Vivere, cucinare e mangiare ai tempi di MasterChef

Transcript

Vivere, cucinare e mangiare ai tempi di MasterChef
Vivere, cucinare e mangiare ai tempi di MasterChef
Mercoledì 18 Febbraio 2015 09:41
Manuela Porta è madre (di tre figli maschi, grandi e fatti presto), moglie (di un manager),
milanese a Milano, giornalista con specializzazione in benessere e gastronomia, scrittrice – il
suo libro 3 R in cucina. Risparmia recupera & ricicla (Cairo, scritto con Emanuela Cavalca
Altan) è nelle librerie dall’autunno 2014, con presentazioni “vippissime” in tv, tra “Mode e Modi
Food” su La 7 e addirittura, tra un Renzi e l’altro, a “Pomeriggio 5” dalla D'Urso – e come se
non bastasse è sportivissima e salutista. In sintesi, tanta roba.
Manuela, sei il prototipo della super donna 2.0, mamma-sprint e donna in carriera. Dove
la trovi tutta l’energia necessaria e come fai a mantenere un equilibrio tra tutte queste
componenti? “Non so se sono un prototipo, so che ho cercato sempre di avere bene in testa i
traguardi da raggiungere e che non ho mai voluto rinunciare al mio lavoro – e come free lance
mi gestisco con gli orari – ma nemmeno ai miei figli. Sono purtroppo o per fortuna
(bisognerebbe chiederlo a loro) una mamma un po’ chioccia; mi piace ‘accudirli’ ancora oggi,
essere sempre presente nelle cose materiali, organizzative. Soprattutto voglio essere presente
tutti i giorni per sedermi a tavola con loro, occhi negli occhi, per coglierne espressioni, racconti,
entusiasmi, malinconie, insofferenze e arrivare prima che scoppi la bomba di ciò che non avevo
previsto, quando può essere ormai tardi. È un compito difficile e faticoso l’‘accorgersi’,
certamente scomodo, se si preferiscono o si devono fare altre cose, ma necessario per far
sentire che ci sei e che sei un punto fermo: la strada non va imposta, ma illuminata. Certo alla
sera sono stremata, ma credo che anche l’energia che ho mi derivi da tutto questo: dal sentirmi
viva, piena di cose da fare e di curiosità, perché l’energia, innanzitutto, viene dalla mente. Poi
cerco di fare sport, fin da piccola, almeno tre, quattro ore la settimana, di mangiare sano; il mio
lavoro mi porta a saperne un po’ di più e so ciò che mi può far bene. La mia mente, invece, si
nutre di passioni, compreso il mio lavoro e attraverso i rapporti umani e le storie che assorbo e
ascolto, raccontandole a mia volta, mi ricarico quotidianamente. In sintesi, noi mamme
dobbiamo trovare un nostro spazio anche agli occhi dei figli, perché imparino a rispettarlo e
1/4
Vivere, cucinare e mangiare ai tempi di MasterChef
Mercoledì 18 Febbraio 2015 09:41
cercare in noi un equilibrio che è dato, a volte, da una forte capacità organizzativa.”
Il tuo libro parte dalla saggezza delle nonne: “mai buttare via nulla, tanto serve sempre”,
con 400 ricette per realizzare una cucina ricca con ingredienti semplici e facili da
preparare ma capaci di soddisfare anche i palati più esigenti. Tra salutismo e sport, da
dove arriva questa tua passione per la cucina? “La mia passione per la cucina deriva dalla
mia voglia di farmi del bene. Da tempo leggo di alimentazione, sicuramente da quando sono
diventata giornalista, ma forse anche da prima, da quando ero adolescente, da quando ho
capito che uno stile di vita salutare, legato allo sport, mi faceva stare meglio, dandomi quella
energia che mi porto dietro ancora oggi. Da qui il mio piacere nello stare ai fornelli, scegliendo
le materie prima di qualità, niente conservanti e tanta frutta e verdura, ma solo di stagione. Amo
sentire i sapori degli alimenti integri, dove poi integre restino anche le proprietà nutritive. E da
quando ci sono i miei ragazzi, il desiderio di far mangiare bene, cioè sano, anche loro mi
stimola a cucinare ancora di più, con fantasia, perché è grazie alla creatività, curiosità e
improvvisazione che nascono piatti ben riusciti. Senza mai dimenticare che si può mangiare
bene anche e soprattutto mangiando sano.”
Scrivere un libro di cucina è stato un fatto episodico oppure è l’inizio di un percorso di
scrittura? Il prossimo, se ci sarà, di cosa parlerà? “Non so dire se sarà un fatto episodico,
so che la mia voglia di scrivere cresce secondo i miei stati d’animo… Credo che prima o poi
sentirò il desiderio di raccontare qualcos’altro. Per ora mi riempio talmente tanto di storie, storie
che mi capitano ogni giorno, ogni attimo in cui vivo dal risveglio al risveglio successivo con in
mezzo i sogni; negli incontri, nelle quotidianità che mi fanno assorbire così tante emozioni che a
volte mi fanno sdoppiare, che mi attirano ma che a volte mi tolgono il fiato, mi ci infilo, mi si
incollano addosso, nel bene e nel male.”
Le tre R in cucina del titolo – risparmia, recupera e ricicla – fanno parte anche della tua
filosofia di vita? “Assolutamente sì. Io sono una risparmiosa, oculata d’indole. Da piccolina
mangiavo poco, ero già magrolina, facevo i pacchettini di cibo, merende che non riuscivo a
mangiare, conservate per il giorno dopo. Ricordo veramente la voce di mio nonno dirmi ‘Finisci
quelle briciole, non ti stoppano certo il sederino!’ Iniziamo a insegnarlo veramente ai nostri
bambini, fin da piccoli, il rispetto per ciò che si ha e ciò che si può recuperare. Non gettiamo gli
avanzi, ma sprigioniamo la fantasia. Con poco si crea tanto, anche da un frigorifero semivuoto
possono nascere tante sorprese, non è maestria, ma semplicemente fantasia. In campagna,
dove c’è più tempo e spazio per cimentarsi ai fornelli facciamo a gara tra chi riesce con poco a
presentare pietanze sorprendenti (ma, sia chiaro, non vuole essere un’emulazione di
Masterchef). Nel libro parliamo di risparmio: sicuramente di denaro, visto che insegniamo a
riciclare gli alimenti il più possibile, ma anche risparmio di tempo, perché si può cucinare
velocemente piatti sfiziosi: basta essere organizzati, a partire dal frigorifero, per aver tutto a
portata di mano. E poi risparmio di calorie: cibi sani, integri, non pasticciati con l’aggiunta di
chissà quale ingrediente, spesso superfluo con il rischio che copra il gusto di partenza, quindi
anche poco calorici. Attraverso il termine recupero, invece, abbiamo inteso soprattutto recupero
della tradizione: ricette tipiche regionali che raccontano la storia del nostro Paese. Ed è stato
così che con queste nostre ‘3R’ siamo state accolte tra le ‘Ambassadors di Women for Expo
2015’!”
Nell’immaginario collettivo nazionalpopolare italiano – visto anche il tutto esaurito delle
scuole alberghiere – la figura dello chef si è affiancata a quella di calciatori e veline.
Paolo Repetti – insieme a Severino Cesari – si è inventato la collana Stile Libero di
Einaudi (quindi è una rock star dell’editoria nostrana). Il 2 gennaio, a mezzanotte e
2/4
Vivere, cucinare e mangiare ai tempi di MasterChef
Mercoledì 18 Febbraio 2015 09:41
mezza, con Masterchef da poco finito ha postato su Facebook: “Cuochi, avete rotto il
cazzo”. A me un po’ ha stancato l’espressione monocorde di Cracco e Barbieri, fenomeni
indiscussi con le pentole ma che sono come Clint Eastwood quando Sergio Leone
diceva “Ha soltanto due espressioni, con il sigaro e senza”. E poi non sopporto il
principio che accomuna quasi tutti i concorrenti. Cioè quello di essere degli sfigati che di
continuo piagnucolano di voler scappare dalle loro vite di merda. Tu cosa ne pensi del
programma, dei cuochi (a te hanno rotto il cazzo?) e dei concorrenti? “A dire il vero:
abbastanza, poiché trovo un po’ tutto una finzione e non sento ci sia grande passione dietro a
questa messa in scena. Penso però che il successo di questi programmi di showcooking derivi
dal desiderio di stare insieme in un momento in cui si esce meno la sera e si finisce con il
comunicare attraverso il cibo, elemento semplice, fonte di sostentamento ma, senza dubbio,
fortemente legato alla sfera delle emozioni.”
Bastianich, invece, tra essere un figlio di papà (per la precisione, di mamma Linda), un
imprenditore di livello internazionale e un musicista provetto, per me ha tutta un’altra
faccia – soccia che càrtola, si dice a Bologna – e difatti Sky lo metterebbe anche al posto
della D’Amico se soltanto il mitico Joe conoscesse la differenza tra attaccante e portiere.
Sei d’accordo oppure no?
“Be’ sul personaggio Bastianich non
ho molto da dire. Mi sembra eccessivo, molto arrogante, non so se per ruolo o perché è
veramente la sua natura e secondo lui la sua forza.”
Ambasciator non porta pena. Alberto Forchielli, sull’Oblòg, ha detto che, vivendo tra
Boston, New York e Hong Kong, quando viene a Milano la soffre perché “è una brutta
copia di queste città. Per stile e mentalità i milanesi sono tristi e bruttissimi. In Italia
l’originalità è in Romagna, che è unica al mondo perché non copia nessuno. Dopo che
stai a Boston, New York e Hong Kong non ti viene voglia di stare a Milano. Ti viene voglia
di andare a mangiare il castrato a Porretta, altroché andare a Milano, dove la gente mette
su degli show per un appuntamento di lavoro che sembra debba andare a Buckingam
Palace”. E come se non bastasse ha aggiunto che i “milanesi sono dei valletti
dell’Ottocento. Sono ridicoli e decadenti. Soprattutto sono tragicamente provinciali
perché hanno la presunzione di imitare gli abitanti delle capitali del mondo ma è tutta
apparenza, perché non rispecchiano il loro reale contesto che, purtroppo, è di basso
livello. Sono dei poveretti, troppo leccati, mentre gli uomini davvero potenti, come può
essere un ricco cinese con un patrimonio personale miliardario in dollari, viaggia in
t-shirt a righe orizzontali, mica con quelle cazzo di cravatte di Marinella”. Manuela, sono
curioso di conoscere il tuo parere, da milanese, su questa fotografia, impietosamente
eccessiva, fatta da un mito dell’italianità nel mondo. È esagerata o rivedi i difetti di
Milano e dei milanesi? “Sinceramente credo sia una visione un po’ esagerata. Milano oggi è
abbastanza eterogenea e ognuno di noi può decidere di stare dove vuole; se ti fai un gran culo
puoi arrivare al traguardo anche senza essere raccomandato. Per quanto mi riguarda credo si
debba imparare a stare dappertutto e non giudicare troppo. Io fuggo certi ambienti e certi
discorsi non perché non mi trovi a mio agio, ma perché non mi interessano. La mia vita la
compongo di altro e la costruisco solo sui rapporti veri, anche se a volte mi rendo conto che si
debba stare al gioco, ma con ironia può risultare anche divertente. Abito in centro, non mi sento
gli occhi addosso se esco arruffata con le infradito e mi ci manca il bigodino come si farebbe a
New York… Non vesto firmato e ne vado fiera, mischio capi che cerco qua e là, ma che parlino
di me, del mio stato d’animo. Non mi interessa chi resta scioccato dalla facciata e di gente qui
che restauri di continuo la propria facciata ce n’è sicuramente a ogni angolo della strada, ma c’è
3/4
Vivere, cucinare e mangiare ai tempi di MasterChef
Mercoledì 18 Febbraio 2015 09:41
anche dell’altro. Dipende da noi, da come ci poniamo, da quello che cerchiamo per stare bene.”
Oltre Milano, come vivi, da cittadina italiana ed europea e da madre, pensando al futuro
dei tuoi figli, questi tempi globali, tra crisi economica e terrorismo dilagante? “Il nostro è
un Paese arretrato, senza riforme, tasso di disoccupazione giovanile al 40%, una classe politica
che per anni ha prosciugato tutte le risorse e speranze dei giovani. Ora speriamo che con
questo nuovo timone si affrontino i problemi reali, dando più spazio ai giovani rassicurandoli.
Negli USA sono ripartiti come nel Nord Europa, per questo i ragazzi lì si dirigono lasciando
l’Italia che si sta svuotando. Il terrorismo è una piaga enorme e l’Europa è troppo debole. Non si
è difesa sufficientemente consentendo a culture diverse di pensare di poter essere egemoni nel
mondo. Grande è la paura se hai dei figli, grande paura per noi stessi, ma soprattutto per loro.
Bisogna, lo ripeto rassicurarli, altrimenti partono, o vivono e crescono demotivati, anche lo
studio non ha più senso se non vedono prospettive future.”
Risparmia. Recupera. Ricicla. In cucina. E nella vita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4/4