EXPO Milano 2015: abitudini alimentari e progetti di educazione

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EXPO Milano 2015: abitudini alimentari e progetti di educazione
EXPO Milano 2015: abitudini alimentari e
progetti di educazione alimentare in Lombardia
Codice IReR: 2009C009
Project leader: Elvina Degiarde
Sintesi
Milano, giugno 2010
La ricerca è stata affidata a IReR nell’ambito del Piano delle ricerche del
Consiglio Regionale della Lombardia.
Responsabile di progetto: Elvina Degiarde, IReR.
Responsabile regionale di ricerca: Giuseppina Dantino, Servizio Valutazione
Processo Legislativo e Politiche Regionali del Consiglio Regionale.
Gruppo di lavoro: Giovanna Turconi, Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate
e Psico-comportamentali, Sezione di Scienze dell’Alimentazione, Università degli
Studi di Pavia; Edoardo Toia, ricercatore IReR; Jessica Silvani, ricercatrice IReR.
Indice
1. Contesto della ricerca
1.1. L’alimentazione e la salute
1.2. L’alimentazione ed Expo 2015
2. Obiettivi e struttura della ricerca
3. L’educazione alimentare
4. Le abitudini alimentari
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1. Contesto della ricerca
1.1.
L’alimentazione e la salute
L’alimentazione è uno dei più importanti fra i diversi fattori che concorrono ad
assicurare la tutela della salute e la qualità della vita ed esiste attualmente
consenso universale sul fatto che una dieta bilanciata ed equilibrata sia uno dei
pilastri portanti di uno stile di vita salutare.
Non c’è dubbio infatti che il nutrirsi risponda ad una necessità biologica che si
protrae per tutta l’esistenza dell’individuo, e che incide pertanto sul suo sviluppo
fisico e mentale, sul rendimento e la produttività, e, dunque, sul suo stato di salute
e di benessere complessivi, ed è da tempo riconosciuta la stretta relazione tra
alimentazione e stato di salute, per cui risulta indispensabile seguire linee guida di
comportamento per una sana alimentazione. Ciò è stato evidenziato e confermato
da numerosissime osservazioni sia sperimentali che epidemiologiche, che hanno
permesso di individuare, in una alimentazione scorretta e squilibrata, uno dei
fattori di rischio, se non l’unico, responsabile dell’insorgenza di alcune peculiari
patologie.
La civiltà del benessere, caratteristica dei Paesi industrializzati, ha infatti
provocato la diffusione di patologie legate innanzi tutto al sovra consumo, quali il
sovrappeso, l’obesità e il diabete, ma anche di altre strettamente correlate ad errori
nutrizionali, quali l’arteriosclerosi, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari. Non
si deve trascurare inoltre che alcuni tipi di tumore, nonché altre patologie a carico
dell’apparato digerente e del fegato, sono pure correlate a scorrette abitudini
alimentari1. In particolare, è stato messo in risalto che la precocità dell’insorgenza
di tali “malattie da civilizzazione” è influenzata da una alimentazione, adottata sin
dalla prima infanzia, generalmente troppo ricca di grassi, proteine animali,
zuccheri semplici e sale, e povera di fibra alimentare e di antiossidanti.
A causa della dimensione epidemica che i tassi di sovrappeso e obesità hanno
assunto in tutto il mondo, la promozione di un corretto stile alimentare è diventato
oggi un obiettivo fondamentale di tutte le politiche nutrizionali mirate alla
prevenzione delle malattie cronico degenerative2. Il problema alimentare si
inserisce quindi necessariamente nel quadro dell’educazione sanitaria e della
prevenzione, fondamentale obiettivo della medicina moderna, e da qui consegue
1
World Health Organization (2002), Reducing Risks, Promoting Healthy Life. World Health
Report 2002, Geneva, WHO.
2
World Health Organization (2001), The First Action Plan for Food and Nutrition Policy,
European Region, 2000-2005. Copenhagen, WHO Regional Office for Europe, Nutrition and Food
Security Programme, Division of technical Support and Strategic Development.
World Health Organization (2003), Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Diseases.
WHO Technical Report Series n° 916, Geneva, WHO.
World Health Organization (2004), Global Strategy on Diet, Physical Activity and Health,
Resolution of the Fifty Seventh World Health Assembly WHA57.17, Geneva, WHO.
5
l’urgenza di una educazione alimentare affrontata nel modo più razionale,
continuativo, incisivo ed efficace, al fine di dare ad ogni individuo di ogni età e
livello sociale una ben precisa coscienza alimentare.
E’ importante allora che l’educazione alimentare assuma il concetto di
“educazione alimentare permanente”, seguendo l’individuo nella varie e
successive tappe della sua vita. La sua finalità deve dunque mirare a fare assumere
la conoscenza delle esigenze nutrizionali del proprio organismo, e quindi del
valore nutritivo dei prodotti alimentari e della loro qualità e salubrità, per giungere
alla creazione ed al consolidamento nell’individuo di un corretto ed adeguato
modo di alimentarsi, affiancato da uno stile di vita dinamico ed attivo, condizioni
indispensabili per un buono stato di salute complessivo.
1.2. L’alimentazione ed Expo 2015
L’alimentazione costituisce anche il tema scelto per Expo 2015, il cui titolo è
Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita.
L’alimentazione infatti – come ricordato – rappresenta indubbiamente una
questione fondamentale per la salute, il benessere e la qualità della vita delle
persone, ma presenta forti connessioni con quasi tutti i temi di maggior
importanza per la collettività (nonché di specifico interesse per il soggetto
pubblico), raggruppabili sotto quattro ambiti tematici:
-
-
-
-
Ambito socio-sanitario (condizioni sanitarie, stili di vita, abitudini e
comportamenti, prevenzione, situazione familiare, condizione abitative,
istruzione, formazione e educazione alimentare).
Ambito economico (agricoltura, industria, artigianato, commercio,
pubblicità, ristorazione, turismo, servizi, occupazione, ricerca scientifica,
innovazione tecnologica).
Ambito territoriale (ambiente naturale, paesaggio, approvvigionamento
idrico, ambiente umano, infrastrutture, storia, cultura e tradizioni, clima,
approvvigionamento energetico).
Ambito istituzionale (cooperazione internazionale, nuova PAC, accordi
WTO, globalizzazione).
All’interno di questo quadro complessivo, la questione dell’alimentazione può
essere declinata sotto due aspetti, che non a caso costituiscono i due “corni” di
Expo 2015, a seconda dell’ambito “geopolitico” considerato:
•
Paesi “poveri”: cibo che sia sufficiente (Nutrire il Pianeta):
-
ambito socio-sanitario: salubrità degli alimenti;
ambito economico: sostenibilità delle produzioni, approvvigionamento
alimentare;
6
•
ambito territoriale: valorizzazione delle tradizioni locali;
ambito istituzionale: politiche contro la fame nel mondo.
Paesi “ricchi”: cibo che sia buono (Energia per la Vita):
-
ambito socio-sanitario: sana e corretta alimentazione;
ambito economico: qualità e diversificazione delle produzioni,
valorizzazione del patrimonio tipico;
ambito territoriale: valorizzazione del turismo eno-gastronomico e
multifunzionalità del settore primario;
ambito istituzionale: accordi internazionali;
Tale impostazione concettuale permette di collocare all’interno di uno schema
piuttosto semplice i sette “sottotemi” individuati per Expo 2015, fra i quali rientra
in maniera specifica ed esplicita quello dell’educazione alimentare.
Tabella 1 – Classificazione dei sette “sottotemi” di Expo 2015
Ambito
Paesi "ricchi"
Paesi "poveri"
Sociosanitario
4. L’educazione
alimentare
6. L’alimentazione per
migliori stili di vita
Economico
1. La scienza per la
2. L’innovazione nella
sicurezza e la qualità
filiera alimentare
alimentare
Territoriale
3. La tecnologia per
l’agricoltura e la
biodiversità
7. L’alimentazione nelle
culture e nelle etnie
Istituzionale 5. La solidarietà e la cooperazione alimentare
Fonte: elaborazione IReR
2. Obiettivi e struttura della ricerca
Negli ultimi anni l’attenzione che Enti ed Istituzioni Pubbliche rivolgono al
problema dell’alimentazione è sicuramente aumentata, contribuendo in maniera
estremamente positiva alla diffusione di una “coscienza della sana alimentazione”
che, se non è ancora riuscita a modificare i comportamenti alimentari della
maggior parte della popolazione, ha almeno cominciato a fare riflettere le persone
sull’importanza che l’alimentazione riveste nella salute dell’uomo.
In particolare, l’occasione rappresentata dall’evento Expo 2015, la cui finalità è
quello di accrescere a livello mondiale la consapevolezza pubblica sui problemi
del cibo e della nutrizione, ha segnato l’opportunità di svolgere una ricerca che:
1. analizzi la promozione – soprattutto da parte della Regione ma più in
generale nella regione Lombardia – di progetti di educazione alimentare;
7
2. indaghi, a supporto delle azioni educative, le abitudini alimentari, lo stile
di vita e le conoscenze nutrizionali dei cittadini lombardi.
In linea con gli obiettivi individuati e delineati, la struttura della ricerca è
bipartita.
La prima parte affronta la questione dell’educazione alimentare analizzando i
modelli teorici, i principi e le strategie di educazione alimentare e promozione
della salute elaborate a livello internazionale (a cui gli indirizzi regionali si
rifanno); traccia inoltre un quadro sintetico delle politiche messe in campo in
ambito comunitario e nazionale (rispetto alle quali le attività regionali ora si
inseriscono programmaticamente, ora si conformano strategicamente e
concettualmente, ora semplicemente si affiancano operativamente).
Infine affronta l’analisi del complesso delle azioni e delle iniziative messe in
campo in Lombardia, con particolare attenzione all’attività della Giunta e
dell’intero sistema regionale a partire dalle Linee di indirizzo regionali per
l’educazione alimentare (promosse con DGR 17937 del 2004) che ricordano fin
dalle premesse
“la rilevanza che l’educazione alimentare va acquisendo, l’accresciuta domanda di
informazioni da parte dei consumatori, nonché le numerose richieste di formazione da parte
degli operatori”.
La seconda parte della ricerca focalizza invece la questione delle abitudini
alimentari dei lombardi individuate attraverso una survey sui comportamenti, le
abitudini e le conoscenze alimentari dei cittadini lombardi realizzata da IReR
tramite il proprio servizio CATI nel novembre 2010.
La survey rappresenta una novità rispetto alle principali fonti di informazione
disponibili sugli stili alimentari ed in generale sui comportamenti che possono
influenzare lo stato di salute della popolazione: da un lato le ricerche esistenti
ragionano i su aggregati territoriali di scala maggiore (ISTAT, ISS, UNIONE
EUROPEA, OMS, ecc) o minore (ASL, ecc); dall’altro la volontà di approfondire
e comprendere lo stato delle conoscenze in ambito nutrizionale, centrale per la
ricerca in quanto strumento di apprendimento e programmazione, si è rivelata
piuttosto innovativa dal momento che le fonti informative su questo aspetto sono
carenti. Infine, l’ultimo ma forse principale fattore ad aver evidenziato
l’opportunità di condurre un’indagine ad hoc è stato il desiderio di sintetizzare
differenti dimensioni (relative oltre che alle conoscenze al “diario alimentare”,
agli stile di vita, ecc.) per le quali esistono indagini specifiche ma pochi incroci e
collegamenti.
La survey, realizzata con la supervisione di un referente scientifico, un esperto
nutrizionista, è quindi lo strumento che ha consentito di centrare l’attenzione sulle
conoscenze in campo nutrizionale e le successive scelte di acquisto, al fine di
definire se e quanto i consumi alimentari dei cittadini lombardi siano critici e
ragionati.
8
Al termine della ricerca, infine, è stato realizzato un momento di confronto
conclusivo (“Focus group”). L’incontro ha avuto l’obiettivo di meglio definire e
problematicizzare i risultati più interessanti emersi nel corso del lavoro, ed è stato
strutturato in due sessioni in riferimento alle due parti della ricerca.
La sezione relativa all’educazione alimentare descrive una situazione di grande
attenzione e attivismo sul versante relativo ai progetti di educazione condotti nelle
scuole. Il focus è stato lo strumento con cui si è cercato, attraverso il contributo
diretto degli stakeholder (insegnante, genitore, educatore, operatore servizio
ristorazione, pediatra) di far emergere oltre che i punti di forza le criticità e i
possibili ambiti di miglioramento dei progetti realizzati e quindi delle politiche
condotte, con l’obiettivo di mettere in luce una serie di aspetti inerenti da un lato
la percezione che gli operatori hanno della complessa macchina che sta dietro i
progetti di educazione alimentare, dall’altro il gradimento, l’efficacia e quindi i
punti di forza e di debolezza dei progetti stessi (bambini e ragazzi comprendono o
comunque mostrano interesse per gli aspetti nutrizionali e il significato
dell’alimentazione come elemento di salute?).
Si è in particolare riflettuto sul ruolo della Regione (dal punto di vista tecnico,
organizzativo, finanziario) nell’ideazione progettazione e realizzazione di progetti
di educazione alimentare e quello degli altri attori coinvolti (ASL, provveditorati,
enti locali), così come sul compito della scuola: sede privilegiata o nodo di una
rete di attori per l’educazione all’alimentazione e alla salute? I progetti di
educazione alimentare sembrano infatti qualcosa di particolarmente vario e
articolato, potendovi ricomprendere tanto i progetti in ambito scolastico (formali,
vale a dire vere e proprie iniziative educative o informale, tramite esplicitazione
degli aspetti di “sana alimentazione” durante i pasti in mensa) che l’esperienza
delle fattorie didattiche, e finanche il lavoro svolto dai pediatri con i bilanci di
salute, i piani di prevenzione, ecc. Punto nodale, il coordinamento fra soggetti, per
individuare i punti di forza e le attuali strozzature, nonché le opportunità. Qual è
l’efficacia del sistema e quale l’impegno richiesto agli attori coinvolti?
Nel corso del secondo focus group, incentrato sui risultati della survey su
comportamenti e conoscenze in campo alimentare, si è invece approfondito il
tema del “rapporto” dei cittadini con l’alimentazione e le problematiche di salute
ad essa collegate (vi fanno attenzione, hanno conoscenze adeguate, adottano
comportamenti corretti?). Grazie al confronto con esperti di settore (nutrizionista,
direttore parco naturale, responsabile di gruppo di acquisto solidale, utente orto
comunale, educatore fattorie didattiche) si è cercato di mettere in luce quei fattori
che – più o meno consapevolmente – portano a una “sana e corretta
alimentazione” e quindi i processi che i soggetti pubblici (come la Regione)
potrebbero e/o dovrebbero incentivare e sostenere, al fine di migliorare le
abitudini alimentari dei cittadini. definendo anche i principali problemi che
operatori ed esperti incontrano nel promuovere strumenti quali i gruppi di
acquisto, l’autoproduzione di ortaggi, il consumo a kilometro zero.
Nel tentativo di meglio spiegare il nesso tra cibo e salute si sono evidenziate
una serie di componenti che sembrano non confermare la ricerca di una corretta
alimentazione come ricerca di buona salute: da un lato, lanciando sul tavolo
9
interessanti spunti. Da un lato, infatti, è forte tra chi ricerca alimenti di qualità
(certificati, bio, ecc) l’attenzione alla dimensione etica e sociale della filiera
alimentare. Dall’altro, i giovani dimostrano di conoscere meglio degli adulti i
principi della corretta alimentazione ma sono anche i maggiori consumatori di
alcool e fumo, dimostrando sostanzialmente una limitata attenzione alla salute.
3. L’educazione alimentare
“L’educazione alimentare è il processo informativo ed educativo per mezzo del quale si
persegue il generale miglioramento dello stato di nutrizione degli individui, attraverso la
promozione di adeguate abitudini alimentari, l’adozione di manipolazioni più igieniche degli
alimenti ed un efficiente utilizzo delle risorse alimentari”3.
Da questa definizione, formulata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, si
evince che l’educazione alimentare non è solo lo strumento atto a modificare
atteggiamenti scorretti, ma è, in primo luogo, il mezzo per rafforzare quanto di
corretto già esiste per un’evoluzione in positivo dei comportamenti alimentari,
sino alla assunzione di abitudini alimentari sane che non solo si accordino con i
propri bisogni nutrizionali, ma anche si adattino al background culturale ed alla
risorse naturali delle zone in cui ciascuno vive.
Ma il problema non si esaurisce qui: l’alimentazione coinvolge l’uomo, come
singolo e collettività, per tutti quegli aspetti culturali, psicologici, antropologici ed
economici che sono ad essa connessi, ed è in conseguenza di questa
complementarietà di fattori che un soggetto si alimenta in un modo piuttosto che
in un altro. L’alimentazione rimane quindi, innanzitutto, una questione di salute,
ma diventa anche una questione sociale.
L’accettazione di nuove idee e l’assunzione di nuove abitudini richiedono
tuttavia un programma educativo diverso per ogni specifico gruppo, individuo o
collettività, svolto in modo continuativo, incisivo ed efficace e sarà tanto più
efficace quanto più precocemente viene applicato. E’ soprattutto a partire dai
bambini che si deve operare, ma continuando anche nelle generazioni successive,
inserendo nel contesto scolastico l’educazione alimentare e sensibilizzando al
problema gli insegnanti, i responsabili dei servizi di medicina scolastica, nonché i
genitori (che generalmente si limitano ad insegnare ciò che a loro tempo hanno
appreso, o ciò che la pubblicità ed i mass media trasmettono, ignorando del tutto i
principi di una corretta alimentazione).
L’educazione alimentare assume così la forma di un intervento globale, sia in
relazione ai temi (l’educazione ad una “sana e corretta alimentazione” vuole
essere integrata con la complessiva educazione a “stili di vita sani”, comprendenti
attività lavorativa, attività fisica, fumo e altre dipendenze, utilizzo di farmaci,
condizioni abitative, accesso ad ambienti salubri, eccetera), sia – di conseguenza –
3
World Health Organization (1998), Health 21- Health for all in the 21th century,
Copenhagen, WHO Regional Office for Europe.
10
in relazione ai soggetti coinvolti (mondo socio-sanitario, sistema agroalimentare,
istituzioni scolastiche, realtà sportive ed associazionistiche, enti territoriali ed
ambientali).
Il quadro delle iniziative di educazione alimentare messe in atto in Lombardia
negli ultimi dieci anni è ampio e articolato.
Per quanto riguarda la Giunta regionale, la gran parte delle attività ricade sotto
la competenza della Direzione Generale Sanità, che si occupa degli aspetti di
carattere maggiormente socio-sanitario, epidemiologico e preventivo, e della
Direzione Generale Agricoltura, che si interessa maggiormente agli aspetti
connessi con la valorizzazione del mondo rurale, la promozione dei prodotti locali
e la tutela dell’ambiente e del territorio. Accanto ad esse, altre Direzioni Generali
si dedicano ad iniziative attinenti l’educazione ad una sana e corretta
alimentazione e la promozione della salute: la Direzione Generale Commercio
Fiere e Mercati (responsabile del settore distributivo e della tutela ed educazione
del consumatore), la Direzione Generale Istruzione Formazione e Lavoro
(responsabile delle tematiche educative), la Direzione Generale Giovani e Sport
(responsabile della promozione sportiva e più in generale dell’attività fisica e del
sostegno all’aggregazione giovanile ed alla socialità) e la Direzione Generale
Ambiente (responsabile della tutela ambientale e dell’educazione all’ambiente).
L’Ente regionale copre dunque tutti gli aspetti concernenti l’educazione
alimentare, l’alimentazione e le problematiche ad essa connesse.
Inoltre, le strutture regionali mostrano un notevole livello di collaborazione con
gli altri soggetti (afferenti e non al sistema regionale allargato) che si occupano o
sono interessati alla tematica: Enti locali, Aziende Sanitarie Locali, Agenzie
regionali, Istituzioni scolastiche (e Uffici Scolastici Regionale e Provinciali),
Associazioni ed organizzazioni del territorio e della società civile; si nota inoltre
un discreto livello di coordinamento con le strategie e con le iniziative condotte in
ambito nazionale.
L’attività regionale mostra poi un buon grado di maturità per quanto riguarda la
pianificazione ed il coordinamento complessivo delle attività: formalmente i
documenti di programmazione vengono elaborati a cadenza annuale, in linea con
le normali prassi programmatiche, ma di fatto l’organizzazione degli interventi è
segnata da cicli pluriennali di definizione, implementazione e valutazione delle
azioni di promozione della salute. Il mondo socio-sanitario, in particolare, mostra
un notevole livello di consapevolezza, caratterizzato da una forte attenzione agli
aspetti teorici e metodologici dell’educazione alimentare (sia in riferimento ai
singoli interventi, sia nei confronti degli indirizzi complessivi), come dimostrano
iniziative quali il progetto Valutazione di efficacia e definizione di modello
integrato di promozione della salute ed il Laboratorio di valutazione dei Piani
Integrati Locali di promozione della salute.
Con riferimento a tale questione, nel corso del Focus group dedicato al commento
delle azioni regionali, sono emersi atteggiamenti parzialmente discordanti: alcuni
considerano più importante il carattere informale e “non irreggimentato” delle
attività (la cui efficacia sarebbe influenzata dalla flessibilità delle iniziative e
11
soprattutto dalla presenza di meccanismi di amicizia e socializzazione,
“passaparola”, educazione “fra pari” e influenza reciproca, partecipazione vissuta
“dal basso”), altri ritengano che tale informalità dovrebbe essere accompagnata da
una maggiore presenza dei soggetti istituzionali, con un ruolo di indirizzo, di
coordinamento (soprattutto fra le diverse “filiere”: socio-sanitaria, agroalimentare
e scolastica4) e di “garanzia” (in particolare per quanto riguarda la “certificazione”
della correttezza delle informazioni trasmesse).
In secondo luogo, è possibile notare un buon grado di integrazione interna alle
varie iniziative, che prevedono di frequente interventi informativi, formativi ed
educativi affiancati da azioni “di supporto” (come attività di sorveglianza
epidemiologica, interventi di formazione degli operatori, creazione di reti per la
realizzazione ed il sostegno delle iniziative), da campagne trasversali di
comunicazione e da interventi definiti di carattere “ambientale” (volti a
promuovere la disponibilità di strutture, servizi ed ambienti che favoriscano
l’adozione di comportamenti alimentari corretti e di pratiche favorevoli alla
salute). Nell’ambito del Focus group, l’ortista ha mostrato una particolare
preferenza per quest’ultimo tipo di iniziative, ed in generale per interventi di
carattere “strutturale” (interventi sui prezzi, sulla distribuzione, eccetera).
Da un punto di vista tematico, l’educazione alimentare rappresenta solo uno
degli argomenti trattati nel corso delle iniziative, non solo in quanto affrontata in
connessione con tutta una serie di questioni collegate, come la promozione della
salute o la conoscenza dell’agricoltura, ma anche perché sempre più spesso
associata con altre problematiche afferenti agli ambiti più generali della
prevenzione (igiene, dipendenze, malattie infettive, affettività e sessualità,
sicurezza sul lavoro e negli ambienti di vita, screening, vaccinazioni, promozione
dell’allattamento, eccetera), della valorizzazione del mondo rurale (ecosistema
vegetale ed animale, vita e lavoro del contadino, produzioni tipiche e tradizionali,
salvaguardia del territorio e del paesaggio, storia e cultura locali) e
dell’educazione alla cittadinanza (educazione civica, educazione stradale,
educazione al consumo, educazione ai media, educazione ambientale).
Al tempo stesso, gli interventi cercano di prevedere obiettivi puntuali più
semplici e definiti, quali la sostituzione degli snack con frutta e verdura fresche
per la merenda di meta mattina e/o metà pomeriggio (tematica giudicata di
particolare importanza da diversi partecipanti al Focus group, in particolare il
genitore ed il pediatra).
Da un punto di vista metodologico, le attività di educazione alimentare
realizzate in Lombardia presentano l’utilizzo di una pluralità di strumenti, con una
particolare attenzione per quegli interventi che da un lato affiancano a metodi
tradizionali, di natura “teorica” (corsi, lezioni, conferenze), metodi di carattere
pratico, esperienziale, ludico, emozionale, interattivo (laboratori di cucinismo e di
4
Nello specifico, l’insegnante ha rilevato come nel corso della sua esperienza personale abbia
potuto notare uno scarso coordinamento fra istituzioni scolastiche, strutture sanitarie e soggetti
privati (ad esempio i responsabili del servizio mensa); l’operatore della ristorazione scolastica ha
precisato come, per quanto riguarda in particolare tale ambito, l’autonomia degli Enti locali e delle
istituzioni scolastiche abbia inevitabilmente condotto a livelli assai differenti di aderenza – formale
e sostanziale – agli indirizzi regionali in materia.
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degustazione, realizzazione di campagne comunicative, visite in fattoria),
dall’altro combinano la trasmissione di conoscenze e comportamenti corretti allo
sviluppo di abilità e competenze autonome, nonché di un personale
coinvolgimento nei confronti delle questioni che influiscono sulle proprie
condizioni di salute e di benessere psicofisico.
Nel corso del Focus group è stata più volte ribadita l’importanza dei metodi
esperienziali (in particolare da parte dell’insegnante e dell’educatore delle
Fattorie Didattiche, che ha sottolineato l’efficacia di un’iniziativa che mostra
concretamente e fa vivere direttamente ai destinatari quelli che sono i “contenuti”
dell’educazione alimentare5) e delle componenti emozionali (il genitore ha
sostenuto l’importanza della partecipazione alle iniziative educative degli
insegnanti, anche qualora non particolarmente competenti in materia, proprio per
il rapporto confidenziale che solitamente essi hanno con i ragazzi; analogamente,
l’operatore del servizio di ristorazione scolastica ha affermato la rilevanza degli
elementi ludici ed ha segnalato come abbia avuto una particolare efficacia per la
promozione di scelte alimentari più sane da parte degli studenti l’aver
semplicemente “presentato” loro il cuoco della mensa). E’ stata inoltre ricordata la
particolare valenza dei nuovi mezzi di comunicazione, come internet, in
particolare per l’educazione dei soggetti più giovani.
Le iniziative (o, meglio, le loro varie componenti) vedono la partecipazione di
diversi soggetti con differenti competenze: il mondo socio-sanitario (personale
medico e non), quello della scuola (personale docente e non), quello sportivo e
quello dell’associazionismo e del volontariato, senza dimenticare la
collaborazione ed il sostegno del sistema produttivo agroalimentare (settore
primario, agroindustria, artigianato e distribuzione commerciale). Quasi tutti i
partecipanti al Focus group, ed in particolare gli operatori professionali, hanno
sottolineato l’importanza di una condivisione degli obiettivi, dei metodi e
dell’impostazione della attività da parte dei differenti attori, non solo tramite un
coordinamento formale, ma anche attraverso iniziative informali di confronto,
scambio di opinioni, diffusione di esperienze e “buone prassi”.
Analogamente, le iniziative prevedono di solito una pluralità di destinatari, in
maniera sia parallela che coordinata e sinergica. L’attenzione è rivolta in maniera
prioritaria al mondo scolastico (cosa che consente, nel lungo periodo, di coprire la
totalità della popolazione), ma anche ad altre fasce “deboli” o “a rischio”: giovani,
anziani, donne incinte, soggetti in eccesso ponderale, individui che presentano
sintomi o fattori di rischio per patologie diabetiche o cardiovascolari. Da non
dimenticare è poi l’attenzione a quei soggetti che possono avere una particolare
influenza sull’ambiente circostante: madri, operatori sanitari e scolastici (anche
non direttamente impegnati in attività di educazione alimentare), soggetti della
“società civile”.
Sotto questo aspetto, nel corso del Focus group è emersa in modo particolare
l’importanza del ruolo della famiglia rispetto ai comportamenti alimentari: il
5
“Tutti i 5 sensi vengono messi in gioco, spesso contemporaneamente, e la reazione iniziale
può essere anche di spavento a contatto con odori e animali che non fanno parte della nostra
quotidianità urbana. Ma questa fase dura ben poco, la curiosità prende il sopravvento e le emozioni
per le nuove scoperte sono più forti della paura” (educatore Fattorie Didattiche).
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pediatra ha sottolineato la difficoltà di “correggere abitudini e comportamenti
sbagliati che hanno un’origine familiare” (assieme alle abitudini “di gruppo”, in
particolare per i ragazzi) ed il genitore ha sostenuto che le iniziative formative in
ambito scolastico devono sostenere l’educazione concreta che ha luogo
prioritariamente in ambito domestico (e viceversa: è stata infatti valutata
positivamente l’organizzazione di incontri con i genitori per la presentazione delle
iniziative scolastiche); anche l’ortista ha dichiarato che la sua attenzione per una
sana e buona alimentazione trae la propria origine dalla tradizione familiare.
In relazione alla pluralità di soggetti e destinatari, molteplici sono anche i
contesti ove le varie iniziative hanno luogo: oltre agli ambienti scolastici, gli
interventi interessano i posti di lavoro, le strutture sanitarie, le strutture sportive
e/o ricreative, i luoghi pubblici, ma anche e particolarmente l’ambiente agricolo e
più in generale naturale, che costituiscono un luogo privilegiato per interventi di
educazione alimentare che si prefiggono di promuovere non solo l’alimentazione
corretta e la buona salute, ma uno stile di vita complessivamente sano, sostenibile
ed in sintonia con la natura.
Sotto questo riguardo, tutti i partecipanti al Focus group si sono dichiarati in
accordo con la scelta di privilegiare l’ambiente scolastico, sia da un punto di vista
sostanziale (in quanto i bambini ed i ragazzi rappresentano i soggetti più bisognosi
ed al tempo stesso “più ricettivi” nei confronti delle iniziative educative6), sia da
un punto di vista operativo e gestionale (in quanto il sistema scolastico costituisce
un’ottima “base” sulla quale “appoggiare” l’organizzazione di interventi
formativi; analogamente, il pediatra ha sottolineato l’efficacia della sinergia con
iniziative di sorveglianza e prevenzione già in atto, quali i “bilanci di salute”).
Infine, per quanto concerne la questione del monitoraggio e della valutazione
delle attività, è possibile notare come il quadro delle iniziative realizzate in
Lombardia (ed in particolare dalla Giunta regionale) sia ampiamente sorvegliato,
a partire dall’aspetto più tradizionale di semplice rendicontazione economica delle
iniziative per giungere, soprattutto in ambito sanitario, alla definizione, alla
predisposizione ed all’implementazione di articolati sistemi di valutazione, che
interessano sia i singoli interventi sia la pianificazione e la programmazione
complessiva e che utilizzano metodologie ed indicatori quali-quantitativi per la
misurazione dei processi, dei risultati e degli impatti.
Complessivamente, dal Focus group è emerso un buon livello di interesse per
la tematica dell’educazione alimentare ed una valutazione tutto sommato positiva
delle iniziative esistenti7, per quanto sempre migliorabili e spesso fortemente
legate alla “passione personale” di alcuni operatori8: in particolare, quasi tutti i
partecipanti hanno evidenziato – in linea con i principi teorici di riferimento e con
6
“Le abitudini alimentari, infatti, come il linguaggio, vengono apprese in modo inconscio sin
dalla prima infanzia dall’ambiente familiare, e come il linguaggio, anche l’alimentazione può
modificarsi con il modificarsi dell’ambiente” (nutrizionista).
7
“Vedere che la gente partecipa, che le istituzioni seppur lentamente accolgono le proposte,
che un piccolo passo avanti poco alla volta viene compiuto, è una soddisfazione che a fine giornata
fa star bene e che fa capire che bisogna andare avanti per questa strada” (educatore Fattorie
Didattiche).
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“Per noi diventa quasi un dovere, una missione che si evolve giorno per giorno in base a ciò
che accade attorno a noi” (educatore Fattorie Didattiche).
14
gli indirizzi regionali in merito – una concezione dell’educazione alimentare quale
promozione di un complessivo “stile di vita”, fatto di attenzione alla salute ed al
benessere fisico, psicologico9 e sociale, di riscoperta e “riappropriazione” del
mondo agricolo e della vita rurale, dei prodotti tipici e della cultura locale, della
buona cucina e delle tradizioni, di amore per la natura e per il territorio, di
esperienze di socializzazione, di conoscenza e confronto interculturale10, di
pratiche di lavoro, acquisto e consumo “altre”11.
Ciò è tanto più necessario – hanno concordato i partecipanti al Focus group –
quanto più oggi si vanno affermando, soprattutto a causa dei modelli proposti da
media, ben diversi “stili di vita”, che troppo spesso confondono l’attenzione per la
salute ed il benessere con quella per la bellezza fisica, l’immagine estetica ed il
valore simbolico di alcuni comportamenti (ad esempio il carattere “trasgressivo” o
“eccessivo”, in special modo per i più giovani, di abitudini come il bere o il
fumare).
4. Le abitudini alimentari
Il campione intervistato (1.004 persone) è rappresentativo della popolazione
lombarda, con una lieve prevalenza del sesso femminile (59,2% F vs 40,8% M) e
dei soggetti della fascia di età 30-59 anni. Rispetto alla suddivisione in classi di
età della popolazione regionale, nel campione sono meno rappresentati i giovani
(18-29 anni) e gli ultrasettantacinquenni.
La maggior parte degli intervistati possiede un diploma di media superiore,
seguono coloro che dispongono di un diploma di media inferiore, elementare e da
ultimo i laureati. Il grado di istruzione è quindi in linea con i dati nazionali.
Soltanto il 41,4% degli intervistati svolge attività lavorativa e costoro ricadono
principalmente nella fascia di età 18-59 anni, facendo supporre la presenza di una
ampia fascia di già pensionati intorno ai 60 anni.
Soltanto un quarto del campione (24,7%) riferisce che le risorse economiche
complessive della famiglia negli ultimi dodici mesi sono state inadeguate, facendo
presupporre che la maggior parte non ha particolarmente sofferto della crisi
economica in atto in questi ultimi anni.
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“Mi piace veder crescere le cose e quello che coltivo” (ortista).
“[Negli orti comunali] oltre ad italiani di tutte le età (pensionati ma anche giovani coppie)
c’è una famiglia di filippini che al loro Paese erano agricoltori. Essi mantengono vive le loro
tradizioni e stili alimentari (coltivano verdure a me sconosciute), organizzano feste anche per noi e
quindi si crea un ambiente integrato” (ortista).
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Tematica sottolineata soprattutto dal responsabile del “Gruppo di Acquisto Solidale”. Anche
l’insegnante ha suggerito, ad esempio, la possibilità di integrare iniziative di educazione
alimentare a progetti per il recupero delle eccedenze e degli sprechi alimentari.
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Gli intervistati per la stragrande maggioranza si occupano sia della spesa sia
della cucina per il proprio nucleo familiare (72,2%), mentre tra coloro che badano
solo alla spesa o solo alla cucina, i maschi sono ben rappresentati ( 75,6% e il
72,7% rispettivamente).
Nel momento dell’acquisto dei prodotti alimentari, a essere determinante nella
scelta sembra essere il sapore/il gusto/la preferenza soggettiva, che conta per il
97% degli intervistati. Rilevanti anche l’apporto nutritivo, il luogo di origine e il
prezzo (che è il secondo fattore in termini di importanza per la grande
maggioranza del campione).
Inoltre la marca commerciale e il luogo di origine e produzione rappresentano
comunque un importante fattore di scelta.
Consolidata è la corretta abitudine di consumare abitualmente colazione, pranzo e
cena. Soltanto il 4,2% e il 2,1% degli intervistati dichiarano di non consumare
mai, rispettivamente, la colazione e il pranzo.
Tra i lavoratori che pranzano fuori casa, la scelta di consumare il pasto in un
ristorante/trattoria/mensa prevale su quella del consumo in un bar/ tavola calda/
fast food/ paninoteca, denotando un consumatore più vicino alla tradizione
culinaria familiare.
Per quanto riguarda le abitudini alimentari, queste risultano in linea con la
tradizione alimentare italiana, che vede presenti sulla tavola la pasta, il latte e
derivati e in abbondanza frutta e verdura, in accordo con le raccomandazioni
internazionali che consigliano il consumo quotidiano di cinque porzioni tra frutta
e verdura per il loro svariato contenuto di antiossidanti.
I prodotti alimentari di auto produzione sono consumati maggiormente da
coloro che vivono in provincia, in quanto probabilmente hanno maggiore
occasione di coltivare un proprio orto rispetto a coloro che vivono in città, mentre
scarso è il consumo di alimenti etnici/esotici, mentre i gruppi di acquisto sono
poco conosciuti, specie dal sesso maschile.
Questi risultati della survey sono stati discussi all’interno del Focus group
dedicato: i partecipanti hanno puntato l’attenzione sia sulle tematiche quali la
freschezza e genuinità dei prodotti – ritenute importanti fattori di salute – sia per
la dimensione socioeconomica della filiera agroalimentare – kilometro zero,
riscoperta cultura agricola, ecc. Da qui è stato segnalato come uno dei possibili
ambiti di intervento per le politiche regionali possa essere quello della
distribuzione: attraverso una monitoraggio e calmieramento dei prezzi potrebbe
essere maggiormente promosso l’acquisto e quindi consumo di verdure e ortaggi,
in particolare a kilometro zero (che hanno, di fatto, un costo inferiore, non sempre
riflesso dal rispettivo costo di mercato) – anche in questo caso garantendo la
correttezza dei prezzi e la qualità dei prodotti.
Educazione alimentare, quindi, ma in un’accezione ben precisa: non tanto in
senso strettamente sanitario e salutistico, quanto “agro-alimentare”, ossia per la
conoscenza e/o riscoperta del mondo agricolo e rurale, dei prodotti locali e del
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territorio circostante, della naturalità, della buona cucina, della convivialità, e
quindi di uno stile di vita più sostenibile per l’ambiente e salutare per l’uomo.
Tornando ai dati survey sull’attività fisica, emerge che il nostro campione è
parecchio attivo, dal momento che l’ 84,2% degli intervistati riferisce di praticare
una qualche attività fisica più volte alla settimana, seppure a diversi livelli di
impegno.
Tuttavia tra i maschi il 31,5% è sovrappeso e il 7,6% è obeso, mentre la quota
di donne in sovrappeso e obese risulta rispettivamente 22,0% e 5,9%. E’ quindi da
considerare l’opportunità che un’attività fisica regolare e programmata o un suo
incremento, se già effettuata, debba essere praticata soprattutto da questi soggetti
come terapia utile ed efficace nel calo ponderale auspicato.
Nell’ambito delle conoscenze nutrizionali, i giovani mostrano di essere più
preparati rispetto agli adulti ed anziani, e quindi, probabilmente, gli interventi di
educazione alimentare effettuati ormai da tempo sulla popolazione scolastica,
hanno ottenuto risultati soddisfacenti.
Tuttavia esiste una differente possibile lettura di questo dato, che lega le
corrette conoscenze nutrizionali e l’attenzione all’alimentazione ad aspetti più
estetici che salutistici. Infatti, sembra di minor interesse il tema della salute
quando si tratta di fumo: i fumatori prevalgono nelle fasce più giovani, e questo in
linea con i dati dell’osservatorio nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità.
A questo proposito il Focus group ha posto in luce la preoccupazione degli
operatori a contatto più diretto con i giovani e giovanissimi (pediatra, insegnante,
educatore), concordi nel sottolineare come per i ragazzi la forma fisica sia più un
simbolo che uno stato, che c’è una grande attenzione alla forma fisica, e quindi
alla bellezza, più che alla salute, soprattutto a causa di modelli “mediatici”
sbagliati. Come dire che i giovani oggi hanno molte conoscenze in ambito
nutrizionale – più che gli adulti – ma forse le utilizzano per scopi sbagliati.
Ciò che i giovani sembrano cercare è un valore simbolico di appartenenza a un
gruppo: e in tal senso si comprende meglio l’elevato consumo di fumo e alcol,
comportamenti simbolici ai quali si ricorre anche per la loro stessa natura
“trasgressiva”. Sono quindi valutate molto efficaci iniziative come il divieto di
fumare nei locali pubblici, mentre le “campagne di sensibilizzazione” messe in
campo sono giudicate dai partecipanti al Focus group poche e poco utili.
Dai dati della survey emerge una sottostima della propria condizione ponderale.
Infatti, il 2,7% dei soggetti si considera sottopeso, quando al contrario, dal calcolo
del suo IMC, rientra nella categoria normopeso; il 2,9% si considera normopeso,
quando invece non risulta tale, e il 5,6% sottostima il proprio grado di
sovrappeso/obesità.
Il 27,9% dei soggetti riferisce di non avere idea di quale sia il proprio
fabbisogno energetico. La maggior parte di coloro che rispondono, tende invece a
sottostimare il proprio fabbisogno, salvo poi non seguire un regime alimentare ad
esso agganciato.
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Il profilo del consumatore lombardo, come emerso dalla presente ricerca, può
essere qui di seguito riassunto.
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E’ un consumatore non particolarmente afflitto dalla crisi economica in
atto. Presta particolare attenzione alla spesa alimentare quotidiana ed alla
cucina; è attento nella scelta dei prodotti, sia in base al gusto e preferenze,
ma anche al loro valore nutrizionale, il luogo di provenienza ed il costo. Si
alimenta abbastanza correttamente, facendo di un’alimentazione bilanciata
un proprio stile di vita e, se vive in provincia, spesso si dedica a coltivare
personalmente alcuni prodotti alimentari.
Tuttavia, è carente nell’ambito delle conoscenze nutrizionali. Non
frequenta gruppi di acquisto, che gli sono del resto sconosciuti.
E’ parecchio attivo fisicamente, sebbene poco più di un terzo dei maschi e
poco più di un quarto delle femmine soffrano di sovrappeso o di obesità,
ed alcuni di costoro non riconoscano il proprio stato ponderale fuori dai
limiti di normalità.
E’ non fumatore, ha smesso di fumare o non ha mai fumato, mentre i pochi
fumatori prevalgono tra i maschi e nelle fasce di età più giovani.
Sottostima la propria condizione ponderale e altresì sottostima il proprio
fabbisogno energetico.
Per dare risposta alle attuali criticità, emerse nel corso dell’indagine, e quindi per
modificare atteggiamenti scorretti e per rafforzare quanto di corretto già esiste, per
una evoluzione ed un consolidamento in positivo dei comportamenti alimentari
nel loro complesso, gli interventi regionali dovrebbero essere orientati a:
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offrire maggiore informazione per approfondire le conoscenze nutrizionali,
specie nella popolazione adulta ed anziana, che hanno mostrato le
maggiori carenze conoscitive, sia per migliorare lo stato di salute generale
di queste componenti di popolazione sia perchè gli sforzi compiuti e i
risultati conseguiti nei progetti di educazione alimentare rivolti a bambini
e ragazzi in età scolare non vengano compromessi dalle cattive abitudini di
genitori e nonni;
nello stesso ambito, approfondire le conoscenze sul dispendio energetico
giornaliero e fornire informazioni sul costo energetico delle diverse attività
fisiche, sia quelle del tempo libero che quelle sportive, promuovendo in
particolare l’abitudine agli spostamenti a piedi e in bicicletta (che oltre che
salutari sono low cost e ecosostenibili) con interventi strutturali mirati
(piste ciclabili, vie pedonali, parcheggi esterni ai centri urbani);
incentivare il consumo di latte, frutta e verdura tra coloro che abitualmente
non consumano questi alimenti, sia con una adeguata comunicazione sia
promuovendone l’acquisto (il costo di frutta e verdura è maggiore di
quello di molti snack e cibi pronti, sui quali spesso, anche per ragioni
economiche, ricade la scelta di acquisto);
affrontare in modo scientificamente corretto il problema del consumo di
bevande alcoliche, soffermandosi sui danni da abuso di alcol e sui benefici
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che derivano da un consumo moderato dello stesso, specie sotto forma di
vino;
illustrare i vantaggi dei gruppi di acquisto alimentare, sia in termini di
qualità dei prodotti, che dei loro costi, promuovendo quegli stili di
consumo maggiormente informati e consapevoli;
promuovere un riequilibrio della dieta nei soggetti sovrappeso ed obesi per
favorire un calo ponderale auspicato, e negli stessi promuovere uno stile di
vita più attivo e dinamico, incentivando la pratica di una attività fisica
regolare e programmata.
promuovere un riequilibrio della dieta nei soggetti sovrappeso ed obesi per
favorire un calo ponderale auspicato, e negli stessi promuovere uno stile di
vita più attivo e dinamico, incentivando la pratica di una attività fisica
regolare e programmata.
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