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APL Informazioni
XLII (2013) n. 102
APL
Associazione Professori e
Cultori di Liturgia
XLII ASSEMBLEA
GENERALE DEI
SOCI
Relazione
annuale
Liturgia e vita
spirituale
In Memoria
di Jean-Yves
Hameline
Danza e liturgia
Coro e/o
assemblea
La mistagogia.
Attialità di
un'antica risorsa
APL Informazioni
XLII ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI
Relazione annuale del segretario
Centro diocesano di pastorale “P. G. Frassati”
Località Monte Agnese – 07041 ALGHERO SS
Mercoledì 28 agosto 2013
Notiziario APL
Dopo 21 anni abbiamo
fatto ritorno in Sardegna accolti
con il consueto calore sia dal
Vescovo della diocesi Mons.
Mauro MORFINO, che dagli amici
della Sardegna. Si tratta appunto
di un ritorno perché c’eravamo
stati nel 1992, dal 30 agosto al 4
settembre, a Castelsardo per la XXI
Settimana di Studio sul tema Liturgia
e Catechesi. Da allora a oggi, quasi
un filo conduttore che ha portato
sempre più avanti la ricerca per
la comprensione mistagogica dei
Santi Misteri superando lo stesso
approfondimento catechetico. In
quel contesto fummo accolti dal
Vescovo di Tempio-Ampurias Mons.
Pietro MELONI, oggi emerito,
e fummo ospitati presso l’Hotel
PEDRA LADDA in riva al mare, con
a disposizione anche una piscina.
Qui siamo presenti in diversi che
certamente ricordano con piacere
quei giorni. Era Presidente don
Franco BROVELLI che ricordiamo e
salutiamo con affetto.
2
Giusto e doveroso ritornare
un attimo con la memoria allo
scorso anno, quando ci siamo
ritrovati presso il Centro di
Spiritualità “Mondo Migliore” per
celebrare la XLI Settimana di Studio
a
cinquant’anni
dall’apertura
del Concilio per riprendere e
approfondire alcuni punti nodali
che l’esperienza conciliare ha
consegnato alle Chiese e alla loro
vita liturgica: una memoria quindi
che genera il futuro. Una Settimana
molto ricca per la partecipazione e
per i contributi. Data l’importanza
del tema legato alla ricorrenza
cinquantenaria del Concilio, ci si era
impegnati ad approntare con una
certa velocità il volume degli Atti.
E grazie al lavoro puntuale di P. A.
Chiaramello e alla collaborazione
del CLV, il volume già dal maggio
scorso è a disposizione di tutti.
Fatta questa premessa,
vi leggo questa mia relazione
che riguarda l’anno in corso a
partire dall’Assemblea generale
dello scorso anno. Mi limiterò
ovviamente ad alcuni momenti più
significativi che caratterizzano la
nostra Associazione sorvolando
quindi tanti piccoli dettagli per
non annoiarvi. Come di consueto,
1.
Situazione anagrafica
Presidente Luigi: GIRARDI
Vice Presidente:
Giorgio BONACCORSO O.S.B.
Segretario: Filippo RESTA O.S.B.
Consiglieri:
Sr. Cristina CRUCIANI PDDM
Pierangelo CHIARAMELLO
Paolo TOMATIS
Giovanni DI NAPOLI
Il numero dei soci a tutt’oggi
è di circa 240. Come suggerito
dal Consiglio di Presidenza e da
questa medesima Assemblea sono
stati depennati tutti coloro che
da cinque anni non hanno più
rinnovato la quota di associazione.
Ci sono rappresentanti di quasi tutte
le regioni; alcuni esteri, provenienti
da ex alunni di S. Giustina, di S.
Anselmo e di altri Istituti romani,
desiderosi di un aggiornamento
costante per qualificare il proprio
studio e l’insegnamento della
Liturgia.
Con la collaborazione
di P. Matteo Ferrari sono riuscito
a preparare due Notiziari di cui
uno vi è arrivato, il N° 100, il
seguente è imbustato da quasi tre
mesi, senza riuscire a spedirlo, a
causa della spesa esagerata a
cui si andava incontro. Per farla
breve il Notiziario ormai deve
essere registrato in Tribunale con
un Direttore responsabile, iscritto
all’Ordine dei giornalisti. Per questo
ho trovato la disponibilità di Don
Bruno CESCON. Questo consentirà
di spedirlo in abbonamento postale
con la spesa minima. Per tutta
l’altra posta, compresa quella
dell’Istituto di Liturgia Pastorale,
sono in atto le pratiche con l’Ufficio
Commerciale delle Poste Italiane
per poter usufruire dei vantaggi
della Posta target creative. Da una
parte devo davvero ringraziare
un impiegato delle Poste che si è
messo totalmente a disposizione
per risolvere il nostro problema
soprattutto quando ha saputo la
spesa reale che affrontavamo;
dall’altra però mi sono proprio
stancato e scoraggiato per le carte
da firmare e la prassi complicata
da seguire ogni volta che c’è da
spedire una certa quantità di posta.
Ovviamente questo non vale con
la posta minuta di ogni giorno.
Comunque in questi giorni ho risolto
il problema della posta; a settembre
tornerò in Tribunale per concludere
la registrazione del Notiziario.
Fatta questa necessaria
digressione, tornerei a sollecitare
il contributo di tutti nel segnalare
iniziative, ricorrenze, appuntamenti
di studio, indicazioni di carattere
XLII (2013) n. 102
parto dalla situazione anagrafica
dell’Associazione:
3
bibliografico per rendere il servizio
del Notiziario veramente utile a
tutti.
2.
Attività del Consiglio
Conclusa
con
tanta
soddisfazione la Settimana di
Studio di Rocca di papa, il
Consiglio di Presidenza si è riunito
due volte per portare avanti la
solita
programmazione
delle
nostre Settimane e rispondere ad
eventuali emergenze che vengono
a crearsi nel tessuto ecclesiale di
nostra competenza di fronte alle
quali è urgente esprimere un parere
o prendere una posizione.
Notiziario APL
Ci si è ritrovati la prima
volta a Padova dal 30 novembre
al 1 dicembre 2012 con all’Odg
la definizione del programma di
questa Settimana, la scelta del tema
per la successiva e il punto sulla
nostra Collana Studi di Liturgia.
4
La seconda volta si è voluto
cambiare aria e ci si è ritrovati a
Fossano ospiti di don Pierangelo
Chiaramello presso il Seminario dal
15 al 16 febbraio 2013. L’Odg
prevedeva le ultime definizioni
della Settimana in corso, l’avvio
della discussione sulla prima Ratio
del tema della XLII Settimana (25
– 29 agosto 2014), e il progetto
della giornata di studio con il
Pontificio Istituto Liturgico di Roma e
il CAL nell’anniversario di S.C. il 5
dicembre 2013.
Come ben sapete il
Consiglio di volta in volta è
chiamato anche a interrogarsi e
ad esprimersi circa i rapporti e le
collaborazioni con i vari Organismi
ecclesiali, in particolare con la
Consulta CEI per la Liturgia, con
l’Ufficio Liturgico Nazionale e con
i vari Centri di Studio. Lavoro che
in genere, si svolge in un clima di
serena collaborazione, mettendo in
comune le rispettive competenze e,
a volte, anche le preoccupazioni e
le ansie per la ricerca che rischia
di inaridirsi per la mancanza di
nuove leve che intraprendano con
rinnovata passione lo studio di
questo settore vitale della teologia.
Dei numerosi incontri o
appuntamenti di studio in cui
spesso siamo impegnati in prima
fila, mi pare doveroso ricordare
il Convegno organizzato dalla
Pontificia Università Lateranense
dal 23 al 25 ottobre 2012 per
sottolineare la seconda edizione
del Rito delle Esequie, Umbra mortis
vitae aurora. Un convegno in quattro
Sessioni: la prima circa gli aspetti
filosofici,
antropologici
ed ermeneutici del morire
che ha visto come relatori Dario
Viganò, Cristina Freni e Giorgio
Bonaccorso; la seconda sui temi
di liturgia, pastorale, diritto
Ricorderei anche l’incontro
ormai tradizionale del 6 dicembre
2012 svoltosi a S. Anselmo in Roma
per la Commemorazione del XLIX
anno dalla Promulgazione della
Costituzione Liturgica Sacrosanctum
Concilium del Concilio Vaticano II,
promosso ormai da una decina
d’anni dal Pontificio Istituto
Liturgico (PIL), dal Centro di Azione
Liturgica (CAL) e dall’Associazione
Professori di Liturgia (APL). Il titolo
dell’incontro era: «Riformare
e promuovere la Liturgia»
(SC,1). Dopo il saluto del Preside
Prof. Ephrem Carr O.S.B. e
alcune parole di circostanza sulla
ricorrenza di cui è importante non
perdere la memoria, ha preso la
parola il nostro Presidente Luigi
Girardi, affrontando il tema: Gli
ambiti della promozione della
Liturgia; e dopo di lui il p. Gottardo
Pasqualetti della Pontificia Università
Urbaniana sul tema: Riformare la
Liturgia per riformare la Chiesa.
Ha concluso la serata Sua
Ecc.za Luca Brandolini.
Nell’anno della Fede, il
Segretario della CEI Mons. Crociata
per la prima volta in assoluto ha
preso l’iniziativa di invitare tutte
le Associazioni teologiche attorno
al tema: Educare alla fede alla
luce del Concilio Vaticano II.
L’incontro si è svolto a Roma il 6
marzo 2013. Stando al parere di
chi ha partecipato (il Presidente
potrà spendere una parola in
più), l’incontro non aveva nulla di
particolare e neanche si proponeva
un obiettivo. Comunque è stato un
momento importante per essere la
prima volta che la CEI convoca i
rappresentanti della teologia in
Italia.
3.
C.A.T.I
Coordinamento
Associazioni Teologiche Italiane
Per i nuovi soci ricordo
che il CATI, nato per varie cause
convergenti, ma soprattutto per
il forte impulso dell’APL, ha una
duplice finalità:
a) promuovere il dialogo, il
confronto, l’informazione e la
comunicazione tra le Associazioni
teologiche;
b)
favorire
le
relazioni
interdisciplinari nel campo della
ricerca, della didattica e del
servizio pastorale.
XLII (2013) n. 102
e arte con gli interventi di Angelo
Lameri, Paolo Tomatis, Manuel Jesus
Arroba Conde e Roberto Fusco; la
terza sulla psicologia, la pietà
popolare e la letteratura
con Sofia Tavella, Fabio Trudu e
Ferdinando Castelli; la quarta sulle
esperienze europee a confronto,
con Mons. Dominique LEBRUN,
vescovo di St. Etienne, Giuseppe
Busani e Franco Magnani che ha
tirato le conclusioni.
5
Non è dunque una superassociazione nelle associazioni,
e non interferisce nella vita delle
singole associazioni.
Attualmente
aderiscono
Associazione
(ATI)
al
Teologica
C.A.T.I.
Italiana
Associazione Biblica Italiana (ABI)
Associazione Professori di Liturgia
(APL)
Associazione Teologica Italiana
per lo Studio della Morale (ATISM)
Associazione Mariologica Italiana
(AMI)
Società Italiana per la Ricerca
Teologica (SIRT)
Gruppo Italiano Docenti Diritto
Canonico (GIDDC)
Associazione Italiana dei Catecheti
(AICa)
Coordinamento
Italiane (CTI)
delle
Teologhe
Notiziario APL
Associazione Italiana per lo Studio
della Storia della Chiesa (AIPSC)
6
Agli incontri di lavoro
partecipano i Presidenti e i
delegati delle singole associazioni.
Attualmente il Segretario è Piero
CIARDELLA; il Coordinatore è Prof.
Rinaldo FABRIS, dell’ABI.
Dopo il quadriennio 20052009, dedicato ad un’analisi
descrittiva e prospettica del
cammino della teologia in Italia
dal Vat.II ad oggi e conclusosi
con la pubblicazione di un volume
dal titolo Le scienze teologiche in
Italia a cinquant'anni dal Concilio
Vaticano II. Storia, impostazioni
metodologiche, prospettive (Elledici
2011), il CATI ha scelto di orientare
il lavoro del successivo quadriennio
(2010-2015) sul tema del delicato
rapporto tra le scienze teologiche
e le altre scienze. L’analisi della
situazione attuale della Teologia
aveva messo in luce il problema
dello statuto epistemologico delle
discipline teologiche che, allo stato
attuale, non può essere definito
senza un serio e reciproco confronto
con le scienze “profane”, in modo
particolare quelle sperimentali oggi
comunemente chiamate “Hard
Sciences”. Il metodo scelto per
l’approfondimento del tema è stato
quello di confrontarsi inizialmente
con quel carattere che sembra
oggi contraddistinguere lo statuto
epistemologico delle scienze,
ovvero quello della “complessità”.
Questa prima fase della riflessione
si è conclusa con un Seminario
svoltosi a Roma l’1 e 2 giugno
2012, a cui hanno partecipato
prevalentemente esperti designati
Al termine del Seminario,
che nell’intento doveva avere un
carattere orientativo, si è avvertita
la necessità di precisare meglio i
contorni di un auspicabile dialogo
della Teologia con l’epistemologia
della complessità. A tal fine si è
programmato a Pisa per il novembre
2013 un seminario aperto che
vedrà la partecipazione non solo
di teologi, ma di alcuni scienziati
dell’ateneo pisano. Si è ritenuto
opportuno, per favorire il dialogo/
confronto tra teologi e scienziati,
individuare un tema oggi centrale
nel dibattito sull’epistemologia della
complessità e con delle importanti
ricadute per il pensiero teologico,
ovvero quello della “causalità”.
“La relazione causa-effetto – è
ancora Bonaccorso che scrive - è
strettamente legata alla dinamica
spazio-temporale, che ha subìto
notevoli mutamenti nella ricerca
scientifica contemporanea (…)
La teologia, che ha ampiamente
usufruito della nozione di causa,
non può prescindere dalla sua
problematicità.
Si
possono
segnalare alcuni temi che meritano
di essere presi in considerazione: a)
causalità e creazione; b) causalità
e fede; c) causalità e sacramenti; c)
causalità e chiesa”.
L’approfondimento
del
seminario di Novembre, nell’intento
del CATI, convergerà in un incontro
finale, nella forma di un seminario o
di un Forum, che si terrà nel 2015.
XLII (2013) n. 102
dalle Associazioni teologiche più
due osservatori esterni: il filosofo
Umberto Curi e il sociologo Italo
De Sandre. Nella relazione
introduttiva di Giorgio Bonaccorso
si chiariscono il tema e la finalità
del seminario: “Una delle principali
scommesse
epistemologiche
attuali riguarda il confronto con
l’epistemologia della complessità
a cui potremmo, almeno in
parte, contrapporre una sorta di
epistemologia della semplicità,
intendendo con quest’ultima una
categoria riassuntiva dei diversi
modi con cui è stata condotta
tanto la riflessione filosofica quanto
la ricerca scientifica, e che ha
condizionato
anche
l’ambito
teologico. L’ipotesi che qui si intende
sostenere è che l’epistemologia
della complessità sia un’istanza da
non sottovalutare nelle scienze e in
modo particolare nella teologia. Si
procederà tentando di individuare
alcune caratteristiche di tale
epistemologia per poi segnalarne
sinteticamente
alcuni
possibili
incroci con la teologia”.
7
4.
Vita dei Soci
Alcune
delle
iniziative
che
interessano la vita dei nostri
Soci, e gli eventi rilevanti del
cammino della Riforma liturgica,
puntualmente sono segnalati nel
Sito dell’APL www.apl-italia.org, e
in parte vengono anche riportati
nel Notiziario, grazie sempre al
contributo di amici che si rendono
disponibili. In questo momento
non ho molte notizie al riguardo e
pertanto approfitterei per invitare
tutti a voler segnalare a questa
segreteria le varie iniziative che si
ritiene utile far conoscere.
Nel corso dell’anno hanno
fatto richiesta di far parte
dell’associazione e sono stati
accettati:
RIBEIRO
SANTANA
LUIZ
FERNANDO, Diocesano di Rio de
Janeiro, Dottore in Teologia.
Notiziario APL
ZAPPON MARIA GRAZIA, di
Chiampo (VI), Laurea in Lingue
straniere e Licenza in teologia
con specializzazione in Liturgia
Pastorale presso l’ILP di Padova.
8
PUSANO DON GIOACCHINO,
Diocesano di Caltagirone, Licenza
in Teologia con specializzazione
in Liturgia Pastorale presso l’ILP di
Padova, iscritto al Dottorato.
NASINI FRANCESCO, laico di
Ascoli Piceno, Dottorato in Teologia
con specializzazione in Liturgia
Pastorale presso l’ILP di Padova
DANNEKER KLAUS PETER, docente
di Scienza liturgica presso la
Facoltà Teologica di Treviri.
LAURICELLA NINOTTA LIBORIO,
docente di Liturgia presso lo Studio
Teologico Agrigentino affiliato alla
Facoltà Teologica di Palermo.
GALLO
MARCO
LORENZO,
Direttore dell’Ufficio Liturgico di
Saluzzo e docente di Teologia
sacramentaria
e
Musicologia
liturgica presso lo S.T.I. e I.S.S.R.
di Fossano CN.
BARONTINI MARCO, docente
di Liturgia presso il Conservatorio
G. Cantelli e il Seminario S.
Gaud4enzio di Novara.
CRAVERO DOMENICO, Laureato
in Filosofia e Scienze politiche;
Corso teologico presso il Seminario
di Alba CN.
5.
Attività editoriale
La nostra Collana "Studi
di Liturgia" contando anche i primi
otto volumi editi dalle EDB (ormai
esauriti) e i sette volumi editi dalla
Marietti (reperibili solo presso
l’Istituto di Liturgia Pastorale), conta
ben 57 volumi, di cui 42 editi dalle
Edizioni Liturgiche CLV di Roma.
Come
già
sapete
nell’ottobre
2012
finalmente
ha visto la luce il Terzo Vol. del
Manuale di Liturgia, Celebrare il
mistero di Cristo. La celebrazione
e i suoi linguaggi. Nel maggio
2013 è uscito il Volume degli Atti di
Rocca di Papa, Il Concilio Vaticano
II e la liturgia. Memoria e futuro.
Nel luglio 2013 è stata la volta
del Volume degli Atti di Brescia
La Liturgia alla prova del Sacro.
È in dirittura di arrivo la Tesi di
Dottorato di Pierangelo Chiaramello,
Il Rinnovamento liturgico cuore del
rinnovamento della Chiesa nei
discorsi di Paolo VI (1963-1978).
A seguire la tesi di Elena Massimi,
Cipriano Vagaggini e «l’assillo del
pensiero moderno».
Quota Associativa
2013
€ 35,00
Mentre ringraziamo di cuore quanti
si fanno premura di versare la propria quota associativa, ricordiamo
ai “distratti” questo dovere, che consente alla Segreteria un minimo di
sicurezza economica.
Comunque si avverte che a partire
da questo numero saranno depennati tutti coloro che non hanno rinnovato la quota negli ultimi cinque anni.
Come ultimo punto è
stata letta la situazione contabile
al 31.12.2012 che è stata
approvata all’unanimità da parte
dell’Assemblea generale per alzata
di mano.
XLII (2013) n. 102
P. Filippo Resta O.S.B.
Segretario
9
Liturgia e vita spirituale:
Notiziario APL
10
l’apporto del monachesimo alla vita liturgica della Chiesa
(Parigi 11 – 12 settembre 2013)
Nei giorni 11-12 settembre 2013
si è svolto a Parigi un Convegno
organizzato dalla Commissione
Francofona Cisterciense sul tema
“Liturgia e vita spirituale: l’apporto
del monachesimo alla vita liturgica
della Chiesa”. La cornice singolare
del Collége des Bernardins che
ha ospitato l’evento è in se stessa
densa di significato: si tratta di un
edificio del XIII secolo, fondato dai
discepoli di Bernardo di Chiaravalle
per consentire ai giovani monaci
dell’ordine cisterciense di accedere
alle possibilità formative offerte
dalle nascenti università del
quartiere latino. Recentemente
restaurato dalla Chiesa francese,
dopo una lunga dimissione ad uso
profano (vi si era insediata una
caserma di pompieri), costituisce
un vero e proprio monumento
memoriale del profondo e naturale
nesso tra spiritualità monastica
e cultura del tempo. Il discorso
magistrale
pronunciato
da
Benedetto XVI nell’occasione della
sua visita a Parigi del 2008 non
fa che rilanciare la vocazione di
questo luogo a costituire un invito
a mettere in dialogo la cultura
cristiana con le istanze della cultura
contemporanea.
In questa cornice e su questo
sfondo ideale si è radunata una
Commissione la cui storia è
importante per il rinnovamento
liturgico non solo dei monasteri,
ma di tutta la Chiesa francese.
Costituitasi in occasione delle
necessarie riforme della liturgia
monastica e ben presto allargatasi
ai diversi ordini (non solo
cisterciensi) e presenze (maschili e
femminili) monastiche nell’ambiente
monastico francofono (con la
significativa aggiunta del monastero
italiano di Bose), la Commissione
testimonia anzitutto l’influenza del
mondo monastico nella creazione
di testi di preghiera, musiche e
canti che hanno fatto la storia della
riforma liturgica non solo francese,
ponendo più radicalmente la
questione dell’apporto monastico
alla vita liturgica della Chiesa.
Il Convegno ha cercato di
rispondere a questa domanda nel
riferimento al 50° anniversario della
promulgazione di Sacrosanctum
Concilium, che ha fatto da sfondo
ai diversi contributi proposti. La
relazione introduttiva del prof. JeanLuis Souletie (La liturgie, célebration
Dieu, ha anticipato i risultati di una
ricerca interdisciplinare condotta
sulla vita monastica di ieri e di oggi
che comparirà prossimamente sulla
Rivista francese (La part des moines
dans l’aggiornamento liturgique
de Vatican II). Dal confronto tra il
rinnovamento monastico del secolo
XIX e la vita monastica degli ultimi
decenni traspare una diversa
concezione dell’apporto monastico
alla vita liturgica e spirituale della
Chiesa. Non si tratta di pensarsi
nella logica del “modello”, come i
detentori della verità della liturgia,
in un rapporto di continuità tra
Regno di Dio e vita monastica (e
di discontinuità con il mondo che
passa), ma di pensarsi nella logica
del “segno” e della testimonianza
di un Regno che verrà e che viene,
nel segno della gratuità e di una
tensione escatologica che non si
affranca dalla storia, ma anzi viene
incontro alle particolare esigenze
del nostro tempo.
Il rapporto tra spiritualità monastica
e spiritualità cristiana non è più
pensato in termini comparativi, alla
ricerca di una specificità monastica
(la liturgia monastica come “il
chiostro della vita cristiana nel
mondo”), ma come “un” modello
tra gli altri, che porta l’accento su
caratteristiche proprie di tutta la
Chiesa. Tali sono: il servizio alla
Tradizione e alla memoria del
popolo di Dio, il valore del silenzio
XLII (2013) n. 102
du mystère du Christ, source et
sommet de la vie spirituelle),
direttore dell’istituto liturgico di
Parigi (ISL), ha mostrato nei grandi
testi di SC dedicati al Mistero
Pasquale il fondamento di una
spiritualità liturgica e monastica
capace di tenere insieme primato
della Parola e primato dell’opus dei
liturgico (contro persistenti tensioni
tra lectio divina e ufficio liturgico),
contemplazione e socialità (contro
una visione tutta interiore della
spiritualità, che ancora oggi rischia
anche nei monasteri di porre
la liturgia nell’ordine dei mezzi
atti a raggiungere il fine della
preghiera continua), spiritualità
liturgica e liturgia “del quotidiano”
(contro ogni sovradeterminazione
liturgica a scapito della liturgia del
prossimo).
L’approfondimento
di
taglio
monastico ha mostrato l’apporto
significativo
dei
monaci
al
rinnovamento della liturgia, a
partire dall’opera di Guéranger
(P. Dupont, abate di Solesmes, La
partecipation dans la liturgie chez
dom Guéranger), per giungere
– attraverso un grande nugolo
di testimoni (tra gli altri, Casel,
Beauduin, G. Lefebrve, Vagaggini,
Botte…) alle ispirazioni conciliari
accolte dal rinnovamento della vita
monastica. A questo proposito, il
prof. Patrick Pretot, professore dell’ISL
e direttore della rivista La Maison-
11
Notiziario APL
e dell’ascolto, dell’ordine e della
cura, della calma e dell’indugio che
sa rallentare nelle corse del mondo,
dell’obbedienza all’ordo rituale
e della disponibilità alla gratuita
iniziativa di Dio, in un tempo di
attivismo antropocentrico. Queste
caratteristiche, emerse qua e là in
tutto il convegno e ben sintetizzate
dalla relazione del Presidente
della Commissione episcopale
per la liturgia e la pastorale
sacramentaria, mons. BernardNicolas Aubertin (già abate di
Lerins e vescovo di Chartres, ora
arcivescovo di Tours), mostrano
come le diverse e legittime varietà
all’interno della vita monastica e più
in generale delle comunità cristiane
possono diventare una risorsa nella
misura in cui non si propongono
come un modello assoluto, ma
umilmente pongono in evidenza un
tratto costitutivo dell’intero sentire
ecclesiale, senza strappi né fughe.
12
L’invito conclusivo del priore di
Bose Enzo Bianchi ad una liturgia
umana, capace di edificare la
vita spirituale e la vita fraterna nel
segno della comunione, senza
opposizioni e ingenuità (su cosa sia
più importante nella vita spirituale
del monaco…), conferma di quanto
le tensioni della vita spirituale (tra
personale e comunitario, interiore
ed esteriore, liturgico ed etico…)
non siano solamente frutto di
equivoci e incomprensioni, ma
appartengano alle “opposizioni
polari” della vita e della vita
spirituale, alla ricerca di una sintesi
che è sempre davanti a noi. Se
proprio la liturgia è chiamata a
costituire il luogo della sintesi,
lo può essere solo nella forma
del desiderio, dell’invocazione,
dell’attesa, contro ogni illusione di
poter riprodurre la liturgia celeste.
Paolo Tomatis
In Memoria di Jean-Yves Hameline
Roma, 05 settembre 2013
Dolorosa, a sorpresa, mi è giunta
la notizia del transito di Jean-Yves
Hameline alla fine del mese di
luglio u.s. Consideravo e considero
Jean-Yves presenza intramontabile,
presenza che mi accompagnava
dal lontano ottobre 1973, quando
appena terminati gli studi del
Primo Ciclo Istituzionale, giungevo
da Roma all'ISL, accolto dal p.
Pierre-M. Gy.
Fu chiaro che mi sarei dovuto
confrontare, all'interno degli studi
liturgici, con la complessità, la
incontestabile problematicità e il
serioso confronto degli orizzonti
che il prof. Hameline apriva e
maturava, con la ritualità, alla
luce di alcune scienze umane
riconsiderate nel rispetto delle
metodologie e nel confronto con
la ritualità cristiana. Lo studio della
liturgia doveva passare attraverso
la storia, la teologia, le scienze
umane.
La genialità di Jean-Yves, che
orientava a non dare nulla per
scontato in ritologia, ci ha donato la
riscoperta di periodi di storia liturgica
della Chiesa, del Movimento
Liturgico, di antropologia, di
sociologia storica e di musicologia
del culto cristiano. (Qui il ricordo si
allarga agli indimenticabili concerti
da lui organizzati alla Chiesa di
Saint-Joseph du Carme; concerti
vissuti nello stupore dell'ascolto,
del suono, della parola, estetica e
poietica armonizzate).
Con il prof. Hameline, abbiamo
riscoperto il grande Guardini,
quando ancora viveva il suo
purgatorio nell'oblio quasi generale,
Durkheim, Bergson, Merleau-Ponty,
Van Gennep, Bateson, Turney,
Winnicott, ... per non citare che
alcuni autori. Ci siamo confrontati
con un celebrare a tre dimensioni:
corpo, tempo, spazio, quando
ancora non facile era parlare del
corpo e poco si parlava dello
spazio liturgico.
Ho conosciuto in Jean-Yves una
sapienza
conservatrice,
ma
illuminata, che non disdegnava il
confronto con il processo di riforma
in atto per comprenderlo e viverlo.
Tentava di rispondere ad istanze
pastorali con una criticità libera
da mode o contingenze effimere,
consapevole della necessità di non
dover sfornare ricette immediate e
XLII (2013) n. 102
13
risolutrici. Lo sforzo del rigore lo
portava a “inventare” parole che
aiutavano a pensare.
Certo di rispecchiare il vero, ritengo
che in sintonia con l'elaborazione
di pensiero portata avanti da JeanYves, mi sono trovato a mediare
i suoi orientamenti in contesti
accademici e in ambiti ecclesiali
italiani e pontifici, spero a beneficio
di molti. La sua forza pedagogica
consisteva nel non imporsi e con
la sua amicizia riservata diventava
compagno di viaggio, anche
quando non era presente.
Ormai di fronte all'Eterno, si
avveri per Jean-Yves ciò che egli
scriveva per la Comunità liturgica
nell'Avertissement au Lecteur nella
sua raccolta Une poétique du rituel,
prima dei numerosi ringraziamenti:
«...La suspension de tout à la
misericorde de Celui qui seul,
connait de chacun foi et droiture».
Merci Jean-Yves. Vivi in Dio.
fr. Silvano M. Maggiani, osm
Pontificia Facoltà Teologica
«Marianum»
Pontificio Istituto Liturgico – Roma
Danza e liturgia
Notiziario APL
Un’esperienza di danza liturgica in occasione di “Torino
Spiritualità” motiva l’intervista a due protagonisti: p. Eugenio Costa e Roberta Arinci.
14
Il tema della danza in liturgia,
come è facile notare, sembra oggi
accendere, al solo nominarlo,
reazioni diverse, tendenzialmente
negative: perplessità, reticenze,
talora rifiuti. Non può certo essere
affrontato alla leggera. Richiede
un attento chiarimento dei termini e
un approfondimento del retroterra,
culturale e teologico, su cui una
danza liturgica deve appoggiarsi.
Come ogni azione concreta,
le buone realizzazioni pratiche
possono venir apprezzate (ma
solo constatando di persona),
oppure, quando sono sgraziate e
confusionali, valutate severamente.
La
nota
iniziativa
“Torino
Spiritualità”, a fine settembre, ha
dato occasione di portare alla
ribalta la presenza di interventi di
danza nel quadro di una messa
domenicale, in una chiesa del
centro di Torino. Settimana ha
posto alcune domande a padre
Eugenio Costa, gesuita, che ha
accompagnato questo tipo di
celebrazione, e alla sig.ra Roberta
Arinci, danzatrice professionale,
che ha messo il proprio talento a
servizio della liturgia.
– Roberta Arinci, nella sua qualità
di danzatrice di danza indiana
sacra classica, lei è stata il perno
attorno a cui i due interventi danzati
si sono svolti: ci dica in sintesi in
che modo lei è arrivata a questo
duplice impegno, che sappiamo
da lei praticato già da tempo.
Il primo mi vede solista nella
performance, che è un importante
momento di alta qualità artistica,
di un’arte raffinata che studio da
venticinque anni, oltre che una
ricerca originale e rara, mentre
il secondo lavoro, iniziato sette
anni fa, ne è in qualche modo lo
sviluppo. Se, infatti, danzare la
Bibbia secondo le regole della
danza dell’India è una forma di
inculturazione, la danza liturgica
cristiana ne è un’inculturazione di
ritorno. Infatti, non si può fare danza
liturgica senza un senso profondo
della sacralità del corpo, della
ritualità dell’arte e della crucialità
della liturgia nella vita – tutte
nozioni assenti nell’arte europea e
invece presenti da sempre nelle arti
coreutiche indiane, la cui pratica
negli anni, giorno dopo giorno,
instilla questi principi nel profondo
dell’anima».
Il corpo sospetto
– Parlare di danza religiosa e
liturgica non suscita ovunque e
in tutti una reazione positiva.
Chiediamo a padre Costa di
interpretare queste reazioni di
perplessità e talora di sconcerto.
Alla base di queste reazioni vi è la
nostra comune cultura di cristiani
europei, da secoli diventata
sospettosa nei confronti del corpo
e del suo coinvolgimento nell’atto
religioso (ed è paradossale, perché
in realtà è impossibile pregare
XLII (2013) n. 102
Ars bene movendi
– Torino Spiritualità 2013, fra le sue
numerose iniziative, ha proposto
anche il tema della danza religiosa
e liturgica. Padre Costa, lei ha
partecipato a questo progetto: può
dirci come è stato pensato e con
quali intenti?
Nella linea di Torino Spiritualità
2013 (“Il valore della scelta”)
ha trovato agevolmente spazio
un duplice intervento, grazie
alle capacità professionali e
all'esperienza liturgica di Roberta
Arinci. La danzatrice ha infatti
presentato, come solista, una
performance di danza indiana
classica
a
tema
cristiano,
imperniata su quattro temi biblici
(creazione,
annunciazione,
il
cieco nato, passione e risurrezione
del Signore), e, successivamente,
alla essa domenicale nella chiesa
di San Filippo Neri a Torino, ha
guidato l'intervento del gruppo
di danza liturgica “Ars bene
movendi”, da lei formato a Milano
negli scorsi anni.
15
Notiziario APL
estraniandosene!). La liturgia stessa,
molto a lungo, si è espressa in
forme rigide, al limite stereotipate.
Ritrovare una maggiore cordialità
verso i gesti e i movimenti rituali,
sciogliendoli da rigidezze non
indispensabili, è un cammino
lungo, faticoso, pieno di ostacoli,
facile ai malintesi e talora oggetto
di sarcasmi. Un certo tipo di danza
in liturgia può accompagnare con
serietà, pertinenza e gioia questa
evoluzione del sentire cattolico.
16
– Roberta Arinci, vedendola
danzare, si intuisce che questa, che
è insieme una austera disciplina
artistica e un importante servizio
alla liturgia, rappresenti per lei un
impegno non solo culturale ma
anche profondamente spirituale.
Che cosa testimonia al riguardo?
Danzare per il Signore è il centro
della mia vita, una vocazione
iniziata a vent’anni, quando ho
detto il mio “sì” a Dio con grande
slancio, senza paura ma molto buio
intorno – e perplessità altrui. Sentivo
una vocazione religiosa, che non
pareva però trovare nei voti canonici
la sua migliore espressione, tant’è
che mi sono sposata presto e sono
madre di due figli. Pochi mesi fa ho
pronunciato finalmente, dopo tanti
anni di cammino nella fede, un voto
privato legato alla danza come
atto sacro. Fare uno spettacolo
in chiesa, come spesso avviene,
in teatro, o danzare durante le
liturgie, insegnare danza indiana,
danza liturgica o consapevolezza
corporea per la liturgia: sono tutti
modi di testimoniare la mia fede.
Anche la cultura serve: è arricchente
per sé e per gli altri poter dare
l’immagine del volto indiano di
Gesù.
– L’apertura ad altre culture e
l’incontro con altri universi religiosi
è uno degli orizzonti della Chiesa
che in questi ultimi decenni ha
subito un’ accelerazione, quindi
un’urgenza, particolari. Padre
Costa, quali prospettive si vanno
delineando?
Si parla molto oggi di inculturazione
del cristianesimo: è un tema
fondamentale, a patto che non
lo si prenda a senso unico, ossia
unicamente dalle Chiese europee
a quelle degli altri continenti. Se
ha da essere, come vivamente
desideriamo, sarà un reciproco
comunicare le forme e i modi in
cui le diverse culture accolgono
l’innesto del Vangelo in casa
propria. Quando è reciproco,
diventa di inestimabile valore.
Ora, accogliere l’arte raffinata
della cultura dell’India che ricrea
le espressioni evangeliche, è un
capitolo importante in questa linea.
Inoltre, lo stile, il modo, la qualità, la
compostezza, il senso della ritualità
propri della religiosità indiana
A scuola dall’India
– Nell'ambito strettamente liturgico,
Roberta, come si colloca l'azione
danzata? Non rischia di inserire
dei momenti di puro spettacolo,
non consono alle celebrazioni?
Nella sua esperienza, quali vie
convincenti le si sono presentate
perché si possa veramente parlare
di danza liturgica?
Premettendo che è stata cruciale la
collaborazione con padre Costa, mi
sono formata in studi liturgici presso
il Pontificio istituto ambrosiano di
musica sacra di Milano e il Corso di
perfezionamento liturgico-musicale
dell’Ufficio liturgico nazionale: non
si può lavorare sul rito se non lo si
conosce, morfologia e storia. Perché
le danze durante lo svolgersi di un
rito siano pienamente aderenti, è
necessario chiedersi, anzitutto,
quale sia il significato del momento
della celebrazione che si vuole
prendere in considerazione: stiamo
acclamando il Signore che entra in
chiesa nella sua Parola, o gli stiamo
chiedendo perdono? La visibilità
della danza, sua natura e suo limite,
è la qualità bifronte che ci stimola a
riflettere e a creare, tenendo conto
dell’eloquenza del corpo in sé: una
persona ritta davanti a noi, anche
silente, non è già un discorso? In
concreto, un momento danzato
che, nella celebrazione, si innesta
sempre su un canto eseguito da
tutta l’assemblea, in qualche modo
interpretandolo, ha piena garanzia
di far corpo con il rito ed essere
perciò pienamente liturgico.
a cura di L. Pr.
da Settimana n. 37
del 20 ottobre 2013, p.12
Il giorno 15 ottobre 2013 ha concluso la sua esistenza terrena avviandosi alla Casa del Padre, la mamma
di don Roberto TAGLIAFERRI, Sig.ra
BRUZZI ROSA.
Il giorno 19 ottobre 2013 ha cessato di battere anche il cuore del
papà di Don Claudio MAGNOLI,
GIUSEPPE MAGNOLI.
Nella carità che tutti ci unisce assicuriamo la preghiera di suffragio
per i defunti e di conforto per i nostri
confratelli.
R.I.P.
XLII (2013) n. 102
possono essere un eccellente
modello per una danza in liturgia
anche in Europa. Non si tratta di
copiare o di riprodurre in modo
insensato, ma di lasciarsi ispirare
dai valori anche coreutici di una
grande civiltà spirituale, per dare
forma, conveniente ed espressiva,
a un gesto di danza nella nostra
liturgia.
17
Coro e/o assemblea
Un giusto equilibrio permetterà che il canto del coro e quello dell’assemblea abbiano il loro spazio nelle celebrazioni.
Utili suggerimenti.
Il dilemma è presto risolto con il
classico et et. L’indice di gradimento
tuttavia propende per l’assemblea.
Difatti «non c’è niente di più solenne
e festoso nelle sacre celebrazioni di
una assemblea che, tutta, esprime
con il canto la sua pietà e la sua
fede… L’azione liturgica riveste una
forma più nobile quando è celebrata
in canto con i ministri di ogni grado
che svolgono il loro ufficio, e con la
partecipazione del popolo. In questa
forma di celebrazione, infatti, la
preghiera acquista un’espressione
più gioiosa» (istruzione Musicam
sacram, 1967, nn. 5 e 16).
Notiziario APL
L’ideale è quindi raggiungere la
formazione di «quella grande
e veramente “liturgica” Schola
cantorum che è la Schola composta
da tutta la massa del popolo» (don
Ottaviano Ghigliotti).
18
La partecipazione. Bisogna
tuttavia riconoscere l’importanza
della corale o di un gruppo
animatore. Chi dispone di una corale
polifonica che assicura il servizio per
le messe solenni può utilizzare un
vasto repertorio. Dopo una lunga
stagione di canti per sola assemblea,
è iniziata, e non di recente, una
produzione di composizioni a più
voci all’unisono con l’assemblea. In
questa formula si può trovare il giusto
equilibrio fra coro e assemblea: il
ritornello cantato dall’assemblea e
dal coro, le strofe eventualmente
dal solo coro o da solisti. La stessa
morfologia dei canti suggerirà le
soluzioni. Non è esclusa l’esecuzione
di qualche brano da parte del solo
coro: la musica ben fatta e ben
eseguita eleva lo spirito e facilita il
clima di preghiera. Non si può certo
pensare di eseguire integralmente le
famose messe di Perosi, di Refice,
Vittadini. Qualcosa sì, per non
perdere completamente quell’eredità,
ma senza indulgere in estetismi e
ripescaggi nostalgici e facendo
attenzione a non mescolare i generi,
passando nella stessa celebrazione,
dalla polifonia o qualche stralcio di
gregoriano, al leggero-frivolo.
Chi dispone, invece, di gruppi di
buona volontà che animano le varie
celebrazioni, curerà che l’assemblea
sia sempre coinvolta e per i canti
all’unisono e per quelli a più voci.
Mi permetto di suggerire per il Gloria
quello di Palazòn (Ed. Paoline) o quello
di Lourdes o produzioni similari, con
Più frequentemente capita che la
messa festiva sia animata da un
gruppo di giovani che creano
un’atmosfera gioiosa con le loro
chitarre e percussioni. Anche in
questo caso si tratta di contemperare
le modalità tipiche dei giovani e
l’esigenza di non tagliare fuori
l’assemblea, considerando che la
vera gioia per l’assemblea consisterà
anche nel poter cantare i suoi canti
meglio conosciuti e, in avvento,
quaresima e altre circostanze, quelli
caratteristici e popolari che fungono
da canti segnale per caratterizzare i
tempi forti.
Se il canto… Per tutti possono
valere alcune indicazioni:
– curare che il canto sia eseguito
non perpetuando gli errori ormai
consolidati dall’uso e dell’usura.
Qualcuno saprà pure un po’ di
solfeggio che permetta di confrontare
con un minimo spirito critico le
esecuzioni con lo spartito.
– avere l’accortezza di evitare che
i canti di chiesa siano afflitti da una
«preoccupante carenza di ormoni»,
come causticamente si esprime U.
Eco.
Per tutti valgano le puntualizzazioni
di F. Rainoldi:
«Il canto è la stessa preghiera
che trova forma espressiva con
un registro di singolare efficacia;
è la stessa parola modulata, per
essere offerta o ricevuta, con tono
penetrante e coinvolgente; è un
fattore determinante di quel clima
di spiritualità di cui si nutre e che
amplifica,
per
un’immersione,
benefica agli animi, nel mistero
celebrato.
Se il canto è altro, diverso da ciò
che abbiamo spiegato, allora fa da
interferenza che disturba, confonde,
dissocia, devia l’attenzione dai
messaggi fondamentali e dagli
atteggiamenti primari.
Se il canto è un di più di ciò che
abbiamo segnalato, allora diventa
retorica
pesante,
ridondanza
ingombrante,
cicaleccio
intemperante,
forza
centrifuga:
dal festivo al festaiolo leggero o al
solenne lordo e pesante.
XLII (2013) n. 102
un ritornello bello, orecchiabile, e le
invocazioni cantate con un recitativo
melodico ma semplice eseguibile da
tutta l’assemblea e dal coro, evitando
certi serpentoni musicali involuti e
indigesti. Certi canti conosciuti, come
Noi canteremo gloria a te, Sei Tu
Signore il pane, l’assemblea li potrà
cantare con il supporto a più voci del
coro, ripetendo la prima strofa di
entrambi come ritornello, facilitando
così la partecipazione di tutti. Molti
canti liturgici popolari prevedono in
certi momenti l’aggiunta di qualche
voce eseguibile dal coro.
19
Se il canto è di meno di ciò, per fattori
deprecabili quali l’esibizionismo, lo
sfogo attivistico, la prevalente ricerca
estetica ecc…, allora diventerà
attentato alla verità dell’azione
liturgica, contaminata da motivazioni
ambigue e fuorvianti.
Il canto, insomma, deve essere un
tutto organico con le preghiere,
con la parola proclamata, con
il clima spirituale caratteristico e
caratterizzante (Rainoldi F., in RivLit
4/1988, pag. 506).
Notiziario APL
C’è la necessità di contemperare la
peculiarità rituale della liturgia (che
non è certo l’essere ingessata), con
le forme dell’esultanza della lode al
Signore e l’esigenza di una liturgia
meno fredda che coinvolga di più,
attraverso forme e linguaggi, i sensi
dell’uomo e i suoi desideri profondi.
20
«La musica mette in moto anche le
vibrazioni del nostro cuore e diventa
l’espressione della nostalgia del
cuore umano per l’Eterno. In essa
si esprimono anche il lamento e la
tristezza che spesso in questo mondo
ci attanagliano. Riesce a consolare
e a infondere nuovo coraggio. È
espressione di gioia e di giubilo;
con essa possiamo ringraziare Dio
per le sue meraviglie e lodarlo. La
musica può, così, essere una guida
importante sul cammini dell’uomo
verso se stesso e verso Dio. Dà
all’essere umano la conoscenza della
sua vera destinazione. Attira la sua
attenzione, lo strappa dall’operosità
del suo quotidiano e lo può aiutare
ad aprirsi di nuovo alle profondità
del suo essere. La musica può essere
il ponte della Chiesa verso il cuore
degli uomini (Kasper W., Chi crede
non trema 2 EDB, pag. 123).
La “messa solenne”. A questo
punto bisogna però chiarire cosa
s’intende per messa solenne e
indicare le modalità per coinvolgere
tutta l’assemblea.
Salve fatte le debite eccezioni, in
genere il canto alla cosiddetta messa
solenne, semmai con la presidenza
del vescovo, consiste nell’imbastire i
soliti quattro canti con il Gloria e il
Santo. Però si ripete spesso la stessa
cosa che avveniva prima: assemblee
mute che devono sorbirsi canti non
sempre di livello eccelso dal punto
di vista musicale ed esecutivo, con
tentativi vani di coinvolgerle perché
ormai narcotizzate.
In realtà, la solennità vera è quando
l’assemblea è coinvolta nel canto
delle acclamazioni cantabili di cui
è disseminata la liturgia: l’Amen
alla colletta, ritornello del salmo
responsoriale, risposte all’incipit e
al termine del vangelo, il triplice
intercalare Credo Signore, amen nella
scansione trinitaria della professione
di fede, l’intervento alla preghiera
dei fedeli, il dialogo al prefazio,
Il celebrante presiede e si relaziona
nel canto con l’assemblea: canta
la colletta, il prefazio, il racconto
dell’istituzione, l’embolismo dopo il
Padre nostro, l’augurio della pace
ed, eventualmente, la benedizione
finale. In questo ovviamente ci sarà
una giusta calibratura a seconda del
grado di solennità e con un’accurata
regia. Sforzarsi di imparare le parti
presidenziali in canto attiene alla
necessaria ars celebrandi. Il messale,
in appendice, riporta sia il modulo
canoro di tipo gregoriano sia quello
figurato molto bello, da eseguire
però evitando ogni lentezza.
L’apprendimento
all’inizio
può
risultare difficile. Bisogna dedicare
un po’ di tempo, aiutarsi o farsi
aiutare con l’organo, comprendere il
senso di certe indicazioni (come per
il canto del prefazio e le cadenze
alla colletta), aiutandosi le prime
volte tenendo sott’occhio il sussidio
plastificato allegato al messale: alla
fine si acquisterà confidenza e si
eseguirà con scioltezza.
Per
quanto
riguarda
il
coinvolgimento dell’assemblea, in
genere ogni comunità è dotata del
suo libretto dei canti; alcuni proiettano
su una parete i testi, c’è un repertorio
consolidato nel tempo.
Sarà opportuno a volte premettere
una breve prova dei canti prima
della celebrazione. Se si adotta
un canto nuovo, utilizzarlo per
qualche domenica, in modo che
venga memorizzato. Preferire canti
col ritornello. Educare l’assemblea
a cantare: ecco il traguardo
da
raggiungere
gradualmente,
tenacemente e con ogni mezzo,
tenendo ovviamente presente che
lo scopo della pastorale liturgica
non è solo l’attenzione al come si
celebra e si canta, ma anche alla
partecipazione interiore, alla crescita
spirituale dei fedeli che è frutto
dello Spirito e di una liturgia viva,
coinvolgente e autentica.
Renato Borrelli
da Settimana
n. 39 del 3 nov. 2013, pag 13
XLII (2013) n. 102
l’acclamazione
all’anamnesi,
la
risposta
alla
dossologia,
all’embolismo dopo il Padre nostro
e all’augurio della pace. Tutto ciò
rende la liturgia veramente solenne
e partecipata e non l’esecuzione dei
soliti canticelli.
21
La mistagogia. Attialità di un'antica risorsa
La Settimana di Studio APL 2013 - Alghero
Notiziario APL
Nel cuore della fede cristiana
e della sua trasmissione, nei
riti
dell’iniziazione
cristiana,
dall’antichità
riceviamo
la
testimonianza
di
un
tempo
particolare,
il
tempo
della
mistagogia,
che,
compiuto
il
percorso
della
ricezione
dei sacramenti – battesimo,
confermazione ed eucaristia –
apriva alla piena partecipazione
alla vita della comunità cristiana.
22
Normalmente, coincidendo con la
veglia pasquale la celebrazione
dei sacramenti di iniziazione, la
mistagogia corrispondeva con
il tempo pasquale, riservando a
quest’ultima tappa la spiegazione
dei riti appena celebrati e ricevuti.
Un tempo che, se dedicato
particolarmente ai neofiti, aveva
grande valore anche per tutto il
resto della comunità, aiutando a
valorizzare o a riscoprire alcuni
elementi fondamentali della propria
adesione alla fede. Vengono messi
in evidenza, in questo percorso,
non solo i riti, i gesti e le parole,
che hanno caratterizzato la
celebrazione sacramentale nella
santa notte di Pasqua, ma anche un
approfondimento di essi e del dono
della fede alla luce della Scrittura
e l’impegno di testimonianza e di
vita al quale sono chiamati i nuovi
figli di Dio.
Se questo tempo “forte” per
l’azione dello Spirito ha segnato
profondamente
la
coscienza
ecclesiale nei primi secoli, come ci
testimoniano la tradizione e gli scritti
dei Padri, anche oggi potrebbe
essere un tempo, ma soprattutto
un metodo, da riscoprire e da
valorizzare nella catechesi e per la
vita sacramentale e testimoniale dei
credenti.
Tempo
da
riscoprire.
Partendo da questo presupposto
e dalla riscoperta e dal rilancio
che il postconcilio ha operato
rispetto alla mistagogia e, in
maniera complessiva, al percorso
iniziatico, l’Associazione professori
e cultori di liturgia ha voluto
affrontare questo tema nella sua
41ª settimana di studio, svoltasi
ad Alghero dal 26 al 30 agosto
presso il centro diocesano di
pastorale “P.G. Frassati”, dal tema:
La mistagogia: attualità di un’antica
risorsa, mettendo così in evidenza
il valore che essa ha avuto per la
Chiesa dei primi secoli ma con la
manifesta intenzione di ricercare il
Con la consapevolezza di non
poter dare un contributo esaustivo
o definitivo, anzi con la chiara
intenzione di mettersi in discussione
e di riproporre una riflessione attenta
su questo tema così promettente,
il programma della settimana
ha cercato di dare rilievo alla
dimensione storica per individuare
alcuni elementi costitutivi della
mistagogia dalle sue origini ad
oggi.
Un primo passo, fondante, è
stato posto dalla relazione di
Aldo Martin, biblista della facoltà
teologica del Triveneto, mettendo a
confronto Mistagogia e Scrittura: la
tipologia a servizio della liturgia?
Quello che in liturgia è il compito
affidato alla mistagogia, in qualche
modo si potrebbe dire che, nella
lettura e nell’interpretazione della
parola di Dio, è il ruolo affidato
alla tipologia, che mette in luce
il rapporto vitale tra Antico e
Nuovo Testamento, il primo come
figura, anticipazione, profezia, il
XLII (2013) n. 102
suo valore per l’oggi della Chiesa
e dei cristiani, con una particolare
attenzione alla dimensione liturgica
e, specialmente, al campo
della formazione, nell’ottica di
un’integrazione tra fede (annuncio/
catechesi), celebrazione e vita.
23
Notiziario APL
secondo come attualizzazione,
realizzazione, compimento. Si
può inoltre trovare nel Nuovo
Testamento un panorama tipologico
che, soprattutto in Paolo, si spinge
oltre la salvezza realizzata e
donata in Cristo fino a raggiungere
la Chiesa, la comunità, il singolo
credente. In quest’ottica già
conosciamo l’organizzazione del
Lezionario domenicale e festivo,
con la prima lettura (AT) e il
Vangelo collegate tematicamente;
la liturgia, che riceve la sua
efficacia dalla sacramentalità della
parola di Dio, può aprire altri spazi
simbolici, prestando attenzione a
non “cadere” nell’allegorismo.
24
Da questo punto di partenza,
i lavori si sono mossi verso
due
direzioni,
secondo
le
intenzioni programmatiche degli
organizzatori: «Da una parte,
rivisitare storicamente le mistagogie
antiche e medievali, per valutare la
possibilità di una loro ripresa per
l’oggi, dall’altra, rivisitare alcune
pratiche odierne di mistagogia
liturgica (a cominciare dalla tappa
finale dell’iniziazione cristiana)
per valorizzare la singolare risorsa
educativa, in ordine ad un progetto
pastorale orientato alla “nuova
evangelizzazione”».
facoltà teologica del Triveneto,
ha esaminato le Dialettiche del
simbolismo liturgico: un viaggio
nelle mistagogie dei secoli IV-V;
Goffredo Boselli, monaco di Bose,
volgendo lo sguardo ad oriente,
ha esaminato L’evoluzione della
mistagogia in oriente: da Massimo
il Confessore a Nicola Cabasilas,
mentre Hélène Bricout, dell’Institut
Catholique de Paris, si è soffermata
su L’evoluzione della mistagogia in
occidente: le Expositiones Missae
medioevali. Attraverso l’analisi di
vari testi, dei periodi e degli autori
interessati, i tre relatori hanno
evidenziato gli elementi principali
che la mistagogia ha assunto nelle
varie epoche, differenziandosi e
caratterizzandosi, sia nei contenuti
sia nelle forme, dando vita ad una
vera e propria “tradizione” della
divina mistagogia (Gregorio di
Nissa). Si assiste, ad esempio, nel
medioevo, ad uno spostamento
significativo dell’orizzonte simbolico
interpretativo dell’eucaristia, che
passa dalla cena alla passionecroce, corrente nella quale si
inserisce ancora san Tommaso
d’Aquino;
sarà
la
corrente
scolastica, con Alberto Magno, e
quella monastica, con Baldovino di
Ford, a riprendere il collegamento
iniziale tra la cena e l’eucaristia.
A scuola dalla storia. Il primo
esame, storico, è stato affidato a
tre relatori: Giuseppe Laiti, della
Una prima conclusione, emersa
dall’analisi storica, è che la
mistagogia è cambiata, si è
Mistagogia e arte. Il passaggio
ulteriore alle pratiche odierne di
mistagogia liturgica ha visto, in
primo luogo, un’attenta analisi
dell’ultimo tempo dell’iniziazione
cristiana, attraverso gli interventi di
Pierangelo Muroni dell’Urbaniana
(La mistagogia ritrovata: l’esperienza
della mistagogia nella recezione
del RICA) e di Fabio Trudu, della
Pontifica facoltà teologica della
Sardegna (Il metodo mistagogico:
il battesimo dei bambini). In questa
panoramica, oltre agli elementi
fondamentali che emergono dai riti
stessi, sono emerse le problematiche
attuali inerenti, in modo particolare,
il rapporto catechesi-liturgia, ma
anche le nuove prospettive di
ripresa, in Italia come all’estero,
su esperienze di iniziazione (per
adulti e per bambini) che mettono
nuovamente in gioco il percorso del
catecumenato e la sequenza dei
sacramenti che esso, da sempre,
comporta, con l’eucaristia (e non
la confermazione) come culmen et
fons dell’esperienza di fede e di vita
cristiana. Strettamente collegato
al metodo mistagogico resta il
contesto in cui esso si inserisce: un
contesto familiare o comunitario
che dev’essere per sé espressivo di
ciò che vuole trasmettere, pena la
negazione e il fallimento di questo
processo.
Un’ulteriore
analisi
e
altre
esemplificazioni sono state portate
dalle relazioni di Morena Baldacci,
dell’università pontificia salesiana
di Torino (L’educazione liturgica:
la mistagogia come spiegazione
e introduzione al rito), e di Silvano
Maggiani, del “Marianum” di
Roma, e Paolo Tomatis, della
facoltà teologica di Torino (Arte
e mistagogia: l’arte a servizio
di un progetto mistagogico).
Evidentemente, la formazione
liturgica, e in essa l’arte ha un
ruolo davvero imprescindibile nella
storia, chiede di guardare a modelli
nel passato più remoto o recente e
nell’oggi, per saper interpretare,
giudicare, correggere una proposta
che sia significativa per la “nuova
evangelizzazione”; la “pedagogia
liturgica” e il simbolismo dell’arte
possono essere strumenti preziosi in
ordine ad un progetto mistagogico
attento alla teologia, alla liturgia,
XLII (2013) n. 102
modificata e, in qualche modo,
“adattata” secondo i tempi: si
potrebbe dire che ogni epoca
storica ha avuto una sua mistagogia;
questa preziosa indicazione ci dice
che, se vogliamo oggi ripensare e
riproporre in modo significativo
la mistagogia, dobbiamo trovare
caratterizzazioni ed espressioni
anche nuove, tipiche del nostro
tempo e della nostra storia perché
questa proposta sia efficace e non
solo archeologismo o semplice
nostalgia di qualcosa che ben
poco conosciamo.
25
all’uomo.
Notiziario APL
L’ospitalità del vescovo Mauro Maria
Morfino e della Chiesa di AlgheroBosa è stata certamente, per tutti
i convegnisti, una “mistagogia” in
atto della comunità cristiana che
riconosce, nel suo ritrovarsi, la
26
presenza del Risorto che la guida
e la invia ad annunciarlo e donarlo
ai fratelli.
Alessandro Ghersi
da Settimana
n. 34 del 29 settembre 2013.
Natività del Signore 2013
Rallegriamoci
tutti nel Signore,
perché
e nato nel mondo
il Salvatore.
Oggi la vera pace
è scesa a noi
dal cielo.
Con l'augurio che la celebrazione dell'incarnazione del
Verbo di Dio porti a tutti la vera pace!
XLII (2013) n. 102
Buon Natale e felice anno nuovo!
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