07_Osservatorio - Fatati - Recenti Progressi in Medicina

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07_Osservatorio - Fatati - Recenti Progressi in Medicina
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Osservatorio
La nutrizione artificiale:
aspetti tecnico-scientifici
ed etico-deontologici
Giuseppe Fatati
Artificial nutrition: technical, scientific and ethical considera­
tions.
Summary. Artificial nutrition (AN) is a relatively new
medical treatment which started in the 1960 with parenteral nutrition (PN) and over the last 20 years has come
to include enteral nutrition (EN) in hospitals and homes.
Enormous clinical progress and continual evolution in
techniques aimed at rendering organ funtion substitution more complete and efficient have come to the point
where AN can only be suitably performed (indications for
therapy, treatment regimen and monitoring) in specialized institutions. However, there has been much discussion about whether artificial nutrition should be considered a medical intervention or an essential intervention
of care: in 2004 the Terri Schiavo case became worldwide
news and the suspension of AN was decided by the law
courts. In Italy, on 5 September 2014, the Council of State
gave its opinion on case of Eluana Englaro. In 2007 the
Italian Association for Dietetics and Clinical Nutrition (ADI)
and the Professional Board of Physicians of the Province
of Terni, have shared a paper that takes into account the
scientific, technical and ethical considerations of AN in the
light of the relative codes. The intent of this position paper was to supply a framework of clinical practices, ethical principles, and professional guidelines that will impart
information and can assist decision making regarding AN
and hydration. The document is still relevant today.
Introduzione: due casi esemplari
La stampa ha riportato, in questi ultimi tempi, informazioni su due casi clinici per molti versi simili. Il primo, il più recente, quello di Nancy
Fitzmaurice1: la madre ha chiesto e ottenuto dai
giudici della Royal Court of Justice di staccare la
spina alla figlia, malata gravemente ma non allo
stadio terminale e in grado di respirare autonomamente. Nancy era nata nel 2002 ed era in condizioni gravissime. Su Repubblica si legge: «Cieca, con
idrocefalo, meningite, setticemia, non cammina né
parla». La madre aveva lasciato il lavoro per prendersi cura della figlia, ma tutto sembrava andare
per il peggio; scrive il Daily Mirror che «la sua qualità della vita era così bassa che aveva bisogno di
cure in ospedale 24 ore al giorno ed era alimentata, idratata e medicata con un tubicino. Ma la sua
salute deteriorava, passava ore a urlare in agonia
1Struttura
Recenti Prog Med 2015; 106: 81-84
nonostante le dosi di ketamina e di morfina che gli
venivano date. E anche per i familiari il dolore era
troppo da sopportare». Inoltre, i medici del Great
Ormond Hospital, una delle principali strutture
pediatriche di Londra, avevano chiarito che non
potevano fare nulla per alleviare ulteriormente le
sofferenze della bimba. Così, la madre ha deciso di
percorrere la via giudiziale. «Mia figlia non è più
mia figlia», ha scritto alla Royal Court of Justice:
«Ora è soltanto un guscio vuoto, la luce se n’è andata dai suoi occhi e al suo posto leggo soltanto la
paura e il desiderio di essere finalmente in pace.
Nancy ha sofferto abbastanza». Eleanor King, presidente della sezione minorile del tribunale a cui
si è rivolta Charlotte, non ha avuto esitazioni nel
darle ragione: «L’amore e la devozione della madre sono evidenti. Nel mondo chiuso in cui si trova,
Nancy ha potuto avere una certa qualità della vita
a dispetto della sua tragica malattia. Ma purtroppo
ora non è più così. Ora non c’è più alcuna qualità,
ma soltanto un’estrema, atroce sofferenza». Così,
Nancy è morta il 21 agosto.
Il secondo caso, più vicino a noi, è quello di
Eluana Englaro. Il 5 settembre 2014 il Consiglio
di Stato si è pronunciato su una parte non ancora
definita, per lo meno dal punto di vista giudiziario,
della sua tragica vicenda. Il punto di partenza, come viene spiegato nella lunga motivazione, è una
decisione del 3 settembre 2008 del Direttore generale della Sanità della Regione Lombardia che
rifiutava la richiesta avanzata dal padre di mettere a disposizione una struttura sanitaria perché
avvenisse, al suo interno, il distacco del sondino
naso-gastrico dal quale dipendeva l’alimentazione
della donna e la rifiutava richiamando correttamente la finalità di tutela della vita e della salute che connota il sistema sanitario. Sosteneva,
inoltre, che il trattamento sollecitato era vietato.
Con sentenza del 26 gennaio 2009 il TAR della
Lombardia aveva annullato tale decisione e la
Regione aveva proposto ricorso contro di essa. La
decisione del Consiglio di Stato2 è molto articolata
e affronta diffusamente numerosi e complessi temi: la sostanza è tuttavia che il più elevato organo
di giustizia amministrativa si pone in linea con
le pronunce rese sul medesimo caso dalla Corte
di Cassazione e dalla Corte Costituzionale. Uniformandosi a quanto affermato dalla giurisdizione ordinaria, anche il Consiglio di Stato qualifica
nutrizione e idratazione in termini di trattamenti
medici; in quanto tali, afferma che essi possono
essere rifiutati sulla base del diritto all’autodeterminazione del paziente in ordine alla propria
condizione di salute. Precisa che la salute non va
intesa in senso restrittivo, bensì quale completo
benessere fisico e psichico, e quando il paziente
ritiene che tale benessere è compromesso, la sua
autodeterminazione non incontra il limite del sacrificio della propria vita.
Complessa di Diabetologia, Dietologia e Nutrizione Clinica, Azienda Ospedaliera Santa Maria, Terni
Pervenuto su invito il 3 novembre 2014.
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Recenti Progressi in Medicina, 106 (2), febbraio 2015
Dalla cronaca alla teoria e alla pratica
Nel 1990, l’allora Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, sull’esempio francese di pochi anni
prima, istituì il Comitato Nazionale per la Bioetica;
di etica dell’alimentazione e della nutrizione si è
cominciato a parlare diversi anni dopo. Al XV Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI), tenutosi a Siena
nell’ottobre 2002 fu affidato a Marco Tagliaferri il
compito di parlare di bioetica e nutrizione3; la sua
relazione lasciava aperti alcuni quesiti e in particolare chiedeva una riflessione più approfondita sullo
stabilire se la nutrizione artificiale (NA) potesse essere considerata trattamento straordinario o cura
ordinaria, su terapie proporzionate e terapie sproporzionate e sulla possibilità della sua sospensione.
Sono gli stessi quesiti che due anni dopo sarebbero
esplosi, grazie alla televisione e ai giornali, con il
caso di Terri Schiavo, all’interno di ogni casa4. Theresa Marie Schindler Schiavo, detta Terri, il 25 febbraio 1990 subì un arresto cardiaco, riportando gravi danni cerebrali con conseguente diagnosi di stato
vegetativo persistente (PVS), al quale seguirono 15
anni di battaglie legali. Nel 1998, Michael Schiavo,
marito nonché tutore legale, fece appello alla Corte
di Pinellas County chiedendo l’interruzione della
NA. Robert e Mary Schindler, suoi genitori, si opposero, sostenendo che la figlia fosse cosciente. Nel
2005 la corte diede ragione al marito, la NA e l’idratazione furono interrotte e il 31 marzo Terri Schiavo morì. Molti sostennero che la sua morte fosse da
considerarsi un omicidio giudiziario. Ignacio Carrasco de Paula, Direttore dell’Istituto di Bioetica
della Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
ebbe a scrivere che viviamo in una cultura prevalentemente “visiva” dove l’immagine è divenuta il
principale strumento di comunicazione. L’immagine di Terri Schiavo trasmessa ripetutamente sugli
schermi ha avuto un effetto dirompente e ha creato
il caso, ma ha sicuramente fuorviato l’opinione pubblica, e anche noi medici, perché ha fatto dimenticare la caratteristica principale del caso stesso, cioè
l’eccezionalità dell’evento5-8.
Su questa materia il Comitato Nazionale di
Bioetica italiano nel documento “L’alimentazione e l’idratazione di pazienti in stato vegetativo
persistente (SVP)”, approvato a maggioranza il 30
settembre 2005, ha sostenuto che l’idratazione e la
nutrizione di pazienti in SVP vanno ordinariamente considerate alla stregua di un sostentamento vitale di base. In seguito, stimolati da un altro caso
televisivo, la Federazione degli Ordini dei Medici
ha presentato i dati di una ricerca realizzata dal
CSPO-Istituto Scientifico per la Prevenzione Oncologica di Firenze, che riporta come il 55% dei
medici sia favorevole alle direttive anticipate e
quindi approvi il testamento biologico9,10.
Chi conosce le problematiche che ruotano intorno alla NA sa benissimo, purtroppo, che i problemi maggiori non sono quelli dell’interruzione, ma
quelli inerenti la possibilità di praticarla in modo
ottimale o meglio di essere in grado di garantirla
in modo equo a quanti ne hanno bisogno. L’attività di nutrizione clinica e, quindi, anche della NA,
si basa su un modello organizzativo (le Strutture
di Dietetica e Nutrizione Clinica) che integra le
attività a livello ospedaliero, ambulatoriale e domiciliare, e che connette in modo organico l’area
di nutrizione clinica con le altre aree terapeutiche.
Tali strutture sono fortemente carenti sul territorio nazionale. Nel 2003 sono stati pubblicati una
risoluzione11 e un documento del Comitato dei
Ministri della Salute del Consiglio d’Europa che
raccomandano una maggiore attenzione allo stato
nutrizionale dei degenti.
La risoluzione, sottoscritta anche dal ministro
italiano, sarebbe dovuta risultare vincolante per le
strategie sanitarie nazionali; in realtà, non ha sortito alcun effetto. La malnutrizione è una condizione
presente in una percentuale che varia dal 20-40%
dei pazienti alla loro ammissione in ospedale. Circa
il 70% dei degenti peggiora il proprio stato nutrizionale durante i primi 10 giorni di ricovero e addirittura vi è un mancato riconoscimento della patologia
nel 60-70% dei casi. In Italia, il 30,7% dei ricoverati presenta una malnutrizione calorico-proteica e
l’indice di trascuratezza nutrizionale è elevato12. In
questo quadro desolante una delle poche eccezioni
è rappresentata dalla Regione Piemonte che, con
DGR n. 18-13672 del 29.03.2010, ha istituito la Rete
regionale piemontese delle Strutture di Dietetica e
Nutrizione Clinica. Anche nella successiva delibera di nomina della Commissione di Coordinamento
(DGR n. 507 del 28.07.2010) il ruolo della nutrizione
clinica è definito come «peculiare, in quanto si tratta
di specialità trasversale» con specifiche attività a livello ospedaliero, nella continuità assistenziale tra
ospedale e territorio e nei confronti delle strutture
che operano nella prevenzione13.
Il documento ADI - Ordine dei Medici di Terni
L’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI), dopo aver attivato nel 2003 un
gruppo di studio specifico, ha elaborato in collaborazione con l’Ordine dei Medici della Provincia di
Terni un documento sugli aspetti tecnico-scientifici ed etico-deontologici della NA nel corso di un
incontro tenutosi a Terni il 9 maggio 2007. Nell’introduzione al documento viene specificato che:
• La NA è un trattamento medico relativamente giovane: iniziato negli anni Sessanta con la
nutrizione parenterale (NP), ha trovato, negli
ultimi venti anni, applicazione e diffusione anche con la nutrizione enterale (NE), sia a livello
ospedaliero sia domiciliare.
• Gli enormi progressi clinici ottenuti e la continua evoluzione di una tecnica orientata alla
sostituzione di funzione d’organo sempre più
completa ed efficace hanno anche determinato
l’evidenziarsi di criticità che trovano soluzione
solo se la NA viene attuata (indicazioni, programma nutrizionale e monitoraggio) da strutture specialistiche dedicate.
G. Fatati: La nutrizione artificiale: aspetti tecnico-scientifici ed etico-deontologici
• Nel 2004-2005 il caso di Terri Schiavo ha riempito le cronache internazionali, e la sospensione
della NA è stata decisa dai giudici. Il caso singolo è servito e serve a far capire la necessità
improrogabile di una riflessione più ampia sui
processi che portano all’espletamento di un atto
medico e sull’integrazione fra questi processi e
la deontologia professionale.
• È stato recentemente ribadito che, nella tutela
della salute, il medico ha un ruolo centrale e
inconfondibile quale portatore di un processo in
cui la cura è legata in modo inscindibile al rapporto di fiducia tra lo stesso medico e il paziente, che mantiene peraltro la propria centralità
nel processo clinico assistenziale.
• In un periodo in cui vi è la necessità di passare
dalla medicina difensiva all’autonomia responsabile, è importante la conoscenza del Codice
di Deontologia Medica9 che è ispirato alla consapevolezza del primato della deontologia che
consenta di liberare o almeno alleviare il medico da ansie contingenti nel quadro di una condizione professionale libera.
• Il clinico, nell’esercizio della propria professione, deve perseguire l’obiettivo dell’efficacia del
proprio intervento alla luce degli indirizzi scientifici EBM senza smarrire i valori etici della
propria professione. Non può quindi prescindere dal rispetto del Codice Deontologico, in qualsiasi luogo svolga la propria attività, al fine di
mantenere un rapporto corretto con i cittadini.
Per i motivi sovraesposti il documento condiviso
ha preso in esame gli aspetti tecnico-scientifici ed
etico-deontologici della NA alla luce delle norme codicistiche, utilizzando la forma del commento breve agli articoli del Codice Deontologico14,15 ritenuti
fondamentali e più “calzanti” alla NA. Il documento inizia riportando l’articolo 32 della Costituzione
Italiana che così recita: «La Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività […]. Nessuno può essere
obbligato ad un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge. La legge non può
in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana». Il relativo commento è che
questo articolo sancisce la volontarietà dei trattamenti sanitari e quindi anche della NA, in quanto
trattamento medico. Vengono poi commentati gli
articoli 3, 4, 13, 16, 33, 35, 38, 53 e 59 del Codice
Deontologico. In particolare, ci sembra significativo riportare il commento agli articoli 3, 4 e 16:
«Un uso appropriato della nutrizione artificiale,
secondo quanto indicato dalle linee guida delle società scientifiche accreditate, non può che essere
attuata dal Medico specialista in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Clinica o equipollenti. La
realizzazione della nutrizione artificiale richiede
uno standard operativo di elevato livello. La nutrizione artificiale, quando necessario, deve essere
proseguita a domicilio, riducendo i costi globali del
trattamento e migliorando sensibilmente la qualità di vita del paziente. È quindi fondamentale
il massimo livello di integrazione tra le Strutture
di Dietetica e Nutrizione Clinica, le altre strutture operanti all’interno degli ospedali e quelle che
prendono in carico il paziente in trattamento domiciliare in considerazione della specificità della nutrizione artificiale ma anche degli interventi multi
disciplinari che ad essa si correlano. È auspicabile
il rispetto degli standard organizzativi previsti dalle società accreditate per le strutture deputate alla
NA sia in regime di ricovero che domiciliare16-18.
La nutrizione artificiale va attuata secondo il principio della proporzionalità delle cure evitando ogni
forma di accanimento terapeutico». Nel corso del
Convegno Nazionale “Dichiarazioni anticipate di
volontà”, tenutosi a Terni nel giugno 2009, Aristide
Paci10 precisò che sulla cosiddetta alimentazione
e idratazione artificiale, più propriamente definita NA, la comunità scientifica ha manifestato la
propria posizione. Non è certamente una questione semantica, ma essenziale per evitare che presso
l’opinione pubblica e, qualche volta, presso gli addetti ai lavori, la NA sia identificata con la semplice somministrazione di “acqua e cibo”. La NA è da
considerare, a tutti gli effetti, un atto medico, in
quanto deve essere gestito per l’indicazione, il programma nutrizionale e il monitoraggio da strutture specialistiche dedicate la cui responsabilità deve
essere assegnata al nutrizionista clinico, in collaborazione con i medici di medicina generale, che
deve perseguire l’obiettivo dell’efficacia del proprio
intervento alla luce degli indirizzi scientifici EBM,
senza smarrire i valori etici della professione.
Conclusioni
Sulla base di quanto avvenuto, per i diversi casi
riferiti, sembrano di innegabile attualità le conclusioni a cui Aristide Paci e Mauro Bacci erano giunti
nel commentare il documento. Nessuna attività medica è esente da correlati etici, ma di fronte al malato inguaribile e, soprattutto, non più competente,
essi assumono un significato che talora può risultare anche preminente rispetto a quello più propriamente tecnico. D’altro canto la multiformità, anche etica, delle società pluralistiche rende difficile
giungere a risposte condivise a quesiti concernenti
l’opportunità/necessità di cura, la potestà/dovere di
decidere da parte del medico o il significato che deve
essere attribuito a una manifestazione di volontà
del paziente che, per le sue condizioni, non possa
essere reiterata. Non vi è dubbio che quando la NA
non sia trattamento temporaneo necessario a superare situazioni cliniche “critiche”, ma si collochi
nel contesto più complesso della medicina “palliativa” e di “fine vita”, si prospettino temi complessi
che riguardano il rispetto della volontà del malato
e la sua autonomia decisionale ovvero il ruolo che
il medico deve assumere nei casi in cui tale autonomia venga meno per le conseguenze della patologia
di fondo. Il Codice Deontologico fornisce risposte,
prospettando soluzioni alle quali il nutrizionista e
qualsiasi altro medico dovrebbero ispirarsi. Un pro-
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Recenti Progressi in Medicina, 106 (2), febbraio 2015
blema di stretta pertinenza medica non pensiamo
possa essere materia di interventi legislativi, ma, al
contrario, e in particolare per gli aspetti etici, deve
essere delegato all’autodisciplina professionale. La
posizione dell’ADI e dell’Ordine dei Medici di Terni
è stata rafforzata da quanto comparso su diverse
riviste scientifiche e dalla recente sentenza del Consiglio di Stato che ne condivide i presupposti e le
conclusioni2,10,19-21. Siamo coscienti, comunque, delle difficoltà che il medico si trova ad affrontare nella
gestione della NA al termine della vita. Le opinioni
circa l’alimentazione artificiale e l’idratazione non
solo derivano da basi scientifiche, ma sono legate
anche a questioni culturali, etiche e psicologiche.
Vi sono differenti opinioni non solo tra medico e
paziente ma, a volte, anche tra diversi operatori
sanitari22-24; il diverso approccio culturale filosofico
alla NA può influenzare l’intensità e la qualità della
cura25. La medicina sembrerebbe avere una doppia
anima nel momento in cui deve misurarsi con l’uomo colpito da malattia: la necessità scientifica di rispondere alla domanda del perché e la domanda del
come, propria della tèchne, dell’arte. Come scienza,
opera secondo la tecnica del sapere; come tèchne,
ubbidisce alla regola del fare, dell’efficienza e dei
migliori risultati26. Il documento ADI-Ordine dei
Medici di Terni è un documento di processo e non
di singolo atto; dà per scontato che la NA sia un atto
medico, evita la confusione tra idratazione e NA,
fornisce riferimenti precisi anche sulla necessità di
standard operativi di struttura. È un documento
che sembra essere stato scritto oggi e non nel 2007.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Giuseppe Fatati
Struttura Complessa di Diabetologia,
Dietologia e Nutrizione Ciinica
Azienda Ospedaliera Santa Maria
Viale Tristano di Joannuccio
05100 Terni
E-mail: [email protected]
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