ghiandando…attraverso il compostaggio

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ghiandando…attraverso il compostaggio
Area Lavori Pubblici
Servizio Spazi Aperti e
Spazi Verdi Pubblici
GHIANDANDO…ATTRAVERSO IL
COMPOSTAGGIO
Giornata Nazionale dell'Albero
21 novembre 2014
Testo e disegni di Anna Nisi
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Buongiorno a tutti, sono la ghianda, ricordate,
qualcuno mi chiama addirittura “Vanda la ghianda”,
ma vi pare un nome adatto? E chi può dirlo, voi che
dite? Come tutte le storie di questo periodo, o
quasi, cominciano con: “Siamo in autunno…”; allora è
proprio la nostra storia!? Come vuole Madre Natura
anch’io, come tanti esseri viventi, me ne stavo lì
tranquilla un po’ addormentata al riparo di una foglia
secca caduta dalla Quercia, come del resto era
successo anche a me poco tempo prima.
Mi sembrava un buon nascondiglio al riparo dalla
voracità dei cinghiali affamati o degli scoiattoli che
cercavano di fare riserve per l’inverno.
Tutto taceva, finché nel sonno mi sembrò di udire
un fruscio e un respiro profondo e subito dopo uno
sbuffo forte. Ciò accadde per un paio di volte, o
forse anche tre.
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Ancora una, quindi ricapitolando uno, due, tre e
quattro, opplà subito dopo mi trovai a girare nella
sua bocca come una trottola sbattendo di qua e di là
alle volte contro qualcosa di spigoloso, alle volte
rotolavo su qualcosa di morbido, umido e quasi
appiccicoso, blah! In una di queste giravolte udii un
“crac”, ahio! era il mio povero cappellino che non
aveva resistito sotto la pressione di quegli oggetti
spigolosi e si stava screpolando.
E no! Così non si fa mica!
Va bene scherzare un po’, ma io sono la ghianda, ho
una missione da compiere, devo diventare una
Quercia!
Ad un certo punto mentre nei miei pensieri mi stavo
ribellando con tutte le mie forze interne, ecco che
mi trovai a rigirare per aria per poi atterrare su
qualcosa di morbido.
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Eh sì, ora stavo sopra a delle crepitanti foglie che
con il vento si spostavano di qua e di là quasi fossi
su uno skate, mi sentivo completamente rintronata e
non capivo più nulla, alla fine sentii un rumoraccio
sibilante e qualcosa di grande ci raccolse in un colpo
solo tutte quante: foglie e ghiande, me compresa; ci
trovammo
tutte
addossate
in
quella
strana
innaturale cosa rossa, una pattumiera, la chiamano.
Ah bhé, questa poi, non mi era capitata ancora, ed
ora dove mi porterà? Come fossi su un ascensore mi
sentii andare in alto e poi inclinarmi in avanti e
tutte scivolare rotolando veloci, dentro ad un
grande contenitore verde.
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Ehilà quanti amici qui, oggetti di ogni genere: foglie,
più giù, sempre intatta, evidentemente ero troppo
piccoli rami, resti di cibo un po’ mangiucchiati;
indigesta per loro. Man mano che scendevo faceva
ascoltando bene c’era un crepitio continuo e delle
sempre più buio ed intorno c’erano sempre meno
cose marroncine, altre bianche o grigette si davano
scarti e invece al loro posto sempre più fine
un gran da fare per ridurre in piccole parti tutto ciò
terriccio, dal buon profumo che mi ricordava i
che capitava dentro a quel verde contenitore.
funghi e i boschi da dove provenivo, che nostalgia!
Pareva di essere in una fabbrica in pieno giorno!
Faceva così calduccio all'interno, che avrei voluto
schiacciare un pisolino, ma devo proprio dirvi
ragazzi che lì dentro non c’era proprio privacy!
Pensandoci bene, un vantaggio c’era, non sentivo più
né il vento, né la pioggia. In fondo, in fondo si stava
bene e non ero da sola.
Ogni tanto scendevo a un livello più basso e spesso
mi sentivo solleticare da quegli strani esseri viventi:
insetti
credo
o
lombrichi,
qualche
chiocciola
capitata anche lei lì per caso, anche esserini
minuscoli, microrganismi decompositori, diceva una
vocina lontana da fuori del contenitore, e anche
muffa, devo dire, un po’ maleodorante. Che lavorio
continuo! Nel frattempo, io continuavo a scendere
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Va bhé, visto che da lì pareva che nessuno fosse
punto avrei potuto proprio schiacciare un bel
deciso a spostarmi, dovevo aspettare con pazienza,
sonnellino, anzi mi sarei addormentata sicura per
e alla fin fine in quel posto mi sentivo protetta e al
tutto l’inverno.
sicuro. Faceva un po’ umido, devo dire, e ciò fu la
causa di un
mio rigonfiamento al quale non
ero
proprio abituata, mi sentivo più tondeggiante ed
ingombrante. Il mio vestito iniziò a stringermi un po’
troppo e sentii un notevole prurito nella mia parte
inferiore, sempre più prurito e ancor di più,
aiutoooo qualcuno mi aiuti; da tutto quel gran
movimento di prima era ben possibile che tutti
fossero spariti? Non c’era più anima viva, nemmeno
un piccolo lombrico libero per farmi una buona
grattatina
e
togliermi
quel
terribile
prurito;
accidenti, qui tutti erano indaffarati?
Aah, finalmente il prurito cessò e uscì la mia prima
radichetta, evviva! Devo confessarvi che l’aspettavo
impaziente già da un po’, mi avevano detto che
sarebbe
arrivata
quando
meno
me
lo
sarei
aspettata. Intorno c’era finalmente più pace, meno
movimento rispetto prima, così pensai che a quel
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Venne primavera.
“Le
finestre
si
aprooonooo!
Genteee, cambiate aria! Finalmente è arrivato un
bel sole!” - pensai di urlare al mondo; la luce era un
po’ accecante, devo confessarvi, tanto che non
riuscivo a tenere entrambi gli occhi aperti e facevo
un po’ l’occhiolino a destra un po’ a sinistra. Eccomi,
rotolai gioiosamente da quella montagna di bel
terriccio pronto per essere messo in giardino per le
nuove piantine e scesi fino in fondo al cumulo.
Evviva all’aria aperta! Se avessi avuto almeno due
arti avrei abbracciato quell’aria così frizzantemente
tiepida. Era arrivato il momento per tornare a casa
ragazzi, potevo raggiungere il mio amato bosco, sì,
ma come? Attorno a me vidi soltanto bei fiori e
magnifici arbusti ondeggianti, dall’alto ricadenti che
portavano a loro decoro mille foglioline verdi
sgargianti, ma di alberi nemmeno l’ombra. Di certo
quel giardino non era adatto a me, lì non c’erano
grandi alberi; eh si ero piccolina, ma di larghe
vedute; ecco finalmente un bambino mi vide, che
emozione, si accorse di me. Sarà la volta buona?
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Mi prese delicatamente con le sue piccole dita
guardandomi intensamente,
velocemente mi chiuse
nel suo pugno e mi fece scivolare nella tasca del suo
giacchino. Non avevo paura, mi fidavo di lui e del suo
istinto che solo un bambino riesce ad avere perché la
natura gli appartiene, è qualcosa che sente dentro
dalla nascita; è un intimo sapere che aspetta soltanto
di essere risvegliato con una bella passeggiata
all'aperto. Infatti dopo un po’ di dondolamenti nella
sua taschina, mi fece uscire all’aria, mi sentii quasi
libera, trepidavo emozionata nel sentire di essere
veramente arrivata a casa.
La riconobbi subito, perché si percepiva un profondo
silenzio interrotto soltanto dal canto degli uccellini e
dalla musica del vento che delicatamente muoveva le
fronde, e poi, che dire di quel meraviglioso ed unico
profumo, inconfondibile per una ghianda, era proprio il
mio caro bosco di querce.
Il bambino mi adagiò dentro ad una piccola conca
scavata e riempita con quel profumato terriccio
fresco, ora sì che potevo radicare tranquilla e iniziare
a dar vita ad una nuova quercia.
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