universitá ca` foscari venezia facoltà di lettere e filosofia corso di

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UNIVERSITÁ CA’ FOSCARI VENEZIA
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN STORIA DELLE ARTI E CONSERVAZIONE DEI
BENI ARTISTICI
TESI DI LAUREA
“L’INTIMO FEMMINILE DA GIORNO NELLA COLLEZIONE DI FRANCO PEZZATO ”
RELATORE:
Prof.ssa Doretta Davanzo Poli
CORRELATORE: Prof.ssa Michela Agazzi
Laureanda: Federica Ventriglia
Matricola: 818717
Anno Accademico 2008 - 2009
1
UNIVERSITÁ CA’ FOSCARI VENEZIA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea Specialistica in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici
Tesi di Laurea
“L’INTIMO FEMMINILE DA GIORNO NELLA COLLEZIONE DI FRANCO PEZZATO ”
RELATORE:
Prof.ssa Doretta Davanzo Poli
CORRELATORE: Prof.ssa Michela Agazzi
Laureanda: Federica Ventriglia
Matricola: 818717
Anno Accademico 2008 - 2009
2
INDICE
 Premessa
p. 4
 Capitolo I
Sintetico excursus sull’evoluzione dell’intimo
p. 7
 Capitolo II
L’Intimo “intimo”
p. 26
2.1 Cenni storici fino al XVIII secolo
p. 26
2.2 Cenni storici dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni
p. 32
 Capitolo III
Busti e Reggiseni
p. 37
3.1 Cenni storici fino al XVIII secolo
p. 37
3.2 Cenni storici dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni
p. 44
 Capitolo IV
Degrado e conservazione dei manufatti tessili
p. 58
 Capitolo V
Franco Pezzato e la sua collezione
p. 67
 Modello di scheda OA
p. 71
 Catalogo
p. 87
 Bibliografia
p. 175
41411
11233
11171
75
3
PREMESSA
La tesi presenta una rassegna della storia della biancheria intima da giorno femminile, quella
lingerie cioè che si trova a diretto contatto con la pelle, a lungo tenuta celata probabilmente da
una sorta di pudore.
Gli oltre 200 esemplari da me esaminati, provenienti dalla collezione di Franco Pezzato, conservata
a Fener, in provincia di Belluno, comprendono busti, reggiseni, mutande, sottogonne, sottovesti,
copribusti, giarrettiere e reggicalze, databili tutti ad un periodo che va dalla fine del XVIII fino al XX
secolo.
Appassionato di tutto ciò che riguardava il tessile e la moda e sensibile alla storia, Franco iniziò la
sua raccolta a partire dal 1985, raccogliendo, in diversi mercatini antiquariali o addirittura
direttamente da privati, e conservando ogni oggetto riguardante il mondo della moda, tanto da
accumulare, in poco più di venti anni, un patrimonio che oggi conta circa 9800 pezzi, da lui con
competenza e passione inventariati e descritti uno ad uno.
Oggi infatti la sua collezione può definirsi a piena ragione una rappresentazione della moda e del
costume di due secoli di storia, un vero spaccato della nostra civiltà, che non poteva lasciare
indifferente il mondo accademico. Esso infatti, a partire dal 2000, ha iniziato ad interessarsene,
grazie alla disponibilità del signor Costantino Porcu e della prof.ssa Doretta Davanzo Poli che,
docente a contratto alla Facoltà di Lettere di Venezia, membro del Centre International d’ Etudes
sur les Tissus Anciennes di Lione e curatrice di numerose mostre e pubblicazioni sui tessili e sulla
moda, è stata relatrice della prima tesi di laurea sull’argomento.
A questa, ne seguirono altre (in tutto ad oggi: sei), ognuna focalizzata su un preciso nucleo di
esemplari, al fine di completare l’opera di classificazione sistematica della collezione e di creare via
via elaborati che potessero descrivere l’importanza e la bellezza di questo patrimonio culturale
raccolto negli anni da Franco Pezzato.
La proposta della mia relatrice di svolgere un lavoro di questo tipo, mi ha fin da subito
entusiasmata, ed è stata realmente un’esperienza formativa bellissima, resa per altro ancora più
piacevole dalla disponibilità e dalla cortesia del signor Costantino, che mi ha dato la possibilità di
esaminare e toccare dei veri e propri reperti storici che testimoniano l’evolversi della moda e i
numerosi cambiamenti che ha dovuto subire.
4
La prima fase del mio lavoro è stata la selezione dei pezzi da prendere in esame, custoditi
all’interno di numerosi armadi, scatole, bauli e valigie, immagazzinati nella vecchia residenza di
famiglia ad Alano Fener (BL).
Una volta rintracciati i vari reperti, prima ancora di passare all’opera di catalogazione, si è reso
necessario dispiegare i vari pezzi, arieggiarli e avvolgerli uno ad uno nella carta velina, per
consentir loro una migliore conservazione. In effetti questo è un problema fondamentale per i
tessuti (e non solo), e cioè che hanno bisogno di particolari condizioni di umidità, temperatura e
luce, per non subire degradi o situazioni che potrebbero danneggiarli.
Fortunatamente, il luogo dove sono conservati, sembra essere piuttosto idoneo da un punto di
vista conservativo per le condizioni ambientali che esso presenta: il clima non è mai umido e
l’ambiente è sempre fresco grazie ai muri spessi in pietra della casa e all’assenza di luce (molto
dannosa a causa del fenomeno della fotodegradazione) che viene eliminata grazie alla chiusura
delle imposte.
Dopo il lavoro di ricerca dei vari pezzi, per altro semplificato grazie a Costantino, sono passata alla
catalogazione degli stessi, sulla base dei dettagliati elenchi manoscritti di Franco Pezzato, nei quali
annotava, man mano che li acquistava, le caratteristiche tecniche e i dettagli che li distinguevano.
Dopo aver fotografato ad uno ad uno i reperti presi in esame, è iniziata la vera e propria
inventariazione, avvenuta tramite la compilazione di schede elaborate dall’ I.C.C.D. – Istituto
Centrale per il Catalogo e la Documentazione – del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
(MIBAC), al fine di registrare i dati secondo criteri omogenei e condivisi.
Poiché non esiste ancora una scheda specifica per la catalogazione di oggetti d’abbigliamento, ho
impostato il mio lavoro come un catalogo a schede del tipo OA (Opere d’Arte) selezionato dal
modello originale proposto dall’ I.C.C.D. prendendo in esame i campi necessari alla descrizione
dell’intimo, realizzata seguendo l’inventario di Franco Pezzato.
Il catalogo è composto da 253 schede, 3 per ogni pagina, che descrivono la biancheria intima da
giorno, divisa per capo, in ordine cronologico dal XIX al XX secolo indicando per ognuna il numero
di inventario attribuitogli da Franco Pezzato.
Oltre alla catalogazione vera e propria, l’elaborato comprende sia una sezione storico-introduttiva,
che illustra la storia della biancheria intima fino ai nostri giorni, utile per contestualizzare la loro
evoluzione e i loro cambiamenti nel corso del tempo, sia una parte in cui ho analizzato
singolarmente l’evoluzione delle diverse tipologie di lingerie. Segue poi un capitolo dedicato ai
metodi di conservazione dei materiali tessili e ai fattori di degrado che possono distruggerli o
5
logorarli, una sezione sulla storia della collezione di Franco Pezzato e infine il catalogo vero e
proprio, composto, come già ricordato, da 253 schede con foto e relativa descrizione.
6
Capitolo I
SINTETICO EXCURSUS SULL’EVOLUZIONE
DELL’INTIMO
Intima per essenza ed oggetto di discorsi troppo sistematicamente “leggeri”, la biancheria
femminile ha dimostrato di essere un prezioso rivelatore del costume e la sua storia ed evoluzione
è risultata parallela a quella della liberazione femminile.
Vestirsi è da sempre considerato un atto personale e sociale, rimandando così alla dialettica fra
struttura ed evento. Se da un lato infatti riflette tutte le pesantezze e le inerzie di una società
organizzata nei propri costumi, convenienze ed istituzioni, dall’altro prende in considerazione il
gruppo o l’individuo che vi si sottomette, ma che talora deroga, innova, cambia.
Vestirsi però è anche un atto di significazione, manifesta infatti in modo simbolico e convenzionale
un’essenza, un’anzianità, una tradizione, una generazione, una stirpe, consacra e rende altresì
visibili le separazioni e le gerarchie 1.
L’abbigliamento intimo, come del resto l’abito in generale, deriva sempre da qualche luogo dello
spazio geografico e sociale. Esso porta nella propria forma, nel proprio colore, nel materiale di cui
è fatto e nella tecnica di fabbricazione, i segni flagranti, le impronte o le tracce residue di lotte,
penetrazioni, di contatti, prestiti e scambi fra regioni economiche o aree culturali, come pure fra
gruppi di una stessa società 2 .
In effetti, non appena l’uomo riuscì a pensare altro che non fosse solamente il procurarsi il cibo o
l’assicurare la prosecuzione della specie, cominciò a rivolgere la propria attenzione ai diversi modi
per diventare più attraente dei suoi simili, cercando di mutare il proprio aspetto, anche rischiando
la salute o addirittura la sua stessa vita 3. Gli ideali di bellezza della donna, come pure dell’uomo,
iniziarono così a modificarsi attraverso i secoli e nelle diverse culture: questa mutevolezza delle
posture e delle regioni corporee del desiderio, pare quindi derivare da una strategia della
seduzione che valorizzò alternativamente e con diversa durata spalle, seno, vita, fianchi, natiche,
gambe, braccia, lunghezza e corpulenza dell’intera figura.
1
P. Perrot, 1981, p.8.
Ibidem, p. 13-15.
3
P. Glynn, 1982, p. 20-21.
2
7
Grazie a questo suo carattere ambivalente, l’abito e, in particolare, l’intimo che svela velando e
designa nascondendo i luoghi del corpo, di volta in volta valorizzati, costituisce al tempo stesso
uno strumento decisivo e un’estrema opposizione alla seduzione: il pudore di cui esso testimonia
rivela, a rovescio, le attrazioni che suscita.
Lo stesso Montaigne infatti si chiedeva perché le donne presentassero tanti ostacoli
ammonticchiati sulle parti, che sono le sedi principali dei nostri desideri e dei loro desideri, e a
cosa servissero questi imponenti bastioni con cui le nostre donne armano ora i fianchi, se non ad
aguzzare le nostre brame e ad attirarci verso di loro allontanandosi 4 .
L’intimo infatti ha da sempre destato l’attenzione dell’uomo che, per natura curioso e nello stesso
tempo pudico, è stato continuamente attratto da tutto ciò che gli veniva nascosto: questo spiega
perché, in un’ era nella quale l’abbigliamento non era indispensabile per la sopravvivenza, sia le
donne che gli uomini continuarono a dedicare tanta parte del loro tempo libero a vestire e svestire
se stessi e gli altri.
Per lungo tempo furono considerati indumenti segreti, esclusi dallo sguardo collettivo, trascurati
dalla storia del costume che rischierebbe di svalutare per eccesso di “futilità” o di “volgarità” 5.
In realtà, la cauzione morale dell’abbigliamento visibile permette di parlare, mentre quello
dell’abbigliamento nascosto reclama il silenzio: né visto, né conosciuto, né detto, l’abbigliamento
intimo tocca troppo da vicino il desiderio o l’indegnità del corpo.
Questo atteggiamento nei confronti della biancheria intima, trova una valida conferma nelle varie
carte dotali che si usavano scrivere per elencare la dote, una “sostanza che la moglie, od altri per
essa, arreca espressamente a questo titolo al marito per sostenere il peso del matrimonio, colla
condizione che, allo scioglimento di questo, le verrà restituita” 6. Fin dall’infanzia infatti, le ragazze,
spinte e guidate dalla famiglia e dall’educazione che essa le avevano impartito, cominciavano a
pensare alla preparazione del proprio corredo, cioè a quella base simbolica sulla quale avrebbero
poi costruito la loro vita di coppia. Essi erano costituiti da una grande quantità di capi, alcuni dei
quali però non comparivano all’interno dei documenti dotali, probabilmente per una sorta di
pudore che induceva a sorvolare su certi indumenti: ad essere elencate infatti, erano soprattutto
le vesti, le camicie, i copriletti, le lenzuola ed accessori, ma quasi mai le mutande. È chiaro che
l’omissione di determinati capi d’abbigliamento intimo, fosse il risultato di un imbarazzo e di un
4
5
6
F. Roches, 1931, p. 21.
P. Perrot, 1981, p. 209.
D. Davanzo Poli, 1987, p. 11.
8
atteggiamento pudico che portava ad evitare di nominarli e addirittura di depennarli dalle stesse
carte dotali o dalle pubblicazioni di antichi inventari nuziali 7.
Tutto l’impulso erotico dell’indumento intimo consiste nel segreto, nell’intimità appunto, nel
conoscere qualcosa che gli altri non sanno, un’ informazione esclusiva alla portata di pochi 8.
La lingerie, elemento a pieno diritto del costume umano, ha subito, secondo le mode e i costumi,
ogni genere di trasformazione, dato che essa, come del resto l’abbigliamento in generale,
rappresenta il riflesso dell’evoluzione della società.
Ha origini lontanissime, legate probabilmente alla civilizzazione dell’uomo che, ad un certo punto,
sentì la necessità di distinguersi dagli animali e dai suoi simili “selvaggi”, abituati a vivere nudi,
lasciando i loro organi sessuali alla luce del sole 9. La nascita del pudore quindi, unita al gusto della
seduzione, nascondere e/o mostrare ciò che si vuole evidenziare, e alla nostalgia della giovinezza,
hanno avuto sicuramente una parte importante nell’invenzione della biancheria intima. Il pudore
infatti accresce la bramosia che invece si vorrebbe placare e, quanto più le zone e gli oggetti
relativi al sesso sono lontani dal campo visivo e dal discorso, tanto più essi invadono, affollano ed
ossessionano l’immaginazione.
I primi capi d’abbigliamento intimo, possiamo paradossalmente collocarli alle origini del mondo, a
quando cioè Adamo ed Eva, forse per pudore, una volta accortisi delle loro nudità, decisero di
coprirle con due foglie di fico. Chiaramente non possiamo ancora parlare di una vera e propria
lingerie, ma questo loro atteggiamento, unito alla loro necessità di “coprire”, possono essere visti
come i primi passi e quindi l’esordio dell’abbigliamento intimo.
Le prime vere testimonianze però, arrivano dall’Egitto dove, alla nudità degli schiavi e della gente
di bassa condizione, si contrapponevano perizomi prima e tuniche poi, utilizzate per lo più da
sovrani e nobili che li facevano cucire perfino con fili d’oro. Le donne di alta condizione erano
solite indossare due tuniche, quella di sotto, che si trasformerà poi in camicia, diventando così un
vero e proprio capo di biancheria, e quella esterna, solitamente trasparente, e quindi realizzata
con stoffe leggere a trama larga, quanto al seno, esso era solitamente lasciato scoperto,
sottolineando quindi il loro poco pudore verso questa parte del corpo 10.
Stiamo parlando quindi di un sistema vestimentario aperto che, oltre al popolo egizio, caratterizzò
anche altre civiltà, quale quella fenicia, sumera, assira, ma che si oppose radicalmente agli
7
D. Davanzo Poli, 1987, p. 12.
P. Glynn, 1982, p. 139.
9
C. S. Laurent, 1986, p. 23.
10
Ibidem, p. 25.
8
9
Indeuropei che, stanziatisi nel II Millennio nei territori compresi tra il Mar Nero, il Caspio e il Mar
Rosso, preferirono un sistema chiuso. Sottane e camicie infatti, vennero sostituite da pantaloni o
calzoncini, da un sistema cioè che tendeva ad isolare le regioni infere del corpo, contrapponendosi
così allo spirito mediterraneo, aperto e sciolto che, pur di non imprigionare il bacino e l’interno
delle cosce, nonostante il freddo, facevano addirittura ricorso a dei manicotti avvolti intorno alle
gambe, sostenuti da una specie di reggicalze che cingeva i fianchi 11.
Un’attrazione per una struttura curva, del tutto estranea al mondo Egiziano, rappresentò invece lo
stile vestimentario del mondo Cretese, uno stile che rendeva le donne simili a delle bambole,
libere di esprimere la propria sensualità, il proprio aspetto inquietante e dirompente.
La loro sottana infatti si fece più ampia, paffuta e tonda, grazie soprattutto all’uso di cerchi di
giunco o di metallo, sui quali si sovrapponeva la gonna, che costituirono il primo caso di biancheria
riservato alle sole donne. Questi cerchi rappresentarono i primi artifici che costellarono anche in
seguito la storia della biancheria femminile, prefigurando quindi tournures, guardinfanti, poufs,
culs, crinoline e paniers di cui si servirono le dame per brevi, ma frequenti periodi, ogni qual volta,
stanche di essere contenute in un cilindro, sentivano l’esigenza di rifugiarsi in queste strutture per
sfuggire alla natura. Oltre ai cerchi, le donne cretesi ricorsero anche alla crinolina e soprattutto ai
corsetti che, allacciati sul davanti, lasciavano i seni nudi, sostenuti solo alla base, rendendoli così
eretti e gloriosi.
Altro discorso va fatto per la civiltà Greca del VII secolo a.C. che, a differenza di quella cretese,
utilizzò una struttura sicuramente più semplice, indossando inizialmente, come unico indumento,
un rettangolo di stoffa senz’orlo né cuciture 12. La donna greca infatti, non affidava a nessun capo
di biancheria il compito di incurvare o assottigliare il suo chitone, ma faceva affidamento al solo
gioco delle sue pieghe e del suo drappeggio, senza così avere bisogno di alcuna struttura interna,
nessun corsetto né cerchio.
Questa semplicità riscontrata nel mondo greco era uguale sia per l’uomo che per la donna,
entrambi infatti, a differenza di come accadeva in civiltà quali quelle cretesi o persiane,
indossavano abiti quasi uguali. La loro differenza era sottilmente segnata solo dalla diversa
struttura del corpo, che imprimeva linee diversificate alle pieghe del tessuto: l’uomo infatti,
11
12
C. S. Laurent, 1986, p. 27.
Ibidem, p. 28.
10
accortosi di non essere l’unico sesso sulla terra, cercò di attenuare questa evidenza utilizzando
l’uniformità dell’abito, che impediva quindi alla donna di proclamare la propria femminilità 13.
Esse infatti, avrebbero gravemente peccato di gusto se avessero ostentato la loro specificità fisica
e quindi furono costrette a far scomparire seni e fianchi, a non utilizzare tutta quella biancheria
intima che invece aveva trionfato a Micene e a Creta, e ad accontentarsi di una più modesta, il più
possibile nascosta e discreta.
L’ apodesmo rappresentò per le donne greche il primo capo di abbigliamento intimo. Si trattava di
fascette di stoffa avvolte sotto i seni, usate non certo per glorificarli, quanto per sostenerli,
contenerli e smorzarne l’evidenza, i quali con il passare del tempo però cominciarono a ridursi
sempre di più, fino a prendere le sembianze di un sottile nastro rosso che cingeva il busto fino alla
vita (anamaskhalister).
Con il passare del tempo il mondo greco assistette a numerose trasformazioni e cambiamenti che
investirono il proprio modo di abbigliarsi: la tunica di lino soppiantò infatti il chitone e il peplo,
l’himation si allungò e si allargò per avvolgere meglio e, sotto di esso, la nascita di una tunica
interna, un nuovo capo di biancheria che, attraverso i secoli, darà origine alla camicia e alla
sottogonna 14.
Già in questi primi capi di abbigliamento intimo della storia, si nota la principale funzione che
ebbero nel corso dei secoli e che si portarono dietro, anche se a fasi alterne, per tutto l’
Ottocento: nascondere, comprimere e appiattire le forme e le curve di una donna.
Indumenti intimi quindi come qualcosa che aiutava a celare i sogni evidenti di una femminilità che
spesso veniva repressa e relegata alla sola sfera domestica e privata.
Anche per le donne romane, almeno all’inizio, la biancheria intima designava la loro pudica
riservatezza e la loro sensualità era ancora decisamente semplice e modesta.
A differenza delle donne greche infatti, che tra la fine del IV e l’inizio del III secolo si erano
imbacuccate per meglio eccitare il desiderio maschile, sembra che quelle di Roma, almeno
inizialmente, abbiano celato il proprio corpo per scrupolo morale 15.
La fascetta che era apparsa sotto il petto ed attorno ai fianchi delle donne greche, ora compare
anche tra le donne di Roma con il nome di taenia, ma ad essere maggiormente usate, soprattutto
dalle giovani ragazze furono le fasce, delle strisce più larghe utilizzate per comprimere il seno e
frenarne lo sviluppo e il mamillare, un crudele schiaccia petto in cuoio rigido.
13
14
15
C. S. Laurent, 1986, p. 31.
Ibidem, p.33.
Ibidem, p. 36.
11
Come in Grecia quindi, ci fu una vera e propria lotta contro ogni tipo di rotondità, contro tutto ciò
che poteva dare alla donna quella femminilità e sensualità che l’ avrebbe valorizzata e che, nello
stesso tempo, avrebbe distolto e distratto l’uomo dai loro compiti nei confronti dello Stato.
Ma il fiorire della biancheria non si arrestò, e cominciarono pian piano a diffondersi capi intimi
come lo strophium, una specie di sciarpa che avvolgeva i seni senza però comprimerli, l’ ephod, un
corsetto sostenuto da bretelle, il capitium, una sciarpa più larga e molle e il cestus che, importato
dal mondo greco, con i suoi ricami, avvolgeva il corpo della donna dal seno fino all’inguine.
La donna quindi, pur mantenendo per strada un aspetto simile a quello dell’uomo, indossa ormai
un complesso di biancheria che comincia a distinguerla come donna, che le conferma la
consapevolezza del proprio sesso, soprattutto dopo aver compreso che soltanto esasperando ed
esibendo quella diversità che la rendeva straniera ai maschi, avrebbe potuto diventare oggetto di
passione
16
. La donna romana quindi, aveva finalmente potuto accedere a quella pratica della
voluttà che fino ad allora aveva totalmente ignorato e su di essa cominciarono a riunirsi tutti quei
capi di biancheria, aperti e sciolti, concepiti nel mondo mediterraneo dalla preistoria in poi: le
fasce e le sciarpe della Grecia, le tuniche e le gonne d’Egitto e la crinolina di Creta.
Fu nel I secolo che le donne latine iniziarono ad uscire da quel principio che aveva regolato l’intero
sistema vestimentario greco – romano, adottando, al contrario, un sistema chiuso, che
sequestrava il basso ventre: il subligaculum. Il termine stesso, che dal latino subligo significava
appunto “legare sotto”, non era altro che una sorta di sottofascia costituita da una striscia di lino,
una specie di semplice perizoma, avvolto intorno alle cosce ed allacciato alla vita, facente parte
inizialmente dell’abbigliamento di ballerine ed attori sul palcoscenico, ma anche di atlete e di
gladiatori.
A parte qualche piccola influenza, l’abbigliamento delle donne del III secolo non subì sostanziali
cambiamenti, esse infatti indossavano ancora sulla pelle una prima tunica, la subcula, sopra della
quale ci passavano la stola, poi la gonna e perfino un corpetto ricamato.
Anche agli inizi del Medioevo, tranne rare eccezioni che videro l’utilizzo dei feminalia, mutande
lunghe al ginocchio, indossate per lo più dalle serve di Bisanzio o da alcune donne gallo-romane, le
donne si rassegnarono a rimanere nude sotto le due vesti, quella esterna, colorata e aperta, e
quella interna, di stoffa più leggera, diffusa solamente dall’epoca carolingia in poi, e una cintura
avvolta su questa, a sostenere i seni 17.
16
17
C. S. Laurent, 1986, p. 40-41.
Ibidem, p. 47.
12
La biancheria, nel senso moderno del termine, è quindi ancora sconosciuta agli inizi del Medioevo,
periodo che vide la donna ritornare ad essere una penosa necessità imposta dalla natura e dalla
società, ma anche dalla religione che le impose un abbigliamento teso solo a seppellire le sue
forme e a nascondere la sua pelle, dandole addirittura come norma assoluta di comportamento la
castità.
Fu però nel corso dello stesso Medioevo che cominciò un vero e proprio gusto per la biancheria,
una passione che, se inizialmente vide solo la comparsa, tra la veste esterna e quella interna, del
doublet, un breve corpino e un probabile antenato del busto, vide riapparire le fascette per
sostenere e contenere il seno, ma anche la nascita di numerosi altri indumenti intimi.
In effetti nessun’altra epoca più del Medioevo si è tanto accanita a diversificare l’abbigliamento, a
sessualizzarlo, distinguendo i due sessi, imponendo così agli uomini e alle donne una differenza
che recasse i segni distintivi della loro diversità sessuale: un dialogo tra di loro poteva cominciare
solo a partire dalla consapevolezza della loro reciproca diversità.
Le vesti delle donne cominciano ora ad allungarsi, la silhouette femminile prevedeva seni più alti e
una vita molto sottolineata e cresceva la volontà di abbigliarla in modo che, anche vestita,
rivelasse perfettamente la zona del suo corpo che la caratterizzava come donna: il ventre 18.
Il nuovo abbigliamento femminile fu caratterizzato da una veste aperta, che diventa così facile da
invadere, ma anche da difendere, data la presenza di una grande quantità di biancheria che
ricopre il suo corpo. Molti infatti erano i nuovi capi d’intimo che erano sorti in questo periodo,
uno fra questi fu il gipponino, un gilet molto attillato che si portava sopra la veste, ma che
appiattendo il seno ed esaltando il ventre, giocava un ruolo molto simile a quello del busto, il
futaine, una fascia usata per serrare la vita, la cotta, una tunica corta con ampie maniche e dotata
di laccetti, anch’essa facilmente assimilabile alla famiglia dei corsetti 19.
A questi capi, vanno sicuramente aggiunte le calze, realizzate per lo più in lino o in lana, trattenute
sopra il ginocchio dalle giarrettiere, delle piccole strisce elastiche, spesso finemente guarnite, che
permettevano di agganciare e di tendere le calze stesse al di sopra del ginocchio, per non spezzare
la linea del polpaccio
20
. Vanno poi ricordati i collaretti e le gorgiere indossati sopra il corsetto,
scolli sempre più ampi da rivelare spalle e quasi tutto il seno e una serie di artifici, come cuscinetti,
18
19
20
P. Glynn, 1982, p. 64-65.
C. S. Laurent, 1986, p. 54.
P. Perrot, 1981, p. 228.
13
fasce e lacci, utilizzati soprattutto per ingannare e creare un’apparenza che non corrispondeva poi
alla realtà (“biancheria bugiarda”) 21.
Alla fine del XIV secolo un impeto di rinnovamento invase gli stati e le corti italiane.
Affievoliti se non addirittura spezzati i legami con le tradizioni frenanti, l’apporto degli studi
umanistici, il fiorire delle arti, l’espansione dei mercati e delle sfere d’influenza, la scoperta di
nuove tecniche, l’importazione di prodotti di civiltà fino ad allora sconosciute, crearono le
condizioni necessarie per l’evoluzione del costume, nella costante tendenza di migliorare,
inventare, cambiare ed abbandonare finalmente il vecchio per il nuovo. Il termine “foza” iniziò ad
acquisire, nei primi decenni del XV secolo il significato dell’attuale “moda” ed i maestri tessitori
raffinarono ulteriormente le loro tecniche, producendo delle così splendide preziosità che
guadagnarono subito l’entusiasmo dei clienti 22.
Tutto lo sforzo fatto nel Medioevo per cercare di differenziare l’abbigliamento femminile da quello
maschile viene messo in crisi nel corso del Rinascimento. Se la donna medievale faceva percepire
la propria femminilità e il proprio corpo mediante l’aderenza dell’abito sul ventre, ora, nel XVI
secolo, al contrario, essa tende a mimetizzare proprio quel punto prima privilegiato con
l’invenzione del guardinfante, che tenderà a dilatare, anche in maniera esagerata, i fianchi.
Quello che il Medioevo aveva separato, ora si confonde, le donne cercano l’uguaglianza, tentano
di sentirsi libere proprio come l’uomo, arrogandosi perfino il diritto di indossare i calzoni,
smontando in questo modo tutta l’opera di differenziazione vestimentaria svolta in più di tre
secoli23.
Venne chiamata faldiglia e poi guardinfante quell’insieme di cuscinetti, stecche di balena, di fil di
ferro o di vimini che, appoggiati in vita, allargavano la gonna in uno smisurato cerchio 24.
Probabilmente l’utilizzo di questo capo d’abbigliamento è da ricercare sulla volontà delle classi
dirigenti, abbondantemente arricchite proprio in questo periodo, di esibire la propria ricchezza
attraverso l’invenzione di un capo che richiedesse una maggiore quantità di stoffa e che quindi
permettesse loro di farne grande sfoggio.
Tale capo non veniva utilizzato per ingannare e far credere che la natura avesse dato alle donne
fianchi più larghi della lunghezza del busto, bensì per creare una forma nuova che aboliva il ventre
sotto quell’enorme la gonna.
21
22
23
24
P. Perrot, 1981, p. 56.
V. De Buzzaccarini, 1985, p. 17.
C. S. Laurent, 1986, p. 62.
Ibidem, p. 66.
14
Alla maestosità del volume inferiore del corpo della donna data appunto dal guardinfante,
corrispose un volume, altrettanto artificiale, della parte superiore, creato da un nuovo capo
d’abbigliamento: la baschina 25.
Di tela rigida, essa saliva verso le spalle allargandosi ad imbuto, strizzando così la vita e
schiacciando i seni, capovolgendo in questo modo le caratteristiche proprie del corsetto medievale
che invece, al contrario, lasciava libero il seno, facendo inarcare i reni per dare risalto al ventre.
Se il guardinfante aveva eliminato la maggior parte della femminilità di una donna, la baschina
cancellò del tutto il rotondo e il morbido del busto: la congiunzione dei due capi creò così un
essere che non presentava più alcuna forma naturale.
Sembra quasi una contraddizione pensare che, in un momento nel quale le donne condannarono
se stesse a portare accessori del tutto ostili al movimento e alla comodità, adottarono nello stesso
tempo le braghesse, chiamate anche “briglie da culo” o “calzoni a la galeota” a Ferrara 26.
Anche se già in precedenza molte avevano cominciato ad indossarli, soprattutto per motivi igienici,
pare sia stata Caterina de Medici ad iniziare le donne all’uso di tali calzoni, probabilmente
imitando quelli maschili, con il preciso scopo di cancellare quella netta divisione stabilita nel
Medioevo tra la veste, simbolo femminile, e i calzoni appunto, chiaro simbolo maschile.
Il loro utilizzo rappresentò inoltre un ottimo strumento per mettere in bella mostra le gambe
maschili, che infatti venivano perfettamente curate cercando di tenere sempre braghesse e calze
minuziosamente tirate.
L’evoluzione delle braghesse fu molto rapida, inizialmente furono realizzate in cotone o in
fustagno, poi in panno e in tela d’oro o d’argento quando le donne vollero trasformarli in capi
esterni, e cominciarono pure a diventare “bugiarde”, grazie soprattutto ad imbottiture di seta,
strategicamente posizionate per arrotondare le cosce e il sedere 27.
Durante il XVII secolo, calzoni, guardinfanti, faldiglie e baschine vennero considerati “trucchi
infernali” soprattutto dalla chiesa cristiana che condannò apertamente tutta quella stravaganza
che aveva regnato nei secoli precedenti 28.
Pian piano si cercò di ridare alla donna quella naturalezza e quella simmetria che aveva regnato
precedentemente e si eliminarono tutti quei capi che avevano caratterizzato il periodo
25
26
27
28
C. S. Laurent, 1986, p. 67.
P. Perrot, 1981, p. 212-213.
C. S. Laurent, 1986, p. 64.
P. Glynn, 1982, p. 22-23.
15
rinascimentale: nel XVII secolo gli uomini sono uomini e le donne donne, ai primi i calzoni, alle
seconde la veste 29.
Nonostante tutto, le donne non rinunciarono alla biancheria e si inventarono nuovi capi che, in un
certo senso, riuscissero a dare i medesimi risultati. Ecco che, dopo la scomparsa del guardinfante,
ricorsero all’utilizzo di tre sottogonne sovrapposte per far rigonfiare la veste, e la stessa baschina
si modificò fino a raggiungere le stesse caratteristiche del corsetto usato alla fine del Medioevo. Il
nuovo arnese infatti, anche se schiacciava il busto altrettanto crudelmente della baschina, non
creava le forme rigide tipiche dell’epoca rinascimentale, ma in ogni caso, i suoi principi costruttivi,
rimasero praticamente identici, variando solo alcuni particolari: ora più leggero, ora più rigido,
allacciato ora davanti, ora dietro.
Durante il XVIII secolo fu inventato una sottogonna simile al guardinfante, sottolineando così un
aspetto importante della moda, il suo essere ciclico, il fatto cioè che essa non possa cambiare
senza ricorrere alle formule precedenti, ai modelli che sembravano ormai superati. E’ la nascita del
paniere, una gabbia fatta a cerchi di vimini, di corda spessa o di ossa di balena, sospesa intorno alla
vita che serviva per tenere rialzati i vestiti e che provocò pressappoco le stesse accuse che
avevano colpito faldiglie e guardinfanti.
I primi furono sul principio dei cerchi di ferro, di legno e di balena, coperti di stoffa e chiamati
“vertugadins”, poi cominciarono a nascerne modelli sempre più diversificati che variavano a
seconda dell’età e della figura della donna che li avrebbe portati 30.
La donna del 1700 sottolinea la sua femminilità per mezzo di artifici che mettevano in risalto le
forme del corpo, soprattutto i seni e il sedere, così da risultare sempre “ampia” e “paffutella”.
Nonostante la scomparsa del paniere negli anni immediatamente precedenti la presa della
Bastiglia, le donne non si persero d’animo e iniziarono ad utilizzare un altro aggeggio che esaltasse
le loro forme naturali: il pouf, sbrigativamente chiamato anche “culo” 31.
Iniziò infatti ad imporsi l’utilizzo di vesti gonfie posteriormente in quella zona del corpo che
nessuna moda fino ad allora aveva sfacciatamente sottolineato 32
A differenza del guardinfante e del paniere, il pouf riuscì finalmente a restituire alla donna quella
libertà di movimento che prima le era mancata e, imbottito di crine e attaccato sotto i reni,
migliorò effettivamente le loro forme naturali senza modificare del tutto la loro figura 33.
29
30
31
32
C. S. Laurent, 1986, p. 70.
V. De Buzzaccarini, 1985, p. 34-35.
C. S. Laurent, 1986, p. 78.
V. De Buzzaccarini, 1985, p. 59.
16
Parallelamente all’uso di questo nuovo capo intimo, le donne continuarono ad indossare il
corsetto che, nonostante il parere negativo di medici e moralisti, che pubblicarono perfino
un’opera dedicata alla “Degradazione della specie umana causata dal corsetto di balena”, continuò
a modificarsi e ad adattarsi alle mode del periodo.
Fu solo con la Rivoluzione che pian piano l’utilizzo del busto cominciò ad arrestarsi.
Compare il fichu, un ampio fazzoletto, un indumento necessario per le donne che, non avendo più
il corsetto a sostenere i seni, per ottenerne l’opulenza, lo indossarono e i contemporanei
chiamarono “petto finto”.
La ciclicità della moda portò ben presto alla ricomparsa del busto: inizialmente in forma di
fascette, chiamate giustamente “zone” come quelle antiche, ma attaccate più in alto,
sorreggevano la parte inferiore del petto e pian piano cominciarono a prendere le sembianze del
busto vero e proprio, sicuramente meno crudele, grazie all’assenza delle stecche di balena, alla
presenza di elastici più morbidi e all’utilizzo di stoffe diverse, quali il satin o il velluto 34.
Con la sparizione del paniere e poi anche del “culo”, sembrava essere cominciato un movimento
teso alle vesti dritte, ricadenti all’antica, ma non fu proprio così: la linea tornò infatti ad imporre
una vita molto segnata e gonne allargate, non più dal paniere, ma da una serie di sottogonne
sovrapposte, facendo così riapparire le “donne dai fianchi ampi” 35.
Per quanto riguarda le mutande, fin dall’inizio del 1700, esse comparvero negli inventari,
principeschi o più modesti, accanto alle camicie, sia da giorno che da notte, e ad altri capi di
biancheria intima. Iniziarono poi ad essere inseriti, intorno alla metà del ‘700, nei corredi quando
comparvero, sotto il nome di “calzoni” o “braghesse”, addirittura a volte impreziosite d’oro e
d’argento filato con fibbie: nell’inventario della signora Priuli Tiepolo, stipulato a Venezia nel 1788,
figurano infatti, oltre a busti, camicette e vestaglie, ben ventiquattro “ mutande di gotone” 36.
Indumento fra gli ultimi a figurare nei corredi, la mutanda iniziò ad essere utilizzata con maggiore
frequenza nell’Ottocento: nella primavera del 1807 apparvero a Palazzo Reale e sui boulevards
Parigini, quando cioè si cominciarono a vedere donne le cui caviglie erano circondate di festoni e
pizzi, ornamento finale di un lungo e largo pantalone di lino e di tela fine legato in vita, chiamato
appunto “mutandone”; arrivarono in Italia nel 1809 attraverso i figurini della “Moda di Francia”; in
33
34
35
36
C. S. Laurent, 1986, p. 78.
P. Glynn, 1982, p. 142.
C. S. Laurent, 1986, p. 82.
D. Davanzo Poli, 1987, p. 13, 26.
17
Inghilterra le fanciulle iniziarono a ricorrere ad esse per fare ginnastica, le bambine per giocare e le
donne per andare a caccia 37.
Un capo così lungo, sporgente dall’orlo del vestito, inevitabilmente risvegliò l’attenzione maschile
nonché la critica dei moralisti dell’epoca: ecco che allora divenne un elemento indispensabile nel
guardaroba delle cortigiane che fecero dei mutandoni un accessorio del vizio.
Un’altra categoria della società femminile infatti, le bambine, cominciò ad appropriarsene e, grazie
al processo di infantilizzazione dell’abbigliamento, avvenuto tra il XIX e il XX secolo, anche le
donne poterono rendere vistoso tale capo intimo 38.
Questo però non fu l’unico motivo che portò le donne all’utilizzo dei mutandoni, infatti, oltre ad
indossarli nei lavori che avrebbero potuto mettere in pericolo il loro pudore o durante cavalcate e
viaggi, essi cominciarono a diventare “urgenti” con i cambiamenti della moda del 1840.
A partire dagli anni ’40 infatti, la moda si allungò, nascondendo i piedi sotto le gonne che, nello
stesso momento, iniziano ad allargarsi grazie all’arrivo della crinolina, un’armatura di cerchi di
legno prima, di ferro poi, che continuò il ruolo svolto ottant’anni prima dal paniere e due secoli e
mezzo prima dal guardinfante. Non era altro che una sottana ampia e molto arricciata che
prendeva il suo nome dal tessuto con cui era confezionato: Il crinolino, inventato da Monsieur
Oudinot, adoperato fino a quel momento solo per colli e cappelli, offriva il vantaggio, oltre alla sua
rigidezza, di non sgualcirsi mai, nemmeno sedendosi 39.
Attaccata in vita, teneva gli abiti delle donne ad una grande distanza dal corpo e la sua rigidità era
tale che bastava scendere le scale o spingere il busto più indietro perché si vedessero le ginocchia:
i rigidi cerchi della crinolina richiedevano quindi l’urgenza dei lunghi mutandoni e, da quel
momento, non saranno mai più esclusi dagli elenchi di biancheria 40.
Tra il 1820 e il 1850 quindi le donne riacquistarono una linea curva, garantita appunto dalla nascita
della crinolina che le chiuse entro una semisfera e le rese talmente voluminose da indurre ebanisti
e carrozzieri a moltiplicare sedili e portiere, proprio per accogliere e rispettare la monumentalità
del loro apparato vestimentario. “Crinolina” divenne un neologismo con il quale, per tutto il
periodo del Romanticismo ed oltre, si indicava non più una sottogonna, ma la foggia stessa
dell’abito, accolto da tutte le signore di ogni rango e non più solo privilegio delle dame d’élite e
dell’alta borghesia.
37
38
39
40
C. S. Laurent, 1986, p. 104-105.
Ibidem, p. 113.
V. De Buzzaccarini, 1985, p. 48.
P. Peri, 1995, p. 25.
18
La loro riconquistata rotondità si accompagnò ad altre modifiche che vennero apportate al loro
abbigliamento intimo, primo fra tutti il busto. Esso infatti, comparso nel Rinascimento in tela
rigida, sebbene fosse stato gettato alle ortiche alla fine del XVIII secolo, riapparse imperiosamente
verso il 1820, costringendo inesorabilmente il corpo femminile e divenendo un elemento
indispensabile dell’abbigliamento. Nonostante le proteste e le grida di allarme con le quali fin dal
secolo precedente medici ed igienisti mettevano in guardia contro i pericoli e i danni alla salute di
chi lo portava ( si parlava di sterilità, di aborti, di tubercolosi, svenimenti e collassi), il busto non fu
abbandonato. La “vita da vespa” doveva assolutamente apparire in cospicuo contrasto con la
gonna che invece andava sempre di più allargandosi e l’uso del busto divenne universale per tutte
le donne di ogni ceto e rango, realizzato per tutti i gusti e per ogni esigenza 41.
Ma anche la crinolina, dopo quasi quindici anni di dominio, scomparve e, per rialzare il sedere
delle donne, agli inizi della Terza Repubblica, si usò la tournure.
Inizialmente un piccolo pouf di crine o una pila di volants di tela rigida, essa diventò
successivamente una specie di navicella caratterizzata da anelli metallici trattenuti da legacci, per
poi assumere l’aspetto di una vera e propria gabbia sospesa in fondo ai reni e collocata tra il
vestito e la sottogonna 42.
La donna quindi era tutt’altro che libera, i suoi abiti non facevano altro che intrappolarla e la
biancheria da essi compressa, non rappresentava che una serie di bastioni contro ormai impossibili
assalti. E’ il periodo durante il quale si cerca di coprire ogni cosa: la donna infatti mette sopra la
camicia il busto, che la strizza dalle spalle alle cosce, la parte superiore del suo corpo è serrata nel
copribusto, ricamato e festonato come i mutandoni, mentre quella inferiore è dissimulata da
larghi mutandoni, sopra i quali, cinte in vita, si stringono una molteplicità di sottogonne, la gonna
infine, risulta essere così stretta da impedire i movimenti, costringendo a tenere le cosce strette,
mentre le gambe sono protette dalle calze, fermate dalle giarrettiere del busto e da quelle di
sicurezza 43.
E fu proprio quando la donna venne praticamente mummificata nei propri vestiti che cominciò a
nascere la moda dello strip-tease (spogliarello), in principio chiamato “coucher”. Questi spettacoli,
uniti alla nascita di numerose riviste “scollacciate”, rappresentarono all’epoca una novità
rivoluzionaria che, oltre a permettere agli amatori di godere a sazietà della biancheria femminile,
41
42
43
V. De Buzzaccarini, 1985, p. 46.
P. Peri, 1995, p. 119.
D. Davanzo Poli, 1987, p. 62.
19
fu spiegabile solamente con lo stato di vera e propria ossessione indotto negli uomini proprio a
causa dell’eccesso vestimentario delle donne 44.
La biancheria personale quindi, che nel corso della prima metà del XIX secolo si limitava ad essere
indossata sotto gli abiti, senza nessuna pretesa di ricercatezza, durante la seconda metà
dell’Ottocento si verificò un interesse sempre maggiore per i capi d’intimo che divennero sempre
più ricercati, adornati e realizzati da persone esperte che misero in pratica la loro fantasia per
creare nuovi e sorprendenti modelli
45
. La qualità dei manufatti cominciò di fatto ad essere un
requisito importante, sia per la scelta dei tessuti, dei modelli che delle decorazioni, e le richieste si
fecero via via sempre più esigenti anche da parte delle classi sociali più basse: è l’epoca durante la
quale non è conveniente esibire un corredo nuziale poco curato e ridotto nel numero di capi.
Calze, mutandoni, camiciole, busti, copribusti, vestaglie e sottane cominciano quindi ad essere
guarniti da fruscianti ed arricciate gale, e alle fini stoffe, tele di lino e cotone, inizia ad affiancarsi
l’utilizzo della seta, indiscussa e preziosa regina delle fibre animali, usata soprattutto per la
creazione di sottogonne 46.
Alla fine dell’ Ottocento e agli inizi del Novecento, la moda di fatto cambiò ancora una volta le
forme femminili che, nonostante la scomparsa della tournure, non vennero liberate, ma castigate
nuovamente, questa volta costrette ad assumere la linea di una S. Per raggiungere questo
obbiettivo, la moda impose l’utilizzo di un nuovo busto, chiamato “senza pancia”, chiuso da ganci
e portato sopra la camicia, costituito anteriormente da un lungo contrafforte che schiacciava il
ventre, e dalla parte inferiore che invece torturava l’inguine.
La donna del 1900 quindi risultava ancora più torturata di prima; il suo aspetto evidenzia un
sedere spropositato, una pancia praticamente orizzontale, e un’immagine che sembra negare che
essa possieda una colonna vertebrale ed un addome.
La situazione migliorò solo dopo la Grande Guerra del 1914, quando cioè la moda lancerà l’abito
dalla linea dritta e sciolta, in perfetta simbiosi con il corpo, che potrà finalmente muoversi e
liberarsi dalle molteplici torture che fino ad allora l’avevano costretto.
Già nei primi mesi del XX secolo comunque, si torna a ribadire l’importanza della biancheria
personale “fina, pulita ed elegante” 47.
44
45
46
47
C. S. Laurent, 1986, p. 129.
P. Peri, 1995, p. 26.
Idem.
Ibidem, p. 27.
20
I copribusti, che coprivano appunto il busto, seguendone la forma, cominciano ad adornarsi di
decorazioni sul davanti e, sempre scollati e realizzati con stoffe leggere, per lo più bianche,
possono essere aperti sia davanti che dietro, ma sempre caratterizzati da sproni tagliati in forma e
dimensioni diverse, ribaditi da merletti, passanastri e ricami 48.
I copribusti del 1900, che saranno banditi con la scomparsa del busto, diventeranno quindi dei veri
e propri capolavori grazie alla grande finezza riposta nelle cuciture, non presenteranno più la
faldina e risulteranno ampiamente scollati e senza maniche, con decorazioni di pizzo, inframezzate
da ricami e nastri.
Lo stesso lusso ed eleganza dominò anche mutande, vestaglie e sottane, sempre più impreziosite
da pizzi Valenciennes, pizzi di Venezia e di Cantù: una tale ricercatezza per i capi di biancheria
personale, persevereranno fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dopo la quale regnerà la
semplicità e la riduzione degli indumenti, sempre però accompagnata da raffinatezza e
preziosità49.
Dopo la Prima Guerra Mondiale infatti, comincerà l’assottigliamento della figura femminile, le cui
tappe furono alla base delle ricerche stilistiche portate avanti dagli inglesi e successivamente dai
nuovi creatori di moda parigini, primo fra tutti Paul Poiret che, se non riuscì ancora a sopprimere il
busto, lancerà una nuova immagine della donna, creando un corpetto dritto, che rispettasse il
naturale andamento della spina dorsale, restituendo così una colonna vertebrale normale a
chiunque lo indossasse 50. La trasformazione vera e propria però avvenne solo a partire dagli anni
’20, quando gli abiti corti cominciarono ad assumere una linea dritta, pratica e sciolta e la stessa
biancheria cambierà aspetto, assolvendo ruoli diversi rispetto al passato.
Le vacanze e la pratica sportiva avevano comunque già in parte preparato la mutazione
dell’abbigliamento femminile, la guerra del 1914 ne fornì di fatto solo il pretesto.
Molti furono i cambiamenti: le gonne cominciarono pian piano ad accorciarsi, il busto si ridusse
alle proporzioni di una guaina leggera che saliva poco oltre la vita e scendeva all’inguine liberando
le cosce, e fu inventato il reggiseno, in realtà già esistente dal 1912, ma che fino ad allora non era
riuscito ad imporsi. A tutto questo vanno aggiunte le novità che attraversarono le mutande che
iniziarono infatti a cambiare la loro primordiale funzione: se prima coprivano tutta la zona del
48
49
50
D. Davanzo Poli, 1987, p. 66.
P. Peri, 1995, p. 29-30.
C. S. Laurent, 1986, p. 147.
21
busto compresa tra la vita e metà coscia, si limitarono ora a contenere il sedere e la pancia e
quindi ad essere realizzate con meno della metà della stoffa prima impiegata 51.
Inoltre, accanto alla scomparsa di pesanti merletti e tessuti spessi in favore di tele leggere e
trasparenti, le mutande, fino a quel momento di colore bianco o nero, si realizzano anche in rosa e
si sviluppano in due forme diverse, “mutande a calzoncino largo”, che avvolgevano le cosce, e
“mutande a gamba corta”, che coprivano solo la parte alta delle cosce stesse, prefigurando tra
l’altro le future mutandine e slip 52.
Alla fine della Grande Guerra quindi si assistette ad un progressivo alleggerimento del corpo
femminile che riuscì finalmente a liberarsi di tutte quelle pesanti architetture che avevano per
lungo tempo imprigionato gambe e fianchi, adattandosi quindi ad abiti sicuramente più consoni ad
un momento in cui il progresso unito all’uso dell’automobile, richiedevano una vita più dinamica,
semplice e svelta 53.
La donna ritrovò quel contatto con l’aria e con i suoi movimenti, già visto durante l’ epoca classica,
dato che i suoi abiti, dritti e sciolti, scivolavano con leggerezza su seni e vita e la sua biancheria,
parimenti larga e morbida, era assimilabile alla tunica interiore dell’antichità.
Essa si sentì nuda e libera, non più torturata dal busto e nemmeno dal reggicalze, che la moda
sostituì con la giarrettiera con le calze che si arrotolavano sopra il ginocchio, per la maggior parte
chiare, sempre più trasparenti e più vicine alla nudità: l’unica presenza costrittiva rimaneva quella
del reggiseno, che tuttavia venne messo abbastanza tardi dalle ragazze, e che molte donne non
mettevano affatto.
Le “combinazioni”, furono, in questo periodo i più diffusi capi di biancheria: la donna del 1928
infatti comincia ad utilizzare queste “combinazioni”, larghe e sciolte, caratterizzate da lembi
accostati a mezza gamba mediante una linguetta munita di bottoni, che però furono ben presto
superate, sacrificate alla sottoveste e alle mutande 54.
Pian piano le “mutandine” cominciano a prendere il posto delle “mutande ampie” che avrebbero
rischiato di essere indiscrete sporgendo oltre gli short, e, imposte anche dalla stessa legge
dell’infantilizzazione, le mutandine aderenti e corte, definite anche “a barchetta”, iniziano ad
essere adottate anche dalle donne adulte.
51
52
53
54
C. S. Laurent, 1986, p. 151.
Idem.
V. De Buzzaccarini, 1985, p. 82.
C. S. Laurent, 1986, p. 168.
22
La nuova formula riduttiva della biancheria femminile, che perdurerà anche durante la Seconda
Guerra Mondiale, sarà quindi caratterizzata da tre unici capi: reggiseno, slip e reggicalze.
La sottoveste, indossata sopra le mutandine e il reggiseno, durante gli anni che precedono la
guerra, tende a declinare, ispirandosi ad un gusto ormai sorpassato, non coerente con lo sport e le
attività vacanziere. Sparita la sottoveste, la donna mise a contatto con la sua pelle abiti e maglioni,
andando contro a tutta la storia della biancheria, da sempre concepita come schermo totale tra
corpo e abito esterno.
Si stava di fatto sconvolgendo tutta quella sensualità che, tra il 1890 e il 1910 aveva caratterizzato
l’intimo femminile: la donna infatti indossava ormai rari e semplici capi intimi e l’uomo, abituato
per quasi mezzo secolo ad identificare il suo corpo con la biancheria stratificata che la difendeva,
nonostante ne apprezzasse l’attuale leggerezza e nudità, cominciò a perderne il desiderio, a
percepire un’assenza nell’intimità e nell’attimo della conquista 55.
Al regno della biancheria complicata, steccata, ricca e perversa, successe quindi quello delle
“brave” mutandine, candide e quasi infantili.
Fu intorno agli anni Trenta, che la donna cominciò a sentire il peso di questi cambiamenti che, se
da un lato le avevano fatto riscoprire sensazioni nuove, come l’impressione della nudità sotto il
vestito, il contatto delle cosce che si sfioravano sotto l’abito e la sensazione di libertà delle gambe,
non più impedite dalla difesa del vestito, dall’altro l’avevano di colpo esposta e resa indifesa.
Sentì quindi il bisogno di mitigare questo nuovo eccesso che stava ferendo la sua sensibilità, e
cominciò ad indossare gonne più lunghe, a volte anche molto aderenti ed una biancheria più
difensiva, fatta apposta per sventare ogni eventuale défaillance dell’abito 56.
Sempre intorno agli stessi anni, ci fu un’importante quanto rivoluzionaria scoperta che cambiò la
vita delle donne: la nascita di un nuovo tessuto, il nylon. Messo a punto dalla famosa firma
leggendaria DuPont di Nemours con la collaborazione del dottor Wallace H. Carothers, il suo
brevetto fu depositato nel 1938 e, nel 1940, vennero presentate alla Fiera Internazionale di New
York le prime calze in nylon 57. Se, durante la guerra, il nylon partecipò innanzitutto agli sforzi del
conflitto, intervenendo nella fabbricazione di tele per i paracaduti, a partire dagli anni ’40, esso
incontrò un successo planetario, diventando l’elemento fondamentale di tutti i capi intimi che,
grazie ad esso, divennero pratici, resistenti, facili da trattare e sicuramente più economici.
55
56
57
C. S. Laurent, 1986, p. 186.
Ibidem, p. 189.
E. Piveteau, 2005, p. 220.
23
Dopo il 1945, all’indomani quindi della Seconda Guerra Mondiale, ad un iniziale clima di povertà e
smarrimento, durante il quale ne risentì anche il mondo della biancheria, che vide la scomparsa
della sottoveste e delle calze, sostituite solo da una riga colorata, ed un utilizzo di massa del
reggiseno e dei calzoni, la moda riesce a ritrovare la sua prosperità e ad imporsi, dimostrando alle
donne il suo potere.
Venne quindi rilanciata la gonna lunga a metà polpaccio, e si impose alla donna una figura magra,
ma caratterizzata da fianchi più rotondi e morbidi ed una biancheria che non ingrossasse la sua
silhouette. Quest’ultima comunque non subì sostanziali modifiche, restando composta da
reggiseno, slip, che fungono anche da reggicalze, da sottogonna e, più raramente dalla sottoveste.
Ritorna invece la guaina, chiusa a mutandina, o aperta, sempre corta, che parte dalla vita, ma
anche quella che sale fino al petto, tornano inoltre di moda bustini e guepière, con la funzione di
segnare la vita e sostenere il seno 58.
Dopo il 1950, si cominciarono a scorgere i primi segni di prosperità: l’avanzata del processo di
industrializzazione della moda intima, nonché l’influenza della pubblicità favorirono infatti il
moltiplicarsi delle forme, la rapidità dei cambiamenti e la nascita di una grande quantità di tessuti,
sicuramente di notevole malleabilità, come per esempio la lycra, nata sempre ad opera di DuPont
de Nemours 59.
Furono anni in cui iniziò a prendere piede quel processo che voleva imporre l’unisex, l’uguaglianza
sessuale e vestimentaria, portato avanti con grande passione dalle femministe del tempo che,
durante una manifestazione, in segno di protesta, buttarono per terra il reggiseno, calpestandolo.
Fu una vera e propria rivoluzione delle sensibilità, un’epoca in cui, sotto la spinta delle teoriche del
femminismo, si assistette al predominio dei calzoni e alla riduzione della biancheria, all’utilizzo di
colori sgargianti e a fantasia, netti e decisi, tipici dell’abito esterno, al loro uso strettamente
pratico, non volendo più essere fonte di sogni, ma utile e freddo strumento.
Ma, tra il 1966 e il 1986, quel processo di mascolinizzazione dell’abbigliamento femminile, tanto
perseguito dalle femministe e sostenuto dai fabbricanti di jeans e dall’alta moda, diventò una vera
e propria utopia grazie allo sviluppo e alla diffusione delle minigonne. Esse infatti, nate attorno al
1964, imposero l’utilizzo di stivali e tacchi alti, sancendo quindi un’ulteriore sconfitta per
58
59
C. Probert, 1981, p. 42.
C. S. Laurent, 1986, p. 206.
24
l’abbigliamento androgino, e crearono scompiglio nelle biancheria, dal momento che, denudando
le gambe, la mini metteva in crisi il senso della decenza che datava da millenni 60.
La moda, di sua natura ciclica e pronta al cambiamento, assunse di colpo un nuovo andamento: di
nuovo il corpo delle donne si trovò avvolto in lunghe maxi gonne che dettero alla donna stessa un
grande senso di protezione tanto da indurle a rinunciare alla loro biancheria, piuttosto che a
moltiplicarla. Si trattò comunque di un periodo molto breve, dato che, dal 1971, le donne
ritrovarono la mini nei manifesti dei mitici anni Sessanta e ovviamente la inserirono nuovamente
nei loro guardaroba, accanto alle ormai diffuse maxi gonne.
La donna quindi non rinunciò alla sua femminilità, e nemmeno alla volontà di distinguersi
dall’uomo mediante la sua biancheria che comincia ad apparire in giornali e riviste di moda,
sempre più ricercata e adornata di pizzi e trasparenze.
Ritorna il bustino e il reggiseno a balconcino, usato a volte anche come indumento esterno, e il
reggicalze, non più utilizzato per tenere su le calze, diventa un vero e proprio indumento sensuale
ed erotico 61 .
Nacquero così tante idee, maliziose ed audaci, che attinsero un po’ dal passato per riprendere con
decisione quella tradizione che voleva che la donna, proprio attraverso l’abito e la biancheria, si
avvicinasse all’uomo solo per distinguersene con malizia e provocazione.
La frontiera tra pudore e impudicizia diventa così un gioco. Con lo scopo di esaltarne la fisicità, la
biancheria intima aggiunge certamente un pizzico di pepe alla seduzione, che predilige l’artificio al
naturale: essa verrà pian piano ostentata, stabilendo delle barriere di volant e froufrou per
mascherare il corpo e i suoi segreti.
La lingerie, si insinua di fatto nel sottile spiraglio lasciato tra la nudità e il vestire, per occupare un
terreno aleatorio, carico di sogni, di fantasie, di proibito o di impossibile e, riservata agli adulti,
anche se le leggi del marketing sembrano far cambiare le cose, resta tutt’oggi la garanzia di una
femminilità autentica. Risultato di un paziente e minuzioso lavoro di creatori, artigiani e sarti,
l’intimo passa fra le mani delle donne e ne racconta la storia di ognuna: donna fatale, donna
oggetto od una ancora acerba, esso è di fatto lo strumento intimo di ognuna di queste tipologie
femminili.
La lingerie non smetterà mai di trasformare la silhouette delle donne che, attraverso essa, hanno
la possibilità di esprimersi e far emergere la propria personalità.
60
61
C. S. Laurent, 1986, p. 236.
Ibidem, p. 246.
25
Capitolo II
L’INTIMO “INTIMO”
Cenni storici fino al XVIII secolo
Annoverate come capi recententissimi del guardaroba femminile, le mutande furono spesso
chiamate anche “innominabili” o “tubi della modestia” in quanto designate a ricoprire zone del
corpo ancora troppo oltraggiose e provocatorie e quindi destinate a rimanere invisibili,
volutamente trascurate dalla storia del costume.
Si è più volte cercato di comprendere i motivi che hanno portato al loro primo utilizzo:
probabilmente fondamentale fu il pudore, la volontà di nascondere e proteggere le zone più
intime della donna e perché no, creare una barriera invisibile nei confronti dell’uomo.
La mutandina infatti ha da sempre affascinato proprio perché blocca e allontana il trauma della
nudità: il nudo è sempre traumatizzante, provocatorio, insolente. Un uomo e una donna, nudi, non
possono più ritirarsi, il loro scontro diventa inevitabile, ma tale piccolo e leggero indumento riesce
ad evitare questo urto diretto, coprendo, nascondendo, ritardando 62.
Anche la Chiesa vedeva nella nudità un qualcosa di scabroso, di immorale, tanto che si preoccupò
di restituire all’uomo il diritto alla dignità di immagine, coprendo questa stessa nudità con un capo
d’abbigliamento. Perfino dipinti e affreschi furono per la Chiesa oggetto di discussione: le
immagini sacre presenti in esse infatti, in quanto esposte in luoghi di culto, andavano preservate
da inquietudini e misticismi, e quindi coperte da biancheria. Le nudità affrescate nella Cappella
Sistina infatti rappresentano un importante esempio, dato che la Chiesa stessa, nella persona di
Papa Pio IV, volle assolutamente che venissero coperte in quanto considerate immorali per un
contesto di quel tipo 63.
Una lunga storia di seduzione, trasgressione, violazione e di eleganza segreta che prende
metaforicamente origine da quando Eva, per vergogna o semplicemente per coprirsi, scelse la
62
63
C. S. Laurent, 1986, p.15.
M. P. Alfonsi, 1997, p. 15.
26
foglia di fico, antenata quindi di questo nostro ultimo velo vestimentario che probabilmente ne
suggerì la leggerezza e le misure64.
Si deve però arrivare a circa 3000 anni prima di Cristo per avere qualche vera testimonianza circa
questo tipo di intimo. Si tratta di una terracotta e di un bassorilievo sumeri, oggi al Museo del
Louvre, sui quali si stagliano due corpi di donne, una vestita di un corto perizoma, l’altra di uno
slip. Si tratta di due tendenze, sistema aperto (perizoma), sistema chiuso (slip), destinate a
dominare l’universo della lingerie e dalle quali discenderanno due specie vestimentarie che, ora
antagoniste, ora riunite in un unico corpo, costituiranno i due grandi filoni della storia
dell’abbigliamento.
Nel 3300 a.C. inoltre abbiamo un’ulteriore testimonianza della loro presenza, grazie al
ritrovamento di un elegante slip, formato da un triangolo di tessuto, rinvenuto nel guardaroba del
faraone Tutankhamon.
Sempre nella stessa epoca infatti, questo piccolo indumento rientra a far parte, anche se in piccola
misura, del guardaroba di re e regine egiziane, i quali usavano fili d’oro per far cucire i perizomi
prima e le tuniche poi, nate quest’ultime dal prolungamento dello stesso perizoma verso i piedi e
le spalle. E’ comunque importante sottolineare come, presso le civiltà antiche, l’abbigliamento
assumeva un importante valore simbolico: identificazione tra il rango, potere, la competenza che
la società riconosceva alla persona e al modo di vestire 65 .
Lo schiavo egiziano per esempio, poteva tranquillamente andare in giro nudo in quanto non
rappresentava che se stesso, laddove il colore di una veste, la sua lunghezza erano considerati tutti
segni che designavano una casta. Alcune schiave infatti erano solite perfino servire in tavola o
dilettarsi in canti e balli completamente nude, spingendo chiaramente le donne di alta condizione
a vestirsi, proprio per affermare o proclamare tale condizione. Questo dimostra che la nozione di
biancheria come di capi la cui vista è riservata a pochi privilegiati e che in pubblico viene
dissimulato sotto altri indumenti, non esiste ancora: vestirsi quindi significa, ancora per il
momento, esibire la propria ricchezza.
Da qui infatti la necessità da parte delle donne di usare, per i propri abiti, giochi di trasparenze o
abbigliamenti più corti per risaltare la propria biancheria e quindi il proprio status. Tutti
accorgimenti questi, tipici dell’abbigliamento egiziano, che testimoniano quindi sì un gusto verso il
nudo, ma non per la nudità, riservata questa solo ai bambini e alle schiave. Chi si fosse fatto
64
65
M. P. Alfonsi, 1997, p.12.
C. S. Laurent, 1986, p. 25.
27
ritrarre nudo infatti, avrebbe corso il rischio di essere confuso con gente di poco conto, perdendo
quindi così la sua casta nell’aldilà 66.
Un po’ meno eleganti furono le donne gallico - romane, che invece scelsero mutande lunghe fino
al ginocchio, chiaramente di scarso potere erotizzante, tanto che alcune di esse, proprio per
questo, preferirono portare il nulla sotto le vesti. Si tratta delle “feminalia”, simili ai nostri
bermuda, mutande quindi sicuramente poco femminili e di conseguenza poco utilizzate con la
scusa di essere impudiche e provocatorie.
La donna romana del I secolo d.C. invece, attenta più di altre a muoversi con grazia e classe, scelse
di indossare il “subligaculum”, un drappeggio di stoffa che, passando in mezzo alle gambe,
avvolgeva in modo provocatorio il basso ventre. Esso costituirà un primo attacco al principio che
aveva regolato l’intero sistema vestimentario greco-romano, un’incrinazione nell’impero dell’abito
aperto.
A partire dal II millennio si ha la comparsa di un sistema vestimentario chiuso che chiaramente
entra in contrasto con quello aperto, adottato dagli antichi abitanti delle rive mediterranee 67 .
Dagli Egiziani ai Romani infatti, quasi tutti i popoli rimasero fedeli ad un sistema sciolto, che
rispetta le relazioni del corpo con i movimenti dell’aria, caratterizzati da abiti aperti, da alternanza
di nudo e vestito, da eleganti quanto provocatorie trasparenze, drappeggi che non si ritrova
esattamente tra gli Indeuropei. Questi ultimi infatti adottarono un sistema che tendeva ad isolare
le parti intime del corpo, rifiutando movimenti liberi, probabilmente per ragioni morali o religiose:
i calzoni indossati sia dagli uomini che dalle donne inoltre, furono per questi popoli un indumento
necessario anche per le continue cavalcate per le loro secolari migrazioni.
Fino a questo momento quindi, la mutanda non era ancora diventata un indumento intimo di
massa, veniva infatti ancora poco utilizzata se non dalle persone di elevata condizione sociale per
confermare il proprio status, ma le donne continuarono comunque a preferire il nudo sotto le
vesti.
Dal secolo successivo, periodo imperiale e di rilassatezza dei costumi, ci fu un’altra categoria che
cominciò ad adottare questo indumento: le cortigiane. Quest’ultime infatti, a differenza delle
dame di corte che ancora poco le utilizzavano, videro in loro uno strumento di seduzione e con la
loro adozione, scoprirono quanto fosse provocante per un uomo vedersi nascondere l’oggetto che
tanto desideravano.
66
67
C. S. Laurent, 1986, p. 26.
Ibidem, p. 28.
28
Cominciò però a diventare un capo indispensabile nel guardaroba femminile grazie soprattutto
all’invenzione del sopra citato “subligaculum”. Quest’ultimo infatti, simile al nostro pareo e che si
poteva anche prolungare mediante gambe staccate che avvolgevano le cosce e che venivano
sostenute con delle giarrettiere, venne adottato per motivi di pubblico decoro, inizialmente solo
da acrobate ed attrici68. Imposte probabilmente su ordine dei pubblici poteri per evitare che
movimenti bruschi potessero scoprire parti intime del corpo, furono pian piano utilizzate anche da
schiave, ginnaste e perfino dalle bambine quando avevano voglia di scatenarsi e di fare giochi un
po’ più movimentati69.
Un tipo particolare di mutanda, diffusasi soprattutto nel Medioevo fu quella in ferro, più
propriamente detta “cintura di castità”, ricordata perfino in una curiosa canzone del 1921 dal
titolo “ Mutandine di chiffon “. Queste, create ovviamente con lo scopo di difendere la castità
della donna, avevano una loro costruzione tutta particolare che assumeva le sembianze di una
vera e propria gabbia, ottenuta mediante l’applicazione di una rete di ferro su una robusta tela.
Questa specie di gabbia così ottenuta veniva poi allacciata in vita e tenuta stretta da una cintura
chiusa da un lucchetto, le cui chiavi ovviamente erano tesoro dello sposo.
Nel Medioevo infatti la donna comincia pian piano a perdere il suo diritto al piacere: l’ostilità
cristiana nei confronti della carne, imponeva al loro abbigliamento lo scopo di nascondere la pelle,
seppellire le sue forme, imponendo dunque la castità come norma assoluta di comportamento.
Tranne rare eccezioni come le “ feminalia “ o i calzoni portati dalle serve a Bisanzio e dalle dame
dell’aristocrazia in Germania e in Francia, le donne si rassegnarono a restare nude sotto le loro
vesti 70 .
Ma il Medioevo è ricordato soprattutto dalla Storia del Costume per aver creato una prima vera
distinzione tra i sessi in ambito di abbigliamento, sottolineando così la sessualizzazione del vestire:
da allora l’uomo sarà quello che porta i calzoni, la donna la sottana. La veste venne tolta all’uomo
e destinata solo alla donna: gli uomini cominciarono ad infilarsi le brache sotto le vesti ormai
accorciate notevolmente.
Questa importante consuetudine è sottolineata da un evento che restò nella storia: l’uccisione di
Giovanna d’Arco che, accusata di stregoneria, venne rimproverata anche per i suoi abiti un po’
troppo mascolini e che mettevano in discussione i fondamenti stessi dello spirito medievale.
68
C. S. Laurent, 1986, p. 42.
M. P. Alfonsi, 1997, p. 18.
70
Ibidem, p. 23.
69
29
Tutta quest’opera di differenziazione venne però interrotta nel Rinascimento, quando la donna
tenta di arrogarsi il diritto di portare i calzoni e quindi di sentirsi libera proprio come l’uomo.
Sembra sia stata proprio Caterina De Medici, assieme alle dame della sua corte, a rilanciare la
moda delle mutande femminili, seguite poi da Lucrezia Borgia e da aristocratiche, fra cui Maria
Stuarda che nel 1568 risulta averne ben quattro paia nel suo guardaroba.
Chiamate “ briglie da culo “, “ braghesse “ a Venezia o “ calzoni a la galeota “ a Ferrara, questo
indumento intimo cancellò quindi quella netta divisione stabilita nel Medioevo.
Nate probabilmente a imitazione delle antiche brache usate dalle contadine, o mutuate dall’abito
maschile, esse furono utilizzate solo dalle classi sociali più elevate, con il pretesto della cavalcata:
una scusa questa per indossare questo nuovo indumento 71. Questo nuovo modo di cavalcare era
ed è tutt’ora chiamato “ all’amazzone “: la donna, invece di accomodarsi sulla sella e di poggiare i
piedi su una piccola assicella, preferì l’assetto all’amazzone con una coscia posta in orizzontale,
sostenuta dall’arcione, scoprendo quindi il ginocchio.
Da qui la loro “falsa necessità” di indossare sotto la veste questi “calzoni a la galeota”.
Ad avvalorare l’ipotesi che l’ippica era solo una scusa, è importante sottolineare come le signore
continueranno comunque a montare a cavallo all’amazzone, anche in secoli in cui le mutande non
saranno più in uso.
Le donne rinascimentali infatti, amano mettere in mostra le loro gambe, le ostentano mentre
ballano, giocano, cavalcano e per questo motivo, riservano molta cura alle calze, perfettamente
tirate, e alle braghesse. Quest’ultime ebbero quindi una rapida evoluzione che le portò ad
assumere il termine di “ bugiarde “, in quanto vennero pian piano caricate di artifici che,
attraverso sapienti imbottiture di seta posizionate per arrotondare fianchi, cosce e sedere, e
strategiche aperture sul davanti, davano ai loro amanti l’illusione che le loro forme posticce
rappresentassero la realtà.
Le braghesse infatti, oltre ad abbellire le forme stesse, creavano zone ingannevoli, ma
fondamentali per mantenere i loro uomini nell’illusione.
La scusa dell’equitazione, della moralità e del pudore, che avevano favorito l’ingresso dei calzoni
femminili però, cominciò a non reggere più. Le donne erano riuscite a convincere tutti sulla loro
“necessità”, dato che per l’appunto le mantenevano più pulite, più calde durante il freddo,
proteggevano le loro zone intime da eventuali cadute e addirittura le salvaguardavano dai giovani
dissoluti. Ma quando esse cominciarono ad essere arricchite da ricami, pietre preziose e ad essere
71
C. S. Laurent, 1986, p. 47.
30
realizzate in tele d’oro e d’argento, soppiantando così l’originario e semplice cotone e fustagno,
tutti si resero conto che la loro volontà non era certo quella di celare, bensì di esibire
sfacciatamente 72 .
Proprio per questo motivo la Chiesa, sia protestante che controriformista, ritenne le braghesse
strumenti diabolici, adottati dalle donne solo per poter accorciare la veste ed evidenziare i loro
corpi, adatte quindi solo a prostitute e libertine.
Così alla fine del XVII secolo le braghesse ufficialmente, in certi luoghi, scomparvero, restando in
uso solo per le bambine e rese obbligatorie per ginnaste e ballerine in virtù di un editto ufficiale di
Luigi XV, emanato dopo uno sfortunato incidente capitato ad una danzatrice che ricevette sul
palco calorosi applausi, non certo per la sua bravura
73
. Le danzatrici quindi ricevettero questo
editto con entusiasmo ed adottarono mutande al ginocchio che le consentirono atteggiamenti
sicuramente più liberi e sciolti, nonché movimenti più audaci.
Queste braghe cominciarono ad imporsi con successo nell’Europa coreografica, furono realizzate
in stoffa sottile e leggera di color carne e, in un’epoca in cui la donna era continuamente imbottita
e sigillata di vestiti, gli uomini utilizzarono la scusa del teatro per rifarsi lo sguardo e gli occhi.
Grazie alle ballerine quindi, verso la fine del XVIII secolo, le rinascimentali braghesse riapparirono
sulla scena e si prepararono al loro ormai vicino trionfo.
72
73
C. S. Laurent, 1986, p. 64-65.
Ibidem, p. 96.
31
Cenni storici dal XIX secolo ai nostri giorni
I calzoni, adottati dalle ballerine grazie all’editto di Luigi XV, si affermano di nuovo nel XIX secolo
sottoforma di mutandoni lunghi fino alla caviglia e ornati in fondo con pizzi e volant, chiamati
anche con il termine francese, post rivoluzionario di “ calzoni “.
Fu proprio questo stesso termine che venne utilizzato a Parigi nella primavera del 1807 quando sui
boulevards e a Palazzo Reale, cominciarono a spuntare donne le cui caviglie apparivano ornate di
festoni e pizzi, portando quindi i parigini a ritenere che esse avessero sotto la veste, un nuovo tipo
di biancheria. Giunsero anche in Italia nel 1809 grazie ai figurini della Moda di Francia e anche qui
vennero chiamati “pantaloni”.
La Storia del Costume racconta che essi furono importati dal nord, soprattutto dall’ Inghilterra ed
dall’ Olanda dove nel XVIII secolo, vennero adottati inizialmente per proteggere le donne stesse da
una esibizione non voluta della propria intimità. A portare questi calzoni infatti furono anche qui le
stesse ballerine, pattinatrici, cameriere, fanciulle e bambine che, per pudore e per potersi
muovere in tutta tranquillità, decisero di adottarli attirando così l’attenzione delle donne che
subito tentarono di portarle in città74. Fu l’opposizione di questo capo al Regime che
probabilmente scatenò qualche donna francese ad utilizzarli nella primavera del 1807.
L’apparizione di questi “pantaloni” non avvenne di certo senza contestazioni: nonostante esse
furono consigliate da molti medici in quanto ritenute importanti per la prevenzione di eventuali
reumatismi o altre affezioni, la stessa borghesia di Parigi ne rimase scandalizzata in quanto troppo
simili al costume indossato dalle ballerine 75. Effettivamente l’approvazione dei medici non bastava
per confermare questo capo intimo, se l’unica preoccupazione delle donne fosse stata la propria
salute, non avrebbero di certo portato un pantalone così lungo che, sporgendo dalle vesti, saltava
subito all’occhio degli uomini. E’ chiaro quindi che anche questa volta la donna ha pensato di più
ad apparire e a sedurre l’uomo attraverso questi giochi creati dall’intimo che a ragioni di tipo
morale, motivo questo che portò quindi le parigine a togliersi quei “pantaloni” da poco adottati
che non vennero più ammessi neanche per l’equitazione, restando un privilegio solo di ginnaste,
cortigiane e bambine.
I “ pantaloni” vennero proposti commercialmente in Francia la prima volta nel 1807, ma ancora
qualche decennio dopo ci furono di nuovo molte contestazioni, una fra queste la prestigiosa rivista
di moda La Mésangère, ritenendo che questi mutandoni potevano andare bene “ per i bambini e
74
75
C. S. Laurent, 1986, p. 104.
P. Perrot, 1981, p. 215.
32
le fanciulle”, mentre “ le signore che volessero indossarli sempre indurrebbero a creder di avere
brutte gambe” , dando inoltre consigli utili per capire in quale circostanza potessero essere usati 76.
A questo si aggiunse la chiara opposizione del clero che non vedeva sicuramente nulla di buono in
essi. Definiti “strumenti satanici”, secondo la Chiesa avrebbero condotto la donna sulla cattiva
strada, inducendola ad un comportamento più libero e disinvolto, ma non era l’unico motivo di
tale avversione. A questo infatti si aggiungeva il fatto che fossero nati sotto il regime napoleonico
e soprattutto che questi mutandoni erano del tutto sostenuti da pericolosi rivoluzionari come
Saint-Simon, che li considerava una tappa fondamentale dell’emancipazione femminile e Cabet,
che ne vantava le virtù.
E’ inoltre importante sottolineare che nel 1840 la moda cambia la lunghezza della gonna che arriva
a coprire completamente i piedi e la sua ampiezza. Il ruolo giocato dal paniere e dal guardinfante
infatti, viene ora soppiantato dalla crinolina, scomoda armatura di cerchi in legno e poi in ferro
che, allacciata in vita, faceva in modo che abiti posti sopra di essa tenessero una grande distanza
dal corpo 77. Da qui la necessità da parte delle donne all’utilizzo dei mutandoni: l’abito risultava sì
lungo fino a coprire i piedi, ma la sua stessa rigidità datagli dalla crinolina, poteva, con semplici
movimenti come sedersi, alzarsi e abbassarsi, scoprire zone private.
Pian piano, accanto ad un primo atteggiamento negativo, confermato anche da personaggi illustri
come Luigi Filippo che le proibì nel corredo delle educande presso le Orsoline, e Vittorio Emanuele
di Savoia che andava in collera solo a sentirle nominare, si cominciarono a sentire i primi consensi.
Tra il XIX e il XX secolo infatti, l’infantilizzazione dell’abbigliamento rese accessibili questi
indumenti: “ ciò che viene indossato dai bambini, finisce per essere adottato dagli adulti 78“.
Nel 1870 infatti i mutandoni cessano di essere un optional per diventare una vera e propria
necessità di tutti i giorni. Ciò accade sia in Inghilterra che in Francia e finiscono col divenire
obbligatori perfino nei collegi religiosi, che fino a venti anni prima li avevano proibiti, prendendo
l’appellativo di “ custodi della virtù”.
La crinolina rappresentò quindi un elemento importante per l’adozione definitiva dei mutandoni,
anche se segnò per la donna uno dei periodi storici in cui fu maggiormente impedita nei
movimenti e perfino nella respirazione. Accanto ad essi infatti, cominciarono a prendere piede
busti, mutandoni gonfiati dalla camicia, strati di sottogonne che ingabbiavano e soffocavano,
76
C. S. Laurent, 1986, p.110.
P. Perrot, 1981, p. 214.
78
C. S. Laurent, 1986, p. 114.
77
33
portando così la donna ad una condizione di non libertà: ormai l’abito nascondeva l’intero corpo,
dalla testa agli stivaletti, e nulla era più possibile sbirciare dagli uomini per le strade.
Cominciarono inoltre a scomparire anche quelle inquietanti aperture dei mutandoni, mantenute
invece solo in provincia o a Parigi presso cortigiane e operaie, che sopravvissero invece solamente
dietro per lasciar sfogo all’abbondanza di biancheria.
La strada verso uno slip perfetto e di buona vestibilità era ancora lunga, dal 1870 infatti i
mutandoni continuarono ad accorciarsi, prendendo le sembianze di un vero e proprio sacco,
sicuramente ancora poco confortevole e comodo.
Ancora una volta fu fondamentale la legge dell’infantilizzazione dell’abbigliamento adulto: le
bambine infatti non erano costrette a portare il busto, e sotto le loro gonne non vi erano
sicuramente quegli ingombranti “sacchi” delle donne, bensì corte mutande, anticipatrici delle
future mutandine.
Ma fondamentale alla loro evoluzione e sviluppo fu la Grande Guerra del 1914 che rappresentò
una vera e propria rivoluzione. Agli inizi del 1900 infatti cambia la forma dell’abito femminile, da
vesti e artifici che tendevano a gonfiare, si passa alla tendenza verso la linea dritta, che
presupponeva quindi un alleggerimento delle stoffe, nonché un accorciarsi delle gonne.
Chiaramente il processo fu lento, ma portò ad un importante cambiamento nel costume e nella
stessa biancheria intima. Per quanto riguarda le mutande, esse si accorciarono sempre di più,
cambiando così la loro originaria funzione: se prima infatti era quella di coprire tutta la zona del
busto compresa tra la vita e metà coscia, assomigliando ad un ” sacco “, ora limitandosi a
contenere solo pancia e sedere, diventano più piccoli e meno ingombranti 79.
La necessità primaria diventa le leggerezza e la trasparenza, la donna del ‘900 comincia quindi a
disfarsi dei pesanti merletti, degli spessi tessuti, ne modifica perfino i colori, se prima utilizzava
mutande nere o bianche, appare ora il rosa, un rosa candido, tenue, concorde alle necessità del
momento. Esse inoltre cominciarono a differenziarsi in forme diverse, da un lato permangono
“mutande a calzoncino largo”, che avvolgono le cosce per parecchi centimetri, dall’altro “mutande
a gamba corta”, precursori delle mutandine e degli slip, che coprono solo la parte alta delle
cosce80.
Vi è in definitiva un alleggerimento sostanziale del corpo femminile che viene finalmente liberato
dal peso di quelle robuste ed ingombranti architetture che ne avevano compresso le forme,
79
80
C. Probert, 1981, p. 19.
C. S. Laurent, 1986, p. 151.
34
impacciato i movimenti, determinando così finalmente i fondamenti per una completa autonomia
della donna.
Quell’importante legge dell’infantilizzazione porta i suoi frutti intorno al 1928, quando cioè quelle
corti e aderenti mutandine indossate dalle bambine, vengono finalmente adottate anche dagli
adulti. Si tratta delle note “ mutandine a barchetta”, originariamente in cotone a coste, bianche o
rosa, ma per le donne realizzate anche in tessuti setosi per lo più di colore azzurro.
La biancheria nera invece, che fino al 1914 era utilizzata anche da signore per bene, diventa ora
sinonimo di vizio, e quindi adatta a cortigiane e libertine.
Nello stesso periodo inoltre cominciarono a scomparire e ad essere sempre meno indossate le
mutande dette “ a calzoncino “. Utilizzate per lo più in ambito sportivo, vennero pian piano
addirittura proibite in quanto rischiavano di sporgere oltre gli shorts utilizzati per la pratica
sportiva e quindi di risultare indiscrete per le donne stesse.
Un cambiamento così forte e prorompente della biancheria intima nel corso dei secoli, e in
particolare nelle mutande, provocò nelle donne, ma soprattutto negli uomini un forte senso di
nostalgia nei confronti del passato. Se inizialmente infatti la donna appariva conturbante, proprio
perché accendeva il desiderio maschile, abituato ad identificare il corpo femminile con la
biancheria stratificata che la difendeva, ora questo stesso uomo apprezzava sì la leggerezza di
questo conquistato abbigliamento, ma sentiva un certo vuoto, un’assenza di quell’attimo di
conquista che prima possedeva.
Se la biancheria del 1900 era invisibile in pubblico, quella del 1914 si poteva scorgere da qualche
smerlo della sottogonna, tra le due guerre le mutandine possono essere viste in qualsiasi
momento, sulla spiaggia, a teatro, mentre si praticano sport o semplicemente in bicicletta 81.
Fu proprio questo repentino cambiamento, questo improvviso passaggio ad un vestito
sicuramente più leggero, morbido, che esibiva le gambe ormai libere e meno impedite dalla difesa
dell’abito, ad imporre negli anni Trenta gonne più lunghe e mutandine più strette. Dopo essere
stata così troppo difesa, la donna si trovò di colpo troppo esposta e sentì la necessità di mitigare
questo nuovo eccesso che stava cominciando a ledere la sua sensibilità.
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, e quindi dopo il 1950, l’industrializzazione della
moda intima, unita all’influenza della pubblicità, hanno portato alla creazione di una grande
quantità di tessuti di grande malleabilità, naturali o sintetici, nonché al moltiplicarsi delle forme.
81
C. S. Laurent, 1986, p. 188.
35
Le donne infatti avranno a disposizione una biancheria dalla multiforme e contraddittoria
ispirazione, potranno alternare forme più moderne a forme più arcaiche e sbizzarrirsi anche per
quanto riguarda i tessuti: bianchi, neri, dorati, traforati, elasticizzati, trasparenti, a fiorellini …
Tra il 1965 e il 1970 quindi la donna rinuncia a mantenere nuda quella parte del suo corpo, ed ha
solo l’imbarazzo della scelta per coprirla, potendo indossare la mutanda nei tessuti e nei colori che
preferiva, colori che assunsero pian piano le tonalità stesse degli abiti esterni, netti e decisi 82 .
Compariranno pure i panty, dall’Inglese “ pants “ mutande, una specie di guaina – mutandina a
calzoncino, quasi sempre in tessuto elasticizzato e la cui forma è stata poi adattata anche a modelli
in tela da biancheria, e in questo caso sarà più leggero e largo, ornato di pizzi all’estremità.
Dalle culottes dell’anteguerra si passò agli slip, analoghi a quelli maschili, quindi a tanga e a
perizomi sempre più sottili e inconsistenti.
Man mano vennero poi nuovi designer, nuove invenzioni, la pubblicità stessa cominciò ad
impadronirsi di questa biancheria che iniziò così a perdere un po’ quella sua necessità, per
diventare ai nostri giorni un puro strumento di seduzione.
82
C. Probert, 1981, p. 80-81.
36
Capitolo III
BUSTI E REGGISENI
Cenni storici fino al XVIII secolo
Dall’antichità ai nostri giorni, il seno ha subito una serie innumerevole di cambiamenti e la sua
estetica è stata sottoposta ad una grande quantità di variazioni dovute soprattutto a diversi modi
di vivere e a diverse tradizioni che l’hanno portato ad essere via via compresso, sollevato,
appiattito, sottolineato o lasciato al naturale. E’ stato perfino costretto e mortificato con
l’invenzione del busto che, rivestendo il corpo delle donne come delle vere e proprie armature,
rendeva il seno e quindi l’intera figura femminile sì molto più attraente e seducente, ma nello
stesso tempo segregata all’interno di quell’architettura di stecche e lacci che non consentiva
libertà di movimento e comodità.
Il reggiseno nasce, all’inizio di questo secolo, proprio in risposta a questo “strumento di tortura”:
le donne infatti riescono finalmente a sbarazzarsi di tale schiavitù adottando questo capo
d’abbigliamento, probabilmente di uguale complessità, ma sicuramente molto meno costrittivo.
Se si guarda alle civiltà antiche, si denota già da subito una particolare attenzione verso il seno
femminile che chiaramente viene “sistemato” in modi diversi, esaltato o addirittura cancellato, a
seconda delle tradizioni e delle abitudini di ognuno di essi.
Statuette di terracotta raffiguranti divinità antiche, sono sicuramente importanti esempi che ci
aiutano a capire in che modo veniva esaltata e celebrata questa parte del corpo femminile, ancora
oggi oggetto di elucubrazioni maschili. Una tra queste, emblema della femminilità, è rappresentata
dalla “Dea dei Serpenti” cretese, una statuetta di terracotta policroma che raffigura una donna
molto curata con serpenti tra le mani, che esibisce un abbondante e prominente seno nudo 83.
All’inizio del II Millennio a.C. infatti, furono proprio le donne cretesi a mostrare forse la più audace
scollatura mai vista prima, portando, proprio come la “Dea dei Serpenti”, corsetti allacciati davanti
che sostenevano il seno alla base, lo mettevano in evidenza esibendolo totalmente scoperto,
glorioso ed eretto
83
84
84
. Seno quindi sì simbolo di seduzione, ma una seduzione che però non
B. Fontanel, 1997, p.9-10.
C. S. Laurent, 1986, p. 27.
37
relegava la donna a semplice oggetto sessuale, ma che anzi la innalzava sia nella vita sociale, con
ruoli paritari all’uomo, che religiosa, in quanto lo offrivano come “oggetto” a chi le venerava.
Erano solite circolare con il seno scoperto anche le donne egizie di alto rango che però, a
differenza delle cretesi, ne velavano la vista con abiti morbidi e trasparenti che cadevano in pieghe
naturali al di sotto del seno stesso, senza quindi il sostegno di corsetti.
Fu con la civiltà Greca che cominciarono a svilupparsi i “protoreggiseni”, antenati dei nostri attuali
reggiseni. I seni pendenti infatti non erano assolutamente tollerati in una civiltà come quella,
amante com’era dell’armonia e della bellezza, risultò quindi fondamentale l’utilizzo di fascette di
tessuto che sostenessero efficacemente il seno, senza necessariamente metterlo in evidenza.
Venne adottato quindi, all’inizio del I Millennio a.C., “l’apodesmo”, una piccola striscia di stoffa,
spesso di colore rosso, che le donne arrotolavano al di sotto del seno per contenerlo e sostenerlo,
un indumento quindi volto a smorzare l’evidenza e non di certo a glorificare.
Una donna, quella greca, che avrebbe gravemente peccato di gusto se avesse ostentato la sua
specificità fisica e che quindi fu costretta a far sparire seni e fianchi e ad utilizzare una biancheria
intima che fosse modesta e il più possibile nascosta e discreta 85.
Le fascette pian piano cominciarono a restringersi, riducendosi ad un sottile nastro rosso che
cingeva il busto dall’attaccatura dei seni fino alla vita che presero il nome di “anamaskhaliter” e
“mastodenton”, da mastos, mammella.
Anche le donne di Roma, in epoca Imperiale, utilizzarono queste fascette di stoffa che da loro
vennero chiamate “taenia”, ma nello stesso tempo si svilupparono anche le cosiddette “fasce”,
usate per lo più dalle fanciulle con lo scopo di sostenere il seno, ma anche di contenerne la
crescita e lo sviluppo. Esistevano, oltre a queste, anche strani miscugli da applicare direttamente
sul seno per impedirne uno sviluppo eccessivo, come per esempio polveri di pietra di Naxos,
fanghi d’arrotino o mollica di pane imbevuta di latte 86 .
Anche per lo Stato romano quindi, i seni flosci e ballonzolanti erano assolutamente inammissibili,
ma intollerabili erano anche quelli troppo grandi, e per questo si inventò il “mamillare”: un crudele
schiaccia petto in cuoio rigido che doveva ridurre il seno stesso nel momento in cui era fiorito del
tutto. Una vera e propria lotta contro ogni tipo di rotondità quindi che, come pure in Grecia,
nasceva sia da un amore per l’armonia, ma anche da una profonda necessità di rigore.
85
86
C. S. Laurent, 1986, p. 33.
B. Fontanel, 1997, p. 15.
38
L’uomo infatti, in mancanza di questi arnesi che nascondevano le forme femminili, sarebbe stato
esposto al desiderio della carne, distogliendosi così dal compito di servire il proprio Stato.
Un po’ più diffuso del “mamillare”, che cominciò ad essere utilizzato solo da quelle donne che
realmente avevano un seno troppo abbondante, fu lo “strophium”, una specie di sciarpa posta
sotto la tunica che avvolgeva i seni, sostenendoli senza comprimerli. Di questo indumento se ne
incontreranno poi, sempre nello stesso periodo, diverse versioni, come per esempio “l’ephod”, un
corsetto sostenuto da bretelle, utilizzato dalle donne ebree, o il “capitium”, uno strophium più
morbido e largo, indossato soprattutto nei ceti popolari
87
. Questi ultimi, assieme alle donne
barbare, non seguivano questo codice regolamentario: disprezzate e mal viste dalle donne
romane, lasciavano tranquillamente il seno libero sotto la veste.
La donna romana quindi comincia, con il passare del tempo, ad indossare sotto i suoi abiti un
complesso di biancheria intima che inizia a distinguerla come donna, confermandole la
consapevolezza del suo sesso, prima negato dalle leggi e dalle tradizioni.
Con il Medioevo si apre un nuovo ideale femminile: busto sottile e ventre arrotondato.
Se la moda greco-romana infatti aveva con forza nascosto e reso invisibile le forme femminili con
l’utilizzo di bende e ampi drappeggi, ora, tra il XII e il XIII secolo si iniziano ad utilizzare abiti
aderenti che evidenziano il corpo slanciandone la persona. Una tendenza quindi verso la verticalità
che porta alla creazione di modelli diversi di abiti che però continuarono a costringere il seno fino
quasi a nasconderlo. Tra questi troviamo la “cotta”, una tunica con lacci, probabilmente un
antenato del corsetto, la “tunicella”, una specie di corpetto che serrava il busto come una corazza,
allacciato dietro o anche di lato, il “guardacorpo” o “corsetto”, una cotta molto aderente e
sagomata.
Cominciano a diffondersi anche le scollature che nel XIII secolo vennero nascoste da un triangolo
di stoffa, di solito di colore nero, chiamato “tassello”, voluto soprattutto dagli ecclesiastici che
controllavano gli eccessi di queste nuove libertà.
La sagoma del corpo femminile potè così, alla fine del Medioevo, finalmente mostrarsi e le donne
cominciarono a mettere in evidenza e a mostrare spalle e l’inizio del seno, influenzate per altro
dalla moda proveniente dal Ducato di Borgogna che si stava pian piano diffondendo in tutte le
Corti d’Occidente
88
. Condannata dal mondo religioso, questa moda tendeva a conferire una
particolare silhouette, sottolineata dagli abiti indossati.
87
88
C. S. Laurent, 1986, p. 36.
B. Fontanel, 1997, p.20.
39
Sotto il petto infatti esse portavano una cintura che aveva lo scopo di sostenere la base dei seni,
ma anche di risaltarne la forma sollevandolo verso l’alto e proiettandolo in avanti anche quando la
natura non li aveva dotati di un aspetto così evidente, facendogli prendere la forma di due mele
rotonde. I loro abiti inoltre presentavano profonde scollature, lunghi strascichi, accompagnati da
strane capigliature e copricapi a cono e il loro ventre cominciò ad essere messo in evidenza con
l’introduzione di cuscinetti imbottiti sotto la gonna.
La bellezza del corpo femminile raggiunse il suo massimo splendore e la sua maggiore
valorizzazione durante il Rinascimento. Se il seno medievale veniva lasciato libero o addirittura
denudato sotto il corsetto, facendo inarcare i reni e risaltando il ventre, nel Rinascimento ci fu una
totale revisione delle forme del passato, che venne in parte ritrovato e superato, producendo
un’arte nuova.
La “baschina” cominciò a prendere il posto del “corsetto” e svolse lo stesso ruolo deformante che
il guardainfante aveva avuto per la parte inferiore del corpo delle donne che in effetti eliminava
tutto ciò che di femminile poteva esserci in un sedere o nel ventre. Il seno quindi continuò, come
durante il Medioevo, ad essere sostenuto da un abito esterno che però con il passare del tempo
divenne pian piano più rigido e pesante, e s’impose il corpetto senza maniche e scollato, indossato
su camicia e poi allacciato sulla schiena 89 .
Visto come l’antenato del corsetto, veniva reso rigido grazie ad un rivestimento in tela inamidata,
interamente rinforzato e impunturato da numerosi fili d’ottone che lo stringevano al corpo,
salendo verso le spalle e allargandosi ad imbuto, nascondendo così tutto il rotondo e il morbido
del busto femminile. L’abito quindi, che prima si limitava a modellare il corpo, comincia ad
irrigidirsi, a comprimere e stringere la parte alta della donna che risultò talmente inguainata da far
emergere una vita fine ed un seno piuttosto schiacciato 90.
Questa rigidità che si cominciava a notare nell’abbigliamento femminile, assunse caratteri ancora
più austeri alla fine del Rinascimento, grazie soprattutto all’influenza della moda spagnola.
Le donne infatti vennero private delle loro tanto amate scollature a favore di una vita retta e
severa, virtuosa che chiaramente doveva riflettersi anche nell’abbigliamento.
Vestiti austeri, chiusi al collo da gorgiere inamidate, a volte talmente grandi da costringere a
nutrirsi con posate dal manico spropositatamente lungo, accompagnati da corsetti impunturati
89
90
B. Fontanel, 1997, p. 26.
Ibidem, p. 29.
40
che appiattivano il ventre e affinavano la vita, conferendo al busto l’aspetto di un cono, furono i
protagonisti indiscussi delle moda femminile di questo periodo.
Ci si è chiesto più volte come riuscissero queste donne a conferire al loro povero busto l’aspetto di
un imbuto, e la risposta sta proprio all’interno del corpetto stesso, dove troviamo infilate delle
stecche. Quest’ultime, che potevano essere d’avorio, di legno, d’argento, di madreperla e a volte,
soprattutto nei ceti più ricchi, artisticamente istoriate,ornate di pietre preziose o addirittura incise
con eleganti iscrizioni, venivano poste in mezzo al busto, sul davanti, e servivano ad assicurarne la
rigidezza. Scolpita o dipinta, la stecca a volte poteva nascondere nella sua custodia anche un
pugnale o poteva addirittura essere utilizzata come oggetto malizioso ed erotico 91.
Tutti questi orpelli però, utilizzati per abbellire esteticamente il corpo femminile, si dimostrarono
dei veri e propri strumenti di tortura al punto da preoccupare dottori e medici che si resero conto
dei danni fisici che il busto e le stecche conferivano al corpo femminile provocando la
devastazione del torace e la sovrapposizione delle costole.
E’ da sottolineare infatti che, ad occuparsi del confezionamento dei corsetti furono, fino al 1675, i
sarti che, oltre a creare a volte situazioni maliziose e poco professionali palpando sfacciatamente
le dame durante la “prova” delle loro creazioni, erano sicuramente poco adatti in quanto meno
sensibili ai problemi che questi indumenti provocavano. Fu proprio per questi motivi che il
Parlamento autorizzò le sarte a formare una corporazione, sostenendo che era conforme al
pudore e alla modestia delle ragazze permettere loro di farsi vestire da persone del loro stesso
sesso, facendo così concorrenza ai loro colleghi uomini: le “corsettiere” infatti, più sensibili alle
esigenze femminili, si impegnarono a produrre corsetti più leggeri e più sopportabili 92.
Dopo l’austerità della moda spagnola che aveva coperto il corpo femminile con abiti accollati e
ampie gorgiere, durante il regno di Luigi XIV, comincia ad essere riproposta la scollatura che
chiaramente non fu palesemente evidenziata, bensì nascosta sotto uno scialletto di lino leggero e
trasparente, messo attorno al collo. Inoltre, nello stesso periodo, cominciarono ad essere
utilizzate, soprattutto dalle cortigiane, le “ gourgandine”, corsetti allacciati sul davanti che di fatto
rimanevano semi aperti, evidenziando quindi il significato francese che le indicava come
“sgualdrine”.
91
92
C. S. Laurent, 1986, p. 72-73.
B. Fontanel, 1997, p. 32.
41
Le scollature furono, per tutto il XVII secolo, oggetto di dispute e polemiche da parte di moralisti e
soprattutto di religiosi che non sopportavano di veder entrare nella casa di Dio e nei luoghi sacri le
donne quasi nude e con provocanti scollature vertiginose.
Secondo loro inoltre queste donne così oltraggiose e libertine, mostrando senza problemi le loro
scollature, oltre a caricarsi di peccati veniali, che venivano cancellati con la recita di qualche
preghiera, erano anche esposte a malesseri provocati dal freddo, che a volte finiva perfino per
ucciderle 93.
La vanità delle dame quindi era sottoposta a notevoli pressioni sia esterne, sia provocate dagli
abiti stessi che serravano e stringevano il loro corpo e il loro stomaco in maniera così eccessiva da
provocare continui svenimenti, soprattutto dopo i pasti.
Con la morte di Luigi XIV nel 1715, scomparve anche quella rigidità e quelle regole di
comportamento morale che avevano contraddistinto il suo regno. Si aprì infatti un nuovo periodo,
retto da Filippo d’Orléans che ruppe questi rigidi vincoli e diede inizio ad un’epoca in cui le donne
si sentirono più libere di esprimersi e di esibire le proprie nudità senza doversi preoccupare di
attacchi e polemiche. Le scollature si fecero così più vertiginose, più maliziose, la donna acquistò
più sicurezza in se stessa tanto da intrattenere conversazioni anche in ambito politico ed
economico.
Con il regno di Luigi XV quindi, questa libertà scoperta dalle dame fu sottolineata anche da un
alleggerimento, anche se poco significativo, del loro corsetto che, se da un lato continuò ad
imprigionare e ad opprimere il loro corpo, dall’altro lo rese meno rigido grazie all’utilizzo delle
stecche di balena, sicuramente più elastiche delle stecche da busto fino a questo momento usate.
Verso la fine del 1700 l’utilizzo di questo tipo di stecche cominciò pian piano a diffondersi, tanto
da arrivare a sostituire definitivamente l’unica grande stecca centrale che fino a quel momento
aveva caratterizzato i busti e i corpi stessi delle donne che vedevano il loro seno compresso da
quell’impalcatura. Ora infatti non viene più utilizzata un’unica stecca, ma una moltitudine di esse
che, disposte attorno al busto, non celavano più il seno, bensì lo esaltavano e modellavano e,
comprimendolo dal basso, lo proiettavano verso l’alto dando perfino l’impressione che uscisse
dall’abito stesso.
Non più sottoposto a critiche, il busto cominciò quindi ad essere sempre più impreziosito, una
manifestazione questa del fasto e del lusso della classe dirigente che sottolineava così il proprio
status sociale, distinguendosi quindi dalle donne delle classi popolari. Quest’ultime infatti,
93
P. Perrot, 1981, p. 204.
42
costrette dalla propria condizione sociale a lavorare, non erano solite indossare la biancheria, ma
usavano solo una gonna e una camicia, al di sopra della quale mettevano una specie di giubbetto
non troppo stretto che, a differenza del corsetto aristocratico che aveva l’allacciatura sulla
schiena, necessitando quindi di una domestica per chiuderlo, veniva allacciato davanti, risaltando
la vita e sostenendo il seno 94.
Nonostante questo clima sicuramente più libero e meno osteggiato, ci fu comunque chi
continuava a lottare per un ritorno alla semplicità, primo fra tutti Jean-Jacques Rousseau.
Lo scrittore filosofo infatti, assieme a numerosi importanti dottori come Winslow, Tissot,
Vandermonde e molti altri, iniziò nel 1750 circa una crociata medico-pedagogica che aveva lo
scopo di condannare l’utilizzo dei busti a stecche e le conseguenze negative che questi ultimi
provocavano al corpo delle donne: indebolimenti, deformazioni anatomiche e addirittura morte 95.
Tutte queste impalcature vestimentarie vennero poi spazzate via dalla Rivoluzione che semplificò
l’abbigliamento che divenne infatti più comodo e pratico e influenzò dapprima la società francese
e successivamente l’intera Europa.
94
95
B. Fonatnel, 1997, p. 39.
P. Perrot, 1981, p. 217-218.
43
Cenni storici dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni
La Rivoluzione portò quindi un po’ da per tutto una ventata di semplicità, caratterizzata da abiti
modesti, pratici, da una predilezione per le cose comode, tanto che l’abbigliamento più amato
dalle donne era costituito da una semplice gonna, sopra della quale indossavano un piccolo
corsetto senza armatura e una camicia.
In Francia come in Inghilterra, si fece sempre più acceso il dibattito che mirava ad abolire tutte
quelle costrizioni che soffocavano la donna, tutti quegli abiti da tortura che avevano provocato per
lungo tempo danni gravi alla loro salute. Anche se per un breve periodo, si riuscì a far ritornare
l’antica moda classica e le donne, per la prima volta, cominciarono a sbarazzarsi di tutti quegli
ostacoli che avevano fino a quel momento soggiogato il loro corpo: abbandonarono quindi panieri
e corsetti impunturati, lasciando ad un giubbino di seta il compito di sostenere il proprio seno, e si
sbizzarrirono in scollature e trasparenze, utilizzando soprattutto il tulle e la mussolina 96.
Il busto quindi cominciò a sparire quasi del tutto e, come il paniere, venne sostituito da
imbottiture sui fianchi, inoltre, per sostenere i seni, data l’assenza del corsetto, le donne
utilizzavano il “fichu”, un ampio fazzoletto che prima avvolgeva il seno per poi risalire fino al
mento rinforzato da rigidi sostegni, usato quindi per risaltare il seno stesso, tanto che venne
chiamato dai contemporanei “petto finto” 97.
Ci fu quindi un vero ritorno al passato, a quella moda che aveva caratterizzato i Greci e i Romani,
tanto che ricomparve quella specie di corsetto a fascette, chiamato “zona”, del tutto simile a
quello antico, con l’unica differenza che queste nuove fasce erano poste più in alto di quelle
arcaiche, sorreggendo così la parte inferiore del petto.
Questo virtuoso movimento per la semplificazione degli abiti, iniziato sotto Rousseau, aveva sì
trasformato la moda, ma l’aveva rivoluzionata al punto tale che non le restò che fare una grossa
marcia indietro. All’epoca del Consolato napoleonico e all’inizio dell’Impero infatti, ricomparve
rapidamente il corsetto, inizialmente ancora privo di stecche e ricoperto di velluto e di raso che
probabilmente ritornò in auge data la forte importanza radicata nella mentalità corrente che il
corpo dovesse essere mantenuto scrupolosamente in forma. Le stecche di balena però,
ricomparvero all’inizio del XIX secolo, più precisamente nel 1810, quando cominciò a svilupparsi
un nuovo tipo di corsetto definito “alla Ninon”: un modello che, nascosto dall’abito, arrivava fino
alla vita, dove si inarcava per conferire alla donna l’opulenza desiderata.
96
97
B. Fontanel, 1997, p. 44.
C. S. Laurent, 1986, p. 79.
44
L’utilizzo del corsetto comunque regnò incontrastato per tutto il XIX secolo, epoca in cui la moda
richiedeva vite strette, estremità piccole, polsi e caviglie delicate, nonché pelli di alabastro.
Un periodo durante il quale inizialmente la borghesia tenta di nascondere nell’abbigliamento
femminile il corpo della donna che viene infatti ricoperto fin sotto il mento, a meno che essa non
partecipi a cene o avvenimenti eleganti, i soli a permetterle scollature vertiginose.
Quest’ultime divennero sempre più profonde con la Restaurazione ( 1815- 1820 ) e cominciò ad
aumentare sempre di più la tirannia del busto nei confronti del petto femminile, ma anche della
vita che, dovendo sottostare al vezzo del tempo del girovita sottile, fu continuamente torturata:
l’apparenza continuò così ad avere la meglio sulla comodità 98.
La moda inoltre richiedeva seni molto separati e distanti tra loro, e per arrivare a questo risultato,
il borsettaio Leroy sperimentò un busto in cui riuscì, con un sapiente quanto doloroso utilizzo delle
stecche di balena, a raggiungere lo scopo prefissato, tanto che tali corsetti presero il nome di
“Divorzio” 99.
Molte furono le innovazioni e i miglioramenti apportati a questo indumento/tortura, il primo in
ordine di tempo fu l’invenzione degli occhielli metallici in cui far passare i lacci, avvenuta attorno al
1828, che rese più solido questo capo d’abbigliamento grazie ad asole non più cucite a mano e
quindi sicuramente più resistenti.
Sempre per quanto riguarda i sistemi di chiusura, da sottolineare è anche l’invenzione, portata a
termine da Nolet e Josselin, ex commerciante di passamaneria, della stecca divisa in due e munita
di ganci, che permetteva di chiudere più facilmente il corsetto. Altra importante tappa fu
l’invenzione, sempre condotta da Josselin, del corsetto meccanico, avvenuta dopo aver assistito
alla rottura di un laccio da parte di sua moglie che, disperata, non riuscì a trovare nessuno che
potesse aiutarla: si trattava di un busto a pulegge molto elaborato che permetteva di allacciare e
slacciare questo capo senza dover necessariamente ricorrere all’aiuto di una seconda persona.
Un XIX secolo quindi ricco di eccessi, di invenzioni, di stravaganze e di corsetti via via sempre più
specializzati e dai modelli più disparati: nei cataloghi infatti si poteva scegliere fra corsetti da
mattina, nunziali, da viaggio, con poche stecche di balena o addirittura senza, da equitazione con
un elastico sull’anca, di pelle di daino, confezionati all’uncinetto e molti altri ancora.
I bustai, che all’inizio del XIX secolo erano soprattutto donne, data la pudicizia delle dame stesse,
non avevano che l’imbarazzo della scelta, potendo utilizzare stoffe e merletti di ogni tipo ed
98
99
C. S. Laurent, 1986, p. 82.
B. Fontanel, 1997, p. 47.
45
inventare qualsiasi modello si richiedesse. Se prima del 1828 infatti esistevano solo due brevetti
d’invenzione, fra il 1828 e il 1848 ne vengono richiesti ben 64, e cominciarono pian piano a fiorire,
soprattutto dal 1832, le prime fabbriche di busti tessuti senza cuciture, che uscivano dal telaio già
con stecche, coppe e ventagli, pronti da vendere a costi sicuramente più vantaggiosi: prima fra
tutte quella dello svizzero Jean Werly a Bar-le-Duc 100.
La donna romantica del 1830 quindi, comincia lentamente a trasformarsi in una bambola
innaturale, schiacciata com’era dagli abiti che indossava, agganciata e abbottonata mascherando il
proprio fragile corpo.
Iniziarono infatti a circolare libri contenenti consigli pratici o d’igiene realizzati dagli specialisti del
settore, che mettevano in guardia le donne dagli effetti negativi che questi apparecchi potevano
provocare. Le stecche d’acciaio per esempio attiravano l’elettricità sul seno, causando irritazioni
interne che arrivavano ad intaccare anche lo stomaco, per questo motivo venivano rivestite di
taffettà gommato che riusciva, anche se solo in parte, a sanare questo inconveniente.
Altri consigli utili contenuti in questi libri riguardavano le stecche di balena che, con il passare del
tempo, tendevano a sollevarsi ai due estremi, deformando così la loro struttura originaria: gli
specialisti consigliavano di portare per qualche giorno il corsetto al contrario per ovviare a questo
problema 101.
Nonostante tutti questi pericoli a cui la donna era sottoposta, il corsetto continuò ad essere
l’indumento privilegiato per le dame del XIX secolo e fu sottoposto a modifiche e nuove invenzioni.
Il 1840 infatti segnò un’altra importante data per il corsetto grazie ad una fondamentale
invenzione che rappresentò una conquista di autonomia da parte della donna, nonché una tappa
significativa nella storia sociale e tecnica del busto, la cui diffusione aumentò enormemente.
Venne messo a punto infatti un tipo particolare di allacciatura detta “ à la paresseuse “ (“alla
pigra“), consistente in un sistema di lacci elastici che permetteva di vestirsi e spogliarsi senza
dover ricorrere all’aiuto di una domestica, di un marito o di un’amante
102
. Questo nuovo tipo di
allacciatura, se da un lato aiutò le donne ad arrangiarsi da sole, dall’altro favorì soprattutto le
adultere: il corsetto infatti tradiva la donna infedele in quanto il marito nell’aiutarla a slacciarlo,
poteva constatare l’esistenza di nodi evidentemente diversi rispetto a quelli fatti da lui
personalmente il mattino stesso.
100
101
102
P. Perrot, 1981, p. 219-220.
B. Fontanel, 1997, p. 49.
P. Perrot, 1981, p. 219.
46
Durante il Secondo Impero ci furono ulteriori cambiamenti nel busto e nel modo di indossarlo, le
sue forme si accorciarono in basso e si allargarono in alto: è la grande epoca delle spalle cascanti,
nude e cadenti, di un vitino da “vespa”, dei seni maestosi, che non si fanno più risaltare in altezza,
come era avvenuto in precedenza, ma si portano bassi “come due pere raccolte in un paio di
ciotole
103
“, permettendo così le più vertiginose scollature. Un corpo quindi sempre più
“violentato” da questo strumento costrittore qual’era il busto, che scortica e mutila lentamente
solo per la smania di seguire a tutti i costi la moda, una moda che esaltava il fascino della linea e la
mistica della vita, ma che per fortuna restò soggetta ad un’infinità di discussioni, fossero esse
igieniste o estetizzanti, riformatrici o tradizionaliste, morali o vacue.
Tra tutte queste voci, la più imponente fu sicuramente quella dei medici che, sconvolti da quei
corpi simili a delle vere e proprie clessidre, se da un lato riconoscevano che questo strumento
garantiva al loro corpo un buon portamento estetico e simbolico, dall’altro lo minacciava di
malattie e morte.
La ruggine delle stecche era già un grosso nemico da combattere, ma per fortuna il problema
venne in parte risolto dalla ditta americana Warner che si preoccupò di inventare stecche in
acciaio inossidabile, evitando così la corrosione delle stesse 104.
L’attenzione dei dottori si spostò soprattutto sulle giovani donne, costrette dalle loro stesse madri
a stringere il corsetto in vita nonostante la loro tenera età, minacciandole di zitellaggio se non
avessero ostentato quel famoso “vitino da vespa”.
Il dottor Debay, grande abolizionista e creatore dell’ “ Hygiène et Physiologie du mariage “, che
avrà ben 171 riedizioni, non esitò ad utilizzare statistiche che sottolineavano gli effetti di questo
indumento, e il risultato delle sue osservazioni, fatte su cento ragazzine portanti il busto,
evidenziarono un quadro del tutto sconvolgente: 25 soccombono per malattie di petto; 15
muoiono in seguito al primo parto; 15 restano inferme dopo il primo parto; 15 restano deformi; 30
resistono, ma prima o poi saranno afflitte da indisposizioni più o meno gravi 105.
Di fronte ad una situazione così drammatica, il dottor Debay si scagliò duramente contro quelle
madri che consideravano il busto come un eccellente mezzo per correggere difetti di portamento
e di vita delle loro figlie e che non si volevano rendere conto che, al contrario, esso aumentava il
difetto e la deformità che loro cercavano a tutti i costi di combattere.
103
104
105
B. Fontanel, 1997, p. 54.
Ibidem, p. 59.
P. Perrot, 1981, p. 220.
47
Chiaramente la sua non fu l’unica voce contraria a questo utilizzo, anche la famosa contessa
Drohojowska, nei suoi consigli sul saper vivere, affermava: “ Quante gastriti, malattie epatiche,
emicranie, quanti stati ipertensivi e dispiaceri sarebbe stato facile guarire, all’inizio semplicemente
allentando un laccio del corsetto mentre, giunti ad un certo livello, diventano incurabili e portano
a una morte prematura, sotto gli occhi di una famiglia sconsolata che spesso, ammirando donne
dal corpo ormai deforme a forza di essere stravolto nelle sue proporzioni, hanno incoraggiato
questa aberrazione 106 “.
Le opinioni comunque divergevano, se da un lato si esprimevano i fautori di una corrente che
criticava sempre di più l’uso troppo precoce di questi strumenti, attribuendo loro solamente effetti
deformanti e debilitanti, dall’altra, alcuni dottori come Bouvoir, continuarono a riconoscerne
l’azione preventiva o addirittura correttiva, considerando le differenze di costituzione, la forza
fisica, il tipo di vita, la razza e la disposizione ereditaria, cause ugualmente in grado di spiegare le
deformazioni e le malattie delle ragazzine.
Ci fu inoltre chi, come il dottore M. Lévy, contrario all’uso del busto nelle ragazze di giovane età,
spingeva verso l’esercizio, la ginnastica e i bagni freddi, fondamentali per lo sviluppo del loro
sistema muscolare, invece di rinchiuderle in un corsetto di stecche di balena o di ferro che non
faceva altro che massacrare e soffocare il corpo.
Ma se il busto che costringeva un corpo adolescente aveva radunato concezioni e pareri
controversi, per quanto riguarda le donne adulte, le opinioni furono sicuramente più consenzienti.
Le forme stesse della donna infatti, caratterizzate da pesantezza, opulenza e rilassatezza,
imponevano l’utilizzo del busto al solo scopo contenitivo, essendo considerato come il sostegno
fondamentale per il corpo che, sommerso dai tessuti, inguainato e sorretto da stecche, era
destinato a stare fermo e inattivo. Il busto quindi, nonostante costituisse un enorme ostacolo alla
loro muscolatura e provocasse gravi danni al corpo, era indicato soprattutto per quelle donne che,
condannate dal loro stato sociale ad una vita sedentaria, avevano indebolito il loro sistema
muscolare e vedevano in esso un valido punto d’appoggio al tronco quando si trovavano in
posizione seduta o eretta107.
Anche lo stesso dottor Debay, assolutamente contrario all’utilizzo del busto in tenera età, lo
concesse tranquillamente alle persone grasse, quando però aveva come unico scopo quello di
sostenere e contenere la sovrabbondanza delle forme e lo sviluppo addominale.
106
107
B. Fontanel, 1997, p. 61.
P. Perrot, 1981, p. 223.
48
Quando invece si iniziò a parlare di un suo utilizzo sistematico, ecco che cominciarono ad
emergere le prime controversie, soprattutto tra i due dottori, già discordanti sul problema del
busto sulle giovani, Bouvier e Debay. Il primo, sostenitore del busto, riteneva che tutte le donne
con rotondità normali dovessero concedersi al suo utilizzo in quanto indispensabile sospensorio
per le ghiandole mammarie; il secondo invece lo riteneva utile solo per quelle donne che, afflitte
da imperfezioni del seno e da deformità della vita, vedevano in esso un abile strumento in grado di
camuffare questi loro difetti, mentre risultava assolutamente inutile per le donne a cui la natura
aveva già conferito tutta la bellezza e il fascino di cui avevano bisogno 108.
Tutte queste accese polemiche che si crearono attorno a tale capo d’abbigliamento, se in alcuni
Stati caratterizzati da monarchie piuttosto conservatrici, attecchirono al punto da vietane l’uso alle
ragazze, come avvenne per esempio in Russia e in Bulgaria, la grande maggioranza delle donne
continuò tranquillamente ad utilizzarlo senza il benché minimo problema 109.
Per di più, alla fine del XIX secolo, i busti si fecero talmente stretti che le donne che li indossavano
non riuscivano neppure a chinarsi e, a peggiorare la situazione, si misero pure nastri, merletti ed
accessori imbottiti che , fissati sui corsetti stessi, cadevano a cascata dalla vita sottile, producendo
sì un effetto assolutamente gradevole, ma rendendo quelle povere donne ancora più impacciate e
scomode nei movimenti 110.
Altra novità della fine del XIX secolo fu l’utilizzo di seni artificiali, realizzati per lo più in pelle di
camoscio, in caucciù o in raso imbottito. I primi esemplari furono presentati nel 1885
all’Esposizione del Lavoro e furono chiamati “ Mammif “: si trattava di una coppia di mammelle
posticce che, adattate al corsetto, potevano essere gonfiate fino a raggiungere la taglia desiderata.
Sulla stessa scia vennero poi successivamente inventati numerosi altri modelli, come per esempio i
“ seni artificiali a ventosa “ che, a differenza di quelli precedentemente descritti, evitavano
imbarazzanti inconvenienti, come cambiamenti di proporzioni, in quanto non scivolavano qua e là
sotto il vestito.
Dopo il 1893, la moda cominciò pian piano a cambiare, soppressa la tournure che aveva gonfiato i
fondoschiena di diverse donne e finita l’epoca di stravaganze, che avevano visto corsetti imbottiti
e invenzioni a dir poco esuberanti, comincia, con il XX secolo, un epoca in cui la donna e le sue
forme tendono a sgonfiarsi e ad assumere una linea dritta, priva della ormai consueta forma ad
108
109
110
P. Perrot, 1981, p. 224.
B. Fontanel, 1997, p. 73-74.
Ibidem, p. 66.
49
“S“ 111. Ad aiutare la donna in questo cambiamento, fondamentale fu la figura di Paul Poiret, uno
dei sarti più in voga dell’epoca che, se non riuscì ancora a sopprimere del tutto il busto, fu in grado
comunque di modificarlo, sopprimendo la famosa “S” e rivoluzionando quindi la moda stessa.
Quella linea naturale, già vista ai tempi del Direttorio, ritornò con lui in auge, il busto divenne
dritto e restituì finalmente una colonna vertebrale normale a chi lo indossasse.
Poiret, assolutamente contrario all’utilizzo del corsetto, decise di dichiarargli guerra, convinto
com’era dell’ inutilità di quell’indumento con l’unico scopo di ridurre il corpo femminile a due
masse corporee distinte: da un lato il busto, i seni e la gola, dall’altro l’intera parte inferiore 112.
La nuova linea del corpo e i modelli degli abiti ristretti verso il basso, che stavano così prendendo
piede, presupponevano, secondo Poiret, l’abolizione del busto e l’adozione del reggiseno, un
nuovo tipo di biancheria intima che, nonostante fosse nata già da tempo prima, cominciò solo ora
ad avere fortuna.
Fu la ditta Codolle, fondata a Buenos Aires nel 1887 e trasferitasi a Parigi nel 1910, a cucire e a
firmare i primi reggiseni. La fondatrice, Herminie Cadolle, appassionata di abbigliamento intimo
femminile, impiantò dapprima in Argentina una ditta di corsetteria, ma, dopo numerosi viaggi, si
rese conto dell’arcaicità di questo indumento e decise di andare oltre: scoprì infatti l’hevea
nell’industria tessile, un nuovo filato di materiale elastico, senza il quale non sarebbe mai stato
possibile inventare il reggiseno. Applicò questo nuovo tipo di filato al suo primo “corsetto-seno”
che presentò all’Esposizione Universale del 1889: si trattava di un esemplare assolutamente
innovativo per la storia dell’abbigliamento intimo in quanto, invece di appoggiarsi sulle anche e di
raccogliere il seno dal basso in due coppe, come il tradizionale corsetto aveva fatto, invertì le forze
di supporto e a sostenere il petto furono due bretelle appoggiate sulle spalle, le attuali spalline 113.
Non si trattava ancora di un vero e proprio reggiseno, in quanto risultava essere ancora legato
sulla schiena al corsetto, ma sicuramente rappresentò un importante passo in avanti nello
sviluppo della biancheria intima e nella ormai vicina liberazione della donna dalla schiavitù del
busto. In effetti, la moda stava di fatto modificando la figura della donna creando abiti dalla linea
più naturale e producendo corsetti più ridotti di quelli precedenti, ma così lunghi da arrivare fino
quasi alle ginocchia, rendendo quindi la donna sicuramente un po’ più libera nei movimenti e
soprattutto capace di stare in posizione retta.
111
112
113
C. S. Laurent, 1986, p. 147.
B. Fontanel, 1997, p. 84.
Ibidem, p. 76-77.
50
La pratica tenace e generalizzata del busto, cominciò a cessare solo con la Grande Guerra del
1914, per ragioni non tanto mediche quanto funzionali 114 .
La diffusione delle vacanze, della pratica sportiva, dei balli, soprattutto latinoamericani, avevano
già in parte preparato alla mutazione dell’abbigliamento femminile che quindi esigeva capi
sicuramente più semplici e che garantissero maggiore libertà di movimento, ma fu soprattutto
l’esigenza di lavorare che sancì pian piano la fine del corsetto. Mentre gli uomini erano impegnati
al fronte infatti, le donne sentirono la necessità di immergersi nel mondo del lavoro: nelle
campagne le contadine cominciarono a svolgere i lavori dei campi, le commercianti si misero al
volante delle automobili, le officine si riempirono di operaie e nella borghesia divenne bon ton
fare le infermiere o le portantine d’ambulanza 115.
Corsetti e fronzoli quindi non potevano più far parte dei loro abiti che da sovrapposti e goffi,
cominciarono a farsi più leggeri e semplici, come pure il loro abbigliamento intimo, non più
pomposo, ma coerente con il loro attuale stile di vita. La donna quindi che stava pian piano
conquistando la propria autonomia, la propria emancipazione nei confronti degli uomini a cui era
stata per troppo tempo soggetta, che stava cambiando completamente il suo modo di vestire, che
poteva tranquillamente indossare berretti, giubbe, calzoni o gonne corte e muoversi in totale
libertà, senza il peso degli abiti che prima la soffocavano.
Durante gli anni del conflitto i corsetti cominciarono ad accorciarsi sempre più, fino ad essere
sostituiti da guaine leggere che salivano poco oltre la vita e scendevano all’inguine, liberando così
anche le cosce, ma creando alcuni problemi tecnici. La donna del 1914 infatti, cingeva il busto
sopra la camicia, la quale, ben tesa, sosteneva il seno, ma, la riduzione del corsetto, rese la camicia
più molle e quindi non più utile a sostenere il petto che cominciò di fatto ad essere retto dal
reggiseno che divenne quindi un indumento necessario nel guardaroba femminile occidentale 116.
Il reggiseno, chiamato anche “pettorina” o “mantieni seno” cominciò a prendere il posto del
corsetto e i bustai iniziarono a produrne modelli più disparati.
Quello in voga tra le ragazze degli anni Venti che non esibivano di certo seni opulenti, era
caratterizzato da una specie di tracolla che tendeva ad appiattire il petto che infatti non veniva
modellato, ma reso addirittura informe: si trattava di un unico pezzo di stoffa con due leggere
pinces sui fianchi, che veniva legato sulla schiena.
114
115
116
P. Perrot, 1981, p. 224.
C. S. Laurent, 1986, p. 149-150.
B. Fontanel, 1997, p. 92-93.
51
Questo modello però non riscosse grande successo e fu presto destinato al declino intorno agli
anni Trenta: dopo la Prima Guerra Mondiale infatti, la donna aveva cominciato sempre più a
svestirsi, ad indossare abiti aderenti e scollati e ad avere una maggiore cura del proprio corpo e a
sentire quindi la necessità di esibire un seno più malizioso e sensuale. Inoltre, fu proprio durante la
fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta che la corsetteria ebbe il massimo sviluppo,
soprattutto per quanto riguarda i materiali usati, la composizione e la concezione stessa di tali
indumenti.
La biancheria intima infatti era ancora considerata un lusso che solo pochi potevano permettersi a
causa dei prezzi troppo elevati dovuti soprattutto alla preziosità delle stoffe utilizzate e al fatto che
fossero per la maggior parte confezionate a mano
117
: si cominciarono quindi a sperimentare
tessuti che potessero garantire bellezza estetica e costi meno elevati. Fondamentale fu la nascita
di una nuova fibra sintetica, il rayon ( “raggio “ ), avvenuta in maniera del tutto casuale già attorno
al 1883 da parte dell’inglese Sir Joseph Swan che, nel tentativo di produrre un filamento di
carbonio per le lampadine elettriche, depose ben presto le sue ricerche e, involontariamente, mise
nelle mani della moglie queste fibre di acetato di cellulosa di cui lei si servì per un lavoro
all’uncinetto. Senza volerlo la donna aveva scoperto il primo tessuto sintetico della storia,
destinato a rivoluzionare l’industria tessile e, in particolare, quella dell’abbigliamento intimo.
Lo sviluppo del rayon fu però abbastanza lento, esso infatti venne prodotto su ampia scala solo nel
1905 dalla Gran Bretagna e venne poi realmente utilizzato solo a partire dagli anni Venti 118.
Anche la comparsa del caucciù, avvenuta attorno al 1911, rimase assolutamente limitata alla
produzione di “corsetti da sport” e il suo utilizzo non riuscì ad espandersi a causa della scarsa
qualità di questo tessuto elastico, ancora troppo poco raffinato e producibile ancora in pezzi di
ridotte dimensioni 119.
“Madame X “ fu il nome dato, intorno al 1923, ad un corsetto ricavato da uno dei primi fogli di
caucciù, per la verità poco igienico e molto difficile da indossare, al quale ne successe un altro, nel
1930, prodotto questa volta dalla ditta Charneaux, anch’esso in caucciù, ma traforato per lasciar
traspirare la pelle.
In questo periodo, un problema rilevante fu rappresentato dal modo in cui questi tessuti elastici
venivano esportati: mentre lo stesso caucciù si presentava in forma di fogli che venivano
successivamente tagliati in strisce, il siero dell’hevea, ovvero il lattice, veniva esportato sotto
117
118
119
B. Fontanel, 1997, p. 101.
Ibidem, p. 103.
C. Probert, 1981, p. 8.
52
forma di mattonelle in quanto si coagulava rapidamente. La soluzione a questo problema venne
trovata nel 1930 quando ci si rese conto che, mescolando il lattice con l’ammoniaca, si andava a
creare una sostanza liquida, quindi trasportabile in semplici barili 120.
Da questa stessa sostanza si riuscì a produrre un filato nuovo, sottile quanto tutti gli altri: il lastex.
Elaborato dalla società Dunlop, oggi nota come produttrice di pneumatici, questo nuovo filato
nasceva da una lavorazione particolare del lattice stesso usato allo stato liquido che, versato in
tubi di vetro, veniva fatto passare attraverso bagni di acido e infine coagulato.
Tutte queste innovazioni giovarono sicuramente all’industria dell’abbigliamento intimo che,
potendo lavorare con queste fibre elastiche, riuscirono a produrre tessuti più estensibili e a
modificare le caratteristiche del corsetto stesso. Quest’ultimo infatti, non ebbe più bisogno di
ganci, lacci o pinces, ma, grazie al nuovo tessuto elastico, cambiarono il loro aspetto, essendo
prodotti non più rigidi e simili a gabbie, ma morbidi, assecondanti le forme e le linee del corpo,
sostenendole e facilitando i movimenti.
Altra importante conquista nell’abbigliamento intimo, avvenne nel 1931, ad opera dei fratelli
Warner che, oltre a creare coppe a profondità variabile, spalline elastiche e coppe modellate senza
cuciture, riuscirono ad inventare un nuovo tessuto, interamente elastico, sia nella trama che
nell’ordito, che rivoluzionò la biancheria moderna 121.
Nonostante lo sviluppo e la generalizzazione del reggiseno, la cui produzione era enormemente
aumentata grazie soprattutto alle numerose innovazioni provenienti per lo più dagli Stati Uniti,
come per esempio l’invenzione del reggiseno senza spalline o quello a schiena nuda, allacciato
all’altezza della vita, anche per il corsetto ci furono degli importanti momenti di gloria, tra i quali
l’invenzione della zip 122.
Il busto infatti continuò ad essere utilizzato anche nel corso degli anni Cinquanta e a pochi anni
dalla rivoluzione sessuale, persistettero ancora abitudini ereditate dal XIX secolo
123
. In effetti,
nonostante l’impiego della guaina, che si era notevolmente diffusa tra le donne, si portavano
ancora corsetti che arrivarono ad assumere forme e modelli sempre più particolari, come per
esempio l’invenzione, all’inizio degli anni Cinquanta, di una guaina elastica di raso alla quale veniva
cucito un reggiseno che, dotato di una robusta armatura, creava il “combinè”, ovvero il reggiseno
120
121
122
123
B. Fontanel, 1997, p. 105.
Ibidem, p. 108.
C. S. Laurent, 1986, p. 188-189.
C. Probert, 1981, p. 54.
53
a bustino
124
. Anche per le stecche di balena, che continuarono ad accompagnare il busto, vi
furono delle importanti novità: se prima se ne trovavano di un unico tipo, ora se ne producono
ben due.
Esistevano infatti, alla fine degli anni Cinquanta, stecche ricavate dalla balena originaria dei Mari
del Sud o dell’Atlantico, e quelle provenienti dai capodogli dell’Oceano Artico, di qualità meno
ricercata. Le modalità con le quali venivano prodotte e poi immesse nel mercato erano assai
lunghe e particolari, le stecche infatti erano ricavate dai fanoni della balena, ossia da lame cornee
disposte ai lati della mascella superiore dell’animale: una volta prelevate, esse venivano pulite e
segate fino a raggiungere la forma di strisce o stecche per poi essere nuovamente pulite e levigate
e infine tagliate nel senso della lunghezza e arrotondate alle due estremità
125
. Con il passare del
tempo, e soprattutto dopo la nascita dei nuovi tessuti, che rivoluzionarono di molto il settore
dell’intimo, cominciarono ad entrare in commercio anche stecche di materiali diversi, come quelle
di piume di tacchino, di nylon o di plastica.
A rivoluzionare ancora una volta il settore intimo infatti, fu, a partire dal 1929, la nascita di un
nuovo filato sintetico, più resistente di quelli precedentemente realizzati, ricavato da fenolo,
idrogeno e acido nitrico. Le ricerche, portate avanti dalla società americana Du Pont di Nemours e
condotte dal dottor Wallace H. Carothers e dalla sua équipe, portarono alla nascita, nel 1938, del
nylon, un tessuto che, usato inizialmente al fronte per la produzione di tende, corde e teloni
militari, invase poi il settore della biancheria grazie soprattutto alle sue importanti qualità:
brillante e leggero, non si consumava, si asciugava facilmente e non richiedeva stiratura 126.
L’influenza liberatrice degli abiti confezionati industrialmente, pratici, confortevoli, sani e a buon
mercato, aveva portato ormai la donna ad essere libera, spigliata ed emancipata, ansiosa di
possedere calze di nylon e gomma da masticare, di ballare e fumare sigarette.
Il reggiseno aveva di fatto rimodellato la loro figura e aveva evidenziato sempre di più il loro seno,
portandolo verso l’alto, come prescriveva la moda del tempo che di fatto apprezzava
enormemente la figura delle famose pin-up.
Indicativo di questo atteggiamento fu l’elaborazione, nel 1939, del best-seller della storia del
reggiseno, con coppe più profonde e impunture rilevate e circolari che rendevano il petto molto
sagomato ed appuntito. Questo modello ebbe grande successo soprattutto negli anni Cinquanta,
124
125
126
C. Probert, 1981, p. 55.
B. Fontanel, 1997, p. 124-125.
Ibidem, p. 111.
54
ma fu destinato a tornare di moda negli anni Ottanta quando il famoso stilista Jean-Paul Gaultier
lo abbinò, nelle sue sfilate, a vestiti e bustini.
Sempre negli anni Cinquanta venne perfino realizzato il primo reggiseno aerodinamico, messo a
punto dal costruttore di aerei Howard Hugues. Si trattava di una vera e propria “mensola” che
sosteneva efficacemente il seno grazie ad una valida armatura rinforzata, facendolo addirittura
ballonzolare: esso fu indossato per la prima volta dall’attrice Jane Russell durante le riprese del
film “Il bandito” in quanto risultava essere l’unico modello che riusciva a sostenere il suo seno
senza schiacciarlo 127.
Dopo l’invenzione del rayon e del nylon, che avevano apportato grossi miglioramenti nel settore,
negli anni Cinquanta un altro importante tessuto vide la sua nascita e il suo successivo sviluppo: la
lycra, un tessuto molto estensibile costituito da due fili, uno sintetico, formato da poliestere o
poliammide, l’altro caratterizzato da una fibra elastica molto leggera, l’elastene.
Inventata dalla ditta Du Pont di Nemours, questo nuovo tessuto esplose solo durante gli anni
Ottanta quando riuscì ad invadere il mondo femminile tanto da diventare il protagonista
indiscusso nelle sfilate dei più grandi stilisti d’alta moda e nel campo del pret-à-porter 128.
Le curve esagerate degli anni Cinquanta scomparvero gradualmente negli anni Sessanta, periodo
durante il quale vi fu un ritorno ad un seno più naturale, sorretto e controllato da una biancheria
leggera ed elastica che cominciò ad interessare non più solo le donne, ma anche le adolescenti 129.
I produttori quindi, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e negli Stati Uniti, lanciarono sul mercato
un nuovo tipo di abbigliamento intimo adatto a queste giovani ragazze, una biancheria che
andasse in contro al loro essere e al loro stile di vita, semplice e pratico, che pian piano influenzò
tutto l’universo femminile. Tessuti in lycra e in fibra elastica furono i materiali maggiormente usati,
oltre ad una vertiginosa molteplicità di colori e fantasie che dettero alle ditte produttrici la libertà
di creare modelli disparati e di sbizzarrire la propria fantasia. Un ulteriore miglioramento inoltre,
fu rappresentato dalla nascita delle spalline regolabili che vennero adattate al reggiseno: un
grande passo in avanti verso la comodità, dato che fino a quel momento esse venivano fissate con
una striscia di tessuto e un automatico cucito all’interno del capo per evitare che ricadessero sulle
braccia.
Gli anni Sessanta inoltre portarono alla nascita di un’altra grande azienda specializzata nella
produzione d’intimo, destinata ad imporsi sul mercato e a riscuotere un’enorme quantità di
127
128
129
B. Fontanel, 1997, p. 118.
Ibidem, p. 139.
C. Probert, 1981, p. 66.
55
consensi diventando poi leader nel settore: la Playtex. La società, fondata negli Stati Uniti nel 1932
dal signor Spanel, un chimico americano, sfondò veramente solo dopo la guerra grazie ad una
nuova fibra elastica, la “spanetta”, dal nome del suo stesso fondatore, che risultò fondamentale
per la produzione delle così dette “guaine 18 ore”, che potevano essere indossate per un lungo
periodo di tempo senza provocare il benché minimo fastidio
130
. Fu solo negli anni Cinquanta che
la Playtex si cominciò ad interessare ai reggiseni, mettendo pian piano in commercio modelli più
disparati, tra i più famosi: “Criss Cross” del 1969, caratterizzato da un sistema ad incrocio, la
guaina “18 ore” del 1971, “Incredibile è una guaina” del 1973, che sosteneva notevolmente le
forme e i reggiseni “Armagique” del 1985, che avevano invece un’armatura plastica, senza
metallo. L’azienda crebbe sempre di più grazie soprattutto al suo nuovo sistema di distribuzione
che vide massicce vendite anche negli ipermercati, fino a diventare negli anni Novanta un vero e
proprio leader con grosse campagne pubblicitarie finalizzate al ringiovanimento e alla
modernizzazione del marchio.
Nonostante questo forte sviluppo del reggiseno e le innumerevoli adesioni che esso portò, vi fu
comunque chi vedeva in esso un ostacolo all’emancipazione femminile, tanto che alla fine degli
anni Sessanta, più precisamente nel 1968, si mise in moto un movimento femminista che, durante
l’elezione di Miss America, protestò e dette fuoco a questo indumento. Questo forte rifiuto
nasceva dall’esigenza di abolire la donna-oggetto, di liberarla da tutti gli impedimenti, vedendo nel
reggiseno l’ultimo elemento costrittivo dell’abbigliamento femminile, e dal desiderio di
differenziarsi dalle generazioni precedenti. Questo spirito libertario portato avanti da queste
donne vide il suo riflesso in una marca particolare come la “ Dimanche” che nel 1970 presentò un
modello di reggiseno allegro e a basso costo che, caratterizzato per lo più da materiale sintetico,
non sosteneva certo il seno, ma corrispondeva sicuramente alla sensibilità del momento, ribelle e
controcorrente 131. Si trattava di un reggiseno lavorato a maglia in cui le coppe erano formate dal
tallone delle calze e poi unite, a due a due, da piccoli elastici per slip.
Un’epoca quindi in cui avviene una vera e propria rivoluzione nella sensibilità e nelle esigenze
stesse delle donne che non vedono più nella biancheria intima uno strumento seducente atto a far
sognare l’uomo, ma bensì un utile e freddo strumento, non più malizioso, ma allegro e dai colori
più disparati, sobrio, efficace e rigorosamente fabbricato in materiali sintetici, facili da stirare e
adattabili ad ogni tipo di forma.
130
131
B. Fontanel, 1997, p. 130.
C. S. Laurent, 1986, p. 232.
56
Di colpo, con l’avvento degli anni Ottanta, la moda fece un piccolo passo indietro, ritornando ad
essere simile a quella che aveva caratterizzato il mondo cretese, fatta cioè di seni prosperosi e ben
esibiti e da donne per lo più abbondanti. Si usò quindi il passato per creare il presente, un
presente in cui l’intimo riacquistò tutto ciò che di seducente e di malizioso possedeva, una
biancheria che ricomincia ad utilizzare tessuti più pregiati, come la seta, il cotone, che unisce pizzi
e trasparenze per riprendere quella tradizione che vedeva la donna distinguersi dall’uomo proprio
in virtù di quella biancheria intima così provocante e accattivante.
Il mercato esplose e tante idee ispirarono gli stilisti che, avendo a disposizione una grande
quantità di tessuti diversi, dalla lycra alla microfibra, dai merletti elastici e ai cotoni estensibili,
crearono modelli di reggiseno in cui colori e stampe si fondevano e si moltiplicavano all’infinito
fino a raggiungere una comodità e una raffinatezza incomparabili 132. Ritornarono di moda anche i
bustini e le guepière con stecche, alimentando il rimpianto della vita sottile di un tempo, nonché i
reggiseni a balconcino, che cominciarono ad essere usati anche come indumenti esterni, portati
come dei veri e propri abiti. Questa moda del “reggiseno outwear”, portato cioè all’esterno, venne
lanciata per la prima volta nel 1988 con la realizzazione del primo reggiseno di velluto, ma venne
ufficialmente inaugurata dalla cantante Madonna che, agli inizi della sua carriera, si esibì sul palco
indossando pantaloni di pelle e reggiseno di pizzo rosso 133.
Tessuti stretch e dai colori brillanti, quasi addirittura fluorescenti erano destinati ad invadere
l’universo della biancheria intima, diffondendosi sempre di più nei negozi e all’interno dei
supermercati e, anche se, con il passare del tempo, si svilupperanno sicuramente nuovi modelli e
nuove tecniche, quell’importante evoluzione avvenuta tra il 1914 e il 1928, che rivoluzionò
enormemente l’immagine della donna, difficilmente potrà ripetersi. Chiaramente, come abbiamo
potuto vedere, la moda è un continuo cambiamento, ripesca dal passato e inventa forme nuove,
lasciandoci così fantasticare sugli sviluppi futuri.
132
133
B. Fontanel, 1997, p. 143.
Ibidem, p. 148.
57
Capitolo IV
DEGRADO E CONSERVAZIONE DEI MANUFATTI
TESSILI
La collezione di Franco Pezzato è costituita per lo più da fibre tessili, cioè da materiali organici che,
con il passare del tempo, sono soggetti ad un decadimento che può essere più o meno veloce, in
dipendenza di numerosi fattori. La loro conservazione quindi, risulta essere un problema di
prioritaria importanza e va programmata e progettata, tenendo presente sia le qualità
morfologiche delle fibre che i fattori degradanti delle stesse, indispensabili per condurre questo
tipo di processo. Conoscere l’armatura di un tessuto infatti, semplice o complessa, composta di
filati animali o vegetali, sintetiche o altro, significa poter indicare con una maggiore precisione, i
parametri fisici per una buona conservazione 134.
Le fibre infatti, posseggono una loro particolare morfologia, caratterizzata da una sottile struttura
filamentosa, formata da lunghe catene di molecole disposte parallelamente l’una all’altra, o a
spirale attorno all’asse della fibra che danno coesione alla struttura stessa, grazie alla presenza di
forze laterali 135 .
Ogni fibra tessile possiede una sua struttura molecolare che si differenzia dalle altre per
dimensione, proporzione tra area cristallina e area amorfa e per la presenza o meno di legami
laterali. Un’importante distinzione infatti va stabilita fra fibre animali, composte per lo più di
proteine, e fibre vegetali, come il lino, la canapa e il cotone, che invece sono per lo più fatte
derivare dalla cellulosa. La seta per esempio, è composta da due filamenti di fibroina per ogni suo
filo, circondati da un rivestimento di sericina: fibroina e sericina sono ottenute per
polimerizzazione di amminoacidi 136.
Forma, densità, lunghezza, superficie e cristallinità, sono caratteristiche, parimenti importanti che
determinano l’aspetto e il comportamento dei filati e dei tessuti ricavati e dalle quali dipendono le
prestazioni, il comportamento e l’aspetto stesso delle fibre tessili 137.
134
135
136
137
Ministero per i beni culturali e ambientali, 1990, p. 3.
F. Pertegato, 1993, p. 15.
F. Pertegato, 1981, p. 13.
F. Pertegato, 1993, p. 18-19.
58
La densità, che influenza il modo in cui filati e tessuti drappeggiano, è tanto più elevata quanto
maggiore è il peso per unità di volume.
La superficie è importante in quanto caratterizza la lucentezza o meno di una fibra: se la superficie
è liscia infatti, questa rifletterà la maggior parte della luce da cui viene investita, provocando
quindi effetti di lucentezza.
La forma, che comprende sezione, spessore, grado di torsione e tendenza ad incresparsi,
caratterizza il tipo di filatura adatta ad ogni fibra tessile. Fibre con sezione irregolare e superficie
scabra, per esempio, possono essere filate in modo meno stretto, ma sicuramente più stabile, data
la forte torsione e l’accentuata increspatura che le caratterizzano 138.
La cristallinità invece, influenza lo scambio di umidità tra la fibra e l’ambiente circostante il cui
risultato porterà a contrazioni o rigonfiamenti, a volte permanenti, delle fibre stesse 139.
L’insieme delle reazioni delle fibre alle diverse sollecitazioni meccaniche, costituiscono le proprietà
meccaniche delle fibre stesse. Tra queste, le più importanti sono caratterizzate da 140:
Estensibilità: riguarda il grado di allungamento, più o meno variabile, che può subire una fibra.
La condizione che favorisce maggiormente questa proprietà è l’acqua, una fibra bagnata infatti,
assorbendo acqua, produce un relativo allontanamento delle molecole, provocando più facilmente
l’allungamento della fibra stessa.
Flessibilità: caratteristica fondamentale dei tessuti e dei filati, essa dipende dalla densità, dallo
spessore e dalla forma delle fibre.
Resistenza alla tensione: dipende dalla lunghezza della molecola e dalla compattezza del fascio
naturale e viene misurata dal carico di rottura. La resistenza di una fibra infatti, risulta essere
direttamente proporzionale alla lunghezza della catena di molecole che la costituisce.
Elasticità e plasticità: la prima misura il grado di allungamento che una fibra subisce quando è
sottoposta ad una tensione, e chiaramente tende a diminuire in relazione all’uso della fibra stessa.
La plasticità invece, è collegata normalmente alla finezza della fibra.
Le caratteristiche morfologiche e le proprietà meccaniche delle fibre tessili appena descritte,
possono essere alterate o addirittura modificate a causa dell’azione di deterioramento condotta
da alcuni fattori, chimici, fisici o biologici che, agendo sulle fibre stesse, rompono i legami interni
delle molecole, provocando così l’indebolimento della struttura o una vera e propria disgregazione
138
139
140
F. Pertegato, 1993, p. 18.
Ibidem, p. 19.
Ibidem, p. 19-20.
59
del tessuto
141
. Come sopra accennato, i fattori responsabili del decadimento di un manufatto
tessile si possono raggruppare, in base alla loro natura, in tre categorie: fattori fisici, fattori chimici
e fattori biologici 142.
Le condizioni ambientali, e in particolare le radiazioni, l’umidità e la temperatura, rappresentano i
principali fattori fisici che danno inizio al processo di deterioramento.
I materiali tessili infatti sono molto sensibili alla luce che, naturale o artificiale, fornisce l’energia
necessaria ad innescare reazioni fotochimiche a causa delle quali, partecipandovi anche ossigeno
ed umidità, si ha un deterioramento dei tessuti stessi.
I raggi ultravioletti risultano essere i nemici più consistenti da combattere in quanto producono
un’energia che tende a rompere la maggior parte dei legami chimici contenuti nei tessuti: per
questo motivo è consigliabile l’utilizzo di filtri assorbenti che, posti sulla luce, riescono ad
annientarli 143.
Particolarmente pericolosa risulta anche essere la luce del giorno o qualsiasi radiazione luminosa,
che può essere sostituita, per una buona conservazione, da lampade a bassa intensità o da
un’illuminazione indiretta che deve essere comunque abbastanza limitata 144.
La luce, oltre a favorire il degrado delle fibre, produce anche un effetto negativo sui coloranti usati
per tingere i tessuti, provocando conseguenze deleterie come scolorimento, cambiamento del
colore e, in alcuni casi, perfino la totale scomparsa della tinta stessa. Un esempio indicativo può
essere rappresentato dalla lana: essa infatti può subire degradazioni come lo sbiancamento,
innescato dall’intervento delle radiazioni visibili e da quelle ultraviolette, o l’ ingiallimento, il cui
processo va attribuito alla formazione di un derivato del processo di alterazione delle sostanze
grasse presenti nella stessa fibra della lana 145.
Altre forme di deterioramento, come variazione di forma e dimensione, biodegradazione e
reazioni chimiche sono provocate dall’umidità. L’assorbimento di umidità infatti, provoca un
rigonfiamento delle fibre all’interno delle quali viene trasportato ossigeno atmosferico, mentre la
perdita della stessa, favorisce al contrario restringimento, in misura diversa da fibra a fibra,
facendo sì che si creino tensioni che porteranno ad una modifica della forma e dimensione del
tessuto. L’umidità inoltre, unita all’ossigeno, contribuisce anch’essa allo sbiadimento dei colori:
sotto l’azione della luce infatti, essi possono combinarsi per dare origine, attraverso la formazione
141
142
143
144
145
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 470.
Ibidem, p. 469.
Ibidem, p. 470.
F. Pertegato, 1981, p. 27.
F. Pertegato, 1993, p. 471.
60
di ioni di idroperossido, ad acqua ossigenata che esercita una forte azione ossidante, accelerando
il processo di distruzione del colorante 146.
I danni di natura fisica, risultano essere meno probabili in condizioni di umidità elevata, ma ad
essere più frequenti sono, in questo caso, gli attacchi da parte di insetti e microrganismi che,
nutrendosi del tessuto e depositandovi escrementi su di essi, lo indeboliscono, determinando
quindi la biodegradazione del tessuto stesso 147.
Un’ altra importante causa del loro degrado è caratterizzata dalla temperatura il cui stadio
ottimale dovrebbe oscillare tra i 16 e i 25 °C. Tutte le fibre tessili infatti sono suscettibili al
deterioramento in presenza di temperature molto elevate in quanto, l’eccessivo calore, può
causare una disgregazione delle fibre, ma anche la crescita di muffe o lo svolgersi di reazioni
chimiche a carico dei coloranti e degli appretti 148.
Oltre ai fattori fisici, il tessuto è sottoposto anche all’azione di fattori chimici, provenienti
soprattutto dall’atmosfera e quindi variabili a seconda della posizione geografica in cui è
conservato il manufatto. Il degrado chimico è quindi causato sia dalle impurezze accumulatesi sul
tessuto nel corso dei secoli ( “sporco solido” ), sia da contaminanti atmosferici gassosi ( “inquinanti
gassosi” ), responsabili di alterazioni profonde delle caratteristiche stesse delle fibre 149.
Lo sporco infatti può svolgere molteplici azioni di degrado, come abrasione e l’attacco di agenti
biologici, a causa della presenza, al suo interno, di numerose sostanze che vanno ad annidarsi nel
tessuto, tra queste troviamo: sostanze minerali, come il sale e la ruggine; fuliggine e fumi della
combustione di idrocarburi; sostanze terrestri trasportate dall’acqua, come argilla e melma;
prodotti della decomposizione di adesivi naturali, come colle e amidi; resine e vernici sintetiche;
grassi per contatto con corpi oleosi; polveri trasportate dall’aria, come il pulviscolo atmosferico;
prodotti della decomposizione di materiale organico; depositi di lumi, candele e della combustione
dei grassi ed altri prodotti della condensazione atmosferica 150.
Lo sporco è il risultato dell’intrappolamento meccanico di queste sostanze nelle fessure e cavità
presenti sulla superficie dei tessuti e negli spazi tra le fibre e la sua quantità, varia in funzione del
diametro e della forma della sezione trasversale delle stesse 151. La lana per esempio, essendo una
146
147
148
149
150
151
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 473.
F. Pertegato, 1993, p. 27.
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 474-475.
Ibidem, p. 479.
Idem.
Ibidem, p. 481-482.
61
fibra meno compatta, trattiene più sporco di quelle con più elevata densità (seta), a causa di una
maggiore superficie di contatto.
Per quanto riguarda gli agenti inquinanti, i loro danni risultano maggiori nelle grandi metropoli e
nelle località industriali, rappresentando una vera minaccia per le collezioni tessili.
Essi provengono quasi interamente dalla combustione di carburanti e sono sospesi nell’atmosfera,
sia allo stato gassoso, che sotto forma di particelle solide 152. I principali contaminanti gassosi sono
gli acidi, del quale fanno parte biossido di zolfo, l’acido solforico e gli ossidi di azoto, mentre gli
ossidanti, comprendono ozono, cloro e i suoi composti 153.
Anche la polvere può avere effetti nocivi sul tessuto in quanto, oltre ad essere considerato come
veicolo di sostanze inquinanti, data la sua natura granulare, può produrre, per sfregamento, danni
rilevanti in fibre degradate.
Purtroppo, al di la dell’istallazione di costosi impianti di aria condizionata, non esiste attualmente
nessun mezzo utile ad eliminare ed impedire l’accesso di questi vari gas nell’ambiente,
contrariamente allo smog e alla polvere, che invece, con opportuni metodi, possono essere in
qualche modo evitati 154.
Anche gli agenti biologici, e soprattutto insetti e muffe, possono provocare danni consistenti ai
tessuti, data la loro natura organica.
Per quanto riguarda gli insetti, l’habitat che ne favorisce il loro sviluppo, è caratterizzato da
ambienti per lo più umidi o carichi di polvere, nei quali essi diventano attivi, sostenuti ed
alimentati dal tessuto stesso che ne risulta indebolito e sporcato dagli escrementi, mentre
ambienti secchi, sembra non ne favoriscano lo sviluppo. I più dannosi per le fibre sono
sicuramente le tarme, e in particolare le larve, particolarmente pericolose per la lana, ma
contribuiscono all’indebolimento dei tessuti anche scarafaggi dei tappeti che, spostandosi molto
rapidamente, risultano più difficili da eliminare, e topi, ratti ed altri roditori, drammatici agenti
distruttivi, soprattutto per i tessuti lasciati all’incuria
155
. Se la lana risulta essere aperta a rischi
dovuti alla presenza di larve e scarafaggi, il lino e il cotone pare siano immuni dagli insetti, ma, se
contaminati da sostanze che li attirano, ne subiscono anche loro l’attacco.
152
153
154
155
F. Pertegato, 1993, p. 28.
F. Pertegato, 1982, p. 68.
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 482.
Ibidem, p. 489.
62
Condizioni di elevata umidità relativa, tepore ed assenza di luce invece, promuovono la crescita
delle muffe che, depositandosi nel tessuto, vi lasciano delle macchie nere o grigie, costituite da
filamenti che si intrecciano con le fibrille del tessuto stesso, causandone l’erosione 156.
Le muffe non sono altro che funghi di piccole dimensioni, dall’aspetto omogeneo, composti da
minuscoli filamenti detti “ife” che, intersecati tra loro, formano il “micelio”, produttore di
numerose quantità di spore 157.
La conoscenza di tali fattori di degrado
è indispensabile e fondamentale per una buona
conservazione di una collezione composta di materiali tessili, come quella in oggetto, e nel nostro
caso dell’abbigliamento intimo, e ciò a partire dal loro magazzinaggio, esposizione e restauro.
Il maneggiare impropriamente i tessuti infatti, causerà comunque tensionamenti che potranno
variare dall’allentamento di poche fibre, fino alla rottura vera e propria delle stesse. Stiamo
parlando infatti di manufatti tessili storici, che pertanto hanno già subito il loro invecchiamento
naturale, addirittura accelerato dal loro utilizzo, dalla luce o dalle polveri inquinanti.
I tessili infatti sono soggetti a fenomeni di degrado che li portano sia alla perdita di integrità fisica,
che provoca una modifica dell’equilibrio naturale, che ad un decadimento chimico.
La perdita di integrità è spesso causata da un uso prolungato degli oggetti o da incidenti di vario
genere, ma anche dalla scorretta collocazione in magazzino o in esposizione, dal trasporto
avvenuto senza le dovute cautele, dai maneggiamenti senza attenzione durante gli studi o i
trattamenti di conservazione e dal mancato controllo delle condizioni ambientali.
Per quanto riguarda invece il loro decadimento chimico, risulta importante preservare i tessuti con
uno stretto controllo delle condizioni ambientali nei luoghi o nei contenitori in cui vengono
immagazzinati o esposti, evitando così il formarsi di quel processo di decadimento a livello
molecolare che può indebolirli fino alla loro totale distruzione 158.
Durante la fase di magazzinaggio dei tessuti, la prima precauzione riguarda l’analisi della superficie
con cui il manufatto viene a contatto: essa infatti deve essere inerte ed isolata da ogni materiale
che possa causare il degrado del tessuto. Il legno per armadi e contenitori infatti, sembra essere il
materiale più adatto rispetto all’acciaio, in quanto possiede le migliori proprietà di isolamento
termico, anche se comunque presenta lo stesso qualche inconveniente. Esso infatti risulta essere
un facile veicolo di insetti, e quindi appare necessario riporre, tra tessuto e legno, uno strato
156
157
158
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 487.
Idem.
Ibidem, p. 569.
63
protettivo, che sia allo stesso tempo poroso, come il tessuto e la carta non acida, e impermeabile
agli agenti inquinanti, come il poliuretano o una pellicola di poliestere 159.
L’abbigliamento intimo infatti, come del resto tutta la collezione di Franco Pezzato, è stata
custodita in cassoni, armadi e bauli in legno, o sistemata su apposite grucce, o perfettamente
piegata e intervallata da carta non acida per evitare il contatto tra i vari capi ed il formarsi di
pieghe, dannose per il tessuto stesso 160.
Per proteggere i costumi di una collezione, e nel nostro caso, l’abbigliamento intimo, dalla polvere,
è sconsigliato l’utilizzo di buste o contenitori di plastica che impediscono all’aria di circolare,
attirando quindi la polvere stessa: se servono buste trasparenti, si può utilizzare il cellophane o
l’acetato di cellulosa o, in alternativa, anche sacchi di tessuto 161.
L’etichettatura è un’altra importante fase del magazzinaggio dei tessili. Essa si rende necessaria
non solo per individuare i singoli pezzi in riferimento agli inventari generali ed ad una eventuale
schedatura, ma anche per fornire alcune informazioni sul tessuto, come la collocazione
cronologica, la provenienza ed i dati tecnici fondamentali
162
. Nella collezione di Franco Pezzato
infatti, ogni singolo pezzo è stato corredato da un’etichetta a goccia, tecnicamente detta
“gioiello”, in carta o cartoncino non acido, applicata con un filo di cotone, oppure è stata utilizzata
una striscetta di tessuto, sulla quale è stato scritto quanto stabilito, con un inchiostro indelebile e
resistente al lavaggio, in una posizione di facile individuazione.
L’esposizione, è forse il momento durante il quale i tessuti possono essere esposti ai danni
maggiori, o quello nel quale possono essere maggiormente valorizzati e goduti 163.
La conservazione dell’abbigliamento intimo, ma chiaramente anche dei tessili in generale, richiede
infatti determinate condizioni ambientali nei luoghi e nei contenitori in cui sono immagazzinate o
esposte, in particolare, vanno controllate l’umidità, la temperatura, la ventilazione e
l’irraggiamento, sia naturale che artificiale.
Temperatura ed umidità sono due parametri interdipendenti: con l’aumentare della temperatura,
diminuisce l’umidità. Per meglio conservare i tessuti, i parametri ottimali prevedono temperature
variabili tra i 10 e i 20 °C, mentre il livello di umidità relativa dev’essere compresa tra i 45 e i 55 % :
ad umidità relativa uguale a 65% infatti, possono cominciare a svilupparsi muffe e funghi che
159
160
161
162
163
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 570.
Ibidem, p. 572.
Ibidem, p. 572-573.
Ibidem, p. 573.
Ministero per i beni culturali e ambientali, 1990, p. 10.
64
iniziano ad attaccare il materiale organico costituente i tessuti, mentre, se raggiunge livelli ancora
superiori, favorisce la sopravvivenza di numerosi insetti 164.
È quindi molto importante che le condizioni ambientali di temperatura ed umidità relativa,
rimangano il più possibile stabili e costanti e, per farlo, è necessario aggiungere vapore acqueo per
mezzo di umidificatori o atomizzatori, se la temperatura aumenta, o sottrarlo per mezzo di
deumidificatori e condensatori, nel caso la temperatura, al contrario, diminuisca 165.
Altri accorgimenti per una corretta conservazione dei tessili: non appoggiare oggetti e contenitori
ai muri, ma lasciare sempre lo spazio sufficiente a far circolare l’aria; non porre i tessuti a contatto
con vetri e altre superfici lisce, dove tende a formarsi condensa d’umidità, e quindi vi è pericolo di
muffe; non impiegare buste di materiale plastico impermeabile; mantenere i tessuti puliti ed
asciutti e ispezionarli regolarmente; infine, i contenitori devono permettere una buona
ventilazione e permeabilità 166.
La luce, come più volte detto, rappresenta il maggior agente degradante dei tessuti, e quindi, per
poter stimare la pericolosità di un ambiente, è necessario misurare l’intensità luminosa. L’unità di
misura dell’intensità luminosa è il lux, che corrisponde all’illuminazione di 1 lumen per metro
quadro: l’esposizione dei tessili è consigliata ad un livello di illuminazione relativa inferiore a 50
lux. Non esporre i tessuti in presenza di luce diretta del sole; ricoprire le normali lampade
fluorescenti da filtri anti-UV; eliminare dai magazzini la luce naturale per mezzo di tende opache;
usare, per motivi di studio o di lavoro, il livello di illuminazione minimo indispensabile; sostituire i
tessuti in esposizione, in modo che quest’ultima non duri più di tre mesi l’anno; collocare le
lampade ad incandescenza a distanza adeguata dagli oggetti esposti; proteggere dalla luce i tessili
in restauro ed in studio, quando non è necessaria e mantenere i magazzini al buio quando non ci si
lavora, rappresentano quelle fondamentali regole di sicurezza che garantiscono la conservazione
dei tessili stessi 167.
Adeguate condizioni ambientali per la conservazione dell’abbigliamento intimo, e dei tessili in
generale, nei luoghi e nei contenitori in cui sono esposte o immagazzinate, richiedono
accorgimenti, non solo per gli agenti inquinanti sospesi nell’atmosfera, ma anche per quelli che
164
165
166
167
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 576.
Ibidem, p. 575.
F. Pertegato, 1982, p. 72.
Ibidem, p. 73-74.
65
potrebbero essere introdotti nell’area circostante i manufatti tessili, per effetto di un non corretto
sistema di esposizione e magazzinaggio 168.
È dunque fondamentale disporre di un ambiente pulito ed organizzato e, per la conservazione di
una qualsiasi collezione tessile, è altresì importante una regolare ispezione dei manufatti e delle
condizioni ambientali in cui sono conservati.
168
S. Lorusso, L. Gallotti, 2007, p. 580-581.
66
Capitolo V
FRANCO PEZZATO E LA SUA COLLEZIONE 169
Franco Pezzato nasce al Lido di Venezia nel 1953.
Diplomatosi al Liceo Scientifico, frequenta in seguito i corsi di Fotografia, Museologia e Restauro
organizzati dalla Sopraintendenza ai Beni Artistici e Culturali di Venezia all’Università
Internazionale dell’Arte. Per quindici anni fu capo servizio al Museo del Vetro di Murano.
Si occupò della schedatura di circa 4000 fotografie e del restauro di alcune lampade in seta di
Mariano Fortuny. Collaborò poi all’allestimento dell’esposizione “permanente” del Museo del
Merletto di Burano, che verrà allestito ex novo nel Marzo del 2010.
Il tessile e la moda furono le sue passioni principali alle quali si dedicò sin da ragazzo e poi per il
resto della vita. Morì il 4 Luglio 2006 nella sua casa di Venezia, lasciandoci una straordinaria
collezione di storia del costume.
Il suo interesse e la sua sensibilità per la storia si manifestò fin da piccolo, egli infatti era solito
raccogliere e studiare reperti di archeologia nella Laguna, ma restava anche affascinato dai dettagli
sartoriali degli abiti con cui entrava in contatto. Questa sua innata passione e la partecipazione ad
una mostra di abiti organizzata nel Museo veneziano Fortuny, fecero crescere in lui il desiderio di
dedicarsi alla raccolta e alla conservazione di ogni oggetto riguardante il mondo della moda.
A partire dal 1985, Franco Pezzato inizia a cercare e a collezionare “cose” inerenti la storia della
moda e del costume, con un primo nucleo di abiti femminili appartenuti alla sua famiglia ( alla
nonna e alla bisnonna ) , che sentiva di voler salvare da eventuali dispersioni.
Fece il suo primo acquisto in un mercatino organizzato da lui stesso nel giardino della casa di
famiglia a Fener, in provincia di Belluno, dove tutt’ora è conservata la collezione, comprando un
abito femminile della fine del XIX secolo.
Egli ha minuziosamente raccolto oggetti tessili di ogni genere e tipologia, la sua collezione infatti è
composta da moltissimi e variegati manufatti tessili d’abbigliamento, da accessori e strumenti di
169
Tutte le informazioni riportate in questo capitolo sulla storia della collezione di Franco Pezzato, mi sono state
fornite dal sig. Costantino Porcu e dal materiale pubblicato nel sito internet della suddetta collezione:
www.francopezzato.org.
67
mestieri, manifesti pubblicitari e riviste di moda di svariate epoche, nonché una vera e propria
biblioteca storica di volumi che ripercorrono l’evoluzione del tessuto e dell’abbigliamento negli
ultimi cinque secoli.
La raccolta inizialmente prevedeva solo abiti femminili, ma spinto dal desiderio di conservare
frammenti di vita e di storia e girando molto per mercatini, trovando occasioni assolutamente
vantaggiose, fece rientrare nella sua collezione anche altre tipologie di indumenti ed accessori.
Tutti i pezzi raccolti sono stati acquistati in diversi mercatini antiquariali, specialmente in area
veneta e soprattutto a Venezia, Brugine, Piazzola sul Brenta, Vicenza, ma anche presso importanti
fiere svoltesi a Parma, Modena, Londra e Parigi.
Egli però non attinse solo dai mercatini: avendo pian piano acquisito fama, gli stessi specialisti del
settore gli offrirono interi guardaroba, come avvenne per esempio per l’importante nucleo di abiti,
accessori, fotografie e documenti appartenuti alla famiglia Chilesotti di Thiene, in provincia di
Vicenza.
La sua competenza in materia crebbe infatti molto velocemente grazie alla sua forte passione
verso questo tipo di collezionismo che lo portò ad interessarsi a tali studi da autodidatta, ma
anche mediante il contatto diretto con la materia nonché attraverso la consultazione di riviste e
libri specializzati e confronti con esperti del settore.
La collezione, che ricopre un arco cronologico che va dal XVIII al XX secolo, comprende abiti
femminili, maschili ed infantili, nonché biancheria intima e da casa, paramenti sacri, costumi da
bagno, tessuti antichi, merletti ad ago ed a fuselli, strumenti da cucito come tomboli e cuscinelli,
telai per il ricamo, disegni per pizzi, cravatte, scarpe, ombrelli, costumi teatrali, valigie, borse,
guanti, cappelli, splendidi ventagli, bottoni, pezzi d’oreficeria e di bigiotteria, ma anche fotografie
che evidenziano i cambiamenti nelle mode del tempo. Tra questi abiti ve ne sono alcuni di
provenienza illustre, come ad esempio quelli appartenuti alla contessa Morosini di Venezia,
considerata ai primi anni del ‘900, tra le donne più belle d’Italia; abiti appartenuti a Luisa Beccaria,
ultima compagna di Gabriele D’Annunzio, nonché notevole pianista lagunare.
Franco prestò molta attenzione non solo a incrementare la sua collezione, ma anche alla
conservazione della stessa: ogni pezzo danneggiato dal tempo veniva infatti rammendato e pulito
personalmente con molta passione e precisione, dilettandosi anche nel restauro di alcuni pezzi che
sembravano a prima vista irrecuperabili. Tutta la sua collezione inoltre è ancora conservata nella
vecchia casa di famiglia a Fener riposta in cassoni, armadi, scatole e bauli al primo piano in due
ampie stanze che offrono un ambiente idoneo dal punto di vista conservativo grazie al clima non
68
umido, sempre fresco e ai muri in pietra molto spessi, anche se lo spazio che la ospita purtroppo
risulta abbastanza piccolo rispetto alla mole della collezione stessa.
Franco Pezzato è riuscito a svolgere questo lavoro in modo così ammirevole da essere riconosciuto
e apprezzato da diversi esperti quando era ancora in vita che gli diedero la possibilità di esporre
numerosi dei suoi capi ed accessori in mostre quali “Il guardaroba di una cantante, Alice Zeppilli ”
– Museo Fortuny di Venezia ; “ I merletti di Venezia” – Palazzo Museo Mocenigo di Venezia (1995);
“ Arrivano una notte 12 stelle” – Cordusio a Milano; “ Conciati a festa” – Caffè Pedrocchi a Padova
; “Luce di taglio, preziosi momenti di una nobildonna veneziana, una giornata di Faustina
Savorgnan Rezzonico” – Cà Rezzonico a Venezia ; “ La scoperta dell’infanzia” – Querini Stampalia a
Venezia (1999); “ I doni della dodicesima notte” – Cesano Maderno a Milano ; “ Nuove acquisizioni
di tessuti” – Museo Bailo a Treviso (1974); “ I mestieri della moda” – Londra (1997).
Nel 2003 venne inoltre allestita a Lamon, Belluno, la prima mostra personale intitolata “ L’arte del
vestire” in cui vennero esposti centinaia di pezzi appartenenti alla collezione, alcuni dei quali
vennero poi anche fotografati e pubblicati in “ Merletti di Venezia” di Doretta Davanzo Poli e in
“ Nobili intrecci” a cura di Carla Paggi, in un articolo di Paolo Peri.
Questa stessa collezione è ancor oggi visibile e studiabile grazie al signor Costantino Porcu che per
molti anni ha accompagnato Franco, con molta devozione, in questa sua passione, ereditandone
poi la custodia. Legatissimo ad ogni singolo pezzo raccolto, egli si reca appena possibile nella casa
di Fener per controllare lo stato di conservazione della collezione facendo arieggiare le stanze e
sistemando insetticidi e antitarme nei vari bauli, armadi e cassoni che li ospitano, interessandosi
inoltre di pubblicizzarla per portare a termine il sogno di Franco: conservare la collezione in un
Museo veneziano.
Ha contribuito inoltre alla notorietà della collezione la professoressa Doretta Davanzo Poli,
docente di Storia della Moda e del Costume presso l’Università Cà Foscari di Venezia che ha
affidato e seguito ben cinque tesi di laurea: la prima nel 1999 a Roberto Galati che si occupò della
catalogazione di numerosi abiti, nel 2002 a Ilaria Montini che schedò circa seicento cappelli, nel
2008 a Livia Bocus e a Lucia Soppelsa che catalogarono la prima scarpe, la seconda circa
quattrocento borse e infine nel 2009 a Lara Tassotti che, contemporaneamente a me, si è
occupata della schedatura di un centinaio di indumenti intimi femminili da notte.
Per quanto riguarda il mio lavoro, su consiglio della mia relatrice, ho voluto analizzare
l’abbigliamento intimo femminile, ma, data la notevole quantità di pezzi, mi sono dovuta
soffermare solo su una parte di questa e in particolare sull’intimo da giorno comprendente
69
mutandoni, busti, copribusti, reggiseni, reggicalze, giarrettiere, sottogonne, stecche e gabbie,
sottovesti, arrivando a catalogare circa trecento pezzi.
Per fare questo, ho partecipato a numerosi sopralluoghi a Fener assieme al signor Costantino e
all’altra laureanda, nel corso dei quali abbiamo cercato, fotografato e preso appunti sul materiale
scelto, cogliendo anche l’occasione per spolverare e arieggiare i vari pezzi.
La prima fase del mio lavoro infatti è stata quella di rintracciare tutto l’abbigliamento intimo
conservato nella sede di Fener e inventariato da Pezzato: è stata una ricerca abbastanza
impegnativa in quanto i pezzi non erano raccolti tutti insieme, ma divisi nelle diverse scatole, bauli
e armadi del primo piano.
Questo però ha reso la ricerca più interessante poiché ho potuto toccare con mano anche
numerosi abiti appartenenti alla collezione che non facevano parte dei pezzi che dovevo
analizzare.
Per facilitare il mio lavoro, ho potuto consultare l’inventario di Franco Pezzato, redatto in duplice
copia, entro raccoglitori dotati di un’ etichetta esterna indicante gli estremi di inizio e di fine dei
numeri di inventario. Franco infatti era solito, ogni qual volta acquistava un pezzo nuovo,
attribuirgli un numero di inventario progressivo che apponeva su un piccolo cartoncino fissato al
pezzo mediante un filo, facendone poi relativa accurata descrizione.
La fase finale del mio lavoro invece, è stata la compilazione di schede elaborate dall’ ICCD – Istituto
Centrale per il Catalogo e la Documentazione – per la catalogazione dei beni storico/artistici.
La scelta di questa tipologia di schede è stata dettata dalla volontà di renderle conformi a quelle
attualmente in uso presso le Soprintendenze e le Regioni, e lavorare quindi con gli stessi standards
catalografici, per rendere più agevole l’eventuale scambio futuro di informazioni, qualora la
collezione entrasse a far parte di un circuito museale. Poiché non esiste ancora una scheda
specifica per la catalogazione di oggetti d’abbigliamento, sono stati selezionati dal modello
originale proposto dall’ ICCD, i campi necessari alla descrizione dell’intimo femminile, realizzata
seguendo l’inventario di Franco Pezzato.
Prima del catalogo dell’abbigliamento intimo da giorno, ho in ogni caso inserito il modello
originale delle schede ICCD.
70
MODELLO DI SCHEDA OA
Schema della struttura dei dati, normativa:
OA (Versione: 3.00)
Rip Lun Obb
CD
CODICI
*
TSK
Tipo scheda
4
*
LIR
Livello ricerca
5
*
NCT
CODICE UNIVOCO
*
NCTR Codice regione
2
*
NCTN Numero catalogo generale
8
*
NCTS
Suffisso numero catalogo generale
2
ESC
Ente schedatore
25
*
ECP
Ente competente
25
*
EPR
Ente proponente
25
RV
RELAZIONI
RVE
STRUTTURA COMPLESSA
RVEL
Livello
25
RVER
Codice bene radice
25
RVES
Codice bene componente
si
RSE
RELAZIONI DIRETTE
si
RSER
Tipo relazione
*
25
70
*
71
RSET
Tipo scheda
10
*
RSEC
Codice bene
25
*
ROZ
Altre relazioni
AC
ALTRI CODICI
ACC
si
25
Altro codice bene
si
25
ACS
SCHEDE CORRELATE
si
ACSE
Ente
25
*
ACSC
Codice
25
*
ACSS
Specifiche
100
OG
OGGETTO
*
OGT
OGGETTO
*
OGTD Definizione
70
OGTT Tipologia
70
OGTV Identificazione
25
OGTN Denominazione/dedicazione
70
OGTP Posizione
50
QNT
*
QUANTITA'
QNTN Numero
3
QNTS Quantità non rilevata
3
SGT
SOGGETTO
SGTI
Identificazione
si
250
SGTT
Titolo
si
250
*
72
LC
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA
*
PVC
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA ATTUALE
*
PVCS
Stato
50
PVCR
Regione
25
*
PVCP
Provincia
3
*
PVCC
Comune
50
*
PVCL
Località
50
PVCE
Altra ripartizione amministrativa o località estera
250
PVL
Altra località
250
PVE
Diocesi
50
LDC
COLLOCAZIONE SPECIFICA
LDCT
Tipologia
*
50
LDCQ Qualificazione
50
LDCN Denominazione
80
LDCC
80
Complesso monumentale di appartenenza
LDCU Denominazione spazio viabilistico
250
*
LDCM Denominazione raccolta
70
LDCS
Specifiche
250
UB
UBICAZIONE E DATI PATRIMONIALI
UBO
Ubicazione originaria
INV
INVENTARIO DI MUSEO O SOPRINTENDENZA
INVN
Numero
100
*
INVD
Data
50
*
25
si
73
INVC
Collocazione
50
STI
STIMA
STIS
Stima
25
*
STID
Data stima
50
*
STIM
Motivo della stima
100
LA
ALTRE LOCALIZZAZIONI GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVE
TCL
Tipo di localizzazione
PRV
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA
PRVS
Stato
50
PRVR
Regione
25
*
PRVP
Provincia
3
*
PRVC
Comune
50
*
PRVL
Località
50
PRVE
Altra ripartizione amministrativa o località estera
250
PRL
Altra località
250
PRE
Diocesi
50
PRC
COLLOCAZIONE SPECIFICA
PRCT
Tipologia
si
si
40
*
*
50
PRCQ Qualificazione
50
PRCD Denominazione
80
PRCC
80
Complesso monumentale di appartenenza
*
PRCU Denominazione spazio viabilistico
250
PRCM Denominazione raccolta
70
74
PRCS
Specifiche
PRD
DATA
PRDI
Data ingresso
250
25
PRDU Data uscita
GP
GEOREFERENZIAZIONE TRAMITE PUNTO
GPL
Tipo di localizzazione
GPD
DESCRIZIONE DEL PUNTO
25
si
40
GPDP PUNTO
*
*
GPDPX Coordinata X
12
*
GPDPY Coordinata Y
12
*
GPC
CARATTERISTICHE DEL PUNTO
GPCT
Tipo
50
GPCL
Quota s.l.m.
12
GPCI
Quota minima s.l.m. dell'area rappresentata dal punto
12
GPCS
Quota massima s.l.m. dell'area rappresentata dal punto
12
GPM
Metodo di georeferenziazione
70
*
GPT
Tecnica di georeferenziazione
70
*
GPP
Proiezione e Sistema di riferimento
12
*
GPB
BASE DI RIFERIMENTO
*
GPBB Descrizione sintetica
20
*
GPBT
Data
10
*
GPBO Note
250
75
RE
MODALITA' DI REPERIMENTO
RCG
RICOGNIZIONI
RCGU Uso del suolo
100
RCGC Condizioni di visibilità
100
NCUN Codice univoco ICCD
8
RCGA Responsabile scientifico
si
250
RCGE Motivo
100
RCGM Metodo
100
RCGD Data
50
RCGH Sigla per citazione
8
RCGS
Bibliografia specifica
RCGZ
Specifiche
DSC
DATI DI SCAVO
*
si 1000
5000
NCUN Codice univoco ICCD
8
SCAN Denominazione dello scavo
100
DSCF
Ente responsabile
si
100
DSCA
Responsabile scientifico
si
100
DSCT
Motivo
*
100
DSCM Metodo
100
DSCD Data
50
DSCH Sigla per citazione
8
DSCU Unità Stratigrafica
25
DSCS
Numero tomba
25
DSCI
Numero inventario di scavo
25
*
76
DSCZ
Bibliografia specifica
1000
DSCN Specifiche
5000
AIN
ALTRE INDAGINI
si
AINT
Tipo
25
AIND
Data
50
AINR
Responsabile
100
RES
Specifiche di reperimento
5000
RO
RAPPORTO
ROF
RAPPORTO OPERA FINALE/ORIGINALE
ROFF
Stadio opera
50
ROFO Opera finale/originale
50
ROFS
240
si
Soggetto opera finale/originale
*
ROFA Autore opera finale/originale
100
ROFD Datazione opera finale/originale
50
ROFC
Collocazione opera finale/originale
100
REI
REIMPIEGO
REIP
Parte reimpiegata
50
*
REIT
Tipo reimpiego
25
*
REID
Datazione reimpiego
50
DT
CRONOLOGIA
DTZ
CRONOLOGIA GENERICA
DTZG
Secolo
si
si
*
*
50
*
77
DTZS
Frazione di secolo
25
DTS
CRONOLOGIA SPECIFICA
DTSI
Da
15
DTSV
Validità
25
DTSF
A
15
DTSL
Validità
25
DTM
Motivazione cronologia
si
50
ADT
Altre datazioni
si
250
AU
DEFINIZIONE CULTURALE
AUT
AUTORE
AUTS
Riferimento all'autore
*
*
*
*170
si
50
AUTR Riferimento all'intervento
AUTM Motivazione dell'attribuzione
*
50
si
NCUN Codice univoco ICCD
50
*
8
AUTN Nome scelto
100
*
AUTA Dati anagrafici
70
*
AUTH Sigla per citazione
8
*
AUTB Nome scelto (ente collettivo)
ATB
AMBITO CULTURALE
150
si
ATBD Denominazione
50
ATBR
50
Riferimento all'intervento
ATBM Motivazione dell'attribuzione
si
250
AAT
si
70
170
Altre attribuzioni
*
*
Obbligatorietà alternativa tra i campi AUT, ATB, EDT.
78
EDT
EDITORI/STAMPATORI
si
EDTZ
Zecca
50
*
EDTA
Autorità
50
*
EDTN Nome
70
CMM COMMITTENZA
si
CMMN Nome
si
70
CMMD Data
50
CMMC Circostanza
100
CMMF Fonte
50
MT
DATI TECNICI
*
MTC
Materia e tecnica
si
MIS
MISURE
si
150
*171
MISU Unità
5
MISA
Altezza
6
MISL
Larghezza
6
MISP
Profondità
6
MISD
Diametro
6
MISN Lunghezza
6
MISS
6
Spessore
MISG Peso
MISV
Varie
MISR
Mancanza
*
6
si
250
3
171
Compilare almeno uno dei sottocampi che indicano il tipo di misura, oltre al sottocampo MISU, nel quale è
specificata l’unità di misura.
79
MIST
Validità
10
FIL
Filigrana
50
FRM
Formato
50
CO
CONSERVAZIONE
*
STC
STATO DI CONSERVAZIONE
*
STCC
Stato di conservazione
50
STCS
Indicazioni specifiche
500
RS
RESTAURI
RST
RESTAURI
RSTD
Data
50
RSTS
Situazione
50
RSTE
Ente responsabile
50
RSTN
Nome operatore
si
250
RSTR
Ente finanziatore
si
250
DA
DATI ANALITICI
*
DES
DESCRIZIONE
*
*
si
DESO Indicazioni sull'oggetto
1300 *
DESI
Codifica Iconclass
si
250
*
DESS
Indicazioni sul soggetto
si 2000 *
ISR
ISCRIZIONI
si
ISRC
Classe di appartenenza
50
ISRL
Lingua
50
80
ISRS
Tecnica di scrittura
50
*
ISRT
Tipo di caratteri
50
ISRP
Posizione
100
ISRA
Autore
100
ISRI
Trascrizione
2200 *
STM
STEMMI, EMBLEMI, MARCHI
*
si
STMC Classe di appartenenza
50
STMQ Qualificazione
50
STMI
100
Identificazione
*
STMU Quantità
10
STMP Posizione
100
*
STMD Descrizione
500
*
NSC
Notizie storico-critiche
5000
TU
CONDIZIONE GIURIDICA E VINCOLI
ACQ
ACQUISIZIONE
*
ACQT Tipo acquisizione
50
ACQN Nome
50
ACQD Data acquisizione
25
ACQL Luogo acquisizione
50
CDG
CONDIZIONE GIURIDICA
*
CDGG Indicazione generica
50
*
*
CDGS Indicazione specifica
si
250
CDGI
si
250
Indirizzo
81
NVC
PROVVEDIMENTI DI TUTELA
si
NVCT Tipo provvedimento
50
*
NVCE Estremi provvedimento
25
*
NVCD Data notificazione
si
25
NVCI
Estremi provvedimento in itinere
25
ALN
MUTAMENTI TITOLARITA'/POSSESSO/DETENZIONE
ALNT
Tipo evento
25
ALND Data evento
25
ALNN Note
250
si
*
ESP
ESPORTAZIONI
si
ESPT
Tipo licenza
50
*
ESPU
Ufficio
25
*
ESPD
Data emissione
25
*
DO
FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO
FTA
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
FTAX
Genere
25
*
FTAP
Tipo
50
*
FTAA
Autore
50
FTAD
Data
25
FTAE
Ente proprietario
250
FTAC
Collocazione
50
FTAN
Codice identificativo
25
FTAT
Note
250
*
si
*
*
82
FTAF
Formato
DRA
DOCUMENTAZIONE GRAFICA
25
si
DRAX Genere
25
*
DRAT Tipo
50
*
DRAO Note
250
DRAS Scala
25
DRAE Ente proprietario
250
DRAC Collocazione
50
DRAN Codice identificativo
25
DRAA Autore
50
DRAD Data
25
VDC
DOCUMENTAZIONE VIDEO-CINEMATOGRAFICA
*
si
VDCX Genere
25
*
VDCP Tipo
50
*
VDCR Autore
50
VDCD Data
25
VDCE Ente proprietario
250
VDCA Titolo
50
VDCC Collocazione
50
VDCN Codice identificativo
25
VDCT Note
250
*
REG
DOCUMENTAZIONE AUDIO
si
REGX
Genere
25
*
REGP
Tipo
50
*
83
REGA Autore
50
REGD Data
25
REGE
Ente proprietario
250
REGZ
Titolo
250
REGC
Collocazione
50
REGN Codice identificativo
25
REGT
Note
250
FNT
FONTI E DOCUMENTI
FNTP
Tipo
50
FNTA
Autore
50
FNTT
Denominazione
250
FNTD
Data
25
FNTF
Foglio/Carta
25
*
si
*
*
FNTN Nome archivio
250
*
FNTS
Posizione
50
*
FNTI
Codice identificativo
25
*
ADM
ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE
ADMX Genere
25
*
ADMP Tipo
50
*
ADMA Autore
50
ADMD Data
25
ADME Ente proprietario
250
ADMC Collocazione
50
ADMN Codice identificativo
25
si
*
84
ADMT Note
BIB
BIBLIOGRAFIA
BIBX
Genere
250
si
25
NCUN Codice univoco ICCD
*
8
BIBA
Autore
250
*
BIBD
Anno di edizione
10
*
BIBH
Sigla per citazione
8
*
BIBN
V., pp., nn.
50
BIBI
V., tavv., figg.
50
BIL
Citazione completa
si
MST
MOSTRE
si
MSTT Titolo
500
250
*
MSTL Luogo
si
50
*
MSTD Data
si
25
*
AD
ACCESSO AI DATI
*
ADS
SPECIFICHE DI ACCESSO AI DATI
*
ADSP
Profilo di accesso
1
*
ADSM Motivazione
70
*
ADSD Indicazioni sulla data di scadenza
25
CM
COMPILAZIONE
*
CMP
COMPILAZIONE
*
CMPD Data
4
*
85
CMPN Nome
si
70
RSR
Referente scientifico
si
70
FUR
Funzionario responsabile
si
70
*
RVM
TRASCRIZIONE PER INFORMATIZZAZIONE
RVMD Data
4
*
RVMN Nome
70
*
AGGD Data
4
*
AGGN Nome
70
*
AGGE Ente
70
AGG
AGGIORNAMENTO - REVISIONE
*
si
AGGR Referente scientifico
si
70
AGGF Funzionario responsabile
si
70
*
ISP
ISPEZIONI
si
ISPD
Data
4
*
ISPN
Funzionario responsabile
70
*
AN
ANNOTAZIONI
OSS
Osservazioni
5000
86
Catalogo
87
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1173
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in piquet di cotone bianco,
completamente aperte al cavallo, sette piegoline sul fondo
per gamba e pizzo a fuselli sul bordo inferiore, fettuccia in
vita.
ACQL: Montegrotto Terme, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Metà 800
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3269
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco, ricamo a fiori sulla
gamba con passanastro in vita, iniziali “J. D.”.
ACQL: Noale, Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Seconda metà 800
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1554bis
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con amplissima
apertura al cavallo e pizzo sulla gamba.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
88
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3315
STCC: buono
DESO: Mutande in batista di cotone bianco non cucite al
centro (“co ea verta”) con pizzo ad ago sulla gamba.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5334
STCC: buono
DESO: Mutande in piquet di cotone con pizzo San Gallo
sulle gambe. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene,
Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3858
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco aperte davanti (“co ea
verta”) con ricamo in San Gallo meccanico.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
89
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6385
STCC: cattivo, presenta un largo squarcio
DESO: Mutande in cotone bianco(“co ea verta”) con ricami
a punto inglese sulla gamba, in vita le iniziali a punto croce
rosso “A. P. C.” (Anna Pedrazza Chilesotti).
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6448
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco aperte al cavallo (“co ea
verta”) ed iniziali dietro in rosso “C. T.” (Chilesotti Teresa).
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6454
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco aperte al cavallo (“co ea
verta”) e ricamo in bianco a motivo di fiori e foglie sulla
gamba. Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene,
Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
90
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6848
STCC: buono, un po’ di macchie;
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo San
Gallo meccanico al fondo ed apertura al cavallo (“co ea
verta”). Iniziali in bianco “M. D. F.”. Appartenute alla
famiglia Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6854
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo S. Gallo
meccanico al fondo, apertura al cavallo “co ea verta” ed
iniziali in bianco “M. D. F.”. Appartenute alla famiglia
Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6864
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in fiandra di cotone con apertura al
cavallo “co ea verta”. Appartenute alla famiglia Ferrari di
Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
91
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6887
STCC: buono, mezza cintura in vita era scucita ed è stata
rifissata.
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con apertura al
cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “M. D. T. 50”.
Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6918
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe con ricamo bianco sul fondo ed
apertura al cavallo “co ea verta”. Appartenute alla famiglia
Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: inizio XX secolo.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6581
STCC: buono
DESO: Mutande femminili in cotone bianco con apertura al
cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “C. E.” (Chilesotti
Elena). Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene,
Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: fine XIX secolo.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
92
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6923
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con apertura al
cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso “M. D. T. 55”.
Appartenute alla famiglia Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8269
STCC: buono
DESO: Mutande corte aperte al cavallo “co ea verta” in
cotone bianco con due bottoni e fettucce per chiusura,
piegoline e pizzo San Gallo meccanico sulla gamba.
ACQL: Burano, Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Camicia/mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 314
STCC: buono
DESO: Camicia/mutande in cotone bianco con grande
apertura al cavallo, abbottonatura davanti con 4 bottoni e
treccioline fissate con bottoni come spalline.
ACQL: Pellestrina, Mestre, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
93
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2062
STCC: discreto, mancante delle quattro fettucce ai fianchi
DESO: Mutande in cotone bianco, sulle gambe fiore
intagliato e ricamato, sul fondo pizzo a fuselli, in vita
l’iniziale “A.”. Chiuse ai fianchi con 4 fettucce ora mancanti.
ACQL: Mogliano, Treviso, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2378
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo San
Gallo al fondo, chiusura con fettuccia e grande apertura al
cavallo.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: XIX – XX secolo.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2803
STCC: buono
DESO: Mutande in piquet bianco, pizzo a fuselli sulla
gamba, grande apertura al cavallo e 4 spighette in vita.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
94
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3565
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco “co ea verta”, ricami in
San Gallo meccanico sulla gamba, in cintura in trasparenza
si nota la marca del cotone.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4884
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco, pizzo San Gallo
meccanico in vita imitante fuselli sulla gamba. Appartenuto
alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4886
STCC: buono
DESO: Mutande in piquet bianco con pizzo all’uncinetto
sulla gamba ed iniziali a macchina “M. T.”. Appartenute alla
famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: inizio XX secolo.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
95
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5422
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco e pizzo Valenciennes
meccanico sulle gambe. Appartenute alla famiglia
Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7321
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco con pizzo a fuselli sulla
gamba, aperte al cavallo “co ea verta” ed iniziali in rosso
“M. T.” ( Maria Tomba moglie di Pietro Chilesotti).
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8268
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco allacciate in vita con 4
fettucce e pizzo meccanico San Gallo sulla gamba.
ACQL: Burano, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1920c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
96
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9130
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco con pizzo a fuselli sulla
gamba.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920-30c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Combinazione (camicia/mutande)
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1552
STCC: discreto, i pizzi risultano deteriorati o rotti.
DESO: Combinazione (camicia/mutande) in mussola di
cotone bianco, chiusura con bottoncini in madreperla,
davanti e dietro inserti in pizzo meccanico, nastrini rosa
allo scollo e sulle gambe, due tagli alla gamba
probabilmente per il passaggio della giarrettiera.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi 900
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1555
STCC: buono
DESO: Mutande corte in lino bianco e pizzo a fuselli, sul
bordo delle gambe motivo geometrico a greche e festone
di foglie e fiori, sulla gamba 4 nastri bianchi per legarle in
vita, iniziali “M. C.” in vita.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
97
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Combinazione (camicia/mutande)
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3078
STCC: buono, pizzo allo scollo non originale
DESO: Combinazione (camicia/mutande) in batista di
cotone bianco con pizzi.
ACQL: Padova, “tutti in fiera”;
Analisi stilistica
DTZG: Primi 900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7335
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con pizzo
Valenciennes meccanico sulla gamba ed in bianco le iniziali
“M. T.” ( Maria Tomba, moglie di Pietro Chilesotti).
Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi 900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7731
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco e pizzo San Gallo
meccanico al fondo, elastico in vita. Appartenuto alla
famiglia Gibello.
ACQL: Andorno Micca, BI;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
98
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 67
STCC: buono
DESO: Mutande lunghe in cotone bianco con ricamo in San
Gallo al fondo ed allacciature con asole in vita.
ACQL: M. Gallo Mestre, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4238
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco e pizzo a fuselli sulla
gamba.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4521
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco con motivo ad intaglio di
fiori alle ginocchia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
99
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4522
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco con inserti in merletto
Valenciennes meccanico e merletto ad ago.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 47
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone viola con merletto meccanico
giallo.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7736
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco con ricamo in San Gallo
alla gamba, elastico in vita. Appartenute alla famiglia
Gibello.
ACQL: Andorno Micca, BI;
Analisi stilistica
DTZG: 1930-40c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
100
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 64
STCC: buono
DESO: Mutande corte in cotone bianco con pizzo sul fondo
e nastro in vita.
ACQL: Scarpi, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1084
STCC: discreto, alcuni buchini sul cavallo
DESO: Mutande corte in seta verde con elastico in vita e
due inserti a mezza luna in pizzo meccanico crema ai lati
delle gambe.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1441
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone rosa con apertura per quasi
tutto il cavallo, pizzo alla gamba e 2 spacchi con bottone ai
due fianchi.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
101
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1577
STCC: buono
DESO: Mutande in raso di seta azzurra, sul bordo e sui
fianchi applicazioni in pizzo écru, tre bottoncini per
chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1579
STCC: buono
DESO: Mutande in seta azzurra, sul bordo e sui fianchi
inserti in pizzo écru, tre bottoncini per chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1581
STCC: buono
DESO: Mutande in seta azzurra, sui fianchi tralcio di fiori in
ricamo e applicazione di ruches ai bordi, due bottoncini per
chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
102
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1583
STCC: buono
DESO: Mutande in raso di seta nera con bordo in pizzo e 4
bottoni per chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1584
STCC: buono
DESO: Mutande in seta rosa con bordo a cappette sui lati
della coscia, ricamo a punto ombra, due bottoni ed elastico
per chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1585
STCC: buono
DESO: Mutande in seta azzurra, sui fianchi inserto
triangolare in organza con motivo circolare di fiori a punto
inglese e puntini, un bottoncino di chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
103
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1586
STCC: buono
DESO: Mutande in seta rosa, sui fianchi, sul bordo e sparsi
ricami in applicazioni di fiori con foglie, 4 bottoni di
chiusura.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4108
STCC: buono
DESO: Mutande in seta gialla e pizzo con le iniziali “R. L.”.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 62
STCC: buono
DESO: Mutande in cotone bianco con piccolo ricamo rosa
sulle gambe.
ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1935c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
104
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 63
STCC: buono
DESO: Mutande corte in cotone bianco con pizzo sul fondo
e bottoni in vita.
ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1935c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 66
STCC: buono
DESO: Mutande corte in cotone bianco con pizzo al fondo
ed elastico in vita.
ACQL: M. Gallo, Mestre, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1935c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4716
STCC: buono
DESO: Mutande con pizzo meccanico sulla gamba in seta
giallina.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1935c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
105
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 50
STCC: buono
DESO: Mutande nere di crepe di seta, ricamate alla gamba
e sul fondo, 4 bottoncini bianchi per chiusura.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 51
STCC: buono
DESO: Mutande in raso tortora con tulle écru ricamato a
macchina sulla coscia, elastico in vita.
ACQL: Pavis, Lido, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 58
STCC: buono
DESO: Mutande in seta azzurra ricamate a mano con 2
bottoncini in madreperla per allacciarla sul retro.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
106
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 49
STCC: buono
DESO: Mutande color crema in fibra sintetica con bordino
in tulle ricamato a macchina ed elastico in vita. Etichetta
“Anco 4 confezioni”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 52
STCC: buono
DESO: Mutande in Bemberg nero con tulle nero sul bordo
inferiore ed elastico in vita. Etichetta “Bemberg 100%”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 56
STCC: buono
DESO: Mutande in Bemberg rosa con tulle ricamato a
macchina sul fondo azzurro/grigio, elastico in vita ed
etichette “Anco 4 confezioni” e “ Bemberg 100%”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
107
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 57
STCC: buono
DESO: Mutande in nylon con etichette “ Anco 4 confezioni”
e “Tessuto sintex 100% nylon”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 59
STCC: buono
DESO: Mutande nere in tessuto sintetico con pizzo al
fondo, elastico in vita ed etichetta “Albo 2” e un’altra in
carta con le istruzioni per il lavaggio.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8601
STCC: buono
DESO: Mutande elastiche con giarrettiera incorporata e
pizzo meccanico rosa in tre balze alla gamba.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
108
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
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PVC
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STC
DES
ACQ
DTM
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CMP
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P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario
STCC: buono
DESO: Mutande corte in raso bianco.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1960c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario
STCC: buono
DESO: Mutande corte con pizzi meccanici.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1970c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Proteggi mutande
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7269 –
7269A;
STCC: buono
DESO: Due proteggi mutande in seta marrone e tela cerata
nera con 4 fettucce viola. Appartenuti alla famiglia
Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza;
Analisi stilistica
DTZG: Metà 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
109
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LIR
PVC
OGT
RSE
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PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
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DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 130
STCC: buono
DESO: Sottoveste in cotone bianco con inserti in pizzo a
fuselli ed in San Gallo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 336
STCC: buono
DESO: Sottoveste senza maniche in batista di cotone, collo
e spalline in San Gallo meccanico e sul davanti
monogramma ricamato “M. L.”.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2256
STCC: discreto, rammendi al pizzo, uno molto lungo sul
retro; il fondo era stato scucito per allungare la sottoveste
ed era stato finito con un pizzo diverso, poi tolto e
riportata all’originale lunghezza segnata dal punto a
giorno.
DESO: Sottoveste in cotone bianco, sul seno greca
realizzata con inserto in merletto meccanico, increspatura
ai fianchi e ancora merletto meccanico sullo scollo e sulle
spalline.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1915-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
110
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4682
STCC: buono
DESO: Sottoveste in cotone bianco con pizzo meccanico.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1250
STCC: buono
DESO: Sottoveste in tulle bianco senza maniche e a vita
bassa, sul corpetto ricami sparsi a macchina di fiori, foglie e
pois, il resto in garza a “point d’esprit” e sul fondo tre
campanelle in tulle entro cornice ovale con punta
terminante su bordo ondulato.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920-25c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
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PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
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PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2960
STCC: buono, solo alcuni rammendi
DESO: Sottoveste in seta rosa con ampie applicazioni in
pizzo meccanico écru e spalline a nastrino.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
111
TSK
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OGT
RSE
STC
DES
ACQ
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PVC
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RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
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P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9202
STCC: discreto, due piccoli fiori rammendati
DESO: Sottoveste in seta rosa con inserti e applicazioni di
merletti meccanici écru a motivo di foglie e fiori, due
piccoli nastri per spalline.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1083
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta verde con inserto in pizzo
meccanico crema e spalline sottili sul petto.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1189
STCC: buono
DESO: Sottoveste corta in seta rosa, sul seno due inserti a
filet écru bordati in tulle écru, due strette spalline rosa.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920-30c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
112
TSK
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OGT
RSE
STC
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ACQ
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P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 776
STCC: buono
DESO: Sottoveste in cotone lilla con merletto a macchina
allo scollo écru, spalline strette ed iniziali ricamate in viola
“E. B.”.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2958
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta rosa con ampie applicazioni in
pizzo écru meccanico e spalline a nastrino.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3296
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta viola con pizzi meccanici rosa
sullo scollo, spalline a nastrino. Forse, dato il colore,
appartenuto ad una prostituta.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
113
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
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ACQ
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RSE
STC
DES
ACQ
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DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste o Sottabito
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3120
STCC: cattivo, presenta uno strappo su una spallina
DESO: Sottoveste in garza gialla ricamata in filo d’oro a
spina di pesce.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3564
STCC: buono
DESO: Sottoveste lunga in pizzo Chantilly nero con velo
nero.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2959
STCC: buono
DESO: Sottoveste in raso rosa con ampie applicazioni in
pizzo meccanico écru a forme di punte, spalline a nastrino
di pizzo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1935c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
114
TSK
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OGT
RSE
STC
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STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4569
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta rosa e pizzo meccanico rosa,
sagomata sul fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1930-40c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4714
STCC: buono
DESO: Sottoveste lunga in seta giallina senza maniche con
pizzo meccanico bianco allo scollo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1935-40c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4715
STCC: buono, sul retro è stato sostituito un pezzo di seta
con un’altra simile;
DESO: Sottoveste corta in seta giallina, senza maniche con
pizzo meccanico bianco allo scollo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1935c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
115
TSK
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RSE
STC
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OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4570
STCC: discreto, solo alcuni buchi
DESO: Sottoveste corta in seta rosa con inserti in pizzo
meccanico écru, sagomata sul fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 113
STCC: buono
DESO: Sottoveste in raso operato bianco allo scollo e al
fondo con ricamo meccanico.
ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 120
STCC: buono
DESO: Sottoveste in maglia rosa con ricami rosa su tulle ai
fianchi e allo scollo.
ACQL: Semonzo, Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
116
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 137
STCC: buono
DESO: Sottoveste corta in seta azzurra con inserti in pizzo
meccanico.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5284
STCC: buono
DESO: Sottoveste in raso nero.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5294
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta rosa ricamata a punto ombra e
punto inglese a motivo di fiori.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940-50c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
117
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
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CMP
TSK
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PVC
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RSE
STC
DES
ACQ
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DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5295
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta rosa ricamata a punto inglese a
motivo di fiori.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5297
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta rosa ricamata a punto ombra e a
punto inglese a motivo di fiori.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5298
STCC: buono
DESO: Sottoveste in seta color albicocca con bottoni al
cavallo ed inserti in pizzo meccanico allo scollo e alle
gambe.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940-50c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
118
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
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CMP
TSK
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STC
DES
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CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 53
STCC: buono
DESO: Sottoveste femminile color crema in fibra sintetica,
rifinita in tulle ricamato a macchina con etichetta “ Anco 4
confezioni”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 55
STCC: buono
DESO: Sottoveste femminile in Bemberg rosa con tulle
ricamato a macchina sul seno su fondo azzurro/grigio,
etichette “Anco 4 confezioni” e “Bemberg 100%”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 135
STCC: buono
DESO: Sottoveste in nylon bianco con etichette “ Anco 4
confezioni” e “ Tessuto sintex 100% nylon”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
119
TSK
LIR
PVC
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RSE
STC
DES
ACQ
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CMP
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STC
DES
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RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 143
STCC: buono
DESO: Sottoveste sintetica rosa con pizzi meccanici sui seni
e sul fondo, etichette “Confezioni duchessina Bemberg 3” e
“Nylon”, altre etichette in carta sulla spallina, una tonda
“Broderies original e suisse”, un’altra rettangolare
“Confezioni duchessina intime – chich articolo 3821”.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8218
STCC: buono
DESO: Sottoveste in nylon verde acqua con pizzo
meccanico bianco, etichetta “Nylon Snia viscosa 3”.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 132
STCC: buono
DESO: Sottoveste corta sintetica colorata a motivo di
grandi fiori gialli e rossi su fondo verde, profilata di
merletto meccanico con piccola coccarda fra i seni.
ACQL: Masoero, Milano;
Analisi stilistica
DTZG: 1960-70c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
120
TSK
LIR
PVC
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RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
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PVC
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STC
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ACQ
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DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 132bis
STCC: buono
DESO: Sottoveste corta sintetica colorata a fiori rosa scuro
e bianchi su fondo rosa, inserti e profili di merletto
meccanico, piccola coccarda fra i seni ed etichetta interna
“Venere-made in Italy 4/48”.
ACQL: Masoero, Milano;
Analisi stilistica
DTZG: 1960-70c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 133
STCC: discreto, mancante di una spallina
DESO: Sottoveste corta color rosso con pizzi allo scollo e
sul fondo, etichette “ 172”, “Magica – Italy – 3” e “Scala
d’oro rhodiatoce – prodotto di qualità rhodiatoce
4589199”.
ACQL: Masoero, Milano;
Analisi stilistica
DTZG: 1960-70c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 134
STCC: buono
DESO: Corta sottoveste color rosa con pizzi meccanici
bianchi e rosa, due piccole ciocche fra i seni ed una al
fondo. Etichette “IMEC 2 made in Italy nylon” e “Scala
d’oro rhodiatoce – prodotto di qualità rhodiatoce F”.
ACQL: Masoero, Milano;
Analisi stilistica
DTZG: 1960c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
121
TSK
LIR
PVC
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RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottoveste
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 136
STCC: cattivo, vistoso buco sul davanti
DESO: Sottoveste corta color grigio/argento con pizzi
meccanici al collo e al fondo ed etichetta “Dana nylon 2
rhodiatoce”.
ACQL: Masoero, Milano;
Analisi stilistica
DTZG: 1960c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
122
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
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DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
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DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
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STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Corpetto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5545
STCC: buono
DESO: Corpetto in pizzo San Gallo meccanico e quattro
stecche interne.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Corpetto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4996
STCC: buono
DESO: Corpetto in batista di cotone bianco e pizzo chimico
bianco, passanastro sul basso.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Corpetto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6885
STCC: buono
DESO: Corpetto in cotone bianco e pizzi con due nastrini
per bretelle. Appartenuto alla famiglia Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
123
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3498
STCC: buono
DESO: Reggipetto in cotone bianco e pizzi meccanici
bianchi.
ACQL: Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 69
STCC: discreto, mancano le spalline che si fissavano con 4
bottoni.
DESO: Reggiseno in cotone bianco con pizzo a mano sul
bordo realizzato in due pezzi, tre bottoni in madreperla sul
davanti e laccio per stringerlo sul dietro.
ACQL: Lonigo, Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4666
STCC: cattivo, nastri e seta molto rovinati
DESO: Stringi petto femminile in seta color crema con pizzo
meccanico, 13 stecche ed etichetta “Lillian Brassiere reg.
U.S.mat. off”.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1920c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
124
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9215
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone rosa con laccio e due stecche in
tartaruga dietro, tre bottoni in vetro rosa con asole per
chiuderlo davanti, due sottili bretelle e pizzetto sul bordo.
Le coppe sono poco sagomate, forse per appiattire il seno
alla “garsonne”.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1925-30c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2808
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone rosa ricamato a macchina.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4240
STCC: buono
DESO: Reggiseno in pizzo meccanico e raso bianco.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
125
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno per allattamento
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4355
STCC: buono
DESO: Reggiseno rosa in tulle meccanico ricamato.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5176
STCC: buono
DESO: Reggiseno in tessuto bianco di cotone con 4 bottoni
sul davanti.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1940-50c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2147
STCC: buono, era stata allargata la fettuccia da un lato
DESO: Reggiseno in nylon azzurro.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
126
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8602
STCC: buono
DESO: Reggiseno in nylon bianco e raso rosa.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario.
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone rosa con fascia elastica.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario.
STCC: buono
DESO: Reggiseno in nylon rosa.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1955-65c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
127
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno in nylon rosa “per maggiorate”.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1955-65c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone bianco con fascia elastica.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1960-70c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno in nylon con decoro floreale.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1970c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
128
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone e ricamo meccanico nero.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1970c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone nero.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1970c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno in cotone bianco.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1970c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
129
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggiseno – Guépière
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggiseno-guépière “alta moda”.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1960c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
130
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2787
STCC: buono
DESO: Giarrettiera ricamata a convolvoli a piccolo punto ed
iniziali “G. T.”.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Metà 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2788
STCC: buono
DESO: Giarrettiera con ricamo a convolvoli a piccolo punto
e le iniziali “A. P.”.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Metà 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3184
STCC: buono, probabilmente è stata allargata con
l’inserimento successivo di un pezzo di elastico;
DESO: Giarrettiera in seta bianca ricamata a “non ti scordar
di me” con coccarda in vellutino verde.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1850c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
131
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7560
STCC: buono
DESO: Giarrettiera in seta azzurra con fiocco e ferro di
cavallo in madreperla con perline metalliche sfaccettate.
Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2491
STCC: buono
DESO: Giarrettiera in raso di seta color beige con fiocchi e
fibbie in metallo fissate al cartoncino originale con la scritta
“nouveaute de Paris France 1F 252.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800 – inizio ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2088
STCC: buono
DESO: Giarrettiera in nastro di seta rosa con fiocco e
automatico su staffe d’ottone.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi 900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
132
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2089
STCC: buono, solo un po’ di sfilacciamento;
DESO: Giarrettiera in nastro di seta rosa con fiocco ed
automatico su staffe d’ottone.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi 900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2090
STCC: buono, solo qualche sfilacciamento;
DESO: Giarrettiera in nastro di raso di seta rosa con fiocco
ed automatico su staffe d’ottone.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi 900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2921
STCC: buono
DESO: Reggicalze in nastro nero e ganci metallici neri.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Prima metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
133
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4787
STCC: buono
DESO: Giarrettiera in seta bianca e grigia con fiocchetto,
bottone in madreperla.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Prima metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Giarrettiera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Giarrettiera viola.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: Prima metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7034
STCC: buono
DESO: Reggicalze nero con “violette” in metallo nero.
Appartenute alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Prima metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
134
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Ventriera - Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Ventriera elastica con reggicalze, color rosa.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: Metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Ventriera - Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Ventriera elastica e reggicalze color rosa.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3053
STCC: buono
DESO: Reggicalze in raso rosa ed elastico.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
135
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6388
STCC: buono
DESO: Reggicalze in seta nera con etichetta “Dama 22”.
Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Reggicalze in seta sintetica e ricami.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1950-60c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Ventriera - Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Ventriera elastica e reggicalze di colore nero.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1960c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
136
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Mutandine - Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Mutandine con reggicalze incorporato di colore
nero.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1970c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
137
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1116
STCC: discreto, manca il gancetto di chiusura e il pizzo al
fondo è stato forse tolto;
DESO: Sottogonna ampia in piquet di cotone bianco,
aperta per un piccolo tratto dietro e chiusa da gancetto ora
mancante.
ACQL: Montegrotto Terme, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Seconda metà 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6453
STCC: buono
DESO: Sottogonna in piquet di cotone bianco arricciata in
vita e ampia. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene,
Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Seconda metà ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna per tournure
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3187
STCC: cattivo, presenta molti buchi e alcuni strappi;
DESO: Sottogonna in organza di cotone bianco a strascico
con tre balze al fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-80c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
138
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
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ACQ
DTM
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TSK
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STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5323
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con due balze e una
maggiore increspatura sul retro per tournure. Appartenuta
alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-80c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2204
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco inamidato, balze sul
retro dove 4 fettucce servono per incresparne due, pizzo
San Gallo sul fondo.
ACQL: Francia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-80c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6926
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con pieghe al fondo e
molto increspata sul retro. Appartenuta alla famiglia
Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine XIX sec.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
139
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
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PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6927
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza ricamata a
macchina in bianco a motivo di fiori, increspatura e sul
retro le iniziali in rosso “M. D. T.”. Appartenuta alla famiglia
Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine XIX sec.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4885
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza finale e
pieghettatura sul dietro per tournure. Appartenuta alla
famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine XIX sec.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5586
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza al bordo.
Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine XIX sec.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
140
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6452
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con piegoline al fondo
e arricciatura sul retro per tournure. Appartenuta alla
famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine XIX sec.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6925
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con ruches al fondo ed
iniziali in rosso “M. D. T. 15”. Appartenuta alla famiglia
Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine XIX sec.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1176
STCC: discreto, pizzo strappato sulla parte terminale e
fettucce per legarla in vita mancanti;
DESO: Sottogonna ampia in cotone bianco, la parte bassa è
decorata a piegoline con inserto di pizzo a fuselli in cotone
bianco rifinito da fettuccia in piquet sul fondo, altro pizzo a
fuselli all’interno.
ACQL: Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
141
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2034
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco leggermente più lunga
dietro con pizzi meccanici sul fondo, fettuccia per chiuderla
in vita e bottone.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5587
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con bordo rinforzato.
Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5897
STCC: buono
DESO: Sottogonna in piquet di cotone bianco con iniziali in
rosso “C. B.”.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
142
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
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OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6171
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con pizzo San Gallo al
bordo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6345
STCC: buono
DESO: Sottogonna ampia in cotone bianco con pizzo San
Gallo al fondo ed increspatura sul dietro, iniziali in rosso
“C. S.”.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6346
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con doppia balza, una
ricamata in pizzo San Gallo, l’altra liscia, altro pizzo San
Gallo nella parte superiore della balza.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
143
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
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DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6347
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza e
passanastro in San Gallo, increspatura sul retro.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6348
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con doppia balza
arricciata, sul dietro iniziali in rosso “ I. Z. “.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6528
STCC: buono, la sottogonna era stata accorciata con tre
pieghe che sono state sciolte.
DESO: Sottogonna in cotone bianco con passanastro e
pizzo San Gallo meccanico al fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
144
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
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OGT
RSE
STC
DES
ACQ
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DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6924
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza arricciata al
fondo. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8572
STCC: buono, la fettuccia per stringerla in vita è recente;
DESO: Sottogonna in cotone grigio con larga balza sul
fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1975
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco rigato sul basso,
inserto in pizzo bianco a maglia a zig zag e fettuccia in vita
con gancetto.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800-Inizi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
145
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2709
STCC: buono
DESO: Sottogonna in piquet bianco con bordo a punte ed
iniziali in rosso e nero “M. E.”.
ACQL: Fiera di Padova;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800-Inizi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6183
STCC: buono
DESO: Sottogonna in piquet di cotone bianco con pizzo a
fuselli sul fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine 800-Inizi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1081
STCC: cattivo, presenta buchini sparsi e alcuni rammendi,
inoltre manca la fettuccia per stringerla in vita. Sembra che
la sottogonna sia stata accorciata con piegoni e che sia
stato aggiunto un elastico in vita, ora tolto;
DESO: Sottogonna in cotone bianco, la parte inferiore è in
mussola di cotone con largo ricamo traforato alla base, a
metà gonna passanastro meccanico, piccolo ricamo di 4
corolle a punto inglese in vita, mentre sulla metà davanti
alla vita tramezzo a fuselli.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
146
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2898
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone écru con due balze di
merletto meccanico al fondo, nastrino azzurro originale.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3478
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con inserti e pizzo
meccanico sul bordo.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4642
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco con balza in pizzo San
Gallo meccanico.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
147
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4679
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco a doppia balza sul
fondo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6886
STCC: buono, la fascia in vita era mancante ed è stata
rifatta con un vecchio tessuto seguendo le vecchie pieghe,
le due fettucce sono invece più recenti;
DESO: Sottogonna in cotone bianco a piegoline ed inserti in
pizzo bianco. Appartenuta alla famiglia Ferrari di Venezia.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7185
STCC: buono, su un lato era presente una cerniera lampo
che è stata tolta ed aggiunta in un secondo momento;
DESO: Sottogonna in cotone nocciola e pizzi dello stesso
colore (forse è stata tinta in un secondo tempo).
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
148
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 354
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone bianco a righine verdi e nere
con balze sul fondo e due cordelle per legarla in vita.
ACQL: Treviso, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 619
STCC: buono, presentava una tasca laterale che era stata
aggiunta, ma poi tolta;
DESO: Sottogonna in cotone bianco, ¾ in pizzo meccanico
con al di sotto del pizzo altra gonna a balze bianca e
bottoni per applicarne un’altra colorata più lunga,
passanastri sul retro.
ACQL: Mestre, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 60
STCC: buono
DESO: Sottogonna in mussola di cotone ricamata in San
Gallo.
ACQL: Cadoneghe, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
149
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 125
STCC: buono, secondo le indicazioni dell’ultima
proprietaria, la gonna era stata accorciata con una serie di
piegoline che sono state scucite;
DESO: Sottogonna in cotone bianco con ricamo a buchi sul
fondo.
ACQL: Scarpi, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Sottogonna in tela di colore bianco.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: Prima metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 54
STCC: buono
DESO: Sottogonna sintetica color crema con pizzo
meccanico al bordo inferiore.
ACQL: Masoero, Torino;
Analisi stilistica
DTZG: Metà ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
150
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1184
STCC: buono
DESO: Sottogonna sintetica color crema con elastico in vita
e largo bordo in tessuto rigido a formare effetto crinolina.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1253
STCC: buono
DESO: Sottogonna sintetica bianca con bordo inferiore
rigido e doppio.
ACQL: R. Molini, Vicenza;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Sottogonna
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6521
STCC: buono
DESO: Sottogonna in cotone rosa leggermente indurito e
pizzo bianco sul bordo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
151
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4166
STCC: buono, i nastri gialli sono recenti;
DESO: Busto in seta gialla e lanetta verde e marrone,
sagomature sul basso, stecche interne e allacciatura
davanti e dietro.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: Metà XVIII secolo
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2521
STCC: discreto, manca un fiocchetto in seta crema in basso;
DESO: Busto in cotone bianco e raso color crema con profili
in seta azzurra, pizzo meccanico azzurro, fiocchetto in alto
in seta color crema, varie stecche interne, chiusura davanti
con 5 occhielli e cordone dietro.
ACQL: S. Maurizio, Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Seconda metà ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5761
STCC: discreto, mancante del pizzo allo scollo;
DESO: Busto in seta rosa con 11 stecche. All’interno è
presente una fettuccia per tenerlo assestato in vita che in
genere non è presente nei busti normali, ha anche una sola
chiusura ad occhielli, mentre solitamente gli altri busti
hanno anche quella a gancetti.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1850c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
152
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1080
STCC: discreto,mancano le 13 stecche che in origine erano
in ferro, come testimoniano alcune macchie sulla prima, i
bottoni inoltre sono stati messi di recente;
DESO: Busto in cotone bianco con bottone, allacciatura con
due fasce incrociate ed abbottonate davanti, 13 stecche a
punta rotonda e profili in San Gallo meccanico.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 299
STCC: buono, i gancetti per la chiusura anteriore sono stati
messi di recente mancando completamente ogni traccia di
ganci precedenti, forse il busto non è stato finito;
DESO: Busto in piquet bianco in due pezzi, senza stecche e
con 12 occhielli per lato, presenta due spalline superiori, si
allaccia sul retro per la tournure ed è interamente cucito a
mano.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1880c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2653
STCC: buono
DESO: Busto in cotone grigio molto corto con pizzo
meccanico sul seno e tasca applicata internamente sul
seno sinistro, all’interno la scritta “baleine extra – virtus
non timet quod facit – pe – corset p.f.rondine marque
deposée” e disegno di rondine.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
153
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2654
STCC: discreto, alcuni rammendi e pizzo meccanico
sostituito in alcune parti;
DESO: Busto in cotone operato a corolle di fiori, pizzo
meccanico sul seno e sul seno sinistro tasca applicata
internamente.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8222
STCC: buono
DESO: Busto in tela bianca con pizzo meccanico bianco e
nastrino rosa, 28 stecche e 5 coppie di occhielli metallici,
allacciatura dietro con 13 fiori per parte e cordino
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3483
STCC: buono
DESO: Busto rosa con 24 stecche e pizzo in alto, all’interno
la scritta “brevetto”.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
154
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 302
STCC: buono
DESO: Busto in cotone grigio con bordure in cotone
ricamato azzurro e beige, realizzato in 2 metà con 10
occhielli per lato e 5 ganci cui corrispondono altrettante
asole metalliche “elite FXP elite”, ancora mai usato con
scatola originale “F. P. corset”.
ACQL: Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 365
STCC: buono
DESO: Busto in taffetas operato color avorio munito di 28
stecche di varia dimensione, si chiude davanti con 5 ganci
metallici mentre dietro si allaccia con nastro di fettuccia di
cotone passante entro 2 fori metallici. La scollatura è
sottolineata da una bordura di merletto entro il quale è
passato un nastro dello stesso colore, i reggicalze (4) sono
in nastro elastico e ganci metallici su cui compare la scritta
“ B. Carretta Torino”. La forma del busto non troppo
stretta in vita è da riferire alla moda lanciata nell’ultimo
decennio del XIX sec.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
155
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3356
STCC: buono
DESO: Busto estivo in grosso tulle di cotone bianco, pizzo
bianco in alto con nastrino e fiocco color crema, 4
reggicalze con fiocco applicati in basso e 22 stecche
interne.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3616
STCC: buono
DESO: Bustino molto corto in cotone rosa con 21 stecche in
acciaio e statua della libertà stampata, all’interno “ The
S&S gibbo corset” e “ The S&S corset registred”.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4192
STCC: buono
DESO: Busto in raso rosa con motivo di foglie, reggicalze e
pizzo meccanico con fiocco in nastro rosa, etichetta “ Au
Louvre Paris”, “221” a matita, “612” ed “E. C.”.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
156
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4938
STCC: cattivo, mancano i ganci di chiusura davanti;
DESO: Busto estivo senza stecche in cotone bianco.
Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4985
STCC: discreto, mancano 2 stecche;
DESO: Busto estivo in cotone bianco con pizzo meccanico
bianco tipo Valenciennes con 6 stecche.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5253
STCC: cattivo, molte stecche mancanti e diversi rammendi;
DESO: Busto in cotone bianco e azzurro.
ACQL: Masoero, Milano;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
157
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3485bis
STCC: buono
DESO: Busto bianco con 22 stecche interne.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto-Ventriera
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: buono
DESO: Busto-ventriera allacciabile con stringhe passanti
attraverso occhielli, merletto meccanico nel busto
superiore.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1900-10c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto – Reggicalze
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 298
STCC: buono, mancano le clips;
DESO: Busto azzurro e bianco con bordino in alto in
merletto meccanico del tipo A, fuselli e nastrino azzurro,
realizzato in due metà con 20 coppie di occhielli per lato e
5 ganci cui corrispondono altrettante asole metalliche e
rinforzato da 18 stecche, alcune in metallo altre
probabilmente in vimini. Presenta un prolungamento
davanti per allacciare le calze, una spighetta dietro
originale ed un timbro ad inchiostro viola “March
Heliotrope Brisceideti”.
ACQL: M. Gallo, Mestre, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
158
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Busto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 298bis
STCC: discreto, manca il nastrino rosa in vita;
DESO: Busto rosa e bianco realizzato in due metà con 14
coppie di occhielli per lato e 5 ganci cui corrispondono
altrettante asole metalliche e rinforzato da 28 stecche di
vimini (due visibili sul fondo) e alcune in ferro. Nel bordino
in alto merletto meccanico del tipo a fuselli, in vita fascetta
bianca ricamata in rosa, spighetta originale e timbro in
inchiostro nero “corset nella marca Heliotrope”.
ACQL: M. Gallo, Mestre, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Stringi fianchi
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8857
STCC: buono
DESO: Stringi fianchi con giarrettiere attaccate in raso color
crema ed elastici rosa, ganci in metallo cromato e fettuccia
per legarlo. Passante con occhielli metallici dietro, gancetti
per chiusura davanti e all’interno 4 stecche (forse in
tartaruga) e un timbro “Galeries La Fayette Paris”.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1930c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Corpetto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3813
STCC: buono
DESO: Corpetto in raso giallo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1950c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
159
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1962
STCC: discreto, mancano 2 bottoni e i fianchi erano stati
allargati con una fascia in piquet color crema che è stata
tolta e riportata all’origine;
DESO: Copribusto in piquet bianco.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Seconda metà ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3186
STCC: cattivo, alcuni buchi, strappi e macchie;
DESO: Copribusto in cotone bianco a maniche corte con 8
stecche in vita, molto scollato e gancetti sul retro.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3190
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco a maniche corte, pizzo
ad intaglio e ad ago sui bordi dello scollo e delle maniche.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
160
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 335
STCC: buono, alcune pinces che erano state scucite sono
state rimesse seguendo la traccia originale;
DESO: Copribusto in cotone bianco.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6170
STCC: discreto, vistoso rammendo;
DESO: Copribusto in cotone bianco e pizzo a fuselli.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6178
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo San Gallo allo
scollo e alle maniche.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1860c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
DTM
DTZ
CMP
161
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6176
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo a fuselli allo
scollo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4933
STCC: buono, due pince erano state scucite, ma poi
successivamente ricucite al loro posto;
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico al
collo e le iniziali in bianco “C. T.” (Teresina Chilesotti).
Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4934
STCC: buono, due pince e un lato con rottura sono state
rifissate;
DESO: Copribusto in cotone con pizzo meccanico al collo
ed iniziali in bianco “C. T.” (Teresina Chilesotti).
Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
162
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5325
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con merletto chimico
allo scollo. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene,
Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5330
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone nero con sette stecche interne.
Appartenuto alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6456
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco. Appartenuto alla
famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
163
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 1558
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con motivo di due linee
traforate sul seno con intrecciato un ramo sinuoso con
cinque foglie cuoriformi applicate alla base e riempite da
retino. Pettorina a piegoline orizzontali, 5 bottoncini in
madreperla e bordi profilati in merletto meccanico.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3075
STCC: buono
DESO: Copribusto in maglia di cotone bianco senza
maniche con internamente le iniziali in rosso “E. R.”.
ACQL: Belluno, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 8399
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco senza maniche con
pizzo meccanico e sagomatura sul retro per tournure.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1880c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
164
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4932
STCC: buono, i bottoni sono stati rimessi di recente;
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico
alle spalle e al collo. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di
Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6181
STCC: buono
DESO: Copribusto in piquet di cotone bianco e pizzo a
fuselli allo scollo e alle spalle.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 4451
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco a rigatino, collo in pizzo
meccanico e 4 fiori decorativi con palline.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
165
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
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ACQ
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TSK
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PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6179
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco, pizzo a fuselli allo
scollo e alle maniche e pizzo San Gallo a decorare il
davanti.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800-Inizi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6182
STCC: buono
DESO: Copribusto in piquet di cotone bianco e pizzo a
fuselli allo scollo e alle spalle.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800-Inizio ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 2310
STCC: buono
DESO: Copribusto a doppio petto in cotone bianco con
ricami a macchina sui bordi, spalline con bottoni e piccola
baschina in vita.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Fine ‘800-Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
166
TSK
LIR
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OGT
RSE
STC
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ACQ
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PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6573
STCC: discreto, molti rammendi;
DESO: Copribusto in cotone bianco e pizzi meccanici,
iniziali “T. M.”. Appartenuto alla famiglia Chilesotti di
Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Inizi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7566
STCC: buono
DESO: Copribusto senza maniche in cotone bianco e pizzi
allo scollo e al giro manica. Appartenuto alla famiglia
Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Inizio ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 61
STCC: buono
DESO: Copribusto in mussola di cotone color crema con
inserti in pizzo, corta baschina ed al fondo le iniziali “G. J.
M.”.
ACQL: Lido, Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
167
TSK
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OGT
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ACQ
DTM
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CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3907
STCC: cattivo, vistosi rammendi e strappo su una spalla;
DESO: Copribusto in cotone bianco con ricamo a motivo di
fiori sul davanti.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5213
STCC: buono
DESO: Copribusto in batista bianco con pizzo a fuselli,
ricami a macchina e nastro rosa.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5340
STCC: cattivo, completamente rovinato e rammendato;
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico
allo scollo e l’iniziale “M”. Appartenuto alla famiglia
Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
168
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PVC
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STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7726
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo San Gallo al
collo e alle maniche. Appartenuto alla famiglia Gibello.
ACQL: Andorno Micca, BI;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 7729
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzo meccanico
allo scollo e alle maniche. Appartenuto alla famiglia
Gibello.
ACQL: Andorno Micca, BI;
Analisi stilistica
DTZG: Primi ‘900.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6455
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco. Appartenuto alla
famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
169
TSK
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ACQ
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TSK
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PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 345
STCC: cattivo, mancante dei nastri laterali, molti
rammendi;
DESO: Copribusto in cotone bianco ricamato in San Gallo
meccanico e abbottonatura laterale con 4 bottoncini, alla
vita tracce dei nastri gialli.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 346
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco ricamato in San Gallo
meccanico, abbottonatura laterale con 4 bottoncini.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 124
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con ricamo ad intaglio
ed abbottonatura con sei bottoni.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1900-10c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
170
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 148
STCC: discreto, è stata strappata la striscia che conteneva
le asole per allacciare i 9 bottoni;
DESO: Copribusto in cotone bianco con inserti in merletto
a macchina.
ACQL: Venezia;
Analisi stilistica
DTZG: 1900-10c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3432
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzi in San Gallo.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1900-10c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3425
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco e nastro rosa.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
DES
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OGT
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STC
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ACQ
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DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3476
STCC: buono
DESO: Copribusto in seta color crema a maniche corte con
inserti e bordi in pizzo meccanico.
ACQL: Brugine, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 3688
STCC: buono
DESO: Copribusto in seta color crema, piegoline sulla spalla
e sul retro in rosso l’iniziale “L”.
ACQL: Piazzola sul Brenta, Padova, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 6526
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco con pizzi meccanici ed
iniziali a penna “I. R.”.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
172
TSK
LIR
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OGT
RSE
STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5369
STCC: buono
DESO: Copribusto in pizzo giallino e nastri rosa.
ACQL: Padova, “tutti in fiera”;
Analisi stilistica
DTZG: 1910-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
TSK
LIR
PVC
OGT
RSE
STC
DES
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Copribusto
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 9120
STCC: buono
DESO: Copribusto in cotone bianco senza maniche con
pizzo San Gallo meccanico bianco.
ACQL: Venezia, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1910-20c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
ACQ
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DTZ
CMP
173
TSK
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STC
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DTZ
CMP
TSK
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STC
DES
ACQ
DTM
DTZ
CMP
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Stecche
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: senza
numero di inventario;
STCC: discreto
DESO: materiali vari.
ACQL:
Analisi stilistica
DTZG: 1850-1900c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD: Imbottitura per “tournure”
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5677
STCC: buono
DESO: Imbottitura con stecche per tournure in cotone
bianco. Appartenuta alla famiglia Chilesotti di Thiene,
Vicenza.
ACQL: Vicenza, mercato antiquariale;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
OA
P
PVCP: BL; PVCF: Fener;
OGTD:Stecche per tournure
RSEA: 1985 – 2006; RSEC: Franco Pezzato; RSEI: 5103
STCC: buono
DESO: Stecche per tournure in ferro e cotone. Appartenute
alla famiglia Chilesotti di Thiene, Vicenza.
ACQL: Thiene, Vicenza;
Analisi stilistica
DTZG: 1870c.
CMPD: 2009; CMPN: Franco Pezzato, Federica Ventriglia
174
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