatti, è
la sapienza di chi ama, la potenza della misericordia,pienamente rivelata in Cristo
redentore dell'uomo. Nel suo discorso, Gesù rievoca la figura di Mosè, l'uomo
scelto da Dio per condurre il popolo eletto, verso la libertà, verso la terra promessa;
quel Mosè al quale era stato rivelato il nome stesso di Dio, e consegnata la Legge;
in poche battute, il Maestro riassume ed interpreta tutta la Storia della salvezza,
che nel succedersi degli eventi, preannuncia e conduce a Lui, il Figlio di Dio,
disceso dal cielo, il vero ed unico salvatore, del quale Mosè è immagine.
Conosciamo, dal libro dei Numeri ( 21,4-9 ) l'episodio al quale Cristo si riferisce,
episodio anch'esso carico di simboli, quali il deserto e il serpente il cui morso
causava la morte, e che richiama alla mente il serpente delle origini, cui è legato il
male radicale del peccato. Nel deserto, Mosè, fabbricò un serpente di bronzo, e lo
innalzò su un palo, così che chiunque fosse stato morso, guardandolo, restasse in
vita; quel serpente di bronzo, è la prefigurazione della croce sulla quale fu innalzato
il Figlio di Dio, per la redenzione di tutti gli uomini. "...é necessario che sia Innalzato
il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna..", questo
afferma Gesù, che in un' altra occasione aveva detto: " ..quando sarò innalzato da
terra, attirerò tutti a me.." (Gv.12,32). L'innalzamento della croce, nella quale Cristo
muore, è il segno e la condizione perché l'uomo possa elevarsi fino a Dio e, con
Lui, vivere da figlio, sperimentando l'amore del Padre; la croce di Cristo, infatti, è
una necessità interna alla logica dell'amore, e, davanti ad essa, ogni ricerca si
ferma, perché l'amore attende solo di essere amato, cioè: accolto e ricambiato.
Noi non sappiamo, perché il Vangelo non ne parla, quale presa abbia avuto il
discorso di Gesù, sul cuore di Nicodemo; questo personaggio scompare dal
racconto, ma dalla storia della salvezza non scompariamo noi, che ancora siamo in
cammino, noi in ricerca, noi bisognosi di salvezza e di amore... A noi tutti, e al
nostro tormentato mondo, sono rivolte, ancora, quelle parole del Signore, che ci
parlano di croce e di misericordia: "Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna"; cui fanno da commento quelle dell'apostolo Paolo, che rileggiamo proprio
in questa domenica: " Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il
quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo,
per grazia, infatti, siete stati salvati. Con lui ci anche risuscitati e ci ha fatti sedere
nei cieli in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della
sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia,
infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né
viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene...."( Ef 2, 410)
Di fronte alla Croce dell'Innocente che muore, perdonando tutto il male, di cui gli
uomini di tutti i tempi, si sono macchiati, non c'è ragionamento che tenga, c'è solo
una scelta da fare, una scelta fondamentale che parta dal cuore, così, come dal
cuore di Dio, è partito il progetto della redenzione, e la scelta è quella di " credere
nel nome dell'unigenito Figlio di Dio", di accogliere Lui, il suo dono, la sua parola, la
sua grazia. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo come giudice, ma come
salvatore; tuttavia Egli, sulla croce si erge come spartiacque, si offre come scelta,
e, da questa scelta, la nostra, verrà poi il giudizio: o prender parte al banchetto
della vita eterna, o restare fuori, dove sono tenebre e pianto. Possiamo rileggere, a
questo punto, il grande inno che fa da prologo a tutto il Vangelo di Giovanni,
soffermandoci sui versetti conclusivi: "...venne nella sua proprietà, e i suoi non lo
accolsero. A quanti però lo accolsero diede il potere di divenire figli di Dio, a coloro
che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volontà di carne, né da
volontà di uomo, ma da Dio sono stati generati..."(Gv.1,11-14)
E' questo il discorso della Croce, la proposta che, in essa, Dio fa ad ogni uomo,
quella di lasciarsi rigenerare da Lui, nel Figlio Gesù; e, alla risposta che ognuno
liberamente dà, di accoglienza o di rifiuto, è legata, poi, la felicità eterna, la vita che
non tramonta, la salvezza, o la condanna " perché non ha creduto nel nome
dell'unigenito Figlio di Dio ".
Don Franco