EVANGELIZZARE I RAGAZZI

Transcript

EVANGELIZZARE I RAGAZZI
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
CATECHESI DEI RAGAZZI (11-13)
Castrovillari, Marzo 2014
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
Dalla socializzazione all’interiorizzazione della fede
La catechesi dei fanciulli consiste principalmente in un processo di ricezione: acquisizione di contenuti,
interpretazioni, atteggiamenti propri del cristiano. Avviene essenzialmente per imitazione e ripetizione. È
questa la fase del processo formativo che definiamo di socializzazione cristiana, che avviene all’interno
della più ampia socializzazione culturale attivata dalla famiglia e dall’interazione con le varie agenzie
educative e gruppi sociali.
Entrando nella pre-adolescenza, i ragazzi non solo mutano il loro rapporto con sé e il mondo nel quale sono
immersi, ma anche la loro esperienza di fede. Non comprendere la portata di questo passaggio, farà sì che
la proposta di annuncio resterà per lo più inefficace perché non più significativa e accettabile da parte dei
destinatari.
L’educazione cristiana, anche in ambito di evangelizzazione, troppo spesso è ridotta ad una trasmissione di
saperi. Oggi, questo modello risulta difficile ma prima di tutto frustrante da applicare da parte degli
educatori, anche se molti ancora trovano in esso sicurezza e purtroppo, a volte, una gratificazione
personale. Non vogliamo esprimere un primato del metodo sui contenuti; conoscere è importante anche
perché si è in grado di amare solo ciò che si conosce. Il problema da porci è il seguente: il modello di
annuncio che usiamo, permette ai ragazzi un reale apprendimento e una
autentica conoscenza? Li interessa, li coinvolge, li porta a dei cambiamenti
effettivi nel modo di guardare alla vita, agli altri, a sé, a Dio? Altrimenti
rischiamo di scaricare inutilmente i nostri insuccessi su ragazzi maleducati
e indifferenti, famiglie disinteressate e distanti, su una società incoerente e
peccaminosa, media immorali e pericolosi.
La conoscenza che vogliamo maturare nei ragazzi è un’appropriazione
reale dei contenuti di fede, intesa come forma di interiorizzazione e
trasformazione di essi in prassi, in atteggiamenti, pensieri, competenze,
per evitare di formare solo degli abili ingegneri di case sulla sabbia (Mt
7,24-27) e favorire un incontro di comunione con Gesù.
I catechisti, oltre a narrare e spiegare il messaggio cristiano (traditio), devono preoccuparsi di fornire a
ciascuno gli strumenti espressivi, perché possano riesprimere con la vita e la parola ciò che hanno ricevuto
(redditio). Una comunicazione che si esaurisse nel solo processo di trasmissione produrrebbe cristiani
“infanti”, che “non parlano”, “muti e invisibili”, e alla fine perderebbe ogni rilevanza nella vita delle
persone. (Conferenza Episcopale Italiana - Commissione Episcopale per l a dottrina della fede, l’annuncio e
la catechesi, Annuncio e Catechesi per la Vita Cristiana, Lettera alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti nel
quarantesimo del Documento di base Il rinnovamento della catechesi, 2010, n. 17)
Vogliamo evidenziare di seguito due rischi collegati all’annuncio della fede ai ragazzi:
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
1
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
-
un approccio che rimane schiacciato sulla trasmissione dei contenuti, orientato al consenso più che
ad una interiorizzazione e rielaborazione creativa e personale del messaggio cristiano;
-
una frattura tra la crescita spirituale e i livelli di sviluppo psico-affettivo dei ragazzi.
Oltre una catechesi contenuto-centrica
Per trasmettere un contenuto meramente dottrinale, un’idea, forse basterebbe un libro, o la
ripetizione di un messaggio orale. Ma ciò che si comunica nella Chiesa, ciò che si trasmette
nella sua Tradizione vivente, è la luce nuova che nasce dall’incontro con il Dio vivo, una luce
che tocca la persona nel suo centro, nel cuore, coinvolgendo la sua mente, il suo volere e la
sua affettività, aprendola a relazioni vive nella comunione con Dio e con gli altri.1
Si assiste spesso ad una offerta formativa, sia sul piano della modalità di gestione degli incontri che degli
strumenti editoriali, di tipo contenuto-centrica, privilegiando la trasmissione del messaggio allo stimolo dei
dinamismi umani che ne permettano una sua piena interiorizzazione. La stessa discussione sui metodi, che
contrappone quello induttivo a quello deduttivo, sembra avere alle spalle un identico paradigma: ho un
concetto da trasmettere e per farlo posso seguire una di queste due vie, partire dal dato di fede, dal
contenuto (per dedurre) oppure da situazioni esistenziali, di vita, per poi guidare e condurre (indurre) ad
esso. Siamo conduttori di un percorso chiaro e delineato a priori, che rischia di lasciare ben poco spazio alle
incursioni della vita, che sorprende e cambia, che è un’avventura inserita in un contesto sempre più
problematico e difficilmente catalogabile. La tentazione dell’insegnare, in-signàre, del lasciare segni
predefiniti e a volte distanti dalle domande dei ragazzi, o ponendo domande che ancora essi non sono in
grado di farsi, è forte e vi cadiamo anche quando ne conosciamo il rischio. Il metodo che introdurremo nel
terzo capitolo, che definiamo con il termine ‘pensiero in azione’, cerca di superare questo paradigma in
chiave ermeneutica:
-
il percorso educativo e di evangelizzazione come continua riflessione e re-interpretazione dei
contenuti e delle pratiche religiose e culturali, per passare da un cristianesimo sociologico ad una
fede interiorizzata;
-
un gruppo che si configura come una comunità di pratica che, impegnata nel conseguire
un’impresa comune, è messa alla prova e valuta e si valuta, prende contatto e coscienza con la
realtà ed è spinta, attraverso le esperienze proprie dell’annuncio (l’ascolto della Parola, la
1
Ivi, n. 40.
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
2
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
partecipazione e l’incontro con la comunità, la celebrazione, il confronto con la vita) ad un
appropriazione autentica e non ‘consumistica’2 dell’esperienza religiosa;
-
educatori che accettano essi stessi di mettersi in gioco con i propri ragazzi, ponendo tra parentesi le
loro esperienze, pre-concezioni, supposizioni, ma guidando il gruppo ad un lavoro di ricerca e riscoperta in cui loro stessi sono coinvolti assumendo di volta in volta ruoli diversi (guida,
osservatore, facilitatore, sintetizzatore, orientatore, testimone).
Forte integrazione tra fede e vita
In quanto creature di Dio, è difficile distinguere sul lettino del laboratorio ciò che
è umano e ciò che è spirituale. Il gesto più eclatante l’ha compiuto Dio stesso, e
a Lui il primato educativo, quello di incarnarsi, di umanizzarsi fino in fondo, per
ricongiungere i due piani.
La tendenza a separare il piano umano da quello spirituale porta a considerare le
conoscenze psico-pedagogiche e alcuni processi educativi come indipendenti
dalla maturazione della fede da parte bambini e ragazzi. La fede richiede una
risposta libera e personale. Alla risposta, alla libertà della stessa, l’individuo va
educato affinché non compia un mero gesto di costume, abitudinario, ma una
scelta cosciente e decisiva per la sua vita.
I due poli dell’azione educativa sono “dono” e “risposta”. Il primato di Dio che si rivela come dono di sé per
l’uomo, ma che richiede la capacità, nella libertà dell’uomo, di poter rispondere, e la risposta è dentro
dinamismi propri dell’umano.
Il nodo della questione è determinato dalla coniugazione di «dono» e «risposta». In parole
povere, il problema, tipicamente pastorale, è questo: come si colloca l'iniziativa di Dio e come
viene responsabilizzato colui che risponde con decisione personale.
Questa azione ha però come interlocutore l'uomo. E' parola di grazia e di promessa, nella quale
Dio si rivolge all'uomo e interpella la sua libertà. L'iniziativa di Dio è prioritaria e costitutiva
della risposta umana: solo in Cristo l'uomo può rispondere alla chiamata del Padre. Ma la
chiamata di Dio non si pone come alternativa o sostitutiva della risposta dell'uomo. Il dono di
Dio promuove e sostenta la libertà dell'uomo: è dono di un Padre che genera figli,
autonomamente responsabili; dono di un creatore che crea creatori. La risposta dell'uomo è
sempre risposta umana, segnata da tutti i caratteri dell'umano. L'esistenza umana, per essere
2
Un interessante distinzione tra concezione consumistica e concezione creativa della fede si può ritrovare nella Lettera
Pastorale di Mons. Luciano Monari, “Perché mi cercate?” Debitori del vangelo ai giovani, quando era vescovo della
Diocesi di Piacenza Bobbio (anno 2004-2005).
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
3
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
compresa nella sua totalità, richiede perciò una lettura teologica-cristologica (per cogliere
l'iniziativa di Dio in Cristo) ed una lettura antropologica (per cogliere le modalità umanostoriche in cui avviene la risposta).3
Non possiamo educare alla grazia, in quanto dono gratuito, atto di amore che discende sull’uomo da Dio.
Ma la libertà è educabile. L’attenzione educativa è posta allora sulla receptio, sulla capacità della persona di
rispondere a questa richiesta di amicizia, di accoglierla per essere via attraverso la quale potenziare la
propria umanità; educare ad una scelta consapevole e matura, che è in grado di trasformare la vita per
divenire ‘uomini nuovi’, per ‘rinascere dall’alto’ (Gv 3,3).
Ne va della realizzazione piena della nostra persona, protesa verso la santità, perché come sosteneva lo
scrittore francese Georges Bernanos, i santi non sono dei superuomini o degli eroi, ma solo delle persone
che hanno raggiunto un livello superiore di umanità, per divenire sempre più simili al loro modello, Gesù
Cristo, colui che è stato perfettamente uomo. Persone che hanno acquisito degli atteggiamenti verso di sé,
verso gli altri, verso Dio, liberi e autentici, aperti e appassionati.
L’atto di evangelizzazione non può prescindere dalla dimensione umana, con tutto quello che ne consegue.
Sintesi perfetta di quanto scriviamo è l’affermazione del Direttorio Generale della Catechesi ‘evangelizzare
educando, educare evangelizzando’ (n. 147). Educare la persona vuol dire assumerla in tutta la sua
complessità, totalità, pensieri e azioni, valori e motivazioni, luci e tenebre, con l’obiettivo di attivare in lei
dei cambiamenti, dei comportamenti conformi alla realtà che essa incarna. È la consapevolezza che non
basta conoscere un concetto per incarnarlo in gesti, azioni, atteggiamenti. L’obiettivo è realizzare un vero e
proprio habitus cristiano (espressione già usata da San Tommaso), persone in grado di esprimere quelle
virtù proprie della nostra fede in uno stile globale di vita.
Tutto questo mette in gioco più livelli della persona:

la dimensione cognitiva

la dimensione affettiva

la dimensione morale, valoriale (coscienza e sistema motivazionale)
Un certo numero di riflessioni evidenziano come il percorso della fede nella persona avviene
dentro i dinamismi della persona stessa. […] Le operazioni psicosociali interessate sono
definite: il campo motivazionale, l’insieme della memoria biografica, i livelli di sviluppo dell’io,
il rapporto tra proposta e compiti evolutivi della persona stessa.4
3
R. Tonelli, Abilitare alla fede-speranza-carità, atteggiamenti fondamentali dell'esistenza cristiana, in Note
di Pastorale Giovanile, 76-7/9-95.
4
L. Meddi, Catechesi e persona in prospettiva educativa, in Catechesi, gennaio-febbraio 2011-2012, n.3,
anno 81, pag. 8.
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
4
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
La sfida che ci poniamo è quella di uscire da una catechesi contenuto-centrica, dove l’attenzione è posta
solo su come mediare al meglio un contenuto e per cui sull’oggetto da comunicare in modo simpatico e
piacevole, per passare ad un percorso che si prenda cura del soggetto in cammino, in base alla sua età e
alle abilità e competenze da sviluppare.
Una via da non trascurare nella evangelizzazione è quella dell'insegnamento catechetico. […]
Che questo insegnamento debba essere impartito per formare abitudini di vita cristiana e non
per rimanere solamente intellettuale, nessuno lo contesterà. […] I metodi dovranno essere
adattati all'età, alla cultura, alla capacità delle persone, nella costante ricerca di fissare nella
memoria, nella intelligenza e nel cuore le verità essenziali che dovranno impregnare la vita
intera5.
CHI SONO I RAGAZZI
11-13 anni
Identità
Gestire un corpo che cresce e si trasforma.
Maturazione sessuale.
Voglia e paura di crescere: momenti di regressione.
Bisogno di autonomia e libertà
Relazioni
Il gruppo degli amici: nuovo punto di riferimento.
Rapporto conflittuale con i genitori.
Conoscenza
A motivo dello sviluppo del pensiero formale, impara a
formare concetti più astratti e più esatti a classificarli in
categorie.
Capacità di interiorizzazione
Impara a considerare i suoi pensieri e i suoi sentimenti
come prodotto di un’attività soggettiva interiore e non li
vede più come rappresentazione della realtà oggettiva. In
questo modo è in grado di distinguere fra il pensiero e l a
percezione, tra il credere e il sapere.
Domande di senso
5
Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, n. 44.
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
5
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
Riemergono nuove domande di senso
Concezioni religiose
Dipendenza dal gruppo di riferimento (gruppo
parrocchiale ecc.)
Presenza di conformismo ma anche progressivo distacco
dai modelli trasmessi dall’educazione religiosa.
Esperienze centrali
Amicizia: bisogno di appartenenza e di identificazione.
Identità sessuale: essere grandi-essere ancora piccoli.
Industriosità e stasi. Gestione degli impulsi: tra violenza e
tenerezza.
Prime esperienze di amore.
Soffermiamoci su qualche aspetto indicato riportato sopra in tabella.
IL GRUPPO DEI PARI
Il gruppo dei pari assolve una funzione primaria: quella di alter ego con cui rispecchiarsi. Sono gommoni di
salvataggio per dargli sicurezza ed affrontare il mare aperto. Gli permettono di confrontarsi e capire cosa gli
sta accadendo.
Perché a volte si tratta di amici che prima non avrebbe tenuto in considerazione e che possono apparire
poco raccomandabili: perché gli consegnano pezzi di vita che desidera conoscere, l’amico agisce una parte
del sé che lui non può sperimentare (fare tardi la sera, come ci si comporta con una ragazza,…).
Più attacchiamo i suoi amici più li difenderà, e di conseguenza ridurrà la sua capacità di discernimento. ‘E’
stato quel cretino di Luca a farti fumare!’. In questo modo si attaccherà ancora di più al gruppo fino a
diventarne succube.
Meglio attaccare il comportamento ‘questo comportamento è sbagliato..’, oppure ‘questo comportamento
non è da te…’ per comunicargli che lui è molto di più.
I MUTAMENTI DEL CORPO
Fanno sentire continuamente i ragazzi in o out, tagliati fuori, su ogni particolare si possono sentire
trionfanti o addolorati. L’abbigliamento poi diviene un estensione del corpo e si pasa tempo a parlarne. Sul
corpo investe molto sia per esaltarsi che per denigrarsi.
Ruolo dell’educatore: essere bravi a mantenere uno sguardo intero sul ragazo e non giudicarlo per alcune
scelte: orecchino, cresta,… non è quell’elemento che lo renderà infelice. Saper apprezzare e comunicare lo
sviluppo corporeo, per aiutarli a vedersi in modo positivo.
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
6
EVANGELIZZARE I RAGAZZI
MATURAZIONE SESSUALE
Area di paure, attese, desideri. Due accorgimenti:
1 – stare vicini al ragazzo non implica fare discorsi su massimi sistemi o raccontare della propria vita
sessuale. È interessarsi al suo mondo in modo semplice, come sostegno all’esperienza che si vive.
2- i discorsi sulla sessualità ne hanno fatti e sentiti molti a quest’età. Ci sono parole che si possono però
pronunciare serenamente e che non sono passate di moda: il controllo, l’attesa, la rinuncia. Si tratta di
atteggiamenti base dell’intelligenza interpersonale e intrapersonale. Il non restare centrati su di sé, non
conoscere veramente l’altro, il non togliere all’altro dignità, non ingigantite i propri bisogni… sono cose
importanti da dire anche ai più grandi, senza pretesa di essere obbediti ma per lasciare che interiorizzino
degli argini che poi scopriranno essere preziosi.
IL DISTACCO
Si tratta di ridefinire le distanze: prendere le distanze dall’infanzia e dai rapporti come prima erano
configurati in famiglia e negli altri ambienti di crescita.
E’ un percorso di accompagnamento alla partenza, senza vivere tutto con la paura del distacco, di un
tradimento, di un misconoscimento,…
Alcuni atteggiamenti da poter avere:
1- Accogliere i sentimenti: quando l’altro ci manifesta il suo mondo interiore va accolto e ascoltato più
che giudicato. Magari può non corrispondere pienamente alle mie aspettative di educatore, ai miei
modelli, ma il rischio è di etichettare degli atteggiamenti senza mettersi in reale ascolto dell’altro.
2- La fiducia: le scelte sono sempre del ragazzo per quanto gli adulti possano influenzarlo, indirizzarlo,
esigere da lui. Dare fiducia alle sue scelte non vuol dire che farà sempre cose giuste, ma dà la
possibilità che lui torni indietro. Semmai è aiutare il ragazzo a comprendere che la fiducia non è non
dover rendere conto a nessuno; anche marito e moglie avvisano e informano su quello che fanno e
sulle variazioni di programma. Non è un atto di fede astratto ma si cala nella relazione, è circolare.
BIBLIOGRAFIA
S. Adani, F. Carletti, F. Gori, A.M. Lusuardi, I laboratori della fede – Percorsi di
evangelizzazione per ragazzi 11-16, Paoline 2014
F. Carletti, E. Gatti, D. Simonelli, 1+1=3 La matematica dell’amore, Paoline 2012
L. Meddi, A.M. D’Angelo, I nostri ragazzi e la fede, Cittadella, 2010
AAVV, Iniziazione cristiana per nativi digitali, Orientamenti socio-pedagogici e
catechistici, Paoline, 2012
M. Zattoni Gillini, Ragazzi sulla soglia – conoscere la prima adolescenza – sussidi
per catechisti, Paoline 2000
Per info e contatti: www.creativ.it; www.creativformazione.it
7