143_PDL - Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia

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143_PDL - Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
presentata dai consiglieri Ziberna, Novelli, Riccardi, De Anna, Marini, Piccin1
il 29 aprile 2016
<<Disciplina degli interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del
bullismo>>
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Firma aggiunta il 29/12/2016
Egregio Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri,
il fenomeno del bullismo ha assunto, anche nella nostra regione, delle dimensione che non
possiamo non definire preoccupanti. Recenti fatti, come quelli accaduti a Pordenone nel gennaio scorso,
dove una ragazza di appena 12 anni, frequentante le scuole medie, ha tentato il suicidio oppure più
recentemente ancora a Udine dove un giovanissimo è stato aggredito e malmenato da un gruppo di
bulli, ci impone di intervenire adeguatamente e con una norma che possa essere di aiuto ai casi di
bullismo ormai non più rinviabile. Tutti i cittadini di questa regione, indipendentemente dalla loro
cittadinanza e dalla loro provenienza o etnia sono genitori, nonni, zii o comunque sono sensibili a questo
fenomeno.
Il bullismo è un fenomeno complesso e originato da diverse cause. Gran parte degli studiosi che
hanno affrontato tale argomento, lo hanno inteso come l'insieme di quelle azioni di sistematica
prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino/adolescente, definito “bullo (o da parte
di un gruppo), nei confronti di un altro bambino/adolescente percepito come più debole, ossia la
vittima.
E’ evidente che i comportamenti da bullo possono scatenarsi da diverse e determinati fattori
personale, che possono avere origine da fattori anche personali unitamente a situazioni familiari e
scolastici. Verificati e possibilmente adeguatamente informati da chi può avere subito delle situazioni di
vessazione, serve immediatamente agire per prevenire il fenomeno stesso: un tanto non può essere una
operazione occasionale né tantomeno può essere influenzata dalla necessaria trattazione dei massmedia che tendono ad enfatizzare in modo eccessivo le notizie rilevando gli aspetti più emozionali,
tanto da condizionare l'opinione pubblica, creando allarmismi, generalizzazioni e confusione tra ciò che
è bullismo, devianza, violenza e soprattutto, reato.
Gli interventi di prevenzione, siano essi a livello di prevenzione primaria, secondaria o terziaria,
debbono essere mirati a tutti i livelli dell'esperienza soggettiva; dovrebbero, pertanto rispondere a
diverse esigenze che la complessità del fenomeno richiede. Inoltre, il fenomeno andrebbe affrontato in
un'ottica sistemica a livello cognitivo, emotivo, affettivo, socio -relazionale.
Gli interventi di prevenzione devono attuarsi con una programmazione complessa e devono
prevedere una strutturazione che non si esaurisce al primo, ineludibile, intervento di aiuto. E’ necessario
coinvolgere la famiglia unitamente alla comunità scolastica -termine ad indicare un più grande e
complesso “universo” scolastico che non può limitarsi alle sola struttura scolastica eventualmente
coinvolta-, serve coinvolgere necessariamente anche le istituzioni presenti sul territorio chiedendo a
tutti i soggetti richiamati o ad altri ancora da individuarsi di ragionare in una prospettiva di
corresponsabilità, di co-progettazione degli interventi, di condivisione dello sfondo valoriale al quale
riferirsi per la realizzazione di diverse iniziative ma soprattutto per portare a conoscenza delle
caratteristiche socio-culturali di ciascun ambito territoriale nel quale si interviene.
Ai giovani va spiegato fin da piccoli, dalle scuole elementari, a essere responsabili, spiegando
anche loro che già a 14 anni sono imputabili di reati e che non è una “ragazzata” sanzionabile con una
sculacciata.
L’aggressione fisica inizia già da quando si ha otto anni, dalla terza elementare. E spesso chi è
stato vittima, per un senso di riscatto, può trasformarsi successivamente in persecutore. Anche questa
è una ragione per cui anche le vittime vanno seguite e rieducate. Ai ragazzi va quindi affiancato un
“tutor”, una “guida”, in grado di «responsabilizzarli da un lato e capirli e comprenderli dall’altro. Hanno
bisogno di figure di riferimento. L’indifferenza, senza dubbio, è la peggiore risposta. Invece quello che si
I
nota - fanno osservare esperti di i bullismo - è il timore degli insegnanti ad approcciarsi ai problemi degli
studenti e, dall’altro, le famiglie che minimizzano l’accaduto. Ma spesso sono le stesse scuole che
cercano di minimizzare gli atti di bullismo.
Non può non inteso per che contrastare ed affrontare concretamente il fenomeno del bullismo è
necessario riconoscerlo con certezza. Ciò è determinato dagli inequivocabili segnali e nei
comportamenti, riconoscendo anche i sintomi che lo caratterizzano prestando però la massima
attenzione a non stigmatizzare o enfatizzare atteggiamenti e situazioni che, spesso, sono invece
l’espressione di un disagio esistenziale di più ampio spettro unita ad una fragilità nelle relazioni
interpersonali. Oltre a ciò, come già affermato è necessario attuare una precisa analisi della situazione
familiare o comunque dell’ambiente di vita del giovane che può essere non esemplare o poco
accogliente.
Secondo i più recenti dati Istat nel 2014, poco più del 50% degli 11-17enni ha subìto qualche
episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti.
Il 19,8% è vittima assidua di una delle “tipiche” azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese. Per il
9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale. Hanno subìto ripetutamente
comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti più i ragazzi 11-13enni (22,5%) che gli adolescenti
14-17enni (17,9%); più le femmine (20,9%) che i maschi (18,8%). Tra gli studenti delle superiori, i liceali
sono in testa (19,4%); seguono gli studenti degli istituti professionali (18,1%) e quelli degli istituti tecnici
(16%). Le vittime assidue di soprusi raggiungono il 23% degli 11-17enni nel Nord del paese.
Considerando anche le azioni avvenute sporadicamente (qualche volta nell'anno), sono oltre il 57% i
giovanissimi oggetto di prepotenze residenti al Nord. Tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet, il
5,9% denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social
network. Le ragazze sono più di frequente vittime di Cyber bullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi). Le
prepotenze più comuni consistono in offese con brutti soprannomi, parolacce o insulti (12,1%), derisione
per l'aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni
(4,7%), aggressioni con spintoni, botte, calci e pugni (3,8%). Il 16,9% degli 11-17enni è rimasto vittima di
atti di bullismo diretto, caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni
indirette, prive di contatti fisici. Tra le ragazze è minima la differenza tra prepotenze di tipo “diretto” e
“indiretto” (rispettivamente 16,7% e 14%). Al contrario, tra i maschi le forme dirette (17%) sono più del
doppio di quelle indirette (7,7%).
Ulteriori dati ci vengono forniti da una recente indagine di Sos Il Telefono azzurro Onlus e
DoxaKids, secondo la quale in Italia 1 adolescente su 5 è vittima fisicamente di bullismo, in quasi l’80%
dei casi a scuola, mentre 1 su 10 lo subisce online e sui Social network. Il bullismo è un fenomeno che
può avere conseguenze estremamente drammatiche dal punto di vista psicologico e relazionale e che
può spingere alcune vittime a gesti estremi. Basti pensare -rende noto sempre Telefono azzurro - che il
10% tenta il suicidio e il 30% arriva ad atti di autolesionismo. Solo 1 bambino su 5, però, informa un
adulto di esserne vittima.
La Direttiva Ministeriale n. 16 del 3 febbraio 2007 “Linee d'Indirizzo generali ed azioni a livello
nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo”, e i DPR 249/98 e DPR 235/2007, “Statuto delle
studentesse e degli studenti” e relative modifiche sono documenti che sottolineano come sia
necessario rivalutare l'esperienza scolastica come opportunità dove si sperimenta se stessi nell'incontro
con l'altro, con la scoperta e la decodifica dì nuove conoscenze, imparando a conoscere i propri limiti e
quello sfondo di valori che sono alla base delta nostra democrazia, del nostro essere cittadini ma,
soprattutto, la scuola intesa come un ambiente dove sì assicura lo sviluppo di personalità uniche e
irripetibili che vivono in un tempo e uno spazio condivisi, dove il rispetto delle regole e dell'altro debbono
essere fondamentali.
II
E’ innegabile che la scuola e la famiglia costituiscono quell’asse portante su cui deve essere
appoggiata l’esperienza e la formazione dei ragazzi e delle ragazze, sino alla loro età adulta. Tali ambiti
sono, alle volte, proprio i luoghi nei quali si possono più facilmente verificare sia i casi di bullismo, sia
possono maturare le esperienze di sopraffazione dell’altro. Pur non individuando, per nessuna ragione in
solo questi ambiti i luoghi di difficoltà, pare evidente che il contrasto e l’azione di controllo ed
individuazione del fenomeno si trovano sempre più di frequente in questi contesti.
La scuola è il primo momento di incontro e di formazione che i bambini/adolescenti si trovano
ad affrontare anche in un clima di “competizione di apprendimento” che viene alle volte inteso come
una palestra dove non sempre il più bravo è colui che è guardato con ammirazione. Tutt’altro. E’ spesso
in queste situazioni, dove il più bravo non è visto come il compagno da imitare, che i fenomeni di
bullismo possono verificarsi. Molto spesso sono proprio le persone che danno all’istruzione scolastica
una primaria importanza ad essere visti -da alcuni in particolare- come le persone più deboli e magari
invise a chi invece non ha i risultati scolastici migliori. Altro aspetto da considerare sono quelli inerenti
l’aspetto fisico, inteso anche come modo di essere e vestirsi, che possono finire per emarginare un
bambino dai “gruppi” che inevitabilmente si formano in ambito di classe o di istituto, in una frequente
individuazione di senso di appartenenza e di banda dei giovani.
Sarebbe necessaria la predisposizione di un programma di prevenzione del bullismo a scuola,
attraverso la valutazione del disagio giovanile e dei fattori di rischio individuali, familiari e ambientali,
che potrebbero generare comportamenti violenti. Ma non possiamo pretendere che detta valutazione
possa essere svolta dal corpo docente, il quale dovrebbe essere prima adeguatamente formato ad
intercettare dai comportamenti dei ragazzi quelli che potrebbero rivelarsi campanelli d’allarme di
bullismo esercitato o subito.
Parimenti non può essere sottaciuta ed anzi deve essere assolutamente messa al centro
dell’azione di individuazione, di contrasto e di prevenzione la sfera familiare. La famiglia, alle volte, non è
in grado di individuare e prendere consapevolezza del fenomeno del bullismo, certe volte proprio a
causa della scarsa considerazione che si può avere alla problematica. A causa di ciò risulta difficile una
attività di prevenzione che potrebbe attuarsi in primis grazie ad un maggior dialogo con i propri figli. In
base a ciò che emerge il più delle volte dagli studi del fenomeno è che la vittima molto raramente si
confida e parla delle situazioni -ovviamente anche violente di cui è oggetto-, con la propria famiglia e
con gli adulti in genere. La tendenza nei giovani è nel chiudersi in se stessi, non dando importanza o
vergognandosi dei soprusi subiti. Pertanto le loro giornate non sono raccontate o sono evitati cenni a
fatti sicuramente spiacevoli che ne determinano la sofferenza nascosta, perché un bambino oggetto di
atti di bullismo si vergogna della propria debolezza, del non riuscire a reagire autonomamente all’atto e
di essere lui il bersaglio di quelle persone che per la maggior parte delle volte nei “gruppi” sono visti
come dei leader o comunque come “capo branco”.
Va da sé che anche i genitori devono essere agevolati nell’individuare nei propri figli i campanelli
d’allarme del bullismo.
Ecco emergere quindi come necessaria la spiegazione ai giovani che essere oggetto di soprusi
da parte di uno o più bulli, non determina automaticamente la sua debolezza o la sua non adeguatezza
a canoni stabiliti in modo errato; la vittima del bullismo non ha niente che non va e non è lui la causa del
suo disagio e delle attenzioni che riceve da altre persone più forti o spavalde, è il bullismo che è un
comportamento sbagliato senza dubbio di essere contraddetti.
Occorre pertanto aumentare la loro autostima, incoraggiarli a sviluppare le toro caratteristiche
positive e le loro abilità, stimolarli a stabilire relazioni con i coetanei e a non vivere nell'isolamento.
III
La presente proposta di legge, che trae radici nella legislazione della Regione Lazio, ha come
primo obbiettivo pertanto quello di cercare di avvicinare i tre mondi di più frequente azione di atti di
bullismo: i ragazzi, la famiglia e la scuola. Un tanto al fine di accorciare le distanze che si generano e
sono alla culmine della catena del disagio giovanile, cercando con ciò di abbattere le discriminazione, i
pregiudizi e le difficoltà che spesso impediscono una attenta e partecipata lettura degli eventi e delle
cause che ingenerano i fenomeni di bullismo.
E’ importante assumere consapevolezza della gravità del fenomeno e quanto sia necessario
dotare la scuola e la famiglia non di spot, bensì di momenti e luoghi di informazione e formazione
permanente, fruendo anche della collaborazione degli psicologi e delle forse dell’ordine.
Di seguito la sintetica illustrazione dell’articolato.
Con l’articolo 1 si rappresentano le finalità della norma, ovvero promuovere e sostenere azioni di
rilevazione, prevenzione, gestione e contrasto del fenomeno del bullismo, in tutte le sue diverse
manifestazioni, compreso il cyberbullismo.
All’articolo 2 sono individuati gli interventi che la Regione può porre in essere, sostenendo e
finanziando programmi per valorizzare le diversità e contrastare tutte le discriminazioni, tutelare
l’integrità psico-fisica dei bambini e degli adolescenti, diffondere la cultura della legalità, l’utilizzo
consapevole degli strumenti informatici e della rete, soprattutto nell’ambiente scolastico. Vengono
individuate le azioni che possono essere ammesse a finanziamento in una pluralità di ambiti.
L’articolo 3 è destinato ad individuare i soggetti beneficiari dei finanziamenti di cui all’articolo 2
L’articolo 4 istituisce l’Osservatorio regionale sul bullismo presso la Direzione centrale della
salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali.
L’articolo 5 definisce i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti.
Con l’articolo 6, invece, si applica la clausola valutativa per informare il Consiglio sullo stato di
applicazione della presente proposta di legge.
L’articolo 7, infine, è rappresentato dalle disposizioni finanziarie.
ZIBERNA
NOVELLI
DE ANNA
RICCARDI
MARINI
IV
Consiglio regionale Friuli Venezia Giulia
-1-
XI Legislatura - Atti consiliari
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
<<Disciplina degli interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo>>
Art. 1
(Finalità)
1.
La presente legge, nel rispetto dei principi costituzionali e con l’osservanza dei limiti
generali e in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e in attuazione
dell’articolo 6 primo comma numeri 1 e 2 dello Statuto, promuove e sostiene azioni di rilevazione,
prevenzione, gestione e contrasto del fenomeno del bullismo, in tutte le sue diverse manifestazioni,
compreso il cyberbullismo, al fine di tutelare la crescita educativa, sociale e psicologica dei minori,
valorizzare il benessere tra pari e prevenire il rischio nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza.
Art. 2
(Interventi)
1.
La Regione, per le finalità di cui all’articolo 1, sostiene e finanzia programmi, progetti e
interventi strutturali, che abbiano un approccio multidisciplinare, volti al rispetto della dignità della
persona, alla valorizzazione delle diversità, al contrasto di tutte le discriminazioni come richiamate
dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla tutela dell’integrità psicofisica dei bambini e degli adolescenti, alla diffusione della cultura della legalità, all’utilizzo consapevole
degli strumenti informatici e della rete, soprattutto nell’ambiente scolastico, privilegiando quelli
elaborati in raccordo tra la scuola, il territorio e la famiglia.
2.
Ai fini di cui al comma 1, la Regione, nell’ambito delle risorse disponibili iscritte a
legislazione vigente, sostiene e promuove anche progetti pluriennali della durata massima di cinque
anni.
3.
Sono ammessi ai finanziamenti i programmi e i progetti di cui ai commi 1 e 2 concernenti
i seguenti interventi:
a)
promozione di iniziative di carattere culturale, sociale e sportivo sui temi del rispetto
delle diversità nel rispetto del principio costituzionale di uguaglianza tra individui, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali,
dell’educazione ai sentimenti, dell’educazione all’affettività e alla gestione dei conflitti, della legalità,
nonché sull’uso consapevole della rete internet e dei new media;
b)
promozione di uno stile di vita familiare che sostenga lo sviluppo di un senso critico nel
minore/adolescente e che riduca al minimo la loro esposizione a modelli che stimolano comportamenti
violenti e aggressivi, in relazione all’abuso di videogiochi, video online e trasmissioni televisive
inappropriate;
c)
organizzazione di corsi di formazione per il personale scolastico, gli operatori sportivi e
gli educatori in generale volti a garantire l’acquisizione di idonee tecniche psico-pedagogiche e di
pratiche educative per attuare un’efficace azione, soprattutto preventiva, del fenomeno del bullismo,
con particolare attenzione ai rischi provenienti dai modelli culturali potenzialmente lesivi della dignità
della persona, veicolati dai mezzi di comunicazione e dal web;
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Consiglio regionale Friuli Venezia Giulia
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XI Legislatura - Atti consiliari
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
<<Disciplina degli interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo>>
d)
attivazione di progetti di rete che promuovano, previo accordo, forme permanenti di
collaborazione anche con i servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, delle prefetture - uffici
territoriali del Governo, delle forze dell’ordine, delle aziende sanitarie locali e degli enti locali;
e)
organizzazione di corsi, programmi di assistenza, gruppi di supporto per i genitori, al fine
di aiutarli ad acquisire consapevolezza del fenomeno del bullismo, in particolare sul tema della
prevenzione e sull’aspetto del dialogo sia con i figli vittime di soprusi o spettatori delle violenze altrui sia
con coloro che si sono resi responsabili di azioni di bullismo per agevolarne il recupero sociale;
f)
attivazione di programmi di sostegno in favore dei minori vittime, autori e spettatori di
atti di bullismo, di un percorso di sostegno con il gruppo classe in cui si è verificato l’evento, nonché di
sportelli di ascolto negli istituti/scuole, anche con il supporto di competenti figure professionali, per
stimolare consapevolezza riguardo agli schemi comportamentali disfunzionali che bullo, vittima e
spettatori attivano e per sostenere l’apprendimento di comportamenti sociali positivi;
g)
realizzazione di campagne di sensibilizzazione e informazione rivolte ai bambini della
scuola dell’infanzia e della scuola primaria e agli studenti della scuola secondaria di primo e secondo
grado, nonché alle loro famiglie, con particolare attenzione alla creazione di modalità di coinvolgimento
e partecipazione per i genitori di fasce sociali deboli e a rischio, e agli insegnanti ed educatori in
generale in ordine alla gravità del fenomeno del bullismo e delle sue conseguenze.
4.
La Regione sostiene le spese legali per le vittime di atti di bullismo nei procedimenti
giudiziari, fermo restando il limite di reddito previsto per il gratuito patrocinio.
5.
La Regione promuove, di concerto con l’Ufficio Scolastico Regionale e le Pubbliche
Amministrazioni del Friuli Venezia Giulia, azioni che prevedano anche la destinazione degli studenti che
si rendono responsabili di gravi azioni di violenza verso le persone o il patrimonio, unitamente o in
alternativa alla sospensione, ai lavori socialmente utili presso enti pubblici e privati o associazioni di
volontariato, in un regime convenzionato con le amministrazioni comunali.
Art. 3
(Soggetti beneficiari)
1.
Beneficiano dei finanziamenti relativi agli interventi di cui all’articolo 2 i programmi e i
progetti presentati dai comuni singoli o associati, dai municipi e dagli altri enti locali, dalle istituzioni
scolastiche, dalle aziende per l’assistenza sanitaria, nonché dalle associazioni e dalle organizzazioni con
comprovata esperienza, iscritte registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 5
della legge regionale 9 novembre 2012, n. 23 (Disciplina organica sul volontariato e sulle associazioni di
promozione sociale e norme sull'associazionismo) e successive modifiche, che operino da almeno
cinque anni nel campo del disagio sociale, del sostegno alla famiglia e alla genitorialità nonché in quello
minorile, che si avvalgano di formatori e formatrici con comprovata esperienza pluriennale e che
abbiano effettuato idonei corsi di studio e/o pubblicazioni.
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XI Legislatura - Atti consiliari
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
<<Disciplina degli interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo>>
Art. 4
(Osservatorio regionale sul bullismo)
1.
Al fine di creare una sinergia tra tutti gli attori che sul territorio possono contribuire a
prevenire, gestire e contrastare il fenomeno del bullismo e individuare percorsi di istruzione e di
educazione alla prevenzione di ogni forma di bullismo e di disagio scolastico, è istituita, presso la
Direzione centrale salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali l’Osservatorio regionale sul
bullismo, di seguito denominato Osservatorio.
2.
L’Osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Regione previa deliberazione
della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale competente in materia di politiche sociali.
3.
Ai componenti dell’Osservatorio non compete alcun compenso o gettone di presenza.
4.
Con il regolamento di cui al successivo art. 5 sono definiti anche la composizione e le
funzioni dell’Osservatorio.
Art. 5
(Criteri e modalità per la concessione dei finanziamenti)
1.
La Giunta regionale, con apposito regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della commissione consiliare competente,
determina i criteri e le modalità relativi alla:
a)
redazione da parte dei soggetti beneficiari dei programmi e dei progetti concernenti gli
interventi di cui all’articolo 2;
b)
presentazione delle domande per l’ammissione ai finanziamenti;
c)
valutazione delle domande per la conseguente formazione della graduatoria degli
interventi ammessi a finanziamento;
d)
erogazione dei finanziamenti;
e)
rendicontazione e controllo delle spese sostenute.
2.
La Regione concede i finanziamenti di cui alla presente legge tramite espletamento di
procedure a evidenza pubblica.
Art. 6
(Clausola valutativa)
1.
La Giunta regionale informa il Consiglio regionale sull’attuazione della presente legge e
sui risultati da essa ottenuti. A tal fine, entro un anno dalla data di entrata in vigore della stessa, la
Giunta regionale trasmette alla commissione consiliare competente una relazione contenente:
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XI Legislatura - Atti consiliari
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
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a)
il dettaglio dei programmi e dei progetti finanziati, contenente ciascuno una breve
descrizione del progetto, i soggetti coinvolti, i risultati attesi e quelli raggiunti, i tempi di realizzazione e
le criticità eventualmente emerse nonché il dettaglio del finanziamento ricevuto;
b)
il numero, l’elenco e le caratteristiche aggregate dei soggetti beneficiari che hanno
presentato apposita domanda;
c)
il dettaglio dei finanziamenti erogati per le finalità della presente legge, voce per voce;
d)
le eventuali criticità riscontrate nel corso dell’attuazione della presente legge;
e)
i risultati positivi riscontrati nel corso dell’attuazione della presente legge.
2.
Successivamente, la Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale una relazione
biennale che, oltre alle informazioni di cui al comma 1, documenta e descrive i principali risultati
conseguiti.
3.
La Giunta regionale rende accessibili, anche sul proprio sito istituzionale, i dati e le
informazioni raccolte per le attività valutative previste dalla presente legge. Il Consiglio regionale
pubblica sul proprio sito istituzionale i documenti che concludono l’esame svolto, unitamente alla
relazione che ne è stata oggetto.
Art. 7
(Disposizioni finanziarie)
1.
Per le finalità di cui alla presente legge è autorizzata la spesa complessiva di euro
50.000, per l'anno 2017 valere sulla Missione ------- (------------) e sul Programma n. ------ (--------) Titolo n. 1 (Spese correnti) dello stato di previsione della spesa del bilancio per gli anni 2016-2018.
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XI Legislatura - Atti consiliari
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
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Testi notiziali
Nota all’articolo 1
- Il testo dell’articolo 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della
Regione Friuli-Venezia Giulia), è il seguente:
Art. 6
La Regione ha facoltà di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della
Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione nelle seguenti materie:
1) scuole materne; istruzione elementare; media; classica; scientifica; magistrale; tecnica ed
artistica;
2) lavoro, previdenza e assistenza sociale;
3) antichità e belle arti tutela del paesaggio, della flora e della fauna, oltre che nelle materie per
le quali le leggi dello Stato attribuiscano alla Regione questa facoltà.
Nota all’articolo 2
- Il testo dell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è il seguente:
Art. 21
(Non discriminazione)
1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore
della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni
personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il
patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.
2. Nell'ambito d'applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è
vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.
Nota all’articolo 3
- Il testo dell’articolo 5 della legge regionale 9 novembre 2012, n. 23, è il seguente:
Art. 5
(Registro generale del volontariato organizzato)
1. È istituito il Registro generale del volontariato organizzato, tenuto presso la struttura
competente in materia di volontariato.
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XI Legislatura - Atti consiliari
PROPOSTA DI LEGGE N. 143
<<Disciplina degli interventi per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo>>
2. Il Registro è articolato nei seguenti settori:
a) sociale e sanitario;
b) culturale;
c) educativo;
d) ambientale;
e) diritti civili dei cittadini;
f) solidarietà internazionale;
g) educazione motoria e promozione delle attività sportive e ricreative;
h) attività innovative.
3. È ammessa l'iscrizione di una organizzazione di volontariato in più settori. I settori possono
essere modificati o integrati dalla Giunta regionale, sentito il Comitato regionale del volontariato, in
relazione all'evolversi delle attività di volontariato e della legislazione regionale.
4. Possono iscriversi al Registro le organizzazioni di volontariato aventi i requisiti previsti dall'
articolo 3 della legge 266/1991 con sede legale o operativa in regione e dotate di autonomia
amministrativa e contabile.
5. Le organizzazioni di volontariato presentano la domanda di iscrizione al Registro alla struttura
regionale competente in materia di volontariato.
6. L'iscrizione ha validità di cinque anni ed è soggetta a conferma, per la medesima durata, su
domanda dell'organizzazione di volontariato, previa verifica della permanenza dei requisiti previsti per
l'iscrizione al Registro.
7. In caso di mancata presentazione nei termini della domanda di conferma di cui al comma 6, o
in caso di perdita dei requisiti è disposta la cancellazione dal Registro.
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