Capitolo 8

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Capitolo 8
FLUORIMETRIA E SPETTROFLUORIMETRIA
Si definisce fluorescenza la luminescenza di una
sostanza in seguito ad assorbimento di radiazione
elettromagnetica.
 La luminescenza è un processo in cui un atomo od una
molecola emette radiazione luminosa nel corso di una
transizione da un livello elettronico di maggiore energia
ad uno minore. Se la transizione dal livello fondamentale
ad un livello superiore è dovuta ad assorbimento di
radiazioni luminose, la successiva emissione di luce è
detta fotoluminescenza o fluorescenza.
 Se gli atomi e le molecole colpiti da radiazione
elettromagnetica e passate ad un livello energetico
eccitato, nel ritorno allo stato fondamentale disperdono
l’energia acquisita per collisione con altri atomi o
molecole, si ha soltanto il fenomeno dell’assorbimento
della radiazione elettromagnetica.

Se l’energia acquisita viene in parte riemessa come
radiazione elettromagnetica si ha il fenomeno della
fluorescenza. Cioè, il ritorno di un elettrone dallo stato
eccitato allo stato fondamentale si accompagna
all’emissione di un fotone.
 Poichè si perde energia nelle transizioni senza
radiazioni che sempre si accompagnano alla
transizione fluorescente, l’energia del fotone emesso è
sempre minore dell’energia del fotone assorbito, cioè la
 della luce fluorescente è sempre maggiore della
lunghezza d’onda della luce eccitante.

RADIAZIONI ECCITANTI: UV E VISIBILE







Composti fluorescenti di interesse biologico:
Vitamine;
Ormoni;
Nucleotidi;
Amminoacidi aromatici (Trp);
Clorofille;
Proteine.
FLUOROFORI ESTRINSECI
Radamine
 Fluoresceine
 Cumarine
 Carbocianine
 Idrocarburi aromatici e derivati: pirene, perilene,
antracene.







L’emissione di fotoni in seguito all’assorbimento di radiazioni
elettromagnetiche può avvenire in un tempo più o meno breve:
Fluorescenza  intervallo di tempo tra eccitazione ed
emissione dell’ordine di 10-9 – 10-3 secondi;
Fosforescenza  intervallo di tempo tra eccitazione ed
emissione  10-3 secondi.
Nel fenomeno della fluorescenza si distingue una luce
eccitante ed una luce fluorescente, che sono caratteristiche di
ogni molecola fluorescente.
Dall’analisi delle radiazioni capaci di eccitare la fluorescenza
si ricava lo spettro di eccitazione, che è in pratica lo spettro di
assorbimento della sostanza; lo spettro di fluorescenza o di
emissione è l’analisi della luce emessa per fluorescenza.
La fluorescenza si può sfruttare sia per analisi qualitative che
quantitative  fluorimetria e spettrofluorimetria.
FLUORIMETRIA
E’ la misura della fluorescenza finalizzata alla determinazione
quantitativa di sostanze fluorescenti.
 Trova larga applicazione in analisi quantitative perchè è una
metodica di elevata sensibilità, che permette di rilevare quantità
dell’ordine di un centinaio di pg (in fotometria l’ordine è dei g).
 IF = 2,3 I0    l  c   (1)
IF = intensità della luce fluorescente;
I0 = intensità della luce incidente;
 = coefficiente di estinzione molare che assorbe alla ;
l = cammino ottico, in cm;
c = concentrazione, in moli/litro;
 = efficienza quantica della sostanza in esame, cioè il rapporto
quanti emessi/quanti assorbiti.
 La relazione (1) non è valida per soluzioni molto concentrate.




L’efficienza quantica è influenzata dal pH e dalla
temperatura: diminuisce all’aumentare della temperatura
in quanto aumentano le collisioni tra le molecole e quindi la
dispersione dell’energia.
La concentrazione di una sostanza fluorescente può essere
facilmente determinata per semplice comparazione
dell’intensità della luce fluorescente con l’intensità di
fluorescenza di una soluzione a concentrazione nota della
stessa sostanza.
A differenza della fotometria nella quale si misura la
frazione di potenza radiante che colpisce la fotocellula - cioè
il rapporto tra la luce emergente e la luce incidente, I/I0, per
ricavare l’assorbanza – in fluorimetria si misura l’intensità
assoluta della luce fluorescente, IF. In altri termini in
fluorescenza non si fa riferimento a specifici parametri di
misura, come trasmissione od assorbanza, e IF viene
comunemente espressa in unità arbitrarie.
FLUORIMETRO






Per la determinazione di IF ci si serve di un fluorimetro, le
cui componenti essenziali sono:
Una sorgente luminosa stabile che fornisce l’energia
eccitante;
Filtri od un monocromatore per selezionare la  della luce
eccitante;
Una cuvetta per la soluzione in esame;
Una fotocellula od un fotomoltiplicatore che riceve una
frazione fissa della luce fluorescente, ed è connessa con un
galvanometro molto sensibile, o con un sistema di
amplificazione ed un display digitalico.
Il fotomoltiplicatore è in posizione tale da non ricevere le
radiazioni della sorgente eccitante che attraversano la
soluzione; comunemente è disposto a 90° rispetto alla
direzione della luce eccitante.
FLUORIMETRO - SPETTROFLUORIMETRO
Soluzione Standard a concentrazione nota della
sostanza in esame (concentrazione leggermente
maggiore della concentrazione presunta nel campione
in esame). Letture in unità arbitrarie = unità di luce
relativa, RLU.
 Soluzione in esame.
 Per lo standard, Cn, nota, posta = 100 RLU per IFn;
 Per il campione la fluorescenza, IFi, da qui si ricava Ci.
 Ci = Cn  IFi  IFn
 Ogni volta si deve calibrare il fluorimetro con lo
standard, perchè in fluorimetria a differenza della
spettrometria per assorbimento, si effettuano misure
assolute di intensità luminosa.




Nelle misure quantitative fluorimetriche si allestiscono due
soluzioni standard a diversa concentrazione; si fissa a 100
la scala di registrazione con la soluzione più concentrata, e
si verifica la linearità della risposta con la soluzione più
diluita.
Si allestisce il bianco, rappresentato dal solvente e da tutte
le altre sostanze eventualmente presenti in soluzione, ad
eccezione della sostanza in esame.
Infatti in soluzione possono essere presenti: inibitori della
fluorescenza, cioè sostanze che attenuano la fluorescenza
(quenching della fluorescenza), od assorbono parte della
luce eccitante o della luce fluorescente; potenziatori della
fluorescenza; impurità fluorescenti; sostanze responsabili di
fenomeni di light scattering, per cui parte della luce
dispersa può raggiungere la fotocellula sommandosi alla
luce fluorescente. Il light scattering può essere individuato
in uno spettrofluorimetro.
SPETTROFLUORIMETRO
La spettrofluorimetria è una metodica di analisi
qualitativa altamente sensibile poichè ci permette di
disporrre di due parametri per l’identificazione di una
sostanza: lo spettro di eccitamento e lo spettro di
fluorescenza.
 Lo spettrofluorimetro è uno strumento analogo al
fluorimetro, con la sola differenza che due
monocromatori, uno posto subito dopo la sorgente
luminosa ed uno prima del fotomoltiplicatore,
permettono di variare la  della luce incidente sulla
soluzione, ed il secondo di analizzare la  della luce
fluorescente.

Spettro di eccitamento = spettro di assorbimento
 Spettro di fluorescenza = analisi qualitativa della
radiazione luminosa fluorescente.




La spettrofluorimetria come si è detto è una metodica di
elevata specificità: anche se due sostanze fluorescenti
possono mostrare spettri di eccitamento molto simili,
difficilmente avranno eguali spettri di fluorescenza; e
viceversa. Ciò è di particolare interesse per l’analisi
qualitativa.
Fluorimetria e spettrofluorimetria, per l’elevata sensibilità,
trovano applicazione principalmente per la determinazione
quantitativa di sostanze presenti in concentrazioni troppo
basse per essere rilevate con la spettrofotometria. Sono
comunemente usati metodi fluorescenti per il dosaggio di
ioni metallici, vitamine, ormoni, farmaci, pesticidi,
amminoacidi, quest’ultimi come dansil derivati.
E’ possibile ad es. determinare la concentrazione
intracellulare di ioni Ca2+ utilizzando vari chelanti
fluorescenti.
Si possono determinare attività enzimatiche , in
particolare quelle che implicano il NAD come
coenzima, per la fluorescenza della sua forma ridotta, o
che possono essere accoppiate a reazioni che utilizzano
questo coenzima. Altre attività enzimatiche possono
essere facilmente determinate utilizzando substrati
legati a molecole fluorescenti.
 Con l’uso di anticorpi od antigeni marcati con molecole
fluorescenti vengono effettuati dosaggi immunologici.


L’analisi di spettri di fluorescenza permette di avere
informazioni sulla struttura di proteine, di catene
polinucleotidiche, di membrane cellulari. Lo spettro di
fluorescenza, sia quello intrinseco, dovuto agli
amminoacidi aromatici o di eventuali coenzimi, che
quello estrinseco, acquisito per aggiunta di derivati
fluoresenti, si modifica in presenza di ligandi fisiologici
o artificiali, e ciò consente anche lo studio di
modificazioni conformazionali delle proteine.
 La
fluorescenza intrinseca od estrinseca di una
proteina può eccitare – mediante trasferimento di
energia per risonanza – la fluorescenza di un altro
fluoroforo aggiunto, spazialmente vicino; il
fenomeno è indicato come FRET, Fluorescence
Energy Transfer. Determinando le variazioni
della fluorescenza del secondo fluoroforo a secondo
che sia eccitato per irradiazionediretta o per
FRET, si possono misurare con accuratezza le
distanze tra residui amminoacidici e la
localizzazione di metalli od altri ligandi.
 Trovano largo uso come sonde fluorescenti
proteine del tipo della Green Fluorescent
Protein, GFP.
FRET
Förster Critical Distance for common RET Donor-Acceptor Pairs
Donor
Acceptor
Förster Distance
(Nanometers)
Tryptophan
Dansyl
2.1
IAEDANS (1)
DDPM (2)
2.5 - 2.9
BFP
Dansyl
DsRFP
FITC
3.1 - 3.3
3.3 - 4.1
Dansyl
Octadecylrhodamine
4.3
CFP
CF (3)
GFP
Texas Red
4.7 - 4.9
5.1
Fluorescein
Tetramethylrhodamine
4.9 - 5.5
Cy3
GFP
Cy5
YFP
>5.0
5.5 - 5.7
BODIPY FL (4)
BODIPY FL (4)
5.7
Rhodamine 6G
Malachite Green
6.1
FITC
Eosin Thiosemicarbazide
6.1 - 6.4
B-Phycoerythrin
Cy5
7.2
Cy5
Cy5.5
>8.0
http://www.olympusmicro.com/primer/techniques/fluores
cence/fret/fretintro.html
http://www.invitrogen.com/site/us/en/home/References/MolecularProbes-The-Handbook/Technical-Notes-and-ProductHighlights/Fluorescence-Resonance-Energy-Transfer-FRET.html
CHEMILUMINESCENZA E BIOLUMINESCENZA

Luminescenza: emissioni di radiazioni luminose nel
ritorno di un atomo o di una molecola da un livello
energetico maggiore ad uno minore. La luminescenza
è un processo non accopagnato da apprezzabili
variazioni della temperatura della sostanza ed avviene
attraverso un meccanismo diverso dall’incandescenza.







La luminescenza viene classificata in base allo stimolo che
causa il passaggio dallo stato fontamentale a quello
eccitato:
Fotoluminescenza, cioè fluorescenza, se causata da
radiazioni luminose;
Chemiluminescenza, se causata da reazioni chimiche;
Bioluminescenza, se da reazioni enzimatiche;
Radioluminescenza, se da radiazioni ionizzanti;
Elettroluminescenza, se da campi elettrici;
Termoluminescenza, che viene attivata in certi materiali
solidi in seguito a riscaldamento a temperatura superiore a
quella ambientale per attivazione di uno stimolo latente, e
da non confondere con la fotometria di emissione che
avviene per incandescenza.
La chemiluminescanza ha una bassa efficienza
quantica , che non supera 0,1, mentre con la
bioluminescanza si possono raggiungere valori fino a
0,9.
 Strumentazione: luminometro che non è altro che un
fluorimetro nel quale manca la sorgente luminosa, e
non necessita di un monocromatore. Può essere usato
un comune fotometro senza attivare la sorgente
luminosa. E’ chiaro che la reazione va fatta avvenire al
buio.
 Un’analisi quantitativa basata sulla luminescenza
sfrutta una reazione chimica cui può andare incontro
la sostanza in esame, generando essa stessa
luminescenza, od un prodotto che può essere fatto
reagire con una sostanza luminescente.

CHEMILUMINESCENZA
In diverse reazioni di interesse biologico, come quelle
catalizzate dalle ossidasi flaviniche si genera H2O2 che
può essere dosata facendola reagire con il luminol, una
molecola che in seguito ad ossidazione da luogo ad
emissione di luce bluastra di  intorno a 430 nm.
 Si fa avvenire la reazione in esame nella cuvetta del
luminometro in presenza di una soluzione di luminol, e
dalla quantià di luce misurata, in raffronto con
soluzioni standard di H2O2 fatte reagire nelle stesse
condizioni sperimentali, si risale alla quantità di H2O2
formatosi.

ac. 3aminoftalico
L’ossidazione del luminol ad opera di H2O2 può essere
catalizzata dall’emina, prodotto di ossidazione
dell’emoglobina, e viene correntemente sfruttata per la
ricerca di tracce di sangue nelle analisi investigative di
medicina forense. L’esame non necessita di un
luminometro: si tratta di un’analisi qualitativa che può
essere effettuata per reazione diretta sul campione
sospetto, osservando la comparsa della luminescenza
bluastra.
 La luminescenza del luminol dura  30 sec e necessita,
per essere rilevata della quasi oscurità.

BIOLUMINESCENZA
Luciferasi: enzima responsabile della luminescenza
di alcuni organismi  (1) luciferasi delle lucciole; (2)
luciferasi di alcuni batteri luminosi marini (genere
Photobacterium e Vibrio).
 (1) La luciferasi catalizza l’ossidazione della
luciferina, un acido organico complesso presente nelle
lucciole, con emissione di luce fredda ed un efficienza
quantica molto elevata (0,88). Per la reazione è
necessario ATP: si forma prima luciferina-adenilato,
che in presenza di O2 da luogo ad ossiluciferina, CO2,
AMP e produzione di luce. Dall’ossiluciferina si
rigenera poi la luciferina.

In laboratorio luciferina e luciferasi da lucciola, reperibili in
commercio, sono utilizzate per la determinazione quantitativa
dell’ATP. Dall’intesità della luce che si genera si risale alla quantità
di ATP. Si tratta di un metodo altamente sensibile, che permette di
rilevare quantità di ATP dell’ordine delle fmoli.
Il sistema della luciferina luciferasi può ovviamente essere utilizzato
per la determinazione di tutte le attività enzimatiche che
coinvolgono ATP.

La luceferasi di origine batterica catalizza l’ossidazione
di aldeidi alifatiche a lunga catena e del
flavinmononucleotide ridotto, con produzione di luce:
FMNH2 + R-CHO + O2  FMN + R-COOH + H2O + h

La reazione può essere accoppiata ad una
NAD(P)H:FMN ossidoriduttasi, permettendo così il
dosaggio di una serie di metaboliti o di enzimi che
possono dar luogo a coenzimi piridinici ridotti.

Determinazione dell’acido lattico o della lattico
deidrogenasi:
Lattato + NAD+  piruvato + NADH + H+ (1)

NADH + H+ + FMN  FMNH2 + NAD+ (2)

FMNH2 + R-CHO + O2  FMN + R-COOH + H2O
+ h (3)


(1) lattico deidrogenasi; (2) ossidoreduttasi; (3)
luciferasi.
BIOLUMINESCENZA


Aequorina enzima presente nelle meduse come
Aequorina,
Aequorea victoria.
Negli organismi marini le proteine implicate nei
fenomeni di luminescenza sono sia produttori primari,
come l’aequorina, sia fotoproteine secondarie che,
illuminate, generano per fenomeni di fluorescenza
radiazioni a lunghezza d’onda maggiore.
AEQUOREA VICTORIA
L’aequorina è una proteina di 22 kDa che quando
lega selettivamente gli ioni Ca2+ emette luce blu. E’
stata definita un bioluminescent calcium indicator ed è
stata usata per misurare il calcio intracellulare. Nella
medusa la luce blu può eccitare una fotoproteina
secondaria, anch’essa presente nell’aequorea, la green
fluorescent protein, GFP, che a sua volta emette luce
verde.
 La GFP, fortemente fluorescente in ambiente
riducente, è una proteina di 238 aa che presenta due
massimi nello spettro di eccitazione, a 395 e 475 nm,
ed un massimo di emissione a 509 nm.
 Aequorina e GFP sono utilizzate nelle tecniche definite
di subcellular imaging.

STRUTTURA DELL’AEQUORINA
AEQUORINA - GFP
AEQUORINA - GFP
GFP
Contains a chromophore consisting of modified amino acid
residues. The chromophore is formed by autocatalytic backbone
condensation between Ser-65 and Gly-67, and oxidation of Tyr-66
to didehydrotyrosine. Maturation of the chromophore requires
nothing other than molecular oxygen.
Con tecniche di ingegneria genetica sono state create
diverse proteine mutanti che hanno fluorescenza di
diversi colori.
 Si possono fondere i geni codificanti queste proteine
fluorescenti mutanti con geni per proteine specifiche
del citosol, nucleo, mitocondri, ed ottenere in cellule od
organismi transfettati proteine chimeriche che vanno a
localizzarsi nei rispettivi compartimenti cellulari e
sono riconoscibili al microscopio per la loro
luminescenza o fluorescenza.

PROTEINE FLUORESCENTI