Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
17 - 19 giugno 2006
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: L’arresto lo da oggi il Procuratore capo
(il messaggero)
Pag. 4 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Gennaro, presidente Anm: «Speriamo duri
poco,potremmo anche scioperare» (il messaggero)
Pag. 5 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Randazzo, presidente Camere Penali: «E’ una
riformetta e vogliono cancellarla» (il messaggero)
Pag. 6 AVVOCATURA: Speriamo che sia femmina (diritto e giustizia)
Pag. 8 AVVOCATURA: Donne avvocato, troppi ostacoli (italia oggi)
Pag. 9 AVVOCATURA: Consiglio nazionale forense Giornata europea delle Donne
Avvocato - Complesso monumentale di S. Spirito in Sassia - Roma - 16 giugno
2006 - Relazione del presidente del Cnf di Guido Alpa (diritto e giustizia)
Pag.13 PROFESSIONI: Professioni, la riforma fa gola a tutti (italia oggi)
Pag.14 PROFESSIONI: Chi dovrà fare che cosa (italia oggi)
Pag.15 ORDINI: Cresce la voglia di ordine (italia oggi)
Pag.16 PRIVACY: Regolamento privacy in dirittura (italia oggi)
Pag.17 STUDI LEGALI: Il segreto del successo degli studi (italia oggi)
Pag.18 EUROPA: La prova si cerca oltre confine (il sole 24 ore)
Pag.20 EUROPA: La cornice normativa (il sole 24 ore)
Pag.21 CONVEGNI: Meeting point (diritto e giustizia)
19/06/2006
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IL MESSAGGERO
Giustizia/Torna la gerarchia nel ruolo del pubblico ministero. Diventa obbligatoria l’azione disciplinare
nei confronti dei giudici
L’arresto da oggi lo chiede il Procuratore capo
Via alla riforma che Mastella vuole modificare. Ai vertici degli uffici il potere di controllare le
inchieste
ROMA -Se si volesse cominciare con un esempio pratico, per spiegare la riforma della giustizia che
comincia a entrare in vigore da oggi, basterebbe dire che arrestare Vittorio Emanuele sarebbe stato più
complesso, più burocratico, più articolato. Perché il pm che indaga, Woodcock, avrebbe dovuto
chiedere e ottenere il permesso del suo procuratore capo. Si chiama "gerarchizzazione" delle Procure;
qualcosa di simile funzionava nei tribunali d'Italia molti anni fa, ed era stata abolita. Adesso si torna
all'antico, in qualche maniera. E i pm dovranno rendere conto alloro superiore diretto di tutto, o quasi,
quello che fanno nel corso delle loro inchieste. Soprattutto saranno costretti a raccogliere le indicazioni
e i suggerimenti inyestigativi che arrivano dall'alto, dal procuratore, e in caso contrario rischieranno di
vedersi sollevati dal caso. Sempre il capo dell'ufficio sarà l'unico a poter parlare con gli organi di
informazione, con la stampa e le tv, per dare informazioni sulle inchieste che destano allarme sociale.
Ma la parte più delicata riguarda l'accentramento nelle sue mani dei cordoni della borsa per le spese
relative alle indagini: potrà dunque decidere su quali casi "investire" più denaro; anche per le
costosissime intercettazioni telefoniche, ad esempio. E in questo modo avrà il potere di scegliere quali
procedimenti privilegiare e a quali altri dedicare invece meno risorse.Il secondo decreto-cardine "di
questa riforma dell'ordinamento giudiziario tanto odiata dai magistrati riguarda proprio loro, anzi le
loro carriere. E' la parte che modifica il sistema dei procedimenti disciplinari e impone ai capi degli
uffici di trasmettere alla Procura Generale della Cassazione tutti gli esposti che arrivano contro i
magistrati, nessuno escluso. Per ognuno di questi sarà poi istruito un procedimento autonomo che finirà
all'esame del Csm. Tra le condotte dei magistrati che possono essere sanzionate c'è il danno ingiusto ad
una delle parti del processo, il travisamento di fatti dovuto a negligenza e l'ingiustificata interferenza
nell'attività giudiziaria di un altro magistrato. Anche il sistema delle sanzioni per le toghe è stato rivisto:
saranno suddivise in cinque differenti tipologie, a seconda della gravità dei comportamenti: si va dalla
semplice censura alla rimozione, passando per la perdita dell'anzianità, alla incapacità a esercitare un
incarico direttivo o semidirettivo e alla sospensione delle funzioni. E' inoltre previsto anche il
trasferimento d'ufficio nel caso in cui un magistrato abbia tenuto una condotta che rende inopportuna la
sua permanenza nella sede giudiziaria in cui operava. Un altro capitolo della riforma riguarda le
"condotte esterne" alla funzione di magistrato, che possono provocareugualmente un procedimento
disciplinare, ad esempio il coinvolgimento nell'attività di centri politici o finanziari, se in qualche modo
possono compromettere l'immagine di autonomia del magistrato stesso. Ad appesantire il clima di
questi primi giorni di applicazione della riforma, c'è anche l'aspettativa dei magistrati circa la rapida
cancellazione di queste stesse norme. Il ministro Mastella lo ha annunciato, ma lo strumento legislativo
scelto (il disegno di legge) non garantisce effetti immediati; così i magistrati si ritrovano a dover
applicare delle norme che sono già state sconfessate dal governo in carica e che saranno -o dovrebbero
essere - presto congelate. Che la tensione sia alle stelle lo conferma il fatto che tutti gli operatori del
diritto, giudici e avvocati, sono in agitazione; sia pure per motivi opposti. I penalisti si asterranno dalle
udienze il prossimo 27 giugno, mentre i vertici dell'Anm accarezzano l'idea di proclamare il sesto
sciopero contro questa riforma, che poi .sarebbe il primo contro il nuovo governo di centrosinistra.
Massimo Martinelli
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IL MESSAGGERO
I magistrati
Gennaro, presidente Anm: «Speriamo duri poco,potremmo anche scioperare»
ROMA -Presidente Gennaro, da presidente dell'Anm condivide la provocazione del procuratore
Spataro di non applicare la riforma perchè tanto durerà poco?
«Noi speriamo che duri pochissimo, tuttavia dobbiamo rappresentarci il rischio che gli effetti negativi
cominceranno a prodursi da oggi, e quindi crediamo che questo sia un motivo sufficiente per tenere
desta l'attenzione di tutta la magistratura su questa riforma>.
Lei lo spera soltanto o ci crede anche, che durerà pochissimo?
<<Per quanto riguarda gli interventi annunciati dal Parlamento credo che dovremo attendere la fine di
luglio per vedere se davvero riusciranno a varare una norma che sospenda l'efficacia di questi
provvedimenti che entrano in vigore in questi giorni e poi alla fine di luglio, con la disciplina sugli
esami»
Intanto siete in agitazione; servirà?
«E' un momento di grande fibrillazione, siamo in agitazione e da qui a qualche settimana ci
interrogheremo per verificare il percorso del disegno di legge che dovrebbe fermare la riforma. »
Significa che lo sciopero non è escluso? _
«No, assolutamente non è escluso. Vediamo come evolve la situazione».
La preoccupa di più la norma sulla gerarchizzazione delle procure oppure quella sui procedimenti
disciplinari a carico delle toghe?
«La gerarchizzazione è un male che può essere contenuto dall'interpretazione che daranno i capi degli
uffici alla riforma che sta per entrare in vigore. Mi preoccupa di più l'altra norma, perchè introduce
l'obbligo per i Procuratori di segnalare tutti i fatti che potrebbero potenzialmente assumere rilievo
disciplinare».
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IL MESSAGGERO
Gli avvocati
Randazzo, presidente Camere Penali: «E’ una riformetta e vogliono cancellarla»
ROMA –Avvocato Randazzo, le Camere Penali che lei presiede protestano per l'annunciata
sospensione di questa riforma. Ma non avete protestato anche quando è stata varata?
«Noi siamo sempre stati contrari alla "riformetta" dell'ordinamento giudiziario, così come l'abbiamo
definita, soprattutto per la parte sulla separazione delle carriere, che tradisce le aspettative di quanti
credono nell'attuazione dei principi costituzionali di terzietà del giudice, limitandosi ad una modesta
sottolineatura della distinzione delle funzioni».
E adesso che il ministro Mastella la vuole sospendere perché protestate?
«Perché vorrebbero cancellare d'urgenza persino quel pochissimo che c'era stato dato sulla
gerarchizzazione degli uffici giudiziari e sui procedimenti disciplinari contro i magistrati. Facendo una
inversione di rotta reclamata dagli stessi magistrati, che ha un significato politico estremamente grave,
oltre a rendere evidente la genuflessione del governo alle logiche dell’Anm».
Il Guardasigilli Mastella le sembra genuflesso all'Associazione Magistrati?
«A questo punto non parlo di Mastella; più di lui è il governo che sta assumendo questa linea, andando
ben aldilà di quello che il programma dell'Ulivo prevedeva».
Però nel programma questa controriforma era annunciata.
«Nel programma si parlava di sospensione della parte in grave contrasto con i principi costituzionali.
Adesso vogliono sospendere tutto».
Intanto il 27 vi astenete dalle udienze. E dopo?
<Il 27 giugno sarà un'astensione esplorativa. Se non vedremo segnali di dialogo siamo pronti a
intraprendere forme di protesta ben più forti e dure».
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Speriamo che sia femmina
Conciliare le peculiarità femminili con le necessità e gli impegni propri dell’esercizio della professione
forense. È questo lo scopo che si propone la prima giornata europea delle donne avvocato organizzata
dal Cnf a Roma venerdì 16 e sabato 17 giugno presso il complesso monumentale di Santo Spirito.
Le donne avvocato nel campo penale. Sono circa 80 mila le donne che esercitano in Italia la
professione forense e contano, in cinque anni, di superare i colleghi uomini. Se prima le professioniste
forensi erano «confinate per malintesa indole» ai diritti civili o a quelli di famiglia, dagli anni Novanta
le professioniste hanno saputo apprezzarsi anche nel campo penale, si pensi al caso Ricucci,
all’omicidio del piccolo Tommaso, al processo di Giulio Andreotti, al serial killer Donato Bilancio e
alle “bestie di satana”. Dietro tutti questi casi c’è sempre una donna avvocato.
Gli ostacoli e le possibili soluzioni. «Certamente qualcosa, nel meccanismo delle pari opportunità in
ambito forense, deve essere migliorato – ha ammonito il presidente del Cnf Guido Alpa – se è vero che
all’accesso della professione non ci sono assolutamente discriminazioni ma che poi in corso d’esercizio,
le peculiarità femminili fanno sentire in negativo tutto il loro peso. Ad esempio incoraggiare una
maggiore partecipazione delle donne alla vita e alle attività delle istituzioni interne alla professione
forense».
Da due anni a questa parte, dall’inizio dell’attuale consiliatura e dall’insediamento della Commissione
per le pari opportunità nella sua nuova composizione, il Cnf, ha chiarito Alpa nella sua relazione (qui
leggibile nei documenti correlati) ha continuato a diffondere la cultura della parità nell’esercizio della
professione forense, ma non solo. Via del Governo Vecchio ha anche varato due progetti, il Maga
(Mainstreaming di genere nell’Avvocatura italiana) e Sfida (sviluppo al femminile: l’impresa e le
donne avvocato). Il Consiglio nazionale forense ha siglato, inoltre, un protocollo d’intesa con il
ministero delle Pari opportunità. Del resto, il Cnf ha promosso anche iniziative dirette a verificare sul
campo la situazione in cui versano le donne avvocato.
«Un intero secolo non è bastato – ha detto ancora il leader del Cnf – a raggiungere effettivamente la
parità, e, se siamo ancora qui a discutere sulla promozione di azioni positive e sulla condizione
deteriore della donna nell’Avvocatura, significa che l’insegnamento della storia è stato raccolto con
scarsa attenzione e con debole determinazione».
Gli ostacoli vanno superati in modo da coordinare l’attività lavorativa con il ruolo familiare. Tuttavia,
ha ammesso Alpa, le istituzioni non hanno offerto soluzioni alternative per supplire a tute quelle
funzioni che allontanano le donne dall’esercizio della professione forense.
Quanto alla previdenza, ha spiegato il presidente del Cnf, l’attuale disciplina che è in corso di revisione
consente alle professioniste di avere una posizione di riguardo. La discussione sull’ammontare
dell’indennità da corrispondere alle donne avvocato, resta è ancora aperta.
Inoltre, per venire incontro alle difficoltà in cui si imbattono ogni giorno le professioniste bisognerebbe
intervenire sui tempi del processo e delle udienze, in particolare, per le donne che devono assentarsi per
il periodo di maternità e per l’allattamento.
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I numeri. Nel 1981, si legge nella relazione dell’avvocato Aurelia Barna, le donne avvocato erano il 6,6
per cento e nel 1989 erano aumentate fino ad essere il 10 per cento del totale degli iscritti. L’incremento
significativo si è verificato intorno ai primi anni Novanta: nel 1993 le donne avvocato era il 22,15 per
cento. Nel 2004 le professioniste erano il 35 per cento dell’intera avvocatura italiana, in media più
numerose nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Sud.
Attualmente le donne avvocato stanno raggiungendo al soglia del 50 per cento, andando così a
eguagliare il numero dei colleghi uomini e le praticanti hanno per la maggior parte superato il numero
dei colleghi maschi.
Tuttavia, ha aggiunto Barna, l’uguaglianza numerica difficilmente ha comportato e comporterà la parità
di esercizio della professione tra uomini e donne dell’Avvocatura. Malgrado venga da tutti riconosciuta
alla professionista un’ottima preparazione il suo responsabile impegno incontra sia nell’accesso che
lungo il quotidiano percorso moltissime difficoltà che limitano la sua possibilità di emergere, ma non
solo. Le donne avvocato sono ostacolate nello svolgimento della professione forense perché devono
sostenere anche il peso della famiglia e hanno maggiori difficoltà a trattare con i clienti a causa di
pregiudizi.
Anche nelle istituzioni e associazioni forensi si verifica la stessa condizione. La massima istituzione, il
Consiglio nazionale forense è composto da 26 consiglieri. Tutti uomini, eletti dai consiglieri degli
Ordini per distretto. Nel passato, tuttavia, si sono avute soltanto sparute e sporadiche presenze
femminile.
Conclusioni. La prima giornata europea delle donne avvocato vuole essere quindi «Un momento
d’incontro e dibattito di eccezionale attualità, non solo per la professione forense ma per l’intera vita
civile del Paese». Con l’occasione, Guido Alpa e il coordinatore della Commissione Pari opportunità
del Cnf hanno ribadito «la profonda unità dell’Avvocatura italiana, al di là di ogni differenza di
genere».
Tuttavia, Aurelia Barna è convinta che la strada del cambiamento culturale si percorre stimolando
dibattiti e prese di posizione. E ha concluso: «Credo che tutte insieme potremo, un prossimo domani se
non già oggi, raccontare una storia dell’Avvocatura che sarà anche la nostra storia ricordandoci che
come diceva Gandhi “Noi dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”».
(cri.cap)
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ITALIA OGGI
Convegno dedicato alle professioniste della legge
Donne avvocato, troppi ostacoli
Donne avvocato più preparate, più professionali e decisamente più in gamba rispetto ai colleghi maschi.
Oltre il 60% dei laureati in legge, infatti, è rappresentato dal gentil sesso così come il numero degli
aspiranti avvocati che ogni anno supera l'esame di accesso alla professione. Tuttavia, l'impegno e la
costanza dimostrati negli studi non vengono ripagati sul piano professionale. Al momento di raccogliere
quanto seminato la situazione si capovolge completamente. Solo il 35% delle professioniste, infatti,
riesce a mettere su uno studio legale. Economicamente le soddisfazioni sono ancora minori. A cinque
anni dalla laurea, a parità di lavoro, le donne guadagnano circa la metà rispetto ai colleghi maschi.
È questo il quadro desolante sulla situazione delle donne avvocato in Italia emerso nel corso della prima
giornata europea dedicata alle professioniste del foro organizzata dalla commissione pari opportunità
del Consiglio nazionale forense, che è cominciata ieri e si chiude oggi a Roma.
´Sul fronte della parità tra sessi l'avvocatura italiana è decisamente indietro rispetto ad altri paesi come
l'Inghilterra, la Germania, la Francia', ha detto Guido Alpa, presidente del Cnf.
´Il maggior ostacolo al processo di femminilizzazione dell'avvocatura', ha continuato, ´è rappresentato
dalla carenza di strutture e strumenti adeguati che consentano alle professioniste di conciliare l'attività
lavorativa con gli impegni familiari'.
Proprio nell'ottica di eliminare le differenze di genere all'interno dell'avvocatura la commissione pari
opportunità del Cnf ha avviato una serie di iniziative a favore delle professioniste del foro: il progetto
´Maga', Mainstreaming di genere nell'avvocatura italiana, volto a rilevare quali sono i principali
problemi che incontrano le professioniste durante la carriera lavorativa, e ´Sfida', che ha come obiettivo
quello di erudire le donne avvocato sulle tecniche di gestione manageriale dello studio legale.
´Tuttavia', ha concluso Alpa, ´la strada da percorrere per abbattere le differenze tra i due sessi e non
solo quelle che riguardano le donne avvocato è ancora molto lunga'. La direttiva n. 86/613/Cee
sull'applicazione del principio di parità di trattamento fra uomini e donne che esercitano un'attività
autonoma non è mai stata attuata in Italia e ad avviso del presidente il codice delle pari opportunità,
appena entrato in vigore, non è sufficiente a colmare la lacuna legislativa. (riproduzione riservata)
Simona Andreazza
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Consiglio nazionale forense
Giornata europea delle Donne Avvocato
Complesso monumentale di S. Spirito in Sassia
Roma - 16 giugno 2006
Relazione del presidente del Cnf di Guido Alpa
Women in Law
Programmi e iniziative del Consiglio Nazionale Forense per le pari opportunità nel mondo dell’Avvocatura e nel contesto
europeo
“(…)May I also remind you that most of the professions
have been open to you for close on ten years now?”
(Virginia Woolf, A Room of OnÈs Own, 1928)
1. Premessa
Nell’arco dei due anni decorsi dall’inizio dell’attuale consiliatura e dall’insediamento della Commissione per le Pari
Opportunità nella sua nuova composizione il Consiglio Nazionale Forense, grazie all’intenso lavoro svolto dalla
Commissione, ha proseguite le iniziative avviate nel 2001, ha moltiplicato i progetti di lavoro sul tema, ha provveduto a
diffondere la cultura della parità nell’esercizio della professione forense, ha varati due progetti di azioni positive (MaGa:
Mainstreaming di Genere nell’Avvocatura Italiana, e SFIDA: Sviluppo al femminile: l’impresa e le donne avvocato), ha
siglato il Protocollo di intesa tra il Ministero delle Pari Opportunità e il CNF, ha dato ulteriore impulso alla consapevolezza
dei diritti delle donne che esercitano la professione forense, anche al fine di prevenire ogni forma di discriminazione fondata
sul sesso, ha promosso iniziative dirette ad effettuare accertamenti “sul campo” per verificare la situazione in cui versano le
donne-avvocato ed ha raccolto dati che saranno elaborati e discussi nell’ambito di questo convegno.
È’un insieme di attività che coniuga, nel contempo, istanze di natura culturale, istanze di natura sociale, e, per quanto più
propriamente si riferisce all’Avvocatura, istanze di natura professionale.
Gli organi rappresentativi dell’Avvocatura hanno preso cognizione di questi problemi in notevole ritardo. Rispetto alle
esperienze dei Paesi europei, per non menzionare quelle dell’America del Nord, che appaiono in notevole vantaggio di
tempi, di progetti, di iniziative, la situazione italiana è ancora in progress e postula una analisi attenta, tutta da decifrare. Il
CNF, grazie alla Commissione, si è proposto di recuperare questo ritardo, e, anzi, di farsi proponente di idee . D’altra parte,
l’ormai prevalente presenza femminile nelle iscrizioni alle Facoltà di Giurisprudenza e nell’ingresso negli albi professionali
richiede che questa lacuna sia colmata al più presto, considerando che sul piano europeo e in alcune esperienze occidentali
questa problematica si è affacciata ormai da lungo tempoi[i].La situazione e il ruolo della donna-avvocato nel settore
professionale si collocano nell’ambito di un movimento, di una linea di pensiero, di una azione politica e sociale che si
traduce, in ambito europeo, nell’operare della Commissione e del Parlamento volto alla “gender equality”,e, in ambito
mondiale, si inserisce nella lotta alla discriminazione fondata sulla distinzione di sesso.Sul piano giuridico questo indirizzo
si traduce in termini di tutela e promozione dei diritti fondamentali, come riconosciuti e garantiti dalle Convenzioni
internazionali, e, per noi europei, dai valori della Carta di Nizza, incorporati nella Costituzione europea. Significativamente,
la Carta di Nizza si apre con la proclamazione dei diritti della persona e inscrive nella dignità, nella libertà, nell’uguaglianza,
nella cittadinanza e nella giustizia i pilastri fondanti dell’Unione. Più specificamente, nell’ambito di questo quadro di valori,
l’articolo 21 vieta qualsiasi discriminazione fondata sul sesso; l’articolo 23 assicura come imperativo del diritto comunitario
la “parità tra uomini e donne (..) in tutti i campi”, e particolarmente “ in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”,
con la previsione di “vantaggi specifici al sesso sottorappresentato”. Ma questi valori e questi principi si riflettono sugli altri
aspetti della vita individuale, associativa, collettiva e politica, nella vita familiare e professionale (articolo 33), nel momento
del consumo ( articolo 38), e nell’esercizio delle libertà, tra le quali particolare rilievo riceve la libertà professionale (articolo
15) nel senso di libertà di esercitare una professione liberamente scelta o accettata.La dimensione culturale, la dimensione
sociale, la dimensione politica si intersecano dunque con la dimensione giuridica. È un quadro vasto e complesso che
rappresenta le contraddizioni e i pregiudizi che ancora allignano nelle società occidentali e che denuncia come, nell’Età dei
diritti, per richiamare l’espressione inaugurata nel nostro Paese da Norberto Bobbioii[ii] e da Stefano Rodotàiii[iii], sia
ancora distante l’obiettivo che questo movimento si è posto,e ci ricorda come ancora pesi il retaggio storico di una
emarginazione dura a morire, come sia difficile – per ogni persona che in quanto “donna” desideri partecipare alla vita
activa – dare il proprio contributo libero e consapevole, e riceverne, in cambio, considerazione e apprezzamento. La
dimensione giuridica giunge per ultima, rispetto alle altre che ho menzionato: i diritti della donna e il ruolo della donna nel
diritto – nell’insegnamento, nella creazione e nell’interpretazione delle norme, nella pratica del diritto – sono due vicende tra
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loro strettamente connesse, che si evolvono parallelamente,e tuttavia la seconda ha cadenze temporali diverse, e segna
ancora il passo rispetto alla prima. Di più. Non si deve dimenticare che la proclamazione dei diritti, l’attivazione di azioni
positive, la redazione di programmi, costituiscono soltanto la prima fase, preparatoria, per l’esercizio effettivo dei diritti e la
rimozione effettiva delle discriminazioni. Insomma, in quanto giuristi, non possiamo fermarci al momento della posizione
del diritto, e dobbiamo cooperare perché il principio di effettività accompagni, segua, incarni sia la elaborazione del diritto
sia il suo esercizio per l’appunto effettivo. Èancora ampio in questo settore il gap tra la situazione di diritto e la situazione di
fatto.Nell’ambito della dimensione giuridica si deve tuttavia distinguere, come sopra accennavo, il piano generale, che
riguarda i diritti della donna, nella famiglia e nel lavoro, e la posizione della donna che esercita la professione forense, che è
portatrice, sì, di diritti, in quanto donna, ma portatrice anche di diritti, in quanto avvocato; la storia – almeno, la storia del
nostro Paese – ci insegna che la donna ha avuto maggiori difficoltà a conseguire, ad esercitare e a far rispettare i propri
diritti nell’ambito della professione legale, di quanto non sia avvenuto per altri campi della scienza e per altri settori di
lavoro.
2. Le iniziative recenti in ambito europeo
Tra le innumerevoli iniziative assunte dai diversi Organi dell’Unione in materia di parità tra i sessi sono da segnalare alcuni
importanti documenti adottati nell’ultimo biennio.Mi riferisco in particolare alla proposta di decisione del Parlamento
europeo e del Consiglio [SEC(2004)936] denominata con intuitiva determinazione “Progress”. Questa proposta si ricollega
alla Comunicazione della Commissione [COM (2002)101 def.] volta a contribuire alla concorrenzialità per realizzare
l’obiettivo di crescita e di occupazione nelle nuove prospettive finanziarie . La proposta ha fissato gli obiettivi di un nuovo
programma comunitario tra i quali annovera l’applicazione efficace del principio della parità tra uomini e donne e una
migliore integrazione della dimensione di genere nelle politiche dell’Unione, in conformità agli articoli 2, 3 comma 2, 13 e
141 del Trattato. Nel “considerando” n. 9 si legge che “ la parità di trattamento tra donne e uomini è un principio
fondamentale del diritto comunitario e le direttive e gli altri atti adottati in conformità a questo principio hanno svolto un
ruolo importante nel miglioramento della situazione delle donne”. E si aggiunge che “ l’esperienza delle azioni a livello
comunitario ha dimostrato che la promozione della parità tra uomini e donne nelle politiche dell’Unione e la lotta alla
discriminazione richiedono, nella pratica, una combinazione di strumenti, fra cui iniziative legislative, meccanismi di
finanziamento e integrazione, progettati in maniera da rafforzarsi vicendevolmente. Conformemente al principio
dell’integrazione della dimensione di genere, la parità fra uomini e donne va integrato in tutte le sezioni del
programma”.Lotta alle discriminazioni e parità tra uomini e donne sono quindi parte di un programma comune. E per quanto
specificamente riguarda la parità, cioè la promozione della integrazione della dimensione di genere nelle politiche
dell’Unione, si allude alla comprensione della situazione in cui versano le donne, al rafforzamento del controllo sulla
applicazione della legislazione comunitaria in materia, alla formazione dei professionisti e allo sviluppo delle reti degli
organismi deputati a queste iniziative, alla diffusione delle informazioni e alla sollecitazione del dibattito sulle sfide imposte
dall’obiettivo della parità (articolo 9 Sezione quinta).
Proprio in questi ultimi mesi il percorso verso la parità ha subito una notevole accelerazione.
Nel febbraio scorso la Commissione ha indirizzato una Relazione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato
economico e sociale e al Comitato delle Regioni [COM (2006) 71 def., del 22.2.2006] in cui ha sottolineato come la parità
tra i generi possa apportare un fondamentale contributo alla rinnovata strategia per la crescita e l’occupazione, e in questo
senso sia necessario ridurre il divario globale tra i tassi di occupazione femminile e maschile, approfondire l’analisi delle
cause del divario, elaborare una strategia per promuovere la conciliazione tra vita professionale e vita familiare, applicare
integralmente la direttiva sulla parità nel mondo del lavoro istituendo gli organismi per le pari opportunità (Dir.
2002/73/CE), accelerare la creazione dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, promuovere il monitoraggio delle
discriminazioni, adottare la proposta di direttiva che attua il principio di parità nel mondo del lavoro [COM (2005) 380
def.)].
In una conferenza tenuta a Trieste nel febbraio scorso Luisella Pavan Woolfe, Direttore per le Pari Opportunità della DG
Occupazione, affari sociali e pari opportunità della Commissione europea, ha ricostruito il cammino della legislazione
europea in materia di parità, ha illustrato i risultati dell’acquis communautaire, ha sottolineato come sia ora necessario
passare dal recepimento delle direttive ad una efficace applicazione della disciplina, ed ha sottolineato proprio quanto dicevo
in apertura: l’esigenza di passare dalla parità de jure alla parità de facto. Tuttavia le sue conclusioni sono velate da una nota
di amarezza: “ cinquant’anni di legislazione e iniziative europee hanno fatto molto per l’emancipazione, l’indipendenza
economica e l’uguale partecipazione politica delle donne in Europa. Ma per passare da un’ottica di pari opportunità alla
parità di fatto resta ancora molto da fare”.Nel marzo scorso la Commissione ha pubblicato la Comunicazione [COM (2006)
92 def. del 1.3.2006] riguardante “una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010.
La tabella individua sei ambiti prioritari di azione dell’Unione in tema di parità: (i) una pari indipendenza economica per le
donne e per gli uomini, (ii) l’equilibrio tra attività professionale e vita privata, (iii) la pari rappresentanza nel processo
decisionale,(iv) l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere, (v) l’eliminazione di stereotipi sessisti e (vi)
la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.
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Per realizzare questi obiettivi la Commissione ha chiamato a raccolta non solo gli Stati, ma tutti i “soggetti interessati”, e
quindi anche le istituzioni nazionali, tra le quali non possono non essere inclusi il Consiglio Nazionale Forense e gli Ordini
degli Avvocati. La Commissione prende anche atto della situazione esistente: le disuguaglianze permangono, nonostante le
molteplici attività svolte; la società attuale ancora accolla alla donna compiti che possono pregiudicarne il lavoro, la carriera,
l’acquisizione di posizioni di responsabilità, e ciò sia a causa del persistere degli stereotipi di genere, sia a causa della
disciplina lavorativa, sia a causa dell’ineguale ripartizione degli oneri in ambito familiare. Di qui l’obiettivo di favorire
l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare, la pari partecipazione delle donne e degli uomini al processo
decisionale, la prevenzione della violazione dei diritti della donna, l’acquisizione di una migliore governance sulla parità tra
i generi.Sempre nel marzo scorso il Parlamento europeo e il Consiglio hanno pubblicato la “posizione comune” (CE) n.
6/2006 (del 10.3.2006) definita dal Consiglio in vista dell’azione della direttiva riguardante l’attuazione del principio di pari
opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Alla “posizione
comune” ha fatto seguito una Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo in cui si sono formulate
osservazioni e ulteriori proposte (COM del 13.3.2006). Proprio pochi giorni fa si è tenuto a Stoccolma la VI Conferenza
ministeriale sul “Equality between Women and Men” (8-9 giugno 2006).
E a seguito della conferenza il Consiglio dei
Ministri d’Europa ha deliberato una Risoluzione in cui ha raccomandato al Comitato dei Ministri di adottare ogni misura
necessaria per acquisire dodici obiettivi prioritari, tra i quali si è previsto di : accertare il costo della mancata attuazione del
principio di parità nei diversi settori di interesse dell’Unione, incoraggiare i programmi di mainstreaming, proseguire
l’azione già intrapresa con questi programmi, incoraggiare negli Stati Membri il coinvolgimento degli uomini
nell’acquisizione dei risultati perseguiti, adottare una Dichiarazione sull’eguaglianza di fatto di donne e uomini, incoraggiare
gli Stati Membri a firmare e ratificare la Convenzione europea sulla tratta di esseri umani, adottare la Raccomandazione sui
modelli di parità dei sessi , sul ruolo delle donne e degli uomini nella prevenzione del contenzioso, sull’educazione alla
parità; si è previsto inoltre di preparare un prospetto delle esigenze finanziarie per realizzare questi progetti e di proseguire il
monitoraggio sulla violenza alle donne e sulla loro partecipazione ai processi decisionali .
Il Consiglio ha inoltre delineato un programma d’azione inerente le strategie per acquisire la parità dei sessi, considerando
questo obiettivo come parte integrante dei diritti umani in una società democratica.
Finalmente, la Commissione ha designato il 2007 l’“Anno europeo delle pari opportunità per tutti”. La conferenza europea
che oggi celebriamo si pone perfettamente in linea con questi propositi.
3. Le iniziative recenti nell’esperienza italiana
Anche nella nostra esperienza si registrano novità di rilievo.Proprio pochi giorni fa ( il 15.6.2006 ) è entrato in vigore il
“Codice delle pari opportunità” (D.Lgs 198/06) che ha per oggetto le misure volte ad eliminare ogni distinzione, esclusione
o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo, di compromettere o di impedire il
riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico,
sociale, culturale e civile o in ogni altro campo (articolo 1). Il “codice” – che si affianca agli altri “codici di settore” entrati
in vigore negli ultimi tempi, come il codice della privacy, il codice del consumo, il codice delle assicurazioni private, il
codice dell’amministrazione digitale, etc., riordina, aggiorna e adegua alla disciplina comunitaria le disposizioni volte a
combattere le discriminazioni e ad attuare pienamente il principio di eguaglianza, promuove le pari opportunità tra uomo e
donna, individua iniziative per l’esercizio dei diritti della donna nei rapporti etico-sociali, economici, civili e politici. Si
occupa della tutela in giudizio dei diritti della donna, e si preoccupa de lavoro femminile e del lavoro della donna
nell’imprenditoria, mentre non riserva regole particolari all’esercizio delle professioni né della professione
dell’Avvocaturaiv[iv]. Pur costituendo un fatto positivo il coordinamento delle disposizioni anteriormente racchiuse in
provvedimenti frammentari e non coordinati tra loro, il “codice” ha dato adito a critiche fondate, riguardanti molti aspetti e
in particolare: (i) il fatto che esso ha accolto una nozione strumentale dei divieti di discriminazione basata sul sesso (meglio
sarebbe dire, sul genere), in quanto il divieto di atti, patti, comportamenti che pregiudichino l’esercizio di diritti e libertà è
già insito nell’ordinamento in quanto tali diritti sono già riconosciuti, anche nel testo costituzionale, mentre ciò che rileva è
che la discriminazione non deve essere necessariamente collegata con l’esercizio dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali; in altri termini, la discriminazione deve essere vietata in sé e per sé, anche in quelle aree in cui non operano
diritti e libertà fondamentali; (ii) il fatto che esso sia soprattutto concentrato sul mondo del lavoro e in ogni caso, il suo
obiettivo sia rivolto a promuovere azioni positive di complemento ; (iii) il fatto che sotto il profilo processuale non abbia
introdotto innovazioni di rilievo, abbia mantenuto distinte azioni cautelari che avrebbero potuto essere accorpate, (iv) e non
abbia enunciato le disposizioni abrogate. Come si vede, ancora sul piano legislativo, e prima di affrontare il principio di
effettività, si registrano carenze e difficoltà incontrate dal legislatore italiano di cui, in quanto giuristi, dobbiamo farci carico
per promuoverne il miglioramento e l’adeguamento alla disciplina comunitaria.
Resta ancora inattuata la direttiva 86/613/CEE dell’11.12.1986 sull’applicazione del principio di parità per gli uomini e le
donne che esercitano una attività autonoma, ivi compreso l’esercizio delle professioni. Ma – a detta degli specialisti del
settore – questa lacuna sarebbe tuttavia colmata dalla legislazione esistentev[v]. Èun tema, questo, che il CNF e la sua
Commissione per le Pari Opportunità hanno assunto come oggetto di indagine, anche attraverso l’analisi di dati fattuali, che
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saranno presentati nel corso di questa Conferenza.
4. Il ruolo del CNF e le pari opportunità nell’Avvocatura
Il processo legislativo rivolto alla equiparazione dei diritti dell’uomo e della donna nel nostro ordinamento è dunque ancora
in corso, e si può dire che, ancora oggi, le disposizioni particolarmente progressive della nostra Carta costituzionale sono
rimaste in parte inattuale. L’emancipazione femminile, dalla tutela alla paritàvi[vi], e il suo lungo viaggio verso la
paritàvii[vii], per riprendere i titolo di due importanti contributi offerti anni fa da due giuriste, docenti di diritto, non si è
ancora concluso.E questo è soltanto il quadro generale, nel quale il viaggio verso la parità da parte delle Colleghe che
esercitano l’avvocatura appare ancora più difficoltoso. In un libro, edito a cura del CNF nella collana della Storia
dell’Avvocatura in Italia, si è rievocato il percorso accidentato dell’accesso delle donne all’Avvocatura, iniziato nel 1906 per
opera di un coraggioso magistrato e docente di procedura civile, Lodovico Mortara, che fu anche Ministro
Guardasigilliviii[viii]. Quel libro è idealmente dedicato a tutte le donne che hanno faticato per inserirsi nel mondo
dell’Avvocatura e nelle istituzioni, faticato per ottenere quanto loro doveva essere garantito da una legislazione e da una
prassi applicativa autenticamente liberali e democratiche. Ed è idealmente dedicato a Fernanda Contri, la prima donnaavvocato che ha fatto ingresso alla Corte costituzionale ( di cui è poi divenuta Vicepresidente), all’avv. Mirando Gentile e
all’avv. Carla Guidi, la prime e uniche donne che fino ad oggi sono state nominate al Consiglio Nazionale Forense.
Riguardare l’esperienza di allora con gli occhi del presente ci insegna che un intero secolo non è bastato non solo a
raggiungere effettivamente la parità, ma che, se siamo ancora qui a discutere sulla promozione di azioni positive e sulla
condizione deteriore della donna nell’Avvocatura, l’insegnamento della storia è stato raccolto con scarsa attenzione e con
debole determinazione.Consapevole di tutto ciò, il CNF, attraverso la Commissione sulle Pari Opportunità, che ha avviato i
suoi lavori con il coordinamento del Collega Carlo Vermiglio e li svolge ora sotto il coordinamento del Collega Bruno
Grimaldi, intende incentivare le iniziative dirette a migliorare la posizione della donna nell’esercizio della professione
forense, reprimere ogni forma di discriminazione, riaffermare con vigore i valori e i principi che devono animare il diritto
interno, , in sintonia con il diritto comunitario, ed assicurare ogni forma di collaborazione a quanti e quante – in primis le
Colleghe che operano all’interno della Commissione e a tutte le Colleghe che, all’interno o all’esterno degli Ordini, si
dedicano con abnegazione, sacrificio e convinzione alla diffusione della cultura paritaria e alla affermazione del principio di
effettività dei diritti paritetici - perché gli scopi prefissi possano essere compiutamente raggiunti e i diritti della donna,
inclusi i diritti della donna-avvocato non rimangano affidati allo scritto, ma siano esercitati e garantiti con spirito di rispetto
e di solidarietà.È con questo impegno che si apre la nostra Conferenza: ringrazio vivamente tutti coloro che hanno voluto e
saputo organizzarla, le relatrici e i relatori che hanno aderito con entusiasmo alla iniziativa e auguro a tutti il più proficuo
lavoro.
Per i primi riferimenti v. Women in Law:Making the Case, New York, 2001; e i documenti pubblicati dalla Commission on
Women in the Profession istituita presso l’American Bar Association ( ad es. A Current Glance at Women in the Law, 2005,
in www.abanet.org) ; Donà, La dimensione sociale europea tra governance e governing: il caso della politica per la parità
di genere, paper presentato al convegno di Cagliari, 21-23 settembre 2005 su “La governance e i suoi limiti”; ma v. anche
Uguaglianza e non discriminazione. Rapporto annuale per il 2005 della Direzione generale dell’Occupazione, affari sociali
e pari opportunità della Commissione europea, concernente i diritti fondamentali e l’antidiscriminazione.
ix[ii] Bobbio, L’età dei diritti, Torino, 1990
x[iii] Rodotà, Libertà e diritti in Italia dall’Unità ai nostri giorni, Roma, 1994
xi[iv] Amato, Barbera, Calafà, Note sul progetto di Codice delle pari opportunità tra uomo e danna, paper in Archivio giur.,
8.6.2006
xii[v] De Simone, Italy, in Bulletin Legal Issues in Gender Quality, n. 2/2005, p. 45
xiii[vi] Ballestrero, Dalla tutela alla parità.La legislazione italiana sul lavoro delle donne, Bologna, 1979; ID., Parità e
oltre, Roma, 1989
xiv[vii] Galoppini, Il lungo viaggio verso la parità.I diritti civili e politici delle donne dall’Unità a oggi, Bologna, 1980
xv[viii] Donne e diritti..Dalla sentenza Mortara del 1906 alla prima avvocata italiana, a cura di N.Sbano, Bologna, 2004;
ma v. anche Cavagnari e Caldara, Avvocati e procuratori (1889), a cura di G.Alpa, Bologna, 2004 e, più in generale, sui
diritti fondamentali nell’ambito del diritto privato europeo e sulla professione forense, Alpa e Andenas, Fondamenti del
diritto privato europeo, Milano, 2006
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ITALIA OGGI
Lo Sviluppo economico pro-liberalizzazione. Ma alla Salute si lavora per istituire oltre 20 nuovi albi
Professioni, la riforma fa gola a tutti
Cinque ministeri delegati. Ma con idee completamente diverse
La riforma delle professioni fa gola a tutti. Dalla Giustizia allo Sviluppo economico, passando anche per la
commissione attività produttive della camera. Per non trascurare i ministeri dell'istruzione, università e ricerca e
della salute. E con quali idee, poi. Si va da chi si vorrebbe occupare della liberalizzazione tout court a chi invece
dovrà sicuramente (perché esiste una delega in tal senso lasciata dal governo precedente) istituire una ventina di
albi per le professioni sanitarie. Cioè nello stesso governo qualcuno gli ordini vorrebbe abolirli e qualcun altro
invece li dovrà istituire per forza di cose. Certo, ci sono professioni e professioni, quelle che tutelano interessi
pubblici e quelle no. E quindi va fatta la debita distinzione. È altrettanto vero, però, che i ministeri più pesanti del
nuovo esecutivo hanno dato delega in materia ai loro viceministri.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 15 giugno (la n. 137) sono stati pubblicati due decreti che delegano due viceministri
(uno dell'economia e uno dell'istruzione) a occuparsi della materia. Il primo dpr riguarda Roberto Pinza e
prevede per l'avvocato di Milano la possibilità di occuparsi delle questioni relative ´al riordino e alla
liberalizzazione delle professioni'. Con un secondo decreto (come fra l'altro anticipato da ItaliaOggi il 6 giugno)
si affida invece a Mariangela Bastico il compito di occuparsi delle tematiche relative ai titoli di studio e
all'accesso al lavoro e alle professioni. In questo caso si circoscrive il campo d'azione e non si dà una delega
ampia. Va evidenziato, però, che con lo sdoppiamento del vecchio ministero dell'istruzione, università e ricerca
qualche problema di raccordo andrà affrontato. Dei problemi dell'accesso alle professioni, infatti, si sta già
occupando il ministro Fabio Mussi (università e ricerca) e non Giuseppe Fioroni (istruzione).
Chi invece non ha aspettato il conferimento di una delega precisa, stando alle indiscrezioni apparse qualche
giorno fa sulla stampa, è Pierluigi Bersani. Il ministro per lo sviluppo economico pare stia già scrivendo di suo
pugno uno o più disegni di legge ad hoc paralleli al Documento di programmazione economica e finanziaria
(Dpef). Tra le misure ipotizzate, un ripensamento radicale del ruolo degli ordini professionali e un restyling
profondo delle tariffe inderogabili. Queste ultime, considerate ´un ostacolo alla concorrenza e una difesa di
posizioni di vantaggio acquisite'. Ma c'è di più. Il titolare storico della riforma, cioè il ministero della giustizia,
attraverso il neosottosegretario Luigi Scotti, ieri è uscito allo scoperto. Dichiarando a ItaliaOggi che con altri
ministeri non c'è nessun conflitto di interessi sulla riforma delle professioni, ma solo collaborazione, fermo
restando i compiti essenziali della Giustizia ´nella determinazione o coderminazione delle scelte di politica
legislativa, sia nella difficile composizione tecnica sia nella stesura del testo normativo'. Fin qui nulla di strano se
non fosse che lo stesso Scotti ha un'idea totalmente diversa della riforma. L'ex presidente del tribunale di Roma
pensa a un ammodernamento del sistema più graduale, e in ogni caso lontano anni luce dalla liberalizzazione che
avrebbe in mente Bersani. Non solo. Livia Turco, ministro per la salute, è già al lavoro per dare attuazione alla
delega contenuta nella legge 43/2006 (approvata dal governo Berlusconi) procedendo all'istituzione di oltre 20
albi professionali per le professioni dell'area sanitaria. La delega, fra l'altro, scade il 4 settembre, quindi i tecnici
del ministero sono già all'opera nel definire le competenze e le modalità dell'accesso alle professioni. E come se
non bastasse Daniele Capezzone, presidente della commissione attività produttive della Camera, proprio su
ItaliaOggi del 13 giugno non ha fatto mistero del suo desiderio di vedere aboliti una volta per tutte gli ordini
professionali. Insomma, forse ci vorrebbe anche una delega al coordinamento dei ministeri sulla riforma.
(riproduzione risevata) Ignazio Marino
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Chi dovrà fare che cosa
Ministero
Delega a
Giustizia
Luigi Scotti per la riforma organica di ordini e Associazioni
Economia
Roberto Pinza per il riordino e la liberalizzazione delle professioni
Sviluppo economico
Pierluigi Bersani per la liberalizzazione degli ordini
Istruzione,università e ricerca
Mariangela Bastico per le tematiche relative ai titoli di studio e
all’accesso al lavoro e alle professioni
Salute
Livia Turco per l’istituzione di oltre venti albi professionali
nell’area sanitaria
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Ricerca del Censis: psicologi e architetti registrano un aumento di oltre il 30%
Cresce la voglia di ordine
Iscritti agli albi: +7,8% negli ultimi cinque anni
L'Ordine professionale dà sicurezza agli italiani. In quattro anni (dal 2001 al 2005) il numero degli iscritti ad
ordini e albi professionali è infatti aumentato del 7,8%, pari a 132 mila unità, arrivando con più di un milione
827 mila professionisti a rappresentare circa l'8,1% dell'occupazione del paese. È quanto emerge dall'ultima
ricerca del Censis sulla segmentazione dei ceti professionali.
A crescere di più sono stati gli psicologi, che hanno registrato ben un più 35,3%, una professione relativamente
giovane (l'Ordine è stato istituito nel 1989) e che, forte della crescente domanda di mercato è arrivata nel giro di
pochi anni a costituire ben il 2,8% dell'universo delle professioni protette. Altre professioni che hanno registrato
buone performance sono state gli architetti (+33,3%), i giornalisti (+31,7%), i commercialisti (+26%), gli
ingegneri (+24,4%). In calo, invece, gli agenti di cambio (-28,3%), gli avvocati (-10,1%), gli agrotecnici (-5,5%),
i medici chirurghi ed odontoiatri (-2,9%). Secondo il Censis, in generale, ´c'è qualcosa che va oltre la
legittimazione sociale o il riconoscimento di diritti d'esclusiva di mercato nell'affanno con cui gruppi
professionali affollano i luoghi della rappresentanza, politica e professionale, alla ricerca di identità: dal 2004 ad
oggi, il numero delle associazioni non regolamentate aderenti al Colap, l'organo collettore delle principali
associazioni professionali, è passato dal 146 a 163, con una crescita dell'1,6%. Fra l'altro, nelle ultime due
legislature, sono state presentate diverse proposte di legge per l'istituzione di quattro nuovi ordini professionali
(informatici, stenotipisti, traduttori ed interpreti, doppiatori cinematografici) e più di 70 per l'istituzione di 42 albi
professionali. La società che viene ritratta dall'indagine è in sostanza una società immobile in cui ognuno tende a
rimanere dove sta: solo il 6,2% degli occupati infatti ha manifestato intenzione di cambiare il proprio lavoro e,
tra questi, solo l'1,1% si è attivato per migliorare la propria condizione professionale, o per cercare un lavoro più
qualificato. La maggior parte, pur in una prospettiva verticale, ha pensato soprattutto a un miglioramento di
carattere economico: il 2,4% vuole cambiare lavoro per guadagnare di più, mentre l'1,8% cerca un altro lavoro
per tutelarsi rispetto all'ipotesi di perdere quello attuale e lo 0,7% per motivi che prescindono da considerazioni
di ordine professionale. Insomma in un paese paralizzato, dice il Censis, l'unica mobilità è quella dei ceti. Una
mobilità che non è ascesa verticale, ma più spesso ricerca di identità e protezione all'interno del ceto di
appartenenza. ´Le vecchie corporazioni comandano sempre meno', ha spiegato Giuseppe De Rita, segretario
generale del Censis. Ora i ceti più coesi e determinati si rafforzano e conquistano nuovi spazi. Negli ultimi anni,
ristretti gruppi di persone hanno consolidato nicchie di potere, mentre altri sono caduti in disgrazia. E tra chi sale
e chi scende, non si possono ignorare il prestigio crescente e la forza di politici, magistrati e giornalisti. Ceti il
cui intreccio con il potere, per alcuni genetico, per altri derivato, è diventato molto più stretto. Significativa da
questo punto di vista, secondo il Censis, la fotografia resa dalle ultime elezioni politiche di aprile, che presenta
l'immagine di un parlamento fatto innanzitutto di molti più veterani rispetto al precedente. I neoeletti alla camera
sono il 38,7% contro il 52,5% del 2001; al senato il 33,6% contro il 58,7% della precedente legislatura. Sotto il
profilo professionale si registra, in entrambi i rami un significativo consolidamento dei funzionari di partito, alla
camera passano dal 9,4% al 21,4%, e dei giornalisti, dall'8,2% al 10,9%, a scapito di ceti che solo fino a cinque
anni prima contavano su un peso ben diverso: imprenditori, che scendono dal 16,2% al 4,9%, docenti
universitari, dal 15,7% al 13,3% alla camera, ma al senato la diminuzione è ancora più marcata, pubblici dirigenti
e funzionari, dal 9,2% al 5,1%, avvocati, medici e altri professionisti che riducono di oltre un terzo la loro
presenza. (riproduzione riservata) Benedetta P. Pacelli
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Schema unico
Regolamento privacy in dirittura
Stretta finale sui regolamenti per la privacy degli ordini professionali
Sono ormai alle ultime battute i lavori per la redazione del regolamento in materia di protezione dei dati
sensibili e giudiziari che dovrà essere adottato entro il 31 luglio 2006 da tutti gli Ordini professionali in
ambito nazionale e distrettuale.
Il gruppo di studio composto dai rappresentanti dei Consigli degli Ordini nazionali dei notai, avvocati,
commercialisti, architetti, psicologi e giornalisti si è riunito giovedì a Roma e ha elaborato le schede
tecniche, che costituiscono la parte tecnica del regolamento, comunicandole stesse a tutti gli Ordini
sottoposti al controllo del ministero di giustizia per una complessiva approvazione.
Il metodo seguito dal gruppo di studio, permetterà di presentare all'approvazione del Garante per la
privacy un modello unico a beneficio degli oltre 1.500 enti professionali interessati, i quali poi
dovranno personalizzarlo a seconda della base normativa istitutiva. L'adozione del regolamento
eliminerà il rischio di dover bloccare il trattamento dei dati personali e giudiziari degli iscritti alla data
del prossimo 31 luglio, come stabilito dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 196 del 2003 (codice
della privacy)
Dunque, i tempi che il gruppo di studio ha previsto sono strettissimi e tali da garantire il via libera del
Garante entro la prima settimana di luglio. La prossima settimana, con l'apporto di tutti i Consigli
nazionali sarà possibile definire il documento, seguirà l'inoltro all'Autorità garante per la privacy,
l'approvazione e la successiva divulgazione agli enti professionali territoriali.
Secondo alcune indiscrezioni, la struttura del modello permette di schematizzare il complesso quadro
normativo, che disciplina le competenze degli Ordini professionali, in modo tale da permettere nello
svolgimento dei compiti istituzionali il ´trattamento' del dato nel rispetto della libertà e della dignità del
soggetto interessato.
Il termine finale previsto dal dlgs 196/03 per l'adozione della disciplina è fissato al prossimo 31 luglio
dopo una lunga serie di rinvii.
Con il decreto legge 158/2004 il termine, infatti, era stato portato dal 30 settembre 2004 al 31 dicembre
2005, successivamente con il decreto legge 273/2005 il termine era stato di nuovo prorogato al 15
maggio 2006. (riproduzione riservata) Chiara Cinti
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Il segreto del successo degli studi
Il fattore di successo degli studi legali sarà la specializzazione. Secondo una ricerca condotta negli Stati
Uniti da Robert Half executive search, società internazionale di ricerca di personale qualificato, infatti,
nei prossimi cinque anni i fattori di successo per gli studi legali saranno: il servizio al cliente (43%), la
specializzazione (21%), la capacità di allargare i propri network di relazioni (21%) e lo sfruttamento
delle tecnologie emergenti nel settore legale (9%). L'indagine ha coinvolto 200 avvocati dei primi 1.000
studi legali nordamericani.
´L'analisi condotta negli Usa', spiega Vittorio Villa, responsabile Robert Half executive search in Italia,
´indica una tendenza che ha preso piede con forza anche in Italia, soprattutto negli ultimi cinque anni.
Oggi anche gli studi italiani, che in precedenza privilegiavano la relazione con il cliente, tendono a
strutturarsi, dotandosi di specialisti per i diversi segmenti di attività, per esempio: m&a, antitrust,
problematiche finanziarie, securitization e così via'. Robert Half executive search conta su più di 330
uffici in tutto il mondo, e società fornisce assistenza su misura alle aziende nel processo di marketing
intelligence e di ricerca dei migliori talenti nei diversi settori professionali.
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IL SOLE 24 ORE
COOPERAZIONE GIUDIZIARIA/Approvata la decisione quadro per agevolare il perseguimento
La prova si cerca oltre confine
Rapporti diretti tra i giudici della Ue – Restano esclusi gli interrogatori,le intercettazioni e le
testimonianze
Dopo il mandato d'arresto europeo è la volta di quello sulla ricerca delle prove. Che ne costituisce in
larga parte il completamento e, nello stesso tempo, conferma la volontà dei Paesi dell'Unione, anche dei
nuovi entrati, di procedere in maniera decisa nella costruzione di uno spazio comune nella materia
tradizionalmente delicata dei diritto penale. Pochi giorni fa, all'inizio di giugno, il consiglio Gai,
l'organismo costituito dai ministri della Giustizia e degli Affari interni della Ue, ha raggiunto l'intesa,
dopo un percorso sicuramente accidentato, ma meno tormentato di quello sull' arresto, sul testo di
decisione quadro sugli elementi probatori. I componenti dell’Unione avranno comunque tempo fino al
termine del 2008 per emanare le norme di diritto interno per il recepimento della decisione.
L'obiettivo della decisione è quello di accorciare e semplificare le procedure, oggi previste dagli accordi
di mutua assistenza, per rintracciare le prove oltre confine. Nelle mani dei pubblici ministeri verrà così
messa una nuova arma che però non dovrebbe contribuire a sbilanciare in maniera decisiva il rapporto
tra accusa e difesa. A fare da bussola c'è il medesimo elenco di reati per i quali è possibile spiccare un
mandato d'arresto europeo (ma l'impostazione è in linea con quanto previsto dalle decisioni su blocco e
sequestro sulle sanzioni pecuniarie e dal progetto sulle decisioni di confisca): per i delitti compresi
nell'elenco, infatti, non è richiesto il requisito della doppia incriminabilità neppure ai fini di raccolta
delle prove.
L'unica nazione che ha previsto comunque di trasgredire sul punto è la Germania, dove sarà possibile
fare appello in alcune occasioni alla doppia incriminabilità anche per delitti inseriti nella lista. Tra gli
illeciti compresi spiccano quelli collegati al terrorismo, alla partecipazione a organizzazioni criminali,
al traffico di stupefacenti, al riciclaggio e alla corruzione.
Nei reati fiscali il riconoscimento o l'esecuzione del mandato non può essere rifiutato sulla base del
fatto che la legislazione dello Stato di esecuzione non impone lo stesso tipo di tributo o non prevede lo
stesso tipo di regolamenti in materia di tasse o imposte. Il difficile equilibrio raggiunto tra esigenze di
lotta alla criminalità e garanzie è testimoniata dall'inserimento di una nutrita serie di esclusioni. È in
effetti stato previsto nella decisione quadro che il mandato di ricerca delle prove non è emesso con lo
scopo di chiedere all'autorità di esecuzione di condurre interrogatori, raccogliere dichiarazioni
o avviare altri tipi di audizione degli indiziati o dei testimoni, ma risultano fuorigioco anche gli esami
corporei e le intercettazioni. Questo, naturalmente, non significa che non potranno essere acquisite
testimonianze o intercettazioni, ma che non si potrà chiedere all'autorità giudiziaria del Paese di
esecuzione di effettuarle. La decisione riguarda solo elementi di prova già esistenti al momento
dell'emissione del mandato e disponibili immediatamente. Quindi una dichiarazione resa prima della
richiesta da un indagato o da un teste all' autorità inquirente rientra nella decisone e sarà pienamente
utilizzabile. A questo proposito è comunque previsto che la Commissione europea presenterà in un
secondo momento una nuova proposta per farvi rientrare anche gli altri tipi di prova senza più limiti
temporali.
Dal punto di vista delle procedure, prima di trasmettere un mandato europeo di ricerca delle prove,
l'autorità di emissione deve valutare che, se fossero disponibili nel territorio dello Stato di emissione,
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oggetti, documenti o dati richiesti possano essere acquisiti in base alla legislazione dello Stato di
emissione in caso analogo, anche se applicando misure diverse. Proprio la relativa complessità
dell'attività istruttoria richiesta all' autorità di esecuzione giustifica i tempi ristretti che la decisione ha
previsto per l'adempimento del mandato: la documentazione e i dati richiesti, infatti, vanno in genere,
trasmessi non
oltre 60giomi dal ricevimento della richiesta di esecuzione. Lo Stato di esecuzione è poi competente per
scegliere le misure che, in accordo con la legislazione nazionale, assicurano la messa a disposizione del
materiale richiesto e per decidere se è necessario ricorrere a misure coercitive per fornire l'assistenza.
La decisione di rifiuto deve poi essere trasmessa entro 30 giorni e può essere prese anche per ragioni di
territorialità, ovvero il paese di esecuzione può opporre un rifiuto quando il reato per cui si procede è
stato commesso integralmente o in larga parte sul proprio territorio. In questo caso però Eurojust potrà
essere chiamata in causa per effettuare un' opera di mediazione.
Tra gli altri motivi, la contrarietà al ne bis in idem, il riferimento a fatti che non costituiscono reato
nello Stato di esecuzione, l'assenza di mezzi idonei all'esecuzione e l'esistenza di immunità o privilegi.
GIOVANNI NEGRI
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IL SOLE 24 ORE
La cornice normativa
L'accordo. La decisione quadro sul mandato europeo di ricerca delle prove punta a facilitare la
repressione dei reati transfrontalieri, in base al principio del reciproco riconoscimento dei
provvedimenti giudiziario Si tratta di un'ingiunzione emessa da un'autorità giudiziaria per essere
eseguita dall'autorità giudiziaria di un altro Stato Ue. Il nuovo mandato dovrebbe entrare in vigore alla
fine del 2008 dopo il recepimento da parte dei Paesi membri
Le prove. La decisione si applica ai mezzi di ricerca delle prove cd.precostituite e quindi a strumenti
coercitivi come l'ispezione, la perquisizione o il sequestro, o non coercitivi, come l'ordine di esibizione.
Dalla decisione restano escluse, invece, le intercettazioni o l'assunzione delle prove orali, gli
interrogatori o le testimonianze
Leregole. La proposta individua 32 categorie di reati gravi (gli stessi del mandato d'arresto), per le
quali lo Stato di esecuzione non può opporre la doppia incriminabilità e rifiutarsi di eseguire il mandato
di ricerca delle prove
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Meeting point
A Firenze, venerdì 16 e sabato 17 giugno, presso l’Auditorium Ente Cassa di risparmio, via Folco
Portinari 5/R il convegno dal tema «I professionisti della giustizia. La formazione degli operatori
dell’amministrazione della giustizia», organizzato dall’Università degli studi di Firenze e
dall’Osservatorio sulla formazione giuridica. Interverranno, tra gli altri, Gaetano Silvestri, giudice della
Corte costituzionale, Remo Danovi, foro di Milano, Andrea Proto Pisani, Università di Firenze,
Francesco Galgano, direttore della scuola per le professioni legali di Bologna, Alarico Mariani Marini,
conigliere della Commissione per le attività culturali del Cnf, Robertp Russo, presidente dell’Ordine
degli avvocati di Firenze, Fabrizio Riccardo Frediani, presidente dell’Ordine dei notai di Firenze, Fabio
Cintoli, consigliere di Stato, Virginio Rognoni, vicepresidente del Csm, Paolo Piccolo, presidente del
Cnn, Ugo De Siervo, giudice della Corte costituzionale e Vincenzo Ferrari, presidente della Conferenza
dei presidi di giurisprudenza.
A Roma, venerdì 16 e sabato 17 giugno, presso il complesso monumentale di S. Spirito il convengo
internazionale dal tema «Giornata europea delle donne avvocato» organizzato dalla Commissione
pari opportunità del Cnf. Interverranno, tra gli altri, Guido Alpa, presidente del Cnf, Fernanda Contri,
avvocato componente del Comitato dei saggi nominato dal Consiglio dei ministri d’Europa per un
corretto funzionamento della Corte di Strasburgo, Elda Locatelli, europarlamentare, Pio Marconi,
Università «La Sapienza» di Roma e Barbara Pollastrini, ministro delle Pari opportunità.
A Roma, martedì 20 giugno, presso la Sala del Cneacolo di Vicolo Valdina il convegno dal tema
«Perché votare no al referendum del 25-26 giugno 2006», ore 18.00. Interverranno tra gli altri,
Maretta Scosa, avvocato, Riccardo Chieppa, presidente emerito della Corte costituzionale, Giuseppe
Ugo Rescigno, Università di Roma «La Sapienza», Paolo Ridola, Università di Roma «La Sapienza» e
Francesco Rutelli, vice presidente del Consiglio dei ministri.
A Roma, giovedì 22 giugno, ore 18.00 presso il Consiglio di Stato, sala di Pompeo Palazzo Spada,
Piazza Capo di Ferro, 13 il convegno dal tema «Giudizio risarcitorio e giurisdizione».
A Firenze, sabato 24 giugno, ore 9.00 presso l’Hilton Florence Metropole, via del Cavallaccio 36, il I
convegno nazionale dal tema «Gli atti di destinazione e la trascrizione dopo la novella» organizzato
dall’Associazione italiana giovani notai. Interverranno, tra gli altri, Adolfo Di Majo, Università degli
studi di «Roma Tre» Giovanni Furgiuele, Università di Firenze, Maurizio Lupoi Università di Genova e
presidente dell’Associazione «Il trust in Italia», Giorgio De Nova, Università statale di Milano e
Angelo Busani, notaio in Milano.
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