Due anni di Fondo Famiglia-Lavoro

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Due anni di Fondo Famiglia-Lavoro
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N. 04 APRILE 2011
foglio speciale di informazione parrocchiale
LASANCOMUNITA
PIETRO IN SALA
Don Sante Torretta, parroco Tel. 02.36581957
Cell. 340.1582168
www.sanpietroinsala.it
Orario delle Messe:
Don Domenico Storri
Tel. 002.4986369
Cell. 348.3641281
Don Giorgio Alitta
Tel. 002.4986381
Diac. Antonio Fioroni
Tel. 02.48015425
feriali: 8 - 9 - 18 - 19 / sabato e vigilie: 8 - 9 - 18 / festivi: 8,30 - 10 - 11 - 12 - 18
luglio e agosto: feriali 8 - 18 / festivi: 8,30 - 10 (sospesa in agosto) - 11-18
Celebriamo il Triduo
per unirci a Gesù
Carissimi, mentre la Pasqua si avvicina provo tre sentimenti: il primo è il rinnovamento del nostro spirito in armonia con quello della natura. Forse non tutti sanno che la Pasqua cambia di
data ogni anno perché si celebra nella prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera.
In secondo luogo provo riconoscenza per la formazione ricevuta e l’esperienza delle celebrazioni pasquali nel periodo del seminario. Ritornavamo nelle nostre parrocchie il mattino di Pasqua dopo aver celebrato il Triduo in forma solenne, in latino e con il canto liturgico ambrosiano. Pur stonatissimo ho però nella mente l’atmosfera cupa che si trasmetteva con il canto
del Passio e quella gioiosa, quasi un “ricamo”, dell’Exultet, il canto del Preconio pasquale con
il quale si iniziava la Veglia per attendere il Signore risorto. Sento il rammarico per la distanza
che è sempre esistita tra le celebrazioni fatte in seminario e quelle realizzate in parrocchia ma
nello stesso tempo, soprattutto da parroco, provo la gioia e la responsabilità di sentirmi guida
del popolo che celebra i misteri della salvezza realizzata da Gesù.
Il terzo sentimento consiste nel dispiacere di sapere che tanti cristiani non celebrano per intero
questi tre giorni santi neppure una volta nella vita. Purtroppo il riposo, gli svaghi, il turismo
vengono prima e non si pensa che, come a Natale, le vacanze ci sono proprio per poter fare le
celebrazioni religiose.
Concludo con l’augurio che ciascuno approfitti di questa Pasqua per immergersi nel clima del
“memoriale” che rappresenta la possibilità di sentirsi contemporanei ai sentimenti, desideri e
passioni che Gesù aveva nel cuore quando si è offerto in Croce per salvarci e quando poi è risorto.
don Sante
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Di là dal deserto il tuo Dio vuole condurti
Un inno di Quaresima della comunità dei monaci di Bose, la comunità fondata da Enzo Bianchi, così canta:
“Ascolta e ricorda Israele
Dio ti guida al deserto
è lui che con braccio potente
ha aperto nel mare una strada ai tuoi passi.
Tralascia gli appoggi di un tempo
trova in Dio la pace
è lui che ti prova nel fuoco
perché nel suo nome sia saldo il tuo cuore.
Di là dal deserto il tuo Dio
vuole condurti al riposo
per lui segno eterno sarà
il sangue versato per quella notte.
Riprendi il cammino Israele
verso il regno promesso
su te per lo Spirito splende
la gloria del Figlio che scende dal Padre.”
La Quaresima, tempo favorevole della salvezza, è il tempo in cui ci viene chiesto il coraggio
di partire, come Abramo, lasciando le nostre certezze, le nostre sicurezze costruite sui puntelli
della nostra fragilità per incamminarci verso la
roccia che salva e che garantisce una stabilità di
vita. Siamo pronti a lasciare le sicurezze, le garanzie, i fondamenti sui quali poggia la nostra
vita? Per ricevere “la terra che ti indicherò”. Ancora una volta la conversione del cuore alla quale siamo chiamati, che ci viene richiesta, è quella della fiducia, del fidarci, dell’affidarci. Lasciare qualcosa di certo per camminare attraverso il deserto verso il dono di Dio.
E il dono che Dio mi fa è innanzitutto quello di
me a me stesso. Fin dall’apparire dell’uomo sulla faccia della terra la quasi totalità degli esseri
umani ha vissuto solo cercando di passare da un
giorno all’altro senza sapere il motivo della vita. Chiedersi chi si è, perché siamo su questa terra, in questo luogo ed in questo tempo non è u-
na fantasia da poeti, una perdita di tempo per filosofi o sfaccendati intellettuali. Saper chi si è
l’unica condizione per rendere utile la vita, per
lasciare un segno.
Ma sapere che cosa sei tu significa mettersi in
cammino attraverso il deserto.
Non basta il passeggiargli accanto, continuamente ripetendosi che abbiamo bisogno di
“staccare la spina”, di silenzio, di pace, di solitudine, occorre prendere il coraggio di incamminarci dentro il deserto. Soffrire il caldo, la
scarsità d’acqua, i pericoli delle tempeste di sabbia e dello smarrirsi.
Ma al termine di questo cammino saremo noi
stessi, avremo una discendenza ed il nostro nome resterà come segno di benedizione fra i popoli. Dio non si lascia battere da nessuno in generosità! Il premio che Lui promette per una piccola fatica è immenso, senza misura.
La ricchezza, il quieto vivere, la sicurezza economica hanno tolto all’uomo la voglia e il coraggio di mettersi in viaggio, di uscire da casa
propria, di affrontare il deserto senza neppure
sapere dove era la meta. Adesso dopo l’uomo
scimmia, l’homo erectus, l’homo socialis, siamo arrivati all’homo economicus cioè all’uomo
che è e vale solo per quanto possiede.
Guardiamo gli stessi Apostoli, testardi nelle loro posizioni, nel loro carattere, eppure sono partiti, lasciando se stessi e incamminandosi; e alla
fine? Alla fine il miracolo, lo stupore, la meraviglia di incontrare Dio. di lasciarlo entrare nella loro banale quotidianità ed aprirla ad un orizzonte nuovo.
La fatica di uscire dal loro villaggio, che hanno
fatto gli apostoli, e prima di loro la fatica di lasciare padre, casa, terra., come fu per Abramo è
possibile solo se ci si fida ciecamente di Colui
che ci chiede di fare questo. Il premio è immenso ed è già sperimentabile in questa vita.
don Carlo Nazzari
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Due anni di Fondo Famiglia-Lavoro
La notte di Natale del 2008, in
piena crisi economica, il nostro
Arcivescovo annunciò l’istituzione di un Fondo Famiglia-Lavoro come strumento di sostegno concreto della diocesi ambrosiana alle persone e alle famiglie in difficoltà per la perdita
dell’occupazione. Subito l’iniziativa ebbe grande eco sulla
stampa nazionale e costituì un esempio di intervento anche per
altre diocesi, non solo italiane.
Il Fondo, istituito ufficialmente
il 23 gennaio 2009, con una donazione iniziale di 1 milione di
euro del cardinale Tettamanzi,
ha raggiunto al 12 febbraio 2011
(ultimo bilancio ufficiale) la
quota 11,5 milioni di euro grazie
ai 2 milioni complessivi donati
dalla Fondazione Cariplo e al
frutto di 5320 donazioni di privati cittadini e parrocchie. Nell’ultimo periodo natalizio c’è stato
un buon incremento nelle offerte forse per il forte “rilancio” voluto dall’Arcivescovo che, tra
l’altro, aveva dato l’esempio mettendo all’asta
la sua collezione di presepi arricchitasi notevolmente nel corso degli anni. E’ da precisare che il
Fondo si rivolge a chi abita nel territorio della
diocesi e privilegia coloro che, avendo perso il
posto di lavoro, non godono di ammortizzatori
sociali sufficienti o di altre sovvenzioni pubbliche o private. Ma il cardinale Tettamanzi ha sempre sottolineato anche la finalità educativa del
Fondo stesso rispetto ai temi della sobrietà e della solidarietà: da qui è nata, tra l’altro, la sua sollecitazione alle aziende di rinunciare quest’anno
a fare regali natalizi per devolvere la somma equivalente come donazione. I contributi (sempre
al 12 febbraio 2011) sono stati erogati a 5.206
famiglie di cui 2.313 italiane, pari al 45% del totale, e 2.893 straniere, pari al restante 55%.
Il 95,2% ha figli e il 73,2% un reddito inferiore
a 750 euro al mese e i capifamiglia svolgono so-
prattutto la professione di operaio generico. Bisogna sottolineare che il Fondo funziona grazie alla professionalità degli operatori e all’impegno di oltre
600 volontari della Caritas e dei
circoli Acli che sono capillarmente distribuiti su tutto il territorio della Diocesi. Anche la
nostra parrocchia ha “lanciato”
per tre volte una raccolta per finanziare il Fondo: subito dopo
la sua istituzione nel 2009, ancora nel 2010 e poi lo scorso
mese di febbraio e la somma
complessivamente
raccolta
sfiora i 9.500 euro. Da parte sua
la Diocesi ha accolto tutte e cinque le domande presentate dalla nostra parrocchia per aiutare
cinque nostri parrocchiani che
avevano i requisiti richiesti,
contribuendo per un totale di 8.000 euro.
Questa panoramica sul bilancio del Fondo, a poco più di due anni dalla sua istituzione, è stata
presentata a Milano il 12 febbraio 2011 presso il
Centro congressi della Fondazione Cariplo.
Intervenendo il cardinale Tettamanzi ha affermato tra l’altro: “Se la crisi a Milano ha colpito pesantemente le famiglie non sono affatto mancate
le risposte generose, fantasiose e creative che ci
hanno dimostrato che alla crisi è possibile rispondere”. Secondo l’Arcivescovo è importante
“leggere e comprendere attentamente il momento che stiamo vivendo”.
Proprio nell’ottica di superare la crisi, infatti, serve “discernimento nel cogliere opportunità e rischi comuni al momento presente, concretezza
nell’individuare le soluzioni praticabili; ricostruzione di sempre nuovi percorsi di riconciliazione e fraternità; sguardo lungimirante, profondo,
aperto al futuro. Sono queste le quattro vie da
percorrere per poter uscire dall’attuale condizione di smarrimento”.
Mariagrazia Gorni Falchetti
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Più forti dell’odio: i monaci di Tibhirine
Riproponiamo questo articolo di don Enrico scritto qualche anno fa ma di grande attualità per l’interesse che ha suscitato il film “UOMINI di DIO”
che parla proprio dei sette monaci martiri.
Frère Christian era il priore del monastero trappista di Notre-Dame de l’Atlas in Algeria. Insieme a
sei suoi confratelli fu rapito da fondamentalisti islamici il 26 marzo 1996, e il successivo 21 maggio furono tutti sgozzati.
Gli eventi succedutisi in questi anni li hanno resi
un attualissimo appello a proseguire con tenacia
sulla via del dialogo e del rifiuto di qualsiasi scontro di civiltà o di religioni. La sofferenza fino alla
morte, accettata nell’amore anche per il nemico, è
l’estremo rifiuto della logica dell’inimicizia, l’unico atto che può porre fine alla catena delle rivalse e delle vendette.
Qui di seguito traccio una breve presentazione dei
sette monaci martiri.
Frère Christian de Chergé, priore della comunità, aveva 59 anni ed era monaco dal 1969. Figlio
di un generale, aveva svolto un mese di servizio
militare in Algeria durante la guerra per l’indipendenza. Dopo gli studi presso i carmelitani, diventa
cappellano della basilica del Sacro Cuore di Montmartre a Parigi, ma subito entra nel monastero cistercense di Aiguebelle, da dove raggiunge Tibhirine nel 1971.
Frère Luc Dochier aveva 82 anni ed era monaco
dal 1941. Dal 1947 mette in pratica la sua preparazione di medico in Algeria curando tutti gratuitamente a Tibhirine. Nel luglio 1959 era già stato
rapito dai membri del Fronte di Liberazione Nazionale.
Frère Christophe Lebreton aveva 45 anni ed era
monaco dal 1974. Settimo di 12 figli, svolge il servizio civile nella cooperazione in Algeria. A 24 anni entra nel monastero di Tamié, ma è innamorato
della terra algerina nella quale giunge nel 1987.
Viene ordinato prete nel 1990 e diventa maestro
dei novizi della comunità.
Frère Bruno Lemarchand aveva 66 anni, era monaco dal 1981 e si trovava in Algeria e Marocco
dal 1990. Era stato per 14 anni direttore del collegio Saint-Charles di Thouars (Deux-Sèvres). Figlio di un militare, nell’infanzia aveva soggiornato in Indocina e in Algeria. Soltanto per caso il 26
marzo 1996 si trovava a Tibhirine, ove era giunto
per partecipare alle votazioni per il rinnovo della
carica di priore. Dal 1990 era animatore della fraternità che la comunità aveva aperto a Fès in Marocco.
Frère Michel Fleury aveva 52 anni, Nato da una
famiglia contadina della Loire-Atlantique, era entrato nella congregazione del Prado a 27 anni e aveva lavorato come fresatore a Lione e a Marsiglia, prima di entrare nel 1981 nell’abbazia di Bellefontaine. Da lì nel 1985 giunge a Tibhirine, dove era cuoco della comunità e l’uomo dei lavori
domestici.
Frère Célestin Ringeard aveva 62 anni ed era arrivato in Algeria nel 1987. Due esperienze preparano la sua vocazione monastica. Prima la guerra
di Algeria nel corso della quale, come infermiere,
cura un partigiano ferito che l’esercito francese avrebbe voluto uccidere. Poi un lavoro di educatore di strada a Nantes, in mezzo ad alcolizzati, prostitute e omosessuali. Diventa prete diocesano ed
entra nella trappa nel 1983.
Frère Paul Favre-Miville aveva 57 anni ed era
giunto in Algeria nel 1989. Prima di diventare monaco nel 1984 era stato idraulico e aveva fatto il
militare in Algeria come ufficiale paracadutista. A
Tibhirine è l’uomo che mette in funzione gli impianti per l’irrigazione degli orti. Nel marzo 1986
era appena rientrato da una sosta in famiglia, portando con sé una scorta di vanghe e di giovani faggi da piantare. Tibhirine infatti significa giardino.
A Natale del 1993 il monastero è oggetto di un’incursione del Gia (Gruppo islamico armato); così i
monaci sono obbligati a valutare la propria decisione: restare o partire? Scelgono di rimanere, perché sono consapevoli di una chiamata interiore,
perché vogliono continuare ad essere solidali con
il popolo algerino, perché vogliono mantenere la
comunione con la Chiesa algerina.
I monaci di Tibhirine hanno offerto la loro vita nella speranza di un’Algeria rappacificata, di un dialogo costruttivo tra credenti, dell’autentico culto
gradito a Dio.
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don Enrico