Introduzione

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Introduzione
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paternalismo comportamentale
Sulla Wisconsin Avenue a Washington, DC, potete trovare un ristorante, The Daily Grill, che ha creato una particolare serie di piatti, nota
come «Simply 600», per i suoi menù a pranzo e a cena. Tutti questi
piatti contengono seicento calorie o meno. Se vi piace, potete ordinare pollo al marsala servito su capelli d’angelo, o salmone ripieno con
polpa di granchio con rucola e pomodori alla griglia, o ancora (il mio
piatto preferito) la trota dell’Idaho alla griglia.
Il menù Simply 600 è stampato in una sezione distinta e ben evidenziata della più ampia lista del ristorante e, davanti all’ingresso del
Daily Grill, è stato collocato un pannello espositivo che, sotto la scritta
a grandi caratteri «Simply 600», presenta allettanti fotografe delle varie
opzioni del menù speciale.
The Daily Grill sta diventando paternalistico? Forse no. Forse sta
solo andando incontro a quello che vuole il pubblico, e fa sapere ai
clienti più interessati a salvaguardare la propria salute di avere ciò che
cercano. Forse crede che le preferenze delle persone non siano statiche e cerca di modifcarle allo scopo di ampliare la sua attività. Forse,
invece, crede che i clienti starebbero meglio se scegliessero piatti sani a
basso apporto calorico e spera che lo facciano, ma sa che non sceglierebbero questi piatti senza un «aiutino».
Supponiamo che, di fatto, l’ultima spiegazione sia quella giusta. In
tal caso, il ristorante non sta costringendo nessuno a scegliere alcunché.
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Se i clienti vogliono piatti ad alto contenuto calorico, possono averli
anche al Daily Grill. Ma il senso del menù Simply 600 consiste nel mettere in risalto e facilitare le scelte salutari e, in tal modo, indurre i clienti non solo a decidere di pranzare al Daily Grill, ma anche a scegliere
proprio quei piatti. Si direbbe che siamo davanti a un caso di paternalismo.
Indubbiamente, è una forma piuttosto mite di paternalismo e lo
Stato non c’entra per nulla. Ma se è paternalismo, è realmente deprecabile in quanto tale? La faccenda sarebbe diversa, o peggiore, se lo
Stato adottasse i menu Simply 600 nelle proprie mense? È una faccenda diversa, o peggiore, se lo Stato cerca di promuovere un’alimentazione più sana esigendo che i menù contengano informazioni sull’apporto
calorico, come in effetti prescritto dall’Affordable Care Act per catene di ristoranti e analoghi luoghi dove si consumano prodotti alimentari al dettaglio? Che dire se il governo si impegna a fondo in una campagna di sensibilizzazione, anche grafca, per promuovere i cibi sani,
oppure applica una tassa sui cibi insalubri come hanno fatto o hanno
seriamente considerato di fare Francia, Finlandia, Danimarca, Gran
Bretagna, Ungheria, Irlanda e Romania?
Il paternalismo suscita emozioni forti. Molte persone lo aborrono.
Pensano che gli esseri umani debbano essere lasciati andare per la propria strada, anche a costo di fnire in un fosso. Quando corrono dei
rischi, anche i più insensati, ciò che fanno non riguarda nessun altro.
Hanno il diritto di essere imprudenti. Il paternalismo è particolarmente sgradito se proviene dallo Stato. Che cosa dà a esponenti dei poteri
pubblici – rappresentanti elettivi o funzionari – il diritto di interferire
in decisioni di cittadini adulti in materie – quali la salute, la ricchezza,
il sesso, la religione – che riguardano solo loro?
Alquanto controversa nel XIX secolo, la tesi espressa da John Stuart
Mill nel suo Saggio sulla libertà ha trovato numerosi seguaci nel XXI. In
quel testo di grande respiro e suggestione, Mill insisteva che, di norma,
lo Stato non può legittimamente esercitare il suo potere coercitivo sugli
individui se il suo obiettivo è proteggerli da se stessi1.
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In un passaggio chiave, Mill afferma:
Il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri. Il bene dell’individuo, sia esso fsico o morale, non è
una giustifcazione suffciente.
Non lo si può costringere a fare o non fare qualcosa perché è meglio per
lui, perché lo renderà più felice, perché, nell’opinione altrui, è opportuno o perfno giusto... Il solo aspetto della propria condotta di cui ciascuno deve render conto alla società è quello riguardante gli altri: per l’aspetto
che riguarda soltanto lui, la sua indipendenza è, di diritto, assoluta. Su se
stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano2 .
Questo, dunque, è il principio del danno di Mill (talvolta detto anche
il principio di libertà). A meno che non ci sia un danno che coinvolge
gli altri, lo Stato non può esercitare il potere sulle persone. L’idea della
«sovranità del consumatore», centrale nella moderna teoria economica
e in gran parte del dibattito politico, è parente stretta del principio del
danno. Anche se la preoccupazione dello stesso Mill ruotava intorno
alla legge morale, dovremmo essere immediatamente in grado di vedere che il principio del danno solleva seri dubbi su molte leggi e regolamenti, compresi quelli che impongono agli individui di farsi rilasciare una prescrizione prima di ottenere certe medicine, che vietano di
lavorare in ambienti non sicuri (anche se i lavoratori si assumerebbero
tale rischio volontariamente) e che promuovono la sicurezza alimentare. In tutti questi casi, il potere è esercitato sulle persone in gran parte
per promuovere il loro stesso bene. Quando gli obblighi che ne derivano sono in vigore, le persone non sono più interamente sovrane sui propri corpi e le proprie menti.
Il mio obiettivo in questo libro è contestare il principio del danno
sulla base del fatto che, in alcuni contesti, le persone sono propense a
commettere errori mentre gli interventi paternalistici potrebbero rendere le loro vite migliori. In tali circostanze vi è un forte argomento,
di carattere marcatamente morale, a favore del paternalismo. Mostrerò
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inoltre che sul nostro comportamento agiscono importanti infuenze,
sostanzialmente inevitabili, in forte tensione con il principio del danno,
e che a questa stregua il principio non può funzionare. Come vedremo, il principio del danno escluderebbe molte pratiche sensate che vengono seguite attualmente e impedirebbe molte riforme potenzialmente benefche. Ovviamente, è della massima importanza che il potere
dello Stato abbia dei limiti e, d’altra parte, è ovvio che spesso gli individui sanno perfettamente il fatto loro. Non si dovrebbero trattare gli
adulti come se fossero bambini. Da questo punto di vista, Mill ha ancora molto da insegnarci3 . Ma, rispetto alla sua epoca, abbiamo imparato molte cose che Mill non sapeva o poteva non sapere, specialmente
intorno all’errore umano, e ciò che abbiamo imparato mina alcuni dei
fondamenti del principio del danno4 .
Negli Stati Uniti, in Europa e altrove il principio del danno ha
molti sostenitori, che considerano l’azione dello Stato-balia, nel migliore dei casi, un’ingerenza fastidiosa e, qualche volta, una vera e propria
tirannia. Negli ultimi tempi, i paesi democratici sono stati impegnati in dispute teoriche e pratiche sui confni legittimi del paternalismo.
Attualmente, accese controversie sono state suscitate da misure volte a
ridurre il fumo o a incoraggiare l’esercizio fsico, e anche dalla «polizia
alimentare», additata come responsabile degli sforzi recenti per ridurre i
rischi associati all’obesità e a un’alimentazione poco sana. Il menù Simply 600 non ha suscitato grandi controversie, ma se il governo avesse
cercato di imporlo o anche soltanto di incoraggiarlo, una levata di scudi
da parte dell’opinione pubblica sarebbe stata inevitabile.
Negli Stati Uniti, leggi evidentemente sensate (e salva-vita) che
imponevano agli individui di allacciare le cinture di sicurezza in auto
o indossare i caschi in motocicletta hanno fatto esplodere il dibattito.
Molti ritengono che il «mandato individuale» previsto nell’Affordable
Care Act, che prescrive a tutti gli adulti di avere un’assicurazione sanitaria, sia una forma di paternalismo inaccettabile5 . Il contenuto specifco delle discussioni cambia nel tempo, ma le questioni fondamentali
permangono. E in questo campo, non ci sono semplici divisioni ricon-
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ducibili all’appartenenza politica. Il paternalismo talvolta è favorito
dalla sinistra (per esempio, quando cerca di migliorare la dieta dei ceti
popolari), talvolta dalla destra (per esempio, quando cerca di incoraggiare la castità o il matrimonio).
Nelle parole di Mill, è solo quando «vi è un danno ben preciso o
un ben defnito rischio di danno, sia per l’individuo, sia per il pubblico», che «il caso esce dalla provincia della libertà e si colloca in quella della morale e della legge»6 . Mill ha fornito diverse giustifcazioni
indipendenti del principio del danno, ma una delle più importanti è
che ciascun individuo è nella posizione migliore per sapere che cosa
è bene per sé. Secondo Mill, il problema degli esterni, compresi i funzionari dello Stato, è che non possiedono le informazioni essenziali.
Mill insiste su questo punto: poiché il singolo individuo «è la persona più interessata al proprio benessere, l’interesse che ogni altra persona, fatta eccezione per i casi di forte attaccamento personale, possa provare per lui è futile a confronto con quello che egli ha per se stesso».
Mill afferma che «per quanto riguarda i propri sentimenti e circostanze, ogni uomo o donna comune ha mezzi di conoscenza incommensurabilmente superiori a quelli che possono essere posseduti da chiunque
altro» 7. Quando la società cerca di prevaricare il giudizio e le intenzioni dell’individuo, lo fa sulla base di «presupposizioni generiche» che
«possono essere completamente sbagliate e che, anche se giuste, hanno
buone probabilità di essere applicate erroneamente ai casi specifci da
persone che non conoscono le circostanze né più né meno di qualunque altro osservatore esterno»8 .
Se l’obiettivo è assicurare che la gente viva bene, Mill sostiene che la
soluzione corretta per gli esponenti dei poteri pubblici sia lasciare che
le persone trovino la propria strada. Poiché conoscono i propri gusti e
le situazioni in cui si trovano meglio di qualsiasi funzionario, gli individui sono nella posizione migliore per identifcare i propri fni e i mezzi
migliori per raggiungerli.
Questo è un costante argomento, di carattere strumentale, a favore del libero mercato e della libera scelta in innumerevoli ambiti, com-
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presi quelli in cui la gente sceglie di correre dei rischi che non sempre
hanno un esito positivo. Chiamiamolo l’argomento epistemico a supporto del principio del danno. È un argomento molto forte. A mio giudizio, fornisce al principio del danno il sostegno più forte che si possa
concepire. Ovviamente, ci sono altri argomenti importanti a supporto
del principio del danno, tra cui la diversità umana, l’importanza della
sperimentazione e dell’apprendimento nel tempo e i valori indipendenti della dignità e della libertà di scelta. Li esploreremo tutti al momento opportuno.
Scegliere bene, scegliere male
L’argomento epistemico appare intuitivamente molto attraente. Ma è
corretto? Questa è in larga misura una questione empirica e non può
trovare una risposta adeguata nell’introspezione, nella retorica, nell’aneddotica o nelle intuizioni. Negli ultimi decenni, è stata posta al centro di alcuni tra i più importanti floni di ricerca nell’ambito delle scienze sociali, condotti da psicologi ed economisti comportamentali. Queste
ricerche stanno avendo una infuenza signifcativa non solo sulle scienze sociali ma anche tra i funzionari pubblici in tutto il mondo.
Il cervello umano è, ovviamente, uno strumento miracoloso e gli
individui solitamente compiono scelte molto migliori di coloro che
cercano di scegliere per loro. Ma le scoperte comportamentali stanno
creando seri problemi all’argomento epistemico, perché mostrano che
le persone fanno un mucchio di errori, alcuni dei quali possono rivelarsi estremamente dannosi9 . Prendiamo le istruttive parole di Richard
Posner, un critico di lunga data della teoria economica comportamentale, o «behavioral economics», e strenuo difensore dell’idea che gli
esseri umani siano essenzialmente razionali:
Quella che è chiamata «behavioral economics»… ha messo in crisi il
modello economico dell’uomo come razionale massimizzatore del proprio
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interesse e ha contribuito a evidenziare l’aggressivo sfruttamento della psicologia del consumatore da parte delle imprese. Le imprese sanno, e gli
economisti stanno imparando, che i consumatori sono facilmente manipolati dai venditori e indotti a compiere scelte sbagliate — scelte che non
avrebbero mai compiuto se avessero saputo di più – quando prendono a
prestito o investono, oppure quando acquistano beni e servizi che hanno a
che fare con l’alimentazione, la sanità e l’istruzione10.
Gli esseri umani possono essere miopi e impulsivi, possono dare un
peso eccessivo al breve termine (per esempio, fumando, inviando messaggi mentre guidano o mangiando troppo cioccolato) 11. Conta moltissimo ciò che è saliente, ossia che si impone all’attenzione12 . Se un
aspetto importante di una situazione, di un’attività o di un prodotto
manca di salienza, le persone potrebbero ignorarlo, talvolta con vantaggio (perché, poniamo, è nell’altra stanza, e fa ingrassare), talaltra a
loro detrimento (se potrebbe far risparmiare loro del denaro o allungar loro la vita). Gli esseri umani tendono a procrastinare e la conseguenza talvolta è negativa 13 . Sono grandemente infuenzati dalle regole
di default, che stabiliscono che cosa accade se non fanno niente. Poiché ciò che fanno molte persone è, per l’appunto, proprio niente, le
regole di default possono produrre molti danni (o molti vantaggi) 14 . Gli
individui possono essere irrealisticamente ottimisti e per questa ragione
compiere scelte infauste e anche pericolose15 . Cadono in «errori di previsione affettivi»: predicono che determinate attività o prodotti avranno certi effetti benefci o negativi per il loro benessere, ma queste predizioni risultano essere infondate16 .
È importante sottolineare che il mercato libero fornisce una signifcativa protezione contro questi errori. La concorrenza ha buon gioco
nel dissuadere le imprese dal cercare di sfruttare la nostra propensione a
prendere cantonate. Se le società escogitano insidiose regole di default,
spingendo i consumatori in direzioni che li danneggiano, possono essere punite dall’esito della concorrenza di mercato. Chi si azzarda a fdarsi di queste imprese o a fare affari con loro? Le imprese che nascon-
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dono attributi che comportano spese, e quindi costano molto denaro
ai consumatori, possono trovarsi alla fne senza clienti. Molte volte, i
mercati liberi sono la migliore salvaguardia contro gli errori cognitivi. Per giunta, le imprese offrono innumerevoli servizi per aiutare la
gente a compensare i problemi di autocontrollo. Il libero mercato crea
forti incentivi alle imprese per fornire risposte a questi e altri problemi. Con le nuove tecnologie, queste risposte diventeranno sempre più
utili, frequenti, inventive e personalizzate17. Se avete problemi di peso,
potete trovare un grande aiuto in dispositivi che controllano il vostro
consumo di cibo e vi indicano chiaramente come raggiungere i vostri
obiettivi. I software applicativi utili stanno proliferando18 e diventeranno inimmaginabilmente più numerosi in futuro. Il mercato delle soluzioni che proteggono le persone dai propri errori è forente19 . Possiamo
immaginare un intero universo di app comportamentali, concepite per
aiutare le persone a compensare gli errori cui sono più inclini.
Ma c’è l’altra faccia della medaglia. I mercati liberi possono anche
premiare i venditori che sfruttano gli errori umani. Anzi, in alcuni casi,
coloro che non sfruttano gli errori umani sono fortemente penalizzati
dalle forze di mercato, per il semplice fatto che i loro concorrenti, invece, ne stanno approfttando. I mercati del credito forniscono molti tristi
esempi. Consideriamo i piani tariffari dei telefoni cellulari, le condizioni contrattuali delle carte di credito, i conti correnti, i mutui ipotecari,
che solitamente hanno molti aspetti positivi, ma sono spesso inesplicabilmente complessi e possono occultare condizioni potenzialmente dannose (come il costo elevato per la protezione automatica da scoperto) 20. In
tutte queste aree, è possibile che le imprese che forniscono prodotti chiari
e semplici abbiano scarso successo nel mercato, perché non approfttano
a proprio vantaggio della propensione degli individui a prendere abbagli.
Ovviamente, restano molte cose da capire sulla natura e l’estensione dell’errore umano in vari contesti. Sappiamo che il comportamento degli individui presenta una «razionalità ecologica», nel senso che
tendiamo a scegliere bene negli ambienti per i quali le nostre regole
pratiche ed euristiche hanno sviluppato un buon adattamento21. Questi
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ambienti sono la norma, non l’eccezione, e per questa ragione le nostre
scelte generalmente tendono a essere giuste per noi. Ha più senso dire
che le persone presentano una razionalità limitata piuttosto che accusarle di «irrazionalità» e, in molti ambiti, la razionalità limitata è proprio ciò che occorre, producendo risultati che sono pari o addirittura
superiori a quelli che emergerebbero da sforzi di ottimizzazione che si
propongano di valutare tutti i costi e i benefci.
Per quanto riguarda gli errori, ogni giorno apprendiamo qualcosa di
nuovo. Alcuni risultati comportamentali restano del tutto preliminari e richiedono ulteriori controlli. Quello che non sappiamo è molto. I
randomized controlled trials (sperimentazioni randomizzate controllate),
che rappresentano la regola aurea della ricerca empirica, devono essere
usati molto più largamente per ottenere una migliore comprensione di
come operi nel mondo reale ciò che si è scoperto22 . Anche a questo stadio, tuttavia, i risultati soggiacenti hanno suscitato un ampio interesse e
l’economia comportamentale, la psicologia cognitiva e sociale e le discipline collegate hanno avuto un effetto signifcativo sulle politiche pubbliche in diversi paesi, compresi gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Negli Stati Uniti, sono molte le iniziative che si sono ispirate alle
risultanze comportamentali. Si tratta di strumenti quali la divulgazione
di informazioni utili secondo appropriate strategie informative (disclosure), gli avvertimenti e le regole di default, reperibili in molte aree che
vanno dal consumo di carburante all’effcienza energetica, dalla protezione ambientale alla salute e all’obesità 23 . In realtà, i risultati delle
ricerche comportamentali stanno fornendo un importante punto di
riferimento per le politiche regolatorie e d’altro tipo negli Stati Uniti 24 .
Nel Regno Unito, il primo ministro David Cameron ha creato un
Behavioural Insights Team con lo specifco obiettivo di incorporare la
comprensione del comportamento umano nelle iniziative politiche25 . Il
sito uffciale dichiara che il suo «operato si ispira alle indicazioni che
emergono da un corpus sempre più ampio di ricerca scientifca nei
campi dell’economia e della psicologia comportamentale, che mostra
come lievi cambiamenti del modo in cui le decisioni sono presentate
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spesso possono avere forti impatti sul modo in cui le persone reagiscono»26 . Il Behavioural Insights Team ha usato questa ricerca per promuovere iniziative in numerose aree, comprese le campagne contro il fumo,
l’effcienza energetica, la donazione di organi, la tutela dei consumatori, le donazioni flantropiche e, in generale, le strategie di compliance
(intese a facilitare gli adempimenti da parte dei cittadini) 27. Altri paesi
hanno espresso interesse per l’attività del team che nel frattempo si sta
espandendo28 . Nel 2013, l’amministrazione Obama ha creato un proprio team con il compito di acquisire i risultati delle scienze comportamentali e applicarne le evidenze empiriche alle decisioni pubbliche.
La teoria economica comportamentale ha suscitato interesse anche
a livello europeo. Per esempio, l’Organizzazione per la Cooperazione
e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha pubblicato un Consumer Policy
Toolkit che raccomanda numerose iniziative ispirate ai risultati delle
discipline comportamentali29. Anche la Direzione Generale per la Salute
e i Consumatori dell’Unione Europea ha riconosciuto l’infuenza dell’economia comportamentale30. Green Behavior, un rapporto della Commissione Europea, si avvale dell’apporto dell’economia comportamentale per delineare iniziative nel campo della protezione ambientale31. Gli
sforzi per catalogare l’insieme vasto e crescente delle iniziative ispirate
alle discipline cognitive hanno richiamato l’attenzione sull’«ascesa dello
Stato psicologico»32 . Questa espressione non è il massimo come pubblicità, perché sembra un po’ allarmante; è probabile che nessuno voterebbe
un candidato che si presentasse come un sostenitore dello «Stato psicologico». Ma ha la virtù di mettere in luce gli sforzi che in tutto il mondo si
stanno compiendo per sviluppare politiche ragionevoli e a basso costo in
stretto rapporto con i modi di pensare e di agire degli esseri umani.
Architettura delle scelte
Ciò che si conosce degli errori umani solleva una domanda naturale,
ossia se una migliore comprensione del pensiero e del comportamen-
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to possa aprire spazi più grandi al paternalismo. Forse una tale comprensione potrebbe integrare le spiegazioni economiche classiche dei
«fallimenti del mercato», offrendo giustifcazioni all’azione di governo anche quando non si riscontrano danni a terzi né alcun genere di
problema di azione collettiva33 . Sappiamo che le persone sono molto
infuenzate dall’architettura delle scelte, intendendo con ciò lo sfondo sul quale le scelte sono compiute34 . Questa architettura è nello stesso tempo sia pervasiva sia inevitabile, ed esercita una grande infuenza sui risultati, anche se non ne siamo consci. In effetti l’architettura
delle scelte può essere decisiva: prende innumerevoli decisioni per noi e
ne infuenza numerose altre, spingendoci in una direzione o nell’altra35 .
Per esempio, le stampanti sono impostate di default sulla stampa su un
solo lato o sui due lati (fronte-retro)? La gente consuma molta più carta
con l’impostazione di default della stampa su un solo lato36 . Qui come
altrove l’architettura delle scelte non può essere evitata.
Un discorso del grande romanziere David Foster Wallace comincia
con la seguente storiella: «Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un
certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?”. I due
pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: “Che
cavolo è l’acqua?”» 37. Questa è ovviamente una storiella sull’architettura delle scelte (fortunatamente, non ce ne sono tante). È anche istruttiva perché mette in luce un fatto centrale della vita, ossia che parti
importanti e persino essenziali del nostro background sociale sono talmente date per scontate da diventare anonime, dimenticate e invisibili.
Come vedremo, da questo aspetto derivano seri problemi per il principio del danno, perché le infuenze sulle nostre scelte sono onnipresenti
e certe volte non le vediamo neppure.
L’architettura delle scelte esiste ogniqualvolta entriamo in una tavola calda, in un ristorante, in un ospedale, o in un negozio di alimentari; quando scegliamo un mutuo, un’auto, un’assicurazione sanitaria,
una carta di credito; quando accendiamo il tablet o il computer e visitiamo i nostri siti preferiti (compresi i siti pubblici), che mettono in evi-
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denza alcuni argomenti e ne trascurano altri; e quando presentiamo
la domanda per la patente, per un permesso di costruzione o per ottenere le prestazioni della sicurezza sociale. Il ristorante The Daily Grill
offre indubbiamente un’architettura delle scelte e il suo menu Simply
600 è una forma di tale architettura. Nessun ristorante può fare a meno
di un’architettura delle scelte e ogni menù ne contiene una. (I «menù»
contano, nella scelta del cibo come in quella dei candidati alle cariche
pubbliche, tra l’altro perché ciò che è in cima alla lista ha una maggiore probabilità di essere scelto.) Nel 1997, coloro che amministravano l’esame di ammissione ai college hanno aumentato (da tre a quattro) il
numero dei report gratuiti che gli studenti potevano inviare ai college.
Di conseguenza, gli studenti hanno presentato le loro domande in un
numero molto maggiore di posti e gli studenti a basso reddito sono riusciti a entrare in college più selettivi, ottenendo redditi attesi più elevati
per tutta la durata della loro vita38 .
Per tutti noi, una questione cruciale è se l’architettura delle scelte è
utile e semplice oppure dannosa, complessa e predatoria. Ogni architettura eserciterà il suo potere sulle persone che vi sono soggette. Poiché non possiamo eliminare l’architettura delle scelte, le violazioni del
principio del danno potrebbero essere inevitabili? È possibile che Mill
e i suoi seguaci non abbiano colto gli inevitabili effetti di questa architettura?
La domanda ne suscita altre. Gli architetti delle scelte, compresi
quelli che operano nella sfera pubblica, dovrebbero essere autorizzati a
pilotare le decisioni della gente nelle direzioni che essi preferiscono? È
possibile che alcuni di questi interventi siano inaccettabilmente paternalistici? Chi controllerà gli architetti delle scelte o creerà un’architettura delle scelte per loro?39 Gli economisti hanno elaborato un’accurata descrizione dei «fallimenti del mercato» che possono giustifcare un
intervento pubblico, comprendendovi il monopolio, l’assenza di informazioni da parte dei consumatori e gli effetti negativi su terzi (le cosiddette esternalità) che possono derivare da accordi volontari, come per
esempio l’inquinamento. Ma questa descrizione sembra incompleta.
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Svariati risultati empirici ci consentono di identifcare un insieme di fallimenti del mercato comportamentali40 , che completano il quadro classico
fornito dalla teoria economica e che derivano dall’umana propensione
all’errore. È inaccettabilmente paternalistico usare questi fallimenti per
giustifcare la regolazione? È legittimo usare l’architettura delle scelte
per combattere i fallimenti del mercato di carattere comportamentale?
Fondamentalmente, la mia risposta è che l’architettura delle scelte è
inevitabile e i fallimenti del mercato di carattere comportamentale giustifcano effettivamente alcune forme di paternalismo41. Quando questi
fallimenti avvengono e sono signifcativi, ci sono ragioni (presumibilmente) buone per una risposta regolatoria anche quando non si riscontra nessun danno ad altri. Dovrebbe essere chiaro che questa posizione
ha le sue radici nel rifuto dell’argomento epistemico milliano che sta
alla base del principio del danno, non perché l’argomento epistemico
sia sempre sbagliato, ma perché non è sempre corretto.
Benché la mia intenzione in questa sede sia respingere il principio
del danno, devo fare alcune precisazioni. È innegabile che anche gli
uomini di governo e i funzionari pubblici possono sbagliare, e i loro
errori possono essere particolarmente (e, forse, in assoluto) deleteri.
Anche i paternalisti più benevoli possono sbagliare grossolanamente,
e alcuni sono tutt’altro che benevoli. Per giunta, le persone sono molto
diverse in termini di gusti, valori e situazioni. La stessa misura non può
andare bene per tutti. Alla luce del rischio pervasivo di errori dei governanti e del fatto ineludibile dell’umana diversità, solitamente è meglio
usare la forma di intervento più moderata e meglio in grado di salvaguardare il diritto di scelta. Queste forme comprendono i nudge, le spinte gentili, intese come iniziative che mantengono la libertà di scelta nel
momento stesso in cui guidano le decisioni delle persone nella giusta
direzione (secondo l’apprezzamento di quelle stesse persone) 42 . Il menù
di The Simply 600 è certamente una spinta gentile; e così pure il GPS.
Le spinte gentili comprendono disclosure (strategie informative), avvertimenti, regole di default appropriate che stabiliscono che cosa succede se le persone non fanno nulla. Potremmo anche azzardare un prin-
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cipio generale, che potrebbe essere chiamato la prima (e unica) legge
della regolazione comportamentalmente informata (frst – and only –
law of behaviorally informed regulation): di fronte a fallimenti del mercato
comportamentali, le spinte gentili sono solitamente la migliore risposta, almeno
quando non cÕ• alcun danno per gli altri.
In realtà, esiste un argomento plausibile per sostenere che il paternalismo di questo tipo limitato non contraddice il principio del danno43 .
Mill affermava che, sebbene non si possa costringere una persona «a
fare o non fare qualcosa perché è meglio per lui», possono esserci nondimeno «buoni motivi per discutere, protestare, persuaderlo o supplicarlo, ma non per costringerlo o per punirlo in alcun modo nel caso si
comporti diversamente»44 . Mill non ha fornito una descrizione completa del kit del paternalista (vedi capitolo 2) né ha raggiunto una piena
comprensione della natura e del potere dell’architettura delle scelte, ma
almeno alcuni nudge ricadono agevolmente nella categoria del discutere, protestare, persuadere piuttosto che del costringere.
Nello stesso tempo, la prima legge della regolazione comportamentalmente informata ha le sue eccezioni, e la scelta della risposta dipende
dall’analisi delle conseguenze per il benessere delle persone, che richiede un’accurata valutazione sia dei costi sia dei benefci 45 . In alcuni casi,
la migliore risposta può essere nessuna risposta, poiché i costi superano
i benefci (proprio come nessuna risposta può essere la risposta migliore
anche quando vi è un danno per gli altri) 46 . In altri casi, possono essere giustifcate, addirittura dovute, risposte più forti, perché i benefci
superano i costi. Il benessere sociale – un’espressione più comprensiva e
aperta dell’«utilità» su cui insisteva Mill – è il concetto guida, che pone
l’accento sulla capacità delle persone di vivere bene (secondo i propri
criteri di giudizio).
La libertà è certamente una componente del vivere bene, ma in alcuni casi può passare in secondo piano (come lo stesso Mill riconosceva). Quando è evidente che il benessere individuale e sociale richiede
una risposta più forte di una spinta gentile, occorre considerare la questione con la massima serietà 47. Se le leggi che impongono alle persone
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di allacciare le cinture di sicurezza o che proibiscono loro di comporre messaggi sul cellulare mentre guidano sono giustifcate in termini di
costi e benefci, esse dovrebbero essere annoverate tra le forme accettabili di paternalismo.
Paternalismo dei mezzi e dei fni, forte e debole
Per cominciare, suggerirei di distinguere diversi tipi di paternalismo.
Alcune varietà rispettano i fni degli individui e cercano solo di infuenzare le loro scelte relative ai mezzi. Altre varietà cercano di infuenzare
le scelte delle persone anche per quanto riguarda i fni.
I paternalisti dei mezzi potrebbero aiutare la gente a risparmiare denaro prescrivendo che i frigoriferi siano più effcienti in termini
di energia, quando risparmiare denaro è esattamente ciò che la gente
vuol fare. I paternalisti dei fni potrebbero proibire agli individui di
dedicarsi a certe attività sessuali, anche se impegnarsi in tali attività è
esattamente ciò che gli individui vogliono. Gli economisti comportamentali generalmente si concentrano sui mezzi e non sui fni. La maggior parte delle loro scoperte più importanti riguarda errori umani in
relazione ai mezzi. Il loro obiettivo è creare un’architettura delle scelte che renda più probabile che gli individui riescano a promuovere i propri fni, così come essi stessi li intendono. E, infatti, la mia attenzione qui
sarà soprattutto rivolta al paternalismo dei mezzi e non al paternalismo dei fni.
Inoltre, alcune varietà di paternalismo sono altamente aggressive o
«forti» (hard) mentre altre sono «deboli» (soft). Il paternalismo debole è più moderato ed essenzialmente libertario, nel senso cruciale che
preserva la libertà di scelta. Sotto questo aspetto, il paternalismo debole potrebbe essere compatibile con il principio del danno, benché a
noi paia di cogliere qualche complicazione al riguardo. Una condanna a una pena detentiva e una multa sono considerate paternalismo
forte, mentre una politica informativa, un avvertimento o una rego-
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la di default sono ascrivibili al paternalismo debole o libertario. Alcune forme di paternalismo impongono costi materiali, come le multe,
sulle scelte delle persone allo scopo di migliorare il loro benessere. Altre
forme impongono costi affettivi o psichici, come nel caso degli avvertimenti grafci riguardanti la salute, che potrebbero essere concepiti per
spaventare i destinatari. Gli economisti comportamentali hanno generalmente favorito il paternalismo debole piuttosto di quello forte48 . Il
paternalismo dei mezzi può essere forte o debole, e lo stesso si può dire
del paternalismo dei fni. La mia trattazione in questa sede si estende molto oltre il paternalismo libertario e le spinte gentili, intesi come
approcci che infuiscono sulle scelte senza coercizione, ma è importante vedere che i nudge generalmente ricadono nelle categorie del paternalismo dei mezzi e del paternalismo debole.
Fallimenti del mercato comportamentali
La mia tesi centrale è semplice: i fallimenti del mercato comportamentali sono un’importante integrazione alla descrizione classica dei fallimenti del mercato e, in linea di principio, giustifcano reazioni (ideali), anche se queste reazioni sono paternalistiche. In breve, dobbiamo
aggiungere i fallimenti del mercato comportamentali tra le giustifcazioni per la regolazione pubblica, e la prospettiva di paternalismo non
dovrebbe dissuadere da una accurata indagine sulle risposte appropriate, basata sulle conseguenze probabili. Come nel caso dei fallimenti del
mercato già noti, tuttavia, la tesi della risposta dei poteri pubblici deve
essere qualifcata dal riconoscimento che anche i governanti sono fallibili, che la cura può essere peggiore della malattia, e che si deve tenere
conto di tutti i costi e i benefci rilevanti.
Richiamo l’attenzione su cinque conclusioni aggiuntive.
1. L’architettura delle scelte è inevitabile e, di conseguenza, sono pure
inevitabili certe infuenze sulle scelte, siano esse più o meno inten-
Introduzione
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zionali o fnanche il prodotto di qualche tipo di progetto consapevole.
2. Alcune delle obiezioni più intuitivamente attraenti (e molto sentite) al paternalismo non sono epistemiche. Si basano sull’autonomia e suggeriscono che gli individui hanno il diritto di decidere da
sé, anche se queste decisioni saranno del tutto sbagliate. Mettono
in evidenza l’importanza della dignità umana. Ma, se applicate alla
maggior parte degli sforzi per porre rimedio ai fallimenti del mercato di carattere comportamentale, sono obiezioni di scarsa incidenza, perché tali sforzi non interferiscono con l’autonomia e la dignità, rettamente intese. In realtà, alcuni di questi sforzi promuovono
l’autonomia, in parte perché liberano tempo e risorse per questioni più urgenti49 . La gente, in generale, è sempre molto occupata e,
senza un certo grado di paternalismo, saremmo presto sovraccarichi
di scelte da compiere, che comprometterebbero la nostra autonomia.
3. Vi è il serio rischio che le obiezioni basate sull’autonomia siano radicate in un’euristica per ciò che importa veramente, che è il benessere. Quando si invoca l’autonomia e si insiste nel sostenere che gli
individui hanno il diritto di compiere i propri errori, si potrebbe
avere in mente che l’argomento del principio epistemico è corretto e che ognuno è più competente nelle proprie scelte degli estranei
(in particolare, gli estranei che lavorano per il governo). In breve,
chi invoca l’autonomia potrebbe stare usando una scorciatoia mentale. Forse, ciò che realmente importa è il benessere e forse l’autonomia è importante, almeno nei casi in oggetto, non perché è un valore autenticamente indipendente ma perché gli individui talvolta si
sentono frustrati e contrariati se non possono fare a modo proprio,
il che è un aspetto del benessere.
4. Le obiezioni più forti e durevoli al paternalismo fanno riferimento
al benessere. Il timore è che lo Stato paternalista renderà la vita della
gente non migliore, ma peggiore. Queste obiezioni devono essere prese estremamente sul serio. In alcuni contesti, sono un buon
punto di partenza e anche di arrivo, in particolare quando sotto-
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Effetto nudge
lineano l’importanza dell’apprendimento privato, la realtà della
diversità umana e il rischio che anche chi governa commetta errori. Il problema di queste obiezioni è che dipendono da asserzioni di
tipo empirico che sono spesso false. Gli individui talvolta scelgono male, facendo sì che le loro vite diventino peggiori (e più brevi).
In alcuni casi, gli operatori pubblici sono in un’eccellente posizione
per dare una mano. In molti contesti, le obiezioni al paternalismo
dipendono da forti assunzioni empiriche, che implicano un estremo
ottimismo sulla qualità delle scelte private e un estremo pessimismo
sugli operatori pubblici, che non sempre sono giustifcati. Ne segue
che non esistono suffcienti argomenti astratti o a priori contro il
paternalismo, sia forte sia debole50 .
5. La forza delle obiezioni al paternalismo dipende dalla forma particolare che quest’ultimo assume. Le obiezioni sono meno incisive
quando questo è debole e limitato ai mezzi. Specialmente in questi casi, ci sono molte opportunità per migliorare il benessere senza
interferenze nella libertà di scelta.
Ho già indicato dove portano queste conclusioni, ossia che vi è un
innegabile argomento morale a favore di certi tipi di paternalismo. Gli
operatori pubblici possono migliorare la vita della gente se sono attenti ai fallimenti del mercato comportamentali e disegnano architetture
delle scelte che danno a salute, ricchezza e benessere il benefcio del
dubbio. Ovviamente, esistono importanti questioni, che affronterò a
tempo debito, sul modo di controllare gli architetti delle scelte.
Il libro si articola in cinque capitoli. Il Capitolo 1 esamina gli errori
umani, con particolare enfasi sugli errori che hanno la maggiore probabilità di contare ai fni della rifessione sul paternalismo e i suoi limiti.
Il Capitolo 2 esplora la natura del paternalismo, distinguendo tra le sue
varie forme e sottolineando l’ampia varietà di strumenti che gli architetti delle scelte paternalistici potrebbero usare. Il Capitolo 3 affronta
le obiezioni al paternalismo riconducibili all’idea che ognuno conosce,
più di qualunque estraneo, ciò che è meglio per sé. Il Capitolo 4 esplo-
Introduzione
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ra l’idea di autonomia e l’obiezione secondo la quale il paternalismo è
una violazione del diritto di scelta degli individui. Il Capitolo 5 esamina diverse obiezioni indipendenti al paternalismo debole o libertario,
in particolare, quelle che insistono sulla potenziale mancanza di trasparenza, sul rischio di manipolazione e sui limiti della facile reversibilità
cara ai paternalisti soft.