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notizie di POLITEIA, XXVIII, 107, 2012. ISSN 1128-2401 pp. 68-78
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Promuovere la felicità?
Il paternalismo alla luce delle nuove
scienze delle decisioni
GABRIELE GIACOMINI*
Abstract: According to psychologist Kahneman, human beings are not perfectly rational
and, often, that which they decide does not correspond to that what effectively makes
them happy. For this reason, individuals might call for help in order to make better
decisions. The economist Thaler and the legal scholar Sunstein propose cognitive
nudges. Scholars Layard and Bok promote economic incentives. Both of the strategies
propose the goal of favoring the development of well-being by encouraging people to
choose the most profitable investments in terms of happiness. The question of
paternalism and the possible implications that a state intervention could have on citizens
is asked. This dissertation will philosophically analyze the significance of the renewed
paternalistic proposals.
Keywords: Choice, Rationality, Happiness, Well-being, Cognitive nudges, Economic
incentives, Paternalism.
1. Intoduzione
Il tema di questo saggio è se e in che misura un regime liberale e democratico possa reagire di fronte alla disattenzione, all’ignoranza, all’inconsapevolezza, all’irrazionalità dei
cittadini. È possibile che una liberal-democrazia sia giustificata a proteggere gli individui dal danno che possono inavvertitamente arrecare a se stessi? È possibile che sia giustificata a guidare i cittadini verso quello che viene ritenuto dallo Stato il loro bene?
Questa riflessione diventa urgente alla luce dei recenti risultati prodotti dalle ricerche empiriche e sperimentali sulle decisioni. Secondo Daniel Kahneman, psicologo e
premio Nobel per l’economia nel 2002, un modello di individuo inteso come essere
perfettamente razionale e pienamente consapevole delle proprie scelte è incompleto ed
irrealistico: gli esseri umani non sono calcolatori razionali e, spesso, quello che decidono non corrisponde a quello che li renderà effettivamente felici1. Per questo motivo
numerosi giuristi ed economisti, molti dei quali a partire dai risultati di Kahneman,
suggeriscono alle istituzioni di favorire lo sviluppo del benessere nella società inco-
* Dottore in Filosofia presso l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano; Junior Researcher presso
il Centro di ricerca in epistemologia sperimentale ed applicata di Milano.
Gabriele Giacomini
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raggiando le persone, attraverso incentivi di varia natura, a fare gli investimenti generalmente più redditizi in termini di felicità2.
Si ripropone in termini nuovi, quindi, la questione del paternalismo e delle implicazioni che l’interferenza dell’autorità con il benessere dei cittadini può comportare.
Una prima riflessione sul paternalismo è stata condotta da John Stuart Mill che, nella
sua opera On liberty del 1859, ha suggerito la possibilità per le istituzioni di scoraggiare i cittadini da compere azioni che possono inconsapevolmente provocare danno
a se stessi3. In tempi recenti è stato il filosofo Gerald Dworkin a definire il paternalismo come “l’interferenza con la libertà d’azione di una persona giustificata da ragioni
che si riferiscono esclusivamente al benessere, bene, felicità, bisogni, interessi o valori
della persona stessa”4. In particolare, afferma Dworkin, lo Stato può ricorrere a due
forme di paternalismo5. La prima è la versione debole: le persone possono essere incoraggiate a prendere una decisione soltanto quando non è deliberata con consapevolezza, quindi non propriamente desiderata. Inoltre l’azione dell’istituzione deve essere
persuasiva e non coercitiva: l’interferenza deve poter essere evitata facilmente, senza
costi eccessivi, dagli individui. La seconda è, invece, la versione forte: in questo caso
le persone sono obbligate ad attuare determinati comportamenti in qualunque modo
prendano le loro scelte.
Secondo numerosi psicologi, scienziati sociali ed economisti, fare ricorso alle
scienze delle decisioni e del benessere può essere per la politica un’occasione di rispondere ai bisogni della collettività. Da un punto di vista filosofico, che giudizio è possibile dare ad un’eventuale promozione, da parte delle istituzioni, del benessere dei
cittadini? Sebbene l’idea del paternalismo faccia temere a molti liberali abusi da parte
dello Stato nei confronti della libertà personale, dell’autonomia e del pluralismo, un paternalismo debole può essere ammissibile da un regime liberal-democratico, seppur
non strettamente neutrale rispetto alle idee di vita buona.
2. Mill fra libertà e paternalismo
Ai fini di limitare possibile ingerenze, sia fisiche sia morali, da parte del potere nei
confronti delle vite dei cittadini, il liberalismo ha messo in campo un “nocciolo duro”
di principi e teorie del valore, fra cui troviamo la libertà individuale, il pluralismo e la
tolleranza. Uno dei criteri principali è il celebre principio del non arrecare danno di
Mill. Come scrive in On liberty, Mill si propone di
formulare un principio molto semplice, che determini in assoluto i rapporti di coartazione e controllo tra società ed individuo. [...]Il principio è che l’umanità è giustificata, individualmente o collettivamente, a interferire sulla libertà d’azione di chiunque soltanto al fine di proteggersi. Il solo
scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità
civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri. Il bene dell’individuo, sia esso fisico o morale, non è una giustificazione sufficiente6.
Tuttavia, pare che Mill accetti un’importante eccezione. Senza dubbio la scelta razionale e consapevole di un essere umano riguardante gli aspetti che lo interessano
personalmente è così preziosa che nessuno, tantomeno lo Stato, ha il diritto di interfe-
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rire con essa. Lo stesso autore, però, non ha intenzione di applicare il medesimo principio anche alle decisioni involontarie o non deliberate, prese in maniera irrazionale o
non pienamente consapevole. Nelle circostanze in cui esiste la presupposizione che la
scelta dell’individuo non corrisponda a quella che sarebbe stata presa in tempi maturi
e con cognizione di causa, secondo Mill l’autorità è legittimata a proteggere le persone
dall’insipienza e dai limiti cognitivi. In questo caso, “la questione non è di porre delle
restrizioni alle azioni degli individui, ma di aiutarli”7. Ecco che quindi alla prima citazione da On liberty se ne può affiancare una seconda:
Se un pubblico ufficiale, o chiunque altro, vede una persona che sta per attraversare un ponte che
è stato dichiarato pericolante e non ha il tempo di avvertirla del pericolo, la può afferrare e bloccare, senza per ciò violarne la libertà: poiché essa consiste nel fare ciò che si vuole, e la persona
in questione non vuole cadere nel fiume8.
Insomma, se la persona è pienamente consapevole del pericolo che sta correndo e
procede comunque, la sua libertà lo legittima a farlo, ma dato che la gran parte delle
persone non vorrebbe correre un tale rischio, c’è una solida presupposizione che anche
questa persona voglia evitare il pericolo. Per questo il pubblico ufficiale, rappresentante
delle istituzioni, è giustificato nella sua azione di interferenza.
3. Alcune condizioni necessarie ad un’azione paternalista
Per comprendere un eventuale ricorso al paternalismo è necessario chiarire le esigenze
che lo muovono e i problemi a cui intende porre rimedio. Incominciamo da una precisazione etimologica. La parola “paternalismo” riconduce al tipo di rapporto che un
genitore adulto intrattiene con il figlio bambino. In questo caso, il destinatario dell’azione paternalista è una persona a cui difettano alcune capacità cognitive ed emotive necessarie per prendere decisioni razionali. I bambini, si potrebbe dire, mancano
di un’adeguata concezione dei loro interessi presenti e futuri e, se lasciati soli, rischiano
di compromettere inconsapevolmente decisioni future. È per questo che diventa non
solo lecito ma anche doveroso interferire nella condotta dei bambini9.
Le condizioni che troviamo naturalmente in un bambino, tuttavia, possono essere
presenti anche in una persona adulta: individui maturi dal punto di vista anagrafico
possono condividere con i bambini alcuni limiti cognitivi. Non è soltanto il caso di
ubriachi o di persone con disagio mentale, ma anche di individui che si possono trovare, ad esempio, in situazioni di particolare fretta o di eccitazione momentanea. Come
sottolinea il filosofo Joel Feinberg, non si tratta tanto della differenza fra azioni volontarie ed involontarie, quanto piuttosto della differenza fra azioni che nascono da
quelle che Aristotele intende come scelte deliberate e quelle che non lo sono10. Infatti
azioni impulsive o prese in balia delle emozioni nascono pur sempre dalla volontà, ma
non nascono da decisioni propriamente dette, ovvero non sono deliberate. In questo
caso, si può ricorrere ad un supporto o ad una guida esterni, al fine di evitare conseguenze inaspettate o spiacevoli. Azioni scelte e consapevoli, invece, sono quelle intraprese con un atto deliberativo, il cui processo richiede tempo ed informazioni
adeguate, una mente sgombra ed, infine, l’utilizzo della razionalità. In questo secondo
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caso, l’individuo è chiaramente sovrano delle sue scelte e, come sostiene Mill, nessuno è legittimato ad interferire, nemmeno lo Stato.
Un altro punto importante è che l’irrazionalità e l’inconsapevolezza sono delle condizioni necessarie ma non sufficienti per intraprendere un’azione paternalista: perché
lo Stato agisca assumendo un ruolo paterno, è anche necessario avere a disposizione
dei modelli di scelta razionale e consapevole, oltre che di benessere, a cui poter fare
riferimento e da poter promuovere nel caso in cui lo si ritenga opportuno. Certamente
esistono, di primo acchito, azioni che creano la presupposizione che un qualunque individuo, con le piene facoltà mentali, non potrebbe mai scegliere. La salute, ad esempio, è un valore che generalmente viene inteso positivamente. In questo senso, si è
inclini a pensare che non indossare le cinture di sicurezza o fumare molte sigarette sia
irragionevole: ci si guarderebbe bene dall’attuare certi comportamenti se si prendessero sul serio le possibili conseguenze.
Tuttavia, criteri generici o di senso comune non sono sempre sufficienti per definire in modo pertinente termini come razionale o irrazionale, consapevole od inconsapevole, deliberato o non deliberato. Ad esempio, che cosa caratterizza effettivamente
un limite cognitivo e un’azione non deliberata? Le scienze della razionalità e della felicità possono chiarire i termini in gioco attraverso un approfondimento empirico e
sperimentale: le persone si mostrano davvero irrazionali o inconsapevoli? Sotto quali
aspetti? In quali situazioni? L’irrazionalità e la inconsapevolezza sono caratteristiche
soltanto di alcune persone, oppure sono comuni a tutti gli esseri umani?
4. La visione antropologica di Kahneman
Gli sviluppi delle scienze psicologiche e sociali avanzano delle teorie aggiornate sulle
decisioni umane, in particolare offrono delle mappe cognitive del pensiero irrazionale
ed inconsapevole e dei modelli di razionalità e consapevolezza. Colui che negli ultimi
decenni si è applicato con maggiore successo sul tema è Kahneman, il quale ha messo
in luce le distorsioni sistematiche presenti nel modo di pensare degli esseri umani: durante le loro azioni quotidiane le persone cadono in vere e proprie illusioni cognitive,
che sono molto simili alle illusioni della percezione e che accadono con una frequenza
tale da costituire la norma piuttosto che l’eccezione.
Ad esempio, si deve decidere quale bibita acquistare al supermercato. Se gli esseri
umani avessero un pensiero sempre razionale e consapevole saprebbero discernere
tutte le variabili in questione, e darebbero con sicurezza ad ognuna di esse un valore
in base alle loro esigenze. Massimizzerebbero l’utilità. Ma il più delle volte ciò non si
verifica: spesso le persone si affidano a delle scorciatoie cognitive, chiamate euristiche, che sono automatiche e comode, ma che “scavalcano” il sistema di ragionamento
logico portando ad errori di valutazione. Su uno scaffale ci sono due bibite: la prima
costa 1 euro, la seconda 1,20. Il prezzo è equo e i clienti scelgono indifferentemente
le due bibite, dividendosi al 50%. In un supermercato vicino, accanto alle due bibite,
ce n’è una terza che costa 1,50. Se le persone utilizzassero sempre l’attenzione della
razionalità, esclusi i clienti che optano per la bibita più cara, in questo supermercato
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la scelta di tutti gli altri dovrebbe ripartirsi equamente sulle prime due bibite. Invece
non è così: la presenza di una terza bibita sullo scaffale basta a fare in modo che la maggioranza dei soggetti scelga la bibita dal prezzo intermedio11. Lo stesso meccanismo
può attivarsi anche quando le persone prendono una decisone importante: è probabile
che prima di aver attivato il proprio sistema riflessivo, gli esseri umani si accontentino
delle risposte impulsive ed emozionali.
Kahneman si è spinto ad indagare anche il contenuto delle decisioni umane, ovvero
la capacità di prevedere gli effetti delle proprie scelte. Si è posto la seguente domanda:
le persone riescono a prevedere con una buona accuratezza il grado di soddisfazione che
darà loro una determinata decisione? Esistono importanti prove secondo cui gli individui hanno difficoltà a valutare gli avvenimenti futuri e le loro conseguenze in termini di
felicità. Ad esempio, non riescono a prevedere con quanta velocità si adatteranno ai cambiamenti edonici. Consideriamo uno dei molti esperimenti di Kahneman. Ad un gruppo
di persone è stato comunicato che la loro famiglia avrebbe dovuto improvvisamente trasferirsi in un luogo lontano ed è stato chiesto loro di valutare l’effetto di questo cambiamento sul benessere proprio e della famiglia. Infine, ad alcune di queste è stato richiesto
un giudizio sulle conseguenze del trasferimento sulla felicità “nei primi mesi dello spostamento”, mentre ad un altro gruppo “durante il terzo anno”. Ad un gruppo specifico si
è addirittura raccomandato di fermarsi un minuto e di immaginare come l’influenza del
cambiamento può evolversi nel corso del tempo. Ebbene, si sono ottenute valutazioni
simili in tutti i gruppi, indipendentemente dalla prospettiva temporale12. Le strutture cognitive non supportano adeguatamente le persone nel calcolo del tempo e nella previsione
dei gusti futuri. Questo è evidentemente un problema: le persone sperimentano sulla loro
pelle che diversi eventi, come acquistare una automobile o divorziare, hanno tempi straordinariamente diversi di adattamento, tuttavia non sono cognitivamente in grado di prevedere questa differenza.
Queste ricerche, affiancandosi a paradigmi di scienza sociale più classica, offrono
allo stesso tempo dei riferimenti normativi definiti per quanto riguarda sia la razionalità
delle scelte sia il benessere delle persone. Nel primo caso un agente razionale, per essere
tale, dovrebbe utilizzare correttamente la logica, applicare con rigore la teoria della probabilità e agire secondo la teoria della scelta razionale. Per quanto riguarda invece il benessere, a partire dagli anni Settanta sono nati studi che hanno misurato le felicità delle
popolazioni su larga scala, mentre gli ultimi studi di Kahneman offrono degli strumenti
grazie ai quali è possibile misurare la felicità sperimentata delle persone isolata dalle
storture valutative tipiche del giudizio cognitivo umano13. È possibile, così, sia specificare le condizioni antropologiche che possono aprire all’opportunità di un intervento di
tipo paternalista, sia definire il modello normativo di razionalità e consapevolezza del benessere che può suggerire al decisore politico i contenuti dell’azione paternalista.
5. Paternalismo debole e paternalismo forte
Restano da analizzare in modo più approfondito le possibili forme di applicazione del
paternalismo: si tratta di esplicitare il confine fra un tipo di intervento che si limita a in-
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coraggiare o scoraggiare le persone e uno che sfocia nella costrizione e nell’obbligatorietà. Ancora una volta, torniamo a Mill e al caso del ponte. Il filosofo inglese ritiene che
l’ufficiale, rappresentante dello Stato, sia giustificato nella sua interferenza originale, ma
che la presupposizione su cui è basata la sua azione, ovvero che il passante non voglia
esporsi consapevolmente al pericolo, sia rivedibile. Il pubblico ufficiale è legittimato a
bloccare il cittadino che si sta avventurando su un ponte pericoloso, tuttavia, se constata
che l’avventuriero è cosciente dei rischi a cui va incontro, è tenuto a lasciar fare.
In questa posizione si cela la differenza fra paternalismo debole e forte. Nel caso
della versione forte, lo Stato protegge le persone contro la loro volontà, a prescindere
dal fatto che si tratti di una scelta deliberata o meno. Questa è una forma di paternalismo che non opera con il fine di proteggere da decisioni di tipo irrazionale e inconsapevole, ma agisce a priori, qualunque sia la forma della scelta presa dall’individuo. La
versione, invece, che accettano anche teorici della libertà come Mill è quella debole del
paternalismo. In questo caso, le persone possono essere legittimamente protette dal far
danno a se stesse solo se la loro azione non nasce da una scelta sostanzialmente deliberata14. Ad esempio, è ragionevole pensare che molte persone possano scegliere consapevolmente di correre gravi rischi per il piacere di fumare. Seguendo una politica di
paternalismo debole, l’autorità non può far altro che assicurarsi che queste pratiche
siano scelte con cognizione di causa. È possibile, quindi, mettere i fumatori di fronte
ai fatti medici, in modo tale che siano sufficientemente consapevoli dei rischi per la salute. Un altro modo per scoraggiare decisioni superficiali può essere quello di aumentare parzialmente i costi del fumo, la tassazione può diventare così uno strumento
persuasivo che lo Stato può utilizzare per rendere il fumo meno attrattivo.
Posto che il paternalismo debole fa salvo il nocciolo minimo di principi liberali e
democratici, le istituzioni politiche possono promuovere alcune condizioni per lo sviluppo umano senza pregiudicare le libertà e i diritti fondamentali degli individui. Non
a caso questa è la posizione effettiva di molte democrazie liberali che adottano politiche che incidono sui comportamenti dei cittadini. Non si tratta di esprimere una concezione univoca su convincimenti e stili di vita, piuttosto di promuovere alcuni obiettivi
sociali fra molti che restano legittimi e possibili. Ad esempio, riconoscere giuridicamente il matrimonio monogamico significa favorire le condizioni affinché ogni donna
e ogni uomo possano avere una possibilità di costruire una relazione e una famiglia.
Altre politiche di questo tipo sono la pratica delle amministrazioni pubbliche di sostenere economicamente attività che possono essere considerate positive e di valore, come
ad esempio lo sport dilettantesco o il teatro d’autore. Il codice della strada prevede disincentivi pecuniari nel caso in cui non si indossi il casco o non si allacci la cintura di
sicurezza, regolamenti impediscono ai natanti di nuotare quando il bagnino è assente.
Certo, se nei fatti il paternalismo debole è una prassi, è bene sottolineare che dal
punto di vista normativo i teorici non si stancano di suggerire attenzione e prudenza nel
ricorrere a questi strumenti. Ad esempio, Gerald Dworkin raccomanda che il ricorso
ad una azione del genere deve essere comunque un second best, e che se viene ritenuta
opportuna è necessario ispirarsi a principi di moderazione e astenersi dal mettere in
opera interventi troppo invasivi, in modo tale da produrre una interferenza il più triviale
e il meno costosa possibile15.
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6. Il paternalismo libertario di Thaler e Sunstein
Il paternalismo si può riscontrare anche in proposte recenti che presentato un comune
denominatore: in primo luogo, quello di essere nate a seguito delle ricerche psicologiche di Kahneman, in secondo luogo, quello di voler porre un qualche rimedio, attraverso la politica, ai problemi cognitivi delle persone, avanzando degli interventi che
per loro natura ricordano il paternalismo debole. Quali sono le loro opinioni e le loro
proposte? Che rapporto intrattengono con il dibattito classico e specialistico?
L’economista Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein, seguendo il lavoro di Kahneman, si sono focalizzati sul problema dell’irrazionalità umana, da utilizzare per pungolare le persone a prendere buone scelte per il loro patrimonio, per la loro salute, per
la loro vita16. Essi stessi, quindi, rispondono al richiamo della protezione, rifacendosi
direttamente alle recenti teorie della psicologia e delle scienze sociali, secondo cui gli
individui prendono spesso cattive decisioni che avrebbero evitato se avessero prestato
piena attenzione e se avessero posseduto capacità cognitive illimitate. Probabilmente
ci troviamo davanti ad una versione aggiornata del paternalismo debole, in cui gli incentivi vengono chiamati pungoli perché non sono di natura economica bensì agiscono
direttamente sulla struttura cognitiva umana.
Per affondare la loro prospettiva consideriamo un esempio paradigmatico. È possibile, per una responsabile di mensa, modificare le scelte degli alimenti da parte degli
utenti senza cambiare il menu, bensì modificando la disposizione e la presentazione
delle diverse cibarie? Vengono date al personale di diverse mense istruzioni specifiche
su come presentare l’assortimento dei piatti: in alcune mense i dessert sono stati posizionati per primi, in altre per ultimi, in altre ancora in una fila distinta. In alcune mense
sono state messe ad altezza degli occhi le patatine fritte e gli hamburger, in altre le
verdure e i bastoncini di carota. I risultati sono clamorosi: con la semplice riorganizzazione degli ambienti è possibile aumentare o diminuire il consumo di molti alimenti
addirittura del 25 per cento17. Questa è un’occasione in cui è possibile influenzare le
scelte delle persone, presupponendo che desiderino consumare i piatti più salutari.
Un altro caso, che rende bene l’idea di quanto possa essere influente sui comportamenti dei cittadini l’impostazione di un problema data dallo Stato, riguarda il consenso di espianto degli organi. È infatti interessante – e sorprendente – esaminare la
differenza tra i tassi di consenso di due paesi molti simili, come l’Austria e la Germania18. La Germania, che ha adottato un sistema di consenso esplicito, vede soltanto 12
cittadini su cento diventare donatori a seguito della morte. Mentre l’Austria, che ha
adottato il metodo del consenso presunto, ha risultati ben diversi: il 99 per cento dei
cittadini diventa un donatore, mentre soltanto l’uno per cento esprime la sua contrarietà
all’espianto degli organi. In entrambi i casi è un pungolo cognitivo, ovvero un incentivo che fa leva soltanto sul modo di pensare degli individui, a fare la differenza.
Nel presentare la loro proposta, i due studiosi parlano di paternalismo libertario,
affiancando due concetti impegnativi e difficilmente conciliabili. Mentre secondo i paternalisti è “lecito cercare di influenzare i comportamenti degli individui al fine di rendere le loro vite più lunghe, sane e migliori”, secondo i libertari “gli individui
dovrebbero essere liberi di fare come credono, e, se lo desiderano, di non partecipare
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a situazioni che considerano spiacevoli”19. Esiste una tensione fra l’idea di influenzare
le scelte in modo da migliorare il benessere e quella di tutelare la libertà di scelta e il
pluralismo di stili di vita. Il loro obiettivo è quello di cercare di conciliare queste due
esigenze: è un fine che ricorda da vicino quello del paternalismo debole, che interferisce con le azioni delle persone per il loro benessere pur tutelando in ultima istanza la
libertà di comportamento.
Inoltre Thaler e Sunstein, provenendo da una prospettiva peculiare, quella cognitiva, offrono ulteriori contributi al dibattito sul paternalismo. Prendiamo il caso della
mensa e della disposizione degli alimenti: è impossibile che le persone non si lascino
influenzare in qualche modo dalla disposizione degli alimenti. Se gli hamburger e le
patatine fritte sono nella posizione più accessibile, la struttura del loro sistema cognitivo porterà le persone a privilegiare questo tipo di alimenti, viceversa se nelle migliori
posizioni si trovano verdure e bastoncini di carota. Qualche cibo deve pur stare nelle
posizioni cognitivamente più in vista, ad esempio vicino all’ingresso della mensa e ad
altezza di occhi. È evidente che in molte situazioni non influenzare è impossibile e che
un appello alla neutralità potrà essere difficilmente esaudibile.
Tuttavia, anche Thaler e Sunstein raccomandano massima prudenza nell’applicazione. Se vietare i cibi grassi è sicuramente un’imposizione di tipo forte e non è un’ipotesi contemplata dal paternalismo libertario, esiste pur sempre una differenza fra il
collocare la frutta e la verdura ad altezza occhi e nascondere hamburger e patatine fritte
in modo che sia molto difficile individuarli. L’intervento del paternalismo libertario,
dunque, deve essere sempre relativamente tenue, indulgente e poco invasivo, perché
le scelte non vengano bloccate, impedite o rese eccessivamente onerose. Ai fini di tutelare la libertà, l’intervento deve poter essere evitato facilmente e senza costi eccessivi dalle persone. Gli autori, domandandosi qual è l’ideale regolativo in base al quale
progettare pungoli, individuano il costo “one-click”, ovvero un costo paragonabile a
quello che una persona spende per fare un semplice click del mouse.
7. Gli incentivi paternalisti di Layard e Bok
Altri ricercatori della felicità fra cui Richard Layard e Derek Bok, rispettivamente docente presso la London School of Economics ed ex Presidente dell’Università di Harvard, non fanno ricorso a pungoli di tipo cognitivo come Thaler e Sunstein, ma
decidono di affidarsi ai più tradizionali incentivi economici, fra cui sgravi fiscali, sanzioni pecuniarie o diversi livelli di tassazione20. Gli individui, infatti, pur essendo limitatamente razionali, non smettono di essere sensibili in molte situazioni anche ad
incentivi che richiedono un calcolo dell’utilità.
In realtà la questione degli incentivi monetari come strumento di manipolazione
delle scelte e di promozione del benessere non è nuova, tanto che se n’è occupato anche
Mill, il quale viveva in un’epoca in cui l’alcolismo era una grave piaga sociale e in cui
i politici hanno dovuto aumentare le imposte sull’alcol nella speranza di frenarne il
consumo. Per questo, nell’ultima parte di On liberty, il filosofo inglese si domanda
“se lo Stato, pur permettendola, debba ciononostante scoraggiare una condotta che ri-
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tiene contraria agli interessi di chi la tiene; se per esempio debba prendere misure per
rendere più costosi i mezzi per l’ubriachezza”21. In quanto liberale, riconosce a coloro
che consumano alcolici nella loro vita privata la libertà di farlo:
La loro scelta di piaceri e il loro modo di spendere il proprio reddito, una volta soddisfatti gli obblighi morali e legali verso lo Stato e verso i singoli, sono affari loro, che devono dipendere dal
loro giudizio. Di primo acchito si direbbe che queste considerazioni condannino la scelta degli alcolici come speciale oggetto di tassazione fiscale22.
Tuttavia, continua Mill,
Va ricordato che la tassazione fiscale è assolutamente inevitabile; [...] che quindi lo Stato non può
non imporre penalità, che per alcuni possono risultare proibitive, sull’uso di alcuni articoli di consumo. È di conseguenza dovere dello Stato considerare, nella sua politica delle imposte, di quali
merci i consumatori possano più facilmente fare a meno, e, a fortori, scegliere preferenzialmente
quelle di cui ritiene l’uso, salvo che in quantità molto moderate, effettivamente dannoso. Quindi
la tassazione degli alcolici [...] non è solo ammissibile, ma va approvata23.
Esattamente come si è potuto constatare nel caso del paternalismo libertario, anche
in questo caso viene sottolineato il fatto che per l’autorità è difficile, se non impossibile, rimanere neutrale. Conclusione condivisa da Bok, secondo cui l’idea di uno Stato
che rimane neutrale è una “posizione chiaramente impraticabile ed irrealistica in una
democrazia moderna”24.
Per portare un esempio, le ricerche sul benessere hanno ampiamente dimostrato
che i periodi della giornata in cui gli individui sono maggiormente felici si verificano
nei momenti della socializzazione, quando le persone incontrano i propri simili, in particolar modo quando si tratta dei propri familiari. La politica influisce necessariamente
sulla quantità di tempo che le persone passano in compagnia dei propri cari: ad esempio la legislazione sul lavoro può incentivare o disincentivare la possibilità di ricorrere
al part-time per giustificati motivi familiari. Oppure si pensi al legislatore che sta valutando il livello di tassazione per gli straordinari. Se vengono tassati relativamente
poco, una delle conseguenze consiste nell’incentivare le persone a lavorare più ore durante la loro giornata, sottraendo tempo prezioso che può essere impiegato nel tempo
libero, ed in particolare in famiglia o con gli amici. Al contrario, si ottiene l’effetto opposto. In entrambi i casi la decisione dell’autorità politica non potrà non influire sui
comportamenti individuali e sulle scelte personali.
Rimane comunque di fondamentale importanza attuare degli incentivi o disincentivi
il più possibile moderati, tenendo bene a mente il confine fra il promuovere, lo scoraggiare, l’obbligare e il rendere inaccessibile. Anche secondo Layard e Bok il fine non è
quello di utilizzare le ricerche sulla felicità per imporre una ricetta univoca ed obbligatoria per il benessere, ma di incoraggiare le persone ad aumentare il loro benessere25.
8. Considerazioni conclusive
In conclusione, è possibile enucleare alcuni punti fermi che emergono dall’intera riflessione. Il primo è che gli esseri umani sono vittime di errori cognitivi sistematici, che possono provocare danni. Il secondo è che gli individui, venuti a conoscenza di tali limiti,
potrebbero sostenere il ricorso a meccanismi che possano aiutarli ad evitare gli effetti
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più gravi, appellandosi ad un intervento delle istituzioni. Il terzo, è che tale intervento può
implicare una forma di paternalismo debole ammissibile in un sistema liberal-democratico, nel senso che fa salvi le libertà e i diritti fondamentali che lo caratterizzano.
Esistono motivi per cui i cittadini di una democrazia liberale potrebbero essere disponibili a sostenere un governo che propone delle misure debolmente paternaliste. A
parere di Gerald Dworkin, se gli individui fossero preoccupati dalle loro tendenze irrazionali e dai loro difetti cognitivi, allora avrebbero motivi per accettare delle “politiche
di assicurazione sociale”, e sarebbero prudenti nel progettare qualche meccanismo istituzionale che li vincoli dal prendere decisioni dannose26. A poter preoccupare gli individui non sono soltanto stati particolari come quelli provocati da forme depressive o da forti
pressioni psicologiche, ma anche stati quotidiani causati anche semplicemente da mancanza di tempo, da pigrizia o da disattenzione. La via d’uscita sembra vivere nella duplice identità che abita gli esseri umani: una lungimirante pianificatrice e una miope
esecutrice. La sfida è che la prima, consapevole dei limiti della seconda, ricorra a dei
meccanismi che possano aiutare quella esecutrice ad agire liberamente ma con efficacia
e sicurezza maggiori. In questo caso, degli interventi paternalisti potrebbero non essere,
riprendendo le parole di Mill, un’inutile estensione del potere dello Stato27.
Anche i classici della nostra civiltà sembrano suggerire una conclusione simile.
Come ha narrato Omero, le sirene erano dei demoni marini che, con il fascino della loro
musica, attiravano i marinai che passavano nelle vicinanze, con l’obiettivo di divorarli. Anche Ulisse, di ritorno a Itaca, solcò le acque abitate dalle sirene ma, preavvertito da Circe, ordinò ai suoi uomini di tapparsi le orecchie con la cera, e lui stesso si
fece legare a un albero della nave, in modo tale di non cedere per nessuna ragione al
canto. Ulisse riuscì a riconoscere le sue debolezze, e a prevedere il rischio, dunque
programmò razionalmente e consapevolmente uno stratagemma che lo potesse aiutare
a superare il pericolo. In modo analogo, è pensabile che i cittadini di una democrazia
liberale, attraverso le loro libertà politiche, decidano collettivamente di costruire dei
vincoli che possano fungere da deterrente contro esiti altrettanto sfortunati? Si racconta che il rimedio di Ulisse funzionò e che le sirene, indispettite dal proprio insuccesso, si buttarono in mare e affogarono.
Note
1
Kahneman, 1994, 1999.
Layard, 2005; Bok, 2010.
3
Mill, 2009: 114 sgg.
4
Dworkin, 1983a: 20.
5
Dworkin, 1983b: 107 sgg.
6
Mill, 2009: 28.
7
Ivi: 130.
8
Ivi: 117.
9
Dworkin, 1983a: 28.
10
Feinberg, 1983: 7. Sulla differenza aristotelica fra scelta volontaria e deliberata: Aristotele, 1999:
83 sgg.
2
politeia 107corr:POLITEIA 105
26-10-2012
6:36
Pagina 78
Promuovere la felicità?
78
11
Motterlini, 2008: 32-35.
Kahneman, Schkade, 1998: 340-346.
13
Kahneman, 1999; Kahneman, Krueger, Schwartz, Stone, 2004.
14
Per approfondire la differenza fra paternalismo debole e forte: Dworkin, 1983b.
15
Dworkin, 1983b.
16
Thaler, Sunstein, 2009.
17
Ivi: 7-10.
18
Ivi: 185
19
Ivi: 11.
20
Layard, 2005; Bok 2010.
21
Mill, 2009: 121.
22
Ibidem.
23
Ivi: 122.
24
Bok, 2010: 48.
25
Un’impostazione simile appare chiaramente in Bok, 2010: 45-62.
26
Dworkin 1983a: 28-33.
27
Mill, 2009: 132.
12
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