29 - Ordine degli Avvocati di Trani

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29 - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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29 dicembre 2005
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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SOMMARIO
Pag. 3 CONSIGLIO DEI MINISTRI: Arriva la proroga per il cpc (italia oggi)
Pag. 4 CONSIGLIO DEI MINISTRI: La disciplina transitoria (italia oggi)
Pag. 5 RISPARMIO: La riforma del risparmio è legge (italia oggi)
Pag. 6 PRIVACY: Milleproroghe anche per la privacy (italia oggi)
Pag. 9 PROCESSO CIVILE: Il processo cerca il riscatto (italia oggi)
Pag.11 PROCESSO CIVILE: Avvocati da subito in pista (italia oggi)
Pag.13 CIVILE: Studi legali al servizio delle esecuzioni (italia oggi)
Pag.14 CIVILE:Divorzi con maggiori garanzie (italia oggi)
Pag.15 CIVILE:Esecuzioni, ridotto il rischio di ritardi (italia oggi)
Pag.16 LEGISLATURA: Giustizia, l'Ulivo ha lavorato di più (italia oggi)
Pag.18 PENALE:Riforme all'insegna dell'Ue (italia oggi)
Pag.20 PENALE:Cassazione, tante sentenze sul rito (italia oggi)
Pag.21 AMMINISTRATIVA:Confini precisi nel riparto tra le due giurisdizioni
(italia oggi)
Pag.23 CAMERE PENALI: Ex Cirielli, tre giorni di sciopero (italia oggi)
Pag.24 PROCESSO TELEMATICO: Decreto ingiuntivo on-line (italia oggi)
Pag.25 LENTEZZA PROCESSI: L’ equa riparazione diventa retroattiva (il sole 24 ore)
Pag.27 CARCERI: Penitenziari, si riparte dall'indulto (italia oggi)
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ITALIA OGGI
Arriva la proroga per il cpc
Oggi il consiglio dei ministri approverà la proroga al 1° marzo dell'entrata in vigore della riforma del
processo civile. All'ordine del giorno, come anticipato da ItaliaOggi di ieri, è un decreto legge ad hoc
che differisce, si può dire in corner visto che l'entrata in vigore della legge competitività era prevista per
il 1º gennaio, il suo differimento. Tutto rimandato di due mesi dunque, per dare tempo ad avvocati e
magistrati di mettersi in riga con le novità della legge competitività e della legge correttiva approvata
dal parlamento il 21 dicembre scorso, ampiamente spiegate nelle pagine che seguono. Lo stesso dl porta
anche la consueta proroga per la difesa d'ufficio dei minori e anche interventi di razionalizzazione per le
spese di giustizia. Non solo. Nel decreto legge omnibus (sempre all'esame del cdm di oggi) c'è una
normicina che farà felici i dirigenti del ministero della giustizia ma farà masticare amaro ai componenti
togati del Consiglio superiore della magistratura. L'articolo 27 del dl, in particolare, dispone da una
parte che il Csm tenga conto degli incarichi svolti a via Arenula negli ultimi quattro anni per il
conferimento di incarichi direttivi e, dall'altra anticipa l'entrata in vigore della riforma dell'ordinamento
giudiziario stabilendo che i magistrati eletti al Csm in prossima scadenza sono ricollocati in ruolo
nell'ufficio di provenienza o in un altro posto libero con esclusione di qualunque incarico direttivo.
Intanto si attende la pubblicazione del decreto legge mille proroghe, approvato dal consiglio dei
ministri prenatalizio, che proroga gli adempimenti privacy per gli avvocati e il mandato dei giudici
onorari aggregati.
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ITALIA OGGI
La disciplina transitoria
Il complesso del decreto competitività entrerà in vigore quasi certamente il primo marzo 2006. Le
controversie pendenti fino a tale data saranno assoggettate al rito attualmente vigente.
Con l'effetto che si moltiplicano i riti per controversie identiche.
Per i processi introdotti prima del 30 aprile 1995 la cognizione è del giudice onorario aggregato che si
occupa dello ´stralcio' e applica il rito ante riforma del 1990.
Alle controversie introdotte dopo il 30 aprile '95 si applica il rito attualmente operativo. Alle
controversie introdotte il primo marzo 2006 si applicherà il rito cosiddetto ´competitivo'. Alla chiarezza
della norma transitoria si contrappone la complicazione della pluralità di riti.
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ITALIA OGGI
Il presidente della repubblica ha firmato il provvedimento, subito pubblicato in Gazzetta Ufficiale
La riforma del risparmio è legge
Controlli di Bankitalia e Antitrust. Meno forti le fondazioni
L'uomo del Colle dice sì e dà il via libera definitivo alla riforma dei meccanismi di tutela del risparmio. Il
presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha firmato ieri la legge approvata dalle camere nell'ultima
settimana. Ha messo così fine, con l'immediata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, a una vicenda durata circa
due anni, tra accelerazioni, stop, frenate, polemiche e scambi di accuse. Dopo gli scandali Cirio e Parmalat, dei
bond argentini e delle ultime scalate bancarie, insomma, l'Italia è riuscita a dotarsi di un sistema di controlli, che
dovrebbe difendere i risparmiatori meglio di quanto sia stato fatto finora. Con particolare enfasi sulla riforma
della Banca d'Italia, diventata inevitabile con l'esplosione del caso Fazio. Il provvedimento stabilisce infatti che il
prossimo numero uno di palazzo Koch durerà in carica sei anni, rinnovabili una sola volta. La nomina e la revoca
saranno disposte con un decreto del presidente della repubblica, su proposta del governo e sentito il consiglio
superiore della Banca d'Italia.Sarà a termine anche il mandato del direttorio, nominato dal consiglio superiore. Le
decisioni saranno collegiali e dovranno essere motivate. Il direttorio delibererà a maggioranza; in caso di parità,
prevarrà il voto del governatore e ogni sei mesi la Banca d'Italia dovrà fornire al parlamento una comunicazione
sull'attività svolta. Via Nazionale sarà completamente pubblica e le modalità di trasferimento delle azioni dalle
banche azioniste al tesoro saranno decise dopo un periodo di tre anni.
Tra le novità più importanti, il passaggio all'Antitrust della competenza sulle operazioni restrittive della
concorrenza e sugli abusi di posizione dominante nel settore del credito. A palazzo Koch resterà invece,
congiuntamente all'Antitrust, la vigilanza sulle operazioni di fusione e concentrazione bancaria. La legge
interviene anche sul mondo delle fondazioni bancarie e impone, a partire dal 1° gennaio prossimo, un tetto
azionario del 30% all'esercizio del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle banche
controllate dagli enti. Resta invariato, anche se le attribuzioni cambiano, il panorama delle autorità che
vigileranno a tutela del risparmio. Oltre a Bankitalia e Antitrust, la Consob potenziata per uomini, mezzi e
competenze, la Covip (fondi pensione) e l'Isvap (assicurazioni). Tutte potranno avvalersi della collaborazione
della guardia di finanza. Particolare attenzione è stata dedicata al delicato capitolo dei rapporti tra banche e
imprese, per evitare che gli azionisti imprenditori che siedono nei cda degli istituti di credito ottengano
finanziamenti a condizioni troppo favorevoli o per importi superiori rispetto a quelli ottenibili da normali clienti.
Sarà la Banca d'Italia a stabilire, caso per caso e sulla base della partecipazione azionaria, il livello di
indebitamento massimo nei confronti dell'istituto consentito ai soci o ai partecipanti a un patto di sindacato. Il
compito di evitare operazioni off shore che comportino il trasferimento di fondi in nero nei paradisi fiscali sarà
affidato alla Consob. Anche la disciplina delle società di revisione contabile è diventata più severa, con un
incarico di sei anni e rinnovabile una sola volta a condizione che il responsabile della revisione sia sostituito. I
soci di minoranza che abbiano presentato una lista in nessun modo collegata con quella risultata vincente
avranno diritto a un posto nei consigli di amministrazione, ma non potranno proporre integrazioni e modifiche
dell'ordine del giorno delle assemblee. L'elezione degli organi societari avverrà con voto segreto. Da segnalare
l'istituzione, a palazzo Chigi, di una commissione per la tutela del risparmio, alla dipendenze del presidente del
consiglio. Per il reato di falso in bilancio e false comunicazioni sociali è prevista la reclusione fino a due anni, a
meno che il falso non provochi un nocumento grave ai risparmiatori. Ciò avviene quando il danno superi lo 0,1
per mille del pil o interessi un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione (poco più di
56 mila persone). (riproduzione riservata) Giampiero Di Santo
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ITALIA OGGI
Pizzetti (Autorità garante): le norme già sono attive. Meglio non aspettare il nuovo termine
Milleproroghe anche per la privacy
Dal decreto ennesimo rinvio del documento sulla sicurezza
Dal decreto milleproroghe arriva l'ennesimo rinvio del termine per l'introduzione del documento programmatico
di sicurezza. In questo caso, quindi, le cosiddette ´milleproroghe' non riguardano il testo della Finanziaria
approvato giovedì scorso, ma, ironia della sorte, la formula descrive perfettamente l'Odissea, di rinvio in rinvio,
che sta affrontando il documento programmatico di sicurezza, una delle misure di sicurezza più importanti. Il
governo, infatti, ha nuovamente prorogato, questa volta al 31 marzo 2006 (il termine precedente era il 31
dicembre), la data entro la quale devono essere adottate le misure minime di sicurezza. Ma non è finita: le norme
principali sulle misure di sicurezza già sono in vigore. Meglio muoversi subito, piuttosto che confidare in rinvii e
restare esposti a eventuale contenzioso per le omissioni nella custodia dei dati, o alle incursioni della guardia di
finanza. Sugli obblighi in questione, sullo spamming e sui provvedimenti nell'agenda del garante per la
protezione dei dati personale ItaliaOggi ha intervistato il presidente dell'Autorità, Francesco Pizzetti.
Domanda. Il governo oggi ha nuovamente rinviato, questa volta al 31 marzo, il termine entro cui devono essere
adottate le misure minime di sicurezza, tra le quali il documento programmatico di sicurezza dei dati personali.
Che cosa pensa dell'ennesimo differimento del termine?
Risposta. Naturalmente sono contrario a questo nuovo rinvio, Mi consola solo che si tratta di un rinvio molto
breve. Quella sul documento programmatico e sulle misure di sicurezza è una normativa che ha un valore
assoluto, di civiltà prima di tutto e poi di coerenza con gli impegni europei. Il rinvio non poteva che essere
brevissimo, perché l'Italia, in alcuni settori, già da anni è fuori dal rispetto degli obblighi imposti in materia dalle
norme europee. Il governo e anche la pubblica amministrazione stanno prestando attenzione a questo obbligo,
perché sanno che per noi diventerebbe impossibile non segnalare alla Commissione europea le gravi
inadempienze che l'Italia avrebbe nei confronti dell'Unione, se continuassimo a prorogare questo termine.
D. Può ricordarci, in estrema sintesi, che cosa stabiliscono queste norme, oggetto del rinvio?
R. Questa normativa dice in sostanza che chiunque tratta dati personali deve darsi delle misure per proteggere
questi dati. I dati sono un bene prezioso. Raccontano molto delle persone cui si riferiscono. È importante che
siano protetti. Se per avere un servizio devo dichiarare il mio stato di salute, la composizione del mio nucleo
familiare, il mio reddito, ho diritto che queste informazioni siano protette, che le conoscano solo quelli che hanno
diritto di conoscerle. A maggior ragione quando, per avere un servizio o una prestazione, devo dichiarare una
mia patologia: se sono miope, se ho bisogno di una protesi dentaria o un difetto di deambulazione. Si tratta
quindi di regole richieste da normalissimi principi di civiltà giuridica ed è grave che da molti anni vengano
rinviati sia il termine per l'introduzione dei regolamenti dei dati sensibili nella pubblica amministrazione sia il
termine per l'introduzione di misure minime di sicurezza da parte di tutti gli operatori, pubblici e privati.
D. Perché queste norme sono così importanti?
R. Al di là dei rinvii, spero proprio che tutti gli operatori si rendano conto dell'importanza di avere queste misure
di sicurezza. Si tratta anche di un elemento che aiuta gli utenti, i contribuenti, i cittadini ad avere più fiducia. Non
si tratta di procedure burocratiche. I dati delle persone sono preziosi esattamente come i soldi che hanno in tasca,
i mobili e i quadri che hanno in casa. Stiamo parlando, dunque, di misure assolutamente necessarie.
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D. Come spronerebbe chi si trova combattuto tra l'esigenza di varare il documento programmatico di sicurezza e
la tentazione di adagiarsi sul nuovo rinvio?
R. Io mi sento in tutta tranquillità di consigliare a tutti di muoversi e, se hanno già iniziato a compilare i
documenti richiesti, di continuare. Prima di tutto perché è comunque necessario adempiere a quest'obbligo, la cui
mancata attuazione comporta anche conseguenze di carattere penale. In secondo luogo va ricordato che i dati
sono anche un valore dell'impresa. Il portafoglio clienti tutti l'hanno sempre protetto con grande gelosia e i dati
dei propri clienti sono un patrimonio da tutelare. Dovrebbe essere nell'interesse stesso degli operatori economici
proteggere attentamente questi dati.
D. Forse, per fare chiarezza, è opportuno rimarcare pure che, in realtà, se ancora si attende l'introduzione di un
termine per l'introduzione delle misure minime di sicurezza, le altre misure in materia sono già in vigore.
R. Assolutamente sì. Le norme che regolano l'adozione di misure di sicurezza idonee a prevenire i rischi di
distruzione e perdita dei dati o accessi abusivi agli archivi sono in vigore già da tempo. È chiaro che se si hanno
degli archivi nei quali sono catalogati i dati dei propri clienti li si deve proteggere. Il documento programmatico
sulla sicurezza dovrebbe semplicemente indicare, in maniera formale e ufficiale, oltre che molto sintetica, le
misure che gli imprenditori, i professionisti, la pubblica amministrazione già adottano. Credo che tutti noi ci
aspettiamo che in un tribunale i fascicoli processuali siano protetti e che non vi si possa liberamente accedere,
magari per valutare la causa in cui è coinvolto un vicino. Noi tutti speriamo che il nostro notaio, il nostro
dentista, il nostro medico di famiglia tengano i dati che ci riguardano con le dovute cautele. Quando parliamo di
misure di sicurezza parliamo proprio di questo. Se si usano strumenti elettronici bisogna proteggere i dati
registrati sui propri computer. Si tratta di misure assolutamente ovvie. L'importante è che invece di continuare a
pensare che la privacy è una sorta di nemico burocratico da aggirare si capisca che la privacy chiede
semplicemente l'adempimento di regole che qualsiasi buon professionista, qualsiasi buon imprenditore, qualsiasi
pubblica amministrazione degna di questo nome già dovrebbero avere e che in larga misura già hanno.
Semplicemente la normativa italiana chiede che ci sia una riflessione organica, che si veda se ci sono delle
carenze, che si rifletta anche sulla propria organizzazione pure per valutare se non si stanno accumulando dati
inutili, in proporzioni ben superiori al necessario. Si faccia questa opera di ripulitura sulla propria attività, si
mettano a punto le misure che in larga parte già si hanno e così tutti potranno sapere di vivere in un paese civile,
anche sotto il profilo della protezione dei dati.
D. Uno dei dati che dovrebbe essere conservato con più attenzione è l'indirizzo delle persone. L'indirizzo di posta
elettronica e, per quanto attiene agli sms, il numero telefonico continuano a essere utilizzati senza autorizzazione
da milioni di spammer. Su questo fronte che cosa si è fatto e che cosa si deve fare?
R. Questo è un grandissimo problema, soprattutto perché internet è una rete mondiale e quindi lo spamming è un
fenomeno in larga misura provocato da soggetti esterni al territorio nazionale. In effetti, quando lo spamming
provenga da altri continenti l'attività del garante italiano, e anche dei garanti europei, non può che avere dei
limiti. Da questo punto di vista è veramente un peccato che nel mese scorso il vertice mondiale di Tunisi sulla
società dell'informazione non abbia portato a grandi risultati proprio riguardo al tentativo di dare un governo
condiviso alla rete, perché la vera migliore risposta allo spamming potrebbe essere data a quel livello.
D. Quindi per il momento l'unica cosa che possono fare le vittime dello spamming è ricorrere a un giudice?
R. O rivolgersi al garante. Almeno per quanto concerne i provider nazionali, con il codice di internet cercheremo
di elevare molto le misure di sicurezza anche rispetto allo spamming, tanto che pensiamo addirittura di arrivare al
bollino di certificazione in coerenza con il codice internet.
D. A che punto è l'elaborazione del codice deontologico sui dati trattati in internet?
R. Per quanto concerne il codice su internet il tavolo di lavoro sta procedendo. Avrà una ricaduta esclusivamente
sugli operatori nazionali e quindi avrà dei limiti, considerato che internet è una rete mondiale. Però questo codice
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darà delle risposte e anche aumenterà la fiducia dei cittadini nell'e-commerce, almeno per la parte gestita dai
provider italiani.
D. L'altro testo molto atteso è il codice deontologico sul trattamento dei dati da parte dei datori di lavoro.
R. Naturalmente. Peraltro, ricordiamo che la trattazione dei dati del personale rientra, ovviamente, nella
disciplina introdotta con il codice in materia di protezione dei dati personali.
D. In questo campo molto sentito è il problema dei controlli informatici sui lavoratori, che quest'anno è stato
esaminato da diversi giudici. Qual è l'orientamento del garante per la protezione dei dati personali?
R. Noi abbiamo delle linee molto chiare. Non consentiamo l'uso delle fonti biometriche per il controllo
dell'accesso del lavoratore al luogo di lavoro, salvo che lo specifico tipo di attività lavorativa non possa
richiedere elementi di sicurezza particolarissimi. Da un lato, abbiamo fatto provvedimenti tesi a evitare l'utilizzo
delle impronte biometriche. Dall'altro, con un recente provvedimento inerente a un'industria ad alta tecnologia
avionica, abbiamo consentito l'utilizzo delle impronte sia pure in relazione a un ristretto numero di addetti,
dettando anche interessanti disposizioni molto specifiche sul ricorso a questa modalità di controllo. Tra l'altro,
abbiamo chiaramente escluso le videocamere e ogni possibilità di ricorso al Rfid, le cosiddette etichette
intelligenti, per controllare i lavoratori sul luogo di lavoro.
D. Lei nei mesi scorsi ha lamentato la scarsa attenzione dei sindaci nell'applicazione delle norme a tutela della
privacy dalla videosorveglianza. Su questo fronte sta cambiando qualcosa?
R. La videosorveglianza è uno strumento a cui si ricorre sempre di più, da parte degli operatori pubblici e privati.
Anche in questo campo il rispetto dei provvedimenti dipende soprattutto dall'autoconsapevolezza dei cittadini.
Per noi è fondamentale che ci siano cartelli che avvisino dell'esistenza di videocamere, spieghino l'utilizzo che
viene fatto di questi dati e che i dati vengano conservati per un tempo ragionevole. È questo il cuore del nostro
provvedimento in materia. È chiaro che noi procediamo anche ad attività ispettive e di controllo, perché ormai le
videocamere si contano a decine di migliaia. Da questo punto di vista si pone soprattutto il problema di
un'adeguata informativa ai cittadini e agli operatori. Non sempre è facile spiegare la logica di questi
provvedimenti. Per esempio, è difficile spiegare ai comuni che non possono usare la videosorveglianza per la
sicurezza dei cittadini, perché questo è un compito dello stato. Lo sviluppo tecnologico pone il rischio della
creazione di una società in cui tutti controllano tutti. Questo rischio si combatte anche attraverso la nostra attività
di vigilanza e, soprattutto, mediante una grande opera di informazione e di autoconsapevolezza dei cittadini.
(riproduzione riservata) Guido Pietrosanti
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Civile
La principale riforma è quella contenuta nella legge competitività corretta
Il processo cerca il riscatto
Accorciati i tempi fra udienze e notifiche on-line
Nella riforma del processo civile la prassi ha fatto scuola. Negli interventi di modifica contenuti nella
legge competitività (legge 80/2005), da ultimo corretta dal parlamento con la legge (As 3436 b)
approvata il 21 dicembre e non ancor pubblicata, è riscontrabile la scelta del legislatore di adottare gli
orientamenti giurisprudenziali più stabili e più decisamente rivolti a un'accelerazione dei tempi dei
singoli procedimenti e alla razionalizzazione delle prassi processuali seguite alla novella del 90.
Il legislatore si è avvalso dell'esperienza degli osservatori della giustizia civile che sono sorti in diverse
realtà e dei protocolli condivisi delle prassi d'udienza che alcuni osservatori (Roma e Firenze da ultimi)
hanno elaborato e reso efficacemente operativi così come dell'esperienza organizzativa di alcuni uffici
giudiziari in materia di esecuzioni mobiliari ed immobiliar, Monza e Bologna in particolare. Così le
note caratteristiche della riforma sono la concentrazione della udienza nella prima fase di cognizione,
termini più stringenti per le esecuzioni, la stabilizzazione del cautelare, l'uniformità dei riti di divorzio e
separazione.
Così, dopo la riforma del processo societario caratterizzata dall'introduzione nel nostro ordinamento del
cosiddetto ´pre-trial', mutuato dai modelli anglosassoni, nel corso del quale le parti si scambiano
memorie finalizzate a definire l'oggetto del giudizio decidendo anche l'effettivo avvio del
procedimento, è seguito il progetto di estensione all'intero procedimento di cognizione del modello
societario e infine le modifiche contenute nel cd. decreto competitività (dl n. 35/2005), la cui entrata in
vigore è formalmente fissata per il primo gennaio 2006 ma che potrebbe subire uno slittamento
temporale di qualche mese.
Quest'ultimo intervento normativo riguarda importanti settori del processo civile, non solo il giudizio
ordinario di primo grado ma anche i procedimenti cautelari e il rito relativo ai processi di separazione e
divorzio. Viene infine profondamente innovato il processo di esecuzione.
Mentre le modifiche relative al procedimento cautelare e al processo esecutivo sono coerenti con i
recenti progetti di riforma del processo civile e sono finalizzati a garantire maggiore stabilità e
maggiore celerità ai provvedimenti non espressi in forma di sentenza, l'innesto sul giudizio ordinario di
cognizione è del tutto in controtendenza rispetto al modello del rito societario che il legislatore sia nei
progetti ministeriali che nei testi proposti dalle camere voleva introdurre come generale.
L'esame concreto delle disposizioni modificate in tema di processo di cognizione deve tener conto delle
ultime ulteriori innovazioni dovute all'intervento correttivo contenuto nel testo licenziato al senato il ...
(n. 3436) e che hanno riguardato in particolare proprio il giudizio ordinario di primo grado in
considerazioni dei rilievi sollevati dagli interpreti sul testo della legge n. 80/2005.
Queste le più incisive novità:
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È stato introdotto l'obbligo di motivare espressamente la decisione relativa alla compensazione parziale
o totale delle spese di lite mettendo fine al condivisibile fastidio degli operatori del diritto per
l'orientamento tuttora dominante della giurisprudenza di legittimità dell'irrilevanza della motivazione
sulla compensazione delle spese sull'efficacia e validità del capo corrispondente della decisione.
Un primo forte impulso ´organizzativo' all'accelerazione dei tempi del processo è stato determinato
dalla possibilità di procedere alle comunicazioni di cancelleria a mezzo telefax e posta elettronica (art.
133, 134 e 176 cpc Per rendere operativo il sistema è necessario che il difensore indichi negli atti
introduttivi del giudizio il proprio numero di fax e indirizzo mail. L'omissione è priva di sanzione e non
incide sulla validità dell'atto introduttivo. Anche l'intimazione ai testimoni può essere eseguita
direttamente dal difensore mediante lettera raccomandata o a mezzo posta elettronica ed è prevista un
sistema di validazione dell'atto mediante autocertificazione dello stesso difensore della conformità
all'originale. Modifiche opportune hanno riguardato le notificazioni alle persone giuridiche e agli enti in
generale con la facoltà di procedere immediatamente alla notifica anche al legale rappresentante presso
la sua residenza o domicilio personale, e le notifiche a mezzo posta con la definitiva fissazione di un
diverso momento perfezionativo per chi notifica e per chi riceve l'atto. Per il primo è sufficiente la
consegna all'ufficiale giudiziario per la valutazione della tempestività della notifica per l'altro il
momento in cui viene effettivamente o legalmente a conoscere dell'atto. Questa parte del decreto
competitività è già in vigore. Ma la più rilevante novità riguarda la fase preparatoria del giudizio
ordinario. È stata abrogata la duplicazione della prima udienza (di comparizione e trattazione) e si è
restituito all'udienza ex art. 183 cpc piena centralità dopo aver verificato l'inutilità di uno snodo
obbligato destinato quasi esclusivamente allo smistamento dei fascicoli. Nell'ultima versione della
disposizione relativa all'udienza ex art. 183 cpc è stato eliminato l'obbligo della comparizione personale
delle parti ma anche la necessità della richiesta congiunta (presente nella prima versione della legge n.
80/2005) per poter procedere all'interrogatorio libero delle stesse restituendo ex art 185 cpc il potere di
disporre la comparizione personale delle parti. Ulteriormente rimaneggiato il passaggio alla fase di
ammissione dei mezzi istruttori. Il giudice all'udienza ex art. 183 cpc potrà se richiesto concedere tre
diverse tipologie di termini: il primo per le eventuali modifiche delle domande eccezioni e conclusioni;
il secondo per replicare sul primo e formare mezzi di prova; il terzo per la prova contraria. Le parti
possono limitarsi a richiedere solo gli ultimi due termini ma il giudice non ha il potere di negarli. Non è
stata accolta la richiesta giurisprudenziale di rendere facoltativo il primo termine ma nell'ultima
versione del testo dell'art. 183 c.c. è stata invece escluso l'obbligo di provvedere con ordinanza fuori
udienza consentendo la decisione sui mezzi di prova in udienza in contraddittorio delle parti.
Coerentemente con il processo societario si è conferita stabilità ai procedimenti cautelari diversi dai
sequestri sulla scia del referé francese. Attualmente i provvedimenti cautelari accolti perdono efficacia
se la parte vittoriosa non introduce in untemine perentorio il giudizio di merito. Con il nuovo regime
l'introduzione del giudizio di merito sarà solo facoltativa. Se le parti lo vorranno potranno accettare il
provvedimento emesso. La strumentalità rimane solo per i sequestri e per i provvedimenti aventi
identica natura previsti dalle leggi speciali. È stato inoltre introdotto uno strumento di probabile effetto
deflattivo, la consulenza preventiva. Attualmente gli atti di istruzione (e in particolare la consulenza
tecnica) possono essere anticipati solo se la situazione può modificarsi in corso di processo. Con
l'entrata in vigore dell'art. 696 bis cpc potrà essere richiesta una consulenza tecnica nelle controversie
relative ad obbligazioni contrattuali e da fatto illecito senza limitazioni così riducendo notevolmente i
tempi delle azioni nelle quali si discute solo della quantificazione della pretesa creditoria. Maria Acierno
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La riforma competitività impone ai legali nuovi comportamenti processuali
Avvocati da subito in pista
Pronti su carte e prove senza possibilità di rinvio
Avvocati subito attivi nel processo. Fin dalla prima udienza. Il nuovo processo civile, infatti, entra
immediatamente nel vivo. La nuova prima udienza è dedicata sia alla comparizione delle parti sia alla
trattazione della causa, con ammissione delle prove. E l'udienza per il tentativo di conciliazione si
svolge solo se c'è richiesta congiunta. La contrazione dei tempi e la riduzione del numero delle udienze
potranno portare più in fretta alla assunzione delle prove e quindi all'esito del processo. Se questa è la
tempistica del rito civile, frutto della riforma operata dalla legge 80/2005 e dalla novella approvata dal
senato integrativa e modificativa della legge 80, a cambiare è anche l'approccio dell'avvocato alle
cause.
L'accelerazione dei tempi e il minor numero di udienze, che alla fine risultavano udienze vuote e di
mero rinvio, impongono (almeno sulla carta) all'avvocato di studiare le carte processuale con maggiore
approfondimento fin da subito, senza contare sulla possibilità di rinvio della causa al momento a volte
posticipato di molto in cui la stessa sarebbe stata effettivamente discussa e conosciuta dal giudice e
dalle parti.
La situazione attuale del processo di cognizione è più o meno la seguente. L'attore notifica la citazione.
Segue la udienza di comparizione delle parti. A quella udienza si controlla la regolare costituzione delle
parti e si rinvia all'udienza per il tentativo di conciliazione ex articolo 183 codice di procedura civile.
All'udienza di comparizione non è detto che il giudice abbia preso conoscenza dei termini della
controversia, tanto siamo in una fase in cui non è detto che le parti non concilino.
A seconda delle sedi giudiziarie il rinvio all'udienza per il tentativo di conciliazione può essere più o
meno lungo; in alcune sezioni distaccate di tribunale a volte si assiste a rinvii anche di un anno: un anno
in cui tutto è fermo.
All'udienza fissata per il tentativo di conciliazione, se le parti non si sono messe d'accordo, si assiste ad
un altro rinvio e cioè al rinvio alla udienza di cui all'articolo 184 codice di procedura civile; a questa
udienza ne segue un'altra in cui finalmente comincia l'assunzione delle prove.
In sostanza può esserci una lunga fase in cui il processo sostanzialmente non fa passi avanti e le parti si
limitano a chiedere o a dover chiedere rinvii. Sul tentativo di conciliazione si assiste molto spesso a
scambi di battute tra giudici e parti circa la natura vera o finta del tentativo di conciliazione, a
sottolineare che nella maggioranza dei casi il tentativo è un rituale più che una reale occasione di
definizione della controversia.
Con la novella la prima udienza accorpa sia le formalità di costituzione delle parti sia la trattazione
della causa e l'udienza per il tentativo di conciliazione si svolge solo se richiesto da entrambe le parti.
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Questo significa che l'avvocato deve andare preparato già alla prima udienza. Non solo. A quella prima
udienza è dedicata anche l'ammissione delle prove, che può essere pronunciata in udienza o con
ordinanza fuori udienza. Questo significa che le prove devono essere dettagliate già nell'atto di
citazione e nella comparsa di costituzione.
Con riferimento all'attività istruttoria le parti possono fruire solo di un termine (di venti giorni) per
integrare le richieste di prova contraria.
Una volta esaurita l'attività della prima udienza si passa subito all'udienza di assunzione dei mezzi di
prova.
Insomma può essere che all'assunzione delle prove si arrivi già nella seconda udienza, mentre prima ci
si arriva alla quarta udienza (dopo la prima udienza dedicata alla comparizione parti, la seconda al
tentativo di conciliazione e la terza cosiddetta udienza di ´primo 184').
L'alternativa è che alla udienza di assunzione dei mezzi di prova si arrivi alla terza udienza, dovendo
aggiungersi l'udienza per il tentativo di conciliazione. Ma è bene che i legali abbiano preparato in
maniera approfondita la conciliazione stessa, Insomma, l'udienza per la conciliazione sarà molto
probabilmente intesa come l'udienza in cui si va a verbalizzare l'accordo raggiunto, altrimenti il
comportamento defatigatorio potrà avere strascichi processuali negativi.
La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore, recita il
novellato articolo 185 codice di procedura civile, è valutata negativamente come argomento di prova a
carico. E non è detto che a tali fini non sia interpretata anche la mancata preparazione della udienza per
la conciliazione. (riproduzione riservata) A.Ciccia
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Studi legali al servizio delle esecuzioni
Lo studio legale delegato alla vendita nelle esecuzioni immobiliari si trasforma in studio di servizi. La
delega alla vendita nella procedura di esecuzione immobiliare se da un lato alleggerisce il carico di
lavoro per gli uffici giudiziari, da un altro può fare assumere una natura parzialmente diversa rispetto a
quella classica a quegli studi legali che si dedicheranno a questa attività. Una novità della riforma del
processo civile è appunto quella portata dal riformulato articolo 591-bis del codice di procedura civile
sulle modalità di vendita degli immobili pignorati.
Il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza con la quale provvede sull'istanza di vendita può, sentiti gli
interessati, delegare non solo a un notaio avente preferibilmente sede nel circondario, ma anche a un
avvocato ovvero a un commercialista, iscritti in appositi elenchi, il compimento delle operazioni di
vendita. È evidente che l'avvocato delegato dal giudice non svolge attività di rappresentanza delle parti
e neppure attività di consulenza. Siamo di fronte all'avvocato che svolge attività di ausilio a quella
giudiziaria e quindi coopera con il magistrato. L'avvocato in sostanza non fa l'avvocato, o meglio non fa
l'avvocato in teso in senso classico e cioè il patrocinatore di una parte.
Nella vendita di immobili l'avvocato mette a disposizione il suo studio e quindi la propria
organizzazione per un servizio. Evidentemente non è questo l'unico caso in cui l'avvocato coopera con
la giustizia: si pensi all'avvocato chiamato a svolgere funzioni di curatore del fallimento o tutore di un
interdetto. Anche se va rilevata una differenza. Nell'incombenza di curatore o di tutore l'avvocato è pur
sempre rappresentante del fallimento o del soggetto incapace. Quando l'avvocato svolgerà l'attività di
delegato alla vendita sarà un alter ego del giudice e non il rappresentante di una parte.
L'organizzazione dello studio dovrà essere in grado di realizzare l'attività demandata nei tempi stabiliti.
In sostanza solo gli studi con personale preparato e sufficiente potranno proporsi per una attività
onerosa in termini di risorse organizzative.
Le attività comprese nella delega e sono descritte al novellato articolo 591-bis codice di procedura
civile. Il professionista delegato deve infatti provvedere alla determinazione del valore dell'immobile
tenendo anche conto della relazione redatta dall'esperto nominato dal giudice, all'avviso di vendita, alla
deliberazione sull'offerta e alla gara tra gli offerenti. L'avvocato deve anche curare le operazioni
dell'incanto e di aggiudicazione dell'immobile, e deve provvedere alla deliberazione sulle offerte dopo
l'incanto e sul versamento del prezzo, sulla istanza di assegnazione, alla fissazione del nuovo incanto,
ad autorizzare l'assunzione dei debiti da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario. Seguono le attività
relative alla esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di
trasferimento, alla comunicazione dello stesso a pubbliche amministrazioni nonché all'espletamento
delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie, alla
formazione del progetto di distribuzione e alla sua trasmissione al giudice dell'esecuzione e infine ad
ordinare alla banca o all'ufficio postale la restituzione delle cauzioni e di ogni altra somma direttamente
versata mediante bonifico o deposito intestato alla procedura dagli offerenti non risultati aggiudicatari.
La numerosità delle attività descritte implica che lo studio sia o possa attrezzarsi con personale e risorse
strumentali, espressamente dedicate a questo servizio.
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Divorzi con maggiori garanzie
Due contrapposti modelli processuali si sono affermati nella prassi giudiziaria relativi alla fase iniziale
dei processi di separazione e divorzio. Il cosiddetto rito ambrosiano lanciato dal tribunale di Milano e
seguito da altre sedi giudiziarie, che tendeva a concentrare all'udienza davanti al presidente del
tribunale la fase preparatoria del successivo giudizio a cognizione piena, anticipando la formazione
delle preclusioni processuali; la seconda che distingueva la fase presidenziale di natura sommaria, nella
quale non si producevano preclusioni, destinata essenzialmente all'assunzione dei provvedimenti
temporanei, da quella che si svolgeva davanti al giudice istruttore nel corso del quale le parti potevano
integrare adeguatamente le proprie difese.
Il legislatore ha scelto quest'ultimo modello ritenendolo più garantista operando una scelta non ispirata
alla concentrazione e all'accelerazione dei procedimenti così come è avvenuto in altre parti
dell'intervento normativo mostrando di valorizzare la natura degli interessi in gioco nei conflitti
familiari e la necessità di una loro adeguata trattazione.
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Esecuzioni, ridotto il rischio di ritardi
L'intervento normativo è stato di particolare incisività tecnica e di difficile traduzione semplificata.
Partendo dalle facoltà delle parti è possibile richiedere la sospensione dell'esecutività del precetto
nell'atto di opposizione, finora esclusa dalla Corte di cassazione e consentita dai giudici di merito solo
con ricorso ex art. 700 cpc. Il provvedimento di sospensione emesso ex art. 624 cpc a esecuzione
iniziata è reclamabile e può essere disposta la sospensione del procedimento esecutivo su richiesta
congiunta delle parti fino a ventiquattro mesi (art. 624 bis cpc).
Sono titoli esecutivi anche le scritture private autenticate (art. 474 cpc). L'istanza di conversione del
pignoramento con la quale il debitore può bloccare il procedimento espropriativo può essere proposta
solo prima che sia stata disposta la vendita forzata o l'assegnazione dei beni ai creditori. Si è in questo
modo definitivamente escluso l'uso di tale strumento a meri fini dilatori stabilendo un termine
perentorio di proposizione della stessa. La tutela dei creditori è stata rafforzata anche razionalizzando i
tempi e i modi dell'intervento degli altri creditori (diversi dal procedente) nel procedimento
espropriativo.(art. da 524 a 428 cpc). Possono intervenire anche i creditori che hanno eseguito un
sequestro sui beni pignorati o che abbiano un diritto di prelazione ma la loro partecipazione deve essere
più attiva in modo da non far ricadere tutti gli oneri della procedura solo sul procedente.
Essi sono pertanto tenuti a estendere il pignoramento ad altri beni ove richiesti dal procedente se non
vogliono essere scavalcati nella distribuzione. Le controversie in materia di distribuzione vanno risolte
con ordinanza in modo da non procrastinare eccessivamente la durata del procedimento esecutivo: ma
anche la posizione del debitore si rafforza nel pignoramento presso terzi attraverso la previsione della
limitazione del vincolo per il terzo all'importo del precetto e mediante la possibilità per il debitore di
chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti eseguiti presso più terzi se eccessivi
rispetto al debito.
Significative per la capacità di ricezione di esperienze organizzative virtuose di alcuni uffici giudiziari,
le disposizioni relative alle modalità della vendita senza incanto e con incanto affidabile a terzi
qualificati diversi dai notai (avvocati e dottori commercialisti (iscritti in appositi elenchi previsti dalla
norma), così affidando al giudice dell'esecuzione il compito di controllo e soluzione degli incidenti di
percorso senza gravarlo di attività meramente operative.
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Confronto di ItaliaOggi sulle leggi approvate nelle ultime due legislature e su quelle più discusse
Giustizia, l'Ulivo ha lavorato di più
Nella XIII legislatura varati 96 provvedimenti, 71 nella XIV
Sulla giustizia il centro-sinistra ha lavorato di più del centro-destra, quanto meno sotto il profilo
quantitativo. Nella XIV legislatura, guidata dai due governi Berlusconi, le leggi in materia sono state 71
su un totale di 595 leggi (al 15 dicembre scorso), pari all'11,93%. Nella precedente legislatura (XIII),
invece, sono state approvati 96 provvedimenti su un totale di 906 leggi pari al 10,59%. Come si vede, in
termini assoluti la maggioranza di centro-sinistra ha prodotto un maggior numero di leggi che però,
nella percentuale complessiva dell'impegno riformista, scende di circa due punti. Quasi alla fine della
legislatura in corso (lo scioglimento delle camere è previsto per il 29 gennaio) è possibile tracciare un
primo bilancio complessivo dell'impegno delle due coalizioni in un ambito nevralgico, scosso da
polemiche politiche e da tensioni istituzionali. Polemiche e tensioni che sono senz'altro state
decisamente più accentuate nell'ultima legislatura. Non solo l'opposizione ha denunciato più volte il
ricorso alle legislazione ad personam (si pensi alle norme sul falso in bilancio riformate da ultimo con
la legge sul risparmio, alla legge Cirami sul legittimo sospetto per lo spostamento dei processi, n.
248/02, al lodo Schifani per la sospensione dei processi a carico delle più alte cariche dello stato e per
l'attuazione dell'immunità parlamentare, n. 140/03), fino ad arrivare alla recente legge ex Cirielli sulla
prescrizione breve). Ma tutte queste leggi sono finite sotto la lente della Corte costituzionale, che
tuttavia ha dichiarato l'incostituzionalità del solo lodo Schifani sulla sospensione dei processi perché
lesiva del principio di uguaglianza. Mentre sono ancora sub iudice le recenti ordinanze di rimessione
alla Consulta delle legge ex Cirami su prescrizione e recidiva. Non solo. È il centro-destra a contare una
legge rinviata alla camera dal presidente della repubblica per palese incostituzionalità: quella di riforma
dell'ordinamento giudiziario.
I dati complessivi sulla produzione legislativa sono stati elaborati dalla camera e hanno tenuto conto
delle leggi indicate sotto la voce diritti e giustizia. I risultati finali mostrano appunto nella XIV
legislatura 71 leggi approvate su un totale di 595 leggi, pari all'11,93%.
Delle 71 leggi, 24 sono leggi di conversione di decreti legge, otto sono di ratifiche, quattro concernono
istituzione e proroga di commissioni di inchieste parlamentari. Nella XIII legislatura le leggi sono state
di più in termini assoluti ma meno quelle di conversione di dl. In dettaglio sulla giustizia sono state
approvate 96 leggi su un totale di 906, pari al 10,59%. Di queste, 20 sono leggi di conversione di
decreti legge, 13 sono di ratifica, tre concernono istituzione e proroga di commissioni di inchiesta
parlamentari.
Scorrendo i titoli delle leggi, e al di là del giudizio ´politico' sui singoli interventi, si può individuare un
filo conduttore sia della politica giudiziaria del centro-sinistra, sia di quella del centro-destra.
Segnalando peraltro che alcuni temi trattati nella scorsa legislatura e poi abbandonati per l'incapacità di
ottenere il consenso dei soggetti interessati (si pensi alle riforme sulla separazione delle funzioni o sugli
illeciti disciplinari dei magistrati), sono stati sviluppati e approvati in questa legislatura tra le più accese
polemiche (con la riforma dell'ordinamento giudiziario).
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Nel caso del centro-sinistra, la priorità è stata assegnata alle riforme di razionalizzazione, se pur sotto il
profilo ordinamentale, del servizio giustizia. In questa direzione sono andate le leggi di delega per
l'istituzione del giudice unico (n. 254/97), quella sulle sezioni stralcio (n. 276/97), sulla delega ai notai
in tema di espropriazione forzata (n. 302/98), sulla delega al governo per l'istituzione dei nuovi tribunali
(155/99), sull'aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura (n. 48/01), modifiche
al patrocinio a spese dello stato (n. 134/01). Sui temi, sempre discussi, del diritto penale e delle
garanzie, tappe miliari sono state la riforma dell'abuso d'ufficio (n. 234/97), la depenalizzazione (n.
205/99), la legge costituzionale sul giusto processo (n. 2/99) e la sua attuazione (n. 63/01), le leggi su
indagini difensive (397/2000) e difesa d'ufficio (60/01), la legge Pinto (89/01). Per il centro-destra i
temi cult sono stati la strategia antiterrorismo, la riforma dell'ordinamento giudiziario (ora in fase di
completamento con i decreti delegati), il ´pacchetto ad personam', già ricordato, e l'Unione europea. Tra
le leggi più significative, quelle di conversione dei dl antiterrorismo, la riforma del sistema elettorale
del Csm (44/02) e dell'ordinamento giudiziario (n. 150/2005), le modifiche al patteggiamento (n.
134/03), l'indultino (207/03), il mandato d'arresto europeo (n. 69/05), la recente riforma del processo
civile (n. 89/05) e quella sui reati finanziari (market abuse e reati societari).
Ma sia centro-sinistra che centro-destra hanno fallito l'obiettivo della riforma del codice penale e di
procedura penale. (riproduzione riservata) C.Morelli
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Penale
Alla ripresa in programma inappellabilità delle assoluzioni e legittima difesa
Riforme all'insegna dell'Ue
Approvato il mandato d'arresto e il market abuse
L'anno che sta per chiudersi ha registrato un significativo intervento del legislatore nell'ambito penale,
all'insegna di un rapporto sempre più stringente con la normativa europea. Terrorismo internazionale,
mandato d'arresto europeo, intermediazione finanziaria, impugnazioni, recidiva e prescrizione: questi
gli ambiti maggiormente interessati dalle riforme legislative. In primo luogo va segnalato il pacchetto
antiterrorismo, varato con il dl 27 luglio 2005, n. 144 (convertito con modificazioni dalla legge 31
luglio 2005, n. 155), all'indomani delle stragi londinesi, che ha previsto misure più efficaci per
contrastare il terrorismo internazionale; tra le molte novità di spicco, che hanno inciso su un ampio
ventaglio di norme, va evidenziata l'introduzione nel codice penale di due nuove figure delittuose:
l'´arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale' (articolo 270-quater) e l'´addestramento
ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale' (articolo 270-quinquies), mentre l'articolo
270-sexies, pure di nuovo conio, contiene la definizione delle ´condotte con finalità di terrorismo'.
Viene inoltre rafforzata la procedura per l'identificazione degli stranieri, attraverso la previsione sia di
una nuova figura di delitto all'articolo 497- bis c.p., che incrimina il possesso e la fabbricazione di
documenti di identificazione falsi, sia il prelievo di saliva o di capelli, anche contro il consenso
dell'interessato ma nel rispetto della garanzie individuali. Il dl n. 144 ha inoltre apportato significative
modifiche alla disciplina dell'immigrazione, tra cui la previsione di procedure più snelle sia in materia
di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo affidata al ministro dell'interno, o,
su sua delega, al prefetto, sia con riguardo alla concessione del permesso di soggiorno per lo straniero
che collabori con la giustizia. La legge 22 aprile 2005, n. 69, ha invece dato attuazione, nel nostro
ordinamento, alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002,
relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna fra stati membri dell'Unione europea,
che rafforza la cooperazione giudiziaria finalizzata alle azioni giudiziarie in materia penale o
all'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale; la legge, in
particolare, regola la procedura passiva e quella attiva di consegna, le misure reali, le spese. In questa
linea si colloca anche la legge 14 marzo 2005, n. 41, che detta disposizioni per l'attuazione della
decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione europea del 28 febbraio 2002, istitutiva di Eurojust
per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità. La tutela penale del mercato finanziario è
stata ridisegnata dalla legge 18 aprile 2005, n. 62 (cosiddetta legge comunitaria 2004), che ha recepito
la normativa comunitaria relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del
mercato; numerose sono state le modifiche al T.u. delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria, di cui al dlgs 24 febbraio 1998, n. 58, tra cui l'introduzione, nella parte V, del titolo I-bis,
dedicato all'abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato. Da segnalare, sul terreno
processuale, il dl 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 2005, n.
60, che ha modificato la disciplina relativa all'impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di
condanna, apportando i correttivi all'articolo 175 c.p.p. resi necessari per conformare il diritto interno
alla sentenza del 10 novembre 2004 della Corte europea dei diritti dell'uomo, in modo da garantire il
diritto delle persone condannate nei casi in cui non sono state informate in modo effettivo dell'esistenza
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di un procedimento a loro carico. Sul fronte dell'ordine pubblico, il dl 17 agosto 2005, n. 162
(convertito con modificazioni in legge 17 ottobre 2005, n. 210), ha inasprito le sanzioni, amministrative
e penali, previste dalla legge 13 dicembre 1989, n. 401, per reprimere i fenomeni di violenza in
occasione di competizioni sportive. Il parlamento ha dato il via libera alla cosiddetta ex Cirielli (legge 5
dicembre 2005, n. 251), che ha introdotto profonde modifiche alla disciplina della recidiva e della
prescrizione del reato; da un lato viene previsto un trattamento di maggior severità nei confronti di chi
commette un nuovo delitto non colposo (innalzamento degli aumenti ex articolo 99 c.p., restrizioni in
tema di benefici penitenziari e accesso alle misure alternative alla detenzione); dall'altro vengono
rimodellati i termini di prescrizione dei reati, nel senso di un generalizzato abbassamento rispetto al
sistema previgente. Da segnalare, da ultimo, il varo di tre codici di settore, ciascuno dei quali dotato
anche di un apparato repressivo penale: il codice della proprietà industriale (dlgs 10 febbraio 2005, n.
30); il codice del consumo (dlgs 6 settembre 2005, n. 206); il codice delle assicurazioni private (dlgs 7
settembre 2005, n. 209). Alla ripresa dei lavori parlamentari sono due i provvedimenti all'ordine del
giorno: l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (in aula al senato) e il ddl che allarga le
maglie sulla legittima difesa (in aula alla camera). Stefano Corbetta
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Cassazione, tante sentenze sul rito
Questioni processuali al centro delle decisioni emesse dalla Corte di cassazione a sezioni unite. Nel
2005, infatti, i contrasti che sono stati composti hanno per lo più riguardato l'interpretazione di norme
del codice di rito. Tra le numerose sentenze, da segnalare quella che ha esteso il principio del ne bis in
idem ogniqualvolta si verifichi una situazione di litispendenza, anche in assenza di una sentenza
irrevocabile (n. 34655).
Ancora, la Corte ha affermato il principio secondo cui l'intervenuta prescrizione maturata prima della
sentenza di appello, senza che sia stata né dedotta dalla parte né rilevata d'ufficio dal giudice, non può
essere dedotta né rilevata in Cassazione se il ricorso è inammissibile per mancanza del requisito di
specificità dei motivi (n. 23428).
In tema di patteggiamento le sezioni unite hanno affermato il principio secondo cui all'imputato è
precluso l'appello avverso le sentenze pronunziate ai sensi dell'articolo 448, comma 1, c.p.p. dopo la
chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione, quando ritiene ingiustificato il
dissenso del pm o il rigetto della richiesta da parte sua o di altro giudice, a esclusione dell'appello del
pm nell'unico caso espressamente previsto (n. 36084).
Sul fronte delle misure cautelari personali la Corte ha stabilito che integra una nullità a regime
intermedio, che deve essere eccepita al compimento dell'interrogatorio, l'omesso deposito
dell'ordinanza applicativa di una misura cautelare, della richiesta del pm e degli atti allegati (n. 26798).
Sul terreno delle impugnazioni la Cassazione è intervenuta a proposito della corretta applicazione del
divieto della reformatio in peius, precisando che è violato qualora, nel caso di impugnazione della
sentenza di condanna da parte del solo imputato, il giudice d'appello, pur determinando, per l'esclusione
di una circostanza aggravante, la pena complessiva in misura inferiore a quella inflitta in primo grado,
fissi una pena base più elevata rispetto a quella applicata nel precedente grado di giudizio (n. 40910).
Ancora, le sezioni unite hanno stabilito che il gip, investito della richiesta del pm di rinvio a giudizio,
non può, in applicazione dell'articolo 129 c.p.p., pronunciare, in presenza di una causa di non punibilità,
sentenza di non luogo a procedere ma deve fissare l'udienza preliminare (n. 12283).
Per quanto riguarda il diritto penale sostanziale, da segnalare, in primo luogo, la sentenza in cui la
Cassazione è ritornata sul concorso ´esterno' nel delitto di associazione mafiosa, ribadendone
l'ammissibilità con riguardo al caso di scambio elettorale politico-mafioso, purché la condotta del
politico abbia effettivamente inciso sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative
dell'organizzazione criminale (n. 33748).
Di particolare interesse anche la sentenza che ha affrontato la questione relativa al rapporto tra vizio di
mente e ´disturbi della personalità', i quali possono rientrare nel concetto di ´infermità', purché siano di
consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere,
escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la
specifica condotta criminosa (n. 9163). (riproduzione riservata)
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I prossimi impegni del legislatore dovranno tenere conto della necessità di completare le riforme e
riorganizzare il servizio
Confini precisi nel riparto tra le due giurisdizioni
Normalmente al consuntivo su quanto è stato fatto nell'anno appena concluso si associa un preventivo
su quello che occorre fare (o che si spera verrà fatto) nell'anno iniziato ed è proprio su questa seconda
parte che ci si muoverà nelle poche righe a disposizione.
Le aspettative della giurisdizione amministrativa, che è stata interessata nella legislatura in corso,
essenzialmente, dalle modifiche apportate dalla legge n. 15 del 2005 alla legge n. 241 del 1990, sono,
praticamente, di due ordini: organizzative e ordinamentali, entrambe ispirate all'esigenza di proseguire,
se non di portare a compimento, quel processo di cambiamento iniziato nella legislatura precedente e
arrestatosi in quella corrente.
Prima delle nuove disposizioni in tema di silenzio, accesso, nullità dell'atto amministrativo e
motivazione del medesimo, recettive in buona parte di principi affermati dal giudice amministrativo, vi
è la legge n. 205 del 2000.
Questa ha inciso, infatti, in modo sensibile sulla precedente situazione della giustizia amministrativa,
tirandola fuori della stagnazione in cui versava. Dal 1971, anno dell'introduzione legislativa (per
l'introduzione effettiva si è dovuto attendere fino al 1974) di un giudice di primo grado dislocato sul
territorio e a più diretto contatto con le persone, le imprese e le amministrazioni pubbliche, non si erano
registrate modifiche legislative di un qualche rilievo, in un plesso che pure aveva conosciuto una
crescita esponenziale rispetto alle previsioni iniziali.
Con la legge n. 205 del 2000, invece, è stato raccolto, sia pure in parte, l'intenso dibattito che si è
sviluppato nel paese, sia in materia d'organizzazione (ove si è posto l'accento sull'esigenza di un più
spinto decentramento e sulla semplificazione amministrativa, della quale la celerità costituisce un
pilastro) sia all'interno della cosiddetta Commissione bicamerale ove si è posto l'accento su
un'organizzazione più rispondente ai caratteri della giurisdizione per quello che riguarda l'indipendenza
e l'autonomia anche dei giudici speciali.
Sul primo fronte, quello delle celerità, va registrata l'introduzione di un circuito giurisdizionale più
accelerato per le materie ritenute di maggiore impatto economico (atti delle autorità di garanzia, appalti
pubblici, progettazione, incarichi) e sociale (atti del Consiglio superiore della magistratura) e lo
snellimento dello stesso processo amministrativo soprattutto attraverso l'introduzione del meccanismo
dei ´motivi aggiunti' che ha comportato un addolcimento del sistema impugnatorio ammettendo che gli
ulteriori sviluppi di una questione già sottoposta all'esame del giudice amministrativo venissero portati
avanti a lui senza la necessità dell'apertura di un nuovo contenzioso ma prevedendo più semplicemente
l'ampliamento di quello già incardinato.
Sul secondo fronte va, invece, registrata una diversa composizione dell'organo d'autogoverno della
magistratura amministrativa che per la prima volta si è avvalso di quattro componenti laici nominati dai
due rami del parlamento e di un diverso numero di togati.
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Storia infelice è, invece, quella dell'attribuzione al giudice amministrativo di un contenzioso che
superasse la rigida dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo e si fondasse su un diverso riparto
per blocchi di materie, tale da evitare a chi ricorre a esso situazioni rompicapo quali ad esempio la
necessità di sottostare anche a cinque gradi di giudizio (due amministrativi e tre ordinari) prima di
ottenere la parola definitiva.
Una Corte costituzionale rigida custode della lettera della Costituzione ha richiamato, nella sentenza n.
204 del 2004, quella dicotomia appena segnalata, come unica base dell'azione del legislatore ordinario,
al fine di ricondurre la giurisdizione amministrativa entro i suoi ambiti storici.
Non può, peraltro, sottacersi che alla riconduzione entro tale ambito storico ha contribuito e
contribuisce lo stesso giudice amministrativo, per come si muove e si è mosso, ad esempio, in tema di
risarcimento del danno, ove, spesso, nella sua azione sembra ispirato da particolare cautela,
probabilmente, in considerazione del ruolo di supremazia che riconosce alla parte pubblica del giudizio
che si celebra avanti a lui.
Basterebbe soffermarsi sulle difficoltà incontrate nell'individuazione del giudice competente nella
materia che impropriamente viene ancora definita del pubblico impiego dove solo quattro anni dopo il
nuovo riparto e senza che si possa dire di essere arrivati alla parola fine, si è potuto stabilire quale sia il
giudice competente nel caso dei concorsi per capire che queste oscillazioni e questi dubbi sono destinati
a creare sfiducia nella giurisdizione e procurano costi aggiuntivi per il sistema, e che essi potrebbero
essere superati proprio attraverso un riparto di giurisdizione che facesse riferimento ai blocchi di
materie.
Tuttavia, non potendosi prescindere dall'insuperabile vincolo costituzionale e volendo rivolgere lo
sguardo verso soluzioni effettivamente praticabili, si potrebbe dire che compito del prossimo
legislatore, sul piano dell'organizzazione, dovrebbe essere quello di riportare entro tempi accettabili
anche il contenzioso relativo a materie che non hanno avuto la fortuna di rientrare nel circuito
accelerato e che in molti casi non sono di inferiore rilievo economico, prevedendo, tra l'altro,
l'approvazione delle sezioni stralcio per l'eliminazione del contenzioso arretrato, così come era stato
proposto e condiviso da tutte le forze politiche operanti alla conclusione della precedente legislatura
mentre sul piano ordinamentale dovrebbe essere individuata una soluzione a quello che si è rivelato un
problema di particolare gravità, vale a dire, la giurisdizione del giudice amministrativo sui suoi atti,
cioè un giudice che giudica se stesso. Linda Sandulli
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ITALIA OGGI
Dal 16 al 18 gennaio penalisti in astensione
Ex Cirielli, tre giorni di sciopero
Tre giorni di astensione dalle udienze per protestare contro la legge ex Cirielli, che ha tagliato i tempi
di prescrizione dei reati e irrigidito la recidiva (legge n. 251 del 5 dicembre 2005, G.U. n. 285 del 7
dicembre 2005). Il 16, 17 e 18 gennaio 2006 i penalisti sciopereranno per protestare ´contro una legge
regressiva, frutto di una concezione tanto sorpassata nel pensiero giuridico quanto propria dei sistemi
autoritari'.
Sotto accusa soprattutto le disposizioni sulla recidiva che ´liquidano di fatto, per una larghissima parte
di detenuti, ogni possibilità di recupero e reinserimento'. Per i penalisti il doppio binario che già
comprime il diritto al giusto processo per imputati accusati di particolari delitti è divenuto ´sistema
d'elezione anche dal punto di vista sostanziale. La concreta ed evidente ingiustizia di molte delle norme
contenute nell'ex Cirielli ha già prodotto l'effetto, e ancora più lo produrrà se questa legge non verrà
radicalmente modificata, di colpire gli imputati e i condannati appartenenti alle categorie sociali più
deboli'. Per l'Ucpi la sottovalutazione di questi effetti è stata talmente evidente e plateale che persino
esponenti di primissimo piano del governo hanno chiesto la modifica delle norme il giorno dopo la loro
entrata in vigore.
Inoltre, i penalisti ricordano come ´autorevole dottrina ha parlato di applicazione della colpa d'autore,
concetto caro ai sistemi più autoritari e repressivi. ´L'avvocatura penale italiana non può assistere
silente di fronte a ciò e per questo, dopo averlo fatto per prima e in solitudine durante l'iter
parlamentare, ha deciso di ribadire la sua protesta: la legge ex Cirielli è indegna del nostro ordinamento,
perché è l'apoteosi, antistorica e incostituzionale, del diritto diseguale', sottolinea la giunta dell'Ucpi.
Non solo. A dispetto delle ´sbandierate' finalità di compressione del termine di prescrizione dei reati
l'effetto della normativa sarà quello di rendere di fatto imprescrittibili una lunga serie di reati, per i
quali non viene previsto un limite massimo nel caso di interruzione della prescrizione, ovvero quello di
allungare la prescrizione nel caso di reati commessi da particolari soggetti, in definitiva trattati da
´presunti colpevoli'; e ciò fino a raggiungere periodi di tempo lunghi anche molte decine di anni, con
evidente quanto inaccettabile vanificazione delle stesse ragioni di tale istituto.
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Decreto ingiuntivo on-line
Due ore per un decreto ingiuntivo, al posto di una settimana. Il 22 dicembre scorso, nell'ambito della
prima sperimentazione del processo civile telematico, si è dato corso alla prima procedura
informatizzata per ottenere un decreto ingiuntivo. Alle ore 12,36 risultava inviato in formato elettronico
al tribunale di Bologna un ricorso per decreto ingiuntivo. Alle ore 15,30 era emesso decreto ingiuntivo
in formato elettronico di importo pari a euro 13.546,11. Così la scansione delle attività del tribunale:
deposito da parte dell'avvocato alle ore 12,36; l'iscrizione al Rg è avvenuta alle ore 12,55;
l'assegnazione al giudice alle ore 12,58; la presa visione alle ore 14,45 e la decisione alle 15,30. Dopo
sette minuti la pubblicazione in cancelleria.
Quella di Bologna è la prima sperimentazione di una tranche di processo civile, afferente ai decreti
ingiuntivi, che è caratterizzata da una sostanziale semplicità nell'esclusivo rapporto avvocato-giudice.
Attualmente nel capoluogo emiliano sono 15 gli avvocati che hanno accesso al processo perché
registrati sul punto di accesso del ministero. A gennaio la sperimentazione arriverà a Catania, altra sede
pilota, mentre a Napoli è stato attivato Polis web che consente peraltro di consultare a distanza anche i
dati dei registri di cancelleria di Bologna e Catania.
Intanto il ministro guardasigilli ha già formato il decreto sul modello informatico del decreto ingiuntivo
in corso di pubblicazione.
La strada per il processo telematico è ancora lunga ma almeno i primi passi si stanno compiendo.
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IL SOLE 24 ORE
Processi lumaca/ Le Sezioni unite della Corte di Cassazione chiariscono che il diritto all’indennizzo
nasce prima della legge Pinto
L’ equa riparazione diventa retroattiva
ROMA. La Corte di cassazione allarga le maglie sull'equa riparazione.
E, cambiando l' orientamento sinora seguito, ammette che il diritto al risarcimento per l'eccessiva durata
del processo trova il suo fondamento nella
Convenzione dei diritti dell'uomo e non nella legge Pinto, che ha disciplinato la materia a partire dal
2001. La decisione è stata presa dalle Sezioni unite della Corte con la sentenza n. 28507 depositata il 23
dicembre (di prossima pubblicazione su «Guida al Diritto»).
La Cassazione aveva sempre negato che il diritto all'equa riparazione fosse retroattivo, considerando
che l'assenza di una norma specifica nella legge 89/2001 fosse decisiva in questo senso. Così era stata
sempre esclusa la nascita del diritto in capo a un soggetto deceduto prima dell'entrata in vigore della
legge e, di conseguenza, la sua trasmissibilità agli eredi. Una linea che doveva essere fatta valere anche
se la parte, poi deceduta, aveva già proposto ricorso alla Corte di Strasburgo perché la riparazione
prevista dalla normativa comunitaria non costituiva un diritto azionabile davanti a un giudice diverso da
quello europeo. A corroborare questa posizione c'era anche la considerazione della norma transitoria
prevista dalla legge Pinto che consentiva solo una limitata applicazione retroattiva con esclusivo
riferimento a quei giudizi per i quali c'era già stato un tempestivo deposito del ricorso davanti alla Corte
di Strasburgo.
Ora, però, chiariscono le Sezioni unite, deve essere prestata una maggiore attenzione a quelle pronunce
della stessa Cassazione che hanno identificato il fatto costitutivo dell'equa riparazione proprio nel
mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo stabilito dall'articolo 6 della
Convenzione dei diritti dell'uomo: in questo senso andava escluso che la legge Pinto avesse disciplinato
un caso diverso da quello stabilito dalla Convenzione. La legge 89/2001 assumerebbe rilievo per avere
definito una via di ricorso interna, prima inesistente, diretta ad assicurare una tutela pronta ed efficace
alla vittima della violazione del canone di ragionevole durata del processo.
Ad assumere rilevanza sono piuttosto le norme della legge 848 del 1955 che ha ratificato e resa
esecutiva nel nostro ordinamento la Convenzione stessa: di qui la natura esecutiva delle norme pattizie
più volte riconosciuta dalla stessa giurisprudenza della Cassazione. Deve così essere sottolineato il
principio per cui «il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla legge nazionale coincide
con la violazione della norma contenuta nell'articolo 6 della Convenzione, di immediata rilevanza nel
diritto interno»,
Le Sezioni unite respingono, poi, la distinzione tra diritto a un processo di ragionevole durata e diritto
all'equa riparazione, che sarebbe stato introdotto solo nel 2001 in seguito alla legge Pinto.
Per la sentenza, infatti, «la tutela assicurata dal giudice nazionale non si discosta da quella
precedentemente offerta dalla corte di Strasburgo, alla cui giurisprudenza è tenuto a conformarsi il
giudice nazionale»,
Dal cambiamento di indirizzo deriva che il diritto all'equa riparazione va riconosciuto anche a favore
degli eredi della parte che ha introdotto il giudizio prima dell'entrata in vigore della legge Pinto. Con il
solo limite che la domanda di risarcimento non sia già stata proposta alla Corte di Strasburgo e che
questa si sia pronunciata sulla sua ricevibilità.
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La sentenza però fornisce anche chiarimenti sull' applicazione dell'equo indennizzo al processo
amministrativo. Il diritto al risarcimento per l'eccessiva lunghezza del giudizio amministrativo è già
stato affermato da una sentenza della stessa Cassazione (la n. 23187 del 13 dicembre 2004), ma ora le
Sezioni unite spiegano in quale maniera deve essere individuato il momento iniziale dal quale fare
decorrere la durata del procedimento instaurato prima della legge di riforma del 2000.
In questione c'era il rilievo da dare all'istanza di prelievo del ricorso da] ruolo, quell'atto che ha il solo
fine di fare dichiarare il ricorso urgente per ottenerne la trattazione anticipata, La giurisprudenza sinora
prevalente aveva ritenuto che non potessero essere attribuiti all' amministrazione della giustizia i ritardi
imputabili alla negligente condotta della parte che non ha utilizzato lo strumento acce1eratorio a sua
disposizione, attribuendo così un peso decisivo alla presentazione dell'istanza. Una rilevanza che invece
è adesso negata dalle Sezioni unite che mettono in evidenza, piuttosto, come la presenza di strumenti di
sollecito non sospende ne rinvia il dovere dello Stato di pronunciarsi sulla domanda.
GIOVANNI NEGRI
29/12/2005
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ITALIA OGGI
La commissione giustizia di Montecitorio dovrà tentare di mettere a punto un nuovo testo base
Penitenziari, si riparte dall'indulto
Troppo stretta la strada per un'amnistia. Si tenta l'accordo
Nei primi giorni di gennaio, a partire dal 10, la commissione giustizia della camera dei deputati dovrà
terminare l'esame dei progetti di legge su amnistia e indulto pendenti in commissione, nonché
predisporre un testo che, come sollecitato dal presidente Pierferdinando Casini, dovrà essere
direttamente posto al voto dell'aula. Il presidente della commissione giustizia Gaetano Pecorella dovrà
cercare di costruire un testo unificato che riesca ad avere il consenso dei due terzi dell'assemblea, come
prescritto dall'articolo 79 della Costituzione. È questo l'esito della seduta straordinaria della camera dei
deputati sull'amnistia e l'indulto tenutasi lo scorso martedì 27 dicembre su proposta dell'onorevole
Roberto Giachetti (Margherita) e di altri 205 deputati. Il dibattito ha evidenziato posizioni articolate
così riassumibili: Forza Italia, Rosa nel pugno, Pdci, Rifondazione comunista, Verdi favorevoli a un
provvedimento di amnistia e indulto i più ampi possibili. Ds e Margherita disponibili a votare il solo
provvedimento di indulto affinché si estinguano le pene e non i reati. Udc e Udeur si dichiarano
favorevoli alla clemenza ma affermano che oggi non vi sono le condizioni politiche per raggiungere il
risultato. Lega e Alleanza nazionale restano fermamente contrarie. Il dibattito parlamentare su un
provvedimento di clemenza ha origini lontane, addirittura risalenti alla precedente legislatura, quando,
in occasione del Giubileo, il tema irruppe con forza nell'agenda politica. Nella tredicesima legislatura,
però, non se ne fece niente, nonostante una discussione durata oltre un anno e mezzo.
Il tema è stato immediatamente riproposto in questa legislatura. Solo alla camera pendono 21 progetti di
legge. Dieci sono i disegni di legge invece presentati al senato. La prima seduta della commissione
giustizia di Montecitorio sul tema amnistia-indulto si è tenuta il 3 dicembre 2002. Ne sono seguite altre
12, tutte molto ravvicinate nel tempo. In quei giorni papa Giovanni Paolo II aveva invocato alle camere
riunite in seduta congiunta un atto di clemenza per i detenuti. Dal 21 gennaio 2003 al 12 aprile 2005 la
commissione non ha più affrontato il tema delle clemenza. Il provvedimento di sospensione
condizionata della pena (cosiddetto indultino) approvato nell'agosto del 2003 ha le caratteristiche infatti
di una misura alternativa concedibile una tantum in automatico piuttosto che di un provvedimento di
indulto vero, come il nome parrebbe richiamare. L'indultino ha determinato circa 8 mila scarcerazioni.
Nonostante ciò il numero di detenuti è cresciuto esponenzialmente negli ultimi tre anni. Dai 53 mila che
erano nei giorni antecedenti l'approvazione dell'indultino si è arrivati agli attuali 60 mila. Tutto questo
perché quel provvedimento, a causa di compromessi e mediazioni, era eccessivamente cauto e rigoroso.
La seduta del 12 aprile 2005 avveniva in piena discussione della proposta di legge, poi definitivamente
approvata, sulla prescrizione e sulla recidiva. I veti incrociati tra le forze politiche hanno impedito che il
tema fosse ulteriormente discusso. Il lavoro quindi di sintesi affidato al presidente Pecorella non è dei
più facili. C'è chi propone (Paolo Cento, Verdi) l'amnistia per ogni reato per il quale è prevista una pena
detentiva non superiore a cinque anni, purché nei cinque anni successivi non commetta nuovo reato,
nonché l'indulto per reati commessi con finalità di terrorismo. C'è chi (Giuliano Pisapia e Giovanni
Russo Spena, Prc) propone un'amnistia per reati che prevedono una pena fino a quattro anni e un
indulto di tre anni. C'è chi (Anna Finocchiaro, Ds) chiede una misura di indulto revocabile da
concedersi nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive inflitte ai condannati che hanno
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subito, in relazione al processo che si è concluso con l'irrogazione della pena della reclusione, la
restrizione massima della libertà personale per un periodo non inferiore a sei mesi. Tra le proposte più
recenti vi è quella di Giuseppe Fanfani (Margherita), che propone un indulto di sei mesi, per le pene da
scontare, ancorché residuo di maggior pena, pari o inferiori a tre anni; di otto mesi, per le pene da
scontare, ancorché residuo di maggior pena, pari o inferiori a cinque anni; di un anno, per le pene da
scontare, ancorché residuo di maggior pena, superiori a cinque anni. Danilo Moretti (Forza Italia),
invece, a un'amnistia per i reati con pene non superiori a cinque anni e a un indulto di cinque anni
aggiunge il condono delle sanzioni disciplinari antecedenti al 2002. In tutte le proposte sono previste
eccezioni e ipotesi di revoca.
Il dibattito deve tenere conto di una situazione penitenziaria drammatica. Le condizioni igienicosanitarie sono compromesse dal tasso di sovraffollamento. Negli istituti penitenziari vi sono 17 mila
persone in più rispetto ai posti letto regolamentari. Un provvedimento di indulto generalizzato di tre
anni farebbe uscire dalle carceri 23 mila detenuti riportandole, seppur provvisoriamente, in una
condizione di legalità. (riproduzione riservata) Patrizio Gonnella
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