Come gli ambienti virtuali 3D possono essere utilizzati nell`ambito

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Come gli ambienti virtuali 3D possono essere utilizzati nell`ambito
Methodologies and scenarios
Come gli ambienti virtuali
3D possono essere
utilizzati nell’ambito
dell’apprendimento
collaborativo? Un’analisi
di casi appartenenti alla
letteratura del settore
Mark J. W. Lee
School of Education Charles Sturt University
[email protected]
Parole chiave: apprendimento collaborativo, ambienti virtuali 3D, giochi di
ruolo.
Abstract
Molti educatori, in tutto il mondo, entusiasti di fronte alla prospettiva di
poter risvegliare l’interesse delle proprie classi, i cosiddetti studenti della
“Net Generation”, stanno tentando di sfruttare le possibilità dei mondi
virtuali a tre dimensioni (3D), come “Second Life”, adducendo la motivazione
dell’”apprendimento collaborativo”. Tuttavia, ciò avviene sovente senza
valutare attentamente se il progetto delle attività di apprendimento è in
grado di sostenere e attuare la collaborazione. Basandosi su tre recenti
esempi di mondi virtuali 3D in ambito di apprendimento, il principale scopo
di questo articolo è la valutazione critica dello stato dell’arte. Si analizza il
fatto che interventi educativi ben progettati e basati su questi tipi di ambienti
possono rivelare gli ingredienti e i costituenti essenziali dell’apprendimento
collaborativo. L’articolo, prima di offrire una serie di raccomandazioni ai
professionisti del campo, si conclude con una considerazione sui problemi e
sulle sfide esistenti.
Je-LKS
Journal of e-Learning
and Knowledge Society — Vol. 5, n. 1, febbraio 2009 (pp. 21 - 30)
Je-LKS
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Vol. 5, n. 1, febbraio 2009
1 Introduzione
I giochi 3D, ovvero i giochi in uno spazio a tre dimensioni, le simulazioni e i mondi virtuali hanno catturato l’attenzione e l’interesse degli
educatori di tutto il mondo, i quali dedicano molto del loro tempo, delle
loro finanze e di altre risorse alla ricerca e allo sviluppo delle possibili
potenzialità di tali tecnologie. Il rapporto Horizon del 2007 (New Media
Consortium, 2007) ha identificato i mondi virtuali e i giochi MMOG1 come
aree emergenti che, rispettivamente nell’arco di due o tre anni e quattro o
cinque anni, avrebbero determinato con molta probabilità un impatto sui
sistemi di insegnamento superiore. Nonostante ciò, si può sostenere che il
continuare con sviluppi e investimenti sugli ambienti virtuali 3D per scopi
educativi, debba essere condizionato da ulteriori studi sulla validità del seguente assunto, ovvero che tali ambienti posseggono dei vantaggi intrinseci
rispetto ai corrispondenti ambienti non 3D (Dalgarno, Lee, 2009).
Obiettivo del presente articolo è presentare quanto e come i mondi
virtuali possano essere usati per facilitare l’apprendimento collaborativo.
L’articolo ha inizio con un’analisi dell’apprendimento collaborativo e dei
suoi elementi di base. Successivamente, l’autore effettua un’osservazione
critica degli usi dei mondi virtuali nel campo dell’insegnamento che hanno
come motivazione l’ “apprendimento collaborativo” e, analizza tre casi
modello estratti dal corpo in rapida espansione della letteratura scientifica
di quest’area.
2 Definizione di apprendimento collaborativo e dei suoi elementi
chiave
L’apprendimento collaborativo (AC), talvolta anche detto apprendimento cooperativo, può essere definito come un approccio centrato sugli studenti, dove gruppi di individui lavorano insieme condividendo un preciso
compito di apprendimento. Secondo Smith e Macgregor (1992), AC è un
“nome-ombrello” che raccoglie una ampia varietà di tecniche educative,
fra cui l’insegnamento per problemi, la scrittura di gruppo e le comunità
di apprendimento. Cuseo (1992), tuttavia, definisce operativamente l’AC
suddividendolo in sei elementi procedurali che lo distinguono da altre tipologie di apprendimento in piccoli gruppi:
1. Costituzione volontaria del gruppo: il criterio utilizzato per decidere la
composizione dei gruppi è predeterminato e progettato sulla base degli
obiettivi di apprendimento e sulle caratteristiche degli studenti facenti
parte del gruppo.
1 N.d.T. MMOG è l’acronimo di Massive Multi-player Online Game: gioco online a massiccia partecipazione multipla.
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2. Continuità nell’interazione di gruppo: il gruppo di AC porta avanti la
propria discussione e interazione per un periodo di tempo anche lungo,
così da consentire il formarsi di una continuità e da creare opportunità
sufficienti a costruire delle relazioni e una coesione sociale.
3. Interdipendenza fra i membri del gruppo: Questo riguarda il creare nei
membri del gruppo la percezione di essere legati gli uni altri altri, in
modo tale che uno non può avere successo se tutti quanti non hanno
successo.
4. Responsabilità individuale: ogni membro è responsabile della propria
prestazione come di quella dell’intero gruppo.
5. Molta attenzione allo sviluppo di capacità sociali: gli insegnanti devono decisamente procedere a incoraggiare le competenze sociali, per
esempio, attraverso insegnamenti espliciti sulle abilità atte a comunicare e relazionarsi agli altri. Alternativamente, devono fornire agli
studenti l’opportunità di valutare il processo di interazione sociale e
di riflettervi.
6. Insegnanti come facilitatori: il ruolo degli insegnanti è quello di un
“collega esperto” o di un allenatore, che offre consigli, incoraggia e dà
spiegazioni, allo stesso tempo aiutando il dialogo e la riflessione critica
attraverso la formulazione di domande opportune e pertinenti.
3 Opportunità del mondo virtuale in 3D per l’apprendimento
collaborativo
Salomon (1993) sostiene che le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (TIC) debbano essere analizzate dal punto di vista delle loro
potenzialità educative. Queste, secondo Kirschener (2002) possono essere
definite come le relazioni fra le caratteristiche dell‘intervento educativo e
le caratteristiche del discente, in grado di favorire il manifestarsi di alcuni
tipi di apprendimento. In quale misura le potenzialità degli ambienti virtuali
3D si prestano all’obiettivo di abilitare e dare supporto all’apprendimento
collaborativo? Chris Dede (1995) dell’Università di Harvard fu uno dei
primi ricercatori a discutere la possibilità di combinare le potenzialità degli
ambienti virtuali con la capacità sincrona degli strumenti di comunicazione
mediata da computer (CMC), a sostegno dell’apprendimento collaborativo.
Secondo Anderson (2004, p.42), “la più grande opportunità offerta dal Web
per scopi educativi è l’ampio e sfaccettato incremento nella comunicazione
e della capacità di interazione”, fatto che è ancora più evidente nel Web3D.
Oggi gli ambienti distribuiti 3D multiutente, inclusi gli MMOG e i mondi
virtuali, permettono ad utilizzatori sparsi in aree geografiche diversificate,
di esplorare simultaneamente un ambiente, attraverso un “avatar”. Ciascun
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utente è rappresentato da un personaggio visibile agli altri utenti che può
usare strumenti che consentono la comunicazione audio e la scrittura di
testi. Il fatto ancor più importante è che, tali ambienti consentono a due o
più utenti, di intraprendere congiuntamente e in maniera sincrona attività
cinestesiche o tattili all’interno del gioco o del mondo virtuale.
Oltre a provvedere funzioni per la comunicazione verbale, i mondi virtuali permettono agli utenti di allineare elementi non verbali alla scrittura
e/o al parlato. Essi forniscono netti vantaggi comunicativi rispetto alla
CMC testuale ed agli strumenti di “groupware”, i quali non catturano le
espressioni del viso e il linguaggio del corpo e che sono pertanto limitati
rispetto all’abilità di trasmettere sensazioni ed emozioni. Le tipologie di
interazione tra avatar, consentite dai mondi virtuali 3D, si possono considerare senza dubbio più ricche di quelle possibili nelle molte alternative di
tipo 2D. Infatti gli utenti possono segnalare una direzione di movimento o
indicare a terzi un oggetto virtuale nelle tre dimensioni e usare la posizione
e l’orientamento del proprio avatar come punto di riferimento nel trattare
oggetti coinvolti in attività condivise.
Perciò, molti autori e ricercatori hanno scritto a proposito di come l’immersione negli ambienti 3D offra considerevoli potenzialità per supportare
l’apprendimento collaborativo, se uniti ad opportune strategie di insegnamento. Per esempio, le strategie dei giochi di ruolo possono essere adottate con lo scopo di incoraggiare gli studenti a “lasciarsi andare” ad una
volontaria “accettazione del non credibile”, nel momento in cui mettono
in atto il loro ruolo e si identificano con il proprio avatar (Dickey, 2005).
Inoltre, Antonacci e Modress (2008) analizzano i benefici pedagogici che
si hanno consentendo agli studenti di costruire in maniera collaborativa i
propri mondi simulati con i vari oggetti contenuti e nell’interagire con essi.
I mondi virtuali di questo tipo, costruiti dagli utenti, possono promuovere
quel genere di creatività e generatività caratteristiche del movimento Web
2.0 (Boulos et al., 2007).
Sfortunatamente, tuttavia, sembra che molti educatori tendano a lasciare
l’apprendimento collaborativo al caso, assumendo che gli studenti inizino
a lavorare insieme in maniera produttiva unicamente grazie al fatto che si
trovano tutti in un mondo virtuale 3D multiutente dotato di ricche capacità
comunicative. Spesso, nel pianificare i compiti e le attività dell’apprendimento, commettono l’errore di non riconoscere di dover affrontare in modo
netto e approfondito il concetto dell’AC e gli elementi che lo definiscono
tale. Nel seguito di questo lavoro l’autore analizza un certo numero di
applicazioni innovative di mondi virtuali 3D, esaminandoli attraverso la
lente dei sei criteri chiave di definizione dell’apprendimento collaborativo
evidenziati nei precedenti paragrafi.
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4 Alcuni esempi di come i mondi virtuali 3D sono utilizzati per
l’apprendimento collaborativo
La Tabella 1 mostra una serie di casi/progetti innovativi che prevedono
l’uso dei mondi virtuali 3D come piattaforma per l’apprendimento collaborativo, tratti da pratiche esemplari di educatori appartenenti a istituzioni di
tutto il mondo. Sono stati identificati come il risultato di un’ampia ricerca
nella letteratura, che ha reso una gran quantità di studi e resoconti di casi
che riportano la nozione di “collaborazione” o “apprendimento collaborativo” in termini di obiettivo o assunto logico. In molti di essi, tuttavia, manca
una prova chiara che esistano i sei elementi chiave delineati in precedenza
per ciò che riguarda l’apprendimento collaborativo. I tre casi riportati sono
analizzati in termini di quanto supporto offrono all’apprendimento collaborativo, adottando lo schema proposto da Cuseo (1992) e già menzionato
precedentemente.
TABELLA1
Tre esempi di apprendimento collaborativo nei mondi virtuali 3d
Bibliografia
Di Blas, Paolini e Poggi (2003)
Mennecke, Hassall e Triplett (2008)
Jarmon, Traphagan e Mayrath (2008)
Istruzione superiore (Università)
Istruzione Superiore (Università)
Università dello Iowa, USA
Università del Texas Austin, USA
Settore educativo
Scuola Secondaria
Istituzione/organizzazione
Politecnico di Milano (Italia) e
Museo di Israele
Descrizione dell’attività di insegnamento/ apprendimento
Alcuni studenti da tutto il mondo dai 12 ai 19 anni, si incontrano in un ambiente virtuale
3D, costruito appositamente,
impegnandosi in uno scambio
interculturale, nel corso di uno
studio dei Rotoli del Mar Morto
e della cultura di 2000 anni fa
che li ha prodotti.
Second Life (SL) e la sua dimensione
economica sono utilizzati in un corso di
livello MBA come piattaforma per insegnare materie in ambito manageriale e
strategico collegate al commercio elettronico e all’imprenditoria.
Gli studenti appartenenti a un corso
superiore interdisciplinare in comunicazione lavorano tra di loro e insieme
ad alcuni studenti di architettura della
stessa Università, per creare virtualmente in Second Life i progetti di due
strutture urbane abitative, ecologicamente sostenibili, che vengono successivamente costruite in un quartiere con
residenti a basso reddito.
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Riferimento ai sei elementi procedurali di Cuseo (1992)
1. Intenzionalità nella formazione del gruppo
Vengono selezionate quattro
classi di studenti di aree
geografiche diverse fra loro,
ma impegnati in studi di tipo
o livello simile, allo scopo di
garantire un ambiente aperto
e un ricco scambio interculturale.
I processi di formazione del gruppo
non sono chiaramente specificati nella
relazione degli autori.
Gli studenti del corso di comunicazione
costituiscono un gruppo interdisciplinare.
Ciò ha lo scopo di incoraggiarli a praticare una flessibilità mentale nell’affrontare
i problemi con un punto di vista che
tiene in conto diverse prospettive. Un
altro scopo è quello di affinare le loro
capacità di lavorare a contatto con varie
comunità.
2. Continuità nell’interazione di gruppo
L’attività consiste in 4 sessioni della durata di un’ora , distribuite in un periodo di circa
due mesi, al fine di dare agli
studenti un tempo sufficiente,
tra una sessione e l’altra,
per riflettere sulle proprie
esperienze e per prepararsi
all’incontro successivo.
Gli studenti intraprendono una serie di
attività di apprendimento per sei settimane, fra cui anche un gioco di “caccia
agli oggetti”, una serie di presentazioni
in Second Life di ospiti speaker e un
progetto finale in cui viene richiesto loro
di preparare una relazione per un’organizzazione locale non profit. Questa è
infatti, interessata alla potenzialità che
Second Life potrebbe avere nel facilitare
le loro iniziative di attirare l’attenzione
delle istituzioni e rendere consapevole
l’opinione pubblica.
L’esperienza di apprendimento basata
sul progetto si estende per tutta la
durata del corso, vale a dire per un
intero semestre.
3.Interindipendenza fra i componenti del gruppo
Durante ogni sessione, gli
studenti lavorano in gruppo per
mettere alla prova la loro abilità
in due “giochi culturali”, che
comprendono un questionario a
scelta multipla e una caccia al
tesoro oppure un gioco “trova la
coppia” . Entrambi i giochi hanno
luogo in un labirinto virtuale. I
giochi necessitano di costanti
interazioni fra i partecipanti. Se
i componenti del gruppo non si
scambiano informazioni e non si
aiutano fra loro, hanno limitate
possibilità di riuscire vincenti.
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Nell’attività di “caccia agli oggetti”, gli
studenti sperimentano insieme e esplorano il mondo virtuale, imbarcandosi in una
missione per scoprire luoghi interessanti
e far pratica delle abilità di base richieste
da Second Life. Per completare l’esercizio, devono recuperare le indicazioni essenziali, decifrare i suggerimenti nascosti
e teletrasportarsi nei posti dove sono gli
oggetti che stanno cercando. L’esercizio
richiede che gli studenti lavorino in
gruppo, comunicando tra di loro, coordinando le loro attività e collaborando nello
svolgimento del processo.
Al fine di completare con successo
compiti del corso e i progetti, gli
studenti devono interagire molto con
partecipanti facenti parte del contesto
accademico o esterni, sia nella vita
reale sia in Second Life. L’interindipendenza è palese per il fatto che gli
studenti del corso di comunicazione
devono possedere la conoscenza del
settore specifico e l’esperienza degli
architetti, e viceversa.
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4. Responsabilità individuale
Ogni studente deve completare
il numero di letture assegnate
per prepararsi a ogni sessione.
Inoltre, all’inizio dei giochi culturali che sono presenti in ogni
sessione, un membro per ogni
gruppo esegue un gioco di abilità
per conquistare al suo gruppo il
diritto di rispondere per primo.
Ad ogni studente viene richiesto di
scrivere un saggio personale di riflessione, rispondendo a molte domande
che hanno a che fare con l’esperienza
fatta durante il gioco di “caccia agli
oggetti”.
Agli studenti viene richiesto di tenere
un diario delle loro osservazioni ed
esperienze, in un “giornale a vista sul
mondo”, che viene poi valutato alla
fine del semestre.
5. Chiara attenzione allo sviluppo di capacità sociali
Su questo aspetto non vengono
forniti dettagli nel documento
degli autori, sebbene la creazione dello spirito di gruppo e dei
rapporti interscolastici figurano
come elementi di forza nel progetto. Si fa anche riferimento è
fatto anche su come gli studenti
che lavorano a distanza vengono
incoraggiati alla socializzazione
nella prima sessione.
Sembra che questo elemento non
venga trattato in maniera esplicita
nella relazione degli autori.
Uno dei principali obiettivi del corso è
rappresentato dallo sviluppo e dall’applicazione di abilità comunicative di
alto livello, sebbene non risulti chiaro
dalla relazione degli autori quali strategie sono state utilizzate per sviluppare
tali abilità.
L’insegnante e il personale ausiliario
sviluppano i contenuti del corso e
costruiscono le infrastrutture di Second
Life necessarie a dare supporto agli studenti all’interno dell’ambiente virtuale. Si
provvede all’assistenza ed allo “scaffolidng” fornendo in aggiunta vari oggetti e
strutture create dagli istruttori, il testo
codice di vari script, il posizionamento di
indicazioni collocate in luoghi strategici
nell’isola in Second Life. L’istruttore
agisce inoltre come facilitatore di attività
svolte in classe e in gruppo all’interno del
complesso virtuale dedicato alla didattica e appositamente costruito allo scopo
e fornisce orientamenti e istruzioni per
la “caccia agli oggetti” e per il progetto
finale.
L’insegnante fornisce guida e “scaffolding” agli studenti lungo l’intero
semestre. Per esempio, gli studenti
intraprendono “viaggi di esplorazione”
in Second Life, facilitati dall’istruttore.
Inoltre vengono loro offerte sessioni
di training in tempo reale, guidate
da istruttori e tutoraggio online sulle
abilità essenziali per operare in Second
Life.
6. Insegnanti come facilitatori
L’attività viene facilitata da
una Guida, una persona fornita
dal Museo di Israele. All’inizio
di ogni sessione, la Guida dà
il benvenuto agli studenti e li
conduce in giro, presentando
loro vari concetti chiave e
ripassando il materiale che
avrebbero dovuto studiare prima della sessione. Li incoraggia
ad articolare i propri pensieri e
riflessioni, stimolando la discussione e la nascita di domande.
A conclusione di ogni sessione,
la Guida raccoglie i commenti
di tutti ed espone una breve
anticipazione della sessione
successiva.
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5 Discussione: problemi, sfide e raccomandazioni per gli educatori
Gli esempi discussi nel precedente paragrafo offrono segni di ottimismo,
vale a dire che le iniziative di apprendimento in ambienti virtuali, quando
sono ben progettate, possono mostrare di possedere gli ingredienti o gli elementi chiave dell’apprendimento collaborativo. Tuttavia, l’uso di ambienti
3D, per l’insegnamento e l’apprendimento in generale, e per l’apprendimento
collaborativo in particolare, non è senza problemi e trabocchetti. Ad esempio,
in alcuni casi, le caratteristiche e la complessità degli ambienti o mondi 3D
possono porre in svantaggio l’educatore, distraendo e scoraggiando gli studenti dall’applicarsi ai compiti concettuali chiave dell’attività di apprendimento
collaborativo (Jacobson et al., 2008). La necessità di navigare, di esplorare, di
manipolare oggetti, di usare tipologie particolari di interfacce e/o strumentazione hardware per completare tali compiti, potrebbe anche imporre un ulteriore
carico cognitivo al discente (vedi per esempio, Dalgarno, Harper, 2004; Chen,
Wan, 2008).
Pertanto, è di vitale importanza che gli educatori considerino attentamente
se l’utilizzo degli ambienti 3D virtuali è richiesto o ideale per un dato scenario
di apprendimento collaborativo, pesando i vantaggi e gli svantaggi di questo
tipo di ambiente rispetto alle alternative disponibili. La Tabella 1 mostra degli
esempi promettenti di come gli educatori siano capaci di applicare, in ambienti
virtuali, pratiche di progettazione didattica e di insegnamento, fondate dal punto
di vista pedagogico e innovativo. Persiste, tuttavia, la scarsità delle ricerche su
come le funzioni e gli aspetti caratteristici dei mondi virtuali possano essere
usati per apportare specifici benefici all’AC, che vadano oltre gli aspetti motivazionali (McLellan, 2004). Dal momento che ci sono tuttora molte domande
senza risposta, gli educatori devono essere cauti nel fare supposizioni o deduzioni di “buon senso” sulla base di un’intuizione o estrapolando osservazioni
aneddotiche. Ad esempio, i mondi virtuali e altri tipi di ambienti 3D multiutente
sono sempre più utilizzati come piattaforme per i “giochi di ruolo”, ma ciò
avviene sul presupposto che tali attività siano rese maggiormente coinvolgenti a causa dell’elevata fedeltà di rappresentazione della realtà e del senso di
presenza che tali mondi possono generare. Parallelamente a questo, si formula
l’ipotesi che i gesti e le comunicazioni non verbali in un gioco, in un mondo
virtuale o in altri tipi di ambienti 3D, porteranno a una comunicazione più
ricca ed intensa, e pertanto anche più efficace. Queste e altre ipotesi, sebbene
intuitivamente plausibili, non sono affatto provate, e tuttavia costituiscono frequentemente la base delle decisioni di progettazione didattica e pedagogica dei
formatori e dei tecnologi dell’educazione (Dalgarno, Lee, 2009). Un approccio
sistematico e supportato da prove è necessario per validare queste ipotesi e per
accertare cosa funzioni e cosa no.
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6 Conclusione
Al fine di massimizzare le possibilità di successo nello sperimentare l’apprendimento collaborativo in mondi virtuali, si raccomanda che i partecipanti vengano sottoposti a del training con molto anticipo, che si chiarisca a costoro quali
sono le aspettative e gli obiettivi attesi, e che venga coltivata un’atmosfera di
apprendimento dove sia chiara l’esigenza di “apprendere tra pari”, di supportarsi
reciprocamente e di dipendere l’uno dall’altro per portare a termine i compiti. E’
inoltre fondamentale che la centralità dell’insegnante, nel giocare un suo ruolo
attivo, non sia sottovalutata o scarsamente considerata. Come consulente, mentore, collega o associato nel processo di apprendimento, l’insegnante ha davanti
una sfida: consentire agli studenti di trovare una propria direzione e una propria
autonomia di gruppo e, allo stesso tempo, fornire loro la guida e l’organizzazione
necessaria. Le attività di apprendimento condiviso che sono endogene al tema e/o
al genere fantastico dell’ambiente virtuale devono essere appositamente progettate per assicurare che le interazioni fra gli studenti vadano oltre al semplice “chat”.
Devono risultare in dialoghi costruttivi, produzione di conoscenza in comune,
profondo coinvolgimento in un apprendimento di carattere socio-esperienziale,
dove i partecipanti portano interesse alle reciproche traiettorie di apprendimento.
Infine, ma non meno importante, l’apprendimento collaborativo richiede che
gli educatori riconoscano l’esigenza di prendere dei provvedimenti ben precisi
per promuovere abilità sociali e interpersonali, quali la capacità di condurre un
gruppo, la costruzione di fiducia, la comunicazione nel gruppo, la capacità di
prendere decisioni, la costruzione di consenso e la risoluzione di problemi, e ciò
indipendentemente dal medium o dal modo di erogazione.
Occorre dedicare tempo e attenzione allo sviluppo di tali abilità, proprio come
allo sviluppo delle abilità di studio – un approccio “a casaccio” è assolutamente
non soddisfacente.
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