universitá ca` foscari venezia facoltà di lettere e filosofia corso di
Transcript
universitá ca` foscari venezia facoltà di lettere e filosofia corso di
UNIVERSITÁ CA’ FOSCARI VENEZIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN STORIA DELLE ARTI E CONSERVAZIONE DEI BENI ARTISTICI TESI DI LAUREA “L’INTIMO FEMMINILE DA GIORNO NELLA COLLEZIONE DI FRANCO PEZZATO ” RELATORE: Prof.ssa Doretta Davanzo Poli CORRELATORE: Prof.ssa Michela Agazzi Laureanda: Federica Ventriglia Matricola: 818717 Anno Accademico 2008 - 2009 1 UNIVERSITÁ CA’ FOSCARI VENEZIA Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Specialistica in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici Tesi di Laurea “L’INTIMO FEMMINILE DA GIORNO NELLA COLLEZIONE DI FRANCO PEZZATO ” RELATORE: Prof.ssa Doretta Davanzo Poli CORRELATORE: Prof.ssa Michela Agazzi Laureanda: Federica Ventriglia Matricola: 818717 Anno Accademico 2008 - 2009 2 INDICE Premessa p. 4 Capitolo I Sintetico excursus sull’evoluzione dell’intimo p. 7 Capitolo II L’Intimo “intimo” p. 26 2.1 Cenni storici fino al XVIII secolo p. 26 2.2 Cenni storici dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni p. 32 Capitolo III Busti e Reggiseni p. 37 3.1 Cenni storici fino al XVIII secolo p. 37 3.2 Cenni storici dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni p. 44 Capitolo IV Degrado e conservazione dei manufatti tessili p. 58 Capitolo V Franco Pezzato e la sua collezione p. 67 Modello di scheda OA p. 71 Catalogo p. 87 Bibliografia p. 175 41411 11233 11171 75 3 PREMESSA La tesi presenta una rassegna della storia della biancheria intima da giorno femminile, quella lingerie cioè che si trova a diretto contatto con la pelle, a lungo tenuta celata probabilmente da una sorta di pudore. Gli oltre 200 esemplari da me esaminati, provenienti dalla collezione di Franco Pezzato, conservata a Fener, in provincia di Belluno, comprendono busti, reggiseni, mutande, sottogonne, sottovesti, copribusti, giarrettiere e reggicalze, databili tutti ad un periodo che va dalla fine del XVIII fino al XX secolo. Appassionato di tutto ciò che riguardava il tessile e la moda e sensibile alla storia, Franco iniziò la sua raccolta a partire dal 1985, raccogliendo, in diversi mercatini antiquariali o addirittura direttamente da privati, e conservando ogni oggetto riguardante il mondo della moda, tanto da accumulare, in poco più di venti anni, un patrimonio che oggi conta circa 9800 pezzi, da lui con competenza e passione inventariati e descritti uno ad uno. Oggi infatti la sua collezione può definirsi a piena ragione una rappresentazione della moda e del costume di due secoli di storia, un vero spaccato della nostra civiltà, che non poteva lasciare indifferente il mondo accademico. Esso infatti, a partire dal 2000, ha iniziato ad interessarsene, grazie alla disponibilità del signor Costantino Porcu e della prof.ssa Doretta Davanzo Poli che, docente a contratto alla Facoltà di Lettere di Venezia, membro del Centre International d’ Etudes sur les Tissus Anciennes di Lione e curatrice di numerose mostre e pubblicazioni sui tessili e sulla moda, è stata relatrice della prima tesi di laurea sull’argomento. A questa, ne seguirono altre (in tutto ad oggi: sei), ognuna focalizzata su un preciso nucleo di esemplari, al fine di completare l’opera di classificazione sistematica della collezione e di creare via via elaborati che potessero descrivere l’importanza e la bellezza di questo patrimonio culturale raccolto negli anni da Franco Pezzato. La proposta della mia relatrice di svolgere un lavoro di questo tipo, mi ha fin da subito entusiasmata, ed è stata realmente un’esperienza formativa bellissima, resa per altro ancora più piacevole dalla disponibilità e dalla cortesia del signor Costantino, che mi ha dato la possibilità di esaminare e toccare dei veri e propri reperti storici che testimoniano l’evolversi della moda e i numerosi cambiamenti che ha dovuto subire. 4 La prima fase del mio lavoro è stata la selezione dei pezzi da prendere in esame, custoditi all’interno di numerosi armadi, scatole, bauli e valigie, immagazzinati nella vecchia residenza di famiglia ad Alano Fener (BL). Una volta rintracciati i vari reperti, prima ancora di passare all’opera di catalogazione, si è reso necessario dispiegare i vari pezzi, arieggiarli e avvolgerli uno ad uno nella carta velina, per consentir loro una migliore conservazione. In effetti questo è un problema fondamentale per i tessuti (e non solo), e cioè che hanno bisogno di particolari condizioni di umidità, temperatura e luce, per non subire degradi o situazioni che potrebbero danneggiarli. Fortunatamente, il luogo dove sono conservati, sembra essere piuttosto idoneo da un punto di vista conservativo per le condizioni ambientali che esso presenta: il clima non è mai umido e l’ambiente è sempre fresco grazie ai muri spessi in pietra della casa e all’assenza di luce (molto dannosa a causa del fenomeno della fotodegradazione) che viene eliminata grazie alla chiusura delle imposte. Dopo il lavoro di ricerca dei vari pezzi, per altro semplificato grazie a Costantino, sono passata alla catalogazione degli stessi, sulla base dei dettagliati elenchi manoscritti di Franco Pezzato, nei quali annotava, man mano che li acquistava, le caratteristiche tecniche e i dettagli che li distinguevano. Dopo aver fotografato ad uno ad uno i reperti presi in esame, è iniziata la vera e propria inventariazione, avvenuta tramite la compilazione di schede elaborate dall’ I.C.C.D. – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione – del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC), al fine di registrare i dati secondo criteri omogenei e condivisi. Poiché non esiste ancora una scheda specifica per la catalogazione di oggetti d’abbigliamento, ho impostato il mio lavoro come un catalogo a schede del tipo OA (Opere d’Arte) selezionato dal modello originale proposto dall’ I.C.C.D. prendendo in esame i campi necessari alla descrizione dell’intimo, realizzata seguendo l’inventario di Franco Pezzato. Il catalogo è composto da 253 schede, 3 per ogni pagina, che descrivono la biancheria intima da giorno, divisa per capo, in ordine cronologico dal XIX al XX secolo indicando per ognuna il numero di inventario attribuitogli da Franco Pezzato. Oltre alla catalogazione vera e propria, l’elaborato comprende sia una sezione storico-introduttiva, che illustra la storia della biancheria intima fino ai nostri giorni, utile per contestualizzare la loro evoluzione e i loro cambiamenti nel corso del tempo, sia una parte in cui ho analizzato singolarmente l’evoluzione delle diverse tipologie di lingerie. Segue poi un capitolo dedicato ai metodi di conservazione dei materiali tessili e ai fattori di degrado che possono distruggerli o 5 logorarli, una sezione sulla storia della collezione di Franco Pezzato e infine il catalogo vero e proprio, composto, come già ricordato, da 253 schede con foto e relativa descrizione. 6 Capitolo I SINTETICO EXCURSUS SULL’EVOLUZIONE DELL’INTIMO Intima per essenza ed oggetto di discorsi troppo sistematicamente “leggeri”, la biancheria femminile ha dimostrato di essere un prezioso rivelatore del costume e la sua storia ed evoluzione è risultata parallela a quella della liberazione femminile. Vestirsi è da sempre considerato un atto personale e sociale, rimandando così alla dialettica fra struttura ed evento. Se da un lato infatti riflette tutte le pesantezze e le inerzie di una società organizzata nei propri costumi, convenienze ed istituzioni, dall’altro prende in considerazione il gruppo o l’individuo che vi si sottomette, ma che talora deroga, innova, cambia. Vestirsi però è anche un atto di significazione, manifesta infatti in modo simbolico e convenzionale un’essenza, un’anzianità, una tradizione, una generazione, una stirpe, consacra e rende altresì visibili le separazioni e le gerarchie 1. L’abbigliamento intimo, come del resto l’abito in generale, deriva sempre da qualche luogo dello spazio geografico e sociale. Esso porta nella propria forma, nel proprio colore, nel materiale di cui è fatto e nella tecnica di fabbricazione, i segni flagranti, le impronte o le tracce residue di lotte, penetrazioni, di contatti, prestiti e scambi fra regioni economiche o aree culturali, come pure fra gruppi di una stessa società 2 . In effetti, non appena l’uomo riuscì a pensare altro che non fosse solamente il procurarsi il cibo o l’assicurare la prosecuzione della specie, cominciò a rivolgere la propria attenzione ai diversi modi per diventare più attraente dei suoi simili, cercando di mutare il proprio aspetto, anche rischiando la salute o addirittura la sua stessa vita 3. Gli ideali di bellezza della donna, come pure dell’uomo, iniziarono così a modificarsi attraverso i secoli e nelle diverse culture: questa mutevolezza delle posture e delle regioni corporee del desiderio, pare quindi derivare da una strategia della seduzione che valorizzò alternativamente e con diversa durata spalle, seno, vita, fianchi, natiche, gambe, braccia, lunghezza e corpulenza dell’intera figura. 1 P. Perrot, 1981, p.8. Ibidem, p. 13-15. 3 P. Glynn, 1982, p. 20-21. 2 7 Grazie a questo suo carattere ambivalente, l’abito e, in particolare, l’intimo che svela velando e designa nascondendo i luoghi del corpo, di volta in volta valorizzati, costituisce al tempo stesso uno strumento decisivo e un’estrema opposizione alla seduzione: il pudore di cui esso testimonia rivela, a rovescio, le attrazioni che suscita. Lo stesso Montaigne infatti si chiedeva perché le donne presentassero tanti ostacoli ammonticchiati sulle parti, che sono le sedi principali dei nostri desideri e dei loro desideri, e a cosa servissero questi imponenti bastioni con cui le nostre donne armano ora i fianchi, se non ad aguzzare le nostre brame e ad attirarci verso di loro allontanandosi 4 . L’intimo infatti ha da sempre destato l’attenzione dell’uomo che, per natura curioso e nello stesso tempo pudico, è stato continuamente attratto da tutto ciò che gli veniva nascosto: questo spiega perché, in un’ era nella quale l’abbigliamento non era indispensabile per la sopravvivenza, sia le donne che gli uomini continuarono a dedicare tanta parte del loro tempo libero a vestire e svestire se stessi e gli altri. Per lungo tempo furono considerati indumenti segreti, esclusi dallo sguardo collettivo, trascurati dalla storia del costume che rischierebbe di svalutare per eccesso di “futilità” o di “volgarità” 5. In realtà, la cauzione morale dell’abbigliamento visibile permette di parlare, mentre quello dell’abbigliamento nascosto reclama il silenzio: né visto, né conosciuto, né detto, l’abbigliamento intimo tocca troppo da vicino il desiderio o l’indegnità del corpo. Questo atteggiamento nei confronti della biancheria intima, trova una valida conferma nelle varie carte dotali che si usavano scrivere per elencare la dote, una “sostanza che la moglie, od altri per essa, arreca espressamente a questo titolo al marito per sostenere il peso del matrimonio, colla condizione che, allo scioglimento di questo, le verrà restituita” 6. Fin dall’infanzia infatti, le ragazze, spinte e guidate dalla famiglia e dall’educazione che essa le avevano impartito, cominciavano a pensare alla preparazione del proprio corredo, cioè a quella base simbolica sulla quale avrebbero poi costruito la loro vita di coppia. Essi erano costituiti da una grande quantità di capi, alcuni dei quali però non comparivano all’interno dei documenti dotali, probabilmente per una sorta di pudore che induceva a sorvolare su certi indumenti: ad essere elencate infatti, erano soprattutto le vesti, le camicie, i copriletti, le lenzuola ed accessori, ma quasi mai le mutande. È chiaro che l’omissione di determinati capi d’abbigliamento intimo, fosse il risultato di un imbarazzo e di un 4 5 6 F. Roches, 1931, p. 21. P. Perrot, 1981, p. 209. D. Davanzo Poli, 1987, p. 11. 8 atteggiamento pudico che portava ad evitare di nominarli e addirittura di depennarli dalle stesse carte dotali o dalle pubblicazioni di antichi inventari nuziali 7. Tutto l’impulso erotico dell’indumento intimo consiste nel segreto, nell’intimità appunto, nel conoscere qualcosa che gli altri non sanno, un’ informazione esclusiva alla portata di pochi 8. La lingerie, elemento a pieno diritto del costume umano, ha subito, secondo le mode e i costumi, ogni genere di trasformazione, dato che essa, come del resto l’abbigliamento in generale, rappresenta il riflesso dell’evoluzione della società. Ha origini lontanissime, legate probabilmente alla civilizzazione dell’uomo che, ad un certo punto, sentì la necessità di distinguersi dagli animali e dai suoi simili “selvaggi”, abituati a vivere nudi, lasciando i loro organi sessuali alla luce del sole 9. La nascita del pudore quindi, unita al gusto della seduzione, nascondere e/o mostrare ciò che si vuole evidenziare, e alla nostalgia della giovinezza, hanno avuto sicuramente una parte importante nell’invenzione della biancheria intima. Il pudore infatti accresce la bramosia che invece si vorrebbe placare e, quanto più le zone e gli oggetti relativi al sesso sono lontani dal campo visivo e dal discorso, tanto più essi invadono, affollano ed ossessionano l’immaginazione. I primi capi d’abbigliamento intimo, possiamo paradossalmente collocarli alle origini del mondo, a quando cioè Adamo ed Eva, forse per pudore, una volta accortisi delle loro nudità, decisero di coprirle con due foglie di fico. Chiaramente non possiamo ancora parlare di una vera e propria lingerie, ma questo loro atteggiamento, unito alla loro necessità di “coprire”, possono essere visti come i primi passi e quindi l’esordio dell’abbigliamento intimo. Le prime vere testimonianze però, arrivano dall’Egitto dove, alla nudità degli schiavi e della gente di bassa condizione, si contrapponevano perizomi prima e tuniche poi, utilizzate per lo più da sovrani e nobili che li facevano cucire perfino con fili d’oro. Le donne di alta condizione erano solite indossare due tuniche, quella di sotto, che si trasformerà poi in camicia, diventando così un vero e proprio capo di biancheria, e quella esterna, solitamente trasparente, e quindi realizzata con stoffe leggere a trama larga, quanto al seno, esso era solitamente lasciato scoperto, sottolineando quindi il loro poco pudore verso questa parte del corpo 10. Stiamo parlando quindi di un sistema vestimentario aperto che, oltre al popolo egizio, caratterizzò anche altre civiltà, quale quella fenicia, sumera, assira, ma che si oppose radicalmente agli 7 D. Davanzo Poli, 1987, p. 12. P. Glynn, 1982, p. 139. 9 C. S. Laurent, 1986, p. 23. 10 Ibidem, p. 25. 8 9 Indeuropei che, stanziatisi nel II Millennio nei territori compresi tra il Mar Nero, il Caspio e il Mar Rosso, preferirono un sistema chiuso. Sottane e camicie infatti, vennero sostituite da pantaloni o calzoncini, da un sistema cioè che tendeva ad isolare le regioni infere del corpo, contrapponendosi così allo spirito mediterraneo, aperto e sciolto che, pur di non imprigionare il bacino e l’interno delle cosce, nonostante il freddo, facevano addirittura ricorso a dei manicotti avvolti intorno alle gambe, sostenuti da una specie di reggicalze che cingeva i fianchi 11. Un’attrazione per una struttura curva, del tutto estranea al mondo Egiziano, rappresentò invece lo stile vestimentario del mondo Cretese, uno stile che rendeva le donne simili a delle bambole, libere di esprimere la propria sensualità, il proprio aspetto inquietante e dirompente. La loro sottana infatti si fece più ampia, paffuta e tonda, grazie soprattutto all’uso di cerchi di giunco o di metallo, sui quali si sovrapponeva la gonna, che costituirono il primo caso di biancheria riservato alle sole donne. Questi cerchi rappresentarono i primi artifici che costellarono anche in seguito la storia della biancheria femminile, prefigurando quindi tournures, guardinfanti, poufs, culs, crinoline e paniers di cui si servirono le dame per brevi, ma frequenti periodi, ogni qual volta, stanche di essere contenute in un cilindro, sentivano l’esigenza di rifugiarsi in queste strutture per sfuggire alla natura. Oltre ai cerchi, le donne cretesi ricorsero anche alla crinolina e soprattutto ai corsetti che, allacciati sul davanti, lasciavano i seni nudi, sostenuti solo alla base, rendendoli così eretti e gloriosi. Altro discorso va fatto per la civiltà Greca del VII secolo a.C. che, a differenza di quella cretese, utilizzò una struttura sicuramente più semplice, indossando inizialmente, come unico indumento, un rettangolo di stoffa senz’orlo né cuciture 12. La donna greca infatti, non affidava a nessun capo di biancheria il compito di incurvare o assottigliare il suo chitone, ma faceva affidamento al solo gioco delle sue pieghe e del suo drappeggio, senza così avere bisogno di alcuna struttura interna, nessun corsetto né cerchio. Questa semplicità riscontrata nel mondo greco era uguale sia per l’uomo che per la donna, entrambi infatti, a differenza di come accadeva in civiltà quali quelle cretesi o persiane, indossavano abiti quasi uguali. La loro differenza era sottilmente segnata solo dalla diversa struttura del corpo, che imprimeva linee diversificate alle pieghe del tessuto: l’uomo infatti, 11 12 C. S. Laurent, 1986, p. 27. Ibidem, p. 28. 10 accortosi di non essere l’unico sesso sulla terra, cercò di attenuare questa evidenza utilizzando l’uniformità dell’abito, che impediva quindi alla donna di proclamare la propria femminilità 13. Esse infatti, avrebbero gravemente peccato di gusto se avessero ostentato la loro specificità fisica e quindi furono costrette a far scomparire seni e fianchi, a non utilizzare tutta quella biancheria intima che invece aveva trionfato a Micene e a Creta, e ad accontentarsi di una più modesta, il più possibile nascosta e discreta. L’ apodesmo rappresentò per le donne greche il primo capo di abbigliamento intimo. Si trattava di fascette di stoffa avvolte sotto i seni, usate non certo per glorificarli, quanto per sostenerli, contenerli e smorzarne l’evidenza, i quali con il passare del tempo però cominciarono a ridursi sempre di più, fino a prendere le sembianze di un sottile nastro rosso che cingeva il busto fino alla vita (anamaskhalister). Con il passare del tempo il mondo greco assistette a numerose trasformazioni e cambiamenti che investirono il proprio modo di abbigliarsi: la tunica di lino soppiantò infatti il chitone e il peplo, l’himation si allungò e si allargò per avvolgere meglio e, sotto di esso, la nascita di una tunica interna, un nuovo capo di biancheria che, attraverso i secoli, darà origine alla camicia e alla sottogonna 14. Già in questi primi capi di abbigliamento intimo della storia, si nota la principale funzione che ebbero nel corso dei secoli e che si portarono dietro, anche se a fasi alterne, per tutto l’ Ottocento: nascondere, comprimere e appiattire le forme e le curve di una donna. Indumenti intimi quindi come qualcosa che aiutava a celare i sogni evidenti di una femminilità che spesso veniva repressa e relegata alla sola sfera domestica e privata. Anche per le donne romane, almeno all’inizio, la biancheria intima designava la loro pudica riservatezza e la loro sensualità era ancora decisamente semplice e modesta. A differenza delle donne greche infatti, che tra la fine del IV e l’inizio del III secolo si erano imbacuccate per meglio eccitare il desiderio maschile, sembra che quelle di Roma, almeno inizialmente, abbiano celato il proprio corpo per scrupolo morale 15. La fascetta che era apparsa sotto il petto ed attorno ai fianchi delle donne greche, ora compare anche tra le donne di Roma con il nome di taenia, ma ad essere maggiormente usate, soprattutto dalle giovani ragazze furono le fasce, delle strisce più larghe utilizzate per comprimere il seno e frenarne lo sviluppo e il mamillare, un crudele schiaccia petto in cuoio rigido. 13 14 15 C. S. Laurent, 1986, p. 31. Ibidem, p.33. Ibidem, p. 36. 11 Come in Grecia quindi, ci fu una vera e propria lotta contro ogni tipo di rotondità, contro tutto ciò che poteva dare alla donna quella femminilità e sensualità che l’ avrebbe valorizzata e che, nello stesso tempo, avrebbe distolto e distratto l’uomo dai loro compiti nei confronti dello Stato. Ma il fiorire della biancheria non si arrestò, e cominciarono pian piano a diffondersi capi intimi come lo strophium, una specie di sciarpa che avvolgeva i seni senza però comprimerli, l’ ephod, un corsetto sostenuto da bretelle, il capitium, una sciarpa più larga e molle e il cestus che, importato dal mondo greco, con i suoi ricami, avvolgeva il corpo della donna dal seno fino all’inguine. La donna quindi, pur mantenendo per strada un aspetto simile a quello dell’uomo, indossa ormai un complesso di biancheria che comincia a distinguerla come donna, che le conferma la consapevolezza del proprio sesso, soprattutto dopo aver compreso che soltanto esasperando ed esibendo quella diversità che la rendeva straniera ai maschi, avrebbe potuto diventare oggetto di passione 16 . La donna romana quindi, aveva finalmente potuto accedere a quella pratica della voluttà che fino ad allora aveva totalmente ignorato e su di essa cominciarono a riunirsi tutti quei capi di biancheria, aperti e sciolti, concepiti nel mondo mediterraneo dalla preistoria in poi: le fasce e le sciarpe della Grecia, le tuniche e le gonne d’Egitto e la crinolina di Creta. Fu nel I secolo che le donne latine iniziarono ad uscire da quel principio che aveva regolato l’intero sistema vestimentario greco – romano, adottando, al contrario, un sistema chiuso, che sequestrava il basso ventre: il subligaculum. Il termine stesso, che dal latino subligo significava appunto “legare sotto”, non era altro che una sorta di sottofascia costituita da una striscia di lino, una specie di semplice perizoma, avvolto intorno alle cosce ed allacciato alla vita, facente parte inizialmente dell’abbigliamento di ballerine ed attori sul palcoscenico, ma anche di atlete e di gladiatori. A parte qualche piccola influenza, l’abbigliamento delle donne del III secolo non subì sostanziali cambiamenti, esse infatti indossavano ancora sulla pelle una prima tunica, la subcula, sopra della quale ci passavano la stola, poi la gonna e perfino un corpetto ricamato. Anche agli inizi del Medioevo, tranne rare eccezioni che videro l’utilizzo dei feminalia, mutande lunghe al ginocchio, indossate per lo più dalle serve di Bisanzio o da alcune donne gallo-romane, le donne si rassegnarono a rimanere nude sotto le due vesti, quella esterna, colorata e aperta, e quella interna, di stoffa più leggera, diffusa solamente dall’epoca carolingia in poi, e una cintura avvolta su questa, a sostenere i seni 17. 16 17 C. S. Laurent, 1986, p. 40-41. Ibidem, p. 47. 12 La biancheria, nel senso moderno del termine, è quindi ancora sconosciuta agli inizi del Medioevo, periodo che vide la donna ritornare ad essere una penosa necessità imposta dalla natura e dalla società, ma anche dalla religione che le impose un abbigliamento teso solo a seppellire le sue forme e a nascondere la sua pelle, dandole addirittura come norma assoluta di comportamento la castità. Fu però nel corso dello stesso Medioevo che cominciò un vero e proprio gusto per la biancheria, una passione che, se inizialmente vide solo la comparsa, tra la veste esterna e quella interna, del doublet, un breve corpino e un probabile antenato del busto, vide riapparire le fascette per sostenere e contenere il seno, ma anche la nascita di numerosi altri indumenti intimi. In effetti nessun’altra epoca più del Medioevo si è tanto accanita a diversificare l’abbigliamento, a sessualizzarlo, distinguendo i due sessi, imponendo così agli uomini e alle donne una differenza che recasse i segni distintivi della loro diversità sessuale: un dialogo tra di loro poteva cominciare solo a partire dalla consapevolezza della loro reciproca diversità. Le vesti delle donne cominciano ora ad allungarsi, la silhouette femminile prevedeva seni più alti e una vita molto sottolineata e cresceva la volontà di abbigliarla in modo che, anche vestita, rivelasse perfettamente la zona del suo corpo che la caratterizzava come donna: il ventre 18. Il nuovo abbigliamento femminile fu caratterizzato da una veste aperta, che diventa così facile da invadere, ma anche da difendere, data la presenza di una grande quantità di biancheria che ricopre il suo corpo. Molti infatti erano i nuovi capi d’intimo che erano sorti in questo periodo, uno fra questi fu il gipponino, un gilet molto attillato che si portava sopra la veste, ma che appiattendo il seno ed esaltando il ventre, giocava un ruolo molto simile a quello del busto, il futaine, una fascia usata per serrare la vita, la cotta, una tunica corta con ampie maniche e dotata di laccetti, anch’essa facilmente assimilabile alla famiglia dei corsetti 19. A questi capi, vanno sicuramente aggiunte le calze, realizzate per lo più in lino o in lana, trattenute sopra il ginocchio dalle giarrettiere, delle piccole strisce elastiche, spesso finemente guarnite, che permettevano di agganciare e di tendere le calze stesse al di sopra del ginocchio, per non spezzare la linea del polpaccio 20 . Vanno poi ricordati i collaretti e le gorgiere indossati sopra il corsetto, scolli sempre più ampi da rivelare spalle e quasi tutto il seno e una serie di artifici, come cuscinetti, 18 19 20 P. Glynn, 1982, p. 64-65. C. S. Laurent, 1986, p. 54. P. Perrot, 1981, p. 228. 13 fasce e lacci, utilizzati soprattutto per ingannare e creare un’apparenza che non corrispondeva poi alla realtà (“biancheria bugiarda”) 21. Alla fine del XIV secolo un impeto di rinnovamento invase gli stati e le corti italiane. Affievoliti se non addirittura spezzati i legami con le tradizioni frenanti, l’apporto degli studi umanistici, il fiorire delle arti, l’espansione dei mercati e delle sfere d’influenza, la scoperta di nuove tecniche, l’importazione di prodotti di civiltà fino ad allora sconosciute, crearono le condizioni necessarie per l’evoluzione del costume, nella costante tendenza di migliorare, inventare, cambiare ed abbandonare finalmente il vecchio per il nuovo. Il termine “foza” iniziò ad acquisire, nei primi decenni del XV secolo il significato dell’attuale “moda” ed i maestri tessitori raffinarono ulteriormente le loro tecniche, producendo delle così splendide preziosità che guadagnarono subito l’entusiasmo dei clienti 22. Tutto lo sforzo fatto nel Medioevo per cercare di differenziare l’abbigliamento femminile da quello maschile viene messo in crisi nel corso del Rinascimento. Se la donna medievale faceva percepire la propria femminilità e il proprio corpo mediante l’aderenza dell’abito sul ventre, ora, nel XVI secolo, al contrario, essa tende a mimetizzare proprio quel punto prima privilegiato con l’invenzione del guardinfante, che tenderà a dilatare, anche in maniera esagerata, i fianchi. Quello che il Medioevo aveva separato, ora si confonde, le donne cercano l’uguaglianza, tentano di sentirsi libere proprio come l’uomo, arrogandosi perfino il diritto di indossare i calzoni, smontando in questo modo tutta l’opera di differenziazione vestimentaria svolta in più di tre secoli23. Venne chiamata faldiglia e poi guardinfante quell’insieme di cuscinetti, stecche di balena, di fil di ferro o di vimini che, appoggiati in vita, allargavano la gonna in uno smisurato cerchio 24. Probabilmente l’utilizzo di questo capo d’abbigliamento è da ricercare sulla volontà delle classi dirigenti, abbondantemente arricchite proprio in questo periodo, di esibire la propria ricchezza attraverso l’invenzione di un capo che richiedesse una maggiore quantità di stoffa e che quindi permettesse loro di farne grande sfoggio. Tale capo non veniva utilizzato per ingannare e far credere che la natura avesse dato alle donne fianchi più larghi della lunghezza del busto, bensì per creare una forma nuova che aboliva il ventre sotto quell’enorme la gonna. 21 22 23 24 P. Perrot, 1981, p. 56. V. De Buzzaccarini, 1985, p. 17. C. S. Laurent, 1986, p. 62. Ibidem, p. 66. 14 Alla maestosità del volume inferiore del corpo della donna data appunto dal guardinfante, corrispose un volume, altrettanto artificiale, della parte superiore, creato da un nuovo capo d’abbigliamento: la baschina 25. Di tela rigida, essa saliva verso le spalle allargandosi ad imbuto, strizzando così la vita e schiacciando i seni, capovolgendo in questo modo le caratteristiche proprie del corsetto medievale che invece, al contrario, lasciava libero il seno, facendo inarcare i reni per dare risalto al ventre. Se il guardinfante aveva eliminato la maggior parte della femminilità di una donna, la baschina cancellò del tutto il rotondo e il morbido del busto: la congiunzione dei due capi creò così un essere che non presentava più alcuna forma naturale. Sembra quasi una contraddizione pensare che, in un momento nel quale le donne condannarono se stesse a portare accessori del tutto ostili al movimento e alla comodità, adottarono nello stesso tempo le braghesse, chiamate anche “briglie da culo” o “calzoni a la galeota” a Ferrara 26. Anche se già in precedenza molte avevano cominciato ad indossarli, soprattutto per motivi igienici, pare sia stata Caterina de Medici ad iniziare le donne all’uso di tali calzoni, probabilmente imitando quelli maschili, con il preciso scopo di cancellare quella netta divisione stabilita nel Medioevo tra la veste, simbolo femminile, e i calzoni appunto, chiaro simbolo maschile. Il loro utilizzo rappresentò inoltre un ottimo strumento per mettere in bella mostra le gambe maschili, che infatti venivano perfettamente curate cercando di tenere sempre braghesse e calze minuziosamente tirate. L’evoluzione delle braghesse fu molto rapida, inizialmente furono realizzate in cotone o in fustagno, poi in panno e in tela d’oro o d’argento quando le donne vollero trasformarli in capi esterni, e cominciarono pure a diventare “bugiarde”, grazie soprattutto ad imbottiture di seta, strategicamente posizionate per arrotondare le cosce e il sedere 27. Durante il XVII secolo, calzoni, guardinfanti, faldiglie e baschine vennero considerati “trucchi infernali” soprattutto dalla chiesa cristiana che condannò apertamente tutta quella stravaganza che aveva regnato nei secoli precedenti 28. Pian piano si cercò di ridare alla donna quella naturalezza e quella simmetria che aveva regnato precedentemente e si eliminarono tutti quei capi che avevano caratterizzato il periodo 25 26 27 28 C. S. Laurent, 1986, p. 67. P. Perrot, 1981, p. 212-213. C. S. Laurent, 1986, p. 64. P. Glynn, 1982, p. 22-23. 15 rinascimentale: nel XVII secolo gli uomini sono uomini e le donne donne, ai primi i calzoni, alle seconde la veste 29. Nonostante tutto, le donne non rinunciarono alla biancheria e si inventarono nuovi capi che, in un certo senso, riuscissero a dare i medesimi risultati. Ecco che, dopo la scomparsa del guardinfante, ricorsero all’utilizzo di tre sottogonne sovrapposte per far rigonfiare la veste, e la stessa baschina si modificò fino a raggiungere le stesse caratteristiche del corsetto usato alla fine del Medioevo. Il nuovo arnese infatti, anche se schiacciava il busto altrettanto crudelmente della baschina, non creava le forme rigide tipiche dell’epoca rinascimentale, ma in ogni caso, i suoi principi costruttivi, rimasero praticamente identici, variando solo alcuni particolari: ora più leggero, ora più rigido, allacciato ora davanti, ora dietro. Durante il XVIII secolo fu inventato una sottogonna simile al guardinfante, sottolineando così un aspetto importante della moda, il suo essere ciclico, il fatto cioè che essa non possa cambiare senza ricorrere alle formule precedenti, ai modelli che sembravano ormai superati. E’ la nascita del paniere, una gabbia fatta a cerchi di vimini, di corda spessa o di ossa di balena, sospesa intorno alla vita che serviva per tenere rialzati i vestiti e che provocò pressappoco le stesse accuse che avevano colpito faldiglie e guardinfanti. I primi furono sul principio dei cerchi di ferro, di legno e di balena, coperti di stoffa e chiamati “vertugadins”, poi cominciarono a nascerne modelli sempre più diversificati che variavano a seconda dell’età e della figura della donna che li avrebbe portati 30. La donna del 1700 sottolinea la sua femminilità per mezzo di artifici che mettevano in risalto le forme del corpo, soprattutto i seni e il sedere, così da risultare sempre “ampia” e “paffutella”. Nonostante la scomparsa del paniere negli anni immediatamente precedenti la presa della Bastiglia, le donne non si persero d’animo e iniziarono ad utilizzare un altro aggeggio che esaltasse le loro forme naturali: il pouf, sbrigativamente chiamato anche “culo” 31. Iniziò infatti ad imporsi l’utilizzo di vesti gonfie posteriormente in quella zona del corpo che nessuna moda fino ad allora aveva sfacciatamente sottolineato 32 A differenza del guardinfante e del paniere, il pouf riuscì finalmente a restituire alla donna quella libertà di movimento che prima le era mancata e, imbottito di crine e attaccato sotto i reni, migliorò effettivamente le loro forme naturali senza modificare del tutto la loro figura 33. 29 30 31 32 C. S. Laurent, 1986, p. 70. V. De Buzzaccarini, 1985, p. 34-35. C. S. Laurent, 1986, p. 78. V. De Buzzaccarini, 1985, p. 59. 16 Parallelamente all’uso di questo nuovo capo intimo, le donne continuarono ad indossare il corsetto che, nonostante il parere negativo di medici e moralisti, che pubblicarono perfino un’opera dedicata alla “Degradazione della specie umana causata dal corsetto di balena”, continuò a modificarsi e ad adattarsi alle mode del periodo. Fu solo con la Rivoluzione che pian piano l’utilizzo del busto cominciò ad arrestarsi. Compare il fichu, un ampio fazzoletto, un indumento necessario per le donne che, non avendo più il corsetto a sostenere i seni, per ottenerne l’opulenza, lo indossarono e i contemporanei chiamarono “petto finto”. La ciclicità della moda portò ben presto alla ricomparsa del busto: inizialmente in forma di fascette, chiamate giustamente “zone” come quelle antiche, ma attaccate più in alto, sorreggevano la parte inferiore del petto e pian piano cominciarono a prendere le sembianze del busto vero e proprio, sicuramente meno crudele, grazie all’assenza delle stecche di balena, alla presenza di elastici più morbidi e all’utilizzo di stoffe diverse, quali il satin o il velluto 34. Con la sparizione del paniere e poi anche del “culo”, sembrava essere cominciato un movimento teso alle vesti dritte, ricadenti all’antica, ma non fu proprio così: la linea tornò infatti ad imporre una vita molto segnata e gonne allargate, non più dal paniere, ma da una serie di sottogonne sovrapposte, facendo così riapparire le “donne dai fianchi ampi” 35. Per quanto riguarda le mutande, fin dall’inizio del 1700, esse comparvero negli inventari, principeschi o più modesti, accanto alle camicie, sia da giorno che da notte, e ad altri capi di biancheria intima. Iniziarono poi ad essere inseriti, intorno alla metà del ‘700, nei corredi quando comparvero, sotto il nome di “calzoni” o “braghesse”, addirittura a volte impreziosite d’oro e d’argento filato con fibbie: nell’inventario della signora Priuli Tiepolo, stipulato a Venezia nel 1788, figurano infatti, oltre a busti, camicette e vestaglie, ben ventiquattro “ mutande di gotone” 36. Indumento fra gli ultimi a figurare nei corredi, la mutanda iniziò ad essere utilizzata con maggiore frequenza nell’Ottocento: nella primavera del 1807 apparvero a Palazzo Reale e sui boulevards Parigini, quando cioè si cominciarono a vedere donne le cui caviglie erano circondate di festoni e pizzi, ornamento finale di un lungo e largo pantalone di lino e di tela fine legato in vita, chiamato appunto “mutandone”; arrivarono in Italia nel 1809 attraverso i figurini della “Moda di Francia”; in 33 34 35 36 C. S. Laurent, 1986, p. 78. P. Glynn, 1982, p. 142. C. S. Laurent, 1986, p. 82. D. Davanzo Poli, 1987, p. 13, 26. 17 Inghilterra le fanciulle iniziarono a ricorrere ad esse per fare ginnastica, le bambine per giocare e le donne per andare a caccia 37. Un capo così lungo, sporgente dall’orlo del vestito, inevitabilmente risvegliò l’attenzione maschile nonché la critica dei moralisti dell’epoca: ecco che allora divenne un elemento indispensabile nel guardaroba delle cortigiane che fecero dei mutandoni un accessorio del vizio. Un’altra categoria della società femminile infatti, le bambine, cominciò ad appropriarsene e, grazie al processo di infantilizzazione dell’abbigliamento, avvenuto tra il XIX e il XX secolo, anche le donne poterono rendere vistoso tale capo intimo 38. Questo però non fu l’unico motivo che portò le donne all’utilizzo dei mutandoni, infatti, oltre ad indossarli nei lavori che avrebbero potuto mettere in pericolo il loro pudore o durante cavalcate e viaggi, essi cominciarono a diventare “urgenti” con i cambiamenti della moda del 1840. A partire dagli anni ’40 infatti, la moda si allungò, nascondendo i piedi sotto le gonne che, nello stesso momento, iniziano ad allargarsi grazie all’arrivo della crinolina, un’armatura di cerchi di legno prima, di ferro poi, che continuò il ruolo svolto ottant’anni prima dal paniere e due secoli e mezzo prima dal guardinfante. Non era altro che una sottana ampia e molto arricciata che prendeva il suo nome dal tessuto con cui era confezionato: Il crinolino, inventato da Monsieur Oudinot, adoperato fino a quel momento solo per colli e cappelli, offriva il vantaggio, oltre alla sua rigidezza, di non sgualcirsi mai, nemmeno sedendosi 39. Attaccata in vita, teneva gli abiti delle donne ad una grande distanza dal corpo e la sua rigidità era tale che bastava scendere le scale o spingere il busto più indietro perché si vedessero le ginocchia: i rigidi cerchi della crinolina richiedevano quindi l’urgenza dei lunghi mutandoni e, da quel momento, non saranno mai più esclusi dagli elenchi di biancheria 40. Tra il 1820 e il 1850 quindi le donne riacquistarono una linea curva, garantita appunto dalla nascita della crinolina che le chiuse entro una semisfera e le rese talmente voluminose da indurre ebanisti e carrozzieri a moltiplicare sedili e portiere, proprio per accogliere e rispettare la monumentalità del loro apparato vestimentario. “Crinolina” divenne un neologismo con il quale, per tutto il periodo del Romanticismo ed oltre, si indicava non più una sottogonna, ma la foggia stessa dell’abito, accolto da tutte le signore di ogni rango e non più solo privilegio delle dame d’élite e dell’alta borghesia. 37 38 39 40 C. S. Laurent, 1986, p. 104-105. Ibidem, p. 113. V. De Buzzaccarini, 1985, p. 48. P. Peri, 1995, p. 25. 18 La loro riconquistata rotondità si accompagnò ad altre modifiche che vennero apportate al loro abbigliamento intimo, primo fra tutti il busto. Esso infatti, comparso nel Rinascimento in tela rigida, sebbene fosse stato gettato alle ortiche alla fine del XVIII secolo, riapparse imperiosamente verso il 1820, costringendo inesorabilmente il corpo femminile e divenendo un elemento indispensabile dell’abbigliamento. Nonostante le proteste e le grida di allarme con le quali fin dal secolo precedente medici ed igienisti mettevano in guardia contro i pericoli e i danni alla salute di chi lo portava ( si parlava di sterilità, di aborti, di tubercolosi, svenimenti e collassi), il busto non fu abbandonato. La “vita da vespa” doveva assolutamente apparire in cospicuo contrasto con la gonna che invece andava sempre di più allargandosi e l’uso del busto divenne universale per tutte le donne di ogni ceto e rango, realizzato per tutti i gusti e per ogni esigenza 41. Ma anche la crinolina, dopo quasi quindici anni di dominio, scomparve e, per rialzare il sedere delle donne, agli inizi della Terza Repubblica, si usò la tournure. Inizialmente un piccolo pouf di crine o una pila di volants di tela rigida, essa diventò successivamente una specie di navicella caratterizzata da anelli metallici trattenuti da legacci, per poi assumere l’aspetto di una vera e propria gabbia sospesa in fondo ai reni e collocata tra il vestito e la sottogonna 42. La donna quindi era tutt’altro che libera, i suoi abiti non facevano altro che intrappolarla e la biancheria da essi compressa, non rappresentava che una serie di bastioni contro ormai impossibili assalti. E’ il periodo durante il quale si cerca di coprire ogni cosa: la donna infatti mette sopra la camicia il busto, che la strizza dalle spalle alle cosce, la parte superiore del suo corpo è serrata nel copribusto, ricamato e festonato come i mutandoni, mentre quella inferiore è dissimulata da larghi mutandoni, sopra i quali, cinte in vita, si stringono una molteplicità di sottogonne, la gonna infine, risulta essere così stretta da impedire i movimenti, costringendo a tenere le cosce strette, mentre le gambe sono protette dalle calze, fermate dalle giarrettiere del busto e da quelle di sicurezza 43. E fu proprio quando la donna venne praticamente mummificata nei propri vestiti che cominciò a nascere la moda dello strip-tease (spogliarello), in principio chiamato “coucher”. Questi spettacoli, uniti alla nascita di numerose riviste “scollacciate”, rappresentarono all’epoca una novità rivoluzionaria che, oltre a permettere agli amatori di godere a sazietà della biancheria femminile, 41 42 43 V. De Buzzaccarini, 1985, p. 46. P. Peri, 1995, p. 119. D. Davanzo Poli, 1987, p. 62. 19 fu spiegabile solamente con lo stato di vera e propria ossessione indotto negli uomini proprio a causa dell’eccesso vestimentario delle donne 44. La biancheria personale quindi, che nel corso della prima metà del XIX secolo si limitava ad essere indossata sotto gli abiti, senza nessuna pretesa di ricercatezza, durante la seconda metà dell’Ottocento si verificò un interesse sempre maggiore per i capi d’intimo che divennero sempre più ricercati, adornati e realizzati da persone esperte che misero in pratica la loro fantasia per creare nuovi e sorprendenti modelli 45 . La qualità dei manufatti cominciò di fatto ad essere un requisito importante, sia per la scelta dei tessuti, dei modelli che delle decorazioni, e le richieste si fecero via via sempre più esigenti anche da parte delle classi sociali più basse: è l’epoca durante la quale non è conveniente esibire un corredo nuziale poco curato e ridotto nel numero di capi. Calze, mutandoni, camiciole, busti, copribusti, vestaglie e sottane cominciano quindi ad essere guarniti da fruscianti ed arricciate gale, e alle fini stoffe, tele di lino e cotone, inizia ad affiancarsi l’utilizzo della seta, indiscussa e preziosa regina delle fibre animali, usata soprattutto per la creazione di sottogonne 46. Alla fine dell’ Ottocento e agli inizi del Novecento, la moda di fatto cambiò ancora una volta le forme femminili che, nonostante la scomparsa della tournure, non vennero liberate, ma castigate nuovamente, questa volta costrette ad assumere la linea di una S. Per raggiungere questo obbiettivo, la moda impose l’utilizzo di un nuovo busto, chiamato “senza pancia”, chiuso da ganci e portato sopra la camicia, costituito anteriormente da un lungo contrafforte che schiacciava il ventre, e dalla parte inferiore che invece torturava l’inguine. La donna del 1900 quindi risultava ancora più torturata di prima; il suo aspetto evidenzia un sedere spropositato, una pancia praticamente orizzontale, e un’immagine che sembra negare che essa possieda una colonna vertebrale ed un addome. La situazione migliorò solo dopo la Grande Guerra del 1914, quando cioè la moda lancerà l’abito dalla linea dritta e sciolta, in perfetta simbiosi con il corpo, che potrà finalmente muoversi e liberarsi dalle molteplici torture che fino ad allora l’avevano costretto. Già nei primi mesi del XX secolo comunque, si torna a ribadire l’importanza della biancheria personale “fina, pulita ed elegante” 47. 44 45 46 47 C. S. Laurent, 1986, p. 129. P. Peri, 1995, p. 26. Idem. Ibidem, p. 27. 20 I copribusti, che coprivano appunto il busto, seguendone la forma, cominciano ad adornarsi di decorazioni sul davanti e, sempre scollati e realizzati con stoffe leggere, per lo più bianche, possono essere aperti sia davanti che dietro, ma sempre caratterizzati da sproni tagliati in forma e dimensioni diverse, ribaditi da merletti, passanastri e ricami 48. I copribusti del 1900, che saranno banditi con la scomparsa del busto, diventeranno quindi dei veri e propri capolavori grazie alla grande finezza riposta nelle cuciture, non presenteranno più la faldina e risulteranno ampiamente scollati e senza maniche, con decorazioni di pizzo, inframezzate da ricami e nastri. Lo stesso lusso ed eleganza dominò anche mutande, vestaglie e sottane, sempre più impreziosite da pizzi Valenciennes, pizzi di Venezia e di Cantù: una tale ricercatezza per i capi di biancheria personale, persevereranno fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dopo la quale regnerà la semplicità e la riduzione degli indumenti, sempre però accompagnata da raffinatezza e preziosità49. Dopo la Prima Guerra Mondiale infatti, comincerà l’assottigliamento della figura femminile, le cui tappe furono alla base delle ricerche stilistiche portate avanti dagli inglesi e successivamente dai nuovi creatori di moda parigini, primo fra tutti Paul Poiret che, se non riuscì ancora a sopprimere il busto, lancerà una nuova immagine della donna, creando un corpetto dritto, che rispettasse il naturale andamento della spina dorsale, restituendo così una colonna vertebrale normale a chiunque lo indossasse 50. La trasformazione vera e propria però avvenne solo a partire dagli anni ’20, quando gli abiti corti cominciarono ad assumere una linea dritta, pratica e sciolta e la stessa biancheria cambierà aspetto, assolvendo ruoli diversi rispetto al passato. Le vacanze e la pratica sportiva avevano comunque già in parte preparato la mutazione dell’abbigliamento femminile, la guerra del 1914 ne fornì di fatto solo il pretesto. Molti furono i cambiamenti: le gonne cominciarono pian piano ad accorciarsi, il busto si ridusse alle proporzioni di una guaina leggera che saliva poco oltre la vita e scendeva all’inguine liberando le cosce, e fu inventato il reggiseno, in realtà già esistente dal 1912, ma che fino ad allora non era riuscito ad imporsi. A tutto questo vanno aggiunte le novità che attraversarono le mutande che iniziarono infatti a cambiare la loro primordiale funzione: se prima coprivano tutta la zona del 48 49 50 D. Davanzo Poli, 1987, p. 66. P. Peri, 1995, p. 29-30. C. S. Laurent, 1986, p. 147. 21 busto compresa tra la vita e metà coscia, si limitarono ora a contenere il sedere e la pancia e quindi ad essere realizzate con meno della metà della stoffa prima impiegata 51. Inoltre, accanto alla scomparsa di pesanti merletti e tessuti spessi in favore di tele leggere e trasparenti, le mutande, fino a quel momento di colore bianco o nero, si realizzano anche in rosa e si sviluppano in due forme diverse, “mutande a calzoncino largo”, che avvolgevano le cosce, e “mutande a gamba corta”, che coprivano solo la parte alta delle cosce stesse, prefigurando tra l’altro le future mutandine e slip 52. Alla fine della Grande Guerra quindi si assistette ad un progressivo alleggerimento del corpo femminile che riuscì finalmente a liberarsi di tutte quelle pesanti architetture che avevano per lungo tempo imprigionato gambe e fianchi, adattandosi quindi ad abiti sicuramente più consoni ad un momento in cui il progresso unito all’uso dell’automobile, richiedevano una vita più dinamica, semplice e svelta 53. La donna ritrovò quel contatto con l’aria e con i suoi movimenti, già visto durante l’ epoca classica, dato che i suoi abiti, dritti e sciolti, scivolavano con leggerezza su seni e vita e la sua biancheria, parimenti larga e morbida, era assimilabile alla tunica interiore dell’antichità. Essa si sentì nuda e libera, non più torturata dal busto e nemmeno dal reggicalze, che la moda sostituì con la giarrettiera con le calze che si arrotolavano sopra il ginocchio, per la maggior parte chiare, sempre più trasparenti e più vicine alla nudità: l’unica presenza costrittiva rimaneva quella del reggiseno, che tuttavia venne messo abbastanza tardi dalle ragazze, e che molte donne non mettevano affatto. Le “combinazioni”, furono, in questo periodo i più diffusi capi di biancheria: la donna del 1928 infatti comincia ad utilizzare queste “combinazioni”, larghe e sciolte, caratterizzate da lembi accostati a mezza gamba mediante una linguetta munita di bottoni, che però furono ben presto superate, sacrificate alla sottoveste e alle mutande 54. Pian piano le “mutandine” cominciano a prendere il posto delle “mutande ampie” che avrebbero rischiato di essere indiscrete sporgendo oltre gli short, e, imposte anche dalla stessa legge dell’infantilizzazione, le mutandine aderenti e corte, definite anche “a barchetta”, iniziano ad essere adottate anche dalle donne adulte. 51 52 53 54 C. S. Laurent, 1986, p. 151. Idem. V. De Buzzaccarini, 1985, p. 82. C. S. Laurent, 1986, p. 168. 22 La nuova formula riduttiva della biancheria femminile, che perdurerà anche durante la Seconda Guerra Mondiale, sarà quindi caratterizzata da tre unici capi: reggiseno, slip e reggicalze. La sottoveste, indossata sopra le mutandine e il reggiseno, durante gli anni che precedono la guerra, tende a declinare, ispirandosi ad un gusto ormai sorpassato, non coerente con lo sport e le attività vacanziere. Sparita la sottoveste, la donna mise a contatto con la sua pelle abiti e maglioni, andando contro a tutta la storia della biancheria, da sempre concepita come schermo totale tra corpo e abito esterno. Si stava di fatto sconvolgendo tutta quella sensualità che, tra il 1890 e il 1910 aveva caratterizzato l’intimo femminile: la donna infatti indossava ormai rari e semplici capi intimi e l’uomo, abituato per quasi mezzo secolo ad identificare il suo corpo con la biancheria stratificata che la difendeva, nonostante ne apprezzasse l’attuale leggerezza e nudità, cominciò a perderne il desiderio, a percepire un’assenza nell’intimità e nell’attimo della conquista 55. Al regno della biancheria complicata, steccata, ricca e perversa, successe quindi quello delle “brave” mutandine, candide e quasi infantili. Fu intorno agli anni Trenta, che la donna cominciò a sentire il peso di questi cambiamenti che, se da un lato le avevano fatto riscoprire sensazioni nuove, come l’impressione della nudità sotto il vestito, il contatto delle cosce che si sfioravano sotto l’abito e la sensazione di libertà delle gambe, non più impedite dalla difesa del vestito, dall’altro l’avevano di colpo esposta e resa indifesa. Sentì quindi il bisogno di mitigare questo nuovo eccesso che stava ferendo la sua sensibilità, e cominciò ad indossare gonne più lunghe, a volte anche molto aderenti ed una biancheria più difensiva, fatta apposta per sventare ogni eventuale défaillance dell’abito 56. Sempre intorno agli stessi anni, ci fu un’importante quanto rivoluzionaria scoperta che cambiò la vita delle donne: la nascita di un nuovo tessuto, il nylon. Messo a punto dalla famosa firma leggendaria DuPont di Nemours con la collaborazione del dottor Wallace H. Carothers, il suo brevetto fu depositato nel 1938 e, nel 1940, vennero presentate alla Fiera Internazionale di New York le prime calze in nylon 57. Se, durante la guerra, il nylon partecipò innanzitutto agli sforzi del conflitto, intervenendo nella fabbricazione di tele per i paracaduti, a partire dagli anni ’40, esso incontrò un successo planetario, diventando l’elemento fondamentale di tutti i capi intimi che, grazie ad esso, divennero pratici, resistenti, facili da trattare e sicuramente più economici. 55 56 57 C. S. Laurent, 1986, p. 186. Ibidem, p. 189. E. Piveteau, 2005, p. 220. 23 Dopo il 1945, all’indomani quindi della Seconda Guerra Mondiale, ad un iniziale clima di povertà e smarrimento, durante il quale ne risentì anche il mondo della biancheria, che vide la scomparsa della sottoveste e delle calze, sostituite solo da una riga colorata, ed un utilizzo di massa del reggiseno e dei calzoni, la moda riesce a ritrovare la sua prosperità e ad imporsi, dimostrando alle donne il suo potere. Venne quindi rilanciata la gonna lunga a metà polpaccio, e si impose alla donna una figura magra, ma caratterizzata da fianchi più rotondi e morbidi ed una biancheria che non ingrossasse la sua silhouette. Quest’ultima comunque non subì sostanziali modifiche, restando composta da reggiseno, slip, che fungono anche da reggicalze, da sottogonna e, più raramente dalla sottoveste. Ritorna invece la guaina, chiusa a mutandina, o aperta, sempre corta, che parte dalla vita, ma anche quella che sale fino al petto, tornano inoltre di moda bustini e guepière, con la funzione di segnare la vita e sostenere il seno 58. Dopo il 1950, si cominciarono a scorgere i primi segni di prosperità: l’avanzata del processo di industrializzazione della moda intima, nonché l’influenza della pubblicità favorirono infatti il moltiplicarsi delle forme, la rapidità dei cambiamenti e la nascita di una grande quantità di tessuti, sicuramente di notevole malleabilità, come per esempio la lycra, nata sempre ad opera di DuPont de Nemours 59. Furono anni in cui iniziò a prendere piede quel processo che voleva imporre l’unisex, l’uguaglianza sessuale e vestimentaria, portato avanti con grande passione dalle femministe del tempo che, durante una manifestazione, in segno di protesta, buttarono per terra il reggiseno, calpestandolo. Fu una vera e propria rivoluzione delle sensibilità, un’epoca in cui, sotto la spinta delle teoriche del femminismo, si assistette al predominio dei calzoni e alla riduzione della biancheria, all’utilizzo di colori sgargianti e a fantasia, netti e decisi, tipici dell’abito esterno, al loro uso strettamente pratico, non volendo più essere fonte di sogni, ma utile e freddo strumento. Ma, tra il 1966 e il 1986, quel processo di mascolinizzazione dell’abbigliamento femminile, tanto perseguito dalle femministe e sostenuto dai fabbricanti di jeans e dall’alta moda, diventò una vera e propria utopia grazie allo sviluppo e alla diffusione delle minigonne. Esse infatti, nate attorno al 1964, imposero l’utilizzo di stivali e tacchi alti, sancendo quindi un’ulteriore sconfitta per 58 59 C. Probert, 1981, p. 42. C. S. Laurent, 1986, p. 206. 24 l’abbigliamento androgino, e crearono scompiglio nelle biancheria, dal momento che, denudando le gambe, la mini metteva in crisi il senso della decenza che datava da millenni 60. La moda, di sua natura ciclica e pronta al cambiamento, assunse di colpo un nuovo andamento: di nuovo il corpo delle donne si trovò avvolto in lunghe maxi gonne che dettero alla donna stessa un grande senso di protezione tanto da indurle a rinunciare alla loro biancheria, piuttosto che a moltiplicarla. Si trattò comunque di un periodo molto breve, dato che, dal 1971, le donne ritrovarono la mini nei manifesti dei mitici anni Sessanta e ovviamente la inserirono nuovamente nei loro guardaroba, accanto alle ormai diffuse maxi gonne. La donna quindi non rinunciò alla sua femminilità, e nemmeno alla volontà di distinguersi dall’uomo mediante la sua biancheria che comincia ad apparire in giornali e riviste di moda, sempre più ricercata e adornata di pizzi e trasparenze. Ritorna il bustino e il reggiseno a balconcino, usato a volte anche come indumento esterno, e il reggicalze, non più utilizzato per tenere su le calze, diventa un vero e proprio indumento sensuale ed erotico 61 . Nacquero così tante idee, maliziose ed audaci, che attinsero un po’ dal passato per riprendere con decisione quella tradizione che voleva che la donna, proprio attraverso l’abito e la biancheria, si avvicinasse all’uomo solo per distinguersene con malizia e provocazione. La frontiera tra pudore e impudicizia diventa così un gioco. Con lo scopo di esaltarne la fisicità, la biancheria intima aggiunge certamente un pizzico di pepe alla seduzione, che predilige l’artificio al naturale: essa verrà pian piano ostentata, stabilendo delle barriere di volant e froufrou per mascherare il corpo e i suoi segreti. La lingerie, si insinua di fatto nel sottile spiraglio lasciato tra la nudità e il vestire, per occupare un terreno aleatorio, carico di sogni, di fantasie, di proibito o di impossibile e, riservata agli adulti, anche se le leggi del marketing sembrano far cambiare le cose, resta tutt’oggi la garanzia di una femminilità autentica. Risultato di un paziente e minuzioso lavoro di creatori, artigiani e sarti, l’intimo passa fra le mani delle donne e ne racconta la storia di ognuna: donna fatale, donna oggetto od una ancora acerba, esso è di fatto lo strumento intimo di ognuna di queste tipologie femminili. La lingerie non smetterà mai di trasformare la silhouette delle donne che, attraverso essa, hanno la possibilità di esprimersi e far emergere la propria personalità. 60 61 C. S. Laurent, 1986, p. 236. Ibidem, p. 246. 25 Capitolo II L’INTIMO “INTIMO” Cenni storici fino al XVIII secolo Annoverate come capi recententissimi del guardaroba femminile, le mutande furono spesso chiamate anche “innominabili” o “tubi della modestia” in quanto designate a ricoprire zone del corpo ancora troppo oltraggiose e provocatorie e quindi destinate a rimanere invisibili, volutamente trascurate dalla storia del costume. Si è più volte cercato di comprendere i motivi che hanno portato al loro primo utilizzo: probabilmente fondamentale fu il pudore, la volontà di nascondere e proteggere le zone più intime della donna e perché no, creare una barriera invisibile nei confronti dell’uomo. La mutandina infatti ha da sempre affascinato proprio perché blocca e allontana il trauma della nudità: il nudo è sempre traumatizzante, provocatorio, insolente. Un uomo e una donna, nudi, non possono più ritirarsi, il loro scontro diventa inevitabile, ma tale piccolo e leggero indumento riesce ad evitare questo urto diretto, coprendo, nascondendo, ritardando 62. Anche la Chiesa vedeva nella nudità un qualcosa di scabroso, di immorale, tanto che si preoccupò di restituire all’uomo il diritto alla dignità di immagine, coprendo questa stessa nudità con un capo d’abbigliamento. Perfino dipinti e affreschi furono per la Chiesa oggetto di discussione: le immagini sacre presenti in esse infatti, in quanto esposte in luoghi di culto, andavano preservate da inquietudini e misticismi, e quindi coperte da biancheria. Le nudità affrescate nella Cappella Sistina infatti rappresentano un importante esempio, dato che la Chiesa stessa, nella persona di Papa Pio IV, volle assolutamente che venissero coperte in quanto considerate immorali per un contesto di quel tipo 63. Una lunga storia di seduzione, trasgressione, violazione e di eleganza segreta che prende metaforicamente origine da quando Eva, per vergogna o semplicemente per coprirsi, scelse la 62 63 C. S. Laurent, 1986, p.15. M. P. Alfonsi, 1997, p. 15. 26 foglia di fico, antenata quindi di questo nostro ultimo velo vestimentario che probabilmente ne suggerì la leggerezza e le misure64. Si deve però arrivare a circa 3000 anni prima di Cristo per avere qualche vera testimonianza circa questo tipo di intimo. Si tratta di una terracotta e di un bassorilievo sumeri, oggi al Museo del Louvre, sui quali si stagliano due corpi di donne, una vestita di un corto perizoma, l’altra di uno slip. Si tratta di due tendenze, sistema aperto (perizoma), sistema chiuso (slip), destinate a dominare l’universo della lingerie e dalle quali discenderanno due specie vestimentarie che, ora antagoniste, ora riunite in un unico corpo, costituiranno i due grandi filoni della storia dell’abbigliamento. Nel 3300 a.C. inoltre abbiamo un’ulteriore testimonianza della loro presenza, grazie al ritrovamento di un elegante slip, formato da un triangolo di tessuto, rinvenuto nel guardaroba del faraone Tutankhamon. Sempre nella stessa epoca infatti, questo piccolo indumento rientra a far parte, anche se in piccola misura, del guardaroba di re e regine egiziane, i quali usavano fili d’oro per far cucire i perizomi prima e le tuniche poi, nate quest’ultime dal prolungamento dello stesso perizoma verso i piedi e le spalle. E’ comunque importante sottolineare come, presso le civiltà antiche, l’abbigliamento assumeva un importante valore simbolico: identificazione tra il rango, potere, la competenza che la società riconosceva alla persona e al modo di vestire 65 . Lo schiavo egiziano per esempio, poteva tranquillamente andare in giro nudo in quanto non rappresentava che se stesso, laddove il colore di una veste, la sua lunghezza erano considerati tutti segni che designavano una casta. Alcune schiave infatti erano solite perfino servire in tavola o dilettarsi in canti e balli completamente nude, spingendo chiaramente le donne di alta condizione a vestirsi, proprio per affermare o proclamare tale condizione. Questo dimostra che la nozione di biancheria come di capi la cui vista è riservata a pochi privilegiati e che in pubblico viene dissimulato sotto altri indumenti, non esiste ancora: vestirsi quindi significa, ancora per il momento, esibire la propria ricchezza. Da qui infatti la necessità da parte delle donne di usare, per i propri abiti, giochi di trasparenze o abbigliamenti più corti per risaltare la propria biancheria e quindi il proprio status. Tutti accorgimenti questi, tipici dell’abbigliamento egiziano, che testimoniano quindi sì un gusto verso il nudo, ma non per la nudità, riservata questa solo ai bambini e alle schiave. Chi si fosse fatto 64 65 M. P. Alfonsi, 1997, p.12. C. S. Laurent, 1986, p. 25. 27 ritrarre nudo infatti, avrebbe corso il rischio di essere confuso con gente di poco conto, perdendo quindi così la sua casta nell’aldilà 66. Un po’ meno eleganti furono le donne gallico - romane, che invece scelsero mutande lunghe fino al ginocchio, chiaramente di scarso potere erotizzante, tanto che alcune di esse, proprio per questo, preferirono portare il nulla sotto le vesti. Si tratta delle “feminalia”, simili ai nostri bermuda, mutande quindi sicuramente poco femminili e di conseguenza poco utilizzate con la scusa di essere impudiche e provocatorie. La donna romana del I secolo d.C. invece, attenta più di altre a muoversi con grazia e classe, scelse di indossare il “subligaculum”, un drappeggio di stoffa che, passando in mezzo alle gambe, avvolgeva in modo provocatorio il basso ventre. Esso costituirà un primo attacco al principio che aveva regolato l’intero sistema vestimentario greco-romano, un’incrinazione nell’impero dell’abito aperto. A partire dal II millennio si ha la comparsa di un sistema vestimentario chiuso che chiaramente entra in contrasto con quello aperto, adottato dagli antichi abitanti delle rive mediterranee 67 . Dagli Egiziani ai Romani infatti, quasi tutti i popoli rimasero fedeli ad un sistema sciolto, che rispetta le relazioni del corpo con i movimenti dell’aria, caratterizzati da abiti aperti, da alternanza di nudo e vestito, da eleganti quanto provocatorie trasparenze, drappeggi che non si ritrova esattamente tra gli Indeuropei. Questi ultimi infatti adottarono un sistema che tendeva ad isolare le parti intime del corpo, rifiutando movimenti liberi, probabilmente per ragioni morali o religiose: i calzoni indossati sia dagli uomini che dalle donne inoltre, furono per questi popoli un indumento necessario anche per le continue cavalcate per le loro secolari migrazioni. Fino a questo momento quindi, la mutanda non era ancora diventata un indumento intimo di massa, veniva infatti ancora poco utilizzata se non dalle persone di elevata condizione sociale per confermare il proprio status, ma le donne continuarono comunque a preferire il nudo sotto le vesti. Dal secolo successivo, periodo imperiale e di rilassatezza dei costumi, ci fu un’altra categoria che cominciò ad adottare questo indumento: le cortigiane. Quest’ultime infatti, a differenza delle dame di corte che ancora poco le utilizzavano, videro in loro uno strumento di seduzione e con la loro adozione, scoprirono quanto fosse provocante per un uomo vedersi nascondere l’oggetto che tanto desideravano. 66 67 C. S. Laurent, 1986, p. 26. Ibidem, p. 28. 28 Cominciò però a diventare un capo indispensabile nel guardaroba femminile grazie soprattutto all’invenzione del sopra citato “subligaculum”. Quest’ultimo infatti, simile al nostro pareo e che si poteva anche prolungare mediante gambe staccate che avvolgevano le cosce e che venivano sostenute con delle giarrettiere, venne adottato per motivi di pubblico decoro, inizialmente solo da acrobate ed attrici68. Imposte probabilmente su ordine dei pubblici poteri per evitare che movimenti bruschi potessero scoprire parti intime del corpo, furono pian piano utilizzate anche da schiave, ginnaste e perfino dalle bambine quando avevano voglia di scatenarsi e di fare giochi un po’ più movimentati69. Un tipo particolare di mutanda, diffusasi soprattutto nel Medioevo fu quella in ferro, più propriamente detta “cintura di castità”, ricordata perfino in una curiosa canzone del 1921 dal titolo “ Mutandine di chiffon “. Queste, create ovviamente con lo scopo di difendere la castità della donna, avevano una loro costruzione tutta particolare che assumeva le sembianze di una vera e propria gabbia, ottenuta mediante l’applicazione di una rete di ferro su una robusta tela. Questa specie di gabbia così ottenuta veniva poi allacciata in vita e tenuta stretta da una cintura chiusa da un lucchetto, le cui chiavi ovviamente erano tesoro dello sposo. Nel Medioevo infatti la donna comincia pian piano a perdere il suo diritto al piacere: l’ostilità cristiana nei confronti della carne, imponeva al loro abbigliamento lo scopo di nascondere la pelle, seppellire le sue forme, imponendo dunque la castità come norma assoluta di comportamento. Tranne rare eccezioni come le “ feminalia “ o i calzoni portati dalle serve a Bisanzio e dalle dame dell’aristocrazia in Germania e in Francia, le donne si rassegnarono a restare nude sotto le loro vesti 70 . Ma il Medioevo è ricordato soprattutto dalla Storia del Costume per aver creato una prima vera distinzione tra i sessi in ambito di abbigliamento, sottolineando così la sessualizzazione del vestire: da allora l’uomo sarà quello che porta i calzoni, la donna la sottana. La veste venne tolta all’uomo e destinata solo alla donna: gli uomini cominciarono ad infilarsi le brache sotto le vesti ormai accorciate notevolmente. Questa importante consuetudine è sottolineata da un evento che restò nella storia: l’uccisione di Giovanna d’Arco che, accusata di stregoneria, venne rimproverata anche per i suoi abiti un po’ troppo mascolini e che mettevano in discussione i fondamenti stessi dello spirito medievale. 68 C. S. Laurent, 1986, p. 42. M. P. Alfonsi, 1997, p. 18. 70 Ibidem, p. 23. 69 29 Tutta quest’opera di differenziazione venne però interrotta nel Rinascimento, quando la donna tenta di arrogarsi il diritto di portare i calzoni e quindi di sentirsi libera proprio come l’uomo. Sembra sia stata proprio Caterina De Medici, assieme alle dame della sua corte, a rilanciare la moda delle mutande femminili, seguite poi da Lucrezia Borgia e da aristocratiche, fra cui Maria Stuarda che nel 1568 risulta averne ben quattro paia nel suo guardaroba. Chiamate “ briglie da culo “, “ braghesse “ a Venezia o “ calzoni a la galeota “ a Ferrara, questo indumento intimo cancellò quindi quella netta divisione stabilita nel Medioevo. Nate probabilmente a imitazione delle antiche brache usate dalle contadine, o mutuate dall’abito maschile, esse furono utilizzate solo dalle classi sociali più elevate, con il pretesto della cavalcata: una scusa questa per indossare questo nuovo indumento 71. Questo nuovo modo di cavalcare era ed è tutt’ora chiamato “ all’amazzone “: la donna, invece di accomodarsi sulla sella e di poggiare i piedi su una piccola assicella, preferì l’assetto all’amazzone con una coscia posta in orizzontale, sostenuta dall’arcione, scoprendo quindi il ginocchio. Da qui la loro “falsa necessità” di indossare sotto la veste questi “calzoni a la galeota”. Ad avvalorare l’ipotesi che l’ippica era solo una scusa, è importante sottolineare come le signore continueranno comunque a montare a cavallo all’amazzone, anche in secoli in cui le mutande non saranno più in uso. Le donne rinascimentali infatti, amano mettere in mostra le loro gambe, le ostentano mentre ballano, giocano, cavalcano e per questo motivo, riservano molta cura alle calze, perfettamente tirate, e alle braghesse. Quest’ultime ebbero quindi una rapida evoluzione che le portò ad assumere il termine di “ bugiarde “, in quanto vennero pian piano caricate di artifici che, attraverso sapienti imbottiture di seta posizionate per arrotondare fianchi, cosce e sedere, e strategiche aperture sul davanti, davano ai loro amanti l’illusione che le loro forme posticce rappresentassero la realtà. Le braghesse infatti, oltre ad abbellire le forme stesse, creavano zone ingannevoli, ma fondamentali per mantenere i loro uomini nell’illusione. La scusa dell’equitazione, della moralità e del pudore, che avevano favorito l’ingresso dei calzoni femminili però, cominciò a non reggere più. Le donne erano riuscite a convincere tutti sulla loro “necessità”, dato che per l’appunto le mantenevano più pulite, più calde durante il freddo, proteggevano le loro zone intime da eventuali cadute e addirittura le salvaguardavano dai giovani dissoluti. Ma quando esse cominciarono ad essere arricchite da ricami, pietre preziose e ad essere 71 C. S. Laurent, 1986, p. 47. 30 realizzate in tele d’oro e d’argento, soppiantando così l’originario e semplice cotone e fustagno, tutti si resero conto che la loro volontà non era certo quella di celare, bensì di esibire sfacciatamente 72 . Proprio per questo motivo la Chiesa, sia protestante che controriformista, ritenne le braghesse strumenti diabolici, adottati dalle donne solo per poter accorciare la veste ed evidenziare i loro corpi, adatte quindi solo a prostitute e libertine. Così alla fine del XVII secolo le braghesse ufficialmente, in certi luoghi, scomparvero, restando in uso solo per le bambine e rese obbligatorie per ginnaste e ballerine in virtù di un editto ufficiale di Luigi XV, emanato dopo uno sfortunato incidente capitato ad una danzatrice che ricevette sul palco calorosi applausi, non certo per la sua bravura 73 . Le danzatrici quindi ricevettero questo editto con entusiasmo ed adottarono mutande al ginocchio che le consentirono atteggiamenti sicuramente più liberi e sciolti, nonché movimenti più audaci. Queste braghe cominciarono ad imporsi con successo nell’Europa coreografica, furono realizzate in stoffa sottile e leggera di color carne e, in un’epoca in cui la donna era continuamente imbottita e sigillata di vestiti, gli uomini utilizzarono la scusa del teatro per rifarsi lo sguardo e gli occhi. Grazie alle ballerine quindi, verso la fine del XVIII secolo, le rinascimentali braghesse riapparirono sulla scena e si prepararono al loro ormai vicino trionfo. 72 73 C. S. Laurent, 1986, p. 64-65. Ibidem, p. 96. 31 Cenni storici dal XIX secolo ai nostri giorni I calzoni, adottati dalle ballerine grazie all’editto di Luigi XV, si affermano di nuovo nel XIX secolo sottoforma di mutandoni lunghi fino alla caviglia e ornati in fondo con pizzi e volant, chiamati anche con il termine francese, post rivoluzionario di “ calzoni “. Fu proprio questo stesso termine che venne utilizzato a Parigi nella primavera del 1807 quando sui boulevards e a Palazzo Reale, cominciarono a spuntare donne le cui caviglie apparivano ornate di festoni e pizzi, portando quindi i parigini a ritenere che esse avessero sotto la veste, un nuovo tipo di biancheria. Giunsero anche in Italia nel 1809 grazie ai figurini della Moda di Francia e anche qui vennero chiamati “pantaloni”. La Storia del Costume racconta che essi furono importati dal nord, soprattutto dall’ Inghilterra ed dall’ Olanda dove nel XVIII secolo, vennero adottati inizialmente per proteggere le donne stesse da una esibizione non voluta della propria intimità. A portare questi calzoni infatti furono anche qui le stesse ballerine, pattinatrici, cameriere, fanciulle e bambine che, per pudore e per potersi muovere in tutta tranquillità, decisero di adottarli attirando così l’attenzione delle donne che subito tentarono di portarle in città74. Fu l’opposizione di questo capo al Regime che probabilmente scatenò qualche donna francese ad utilizzarli nella primavera del 1807. L’apparizione di questi “pantaloni” non avvenne di certo senza contestazioni: nonostante esse furono consigliate da molti medici in quanto ritenute importanti per la prevenzione di eventuali reumatismi o altre affezioni, la stessa borghesia di Parigi ne rimase scandalizzata in quanto troppo simili al costume indossato dalle ballerine 75. Effettivamente l’approvazione dei medici non bastava per confermare questo capo intimo, se l’unica preoccupazione delle donne fosse stata la propria salute, non avrebbero di certo portato un pantalone così lungo che, sporgendo dalle vesti, saltava subito all’occhio degli uomini. E’ chiaro quindi che anche questa volta la donna ha pensato di più ad apparire e a sedurre l’uomo attraverso questi giochi creati dall’intimo che a ragioni di tipo morale, motivo questo che portò quindi le parigine a togliersi quei “pantaloni” da poco adottati che non vennero più ammessi neanche per l’equitazione, restando un privilegio solo di ginnaste, cortigiane e bambine. I “ pantaloni” vennero proposti commercialmente in Francia la prima volta nel 1807, ma ancora qualche decennio dopo ci furono di nuovo molte contestazioni, una fra queste la prestigiosa rivista di moda La Mésangère, ritenendo che questi mutandoni potevano andare bene “ per i bambini e 74 75 C. S. Laurent, 1986, p. 104. P. Perrot, 1981, p. 215. 32 le fanciulle”, mentre “ le signore che volessero indossarli sempre indurrebbero a creder di avere brutte gambe” , dando inoltre consigli utili per capire in quale circostanza potessero essere usati 76. A questo si aggiunse la chiara opposizione del clero che non vedeva sicuramente nulla di buono in essi. Definiti “strumenti satanici”, secondo la Chiesa avrebbero condotto la donna sulla cattiva strada, inducendola ad un comportamento più libero e disinvolto, ma non era l’unico motivo di tale avversione. A questo infatti si aggiungeva il fatto che fossero nati sotto il regime napoleonico e soprattutto che questi mutandoni erano del tutto sostenuti da pericolosi rivoluzionari come Saint-Simon, che li considerava una tappa fondamentale dell’emancipazione femminile e Cabet, che ne vantava le virtù. E’ inoltre importante sottolineare che nel 1840 la moda cambia la lunghezza della gonna che arriva a coprire completamente i piedi e la sua ampiezza. Il ruolo giocato dal paniere e dal guardinfante infatti, viene ora soppiantato dalla crinolina, scomoda armatura di cerchi in legno e poi in ferro che, allacciata in vita, faceva in modo che abiti posti sopra di essa tenessero una grande distanza dal corpo 77. Da qui la necessità da parte delle donne all’utilizzo dei mutandoni: l’abito risultava sì lungo fino a coprire i piedi, ma la sua stessa rigidità datagli dalla crinolina, poteva, con semplici movimenti come sedersi, alzarsi e abbassarsi, scoprire zone private. Pian piano, accanto ad un primo atteggiamento negativo, confermato anche da personaggi illustri come Luigi Filippo che le proibì nel corredo delle educande presso le Orsoline, e Vittorio Emanuele di Savoia che andava in collera solo a sentirle nominare, si cominciarono a sentire i primi consensi. Tra il XIX e il XX secolo infatti, l’infantilizzazione dell’abbigliamento rese accessibili questi indumenti: “ ciò che viene indossato dai bambini, finisce per essere adottato dagli adulti 78“. Nel 1870 infatti i mutandoni cessano di essere un optional per diventare una vera e propria necessità di tutti i giorni. Ciò accade sia in Inghilterra che in Francia e finiscono col divenire obbligatori perfino nei collegi religiosi, che fino a venti anni prima li avevano proibiti, prendendo l’appellativo di “ custodi della virtù”. La crinolina rappresentò quindi un elemento importante per l’adozione definitiva dei mutandoni, anche se segnò per la donna uno dei periodi storici in cui fu maggiormente impedita nei movimenti e perfino nella respirazione. Accanto ad essi infatti, cominciarono a prendere piede busti, mutandoni gonfiati dalla camicia, strati di sottogonne che ingabbiavano e soffocavano, 76 C. S. Laurent, 1986, p.110. P. Perrot, 1981, p. 214. 78 C. S. Laurent, 1986, p. 114. 77 33 portando così la donna ad una condizione di non libertà: ormai l’abito nascondeva l’intero corpo, dalla testa agli stivaletti, e nulla era più possibile sbirciare dagli uomini per le strade. Cominciarono inoltre a scomparire anche quelle inquietanti aperture dei mutandoni, mantenute invece solo in provincia o a Parigi presso cortigiane e operaie, che sopravvissero invece solamente dietro per lasciar sfogo all’abbondanza di biancheria. La strada verso uno slip perfetto e di buona vestibilità era ancora lunga, dal 1870 infatti i mutandoni continuarono ad accorciarsi, prendendo le sembianze di un vero e proprio sacco, sicuramente ancora poco confortevole e comodo. Ancora una volta fu fondamentale la legge dell’infantilizzazione dell’abbigliamento adulto: le bambine infatti non erano costrette a portare il busto, e sotto le loro gonne non vi erano sicuramente quegli ingombranti “sacchi” delle donne, bensì corte mutande, anticipatrici delle future mutandine. Ma fondamentale alla loro evoluzione e sviluppo fu la Grande Guerra del 1914 che rappresentò una vera e propria rivoluzione. Agli inizi del 1900 infatti cambia la forma dell’abito femminile, da vesti e artifici che tendevano a gonfiare, si passa alla tendenza verso la linea dritta, che presupponeva quindi un alleggerimento delle stoffe, nonché un accorciarsi delle gonne. Chiaramente il processo fu lento, ma portò ad un importante cambiamento nel costume e nella stessa biancheria intima. Per quanto riguarda le mutande, esse si accorciarono sempre di più, cambiando così la loro originaria funzione: se prima infatti era quella di coprire tutta la zona del busto compresa tra la vita e metà coscia, assomigliando ad un ” sacco “, ora limitandosi a contenere solo pancia e sedere, diventano più piccoli e meno ingombranti 79. La necessità primaria diventa le leggerezza e la trasparenza, la donna del ‘900 comincia quindi a disfarsi dei pesanti merletti, degli spessi tessuti, ne modifica perfino i colori, se prima utilizzava mutande nere o bianche, appare ora il rosa, un rosa candido, tenue, concorde alle necessità del momento. Esse inoltre cominciarono a differenziarsi in forme diverse, da un lato permangono “mutande a calzoncino largo”, che avvolgono le cosce per parecchi centimetri, dall’altro “mutande a gamba corta”, precursori delle mutandine e degli slip, che coprono solo la parte alta delle cosce80. Vi è in definitiva un alleggerimento sostanziale del corpo femminile che viene finalmente liberato dal peso di quelle robuste ed ingombranti architetture che ne avevano compresso le forme, 79 80 C. Probert, 1981, p. 19. C. S. Laurent, 1986, p. 151. 34 impacciato i movimenti, determinando così finalmente i fondamenti per una completa autonomia della donna. Quell’importante legge dell’infantilizzazione porta i suoi frutti intorno al 1928, quando cioè quelle corti e aderenti mutandine indossate dalle bambine, vengono finalmente adottate anche dagli adulti. Si tratta delle note “ mutandine a barchetta”, originariamente in cotone a coste, bianche o rosa, ma per le donne realizzate anche in tessuti setosi per lo più di colore azzurro. La biancheria nera invece, che fino al 1914 era utilizzata anche da signore per bene, diventa ora sinonimo di vizio, e quindi adatta a cortigiane e libertine. Nello stesso periodo inoltre cominciarono a scomparire e ad essere sempre meno indossate le mutande dette “ a calzoncino “. Utilizzate per lo più in ambito sportivo, vennero pian piano addirittura proibite in quanto rischiavano di sporgere oltre gli shorts utilizzati per la pratica sportiva e quindi di risultare indiscrete per le donne stesse. Un cambiamento così forte e prorompente della biancheria intima nel corso dei secoli, e in particolare nelle mutande, provocò nelle donne, ma soprattutto negli uomini un forte senso di nostalgia nei confronti del passato. Se inizialmente infatti la donna appariva conturbante, proprio perché accendeva il desiderio maschile, abituato ad identificare il corpo femminile con la biancheria stratificata che la difendeva, ora questo stesso uomo apprezzava sì la leggerezza di questo conquistato abbigliamento, ma sentiva un certo vuoto, un’assenza di quell’attimo di conquista che prima possedeva. Se la biancheria del 1900 era invisibile in pubblico, quella del 1914 si poteva scorgere da qualche smerlo della sottogonna, tra le due guerre le mutandine possono essere viste in qualsiasi momento, sulla spiaggia, a teatro, mentre si praticano sport o semplicemente in bicicletta 81. Fu proprio questo repentino cambiamento, questo improvviso passaggio ad un vestito sicuramente più leggero, morbido, che esibiva le gambe ormai libere e meno impedite dalla difesa dell’abito, ad imporre negli anni Trenta gonne più lunghe e mutandine più strette. Dopo essere stata così troppo difesa, la donna si trovò di colpo troppo esposta e sentì la necessità di mitigare questo nuovo eccesso che stava cominciando a ledere la sua sensibilità. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, e quindi dopo il 1950, l’industrializzazione della moda intima, unita all’influenza della pubblicità, hanno portato alla creazione di una grande quantità di tessuti di grande malleabilità, naturali o sintetici, nonché al moltiplicarsi delle forme. 81 C. S. Laurent, 1986, p. 188. 35 Le donne infatti avranno a disposizione una biancheria dalla multiforme e contraddittoria ispirazione, potranno alternare forme più moderne a forme più arcaiche e sbizzarrirsi anche per quanto riguarda i tessuti: bianchi, neri, dorati, traforati, elasticizzati, trasparenti, a fiorellini … Tra il 1965 e il 1970 quindi la donna rinuncia a mantenere nuda quella parte del suo corpo, ed ha solo l’imbarazzo della scelta per coprirla, potendo indossare la mutanda nei tessuti e nei colori che preferiva, colori che assunsero pian piano le tonalità stesse degli abiti esterni, netti e decisi 82 . Compariranno pure i panty, dall’Inglese “ pants “ mutande, una specie di guaina – mutandina a calzoncino, quasi sempre in tessuto elasticizzato e la cui forma è stata poi adattata anche a modelli in tela da biancheria, e in questo caso sarà più leggero e largo, ornato di pizzi all’estremità. Dalle culottes dell’anteguerra si passò agli slip, analoghi a quelli maschili, quindi a tanga e a perizomi sempre più sottili e inconsistenti. Man mano vennero poi nuovi designer, nuove invenzioni, la pubblicità stessa cominciò ad impadronirsi di questa biancheria che iniziò così a perdere un po’ quella sua necessità, per diventare ai nostri giorni un puro strumento di seduzione. 82 C. Probert, 1981, p. 80-81. 36 Capitolo III BUSTI E REGGISENI Cenni storici fino al XVIII secolo Dall’antichità ai nostri giorni, il seno ha subito una serie innumerevole di cambiamenti e la sua estetica è stata sottoposta ad una grande quantità di variazioni dovute soprattutto a diversi modi di vivere e a diverse tradizioni che l’hanno portato ad essere via via compresso, sollevato, appiattito, sottolineato o lasciato al naturale. E’ stato perfino costretto e mortificato con l’invenzione del busto che, rivestendo il corpo delle donne come delle vere e proprie armature, rendeva il seno e quindi l’intera figura femminile sì molto più attraente e seducente, ma nello stesso tempo segregata all’interno di quell’architettura di stecche e lacci che non consentiva libertà di movimento e comodità. Il reggiseno nasce, all’inizio di questo secolo, proprio in risposta a questo “strumento di tortura”: le donne infatti riescono finalmente a sbarazzarsi di tale schiavitù adottando questo capo d’abbigliamento, probabilmente di uguale complessità, ma sicuramente molto meno costrittivo. Se si guarda alle civiltà antiche, si denota già da subito una particolare attenzione verso il seno femminile che chiaramente viene “sistemato” in modi diversi, esaltato o addirittura cancellato, a seconda delle tradizioni e delle abitudini di ognuno di essi. Statuette di terracotta raffiguranti divinità antiche, sono sicuramente importanti esempi che ci aiutano a capire in che modo veniva esaltata e celebrata questa parte del corpo femminile, ancora oggi oggetto di elucubrazioni maschili. Una tra queste, emblema della femminilità, è rappresentata dalla “Dea dei Serpenti” cretese, una statuetta di terracotta policroma che raffigura una donna molto curata con serpenti tra le mani, che esibisce un abbondante e prominente seno nudo 83. All’inizio del II Millennio a.C. infatti, furono proprio le donne cretesi a mostrare forse la più audace scollatura mai vista prima, portando, proprio come la “Dea dei Serpenti”, corsetti allacciati davanti che sostenevano il seno alla base, lo mettevano in evidenza esibendolo totalmente scoperto, glorioso ed eretto 83 84 84 . Seno quindi sì simbolo di seduzione, ma una seduzione che però non B. Fontanel, 1997, p.9-10. C. S. Laurent, 1986, p. 27. 37 relegava la donna a semplice oggetto sessuale, ma che anzi la innalzava sia nella vita sociale, con ruoli paritari all’uomo, che religiosa, in quanto lo offrivano come “oggetto” a chi le venerava. Erano solite circolare con il seno scoperto anche le donne egizie di alto rango che però, a differenza delle cretesi, ne velavano la vista con abiti morbidi e trasparenti che cadevano in pieghe naturali al di sotto del seno stesso, senza quindi il sostegno di corsetti. Fu con la civiltà Greca che cominciarono a svilupparsi i “protoreggiseni”, antenati dei nostri attuali reggiseni. I seni pendenti infatti non erano assolutamente tollerati in una civiltà come quella, amante com’era dell’armonia e della bellezza, risultò quindi fondamentale l’utilizzo di fascette di tessuto che sostenessero efficacemente il seno, senza necessariamente metterlo in evidenza. Venne adottato quindi, all’inizio del I Millennio a.C., “l’apodesmo”, una piccola striscia di stoffa, spesso di colore rosso, che le donne arrotolavano al di sotto del seno per contenerlo e sostenerlo, un indumento quindi volto a smorzare l’evidenza e non di certo a glorificare. Una donna, quella greca, che avrebbe gravemente peccato di gusto se avesse ostentato la sua specificità fisica e che quindi fu costretta a far sparire seni e fianchi e ad utilizzare una biancheria intima che fosse modesta e il più possibile nascosta e discreta 85. Le fascette pian piano cominciarono a restringersi, riducendosi ad un sottile nastro rosso che cingeva il busto dall’attaccatura dei seni fino alla vita che presero il nome di “anamaskhaliter” e “mastodenton”, da mastos, mammella. Anche le donne di Roma, in epoca Imperiale, utilizzarono queste fascette di stoffa che da loro vennero chiamate “taenia”, ma nello stesso tempo si svilupparono anche le cosiddette “fasce”, usate per lo più dalle fanciulle con lo scopo di sostenere il seno, ma anche di contenerne la crescita e lo sviluppo. Esistevano, oltre a queste, anche strani miscugli da applicare direttamente sul seno per impedirne uno sviluppo eccessivo, come per esempio polveri di pietra di Naxos, fanghi d’arrotino o mollica di pane imbevuta di latte 86 . Anche per lo Stato romano quindi, i seni flosci e ballonzolanti erano assolutamente inammissibili, ma intollerabili erano anche quelli troppo grandi, e per questo si inventò il “mamillare”: un crudele schiaccia petto in cuoio rigido che doveva ridurre il seno stesso nel momento in cui era fiorito del tutto. Una vera e propria lotta contro ogni tipo di rotondità quindi che, come pure in Grecia, nasceva sia da un amore per l’armonia, ma anche da una profonda necessità di rigore. 85 86 C. S. Laurent, 1986, p. 33. B. Fontanel, 1997, p. 15. 38 L’uomo infatti, in mancanza di questi arnesi che nascondevano le forme femminili, sarebbe stato esposto al desiderio della carne, distogliendosi così dal compito di servire il proprio Stato. Un po’ più diffuso del “mamillare”, che cominciò ad essere utilizzato solo da quelle donne che realmente avevano un seno troppo abbondante, fu lo “strophium”, una specie di sciarpa posta sotto la tunica che avvolgeva i seni, sostenendoli senza comprimerli. Di questo indumento se ne incontreranno poi, sempre nello stesso periodo, diverse versioni, come per esempio “l’ephod”, un corsetto sostenuto da bretelle, utilizzato dalle donne ebree, o il “capitium”, uno strophium più morbido e largo, indossato soprattutto nei ceti popolari 87 . Questi ultimi, assieme alle donne barbare, non seguivano questo codice regolamentario: disprezzate e mal viste dalle donne romane, lasciavano tranquillamente il seno libero sotto la veste. La donna romana quindi comincia, con il passare del tempo, ad indossare sotto i suoi abiti un complesso di biancheria intima che inizia a distinguerla come donna, confermandole la consapevolezza del suo sesso, prima negato dalle leggi e dalle tradizioni. Con il Medioevo si apre un nuovo ideale femminile: busto sottile e ventre arrotondato. Se la moda greco-romana infatti aveva con forza nascosto e reso invisibile le forme femminili con l’utilizzo di bende e ampi drappeggi, ora, tra il XII e il XIII secolo si iniziano ad utilizzare abiti aderenti che evidenziano il corpo slanciandone la persona. Una tendenza quindi verso la verticalità che porta alla creazione di modelli diversi di abiti che però continuarono a costringere il seno fino quasi a nasconderlo. Tra questi troviamo la “cotta”, una tunica con lacci, probabilmente un antenato del corsetto, la “tunicella”, una specie di corpetto che serrava il busto come una corazza, allacciato dietro o anche di lato, il “guardacorpo” o “corsetto”, una cotta molto aderente e sagomata. Cominciano a diffondersi anche le scollature che nel XIII secolo vennero nascoste da un triangolo di stoffa, di solito di colore nero, chiamato “tassello”, voluto soprattutto dagli ecclesiastici che controllavano gli eccessi di queste nuove libertà. La sagoma del corpo femminile potè così, alla fine del Medioevo, finalmente mostrarsi e le donne cominciarono a mettere in evidenza e a mostrare spalle e l’inizio del seno, influenzate per altro dalla moda proveniente dal Ducato di Borgogna che si stava pian piano diffondendo in tutte le Corti d’Occidente 88 . Condannata dal mondo religioso, questa moda tendeva a conferire una particolare silhouette, sottolineata dagli abiti indossati. 87 88 C. S. Laurent, 1986, p. 36. B. Fontanel, 1997, p.20. 39 Sotto il petto infatti esse portavano una cintura che aveva lo scopo di sostenere la base dei seni, ma anche di risaltarne la forma sollevandolo verso l’alto e proiettandolo in avanti anche quando la natura non li aveva dotati di un aspetto così evidente, facendogli prendere la forma di due mele rotonde. I loro abiti inoltre presentavano profonde scollature, lunghi strascichi, accompagnati da strane capigliature e copricapi a cono e il loro ventre cominciò ad essere messo in evidenza con l’introduzione di cuscinetti imbottiti sotto la gonna. La bellezza del corpo femminile raggiunse il suo massimo splendore e la sua maggiore valorizzazione durante il Rinascimento. Se il seno medievale veniva lasciato libero o addirittura denudato sotto il corsetto, facendo inarcare i reni e risaltando il ventre, nel Rinascimento ci fu una totale revisione delle forme del passato, che venne in parte ritrovato e superato, producendo un’arte nuova. La “baschina” cominciò a prendere il posto del “corsetto” e svolse lo stesso ruolo deformante che il guardainfante aveva avuto per la parte inferiore del corpo delle donne che in effetti eliminava tutto ciò che di femminile poteva esserci in un sedere o nel ventre. Il seno quindi continuò, come durante il Medioevo, ad essere sostenuto da un abito esterno che però con il passare del tempo divenne pian piano più rigido e pesante, e s’impose il corpetto senza maniche e scollato, indossato su camicia e poi allacciato sulla schiena 89 . Visto come l’antenato del corsetto, veniva reso rigido grazie ad un rivestimento in tela inamidata, interamente rinforzato e impunturato da numerosi fili d’ottone che lo stringevano al corpo, salendo verso le spalle e allargandosi ad imbuto, nascondendo così tutto il rotondo e il morbido del busto femminile. L’abito quindi, che prima si limitava a modellare il corpo, comincia ad irrigidirsi, a comprimere e stringere la parte alta della donna che risultò talmente inguainata da far emergere una vita fine ed un seno piuttosto schiacciato 90. Questa rigidità che si cominciava a notare nell’abbigliamento femminile, assunse caratteri ancora più austeri alla fine del Rinascimento, grazie soprattutto all’influenza della moda spagnola. Le donne infatti vennero private delle loro tanto amate scollature a favore di una vita retta e severa, virtuosa che chiaramente doveva riflettersi anche nell’abbigliamento. Vestiti austeri, chiusi al collo da gorgiere inamidate, a volte talmente grandi da costringere a nutrirsi con posate dal manico spropositatamente lungo, accompagnati da corsetti impunturati 89 90 B. Fontanel, 1997, p. 26. Ibidem, p. 29. 40 che appiattivano il ventre e affinavano la vita, conferendo al busto l’aspetto di un cono, furono i protagonisti indiscussi delle moda femminile di questo periodo. Ci si è chiesto più volte come riuscissero queste donne a conferire al loro povero busto l’aspetto di un imbuto, e la risposta sta proprio all’interno del corpetto stesso, dove troviamo infilate delle stecche. Quest’ultime, che potevano essere d’avorio, di legno, d’argento, di madreperla e a volte, soprattutto nei ceti più ricchi, artisticamente istoriate,ornate di pietre preziose o addirittura incise con eleganti iscrizioni, venivano poste in mezzo al busto, sul davanti, e servivano ad assicurarne la rigidezza. Scolpita o dipinta, la stecca a volte poteva nascondere nella sua custodia anche un pugnale o poteva addirittura essere utilizzata come oggetto malizioso ed erotico 91. Tutti questi orpelli però, utilizzati per abbellire esteticamente il corpo femminile, si dimostrarono dei veri e propri strumenti di tortura al punto da preoccupare dottori e medici che si resero conto dei danni fisici che il busto e le stecche conferivano al corpo femminile provocando la devastazione del torace e la sovrapposizione delle costole. E’ da sottolineare infatti che, ad occuparsi del confezionamento dei corsetti furono, fino al 1675, i sarti che, oltre a creare a volte situazioni maliziose e poco professionali palpando sfacciatamente le dame durante la “prova” delle loro creazioni, erano sicuramente poco adatti in quanto meno sensibili ai problemi che questi indumenti provocavano. Fu proprio per questi motivi che il Parlamento autorizzò le sarte a formare una corporazione, sostenendo che era conforme al pudore e alla modestia delle ragazze permettere loro di farsi vestire da persone del loro stesso sesso, facendo così concorrenza ai loro colleghi uomini: le “corsettiere” infatti, più sensibili alle esigenze femminili, si impegnarono a produrre corsetti più leggeri e più sopportabili 92. Dopo l’austerità della moda spagnola che aveva coperto il corpo femminile con abiti accollati e ampie gorgiere, durante il regno di Luigi XIV, comincia ad essere riproposta la scollatura che chiaramente non fu palesemente evidenziata, bensì nascosta sotto uno scialletto di lino leggero e trasparente, messo attorno al collo. Inoltre, nello stesso periodo, cominciarono ad essere utilizzate, soprattutto dalle cortigiane, le “ gourgandine”, corsetti allacciati sul davanti che di fatto rimanevano semi aperti, evidenziando quindi il significato francese che le indicava come “sgualdrine”. 91 92 C. S. Laurent, 1986, p. 72-73. B. Fontanel, 1997, p. 32. 41 Le scollature furono, per tutto il XVII secolo, oggetto di dispute e polemiche da parte di moralisti e soprattutto di religiosi che non sopportavano di veder entrare nella casa di Dio e nei luoghi sacri le donne quasi nude e con provocanti scollature vertiginose. Secondo loro inoltre queste donne così oltraggiose e libertine, mostrando senza problemi le loro scollature, oltre a caricarsi di peccati veniali, che venivano cancellati con la recita di qualche preghiera, erano anche esposte a malesseri provocati dal freddo, che a volte finiva perfino per ucciderle 93. La vanità delle dame quindi era sottoposta a notevoli pressioni sia esterne, sia provocate dagli abiti stessi che serravano e stringevano il loro corpo e il loro stomaco in maniera così eccessiva da provocare continui svenimenti, soprattutto dopo i pasti. Con la morte di Luigi XIV nel 1715, scomparve anche quella rigidità e quelle regole di comportamento morale che avevano contraddistinto il suo regno. Si aprì infatti un nuovo periodo, retto da Filippo d’Orléans che ruppe questi rigidi vincoli e diede inizio ad un’epoca in cui le donne si sentirono più libere di esprimersi e di esibire le proprie nudità senza doversi preoccupare di attacchi e polemiche. Le scollature si fecero così più vertiginose, più maliziose, la donna acquistò più sicurezza in se stessa tanto da intrattenere conversazioni anche in ambito politico ed economico. Con il regno di Luigi XV quindi, questa libertà scoperta dalle dame fu sottolineata anche da un alleggerimento, anche se poco significativo, del loro corsetto che, se da un lato continuò ad imprigionare e ad opprimere il loro corpo, dall’altro lo rese meno rigido grazie all’utilizzo delle stecche di balena, sicuramente più elastiche delle stecche da busto fino a questo momento usate. Verso la fine del 1700 l’utilizzo di questo tipo di stecche cominciò pian piano a diffondersi, tanto da arrivare a sostituire definitivamente l’unica grande stecca centrale che fino a quel momento aveva caratterizzato i busti e i corpi stessi delle donne che vedevano il loro seno compresso da quell’impalcatura. Ora infatti non viene più utilizzata un’unica stecca, ma una moltitudine di esse che, disposte attorno al busto, non celavano più il seno, bensì lo esaltavano e modellavano e, comprimendolo dal basso, lo proiettavano verso l’alto dando perfino l’impressione che uscisse dall’abito stesso. Non più sottoposto a critiche, il busto cominciò quindi ad essere sempre più impreziosito, una manifestazione questa del fasto e del lusso della classe dirigente che sottolineava così il proprio status sociale, distinguendosi quindi dalle donne delle classi popolari. Quest’ultime infatti, 93 P. Perrot, 1981, p. 204. 42 costrette dalla propria condizione sociale a lavorare, non erano solite indossare la biancheria, ma usavano solo una gonna e una camicia, al di sopra della quale mettevano una specie di giubbetto non troppo stretto che, a differenza del corsetto aristocratico che aveva l’allacciatura sulla schiena, necessitando quindi di una domestica per chiuderlo, veniva allacciato davanti, risaltando la vita e sostenendo il seno 94. Nonostante questo clima sicuramente più libero e meno osteggiato, ci fu comunque chi continuava a lottare per un ritorno alla semplicità, primo fra tutti Jean-Jacques Rousseau. Lo scrittore filosofo infatti, assieme a numerosi importanti dottori come Winslow, Tissot, Vandermonde e molti altri, iniziò nel 1750 circa una crociata medico-pedagogica che aveva lo scopo di condannare l’utilizzo dei busti a stecche e le conseguenze negative che questi ultimi provocavano al corpo delle donne: indebolimenti, deformazioni anatomiche e addirittura morte 95. Tutte queste impalcature vestimentarie vennero poi spazzate via dalla Rivoluzione che semplificò l’abbigliamento che divenne infatti più comodo e pratico e influenzò dapprima la società francese e successivamente l’intera Europa. 94 95 B. Fonatnel, 1997, p. 39. P. Perrot, 1981, p. 217-218. 43 Cenni storici dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni La Rivoluzione portò quindi un po’ da per tutto una ventata di semplicità, caratterizzata da abiti modesti, pratici, da una predilezione per le cose comode, tanto che l’abbigliamento più amato dalle donne era costituito da una semplice gonna, sopra della quale indossavano un piccolo corsetto senza armatura e una camicia. In Francia come in Inghilterra, si fece sempre più acceso il dibattito che mirava ad abolire tutte quelle costrizioni che soffocavano la donna, tutti quegli abiti da tortura che avevano provocato per lungo tempo danni gravi alla loro salute. Anche se per un breve periodo, si riuscì a far ritornare l’antica moda classica e le donne, per la prima volta, cominciarono a sbarazzarsi di tutti quegli ostacoli che avevano fino a quel momento soggiogato il loro corpo: abbandonarono quindi panieri e corsetti impunturati, lasciando ad un giubbino di seta il compito di sostenere il proprio seno, e si sbizzarrirono in scollature e trasparenze, utilizzando soprattutto il tulle e la mussolina 96. Il busto quindi cominciò a sparire quasi del tutto e, come il paniere, venne sostituito da imbottiture sui fianchi, inoltre, per sostenere i seni, data l’assenza del corsetto, le donne utilizzavano il “fichu”, un ampio fazzoletto che prima avvolgeva il seno per poi risalire fino al mento rinforzato da rigidi sostegni, usato quindi per risaltare il seno stesso, tanto che venne chiamato dai contemporanei “petto finto” 97. Ci fu quindi un vero ritorno al passato, a quella moda che aveva caratterizzato i Greci e i Romani, tanto che ricomparve quella specie di corsetto a fascette, chiamato “zona”, del tutto simile a quello antico, con l’unica differenza che queste nuove fasce erano poste più in alto di quelle arcaiche, sorreggendo così la parte inferiore del petto. Questo virtuoso movimento per la semplificazione degli abiti, iniziato sotto Rousseau, aveva sì trasformato la moda, ma l’aveva rivoluzionata al punto tale che non le restò che fare una grossa marcia indietro. All’epoca del Consolato napoleonico e all’inizio dell’Impero infatti, ricomparve rapidamente il corsetto, inizialmente ancora privo di stecche e ricoperto di velluto e di raso che probabilmente ritornò in auge data la forte importanza radicata nella mentalità corrente che il corpo dovesse essere mantenuto scrupolosamente in forma. Le stecche di balena però, ricomparvero all’inizio del XIX secolo, più precisamente nel 1810, quando cominciò a svilupparsi un nuovo tipo di corsetto definito “alla Ninon”: un modello che, nascosto dall’abito, arrivava fino alla vita, dove si inarcava per conferire alla donna l’opulenza desiderata. 96 97 B. Fontanel, 1997, p. 44. C. S. Laurent, 1986, p. 79. 44 L’utilizzo del corsetto comunque regnò incontrastato per tutto il XIX secolo, epoca in cui la moda richiedeva vite strette, estremità piccole, polsi e caviglie delicate, nonché pelli di alabastro. Un periodo durante il quale inizialmente la borghesia tenta di nascondere nell’abbigliamento femminile il corpo della donna che viene infatti ricoperto fin sotto il mento, a meno che essa non partecipi a cene o avvenimenti eleganti, i soli a permetterle scollature vertiginose. Quest’ultime divennero sempre più profonde con la Restaurazione ( 1815- 1820 ) e cominciò ad aumentare sempre di più la tirannia del busto nei confronti del petto femminile, ma anche della vita che, dovendo sottostare al vezzo del tempo del girovita sottile, fu continuamente torturata: l’apparenza continuò così ad avere la meglio sulla comodità 98. La moda inoltre richiedeva seni molto separati e distanti tra loro, e per arrivare a questo risultato, il borsettaio Leroy sperimentò un busto in cui riuscì, con un sapiente quanto doloroso utilizzo delle stecche di balena, a raggiungere lo scopo prefissato, tanto che tali corsetti presero il nome di “Divorzio” 99. Molte furono le innovazioni e i miglioramenti apportati a questo indumento/tortura, il primo in ordine di tempo fu l’invenzione degli occhielli metallici in cui far passare i lacci, avvenuta attorno al 1828, che rese più solido questo capo d’abbigliamento grazie ad asole non più cucite a mano e quindi sicuramente più resistenti. Sempre per quanto riguarda i sistemi di chiusura, da sottolineare è anche l’invenzione, portata a termine da Nolet e Josselin, ex commerciante di passamaneria, della stecca divisa in due e munita di ganci, che permetteva di chiudere più facilmente il corsetto. Altra importante tappa fu l’invenzione, sempre condotta da Josselin, del corsetto meccanico, avvenuta dopo aver assistito alla rottura di un laccio da parte di sua moglie che, disperata, non riuscì a trovare nessuno che potesse aiutarla: si trattava di un busto a pulegge molto elaborato che permetteva di allacciare e slacciare questo capo senza dover necessariamente ricorrere all’aiuto di una seconda persona. Un XIX secolo quindi ricco di eccessi, di invenzioni, di stravaganze e di corsetti via via sempre più specializzati e dai modelli più disparati: nei cataloghi infatti si poteva scegliere fra corsetti da mattina, nunziali, da viaggio, con poche stecche di balena o addirittura senza, da equitazione con un elastico sull’anca, di pelle di daino, confezionati all’uncinetto e molti altri ancora. I bustai, che all’inizio del XIX secolo erano soprattutto donne, data la pudicizia delle dame stesse, non avevano che l’imbarazzo della scelta, potendo utilizzare stoffe e merletti di ogni tipo ed 98 99 C. S. Laurent, 1986, p. 82. B. Fontanel, 1997, p. 47. 45 inventare qualsiasi modello si richiedesse. Se prima del 1828 infatti esistevano solo due brevetti d’invenzione, fra il 1828 e il 1848 ne vengono richiesti ben 64, e cominciarono pian piano a fiorire, soprattutto dal 1832, le prime fabbriche di busti tessuti senza cuciture, che uscivano dal telaio già con stecche, coppe e ventagli, pronti da vendere a costi sicuramente più vantaggiosi: prima fra tutte quella dello svizzero Jean Werly a Bar-le-Duc 100. La donna romantica del 1830 quindi, comincia lentamente a trasformarsi in una bambola innaturale, schiacciata com’era dagli abiti che indossava, agganciata e abbottonata mascherando il proprio fragile corpo. Iniziarono infatti a circolare libri contenenti consigli pratici o d’igiene realizzati dagli specialisti del settore, che mettevano in guardia le donne dagli effetti negativi che questi apparecchi potevano provocare. Le stecche d’acciaio per esempio attiravano l’elettricità sul seno, causando irritazioni interne che arrivavano ad intaccare anche lo stomaco, per questo motivo venivano rivestite di taffettà gommato che riusciva, anche se solo in parte, a sanare questo inconveniente. Altri consigli utili contenuti in questi libri riguardavano le stecche di balena che, con il passare del tempo, tendevano a sollevarsi ai due estremi, deformando così la loro struttura originaria: gli specialisti consigliavano di portare per qualche giorno il corsetto al contrario per ovviare a questo problema 101. Nonostante tutti questi pericoli a cui la donna era sottoposta, il corsetto continuò ad essere l’indumento privilegiato per le dame del XIX secolo e fu sottoposto a modifiche e nuove invenzioni. Il 1840 infatti segnò un’altra importante data per il corsetto grazie ad una fondamentale invenzione che rappresentò una conquista di autonomia da parte della donna, nonché una tappa significativa nella storia sociale e tecnica del busto, la cui diffusione aumentò enormemente. Venne messo a punto infatti un tipo particolare di allacciatura detta “ à la paresseuse “ (“alla pigra“), consistente in un sistema di lacci elastici che permetteva di vestirsi e spogliarsi senza dover ricorrere all’aiuto di una domestica, di un marito o di un’amante 102 . Questo nuovo tipo di allacciatura, se da un lato aiutò le donne ad arrangiarsi da sole, dall’altro favorì soprattutto le adultere: il corsetto infatti tradiva la donna infedele in quanto il marito nell’aiutarla a slacciarlo, poteva constatare l’esistenza di nodi evidentemente diversi rispetto a quelli fatti da lui personalmente il mattino stesso. 100 101 102 P. Perrot, 1981, p. 219-220. B. Fontanel, 1997, p. 49. P. Perrot, 1981, p. 219. 46 Durante il Secondo Impero ci furono ulteriori cambiamenti nel busto e nel modo di indossarlo, le sue forme si accorciarono in basso e si allargarono in alto: è la grande epoca delle spalle cascanti, nude e cadenti, di un vitino da “vespa”, dei seni maestosi, che non si fanno più risaltare in altezza, come era avvenuto in precedenza, ma si portano bassi “come due pere raccolte in un paio di ciotole 103 “, permettendo così le più vertiginose scollature. Un corpo quindi sempre più “violentato” da questo strumento costrittore qual’era il busto, che scortica e mutila lentamente solo per la smania di seguire a tutti i costi la moda, una moda che esaltava il fascino della linea e la mistica della vita, ma che per fortuna restò soggetta ad un’infinità di discussioni, fossero esse igieniste o estetizzanti, riformatrici o tradizionaliste, morali o vacue. Tra tutte queste voci, la più imponente fu sicuramente quella dei medici che, sconvolti da quei corpi simili a delle vere e proprie clessidre, se da un lato riconoscevano che questo strumento garantiva al loro corpo un buon portamento estetico e simbolico, dall’altro lo minacciava di malattie e morte. La ruggine delle stecche era già un grosso nemico da combattere, ma per fortuna il problema venne in parte risolto dalla ditta americana Warner che si preoccupò di inventare stecche in acciaio inossidabile, evitando così la corrosione delle stesse 104. L’attenzione dei dottori si spostò soprattutto sulle giovani donne, costrette dalle loro stesse madri a stringere il corsetto in vita nonostante la loro tenera età, minacciandole di zitellaggio se non avessero ostentato quel famoso “vitino da vespa”. Il dottor Debay, grande abolizionista e creatore dell’ “ Hygiène et Physiologie du mariage “, che avrà ben 171 riedizioni, non esitò ad utilizzare statistiche che sottolineavano gli effetti di questo indumento, e il risultato delle sue osservazioni, fatte su cento ragazzine portanti il busto, evidenziarono un quadro del tutto sconvolgente: 25 soccombono per malattie di petto; 15 muoiono in seguito al primo parto; 15 restano inferme dopo il primo parto; 15 restano deformi; 30 resistono, ma prima o poi saranno afflitte da indisposizioni più o meno gravi 105. Di fronte ad una situazione così drammatica, il dottor Debay si scagliò duramente contro quelle madri che consideravano il busto come un eccellente mezzo per correggere difetti di portamento e di vita delle loro figlie e che non si volevano rendere conto che, al contrario, esso aumentava il difetto e la deformità che loro cercavano a tutti i costi di combattere. 103 104 105 B. Fontanel, 1997, p. 54. Ibidem, p. 59. P. Perrot, 1981, p. 220. 47 Chiaramente la sua non fu l’unica voce contraria a questo utilizzo, anche la famosa contessa Drohojowska, nei suoi consigli sul saper vivere, affermava: “ Quante gastriti, malattie epatiche, emicranie, quanti stati ipertensivi e dispiaceri sarebbe stato facile guarire, all’inizio semplicemente allentando un laccio del corsetto mentre, giunti ad un certo livello, diventano incurabili e portano a una morte prematura, sotto gli occhi di una famiglia sconsolata che spesso, ammirando donne dal corpo ormai deforme a forza di essere stravolto nelle sue proporzioni, hanno incoraggiato questa aberrazione 106 “. Le opinioni comunque divergevano, se da un lato si esprimevano i fautori di una corrente che criticava sempre di più l’uso troppo precoce di questi strumenti, attribuendo loro solamente effetti deformanti e debilitanti, dall’altra, alcuni dottori come Bouvoir, continuarono a riconoscerne l’azione preventiva o addirittura correttiva, considerando le differenze di costituzione, la forza fisica, il tipo di vita, la razza e la disposizione ereditaria, cause ugualmente in grado di spiegare le deformazioni e le malattie delle ragazzine. Ci fu inoltre chi, come il dottore M. Lévy, contrario all’uso del busto nelle ragazze di giovane età, spingeva verso l’esercizio, la ginnastica e i bagni freddi, fondamentali per lo sviluppo del loro sistema muscolare, invece di rinchiuderle in un corsetto di stecche di balena o di ferro che non faceva altro che massacrare e soffocare il corpo. Ma se il busto che costringeva un corpo adolescente aveva radunato concezioni e pareri controversi, per quanto riguarda le donne adulte, le opinioni furono sicuramente più consenzienti. Le forme stesse della donna infatti, caratterizzate da pesantezza, opulenza e rilassatezza, imponevano l’utilizzo del busto al solo scopo contenitivo, essendo considerato come il sostegno fondamentale per il corpo che, sommerso dai tessuti, inguainato e sorretto da stecche, era destinato a stare fermo e inattivo. Il busto quindi, nonostante costituisse un enorme ostacolo alla loro muscolatura e provocasse gravi danni al corpo, era indicato soprattutto per quelle donne che, condannate dal loro stato sociale ad una vita sedentaria, avevano indebolito il loro sistema muscolare e vedevano in esso un valido punto d’appoggio al tronco quando si trovavano in posizione seduta o eretta107. Anche lo stesso dottor Debay, assolutamente contrario all’utilizzo del busto in tenera età, lo concesse tranquillamente alle persone grasse, quando però aveva come unico scopo quello di sostenere e contenere la sovrabbondanza delle forme e lo sviluppo addominale. 106 107 B. Fontanel, 1997, p. 61. P. Perrot, 1981, p. 223. 48 Quando invece si iniziò a parlare di un suo utilizzo sistematico, ecco che cominciarono ad emergere le prime controversie, soprattutto tra i due dottori, già discordanti sul problema del busto sulle giovani, Bouvier e Debay. Il primo, sostenitore del busto, riteneva che tutte le donne con rotondità normali dovessero concedersi al suo utilizzo in quanto indispensabile sospensorio per le ghiandole mammarie; il secondo invece lo riteneva utile solo per quelle donne che, afflitte da imperfezioni del seno e da deformità della vita, vedevano in esso un abile strumento in grado di camuffare questi loro difetti, mentre risultava assolutamente inutile per le donne a cui la natura aveva già conferito tutta la bellezza e il fascino di cui avevano bisogno 108. Tutte queste accese polemiche che si crearono attorno a tale capo d’abbigliamento, se in alcuni Stati caratterizzati da monarchie piuttosto conservatrici, attecchirono al punto da vietane l’uso alle ragazze, come avvenne per esempio in Russia e in Bulgaria, la grande maggioranza delle donne continuò tranquillamente ad utilizzarlo senza il benché minimo problema 109. Per di più, alla fine del XIX secolo, i busti si fecero talmente stretti che le donne che li indossavano non riuscivano neppure a chinarsi e, a peggiorare la situazione, si misero pure nastri, merletti ed accessori imbottiti che , fissati sui corsetti stessi, cadevano a cascata dalla vita sottile, producendo sì un effetto assolutamente gradevole, ma rendendo quelle povere donne ancora più impacciate e scomode nei movimenti 110. Altra novità della fine del XIX secolo fu l’utilizzo di seni artificiali, realizzati per lo più in pelle di camoscio, in caucciù o in raso imbottito. I primi esemplari furono presentati nel 1885 all’Esposizione del Lavoro e furono chiamati “ Mammif “: si trattava di una coppia di mammelle posticce che, adattate al corsetto, potevano essere gonfiate fino a raggiungere la taglia desiderata. Sulla stessa scia vennero poi successivamente inventati numerosi altri modelli, come per esempio i “ seni artificiali a ventosa “ che, a differenza di quelli precedentemente descritti, evitavano imbarazzanti inconvenienti, come cambiamenti di proporzioni, in quanto non scivolavano qua e là sotto il vestito. Dopo il 1893, la moda cominciò pian piano a cambiare, soppressa la tournure che aveva gonfiato i fondoschiena di diverse donne e finita l’epoca di stravaganze, che avevano visto corsetti imbottiti e invenzioni a dir poco esuberanti, comincia, con il XX secolo, un epoca in cui la donna e le sue forme tendono a sgonfiarsi e ad assumere una linea dritta, priva della ormai consueta forma ad 108 109 110 P. Perrot, 1981, p. 224. B. Fontanel, 1997, p. 73-74. Ibidem, p. 66. 49 “S“ 111. Ad aiutare la donna in questo cambiamento, fondamentale fu la figura di Paul Poiret, uno dei sarti più in voga dell’epoca che, se non riuscì ancora a sopprimere del tutto il busto, fu in grado comunque di modificarlo, sopprimendo la famosa “S” e rivoluzionando quindi la moda stessa. Quella linea naturale, già vista ai tempi del Direttorio, ritornò con lui in auge, il busto divenne dritto e restituì finalmente una colonna vertebrale normale a chi lo indossasse. Poiret, assolutamente contrario all’utilizzo del corsetto, decise di dichiarargli guerra, convinto com’era dell’ inutilità di quell’indumento con l’unico scopo di ridurre il corpo femminile a due masse corporee distinte: da un lato il busto, i seni e la gola, dall’altro l’intera parte inferiore 112. La nuova linea del corpo e i modelli degli abiti ristretti verso il basso, che stavano così prendendo piede, presupponevano, secondo Poiret, l’abolizione del busto e l’adozione del reggiseno, un nuovo tipo di biancheria intima che, nonostante fosse nata già da tempo prima, cominciò solo ora ad avere fortuna. Fu la ditta Codolle, fondata a Buenos Aires nel 1887 e trasferitasi a Parigi nel 1910, a cucire e a firmare i primi reggiseni. La fondatrice, Herminie Cadolle, appassionata di abbigliamento intimo femminile, impiantò dapprima in Argentina una ditta di corsetteria, ma, dopo numerosi viaggi, si rese conto dell’arcaicità di questo indumento e decise di andare oltre: scoprì infatti l’hevea nell’industria tessile, un nuovo filato di materiale elastico, senza il quale non sarebbe mai stato possibile inventare il reggiseno. Applicò questo nuovo tipo di filato al suo primo “corsetto-seno” che presentò all’Esposizione Universale del 1889: si trattava di un esemplare assolutamente innovativo per la storia dell’abbigliamento intimo in quanto, invece di appoggiarsi sulle anche e di raccogliere il seno dal basso in due coppe, come il tradizionale corsetto aveva fatto, invertì le forze di supporto e a sostenere il petto furono due bretelle appoggiate sulle spalle, le attuali spalline 113. Non si trattava ancora di un vero e proprio reggiseno, in quanto risultava essere ancora legato sulla schiena al corsetto, ma sicuramente rappresentò un importante passo in avanti nello sviluppo della biancheria intima e nella ormai vicina liberazione della donna dalla schiavitù del busto. In effetti, la moda stava di fatto modificando la figura della donna creando abiti dalla linea più naturale e producendo corsetti più ridotti di quelli precedenti, ma così lunghi da arrivare fino quasi alle ginocchia, rendendo quindi la donna sicuramente un po’ più libera nei movimenti e soprattutto capace di stare in posizione retta. 111 112 113 C. S. Laurent, 1986, p. 147. B. Fontanel, 1997, p. 84. Ibidem, p. 76-77. 50 La pratica tenace e generalizzata del busto, cominciò a cessare solo con la Grande Guerra del 1914, per ragioni non tanto mediche quanto funzionali 114 . La diffusione delle vacanze, della pratica sportiva, dei balli, soprattutto latinoamericani, avevano già in parte preparato alla mutazione dell’abbigliamento femminile che quindi esigeva capi sicuramente più semplici e che garantissero maggiore libertà di movimento, ma fu soprattutto l’esigenza di lavorare che sancì pian piano la fine del corsetto. Mentre gli uomini erano impegnati al fronte infatti, le donne sentirono la necessità di immergersi nel mondo del lavoro: nelle campagne le contadine cominciarono a svolgere i lavori dei campi, le commercianti si misero al volante delle automobili, le officine si riempirono di operaie e nella borghesia divenne bon ton fare le infermiere o le portantine d’ambulanza 115. Corsetti e fronzoli quindi non potevano più far parte dei loro abiti che da sovrapposti e goffi, cominciarono a farsi più leggeri e semplici, come pure il loro abbigliamento intimo, non più pomposo, ma coerente con il loro attuale stile di vita. La donna quindi che stava pian piano conquistando la propria autonomia, la propria emancipazione nei confronti degli uomini a cui era stata per troppo tempo soggetta, che stava cambiando completamente il suo modo di vestire, che poteva tranquillamente indossare berretti, giubbe, calzoni o gonne corte e muoversi in totale libertà, senza il peso degli abiti che prima la soffocavano. Durante gli anni del conflitto i corsetti cominciarono ad accorciarsi sempre più, fino ad essere sostituiti da guaine leggere che salivano poco oltre la vita e scendevano all’inguine, liberando così anche le cosce, ma creando alcuni problemi tecnici. La donna del 1914 infatti, cingeva il busto sopra la camicia, la quale, ben tesa, sosteneva il seno, ma, la riduzione del corsetto, rese la camicia più molle e quindi non più utile a sostenere il petto che cominciò di fatto ad essere retto dal reggiseno che divenne quindi un indumento necessario nel guardaroba femminile occidentale 116. Il reggiseno, chiamato anche “pettorina” o “mantieni seno” cominciò a prendere il posto del corsetto e i bustai iniziarono a produrne modelli più disparati. Quello in voga tra le ragazze degli anni Venti che non esibivano di certo seni opulenti, era caratterizzato da una specie di tracolla che tendeva ad appiattire il petto che infatti non veniva modellato, ma reso addirittura informe: si trattava di un unico pezzo di stoffa con due leggere pinces sui fianchi, che veniva legato sulla schiena. 114 115 116 P. Perrot, 1981, p. 224. C. S. Laurent, 1986, p. 149-150. B. Fontanel, 1997, p. 92-93. 51 Questo modello però non riscosse grande successo e fu presto destinato al declino intorno agli anni Trenta: dopo la Prima Guerra Mondiale infatti, la donna aveva cominciato sempre più a svestirsi, ad indossare abiti aderenti e scollati e ad avere una maggiore cura del proprio corpo e a sentire quindi la necessità di esibire un seno più malizioso e sensuale. Inoltre, fu proprio durante la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta che la corsetteria ebbe il massimo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda i materiali usati, la composizione e la concezione stessa di tali indumenti. La biancheria intima infatti era ancora considerata un lusso che solo pochi potevano permettersi a causa dei prezzi troppo elevati dovuti soprattutto alla preziosità delle stoffe utilizzate e al fatto che fossero per la maggior parte confezionate a mano 117 : si cominciarono quindi a sperimentare tessuti che potessero garantire bellezza estetica e costi meno elevati. Fondamentale fu la nascita di una nuova fibra sintetica, il rayon ( “raggio “ ), avvenuta in maniera del tutto casuale già attorno al 1883 da parte dell’inglese Sir Joseph Swan che, nel tentativo di produrre un filamento di carbonio per le lampadine elettriche, depose ben presto le sue ricerche e, involontariamente, mise nelle mani della moglie queste fibre di acetato di cellulosa di cui lei si servì per un lavoro all’uncinetto. Senza volerlo la donna aveva scoperto il primo tessuto sintetico della storia, destinato a rivoluzionare l’industria tessile e, in particolare, quella dell’abbigliamento intimo. Lo sviluppo del rayon fu però abbastanza lento, esso infatti venne prodotto su ampia scala solo nel 1905 dalla Gran Bretagna e venne poi realmente utilizzato solo a partire dagli anni Venti 118. Anche la comparsa del caucciù, avvenuta attorno al 1911, rimase assolutamente limitata alla produzione di “corsetti da sport” e il suo utilizzo non riuscì ad espandersi a causa della scarsa qualità di questo tessuto elastico, ancora troppo poco raffinato e producibile ancora in pezzi di ridotte dimensioni 119. “Madame X “ fu il nome dato, intorno al 1923, ad un corsetto ricavato da uno dei primi fogli di caucciù, per la verità poco igienico e molto difficile da indossare, al quale ne successe un altro, nel 1930, prodotto questa volta dalla ditta Charneaux, anch’esso in caucciù, ma traforato per lasciar traspirare la pelle. In questo periodo, un problema rilevante fu rappresentato dal modo in cui questi tessuti elastici venivano esportati: mentre lo stesso caucciù si presentava in forma di fogli che venivano successivamente tagliati in strisce, il siero dell’hevea, ovvero il lattice, veniva esportato sotto 117 118 119 B. Fontanel, 1997, p. 101. Ibidem, p. 103. C. Probert, 1981, p. 8. 52 forma di mattonelle in quanto si coagulava rapidamente. La soluzione a questo problema venne trovata nel 1930 quando ci si rese conto che, mescolando il lattice con l’ammoniaca, si andava a creare una sostanza liquida, quindi trasportabile in semplici barili 120. Da questa stessa sostanza si riuscì a produrre un filato nuovo, sottile quanto tutti gli altri: il lastex. Elaborato dalla società Dunlop, oggi nota come produttrice di pneumatici, questo nuovo filato nasceva da una lavorazione particolare del lattice stesso usato allo stato liquido che, versato in tubi di vetro, veniva fatto passare attraverso bagni di acido e infine coagulato. Tutte queste innovazioni giovarono sicuramente all’industria dell’abbigliamento intimo che, potendo lavorare con queste fibre elastiche, riuscirono a produrre tessuti più estensibili e a modificare le caratteristiche del corsetto stesso. Quest’ultimo infatti, non ebbe più bisogno di ganci, lacci o pinces, ma, grazie al nuovo tessuto elastico, cambiarono il loro aspetto, essendo prodotti non più rigidi e simili a gabbie, ma morbidi, assecondanti le forme e le linee del corpo, sostenendole e facilitando i movimenti. Altra importante conquista nell’abbigliamento intimo, avvenne nel 1931, ad opera dei fratelli Warner che, oltre a creare coppe a profondità variabile, spalline elastiche e coppe modellate senza cuciture, riuscirono ad inventare un nuovo tessuto, interamente elastico, sia nella trama che nell’ordito, che rivoluzionò la biancheria moderna 121. Nonostante lo sviluppo e la generalizzazione del reggiseno, la cui produzione era enormemente aumentata grazie soprattutto alle numerose innovazioni provenienti per lo più dagli Stati Uniti, come per esempio l’invenzione del reggiseno senza spalline o quello a schiena nuda, allacciato all’altezza della vita, anche per il corsetto ci furono degli importanti momenti di gloria, tra i quali l’invenzione della zip 122. Il busto infatti continuò ad essere utilizzato anche nel corso degli anni Cinquanta e a pochi anni dalla rivoluzione sessuale, persistettero ancora abitudini ereditate dal XIX secolo 123 . In effetti, nonostante l’impiego della guaina, che si era notevolmente diffusa tra le donne, si portavano ancora corsetti che arrivarono ad assumere forme e modelli sempre più particolari, come per esempio l’invenzione, all’inizio degli anni Cinquanta, di una guaina elastica di raso alla quale veniva cucito un reggiseno che, dotato di una robusta armatura, creava il “combinè”, ovvero il reggiseno 120 121 122 123 B. Fontanel, 1997, p. 105. Ibidem, p. 108. C. S. Laurent, 1986, p. 188-189. C. Probert, 1981, p. 54. 53 a bustino 124 . Anche per le stecche di balena, che continuarono ad accompagnare il busto, vi furono delle importanti novità: se prima se ne trovavano di un unico tipo, ora se ne producono ben due. Esistevano infatti, alla fine degli anni Cinquanta, stecche ricavate dalla balena originaria dei Mari del Sud o dell’Atlantico, e quelle provenienti dai capodogli dell’Oceano Artico, di qualità meno ricercata. Le modalità con le quali venivano prodotte e poi immesse nel mercato erano assai lunghe e particolari, le stecche infatti erano ricavate dai fanoni della balena, ossia da lame cornee disposte ai lati della mascella superiore dell’animale: una volta prelevate, esse venivano pulite e segate fino a raggiungere la forma di strisce o stecche per poi essere nuovamente pulite e levigate e infine tagliate nel senso della lunghezza e arrotondate alle due estremità 125 . Con il passare del tempo, e soprattutto dopo la nascita dei nuovi tessuti, che rivoluzionarono di molto il settore dell’intimo, cominciarono ad entrare in commercio anche stecche di materiali diversi, come quelle di piume di tacchino, di nylon o di plastica. A rivoluzionare ancora una volta il settore intimo infatti, fu, a partire dal 1929, la nascita di un nuovo filato sintetico, più resistente di quelli precedentemente realizzati, ricavato da fenolo, idrogeno e acido nitrico. Le ricerche, portate avanti dalla società americana Du Pont di Nemours e condotte dal dottor Wallace H. Carothers e dalla sua équipe, portarono alla nascita, nel 1938, del nylon, un tessuto che, usato inizialmente al fronte per la produzione di tende, corde e teloni militari, invase poi il settore della biancheria grazie soprattutto alle sue importanti qualità: brillante e leggero, non si consumava, si asciugava facilmente e non richiedeva stiratura 126. L’influenza liberatrice degli abiti confezionati industrialmente, pratici, confortevoli, sani e a buon mercato, aveva portato ormai la donna ad essere libera, spigliata ed emancipata, ansiosa di possedere calze di nylon e gomma da masticare, di ballare e fumare sigarette. Il reggiseno aveva di fatto rimodellato la loro figura e aveva evidenziato sempre di più il loro seno, portandolo verso l’alto, come prescriveva la moda del tempo che di fatto apprezzava enormemente la figura delle famose pin-up. Indicativo di questo atteggiamento fu l’elaborazione, nel 1939, del best-seller della storia del reggiseno, con coppe più profonde e impunture rilevate e circolari che rendevano il petto molto sagomato ed appuntito. Questo modello ebbe grande successo soprattutto negli anni Cinquanta, 124 125 126 C. Probert, 1981, p. 55. B. Fontanel, 1997, p. 124-125. Ibidem, p. 111. 54 ma fu destinato a tornare di moda negli anni Ottanta quando il famoso stilista Jean-Paul Gaultier lo abbinò, nelle sue sfilate, a vestiti e bustini. Sempre negli anni Cinquanta venne perfino realizzato il primo reggiseno aerodinamico, messo a punto dal costruttore di aerei Howard Hugues. Si trattava di una vera e propria “mensola” che sosteneva efficacemente il seno grazie ad una valida armatura rinforzata, facendolo addirittura ballonzolare: esso fu indossato per la prima volta dall’attrice Jane Russell durante le riprese del film “Il bandito” in quanto risultava essere l’unico modello che riusciva a sostenere il suo seno senza schiacciarlo 127. Dopo l’invenzione del rayon e del nylon, che avevano apportato grossi miglioramenti nel settore, negli anni Cinquanta un altro importante tessuto vide la sua nascita e il suo successivo sviluppo: la lycra, un tessuto molto estensibile costituito da due fili, uno sintetico, formato da poliestere o poliammide, l’altro caratterizzato da una fibra elastica molto leggera, l’elastene. Inventata dalla ditta Du Pont di Nemours, questo nuovo tessuto esplose solo durante gli anni Ottanta quando riuscì ad invadere il mondo femminile tanto da diventare il protagonista indiscusso nelle sfilate dei più grandi stilisti d’alta moda e nel campo del pret-à-porter 128. Le curve esagerate degli anni Cinquanta scomparvero gradualmente negli anni Sessanta, periodo durante il quale vi fu un ritorno ad un seno più naturale, sorretto e controllato da una biancheria leggera ed elastica che cominciò ad interessare non più solo le donne, ma anche le adolescenti 129. I produttori quindi, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e negli Stati Uniti, lanciarono sul mercato un nuovo tipo di abbigliamento intimo adatto a queste giovani ragazze, una biancheria che andasse in contro al loro essere e al loro stile di vita, semplice e pratico, che pian piano influenzò tutto l’universo femminile. Tessuti in lycra e in fibra elastica furono i materiali maggiormente usati, oltre ad una vertiginosa molteplicità di colori e fantasie che dettero alle ditte produttrici la libertà di creare modelli disparati e di sbizzarrire la propria fantasia. Un ulteriore miglioramento inoltre, fu rappresentato dalla nascita delle spalline regolabili che vennero adattate al reggiseno: un grande passo in avanti verso la comodità, dato che fino a quel momento esse venivano fissate con una striscia di tessuto e un automatico cucito all’interno del capo per evitare che ricadessero sulle braccia. Gli anni Sessanta inoltre portarono alla nascita di un’altra grande azienda specializzata nella produzione d’intimo, destinata ad imporsi sul mercato e a riscuotere un’enorme quantità di 127 128 129 B. Fontanel, 1997, p. 118. Ibidem, p. 139. C. Probert, 1981, p. 66. 55 consensi diventando poi leader nel settore: la Playtex. La società, fondata negli Stati Uniti nel 1932 dal signor Spanel, un chimico americano, sfondò veramente solo dopo la guerra grazie ad una nuova fibra elastica, la “spanetta”, dal nome del suo stesso fondatore, che risultò fondamentale per la produzione delle così dette “guaine 18 ore”, che potevano essere indossate per un lungo periodo di tempo senza provocare il benché minimo fastidio 130 . Fu solo negli anni Cinquanta che la Playtex si cominciò ad interessare ai reggiseni, mettendo pian piano in commercio modelli più disparati, tra i più famosi: “Criss Cross” del 1969, caratterizzato da un sistema ad incrocio, la guaina “18 ore” del 1971, “Incredibile è una guaina” del 1973, che sosteneva notevolmente le forme e i reggiseni “Armagique” del 1985, che avevano invece un’armatura plastica, senza metallo. L’azienda crebbe sempre di più grazie soprattutto al suo nuovo sistema di distribuzione che vide massicce vendite anche negli ipermercati, fino a diventare negli anni Novanta un vero e proprio leader con grosse campagne pubblicitarie finalizzate al ringiovanimento e alla modernizzazione del marchio. Nonostante questo forte sviluppo del reggiseno e le innumerevoli adesioni che esso portò, vi fu comunque chi vedeva in esso un ostacolo all’emancipazione femminile, tanto che alla fine degli anni Sessanta, più precisamente nel 1968, si mise in moto un movimento femminista che, durante l’elezione di Miss America, protestò e dette fuoco a questo indumento. Questo forte rifiuto nasceva dall’esigenza di abolire la donna-oggetto, di liberarla da tutti gli impedimenti, vedendo nel reggiseno l’ultimo elemento costrittivo dell’abbigliamento femminile, e dal desiderio di differenziarsi dalle generazioni precedenti. Questo spirito libertario portato avanti da queste donne vide il suo riflesso in una marca particolare come la “ Dimanche” che nel 1970 presentò un modello di reggiseno allegro e a basso costo che, caratterizzato per lo più da materiale sintetico, non sosteneva certo il seno, ma corrispondeva sicuramente alla sensibilità del momento, ribelle e controcorrente 131. Si trattava di un reggiseno lavorato a maglia in cui le coppe erano formate dal tallone delle calze e poi unite, a due a due, da piccoli elastici per slip. Un’epoca quindi in cui avviene una vera e propria rivoluzione nella sensibilità e nelle esigenze stesse delle donne che non vedono più nella biancheria intima uno strumento seducente atto a far sognare l’uomo, ma bensì un utile e freddo strumento, non più malizioso, ma allegro e dai colori più disparati, sobrio, efficace e rigorosamente fabbricato in materiali sintetici, facili da stirare e adattabili ad ogni tipo di forma. 130 131 B. Fontanel, 1997, p. 130. C. S. Laurent, 1986, p. 232. 56 Di colpo, con l’avvento degli anni Ottanta, la moda fece un piccolo passo indietro, ritornando ad essere simile a quella che aveva caratterizzato il mondo cretese, fatta cioè di seni prosperosi e ben esibiti e da donne per lo più abbondanti. Si usò quindi il passato per creare il presente, un presente in cui l’intimo riacquistò tutto ciò che di seducente e di malizioso possedeva, una biancheria che ricomincia ad utilizzare tessuti più pregiati, come la seta, il cotone, che unisce pizzi e trasparenze per riprendere quella tradizione che vedeva la donna distinguersi dall’uomo proprio in virtù di quella biancheria intima così provocante e accattivante. Il mercato esplose e tante idee ispirarono gli stilisti che, avendo a disposizione una grande quantità di tessuti diversi, dalla lycra alla microfibra, dai merletti elastici e ai cotoni estensibili, crearono modelli di reggiseno in cui colori e stampe si fondevano e si moltiplicavano all’infinito fino a raggiungere una comodità e una raffinatezza incomparabili 132. Ritornarono di moda anche i bustini e le guepière con stecche, alimentando il rimpianto della vita sottile di un tempo, nonché i reggiseni a balconcino, che cominciarono ad essere usati anche come indumenti esterni, portati come dei veri e propri abiti. Questa moda del “reggiseno outwear”, portato cioè all’esterno, venne lanciata per la prima volta nel 1988 con la realizzazione del primo reggiseno di velluto, ma venne ufficialmente inaugurata dalla cantante Madonna che, agli inizi della sua carriera, si esibì sul palco indossando pantaloni di pelle e reggiseno di pizzo rosso 133. Tessuti stretch e dai colori brillanti, quasi addirittura fluorescenti erano destinati ad invadere l’universo della biancheria intima, diffondendosi sempre di più nei negozi e all’interno dei supermercati e, anche se, con il passare del tempo, si svilupperanno sicuramente nuovi modelli e nuove tecniche, quell’importante evoluzione avvenuta tra il 1914 e il 1928, che rivoluzionò enormemente l’immagine della donna, difficilmente potrà ripetersi. Chiaramente, come abbiamo potuto vedere, la moda è un continuo cambiamento, ripesca dal passato e inventa forme nuove, lasciandoci così fantasticare sugli sviluppi futuri. 132 133 B. Fontanel, 1997, p. 143. Ibidem, p. 148. 57 Capitolo IV DEGRADO E CONSERVAZIONE DEI MANUFATTI TESSILI La collezione di Franco Pezzato è costituita per lo più da fibre tessili, cioè da materiali organici che, con il passare del tempo, sono soggetti ad un decadimento che può essere più o meno veloce, in dipendenza di numerosi fattori. La loro conservazione quindi, risulta essere un problema di prioritaria importanza e va programmata e progettata, tenendo presente sia le qualità morfologiche delle fibre che i fattori degradanti delle stesse, indispensabili per condurre questo tipo di processo. Conoscere l’armatura di un tessuto infatti, semplice o complessa, composta di filati animali o vegetali, sintetiche o altro, significa poter indicare con una maggiore precisione, i parametri fisici per una buona conservazione 134. Le fibre infatti, posseggono una loro particolare morfologia, caratterizzata da una sottile struttura filamentosa, formata da lunghe catene di molecole disposte parallelamente l’una all’altra, o a spirale attorno all’asse della fibra che danno coesione alla struttura stessa, grazie alla presenza di forze laterali 135 . Ogni fibra tessile possiede una sua struttura molecolare che si differenzia dalle altre per dimensione, proporzione tra area cristallina e area amorfa e per la presenza o meno di legami laterali. Un’importante distinzione infatti va stabilita fra fibre animali, composte per lo più di proteine, e fibre vegetali, come il lino, la canapa e il cotone, che invece sono per lo più fatte derivare dalla cellulosa. La seta per esempio, è composta da due filamenti di fibroina per ogni suo filo, circondati da un rivestimento di sericina: fibroina e sericina sono ottenute per polimerizzazione di amminoacidi 136. Forma, densità, lunghezza, superficie e cristallinità, sono caratteristiche, parimenti importanti che determinano l’aspetto e il comportamento dei filati e dei tessuti ricavati e dalle quali dipendono le prestazioni, il comportamento e l’aspetto stesso delle fibre tessili 137. 134 135 136 137 Ministero per i beni culturali e ambientali, 1990, p. 3. F. Pertegato, 1993, p. 15. F. Pertegato, 1981, p. 13. F. Pertegato, 1993, p. 18-19. 58 La densità, che influenza il modo in cui filati e tessuti drappeggiano, è tanto più elevata quanto maggiore è il peso per unità di volume. La superficie è importante in quanto caratterizza la lucentezza o meno di una fibra: se la superficie è liscia infatti, questa rifletterà la maggior parte della luce da cui viene investita, provocando quindi effetti di lucentezza. La forma, che comprende sezione, spessore, grado di torsione e tendenza ad incresparsi, caratterizza il tipo di filatura adatta ad ogni fibra tessile. Fibre con sezione irregolare e superficie scabra, per esempio, possono essere filate in modo meno stretto, ma sicuramente più stabile, data la forte torsione e l’accentuata increspatura che le caratterizzano 138. La cristallinità invece, influenza lo scambio di umidità tra la fibra e l’ambiente circostante il cui risultato porterà a contrazioni o rigonfiamenti, a volte permanenti, delle fibre stesse 139. L’insieme delle reazioni delle fibre alle diverse sollecitazioni meccaniche, costituiscono le proprietà meccaniche delle fibre stesse. Tra queste, le più importanti sono caratterizzate da 140: Estensibilità: riguarda il grado di allungamento, più o meno variabile, che può subire una fibra. La condizione che favorisce maggiormente questa proprietà è l’acqua, una fibra bagnata infatti, assorbendo acqua, produce un relativo allontanamento delle molecole, provocando più facilmente l’allungamento della fibra stessa. Flessibilità: caratteristica fondamentale dei tessuti e dei filati, essa dipende dalla densità, dallo spessore e dalla forma delle fibre. Resistenza alla tensione: dipende dalla lunghezza della molecola e dalla compattezza del fascio naturale e viene misurata dal carico di rottura. La resistenza di una fibra infatti, risulta essere direttamente proporzionale alla lunghezza della catena di molecole che la costituisce. Elasticità e plasticità: la prima misura il grado di allungamento che una fibra subisce quando è sottoposta ad una tensione, e chiaramente tende a diminuire in relazione all’uso della fibra stessa. La plasticità invece, è collegata normalmente alla finezza della fibra. Le caratteristiche morfologiche e le proprietà meccaniche delle fibre tessili appena descritte, possono essere alterate o addirittura modificate a causa dell’azione di deterioramento condotta da alcuni fattori, chimici, fisici o biologici che, agendo sulle fibre stesse, rompono i legami interni delle molecole, provocando così l’indebolimento della struttura o una vera e propria disgregazione 138 139 140 F. Pertegato, 1993, p. 18. Ibidem, p. 19. Ibidem, p. 19-20. 59 del tessuto 141 . Come sopra accennato, i fattori responsabili del decadimento di un manufatto tessile si possono raggruppare, in base alla loro natura, in tre categorie: fattori fisici, fattori chimici e fattori biologici 142. Le condizioni ambientali, e in particolare le radiazioni, l’umidità e la temperatura, rappresentano i principali fattori fisici che danno inizio al processo di deterioramento. I materiali tessili infatti sono molto sensibili alla luce che, naturale o artificiale, fornisce l’energia necessaria ad innescare reazioni fotochimiche a causa delle quali, partecipandovi anche ossigeno ed umidità, si ha un deterioramento dei tessuti stessi. I raggi ultravioletti risultano essere i nemici più consistenti da combattere in quanto producono un’energia che tende a rompere la maggior parte dei legami chimici contenuti nei tessuti: per questo motivo è consigliabile l’utilizzo di filtri assorbenti che, posti sulla luce, riescono ad annientarli 143. Particolarmente pericolosa risulta anche essere la luce del giorno o qualsiasi radiazione luminosa, che può essere sostituita, per una buona conservazione, da lampade a bassa intensità o da un’illuminazione indiretta che deve essere comunque abbastanza limitata 144. La luce, oltre a favorire il degrado delle fibre, produce anche un effetto negativo sui coloranti usati per tingere i tessuti, provocando conseguenze deleterie come scolorimento, cambiamento del colore e, in alcuni casi, perfino la totale scomparsa della tinta stessa. Un esempio indicativo può essere rappresentato dalla lana: essa infatti può subire degradazioni come lo sbiancamento, innescato dall’intervento delle radiazioni visibili e da quelle ultraviolette, o l’ ingiallimento, il cui processo va attribuito alla formazione di un derivato del processo di alterazione delle sostanze grasse presenti nella stessa fibra della lana 145. Altre forme di deterioramento, come variazione di forma e dimensione, biodegradazione e reazioni chimiche sono provocate dall’umidità. L’assorbimento di umidità infatti, provoca un rigonfiamento delle fibre all’interno delle quali viene trasportato ossigeno atmosferico, mentre la perdita della stessa, favorisce al contrario restringimento, in misura diversa da fibra a fibra, facendo sì che si creino tensioni che porteranno ad una modifica della forma e dimensione del tessuto. L’umidità inoltre, unita all’ossigeno, contribuisce anch’essa allo sbiadimento dei colori: sotto l’azione della luce infatti, essi possono combinarsi per dare origine, attraverso la formazione 141 142 143 144 145 S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 470. Ibidem, p. 469. Ibidem, p. 470. F. Pertegato, 1981, p. 27. F. Pertegato, 1993, p. 471. 60 di ioni di idroperossido, ad acqua ossigenata che esercita una forte azione ossidante, accelerando il processo di distruzione del colorante 146. I danni di natura fisica, risultano essere meno probabili in condizioni di umidità elevata, ma ad essere più frequenti sono, in questo caso, gli attacchi da parte di insetti e microrganismi che, nutrendosi del tessuto e depositandovi escrementi su di essi, lo indeboliscono, determinando quindi la biodegradazione del tessuto stesso 147. Un’ altra importante causa del loro degrado è caratterizzata dalla temperatura il cui stadio ottimale dovrebbe oscillare tra i 16 e i 25 °C. Tutte le fibre tessili infatti sono suscettibili al deterioramento in presenza di temperature molto elevate in quanto, l’eccessivo calore, può causare una disgregazione delle fibre, ma anche la crescita di muffe o lo svolgersi di reazioni chimiche a carico dei coloranti e degli appretti 148. Oltre ai fattori fisici, il tessuto è sottoposto anche all’azione di fattori chimici, provenienti soprattutto dall’atmosfera e quindi variabili a seconda della posizione geografica in cui è conservato il manufatto. Il degrado chimico è quindi causato sia dalle impurezze accumulatesi sul tessuto nel corso dei secoli ( “sporco solido” ), sia da contaminanti atmosferici gassosi ( “inquinanti gassosi” ), responsabili di alterazioni profonde delle caratteristiche stesse delle fibre 149. Lo sporco infatti può svolgere molteplici azioni di degrado, come abrasione e l’attacco di agenti biologici, a causa della presenza, al suo interno, di numerose sostanze che vanno ad annidarsi nel tessuto, tra queste troviamo: sostanze minerali, come il sale e la ruggine; fuliggine e fumi della combustione di idrocarburi; sostanze terrestri trasportate dall’acqua, come argilla e melma; prodotti della decomposizione di adesivi naturali, come colle e amidi; resine e vernici sintetiche; grassi per contatto con corpi oleosi; polveri trasportate dall’aria, come il pulviscolo atmosferico; prodotti della decomposizione di materiale organico; depositi di lumi, candele e della combustione dei grassi ed altri prodotti della condensazione atmosferica 150. Lo sporco è il risultato dell’intrappolamento meccanico di queste sostanze nelle fessure e cavità presenti sulla superficie dei tessuti e negli spazi tra le fibre e la sua quantità, varia in funzione del diametro e della forma della sezione trasversale delle stesse 151. La lana per esempio, essendo una 146 147 148 149 150 151 S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 473. F. Pertegato, 1993, p. 27. S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 474-475. Ibidem, p. 479. Idem. Ibidem, p. 481-482. 61 fibra meno compatta, trattiene più sporco di quelle con più elevata densità (seta), a causa di una maggiore superficie di contatto. Per quanto riguarda gli agenti inquinanti, i loro danni risultano maggiori nelle grandi metropoli e nelle località industriali, rappresentando una vera minaccia per le collezioni tessili. Essi provengono quasi interamente dalla combustione di carburanti e sono sospesi nell’atmosfera, sia allo stato gassoso, che sotto forma di particelle solide 152. I principali contaminanti gassosi sono gli acidi, del quale fanno parte biossido di zolfo, l’acido solforico e gli ossidi di azoto, mentre gli ossidanti, comprendono ozono, cloro e i suoi composti 153. Anche la polvere può avere effetti nocivi sul tessuto in quanto, oltre ad essere considerato come veicolo di sostanze inquinanti, data la sua natura granulare, può produrre, per sfregamento, danni rilevanti in fibre degradate. Purtroppo, al di la dell’istallazione di costosi impianti di aria condizionata, non esiste attualmente nessun mezzo utile ad eliminare ed impedire l’accesso di questi vari gas nell’ambiente, contrariamente allo smog e alla polvere, che invece, con opportuni metodi, possono essere in qualche modo evitati 154. Anche gli agenti biologici, e soprattutto insetti e muffe, possono provocare danni consistenti ai tessuti, data la loro natura organica. Per quanto riguarda gli insetti, l’habitat che ne favorisce il loro sviluppo, è caratterizzato da ambienti per lo più umidi o carichi di polvere, nei quali essi diventano attivi, sostenuti ed alimentati dal tessuto stesso che ne risulta indebolito e sporcato dagli escrementi, mentre ambienti secchi, sembra non ne favoriscano lo sviluppo. I più dannosi per le fibre sono sicuramente le tarme, e in particolare le larve, particolarmente pericolose per la lana, ma contribuiscono all’indebolimento dei tessuti anche scarafaggi dei tappeti che, spostandosi molto rapidamente, risultano più difficili da eliminare, e topi, ratti ed altri roditori, drammatici agenti distruttivi, soprattutto per i tessuti lasciati all’incuria 155 . Se la lana risulta essere aperta a rischi dovuti alla presenza di larve e scarafaggi, il lino e il cotone pare siano immuni dagli insetti, ma, se contaminati da sostanze che li attirano, ne subiscono anche loro l’attacco. 152 153 154 155 F. Pertegato, 1993, p. 28. F. Pertegato, 1982, p. 68. S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 482. Ibidem, p. 489. 62 Condizioni di elevata umidità relativa, tepore ed assenza di luce invece, promuovono la crescita delle muffe che, depositandosi nel tessuto, vi lasciano delle macchie nere o grigie, costituite da filamenti che si intrecciano con le fibrille del tessuto stesso, causandone l’erosione 156. Le muffe non sono altro che funghi di piccole dimensioni, dall’aspetto omogeneo, composti da minuscoli filamenti detti “ife” che, intersecati tra loro, formano il “micelio”, produttore di numerose quantità di spore 157. La conoscenza di tali fattori di degrado è indispensabile e fondamentale per una buona conservazione di una collezione composta di materiali tessili, come quella in oggetto, e nel nostro caso dell’abbigliamento intimo, e ciò a partire dal loro magazzinaggio, esposizione e restauro. Il maneggiare impropriamente i tessuti infatti, causerà comunque tensionamenti che potranno variare dall’allentamento di poche fibre, fino alla rottura vera e propria delle stesse. Stiamo parlando infatti di manufatti tessili storici, che pertanto hanno già subito il loro invecchiamento naturale, addirittura accelerato dal loro utilizzo, dalla luce o dalle polveri inquinanti. I tessili infatti sono soggetti a fenomeni di degrado che li portano sia alla perdita di integrità fisica, che provoca una modifica dell’equilibrio naturale, che ad un decadimento chimico. La perdita di integrità è spesso causata da un uso prolungato degli oggetti o da incidenti di vario genere, ma anche dalla scorretta collocazione in magazzino o in esposizione, dal trasporto avvenuto senza le dovute cautele, dai maneggiamenti senza attenzione durante gli studi o i trattamenti di conservazione e dal mancato controllo delle condizioni ambientali. Per quanto riguarda invece il loro decadimento chimico, risulta importante preservare i tessuti con uno stretto controllo delle condizioni ambientali nei luoghi o nei contenitori in cui vengono immagazzinati o esposti, evitando così il formarsi di quel processo di decadimento a livello molecolare che può indebolirli fino alla loro totale distruzione 158. Durante la fase di magazzinaggio dei tessuti, la prima precauzione riguarda l’analisi della superficie con cui il manufatto viene a contatto: essa infatti deve essere inerte ed isolata da ogni materiale che possa causare il degrado del tessuto. Il legno per armadi e contenitori infatti, sembra essere il materiale più adatto rispetto all’acciaio, in quanto possiede le migliori proprietà di isolamento termico, anche se comunque presenta lo stesso qualche inconveniente. Esso infatti risulta essere un facile veicolo di insetti, e quindi appare necessario riporre, tra tessuto e legno, uno strato 156 157 158 S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 487. Idem. Ibidem, p. 569. 63 protettivo, che sia allo stesso tempo poroso, come il tessuto e la carta non acida, e impermeabile agli agenti inquinanti, come il poliuretano o una pellicola di poliestere 159. L’abbigliamento intimo infatti, come del resto tutta la collezione di Franco Pezzato, è stata custodita in cassoni, armadi e bauli in legno, o sistemata su apposite grucce, o perfettamente piegata e intervallata da carta non acida per evitare il contatto tra i vari capi ed il formarsi di pieghe, dannose per il tessuto stesso 160. Per proteggere i costumi di una collezione, e nel nostro caso, l’abbigliamento intimo, dalla polvere, è sconsigliato l’utilizzo di buste o contenitori di plastica che impediscono all’aria di circolare, attirando quindi la polvere stessa: se servono buste trasparenti, si può utilizzare il cellophane o l’acetato di cellulosa o, in alternativa, anche sacchi di tessuto 161. L’etichettatura è un’altra importante fase del magazzinaggio dei tessili. Essa si rende necessaria non solo per individuare i singoli pezzi in riferimento agli inventari generali ed ad una eventuale schedatura, ma anche per fornire alcune informazioni sul tessuto, come la collocazione cronologica, la provenienza ed i dati tecnici fondamentali 162 . Nella collezione di Franco Pezzato infatti, ogni singolo pezzo è stato corredato da un’etichetta a goccia, tecnicamente detta “gioiello”, in carta o cartoncino non acido, applicata con un filo di cotone, oppure è stata utilizzata una striscetta di tessuto, sulla quale è stato scritto quanto stabilito, con un inchiostro indelebile e resistente al lavaggio, in una posizione di facile individuazione. L’esposizione, è forse il momento durante il quale i tessuti possono essere esposti ai danni maggiori, o quello nel quale possono essere maggiormente valorizzati e goduti 163. La conservazione dell’abbigliamento intimo, ma chiaramente anche dei tessili in generale, richiede infatti determinate condizioni ambientali nei luoghi e nei contenitori in cui sono immagazzinate o esposte, in particolare, vanno controllate l’umidità, la temperatura, la ventilazione e l’irraggiamento, sia naturale che artificiale. Temperatura ed umidità sono due parametri interdipendenti: con l’aumentare della temperatura, diminuisce l’umidità. Per meglio conservare i tessuti, i parametri ottimali prevedono temperature variabili tra i 10 e i 20 °C, mentre il livello di umidità relativa dev’essere compresa tra i 45 e i 55 % : ad umidità relativa uguale a 65% infatti, possono cominciare a svilupparsi muffe e funghi che 159 160 161 162 163 S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 570. Ibidem, p. 572. Ibidem, p. 572-573. Ibidem, p. 573. Ministero per i beni culturali e ambientali, 1990, p. 10. 64 iniziano ad attaccare il materiale organico costituente i tessuti, mentre, se raggiunge livelli ancora superiori, favorisce la sopravvivenza di numerosi insetti 164. È quindi molto importante che le condizioni ambientali di temperatura ed umidità relativa, rimangano il più possibile stabili e costanti e, per farlo, è necessario aggiungere vapore acqueo per mezzo di umidificatori o atomizzatori, se la temperatura aumenta, o sottrarlo per mezzo di deumidificatori e condensatori, nel caso la temperatura, al contrario, diminuisca 165. Altri accorgimenti per una corretta conservazione dei tessili: non appoggiare oggetti e contenitori ai muri, ma lasciare sempre lo spazio sufficiente a far circolare l’aria; non porre i tessuti a contatto con vetri e altre superfici lisce, dove tende a formarsi condensa d’umidità, e quindi vi è pericolo di muffe; non impiegare buste di materiale plastico impermeabile; mantenere i tessuti puliti ed asciutti e ispezionarli regolarmente; infine, i contenitori devono permettere una buona ventilazione e permeabilità 166. La luce, come più volte detto, rappresenta il maggior agente degradante dei tessuti, e quindi, per poter stimare la pericolosità di un ambiente, è necessario misurare l’intensità luminosa. L’unità di misura dell’intensità luminosa è il lux, che corrisponde all’illuminazione di 1 lumen per metro quadro: l’esposizione dei tessili è consigliata ad un livello di illuminazione relativa inferiore a 50 lux. Non esporre i tessuti in presenza di luce diretta del sole; ricoprire le normali lampade fluorescenti da filtri anti-UV; eliminare dai magazzini la luce naturale per mezzo di tende opache; usare, per motivi di studio o di lavoro, il livello di illuminazione minimo indispensabile; sostituire i tessuti in esposizione, in modo che quest’ultima non duri più di tre mesi l’anno; collocare le lampade ad incandescenza a distanza adeguata dagli oggetti esposti; proteggere dalla luce i tessili in restauro ed in studio, quando non è necessaria e mantenere i magazzini al buio quando non ci si lavora, rappresentano quelle fondamentali regole di sicurezza che garantiscono la conservazione dei tessili stessi 167. Adeguate condizioni ambientali per la conservazione dell’abbigliamento intimo, e dei tessili in generale, nei luoghi e nei contenitori in cui sono esposte o immagazzinate, richiedono accorgimenti, non solo per gli agenti inquinanti sospesi nell’atmosfera, ma anche per quelli che 164 165 166 167 S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 576. Ibidem, p. 575. F. Pertegato, 1982, p. 72. Ibidem, p. 73-74. 65 potrebbero essere introdotti nell’area circostante i manufatti tessili, per effetto di un non corretto sistema di esposizione e magazzinaggio 168. È dunque fondamentale disporre di un ambiente pulito ed organizzato e, per la conservazione di una qualsiasi collezione tessile, è altresì importante una regolare ispezione dei manufatti e delle condizioni ambientali in cui sono conservati. 168 S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 580-581. 66 Capitolo V FRANCO PEZZATO E LA SUA COLLEZIONE 169 Franco Pezzato nasce al Lido di Venezia nel 1953. Diplomatosi al Liceo Scientifico, frequenta in seguito i corsi di Fotografia, Museologia e Restauro organizzati dalla Sopraintendenza ai Beni Artistici e Culturali di Venezia all’Università Internazionale dell’Arte. Per quindici anni fu capo servizio al Museo del Vetro di Murano. Si occupò della schedatura di circa 4000 fotografie e del restauro di alcune lampade in seta di Mariano Fortuny. Collaborò poi all’allestimento dell’esposizione “permanente” del Museo del Merletto di Burano, che verrà allestito ex novo nel Marzo del 2010. Il tessile e la moda furono le sue passioni principali alle quali si dedicò sin da ragazzo e poi per il resto della vita. Morì il 4 Luglio 2006 nella sua casa di Venezia, lasciandoci una straordinaria collezione di storia del costume. Il suo interesse e la sua sensibilità per la storia si manifestò fin da piccolo, egli infatti era solito raccogliere e studiare reperti di archeologia nella Laguna, ma restava anche affascinato dai dettagli sartoriali degli abiti con cui entrava in contatto. Questa sua innata passione e la partecipazione ad una mostra di abiti organizzata nel Museo veneziano Fortuny, fecero crescere in lui il desiderio di dedicarsi alla raccolta e alla conservazione di ogni oggetto riguardante il mondo della moda. A partire dal 1985, Franco Pezzato inizia a cercare e a collezionare “cose” inerenti la storia della moda e del costume, con un primo nucleo di abiti femminili appartenuti alla sua famiglia ( alla nonna e alla bisnonna ) , che sentiva di voler salvare da eventuali dispersioni. Fece il suo primo acquisto in un mercatino organizzato da lui stesso nel giardino della casa di famiglia a Fener, in provincia di Belluno, dove tutt’ora è conservata la collezione, comprando un abito femminile della fine del XIX secolo. Egli ha minuziosamente raccolto oggetti tessili di ogni genere e tipologia, la sua collezione infatti è composta da moltissimi e variegati manufatti tessili d’abbigliamento, da accessori e strumenti di 169 Tutte le informazioni riportate in questo capitolo sulla storia della collezione di Franco Pezzato, mi sono state fornite dal sig. Costantino Porcu e dal materiale pubblicato nel sito internet della suddetta collezione: www.francopezzato.org. 67 mestieri, manifesti pubblicitari e riviste di moda di svariate epoche, nonché una vera e propria biblioteca storica di volumi che ripercorrono l’evoluzione del tessuto e dell’abbigliamento negli ultimi cinque secoli. La raccolta inizialmente prevedeva solo abiti femminili, ma spinto dal desiderio di conservare frammenti di vita e di storia e girando molto per mercatini, trovando occasioni assolutamente vantaggiose, fece rientrare nella sua collezione anche altre tipologie di indumenti ed accessori. Tutti i pezzi raccolti sono stati acquistati in diversi mercatini antiquariali, specialmente in area veneta e soprattutto a Venezia, Brugine, Piazzola sul Brenta, Vicenza, ma anche presso importanti fiere svoltesi a Parma, Modena, Londra e Parigi. Egli però non attinse solo dai mercatini: avendo pian piano acquisito fama, gli stessi specialisti del settore gli offrirono interi guardaroba, come avvenne per esempio per l’importante nucleo di abiti, accessori, fotografie e documenti appartenuti alla famiglia Chilesotti di Thiene, in provincia di Vicenza. La sua competenza in materia crebbe infatti molto velocemente grazie alla sua forte passione verso questo tipo di collezionismo che lo portò ad interessarsi a tali studi da autodidatta, ma anche mediante il contatto diretto con la materia nonché attraverso la consultazione di riviste e libri specializzati e confronti con esperti del settore. La collezione, che ricopre un arco cronologico che va dal XVIII al XX secolo, comprende abiti femminili, maschili ed infantili, nonché biancheria intima e da casa, paramenti sacri, costumi da bagno, tessuti antichi, merletti ad ago ed a fuselli, strumenti da cucito come tomboli e cuscinelli, telai per il ricamo, disegni per pizzi, cravatte, scarpe, ombrelli, costumi teatrali, valigie, borse, guanti, cappelli, splendidi ventagli, bottoni, pezzi d’oreficeria e di bigiotteria, ma anche fotografie che evidenziano i cambiamenti nelle mode del tempo. Tra questi abiti ve ne sono alcuni di provenienza illustre, come ad esempio quelli appartenuti alla contessa Morosini di Venezia, considerata ai primi anni del ‘900, tra le donne più belle d’Italia; abiti appartenuti a Luisa Beccaria, ultima compagna di Gabriele D’Annunzio, nonché notevole pianista lagunare. Franco prestò molta attenzione non solo a incrementare la sua collezione, ma anche alla conservazione della stessa: ogni pezzo danneggiato dal tempo veniva infatti rammendato e pulito personalmente con molta passione e precisione, dilettandosi anche nel restauro di alcuni pezzi che sembravano a prima vista irrecuperabili. Tutta la sua collezione inoltre è ancora conservata nella vecchia casa di famiglia a Fener riposta in cassoni, armadi, scatole e bauli al primo piano in due ampie stanze che offrono un ambiente idoneo dal punto di vista conservativo grazie al clima non 68 umido, sempre fresco e ai muri in pietra molto spessi, anche se lo spazio che la ospita purtroppo risulta abbastanza piccolo rispetto alla mole della collezione stessa. Franco Pezzato è riuscito a svolgere questo lavoro in modo così ammirevole da essere riconosciuto e apprezzato da diversi esperti quando era ancora in vita che gli diedero la possibilità di esporre numerosi dei suoi capi ed accessori in mostre quali “Il guardaroba di una cantante, Alice Zeppilli ” – Museo Fortuny di Venezia ; “ I merletti di Venezia” – Palazzo Museo Mocenigo di Venezia (1995); “ Arrivano una notte 12 stelle” – Cordusio a Milano; “ Conciati a festa” – Caffè Pedrocchi a Padova ; “Luce di taglio, preziosi momenti di una nobildonna veneziana, una giornata di Faustina Savorgnan Rezzonico” – Cà Rezzonico a Venezia ; “ La scoperta dell’infanzia” – Querini Stampalia a Venezia (1999); “ I doni della dodicesima notte” – Cesano Maderno a Milano ; “ Nuove acquisizioni di tessuti” – Museo Bailo a Treviso (1974); “ I mestieri della moda” – Londra (1997). Nel 2003 venne inoltre allestita a Lamon, Belluno, la prima mostra personale intitolata “ L’arte del vestire” in cui vennero esposti centinaia di pezzi appartenenti alla collezione, alcuni dei quali vennero poi anche fotografati e pubblicati in “ Merletti di Venezia” di Doretta Davanzo Poli e in “ Nobili intrecci” a cura di Carla Paggi, in un articolo di Paolo Peri. Questa stessa collezione è ancor oggi visibile e studiabile grazie al signor Costantino Porcu che per molti anni ha accompagnato Franco, con molta devozione, in questa sua passione, ereditandone poi la custodia. Legatissimo ad ogni singolo pezzo raccolto, egli si reca appena possibile nella casa di Fener per controllare lo stato di conservazione della collezione facendo arieggiare le stanze e sistemando insetticidi e antitarme nei vari bauli, armadi e cassoni che li ospitano, interessandosi inoltre di pubblicizzarla per portare a termine il sogno di Franco: conservare la collezione in un Museo veneziano. Ha contribuito inoltre alla notorietà della collezione la professoressa Doretta Davanzo Poli, docente di Storia della Moda e del Costume presso l’Università Cà Foscari di Venezia che ha affidato e seguito ben cinque tesi di laurea: la prima nel 1999 a Roberto Galati che si occupò della catalogazione di numerosi abiti, nel 2002 a Ilaria Montini che schedò circa seicento cappelli, nel 2008 a Livia Bocus e a Lucia Soppelsa che catalogarono la prima scarpe, la seconda circa quattrocento borse e infine nel 2009 a Lara Tassotti che, contemporaneamente a me, si è occupata della schedatura di un centinaio di indumenti intimi femminili da notte. Per quanto riguarda il mio lavoro, su consiglio della mia relatrice, ho voluto analizzare l’abbigliamento intimo femminile, ma, data la notevole quantità di pezzi, mi sono dovuta soffermare solo su una parte di questa e in particolare sull’intimo da giorno comprendente 69 mutandoni, busti, copribusti, reggiseni, reggicalze, giarrettiere, sottogonne, stecche e gabbie, sottovesti, arrivando a catalogare circa trecento pezzi. Per fare questo, ho partecipato a numerosi sopralluoghi a Fener assieme al signor Costantino e all’altra laureanda, nel corso dei quali abbiamo cercato, fotografato e preso appunti sul materiale scelto, cogliendo anche l’occasione per spolverare e arieggiare i vari pezzi. La prima fase del mio lavoro infatti è stata quella di rintracciare tutto l’abbigliamento intimo conservato nella sede di Fener e inventariato da Pezzato: è stata una ricerca abbastanza impegnativa in quanto i pezzi non erano raccolti tutti insieme, ma divisi nelle diverse scatole, bauli e armadi del primo piano. Questo però ha reso la ricerca più interessante poiché ho potuto toccare con mano anche numerosi abiti appartenenti alla collezione che non facevano parte dei pezzi che dovevo analizzare. Per facilitare il mio lavoro, ho potuto consultare l’inventario di Franco Pezzato, redatto in duplice copia, entro raccoglitori dotati di un’ etichetta esterna indicante gli estremi di inizio e di fine dei numeri di inventario. Franco infatti era solito, ogni qual volta acquistava un pezzo nuovo, attribuirgli un numero di inventario progressivo che apponeva su un piccolo cartoncino fissato al pezzo mediante un filo, facendone poi relativa accurata descrizione. La fase finale del mio lavoro invece, è stata la compilazione di schede elaborate dall’ ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione – per la catalogazione dei beni storico/artistici. La scelta di questa tipologia di schede è stata dettata dalla volontà di renderle conformi a quelle attualmente in uso presso le Soprintendenze e le Regioni, e lavorare quindi con gli stessi standards catalografici, per rendere più agevole l’eventuale scambio futuro di informazioni, qualora la collezione entrasse a far parte di un circuito museale. Poiché non esiste ancora una scheda specifica per la catalogazione di oggetti d’abbigliamento, sono stati selezionati dal modello originale proposto dall’ ICCD, i campi necessari alla descrizione dell’intimo femminile, realizzata seguendo l’inventario di Franco Pezzato. Prima del catalogo dell’abbigliamento intimo da giorno, ho in ogni caso inserito il modello originale delle schede ICCD. 70 MODELLO DI SCHEDA OA Schema della struttura dei dati, normativa: OA (Versione: 3.00) Rip Lun Obb CD CODICI * TSK Tipo scheda 4 * LIR Livello ricerca 5 * NCT CODICE UNIVOCO * NCTR Codice regione 2 * NCTN Numero catalogo generale 8 * NCTS Suffisso numero catalogo generale 2 ESC Ente schedatore 25 * ECP Ente competente 25 * EPR Ente proponente 25 RV RELAZIONI RVE STRUTTURA COMPLESSA RVEL Livello 25 RVER Codice bene radice 25 RVES Codice bene componente si RSE RELAZIONI DIRETTE si RSER Tipo relazione * 25 70 * 71 RSET Tipo scheda 10 * RSEC Codice bene 25 * ROZ Altre relazioni AC ALTRI CODICI ACC si 25 Altro codice bene si 25 ACS SCHEDE CORRELATE si ACSE Ente 25 * ACSC Codice 25 * ACSS Specifiche 100 OG OGGETTO * OGT OGGETTO * OGTD Definizione 70 OGTT Tipologia 70 OGTV Identificazione 25 OGTN Denominazione/dedicazione 70 OGTP Posizione 50 QNT * QUANTITA' QNTN Numero 3 QNTS Quantità non rilevata 3 SGT SOGGETTO SGTI Identificazione si 250 SGTT Titolo si 250 * 72 LC LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA * PVC LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA ATTUALE * PVCS Stato 50 PVCR Regione 25 * PVCP Provincia 3 * PVCC Comune 50 * PVCL Località 50 PVCE Altra ripartizione amministrativa o località estera 250 PVL Altra località 250 PVE Diocesi 50 LDC COLLOCAZIONE SPECIFICA LDCT Tipologia * 50 LDCQ Qualificazione 50 LDCN Denominazione 80 LDCC 80 Complesso monumentale di appartenenza LDCU Denominazione spazio viabilistico 250 * LDCM Denominazione raccolta 70 LDCS Specifiche 250 UB UBICAZIONE E DATI PATRIMONIALI UBO Ubicazione originaria INV INVENTARIO DI MUSEO O SOPRINTENDENZA INVN Numero 100 * INVD Data 50 * 25 si 73 INVC Collocazione 50 STI STIMA STIS Stima 25 * STID Data stima 50 * STIM Motivo della stima 100 LA ALTRE LOCALIZZAZIONI GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVE TCL Tipo di localizzazione PRV LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA PRVS Stato 50 PRVR Regione 25 * PRVP Provincia 3 * PRVC Comune 50 * PRVL Località 50 PRVE Altra ripartizione amministrativa o località estera 250 PRL Altra località 250 PRE Diocesi 50 PRC COLLOCAZIONE SPECIFICA PRCT Tipologia si si 40 * * 50 PRCQ Qualificazione 50 PRCD Denominazione 80 PRCC 80 Complesso monumentale di appartenenza * PRCU Denominazione spazio viabilistico 250 PRCM Denominazione raccolta 70 74 PRCS Specifiche PRD DATA PRDI Data ingresso 250 25 PRDU Data uscita GP GEOREFERENZIAZIONE TRAMITE PUNTO GPL Tipo di localizzazione GPD DESCRIZIONE DEL PUNTO 25 si 40 GPDP PUNTO * * GPDPX Coordinata X 12 * GPDPY Coordinata Y 12 * GPC CARATTERISTICHE DEL PUNTO GPCT Tipo 50 GPCL Quota s.l.m. 12 GPCI Quota minima s.l.m. dell'area rappresentata dal punto 12 GPCS Quota massima s.l.m. dell'area rappresentata dal punto 12 GPM Metodo di georeferenziazione 70 * GPT Tecnica di georeferenziazione 70 * GPP Proiezione e Sistema di riferimento 12 * GPB BASE DI RIFERIMENTO * GPBB Descrizione sintetica 20 * GPBT Data 10 * GPBO Note 250 75 RE MODALITA' DI REPERIMENTO RCG RICOGNIZIONI RCGU Uso del suolo 100 RCGC Condizioni di visibilità 100 NCUN Codice univoco ICCD 8 RCGA Responsabile scientifico si 250 RCGE Motivo 100 RCGM Metodo 100 RCGD Data 50 RCGH Sigla per citazione 8 RCGS Bibliografia specifica RCGZ Specifiche DSC DATI DI SCAVO * si 1000 5000 NCUN Codice univoco ICCD 8 SCAN Denominazione dello scavo 100 DSCF Ente responsabile si 100 DSCA Responsabile scientifico si 100 DSCT Motivo * 100 DSCM Metodo 100 DSCD Data 50 DSCH Sigla per citazione 8 DSCU Unità Stratigrafica 25 DSCS Numero tomba 25 DSCI Numero inventario di scavo 25 * 76 DSCZ Bibliografia specifica 1000 DSCN Specifiche 5000 AIN ALTRE INDAGINI si AINT Tipo 25 AIND Data 50 AINR Responsabile 100 RES Specifiche di reperimento 5000 RO RAPPORTO ROF RAPPORTO OPERA FINALE/ORIGINALE ROFF Stadio opera 50 ROFO Opera finale/originale 50 ROFS 240 si Soggetto opera finale/originale * ROFA Autore opera finale/originale 100 ROFD Datazione opera finale/originale 50 ROFC Collocazione opera finale/originale 100 REI REIMPIEGO REIP Parte reimpiegata 50 * REIT Tipo reimpiego 25 * REID Datazione reimpiego 50 DT CRONOLOGIA DTZ CRONOLOGIA GENERICA DTZG Secolo si si * * 50 * 77 DTZS Frazione di secolo 25 DTS CRONOLOGIA SPECIFICA DTSI Da 15 DTSV Validità 25 DTSF A 15 DTSL Validità 25 DTM Motivazione cronologia si 50 ADT Altre datazioni si 250 AU DEFINIZIONE CULTURALE AUT AUTORE AUTS Riferimento all'autore * * * *170 si 50 AUTR Riferimento all'intervento AUTM Motivazione dell'attribuzione * 50 si NCUN Codice univoco ICCD 50 * 8 AUTN Nome scelto 100 * AUTA Dati anagrafici 70 * AUTH Sigla per citazione 8 * AUTB Nome scelto (ente collettivo) ATB AMBITO CULTURALE 150 si ATBD Denominazione 50 ATBR 50 Riferimento all'intervento ATBM Motivazione dell'attribuzione si 250 AAT si 70 170 Altre attribuzioni * * Obbligatorietà alternativa tra i campi AUT, ATB, EDT. 78 EDT EDITORI/STAMPATORI si EDTZ Zecca 50 * EDTA Autorità 50 * EDTN Nome 70 CMM COMMITTENZA si CMMN Nome si 70 CMMD Data 50 CMMC Circostanza 100 CMMF Fonte 50 MT DATI TECNICI * MTC Materia e tecnica si MIS MISURE si 150 *171 MISU Unità 5 MISA Altezza 6 MISL Larghezza 6 MISP Profondità 6 MISD Diametro 6 MISN Lunghezza 6 MISS 6 Spessore MISG Peso MISV Varie MISR Mancanza * 6 si 250 3 171 Compilare almeno uno dei sottocampi che indicano il tipo di misura, oltre al sottocampo MISU, nel quale è specificata l’unità di misura. 79 MIST Validità 10 FIL Filigrana 50 FRM Formato 50 CO CONSERVAZIONE * STC STATO DI CONSERVAZIONE * STCC Stato di conservazione 50 STCS Indicazioni specifiche 500 RS RESTAURI RST RESTAURI RSTD Data 50 RSTS Situazione 50 RSTE Ente responsabile 50 RSTN Nome operatore si 250 RSTR Ente finanziatore si 250 DA DATI ANALITICI * DES DESCRIZIONE * * si DESO Indicazioni sull'oggetto 1300 * DESI Codifica Iconclass si 250 * DESS Indicazioni sul soggetto si 2000 * ISR ISCRIZIONI si ISRC Classe di appartenenza 50 ISRL Lingua 50 80 ISRS Tecnica di scrittura 50 * ISRT Tipo di caratteri 50 ISRP Posizione 100 ISRA Autore 100 ISRI Trascrizione 2200 * STM STEMMI, EMBLEMI, MARCHI * si STMC Classe di appartenenza 50 STMQ Qualificazione 50 STMI 100 Identificazione * STMU Quantità 10 STMP Posizione 100 * STMD Descrizione 500 * NSC Notizie storico-critiche 5000 TU CONDIZIONE GIURIDICA E VINCOLI ACQ ACQUISIZIONE * ACQT Tipo acquisizione 50 ACQN Nome 50 ACQD Data acquisizione 25 ACQL Luogo acquisizione 50 CDG CONDIZIONE GIURIDICA * CDGG Indicazione generica 50 * * CDGS Indicazione specifica si 250 CDGI si 250 Indirizzo 81 NVC PROVVEDIMENTI DI TUTELA si NVCT Tipo provvedimento 50 * NVCE Estremi provvedimento 25 * NVCD Data notificazione si 25 NVCI Estremi provvedimento in itinere 25 ALN MUTAMENTI TITOLARITA'/POSSESSO/DETENZIONE ALNT Tipo evento 25 ALND Data evento 25 ALNN Note 250 si * ESP ESPORTAZIONI si ESPT Tipo licenza 50 * ESPU Ufficio 25 * ESPD Data emissione 25 * DO FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO FTA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA FTAX Genere 25 * FTAP Tipo 50 * FTAA Autore 50 FTAD Data 25 FTAE Ente proprietario 250 FTAC Collocazione 50 FTAN Codice identificativo 25 FTAT Note 250 * si * * 82 FTAF Formato DRA DOCUMENTAZIONE GRAFICA 25 si DRAX Genere 25 * DRAT Tipo 50 * DRAO Note 250 DRAS Scala 25 DRAE Ente proprietario 250 DRAC Collocazione 50 DRAN Codice identificativo 25 DRAA Autore 50 DRAD Data 25 VDC DOCUMENTAZIONE VIDEO-CINEMATOGRAFICA * si VDCX Genere 25 * VDCP Tipo 50 * VDCR Autore 50 VDCD Data 25 VDCE Ente proprietario 250 VDCA Titolo 50 VDCC Collocazione 50 VDCN Codice identificativo 25 VDCT Note 250 * REG DOCUMENTAZIONE AUDIO si REGX Genere 25 * REGP Tipo 50 * 83 REGA Autore 50 REGD Data 25 REGE Ente proprietario 250 REGZ Titolo 250 REGC Collocazione 50 REGN Codice identificativo 25 REGT Note 250 FNT FONTI E DOCUMENTI FNTP Tipo 50 FNTA Autore 50 FNTT Denominazione 250 FNTD Data 25 FNTF Foglio/Carta 25 * si * * FNTN Nome archivio 250 * FNTS Posizione 50 * FNTI Codice identificativo 25 * ADM ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE ADMX Genere 25 * ADMP Tipo 50 * ADMA Autore 50 ADMD Data 25 ADME Ente proprietario 250 ADMC Collocazione 50 ADMN Codice identificativo 25 si * 84 ADMT Note BIB BIBLIOGRAFIA BIBX Genere 250 si 25 NCUN Codice univoco ICCD * 8 BIBA Autore 250 * BIBD Anno di edizione 10 * BIBH Sigla per citazione 8 * BIBN V., pp., nn. 50 BIBI V., tavv., figg. 50 BIL Citazione completa si MST MOSTRE si MSTT Titolo 500 250 * MSTL Luogo si 50 * MSTD Data si 25 * AD ACCESSO AI DATI * ADS SPECIFICHE DI ACCESSO AI DATI * ADSP Profilo di accesso 1 * ADSM Motivazione 70 * ADSD Indicazioni sulla data di scadenza 25 CM COMPILAZIONE * CMP COMPILAZIONE * CMPD Data 4 * 85 CMPN Nome si 70 RSR Referente scientifico si 70 FUR Funzionario responsabile si 70 * RVM TRASCRIZIONE PER INFORMATIZZAZIONE RVMD Data 4 * RVMN Nome 70 * AGGD Data 4 * AGGN Nome 70 * AGGE Ente 70 AGG AGGIORNAMENTO - REVISIONE * si AGGR Referente scientifico si 70 AGGF Funzionario responsabile si 70 * ISP ISPEZIONI si ISPD Data 4 * ISPN Funzionario responsabile 70 * AN ANNOTAZIONI OSS Osservazioni 5000 86 Catalogo 87 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1173 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in piquet di cotone bianco, completamente aperte al cavallo, sette piegoline sul fondo per gamba e pizzo a fuselli sul bordo inferiore, fettuccia in vita. ACQL: Montegrotto Terme, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Metà 800 CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3269 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco, ricamo a fiori sulla gamba con passanastro in vita, iniziali “J. D.”. ACQL: Noale, Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Seconda metà 800 CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1554bis STCC: buono DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con amplissima apertura al cavallo e pizzo sulla gamba. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 88 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3315 STCC: buono DESO: Mutande in batista di cotone bianco non cucite al centro (“co ea verta”) con pizzo ad ago sulla gamba. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5334 STCC: buono DESO: Mutande in piquet di cotone con pizzo San Gallo sulle gambe. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3858 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco aperte davanti (“co ea verta”) con ricamo in San Gallo meccanico. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 89 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6385 STCC: cattivo, presenta un largo squarcio DESO: Mutande in cotone bianco(“co ea verta”) con ricami a punto inglese sulla gamba, in vita le iniziali a punto croce rosso “A. P. C.” (Anna Pedrazza Chilesotti). ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6448 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco aperte al cavallo (“co ea verta”) ed iniziali dietro in rosso “C. T.” (Chilesotti Teresa). ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6454 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco aperte al cavallo (“co ea verta”) e ricamo in bianco a motivo di fiori e foglie sulla gamba. Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 90 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6848 STCC: buono, un po’ di macchie; DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo San Gallo meccanico al fondo ed apertura al cavallo (“co ea verta”). Iniziali in bianco “M. D. F.”. Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6854 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo S. Gallo meccanico al fondo, apertura al cavallo “co ea verta” ed iniziali in bianco “M. D. F.”. Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6864 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in fiandra di cotone con apertura al cavallo “co ea verta”. Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 91 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6887 STCC: buono, mezza cintura in vita era scucita ed è stata rifissata. DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con apertura al cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “M. D. T. 50”. Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6918 STCC: buono DESO: Mutande lunghe con ricamo bianco sul fondo ed apertura al cavallo “co ea verta”. Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: inizio XX secolo. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6581 STCC: buono DESO: Mutande femminili in cotone bianco con apertura al cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “C. E.” (Chilesotti Elena). Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: fine XIX secolo. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 92 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6923 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con apertura al cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “M. D. T. 55”. Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8269 STCC: buono DESO: Mutande corte aperte al cavallo “co ea verta” in cotone bianco con due bottoni e fettucce per chiusura, piegoline e pizzo San Gallo meccanico sulla gamba. ACQL: Burano, Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Camicia/mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 314 STCC: buono DESO: Camicia/mutande in cotone bianco con grande apertura al cavallo, abbottonatura davanti con 4 bottoni e treccioline fissate con bottoni come spalline. ACQL: Pellestrina, Mestre, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 93 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2062 STCC: discreto, mancante delle quattro fettucce ai fianchi DESO: Mutande in cotone bianco, sulle gambe fiore intagliato e ricamato, sul fondo pizzo a fuselli, in vita l’iniziale “A.”. Chiuse ai fianchi con 4 fettucce ora mancanti. ACQL: Mogliano, Treviso, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2378 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo San Gallo al fondo, chiusura con fettuccia e grande apertura al cavallo. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: XIX – XX secolo. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2803 STCC: buono DESO: Mutande in piquet bianco, pizzo a fuselli sulla gamba, grande apertura al cavallo e 4 spighette in vita. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 94 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3565 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco “co ea verta”, ricami in San Gallo meccanico sulla gamba, in cintura in trasparenza si nota la marca del cotone. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800 CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4884 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco, pizzo San Gallo meccanico in vita imitante fuselli sulla gamba. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800 CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4886 STCC: buono DESO: Mutande in piquet bianco con pizzo all’uncinetto sulla gamba ed iniziali a macchina “M. T.”. Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: inizio XX secolo. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 95 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5422 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco e pizzo Valenciennes meccanico sulle gambe. Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7321 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco con pizzo a fuselli sulla gamba, aperte al cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “M. T.” ( Maria Tomba moglie di Pietro Chilesotti). ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8268 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco allacciate in vita con 4 fettucce e pizzo meccanico San Gallo sulla gamba. ACQL: Burano, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1920c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 96 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9130 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco con pizzo a fuselli sulla gamba. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920-30c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Combinazione (camicia/mutande) RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1552 STCC: discreto, i pizzi risultano deteriorati o rotti. DESO: Combinazione (camicia/mutande) in mussola di cotone bianco, chiusura con bottoncini in madreperla, davanti e dietro inserti in pizzo meccanico, nastrini rosa allo scollo e sulle gambe, due tagli alla gamba probabilmente per il passaggio della giarrettiera. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi 900 CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1555 STCC: buono DESO: Mutande corte in lino bianco e pizzo a fuselli, sul bordo delle gambe motivo geometrico a greche e festone di foglie e fiori, sulla gamba 4 nastri bianchi per legarle in vita, iniziali “M. C.” in vita. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 97 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Combinazione (camicia/mutande) RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3078 STCC: buono, pizzo allo scollo non originale DESO: Combinazione (camicia/mutande) in batista di cotone bianco con pizzi. ACQL: Padova, “tutti in fiera”; Analisi stilistica DTZG: Primi 900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7335 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo Valenciennes meccanico sulla gamba ed in bianco le iniziali “M. T.” ( Maria Tomba, moglie di Pietro Chilesotti). Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi 900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7731 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco e pizzo San Gallo meccanico al fondo, elastico in vita. Appartenuto alla famiglia Gibello. ACQL: Andorno Micca, BI; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 98 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 67 STCC: buono DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con ricamo in San Gallo al fondo ed allacciature con asole in vita. ACQL: M. Gallo Mestre, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4238 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco e pizzo a fuselli sulla gamba. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4521 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco con motivo ad intaglio di fiori alle ginocchia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 99 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4522 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco con inserti in merletto Valenciennes meccanico e merletto ad ago. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 47 STCC: buono DESO: Mutande in cotone viola con merletto meccanico giallo. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7736 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco con ricamo in San Gallo alla gamba, elastico in vita. Appartenute alla famiglia Gibello. ACQL: Andorno Micca, BI; Analisi stilistica DTZG: 1930-40c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 100 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 64 STCC: buono DESO: Mutande corte in cotone bianco con pizzo sul fondo e nastro in vita. ACQL: Scarpi, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1084 STCC: discreto, alcuni buchini sul cavallo DESO: Mutande corte in seta verde con elastico in vita e due inserti a mezza luna in pizzo meccanico crema ai lati delle gambe. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1441 STCC: buono DESO: Mutande in cotone rosa con apertura per quasi tutto il cavallo, pizzo alla gamba e 2 spacchi con bottone ai due fianchi. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 101 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1577 STCC: buono DESO: Mutande in raso di seta azzurra, sul bordo e sui fianchi applicazioni in pizzo écru, tre bottoncini per chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1579 STCC: buono DESO: Mutande in seta azzurra, sul bordo e sui fianchi inserti in pizzo écru, tre bottoncini per chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1581 STCC: buono DESO: Mutande in seta azzurra, sui fianchi tralcio di fiori in ricamo e applicazione di ruches ai bordi, due bottoncini per chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 102 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1583 STCC: buono DESO: Mutande in raso di seta nera con bordo in pizzo e 4 bottoni per chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1584 STCC: buono DESO: Mutande in seta rosa con bordo a cappette sui lati della coscia, ricamo a punto ombra, due bottoni ed elastico per chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1585 STCC: buono DESO: Mutande in seta azzurra, sui fianchi inserto triangolare in organza con motivo circolare di fiori a punto inglese e puntini, un bottoncino di chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 103 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1586 STCC: buono DESO: Mutande in seta rosa, sui fianchi, sul bordo e sparsi ricami in applicazioni di fiori con foglie, 4 bottoni di chiusura. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4108 STCC: buono DESO: Mutande in seta gialla e pizzo con le iniziali “R. L.”. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 62 STCC: buono DESO: Mutande in cotone bianco con piccolo ricamo rosa sulle gambe. ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1935c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP 104 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 63 STCC: buono DESO: Mutande corte in cotone bianco con pizzo sul fondo e bottoni in vita. ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1935c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 66 STCC: buono DESO: Mutande corte in cotone bianco con pizzo al fondo ed elastico in vita. ACQL: M. Gallo, Mestre, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1935c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4716 STCC: buono DESO: Mutande con pizzo meccanico sulla gamba in seta giallina. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1935c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 105 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 50 STCC: buono DESO: Mutande nere di crepe di seta, ricamate alla gamba e sul fondo, 4 bottoncini bianchi per chiusura. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 51 STCC: buono DESO: Mutande in raso tortora con tulle écru ricamato a macchina sulla coscia, elastico in vita. ACQL: Pavis, Lido, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 58 STCC: buono DESO: Mutande in seta azzurra ricamate a mano con 2 bottoncini in madreperla per allacciarla sul retro. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 106 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 49 STCC: buono DESO: Mutande color crema in fibra sintetica con bordino in tulle ricamato a macchina ed elastico in vita. Etichetta “Anco 4 confezioni”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 52 STCC: buono DESO: Mutande in Bemberg nero con tulle nero sul bordo inferiore ed elastico in vita. Etichetta “Bemberg 100%”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 56 STCC: buono DESO: Mutande in Bemberg rosa con tulle ricamato a macchina sul fondo azzurro/grigio, elastico in vita ed etichette “Anco 4 confezioni” e “ Bemberg 100%”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 107 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 57 STCC: buono DESO: Mutande in nylon con etichette “ Anco 4 confezioni” e “Tessuto sintex 100% nylon”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 59 STCC: buono DESO: Mutande nere in tessuto sintetico con pizzo al fondo, elastico in vita ed etichetta “Albo 2” e un’altra in carta con le istruzioni per il lavaggio. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8601 STCC: buono DESO: Mutande elastiche con giarrettiera incorporata e pizzo meccanico rosa in tre balze alla gamba. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 108 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario STCC: buono DESO: Mutande corte in raso bianco. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1960c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario STCC: buono DESO: Mutande corte con pizzi meccanici. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1970c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Proteggi mutande RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7269 – 7269A; STCC: buono DESO: Due proteggi mutande in seta marrone e tela cerata nera con 4 fettucce viola. Appartenuti alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza; Analisi stilistica DTZG: Metà 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 109 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 130 STCC: buono DESO: Sottoveste in cotone bianco con inserti in pizzo a fuselli ed in San Gallo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 336 STCC: buono DESO: Sottoveste senza maniche in batista di cotone, collo e spalline in San Gallo meccanico e sul davanti monogramma ricamato “M. L.”. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2256 STCC: discreto, rammendi al pizzo, uno molto lungo sul retro; il fondo era stato scucito per allungare la sottoveste ed era stato finito con un pizzo diverso, poi tolto e riportata all’originale lunghezza segnata dal punto a giorno. DESO: Sottoveste in cotone bianco, sul seno greca realizzata con inserto in merletto meccanico, increspatura ai fianchi e ancora merletto meccanico sullo scollo e sulle spalline. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1915-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 110 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4682 STCC: buono DESO: Sottoveste in cotone bianco con pizzo meccanico. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1250 STCC: buono DESO: Sottoveste in tulle bianco senza maniche e a vita bassa, sul corpetto ricami sparsi a macchina di fiori, foglie e pois, il resto in garza a “point d’esprit” e sul fondo tre campanelle in tulle entro cornice ovale con punta terminante su bordo ondulato. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920-25c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2960 STCC: buono, solo alcuni rammendi DESO: Sottoveste in seta rosa con ampie applicazioni in pizzo meccanico écru e spalline a nastrino. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 111 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9202 STCC: discreto, due piccoli fiori rammendati DESO: Sottoveste in seta rosa con inserti e applicazioni di merletti meccanici écru a motivo di foglie e fiori, due piccoli nastri per spalline. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1083 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta verde con inserto in pizzo meccanico crema e spalline sottili sul petto. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1189 STCC: buono DESO: Sottoveste corta in seta rosa, sul seno due inserti a filet écru bordati in tulle écru, due strette spalline rosa. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920-30c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 112 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 776 STCC: buono DESO: Sottoveste in cotone lilla con merletto a macchina allo scollo écru, spalline strette ed iniziali ricamate in viola “E. B.”. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2958 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta rosa con ampie applicazioni in pizzo écru meccanico e spalline a nastrino. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3296 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta viola con pizzi meccanici rosa sullo scollo, spalline a nastrino. Forse, dato il colore, appartenuto ad una prostituta. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 113 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste o Sottabito RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3120 STCC: cattivo, presenta uno strappo su una spallina DESO: Sottoveste in garza gialla ricamata in filo d’oro a spina di pesce. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3564 STCC: buono DESO: Sottoveste lunga in pizzo Chantilly nero con velo nero. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2959 STCC: buono DESO: Sottoveste in raso rosa con ampie applicazioni in pizzo meccanico écru a forme di punte, spalline a nastrino di pizzo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1935c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 114 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4569 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta rosa e pizzo meccanico rosa, sagomata sul fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1930-40c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4714 STCC: buono DESO: Sottoveste lunga in seta giallina senza maniche con pizzo meccanico bianco allo scollo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1935-40c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4715 STCC: buono, sul retro è stato sostituito un pezzo di seta con un’altra simile; DESO: Sottoveste corta in seta giallina, senza maniche con pizzo meccanico bianco allo scollo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1935c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 115 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4570 STCC: discreto, solo alcuni buchi DESO: Sottoveste corta in seta rosa con inserti in pizzo meccanico écru, sagomata sul fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 113 STCC: buono DESO: Sottoveste in raso operato bianco allo scollo e al fondo con ricamo meccanico. ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 120 STCC: buono DESO: Sottoveste in maglia rosa con ricami rosa su tulle ai fianchi e allo scollo. ACQL: Semonzo, Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 116 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 137 STCC: buono DESO: Sottoveste corta in seta azzurra con inserti in pizzo meccanico. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5284 STCC: buono DESO: Sottoveste in raso nero. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5294 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta rosa ricamata a punto ombra e punto inglese a motivo di fiori. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940-50c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP 117 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5295 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta rosa ricamata a punto inglese a motivo di fiori. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5297 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta rosa ricamata a punto ombra e a punto inglese a motivo di fiori. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5298 STCC: buono DESO: Sottoveste in seta color albicocca con bottoni al cavallo ed inserti in pizzo meccanico allo scollo e alle gambe. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940-50c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 118 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 53 STCC: buono DESO: Sottoveste femminile color crema in fibra sintetica, rifinita in tulle ricamato a macchina con etichetta “ Anco 4 confezioni”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 55 STCC: buono DESO: Sottoveste femminile in Bemberg rosa con tulle ricamato a macchina sul seno su fondo azzurro/grigio, etichette “Anco 4 confezioni” e “Bemberg 100%”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 135 STCC: buono DESO: Sottoveste in nylon bianco con etichette “ Anco 4 confezioni” e “ Tessuto sintex 100% nylon”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 119 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 143 STCC: buono DESO: Sottoveste sintetica rosa con pizzi meccanici sui seni e sul fondo, etichette “Confezioni duchessina Bemberg 3” e “Nylon”, altre etichette in carta sulla spallina, una tonda “Broderies original e suisse”, un’altra rettangolare “Confezioni duchessina intime – chich articolo 3821”. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8218 STCC: buono DESO: Sottoveste in nylon verde acqua con pizzo meccanico bianco, etichetta “Nylon Snia viscosa 3”. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 132 STCC: buono DESO: Sottoveste corta sintetica colorata a motivo di grandi fiori gialli e rossi su fondo verde, profilata di merletto meccanico con piccola coccarda fra i seni. ACQL: Masoero, Milano; Analisi stilistica DTZG: 1960-70c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 120 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 132bis STCC: buono DESO: Sottoveste corta sintetica colorata a fiori rosa scuro e bianchi su fondo rosa, inserti e profili di merletto meccanico, piccola coccarda fra i seni ed etichetta interna “Venere-made in Italy 4/48”. ACQL: Masoero, Milano; Analisi stilistica DTZG: 1960-70c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 133 STCC: discreto, mancante di una spallina DESO: Sottoveste corta color rosso con pizzi allo scollo e sul fondo, etichette “ 172”, “Magica – Italy – 3” e “Scala d’oro rhodiatoce – prodotto di qualità rhodiatoce 4589199”. ACQL: Masoero, Milano; Analisi stilistica DTZG: 1960-70c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 134 STCC: buono DESO: Corta sottoveste color rosa con pizzi meccanici bianchi e rosa, due piccole ciocche fra i seni ed una al fondo. Etichette “IMEC 2 made in Italy nylon” e “Scala d’oro rhodiatoce – prodotto di qualità rhodiatoce F”. ACQL: Masoero, Milano; Analisi stilistica DTZG: 1960c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 121 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottoveste RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 136 STCC: cattivo, vistoso buco sul davanti DESO: Sottoveste corta color grigio/argento con pizzi meccanici al collo e al fondo ed etichetta “Dana nylon 2 rhodiatoce”. ACQL: Masoero, Milano; Analisi stilistica DTZG: 1960c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 122 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Corpetto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5545 STCC: buono DESO: Corpetto in pizzo San Gallo meccanico e quattro stecche interne. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Corpetto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4996 STCC: buono DESO: Corpetto in batista di cotone bianco e pizzo chimico bianco, passanastro sul basso. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Corpetto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6885 STCC: buono DESO: Corpetto in cotone bianco e pizzi con due nastrini per bretelle. Appartenuto alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 123 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3498 STCC: buono DESO: Reggipetto in cotone bianco e pizzi meccanici bianchi. ACQL: Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 69 STCC: discreto, mancano le spalline che si fissavano con 4 bottoni. DESO: Reggiseno in cotone bianco con pizzo a mano sul bordo realizzato in due pezzi, tre bottoni in madreperla sul davanti e laccio per stringerlo sul dietro. ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4666 STCC: cattivo, nastri e seta molto rovinati DESO: Stringi petto femminile in seta color crema con pizzo meccanico, 13 stecche ed etichetta “Lillian Brassiere reg. U.S.mat. off”. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1920c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 124 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9215 STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone rosa con laccio e due stecche in tartaruga dietro, tre bottoni in vetro rosa con asole per chiuderlo davanti, due sottili bretelle e pizzetto sul bordo. Le coppe sono poco sagomate, forse per appiattire il seno alla “garsonne”. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1925-30c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2808 STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone rosa ricamato a macchina. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4240 STCC: buono DESO: Reggiseno in pizzo meccanico e raso bianco. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 125 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno per allattamento RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4355 STCC: buono DESO: Reggiseno rosa in tulle meccanico ricamato. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5176 STCC: buono DESO: Reggiseno in tessuto bianco di cotone con 4 bottoni sul davanti. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1940-50c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2147 STCC: buono, era stata allargata la fettuccia da un lato DESO: Reggiseno in nylon azzurro. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 126 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8602 STCC: buono DESO: Reggiseno in nylon bianco e raso rosa. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario. STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone rosa con fascia elastica. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario. STCC: buono DESO: Reggiseno in nylon rosa. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1955-65c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 127 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno in nylon rosa “per maggiorate”. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1955-65c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone bianco con fascia elastica. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1960-70c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno in nylon con decoro floreale. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1970c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 128 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone e ricamo meccanico nero. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1970c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone nero. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1970c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno in cotone bianco. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1970c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 129 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggiseno – Guépière RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggiseno-guépière “alta moda”. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1960c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 130 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2787 STCC: buono DESO: Giarrettiera ricamata a convolvoli a piccolo punto ed iniziali “G. T.”. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Metà 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2788 STCC: buono DESO: Giarrettiera con ricamo a convolvoli a piccolo punto e le iniziali “A. P.”. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Metà 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3184 STCC: buono, probabilmente è stata allargata con l’inserimento successivo di un pezzo di elastico; DESO: Giarrettiera in seta bianca ricamata a “non ti scordar di me” con coccarda in vellutino verde. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1850c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 131 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7560 STCC: buono DESO: Giarrettiera in seta azzurra con fiocco e ferro di cavallo in madreperla con perline metalliche sfaccettate. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2491 STCC: buono DESO: Giarrettiera in raso di seta color beige con fiocchi e fibbie in metallo fissate al cartoncino originale con la scritta “nouveaute de Paris France 1F 252. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800 – inizio ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2088 STCC: buono DESO: Giarrettiera in nastro di seta rosa con fiocco e automatico su staffe d’ottone. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi 900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 132 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2089 STCC: buono, solo un po’ di sfilacciamento; DESO: Giarrettiera in nastro di seta rosa con fiocco ed automatico su staffe d’ottone. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi 900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2090 STCC: buono, solo qualche sfilacciamento; DESO: Giarrettiera in nastro di raso di seta rosa con fiocco ed automatico su staffe d’ottone. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi 900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2921 STCC: buono DESO: Reggicalze in nastro nero e ganci metallici neri. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Prima metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 133 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4787 STCC: buono DESO: Giarrettiera in seta bianca e grigia con fiocchetto, bottone in madreperla. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Prima metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Giarrettiera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Giarrettiera viola. ACQL: Analisi stilistica DTZG: Prima metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7034 STCC: buono DESO: Reggicalze nero con “violette” in metallo nero. Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Prima metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 134 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Ventriera - Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Ventriera elastica con reggicalze, color rosa. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: Metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Ventriera - Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Ventriera elastica e reggicalze color rosa. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3053 STCC: buono DESO: Reggicalze in raso rosa ed elastico. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 135 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6388 STCC: buono DESO: Reggicalze in seta nera con etichetta “Dama 22”. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Reggicalze in seta sintetica e ricami. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1950-60c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Ventriera - Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Ventriera elastica e reggicalze di colore nero. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1960c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 136 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Mutandine - Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Mutandine con reggicalze incorporato di colore nero. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1970c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 137 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1116 STCC: discreto, manca il gancetto di chiusura e il pizzo al fondo è stato forse tolto; DESO: Sottogonna ampia in piquet di cotone bianco, aperta per un piccolo tratto dietro e chiusa da gancetto ora mancante. ACQL: Montegrotto Terme, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Seconda metà 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6453 STCC: buono DESO: Sottogonna in piquet di cotone bianco arricciata in vita e ampia. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Seconda metà ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna per tournure RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3187 STCC: cattivo, presenta molti buchi e alcuni strappi; DESO: Sottogonna in organza di cotone bianco a strascico con tre balze al fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-80c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 138 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5323 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con due balze e una maggiore increspatura sul retro per tournure. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-80c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2204 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco inamidato, balze sul retro dove 4 fettucce servono per incresparne due, pizzo San Gallo sul fondo. ACQL: Francia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-80c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6926 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con pieghe al fondo e molto increspata sul retro. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine XIX sec. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 139 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6927 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza ricamata a macchina in bianco a motivo di fiori, increspatura e sul retro le iniziali in rosso “M. D. T.”. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine XIX sec. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4885 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza finale e pieghettatura sul dietro per tournure. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine XIX sec. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5586 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza al bordo. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine XIX sec. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 140 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6452 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con piegoline al fondo e arricciatura sul retro per tournure. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine XIX sec. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6925 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con ruches al fondo ed iniziali in rosso “M. D. T. 15”. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine XIX sec. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1176 STCC: discreto, pizzo strappato sulla parte terminale e fettucce per legarla in vita mancanti; DESO: Sottogonna ampia in cotone bianco, la parte bassa è decorata a piegoline con inserto di pizzo a fuselli in cotone bianco rifinito da fettuccia in piquet sul fondo, altro pizzo a fuselli all’interno. ACQL: Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 141 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2034 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco leggermente più lunga dietro con pizzi meccanici sul fondo, fettuccia per chiuderla in vita e bottone. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5587 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con bordo rinforzato. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5897 STCC: buono DESO: Sottogonna in piquet di cotone bianco con iniziali in rosso “C. B.”. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 142 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6171 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con pizzo San Gallo al bordo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6345 STCC: buono DESO: Sottogonna ampia in cotone bianco con pizzo San Gallo al fondo ed increspatura sul dietro, iniziali in rosso “C. S.”. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6346 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con doppia balza, una ricamata in pizzo San Gallo, l’altra liscia, altro pizzo San Gallo nella parte superiore della balza. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 143 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6347 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza e passanastro in San Gallo, increspatura sul retro. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6348 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con doppia balza arricciata, sul dietro iniziali in rosso “ I. Z. “. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6528 STCC: buono, la sottogonna era stata accorciata con tre pieghe che sono state sciolte. DESO: Sottogonna in cotone bianco con passanastro e pizzo San Gallo meccanico al fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 144 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6924 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza arricciata al fondo. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8572 STCC: buono, la fettuccia per stringerla in vita è recente; DESO: Sottogonna in cotone grigio con larga balza sul fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1975 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco rigato sul basso, inserto in pizzo bianco a maglia a zig zag e fettuccia in vita con gancetto. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800-Inizi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 145 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2709 STCC: buono DESO: Sottogonna in piquet bianco con bordo a punte ed iniziali in rosso e nero “M. E.”. ACQL: Fiera di Padova; Analisi stilistica DTZG: Fine 800-Inizi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6183 STCC: buono DESO: Sottogonna in piquet di cotone bianco con pizzo a fuselli sul fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine 800-Inizi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1081 STCC: cattivo, presenta buchini sparsi e alcuni rammendi, inoltre manca la fettuccia per stringerla in vita. Sembra che la sottogonna sia stata accorciata con piegoni e che sia stato aggiunto un elastico in vita, ora tolto; DESO: Sottogonna in cotone bianco, la parte inferiore è in mussola di cotone con largo ricamo traforato alla base, a metà gonna passanastro meccanico, piccolo ricamo di 4 corolle a punto inglese in vita, mentre sulla metà davanti alla vita tramezzo a fuselli. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 146 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2898 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone écru con due balze di merletto meccanico al fondo, nastrino azzurro originale. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3478 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con inserti e pizzo meccanico sul bordo. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4642 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza in pizzo San Gallo meccanico. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 147 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4679 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco a doppia balza sul fondo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6886 STCC: buono, la fascia in vita era mancante ed è stata rifatta con un vecchio tessuto seguendo le vecchie pieghe, le due fettucce sono invece più recenti; DESO: Sottogonna in cotone bianco a piegoline ed inserti in pizzo bianco. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7185 STCC: buono, su un lato era presente una cerniera lampo che è stata tolta ed aggiunta in un secondo momento; DESO: Sottogonna in cotone nocciola e pizzi dello stesso colore (forse è stata tinta in un secondo tempo). ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 148 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 354 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone bianco a righine verdi e nere con balze sul fondo e due cordelle per legarla in vita. ACQL: Treviso, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 619 STCC: buono, presentava una tasca laterale che era stata aggiunta, ma poi tolta; DESO: Sottogonna in cotone bianco, ¾ in pizzo meccanico con al di sotto del pizzo altra gonna a balze bianca e bottoni per applicarne un’altra colorata più lunga, passanastri sul retro. ACQL: Mestre, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 60 STCC: buono DESO: Sottogonna in mussola di cotone ricamata in San Gallo. ACQL: Cadoneghe, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 149 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 125 STCC: buono, secondo le indicazioni dell’ultima proprietaria, la gonna era stata accorciata con una serie di piegoline che sono state scucite; DESO: Sottogonna in cotone bianco con ricamo a buchi sul fondo. ACQL: Scarpi, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Sottogonna in tela di colore bianco. ACQL: Analisi stilistica DTZG: Prima metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 54 STCC: buono DESO: Sottogonna sintetica color crema con pizzo meccanico al bordo inferiore. ACQL: Masoero, Torino; Analisi stilistica DTZG: Metà ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 150 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1184 STCC: buono DESO: Sottogonna sintetica color crema con elastico in vita e largo bordo in tessuto rigido a formare effetto crinolina. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1253 STCC: buono DESO: Sottogonna sintetica bianca con bordo inferiore rigido e doppio. ACQL: R. Molini, Vicenza; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Sottogonna RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6521 STCC: buono DESO: Sottogonna in cotone rosa leggermente indurito e pizzo bianco sul bordo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 151 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4166 STCC: buono, i nastri gialli sono recenti; DESO: Busto in seta gialla e lanetta verde e marrone, sagomature sul basso, stecche interne e allacciatura davanti e dietro. ACQL: Analisi stilistica DTZG: Metà XVIII secolo CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2521 STCC: discreto, manca un fiocchetto in seta crema in basso; DESO: Busto in cotone bianco e raso color crema con profili in seta azzurra, pizzo meccanico azzurro, fiocchetto in alto in seta color crema, varie stecche interne, chiusura davanti con 5 occhielli e cordone dietro. ACQL: S. Maurizio, Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Seconda metà ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5761 STCC: discreto, mancante del pizzo allo scollo; DESO: Busto in seta rosa con 11 stecche. All’interno è presente una fettuccia per tenerlo assestato in vita che in genere non è presente nei busti normali, ha anche una sola chiusura ad occhielli, mentre solitamente gli altri busti hanno anche quella a gancetti. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1850c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 152 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1080 STCC: discreto,mancano le 13 stecche che in origine erano in ferro, come testimoniano alcune macchie sulla prima, i bottoni inoltre sono stati messi di recente; DESO: Busto in cotone bianco con bottone, allacciatura con due fasce incrociate ed abbottonate davanti, 13 stecche a punta rotonda e profili in San Gallo meccanico. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 299 STCC: buono, i gancetti per la chiusura anteriore sono stati messi di recente mancando completamente ogni traccia di ganci precedenti, forse il busto non è stato finito; DESO: Busto in piquet bianco in due pezzi, senza stecche e con 12 occhielli per lato, presenta due spalline superiori, si allaccia sul retro per la tournure ed è interamente cucito a mano. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1880c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2653 STCC: buono DESO: Busto in cotone grigio molto corto con pizzo meccanico sul seno e tasca applicata internamente sul seno sinistro, all’interno la scritta “baleine extra – virtus non timet quod facit – pe – corset p.f.rondine marque deposée” e disegno di rondine. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 153 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2654 STCC: discreto, alcuni rammendi e pizzo meccanico sostituito in alcune parti; DESO: Busto in cotone operato a corolle di fiori, pizzo meccanico sul seno e sul seno sinistro tasca applicata internamente. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8222 STCC: buono DESO: Busto in tela bianca con pizzo meccanico bianco e nastrino rosa, 28 stecche e 5 coppie di occhielli metallici, allacciatura dietro con 13 fiori per parte e cordino ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3483 STCC: buono DESO: Busto rosa con 24 stecche e pizzo in alto, all’interno la scritta “brevetto”. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 154 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 302 STCC: buono DESO: Busto in cotone grigio con bordure in cotone ricamato azzurro e beige, realizzato in 2 metà con 10 occhielli per lato e 5 ganci cui corrispondono altrettante asole metalliche “elite FXP elite”, ancora mai usato con scatola originale “F. P. corset”. ACQL: Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 365 STCC: buono DESO: Busto in taffetas operato color avorio munito di 28 stecche di varia dimensione, si chiude davanti con 5 ganci metallici mentre dietro si allaccia con nastro di fettuccia di cotone passante entro 2 fori metallici. La scollatura è sottolineata da una bordura di merletto entro il quale è passato un nastro dello stesso colore, i reggicalze (4) sono in nastro elastico e ganci metallici su cui compare la scritta “ B. Carretta Torino”. La forma del busto non troppo stretta in vita è da riferire alla moda lanciata nell’ultimo decennio del XIX sec. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 155 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3356 STCC: buono DESO: Busto estivo in grosso tulle di cotone bianco, pizzo bianco in alto con nastrino e fiocco color crema, 4 reggicalze con fiocco applicati in basso e 22 stecche interne. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3616 STCC: buono DESO: Bustino molto corto in cotone rosa con 21 stecche in acciaio e statua della libertà stampata, all’interno “ The S&S gibbo corset” e “ The S&S corset registred”. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4192 STCC: buono DESO: Busto in raso rosa con motivo di foglie, reggicalze e pizzo meccanico con fiocco in nastro rosa, etichetta “ Au Louvre Paris”, “221” a matita, “612” ed “E. C.”. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 156 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4938 STCC: cattivo, mancano i ganci di chiusura davanti; DESO: Busto estivo senza stecche in cotone bianco. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4985 STCC: discreto, mancano 2 stecche; DESO: Busto estivo in cotone bianco con pizzo meccanico bianco tipo Valenciennes con 6 stecche. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5253 STCC: cattivo, molte stecche mancanti e diversi rammendi; DESO: Busto in cotone bianco e azzurro. ACQL: Masoero, Milano; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 157 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3485bis STCC: buono DESO: Busto bianco con 22 stecche interne. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto-Ventriera RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: buono DESO: Busto-ventriera allacciabile con stringhe passanti attraverso occhielli, merletto meccanico nel busto superiore. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1900-10c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto – Reggicalze RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 298 STCC: buono, mancano le clips; DESO: Busto azzurro e bianco con bordino in alto in merletto meccanico del tipo A, fuselli e nastrino azzurro, realizzato in due metà con 20 coppie di occhielli per lato e 5 ganci cui corrispondono altrettante asole metalliche e rinforzato da 18 stecche, alcune in metallo altre probabilmente in vimini. Presenta un prolungamento davanti per allacciare le calze, una spighetta dietro originale ed un timbro ad inchiostro viola “March Heliotrope Brisceideti”. ACQL: M. Gallo, Mestre, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 158 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Busto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 298bis STCC: discreto, manca il nastrino rosa in vita; DESO: Busto rosa e bianco realizzato in due metà con 14 coppie di occhielli per lato e 5 ganci cui corrispondono altrettante asole metalliche e rinforzato da 28 stecche di vimini (due visibili sul fondo) e alcune in ferro. Nel bordino in alto merletto meccanico del tipo a fuselli, in vita fascetta bianca ricamata in rosa, spighetta originale e timbro in inchiostro nero “corset nella marca Heliotrope”. ACQL: M. Gallo, Mestre, Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Stringi fianchi RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8857 STCC: buono DESO: Stringi fianchi con giarrettiere attaccate in raso color crema ed elastici rosa, ganci in metallo cromato e fettuccia per legarlo. Passante con occhielli metallici dietro, gancetti per chiusura davanti e all’interno 4 stecche (forse in tartaruga) e un timbro “Galeries La Fayette Paris”. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1930c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Corpetto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3813 STCC: buono DESO: Corpetto in raso giallo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1950c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 159 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1962 STCC: discreto, mancano 2 bottoni e i fianchi erano stati allargati con una fascia in piquet color crema che è stata tolta e riportata all’origine; DESO: Copribusto in piquet bianco. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Seconda metà ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3186 STCC: cattivo, alcuni buchi, strappi e macchie; DESO: Copribusto in cotone bianco a maniche corte con 8 stecche in vita, molto scollato e gancetti sul retro. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3190 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco a maniche corte, pizzo ad intaglio e ad ago sui bordi dello scollo e delle maniche. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 160 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 335 STCC: buono, alcune pinces che erano state scucite sono state rimesse seguendo la traccia originale; DESO: Copribusto in cotone bianco. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6170 STCC: discreto, vistoso rammendo; DESO: Copribusto in cotone bianco e pizzo a fuselli. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6178 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo San Gallo allo scollo e alle maniche. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1860c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP 161 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6176 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo a fuselli allo scollo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4933 STCC: buono, due pince erano state scucite, ma poi successivamente ricucite al loro posto; DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico al collo e le iniziali in bianco “C. T.” (Teresina Chilesotti). Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4934 STCC: buono, due pince e un lato con rottura sono state rifissate; DESO: Copribusto in cotone con pizzo meccanico al collo ed iniziali in bianco “C. T.” (Teresina Chilesotti). Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 162 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5325 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con merletto chimico allo scollo. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5330 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone nero con sette stecche interne. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6456 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 163 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1558 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con motivo di due linee traforate sul seno con intrecciato un ramo sinuoso con cinque foglie cuoriformi applicate alla base e riempite da retino. Pettorina a piegoline orizzontali, 5 bottoncini in madreperla e bordi profilati in merletto meccanico. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3075 STCC: buono DESO: Copribusto in maglia di cotone bianco senza maniche con internamente le iniziali in rosso “E. R.”. ACQL: Belluno, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8399 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco senza maniche con pizzo meccanico e sagomatura sul retro per tournure. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1880c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 164 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4932 STCC: buono, i bottoni sono stati rimessi di recente; DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico alle spalle e al collo. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6181 STCC: buono DESO: Copribusto in piquet di cotone bianco e pizzo a fuselli allo scollo e alle spalle. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4451 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco a rigatino, collo in pizzo meccanico e 4 fiori decorativi con palline. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 165 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6179 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco, pizzo a fuselli allo scollo e alle maniche e pizzo San Gallo a decorare il davanti. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800-Inizi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6182 STCC: buono DESO: Copribusto in piquet di cotone bianco e pizzo a fuselli allo scollo e alle spalle. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2310 STCC: buono DESO: Copribusto a doppio petto in cotone bianco con ricami a macchina sui bordi, spalline con bottoni e piccola baschina in vita. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Fine ‘800-Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 166 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6573 STCC: discreto, molti rammendi; DESO: Copribusto in cotone bianco e pizzi meccanici, iniziali “T. M.”. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Inizi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7566 STCC: buono DESO: Copribusto senza maniche in cotone bianco e pizzi allo scollo e al giro manica. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Inizio ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 61 STCC: buono DESO: Copribusto in mussola di cotone color crema con inserti in pizzo, corta baschina ed al fondo le iniziali “G. J. M.”. ACQL: Lido, Venezia; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 167 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3907 STCC: cattivo, vistosi rammendi e strappo su una spalla; DESO: Copribusto in cotone bianco con ricamo a motivo di fiori sul davanti. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5213 STCC: buono DESO: Copribusto in batista bianco con pizzo a fuselli, ricami a macchina e nastro rosa. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5340 STCC: cattivo, completamente rovinato e rammendato; DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico allo scollo e l’iniziale “M”. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 168 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7726 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo San Gallo al collo e alle maniche. Appartenuto alla famiglia Gibello. ACQL: Andorno Micca, BI; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7729 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico allo scollo e alle maniche. Appartenuto alla famiglia Gibello. ACQL: Andorno Micca, BI; Analisi stilistica DTZG: Primi ‘900. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6455 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 169 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 345 STCC: cattivo, mancante dei nastri laterali, molti rammendi; DESO: Copribusto in cotone bianco ricamato in San Gallo meccanico e abbottonatura laterale con 4 bottoncini, alla vita tracce dei nastri gialli. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 346 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco ricamato in San Gallo meccanico, abbottonatura laterale con 4 bottoncini. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 124 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con ricamo ad intaglio ed abbottonatura con sei bottoni. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1900-10c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 170 TSK LIR PVC OGT RSE STC ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 148 STCC: discreto, è stata strappata la striscia che conteneva le asole per allacciare i 9 bottoni; DESO: Copribusto in cotone bianco con inserti in merletto a macchina. ACQL: Venezia; Analisi stilistica DTZG: 1900-10c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3432 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzi in San Gallo. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1900-10c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3425 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco e nastro rosa. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia DES 171 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3476 STCC: buono DESO: Copribusto in seta color crema a maniche corte con inserti e bordi in pizzo meccanico. ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3688 STCC: buono DESO: Copribusto in seta color crema, piegoline sulla spalla e sul retro in rosso l’iniziale “L”. ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6526 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzi meccanici ed iniziali a penna “I. R.”. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 172 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5369 STCC: buono DESO: Copribusto in pizzo giallino e nastri rosa. ACQL: Padova, “tutti in fiera”; Analisi stilistica DTZG: 1910-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia TSK LIR PVC OGT RSE STC DES OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Copribusto RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9120 STCC: buono DESO: Copribusto in cotone bianco senza maniche con pizzo San Gallo meccanico bianco. ACQL: Venezia, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1910-20c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia ACQ DTM DTZ CMP 173 TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP TSK LIR PVC OGT RSE STC DES ACQ DTM DTZ CMP OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Stecche RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza numero di inventario; STCC: discreto DESO: materiali vari. ACQL: Analisi stilistica DTZG: 1850-1900c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD: Imbottitura per “tournure” RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5677 STCC: buono DESO: Imbottitura con stecche per tournure in cotone bianco. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Vicenza, mercato antiquariale; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia OA P PVCP: BL; PVCF: Fener; OGTD:Stecche per tournure RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5103 STCC: buono DESO: Stecche per tournure in ferro e cotone. Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza. ACQL: Thiene, Vicenza; Analisi stilistica DTZG: 1870c. CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia 174 BIBLIOGRAFIA L. BOCUS, Tesi di laurea: La collezione di Franco Pezzato: catalogo delle scarpe, Relatore D. Davanzo Poli, A.A. 2007-2008. M. L. BUSEGHIN (a cura di), ricamo di nozze, Foligno, Caprai, 1987. G. BUTAZZI (a cura di), 1922-1943, vent’anni di moda italiana. Proposta per un museo della moda a Milano, Firenze, Centro Di, 1980. D. DAVANZO POLI, Gli artifizi per modificare il corpo e il portamento, in E. N. Vanzan Marchini (a cura), L’ortopedia nella Storia del Costume, Casamassima Edizioni, Udine, 1989. D. DAVANZO POLI, C’era una volta il corredo da sposa, Venezia, Consorzio Merletti di Burano, 1987. D. DAVANZO POLI, V. DE BUZZACCARINI, L’abito da sposa, Modena, Zanfi, 1989. V. DE BUZZACCARINI, Sartigianeria, Monza, Modart, 1985. R. DEL LUNGO, Spogliare la nonna, Cortona, Calosci, 1981. J. B. DU HALDE S. J., Seta, Silk, Soie, Milano, Franco Maria Ricci, 2001. B. FONTANEL, Busti e Reggiseni – L’epopea del seno dall’antichità ai nostri giorni, Bologna, Idea Libri, 1997. R. GALATI, Tesi di laurea: La collezione di Franco Pezzato: catalogo degli abiti, Relatore D. Davanzo Poli, A.A. 1999-2000. P. GLYNN, Pelle a pelle, l’erotismo nell’abbigliamento, Roma, Gremese, 1982. L. GRELLA (a cura di), 100 anni di moda in Italia: 1860-1960, Monza, Villa Reale, 1995. Le collezioni civiche di tessuti, a cura dell’ Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Modena, Nuova Alfa Editoriale, 1986. 175 R. LEVI PISETZKY, Storia del costume in Italia, L’Ottocento, Vol. V, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1969. S. LORUSSO, L. GALLOTTI, Caratterizzazione, tecnologia e conservazione dei manufatti tessili, Bologna, Pitagora Editrice, 2007. F. MEO GIACOMINI (a cura di), Museo della donna, Brescia, Fondazione Giacomini – Meo, 1995. Tessili – Conservazione e restauro, a cura della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Veneto, Treviso, Laboratorio aperto, Canova, 1990. MONTINI, Tesi di laurea: La collezione di Franco Pezzato: catalogo dei cappelli, Relatore D. Davanzo Poli, A.A. 2001-2002. E. MORINI, M. ROSINA (a cura di), Le donne, la moda, la guerra. Emancipazione femminile e moda durante la Prima Guerra Mondiale, Rovereto (TN), Edizioni Osiride, 2003. G. O’HARA, Il dizionario della moda. I protagonisti, i movimenti, i segni, le parole: tutto ciò che fa moda dal 1840 ai giorni nostri, Bologna, Zanichelli, 1990. E. PANNAIN, Le fibre tessili e la loro lavorazione, Milano, Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi, 1913. R. PAVONI, Il restauro dei manufatti tessili: aggiornamenti, Milano, Skira Editore, 1999. M. PARMEGIANI ALFONSI, I segreti della seduzione – secoli di mutande, Venezia, Marsilio Editore, 1997. P. PERI, La biancheria personale, in Paolo Peri ( a cura di), Per raffinare i sensi, Firenze, M.C. de Montemayor, 1995, pp. 25-49. P. PERI, H. BURKE, Una giornata alla moda. Il guardaroba di una vera Signora tra fine secolo e Belle Epoque, Milano, Idea Libri, 1985. P. PERROT, Il sopra e il sotto della borghesia, Milano, Longanesi, 1981. 176 F. PERTEGATO, Restauro dei materiali tessili, I parte: il controllo delle condizioni ambientali, in “Notizie CISST”, Marzo 1981, anno II, pp. 26-33. F. PERTEGATO, Restauro dei materiali tessili, II parte: il magazzinaggio e l’esposizione, in “Notizie CISST”, Marzo 1982, anno III, pp. 64-81. F. PERTEGATO, Restauro dei materiali tessili, III parte: la pulitura, in “Notizie CISST”, Marzo 1983, anno IV, pp. 57-73. F. PERTEGATO, I tessili, degrado e restauro, Firenze, Nardini Editore, 1993. E. PIVETEAU, Vestita di un nulla, Francia, Fitway Publishing, 2005. C. PROBERT, Lingerie in Vogue – Since 1910, Gran Bretagna, Thames and Hudson, 1981. C. SAINT LAURENT, Intimo – Storia, immagini, seduzioni della biancheria femminile, Milano, Idea Libri, 1987. L. SOPELSA, Tesi di laurea: La collezione di Franco Pezzato: catalogo delle borse, Relatore D. Doretta Davanzo Poli, A.A. 2007-2008. VITALI, La moda a Venezia attraverso i secoli, Lessico ragionato, Venezia, Filippi, 1992. G. VIGARELLO, Lo sporco e il pulito. L’igiene del corpo dal Medioevo a oggi, Venezia, Marsilio, 1987. 177