Abate Fétel - I fattori di successo e i limiti di coltivazione

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Abate Fétel - I fattori di successo e i limiti di coltivazione
Estratto da FRUTTICOLTURA n° 9 – settembre 2010
Abate Fétel - I fattori di successo e i limiti di coltivazione
La più importante pera del made in Italy deve restare un prodotto elitario. Mantenere un prezzo elevato per
ripagare i più alti costi. Le pere Abate Fétel devono perciò competere per l’alta qualità.
Giuseppe Pallotti
Apo Conerpo Soc. coop. agricola
Nell’ambito della frutticoltura specializzata, la pericoltura europea, preceduta in termini quantitativi solo da
quella cinese, sembra reggere il forte impatto indotto dal mercato globalizzato, grazie alla specializzazione
varietale. Belgio e Olanda producono quasi esclusivamente Conference, la cultivar più coltivata in Europa
con oltre 850.000 tonnellate, in Portogallo la varietà coltivata è Rocha (180.000 t./ anno), in Spagna oltre
alle varietà precoci si coltiva Blanquilla = Spadona Estiva (in forte riduzione e sostituita da Conference), in
Francia si produce William e Guyot, anche se in contrazione, mentre in Italia la “pera” è Abate Fétel con
produzioni medie annuali di circa 300.000 tonnellate e rappresenta il 35% dell’intera produzione di pere del
nostro Paese. Il suo areale di coltivazione è ristretto a sole 5 province della Valle Padana (Ferrara, Modena,
Bologna, Mantova e Rovigo), ma la stragrande maggioranza degli impianti si trova nelle tre provincie
emiliane, dove si produce l’85% delle pere regionali ed il 65% di tutte le pere italiane (550.000 - 600.000
ton). Abate Fétel, nonostante sia una varietà molto difficile da coltivare, da diversi anni rappresenta oltre il
65-70% dei nuovi impianti messi a dimora. Il fatto che la maggioranza della produzione sia ottenuta nelle
province citate, porta ad alcune considerazioni sui fattori che hanno prodotto questa espansione in queste
aree.
Si parla di vocazionalità, che a mio parere non riguarda solamente una condizione ambientale e territoriale
specifica, ma anche condizioni professionali, sociali, e storiche. Ma vediamo meglio i motivi che hanno
concretizzato il successo di Abate Fétel.
L’ambiente pedoclimatico, in primo luogo. La presenza fino dagli anni 50 e 60 di migliaia di ettari a pero, è
indice di un facile adattamento della coltura all’area. E’ vero che nell’ultimo decennio c’è stato un
ridimensionamento, ma il fatto che la coltura sia rimasta localizzata, è indice di condizioni ideali.
Le coltivazioni interessano aree di terreno alluvionale, in genere di medio impasto argilloso o limoso e
molto spesso, nello stesso appezzamento si trovano profili di diversa composizione; tale eterogeneità
pedologica provoca purtroppo altrettanta eterogeneità degli impianti. Le analisi pre impianto mostrano un
contenuto di sostanza organica molto ridotto (<2%) e in calcare attivo elevato che è la prima discriminante
per la messa a dimora di un pereto. La Regione Emilia Romagna, tramite un elevato numero di analisi
terreni prelevati nelle diverse province, ha definito i diversi tipi di terreno ed ha redatto uno strumento (la
carta dei suoli regionale) che, con un reticolo sufficientemente ampio, permette di verificare la possibilità di
coltivare pero, (con il portainnesto idoneo), in relazione al contenuto in calcare attivo, alla reazione (pH),
alla tessitura, al contenuto in sostanza organica, alla profondità esplorabile dalle radici, alla salinità, ecc. Tali
supporti sono un elemento fondamentale poiché permettono di stabilire a priori, anche senza un’analisi
chimico-fisica, se impiantare sul terreno scelto. Ultimamente l’espandersi di patologie legate agli equilibri
microbiologici - micotici e/o a problematiche legate alle caratteristiche fisiche e chimiche del terreno, ci si
trova a combattere, anche in ambienti apparentemente idonei, per la ricostituzione delle condizioni ideali,
uscendone spesso sconfitti. E’ il caso di patogeni terricoli (Armillaria mellea, ecc.) da un lato e dell’aumento
della salinità, unito a squilibri nutrizionali dall’altro, a creare ulteriori difficoltà e a ridurre la potenziale
superficie di coltivazione.
I portinnesti
E’ la nota vera dolente della pericoltura.
Com’è noto non esiste un portainnesto adattabile a tutte le varietà ed a tutti i tipi di terreno; è’ molto
sentita la necessità di un portainnesto franco clonale, più tollerante a terreni calcarei del cotogno, che
induca vegetazione contenuta (alcune interessanti selezioni del DCA di Bologna, la serie Fox, sono in fase di
valutazione).
1
Estratto da FRUTTICOLTURA n° 9 – settembre 2010
La soluzione al problema portainnesto viene trattato a seconda delle caratteristiche del suolo, della varietà,
del sesto d’impianto e della conseguente forma di allevamento. L’80% degli astoni di Abate Fétel messi a
dimora nell’ultimo decennio sono innestati su Cotogno, che a seconda delle aree produttive, della
professionalità del tipo di impresa, varia in base alla vigoria indotta. Nelle aree “migliori”, ed in particolare
dove si ha una discreta dotazione di sostanza organica (> al 2%) ed un contenuto in calcare attivo inferiore
al 4%, il più utilizzato è il cotogno EMC innestato direttamente o su di un intermedio (Butirra Hardy o
Conference per migliorare l’affinità d’innesto); con quantità di S.O. inferiore a 1,5% e calcare attivo attorno
al 5-6%, sono messi a dimora il cotogno SYDO ed il BA29. Analizzando le aree di produzione, nel ferrarese si
mettono a dimora astoni su EMC, mentre nel modenese e bolognese, è utilizzato anche Sydo. Nell’ultimo
triennio si stanno piantonando astoni su Adams, un cotogno conosciuto ma finora poco utilizzato, che per
omogeneità conferita alle piante è tornato alla ribalta, ed il nuovo EMH, ex QR 193-16; entrambi inducono
una vigoria leggermente superiore a EMC (+5/+10%) ed una carica di frutti inferiore a EMC (-10%), con
calibro medio superiore e migliore forma. Nelle aree con contenuto di calcare attivo oltre molto elevato e/o
in terreni con elevato contenuto in limo o argilla, sono utilizzati i portinnesti clonali O.H. x F., in particolare
Daygon® (Farold 40) e Daytor® (Farold 69), adattabili a queste situazioni: Daygon® può dare origine, nello
stesso ramo, a frutti di calibro molto inferiore rispetto alla media. Nelle aree marginali, sede di impianti
peschicoli, per ovviare al tasso di calcare attivo sono utilizzate piante auto-radicate, ottenute per
micropropagazione. Questi impianti sono situati in aree ai margini estremi della zona pericola (Ravenna e
Forlì) e danno produzioni molto elevate (medie 35-40 t/ha su palmette di 4,5 m di altezza, tipica del pesco)
e di buone caratteristiche qualitative; l’handicap, se sono piante autoradicate, sta nella tardiva entrata in
produzione che avviene di norma al 5° anno dalla messa a dimora.
Densità, sesti e forme di allevamento.
Non esiste una sola tipologia di impianto. Densità, sesto e forme di allevamento sono molto variabili in
relazione al portainnesto, all’area di coltivazione e alle conoscenze del produttore, come si nota
chiaramente dallo schema proposto (Tab. 1). La tendenza attuale è di aumentare la densità di piante
rispetto al passato per ridurre al minimo le superfici improduttive e raggiungere rapidamente rese ettarili
elevate, quindi un rientro più rapido dei capitali immessi. La maggioranza degli impianti viene messa a
dimora con sesti di 3,50 - 4 metri dell’interfila (necessari per il passaggio delle attrezzature aziendali) e 1 –
0,70 metri sulla fila. La forma di allevamento più utilizzata è il fusetto, anche se negli ultimi anni, il doppio
asse longitudinale, essendo una forma in parete, viene preferito dai produttori abituati a gestire una
spalliera od una palmetta libera. Oltre gli impianti con i portinnesti clonali di Franco, o i cotogni di Provenza,
dove la densità è in inferiore alle 1.800 piante per ettaro, sugli impianti di Abate Fétel si rileva un numero di
piante per ettaro compreso tra 2.300, per i doppi assi, ad oltre 4.000 per i fusetti o gli assi colonnari. In
Emilia Romagna gli impianti ad elevatissime densità,da 5.000 – 8.000 alb./ha con forme a V o a Cordone
verticale rappresentano una percentuale minima; alcune valutazioni in campi commerciali hanno
evidenziato da un lato la grande potenzialità produttiva di questi impianti (50-60 t/ha), però a scapito della
qualità dei frutti che in raccolta mostrano elevate percentuali (> 40-50 %) di diametro scarsamente
remunerativo. In questo contesto per ottenere frutti di qualità occorre ridurre drasticamente il numero di
frutti, ad una potenzialità produttiva intorno a 38-40 t/ha. per ettaro, possibile di norma negli impianti con
minori densità; per quale motivo quindi si dovrebbero fare impianti ad altissima densità?
Si diceva del doppio asse longitudinale (“bibaum”); a differenza di altri Paesi che “costruiscono”
direttamente in campo questi tipi di piante, (ad es. Spagna per Conference), in Italia vengono
commercializzati astoni a due assi preparati, spesso anche di notevoli dimensioni (otre 200 cm. di altezza),
“pronti” ad entrare in produzione rapidamente. A volte però nelle piante vigorose, (Sydo), lo squilibrio tra
radici e chioma, produce stentata vegetazione difficoltà di gestione nei primi 5-6 anni di vita; l’attuale
tendenza è di disporre di astoni equilibrati e di vigoria contenuta, così da rendere meno problematico
l’attecchimento e le prime fasi di allevamento. Una valutazione effettuata sulla produzione di piante a
doppio asse e fusetti coetanei (2.850 astoni per ettaro), ha fornito risultati interessanti, anche per quanto
riguarda la resa in raccolta (Tab. 2), sebbene occorre essere cauti ed attendere altri anni di conferma. Gran
parte dei tecnici e produttori, tuttavia, rimane fedele al monoasse (fusetto variamente modificato), che
comporta minore scheletro. Rimane anche un problema di fondo che riguarda la difficoltà a mantenere
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Estratto da FRUTTICOLTURA n° 9 – settembre 2010
attiva la parte ipogea basale con l’emissione di nuovi rami, fase molto importante per permettere una
produzione qualitativa anche nella parte bassa della pianta.
Infine, ma non ultima delle scelte, la densità è strettamente collegata alla disponibilità finanziaria. E’
dimostrato da diversi studi economici, come dalla pratica che la media densità (3.000 – 3.500 piante/ha) si
recupera non prima del 10° - 11° anno e che le altissime densità (superiori a 7.000 astoni/ha.) purtroppo
non rientrano mai, neppure con ammortamenti superiori a 20 anni. Qualunque sia il tipo d’impianto, è
perciò indispensabile che sia predisposto con protezione attiva antigrandine e con impianti fertirrigui adatti
al risparmio idrico ed alla giusta distribuzione delle fertilizzazioni localizzate. L’investimento quindi non va
solo pensato come acquisto e messa a dimora di piante ma va correlato alle migliori tecniche colturali che
danno la certezza del raccolto.
L’uso dei fitoregolatori per l’allegagione, il contenimento vegeativo e la regolazione del carico di frutti.
Ritengo che una produzione di pere di qualità non debba attuarsi senza l’intervento di specifici
impollinatori, poiché i frutti partenocarpici sono qualitativamente inferiori. La tendenza attuale è che,
accanto ad impianti con densità di 2.500 – 3.000 astoni/ha, impollinati (William in particolare, ma anche
Max Red Bartlett o Conference direttamente sui filari in piante anche “a perdere” o su filari singoli ogni 4-5
filari di Abate Fétel), molti nuovi impianti sono disegnati a “blocchi” anche di diversi ettari, facendo quindi
affidamento sui soli preparati alleganti e quindi sulla partenocarpia. E’ diffuso l’utilizzo delle Giberelline
(GA3 o GA4+7) durante l’epoca della fioritura, con modalità di applicazione molto variabili (Tab. 3).
L’applicazione delle giberelline di norma porta ad un incremento del numero di frutticini allegati, in
particolare nelle piante sui portinnesti vigorosi; verifiche di campo triennali (2005 – 2007) sugli stessi
appezzamenti di Abate Fétel / Ba29, su cui erano state eseguite due applicazioni di GA4+7 + BA a 0,20 lt/ha
(20% fioritura e 70% fioritura), hanno mostrato un incremento del numero di frutti (dal 20% al 3%), di
calibro però inferiore (Tab.4). La pratica d’uso mostra che le giberelline applicate sui cotogni deboli,
incrementano sempre il numero dei frutti, con il rischio di calibri inferiori e spesso ai limiti della
commercializzazione per Abate Fétel. Uno schema di allegagione, più complesso vede anche l’utilizzo delle
citochinine e del NAA; il primo preparato stimola i processi di divisione cellulare e della distensione
cellulare, mentre l’NAA riduce la cascola dei frutticini, dalla fase di post allegagione fino a “frutto noce”.
Il Prohexadione calcio (Regalis) riduce temporaneamente la vigoria della pianta; l’intervento in fase
prefiorale ed una seconda applicazione produce un effetto “freno” per circa 20-30 giorni all’esplosione
della vegetazione. Lo schema prevede le due applicazioni di Prohexadione calcio a 0,5 kg/ha di formulato
commerciale e agisce positivamente sulla produzione; in verifiche biennali su impianti di Abate Fétel/Sydo
ha originato una produzione superiore rispetto allo schema aziendale che prevedeva l’utilizzo della sola
GA4+7 + BA, ma non per il maggiore numero di frutti, bensì grazie ad un migliore calibro e ad un peso
medio, quindi ad una resa/ha, superiore (39 contro 35 t/ha). Le dosi elevate di Prohexadione calcio,
utilizzate per contenere lo sviluppo vegetativo (2-4 kg./ha di f.c.), pur avendo una buona attività diretta,
incidono sulla minore differenziazione a fiore delle gemme per l’anno successivo, in particolare nelle piante
innestate su EMC.
Il miglior metodo per il contenimento vegetativo in impianti di Abate, ma anche di altre varietà, innestate
su cotogno, consiste nel taglio delle radici, da effettuarsi solamente alla ripresa vegetativa sulla base dello
schema messo a punto da Vercammenn su Conference. E’ noto che questa tecnica non funziona sui
portinnesti franchi e clonali, se non con accorgimenti particolari. Sui cotogni, funziona (EMC in particolare),
ma vige la raccomandazione di non farlo seguire da applicazioni di Prohexadione calcio, poiché c’è il rischio
di provocare il “blocco” vegetativo della pianta..
Regolazione della carica dei frutti.
Abate Fétel è considerata una pera di elite e tale deve restare se si vuole mantenere la redditività, quindi la
produzione deve essere in linea con la richiesta del mercato; se fino a pochi anni fa Abate Fétel era
agevolmente commercializzata con calibro superiore ai 65 mm, oggi la richiesta è per un prodotto di
diametro compreso tra 70 e 85 mm e percentuali ridotte di 65 mm. Per questo è fondamentale non
eccedere nella carica dei frutti. E’ utopico pensare di ottenere rese di 50-60 t./ha come per altre specie e/o
varietà di pero, perché Abate Fétel mediamente non supera le 35-40 t/ha di prodotto di alta qualità. Fino a
quanto ci si deve spingere nell’allegagione per ottenere un numero ideale di frutti è argomento
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Estratto da FRUTTICOLTURA n° 9 – settembre 2010
fondamentale e per il mantenimento di un elevato livello qualitativo; in verità, spesso e il 2010 ne è un
esempio calzante, l’allegagione su questa cultivar è scarsa, nonostante tutte le pratiche messe in atto per
favorirla, ma quando si dispone di una buona allegagione, occorre mantenere lo standard qualitativo molto
elevato.
La misurazione del diametro reale di migliaia di frutti, mostra chiaramente che i frutti si distribuiscono
secondo una curva gaussiana. In annate di carica e in Abate Fétel su EMC, è necessario ridurre il numero di
frutti per pianta; da sperimentazioni di campo poliennali in collaborazione con il Prof. Corelli Grappadelli
del DCA di Bologna risulta che la riduzione con il diradamento manuale da 75 frutti per albero a 61 e 56 ha
comportato una resa media ettarile inferiore, ma un miglioramento del calibro e di conseguenza anche del
peso dei frutti (Tab.5 -Tab.6). Il semplice calcolo matematico mostra che con il diradamento manuale si
sarebbe passati da oltre 240.000 frutti per ettaro a 200.000 e 185.000 rispettivamente nei due casi,
migliorandone però calibro e peso. E’ chiaro che il diradamento, anche se è pratica manuale costosa, deve
essere messa in campo se l’allegagione è elevata.
I costi di produzione e la remunerazione
Tra le pere, Abate Fétel, al pari di Decana del Comizio è la cultivar più costosa, considerando la resa ed i
costi per produrla. Le ultime indagini presentate ad Interpera 2010 da Castellini, Palmieri e Pirazzoli relative
ad un’indagine del 2006-2009, hanno messo in risalto che con una resa media di 31 t/ha, il costo
complessivo di produzione in campo sfiora 0,50 euro/kg (15.500 euro/ha), con un incremento del 16%
rispetto al 2002, (+3.000 euro/ha) dovuto in pratica alle sole materie prime (+121%). Se a questo costo
aggiungiamo quello di movimentazione – refrigerazione -conservazione, calibrazione e confezionamento,
(0,38 euro/kg), Abate Fétel in uscita dal magazzino registra un costo medio complessivo di 0,85 euro/kg.
Nonostante ciò il reddito al produttore è ancora positivo mediamente, con un margine di di circa 0,12-0,15
euro/kg, visto il prezzo medio di vendita f.co magazzino di 1,10 euro/kg.
Conclusioni
Abate Fétel in Emilia Romagna, oltre ad avere trovato le condizioni ideali di vocazionalità, ha trovato
elevata professionalità dei frutticolturi, legati alla tradizione e all’immagine di qualità, e disposti ad
impegnarsi finanziariamente per aumentare le superfici e migliorare le rese, purchè rimangano entro il
limite delle 35t/ha.
Il prodotto è riconosciuto come elitario, sia sul mercato interno che all’estero e ciò consente una discreta
remunerazione al produttore, nonostante gli elevati costi di produzione e di confezionamento. Le indagini
statistiche nazionali e regionali mostrano un incremento delle coltivazioni di questa varietà che originerà
presto produzioni superiori alle 300.000 tonnellate, che non devono preoccupare, se i nuovi investimenti
andranno a sostituire quelli vecchi e/o obsoleti, e mantenendo molto elevato il livello qualitativo.
Solo così Abate Fètel potrà reggere la sfida delle produzioni di pere provenienti da altri Paesi europei e
presumibilmente anche dalla Cina.
Tabelle
Tab.1. Tipologia degli impianti di pero Abate Fétel in Emilia-Romagna
Portinnesto
Provincia
Densità
Sesto (distanze in m.)
Autoradicate
RA - MO
1.163 –> 1.250
4,30 –> 4 x 2
Daygon®
MO - BO
1.250 –> 1.589
4 -> 3,70 x 2 –> 1,70
BA29
MO
1.589 – >1.801
4 –> 3,70 X 1,70 –> 1,50
SYDO
FE – BO - MO 1.667 –> 2.252
4 –> 3,7 x 1,50 –> 1,20
EMH - ADAMS
FE - MO
2.703 – >4.081
3, 70 – > 3,50 x 1 –> 0,70
EMC
FE – BO - MO
3.378 –> 11.111
3,70 –> 3 x 0,80 –> 0,30
Forma
Palmetta Libera
Palmetta Libera
Palmetta Libera
Fusetto – Doppio asse
Fusetto –
Asse colonnare
Asse colonnare – V –
Cordone verticale
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Estratto da FRUTTICOLTURA n° 9 – settembre 2010
Tab.2 Confronto tra due forme di allevamento oggi adottate
Dati rilevati
Forma allevamento 4° foglia
PRODUZIONE
DOPPIO ASSE
38,7
(t./ha)
FUSETTO
27,6
PESO MEDIO FRUTTI
DOPPIO ASSE
284
(gr.)
FUSETTO
316
RESA IN RACCOLTA
DOPPIO ASSE
218
(kg/h)
FUSETTO
164
5° foglia
24,5
21,4
391
288
122
111
6° foglia
31,6
29,1
296
289
184
138
Tab.3 Esempi di schemi di applicazione di bioregolatori con funzione allegante
Schema di P.a.
Dosaggio Epoca di applicazione
applicazione
ha
1
GA 4+7 + BA
0,15 lt.
Bottoni bianchi
GA 4+7 + BA
0,30 lt
30% fiori aperti
n° 3 tratt.
GA 4+7 + BA
0,20 lt
80% fiori aperti
2
Prohexadione Ca
0,50 lt
Bottoni bianchi
n° 4 tratt..
GA4+7 + BA
0,20 lt
80% fiori aperti
Prohexadione Ca
0,50 lt
Germoglio 10 cm. (se la pianta ha vigore elevato)
oppure
GA3 (10%)
5-7
(pastiglie Se la pianta tende a bloccarsi
in totale)
Prohexadione Ca
0,50 lt
Germoglio 10 cm. (se la pianta ha vigore elevato)
oppure
GA3 (10%)
5-7
(pastiglie Se la pianta tende a bloccarsi
in totale)
3
Prohexadione Ca 0,50 – 0,70 Schiusura gemme  mazzetti affioranti
lt
n° 5 tratt.
GA 4+7
0,20 lt
10% fiori aperti
GA 4+7
0,20 lt
70% fiori aperti
Prohexadione Ca 0,50 - 0,70 2 settimane dopo il primo Prohexadione
+ Citochinine
+ 0,30 lt
Citochinine
0,30 lt
10 gg dopo il precedente
Eventuali
NAA
0,20 lt.
4 interventi, ogni 10 gg, a partire dal frutto di diam. 20
aggiuntivi
mm
Tab.4 Influenza dei trattamenti on Promalin sulla fruttificazione di Abate Fetel. Differenza percentuale
rispetto al testimone non trattato con GA4+7 +BA
N° frutti/pianta
Calibro medio (mm)
Peso medio frutti (gr)
Resa/pianta (kg)
+ 9,7%
- 4,8%
- 8,8%
- 1,9%
5
Estratto da FRUTTICOLTURA n° 9 – settembre 2010
Tab.5 Effetti del diradamento manuale su Abate Fétel /EMC a densità di 3.300 alb./ha
N° fr./albero
56
61
75
Calibro medio mm.
64
66
68
Peso medio gr.
202
215
238
Tab.6 Distribuzione dei frutti in classi di calibro commerciale a seguito di diradamento manuale (ø mm)
Calibro frutti
6060-65
65/70
70/75
75/80
80+
n° fr/albero
75
61
28%
14%
30%
31%
25%
32%
12%
14%
4%
3%
0%
0%
56
5%
21%
36%
22%
13%
3%
6

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