Untitled - Rizzoli Libri
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MARKUS GABRIEL PERCHÉ NON ESISTE IL MONDO Traduzione di Simone Maestrone SAGGI BOMPIANI Gabriel, Markus, Warum es die Welt nicht gibt © by Ullstein Buchverlage GmbH, Berlin. Published in 2013 by Ullstein Verlag. © 2015 Bompiani / RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8 – 20132 Milano ISBN 978-88-452-7876-1 Prima edizione Bompiani aprile 2015 RIPENSARE LA FILOSOFIA La vita, l’universo e tutto il resto… probabilmente, in più di un’occasione, ognuno di noi si sarà domandato che cosa significhi tutto questo. Dove ci troviamo? Siamo solo un agglomerato di particelle elementari in un gigantesco mondo-contenitore, oppure i nostri pensieri, desideri e speranze hanno una loro propria realtà? E se sì, quale? Come possiamo comprendere la nostra esistenza, o addirittura l’esistenza in generale? E ancora, fin dove arriva la nostra conoscenza? In questo libro elaborerò il principio fondamentale di una nuova filosofia, che ha come punto di partenza l’affermazione che il mondo non esiste. Come vedrete, ciò non significa che non esista nulla. Esistono molte cose: il nostro pianeta, i miei sogni, l’evoluzione, gli sciacquoni, la caduta dei capelli, speranze, particelle elementari e perfino unicorni sulla Luna, tanto per ricordarne alcune. Il principio fondamentale secondo il quale il mondo non esiste implica infatti che esista tutto il resto. Posso dunque anticipare fin da ora che esiste tutto eccetto una cosa: il mondo. Il secondo concetto cardine di questo libro si chiama NUOVO REALISMO. Esso designa l’atteggiamento filosofico che do5 vrebbe contrassegnare l’epoca successiva al cosiddetto “postmoderno” (cosa che io, parlando in senso strettamente autobiografico, ho annunciato per la prima volta a un pranzo tenutosi a Napoli nell’estate del 2011 in compagnia di Maurizio Ferraris, per la precisione il 23 giugno del 2011, verso l’una e mezza).1 Il nuovo realismo è dunque, innanzitutto, nient’altro che il nome per l’epoca che succede al postmoderno. Quest’ultimo è stato il tentativo di ricominciare da capo in modo radicale, dopo che tutte le grandi promesse di salvezza dell’umanità, dalle religioni alle idee politiche dei totalitarismi di sinistra e di destra, passando per la scienza moderna, erano ormai fallite. Si voleva operare una rottura con la tradizione al fine di far crollare l’illusione che ci fosse un senso della vita.2 Per liberarci da tale illusione esso ne ha però prodotte di nuove – in particolare quella secondo cui noi saremmo, per così dire, imbottigliati nelle nostre stesse illusioni. Il postmoderno voleva farci credere che l’umanità, fin dalla preistoria, soffrisse di una gigantesca allucinazione collettiva, la metafisica. Apparenza ed essere Con METAFISICA si può definire il tentativo di sviluppare una teoria sull’universo nella sua interezza. Essa 1 Per questi dettagli, per così dire, “storici”, rimandiamo al libro di Maurizio Ferraris Manifesto del nuovo realismo, Laterza, Roma-Bari, 2012. 2 Come introduzione a queste problematiche è consigliabile il libro di Terry Eagleton, Il senso della vita. Una introduzione filosofica, trad. it. di A. Ciappa, Ponte alle Grazie, Milano, 2011. 6 dovrebbe descrivere come il mondo è, e non come esso si presenta a noi, ossia come appare. In questo modo la metafisica ha in una certa misura inventato il mondo per la prima volta. Quando noi parliamo del “mondo”, intendiamo tutto quello che veramente accade o, detto altrimenti, la realtà. Con ciò appare ovvio che ci sottraiamo dall’equazione mondo = tutto quello che veramente accade, poiché si accetta senz’altro che ci sia una differenza fra le cose come appaiono e le cose come sono in realtà. Dunque, per scoprire come esse veramente sono, si deve, per così dire, sottrarre tutto ciò che nel processo conoscitivo è opera dell’uomo. A questo punto siamo già immersi nella filosofia. Il postmoderno, al contrario, ha obiettato che le cose esistono solo nel modo in cui appaiono. Dietro a esse non ci sarebbe nulla, nessun mondo o realtà in sé. Alcuni tra gli interpreti meno radicali del postmoderno, come il filosofo americano Richard Rorty, hanno sostenuto che, anche se ci fosse qualcosa dietro al mondo come appare, ciò non avrebbe alcuna importanza per noi. Il postmoderno è certamente solo un’altra variante della metafisica. A guardar bene non si tratta d’altro che di una forma molto generica di costruttivismo. Il COSTRUTTIVISMO si basa sull’assunto secondo cui non esisterebbero fatti in sé, ma al contrario tutti i dati di fatto sarebbero costruiti esclusivamente attraverso i nostri molteplici discorsi e metodi scientifici. Il più importante rappresentante di tale tradizione è Immanuel Kant. Egli ha affermato che noi non possiamo conoscere il mondo così come esso è in sé, perché qualsiasi cosa noi cono7 sciamo è sempre in qualche modo prodotta dall’uomo. Prendiamo un esempio che viene spesso adoperato in questo contesto, quello dei colori. Con Galileo Galilei e Isaac Newton, si comincia a sospettare che i colori non siano veramente qualcosa di esistente. Quest’ipotesi ha a tal punto indispettito un carattere amante dei colori come Goethe, da portarlo a redigere una propria Teoria dei colori. Si potrebbe ipotizzare che i colori siano solo onde di una determinata lunghezza che incontrano la nostra retina. Il mondo in sé sarebbe in realtà totalmente privo di colori, consistendo esclusivamente di particelle di un qualche tipo che ritrovandosi in un ordine medio di grandezza si stabilizzerebbero fra loro. Questa tesi è metafisica. Essa afferma che il mondo in sé è totalmente diverso da come appare. Ora, Kant ha radicalizzato il discorso. Egli afferma che anche quest’ipotesi, di particelle nello spazio-tempo, è solo un’altra maniera in cui il mondo in sé ci appare. Come esso è veramente, non possiamo scoprirlo. Tutto ciò che noi conosciamo è da noi prodotto, e appunto per questo lo possiamo conoscere. In una celebre lettera alla sua fidanzata, Wilhelmine von Zenge, Heinrich von Kleist ha chiarito il costruttivismo kantiano nel seguente modo: “Se gli uomini avessero davanti agli occhi due vetri verdi, dovrebbero concludere che gli oggetti osservati attraverso questi vetri sono verdi, e non potrebbero mai stabilire se l’occhio mostri loro le cose così come realmente sono o non attribuisca a esse qualche proprietà che appartiene non alle cose, bensì all’occhio. Lo stesso accade per l’in8 telletto. Noi non possiamo decidere se quanto chiamiamo verità sia realmente verità o soltanto apparenza”.3 Il costruttivismo crede ai kantiani “occhiali verdi”. Il postmoderno ha aggiunto che noi non portiamo solo un paio di occhiali, bensì molte altre paia: la scienza, la politica, i giochi linguistici dell’amore, della poesia, le innumerevoli lingue naturali, le convenzioni sociali e così via. Tutto sarebbe solo un complicato giocare con illusioni, nel quale noi ci assegniamo vicendevolmente un posto nel mondo, o detto in maniera più semplice: il postmoderno ritiene l’esistenza umana un lungo film d’essai francese, nel quale tutti i partecipanti si sforzano di sedursi vicendevolmente, ottenere potere sugli altri e manipolarli. Questo cliché è posto in questione con abile ironia nel cinema contemporaneo. Si pensi a Il potere dei sensi di Jean-Claude Brisseau o a Pornocrazia di Catherine Breillat. Tale opzione viene ripresa in modo divertente e giocoso nel film di O. Russell Le strane coincidenze della vita, pellicola che può essere annoverata, insieme ad altri classici come Magnolia, fra le migliori testimonianze del nuovo realismo. Ma l’esistenza e la conoscenza dell’uomo non sono né un’allucinazione collettiva, né un qualche cosa come l’essere intrappolati in un mondo d’immagini o sistema di concetti, dietro ai quali si troverebbe il mondo vero. Il nuovo realismo parte dal presupposto che noi conosciamo il mondo come è in sé. Ovviamente possiamo ingannarci. Ma non nella maggior parte dei casi. 3 H. von Kleist, Lettere alla fidanzata, trad. it. di E. Pocar, Sperling, Piacenza, 1993, p. 115. 9 Il nuovo realismo Per comprendere in che misura il nuovo realismo porti con sé un diverso atteggiamento riguardante il mondo, facciamo un semplice esempio: ipotizziamo che Astrid si trovi in questo momento a Sorrento e che guardi il Vesuvio, mentre noi (dunque tu, caro lettore, e io) ci troviamo a Napoli e parimenti osserviamo il vulcano. In questo scenario ci sono, dunque, il Vesuvio, il Vesuvio guardato da Astrid (da Sorrento) e il Vesuvio guardato da noi (da Napoli). La metafisica afferma che in questo scenario esiste un unico oggetto reale, vale a dire il Vesuvio. Quest’ultimo viene accidentalmente osservato nel primo caso da Sorrento e nel secondo da Napoli. Circostanze che non producono su di lui alcun effetto. Al Vesuvio non importa di chi s’interessa a lui. Questa è la metafisica. Il costruttivismo ammette, al contrario, che in questo scenario ci siano tre oggetti: il Vesuvio per Astrid, il Vesuvio per te e il Vesuvio per me. Dietro di questi non vi sarebbe in generale alcun oggetto, o perlomeno alcun oggetto che noi potremmo mai sperare di conoscere. Diversamente da tali posizioni, il nuovo realismo ammette che qui gli oggetti in gioco siano come minimo quattro: 1. Il Vesuvio. 2. Il Vesuvio osservato da Sorrento (prospettiva di Astrid). 3. Il Vesuvio osservato da Napoli (la tua prospettiva). 4. Il Vesuvio osservato da Napoli (la mia prospettiva). Si può facilmente comprendere perché questa sia l’opzione migliore. Non solo per il fatto che il Vesuvio sia un 10 vulcano che si trova su un determinato punto della superficie terrestre attualmente appartenente all’Italia, ma anche perché, dotato di egual diritto, che esso appare così-e-così da Sorrento, e in un’altra maniera da Napoli. Anche le mie più segrete sensazioni nell’osservazione del vulcano sono dei fatti (nonostante rimarranno segreti fino a quando una complicata applicazione dell’iPhone 1000 Plus riuscirà a scannerizzare i miei pensieri e a postarli in rete). Il nuovo realismo ammette, dunque, che i pensieri sui fatti esistono con egual diritto dei fatti sui quali noi riflettiamo. Al contrario, sia la metafisica che il costruttivismo falliscono a causa di un’infondata semplificazione della realtà, comprendendola unilateralmente come il mondo senza spettatore o, altrettanto unilateralmente, come il mondo dello spettatore. Il mondo che io conosco è però sempre un mondo con spettatore, nel quale fatti che non si interessano a me esistono insieme ai miei interessi (percezioni, sensazioni, e così via). Il mondo non è né esclusivamente il mondo senza spettatore né esclusivamente il mondo dello spettatore. Questo è il nuovo realismo. Il vecchio, vale a dire la metafisica, s’interessa solo al mondo senza spettatore, mentre il costruttivismo, ben più narcisisticamente, fonda il mondo, e tutto ciò che accade, sulla nostra immaginazione. Entrambe queste teorie non portano a nulla. Bisogna dunque chiarire come possano esserci spettatori in un mondo nel quale non ci sono già da sempre e ovunque spettatori – un compito che verrà portato a compimento in questo libro, grazie all’introduzione di una nuova ontologia. Per ONTOLOGIA s’intende tradizionalmente la “dottrina dell’ente”. Il participio della lingua greca 11