Mondo Missio n. 12 - Collaborazione Pastorale di Paese
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Mondo Missio n. 12 - Collaborazione Pastorale di Paese
________________________________________MONDIALITA’ MONDO MISSIO AFRICA IL CULTO DEGLI ANTENATI: IL GIUSTO SE NE VA LA’ DOVE LA VITA E’ DEFINITIVAMENTE LIBERTA’ Un elemento importante nella cultura africana è il contatto con gli antenati. In Africa non basta essere un defunto per avere il titolo di antenato. L’antenato autentico è colui che ha adempito onestamente i suoi doveri di uomo, e soprattutto colui che, dopo aver trasmesso la vita, se ne è reso pienamente responsabile fino alla fine, attraverso l’educazione della prole ed una condotta esemplare nella società. La morte non è vista come un incidente improvviso. Il modo stesso in cui uno si prepara ad affrontarla ha un’importanza determinante per la sua qualifica o meno di antenato. Per meritare d’essere annoverato tra gli antenati, una persona deve “ vivere” la morte come coronamento d’una vita spesa nell’onestà, con coraggio e perseveranza. L’omaggio reso ad un tale defunto celebra non la morte come tale, bensì la vita che in lui ha vinto definitivamente la morte. Ecco perché, invece di parlare di culto dei morti, è più corretto parlare di “culto dei viventi invisibili”. Per l’Africano la vita non termina con la morte corporale, ma continua per sempre. La sua “invisibilità” non lo rende né meno vera né meno intensa di quella vissuta nella comunità dei vivi. Nella lingua kingongo (Congo), ad esempio, il termine bakulu non significa soltanto “ anziani trapassati” ma “persone complete” colme di virtù, divenute antenati per l’esemplarità della loro vita terrena giunta felicemente al termine. Tra gli antenati (invisibili) e la comunità (visibile) dei vivi esiste una comunione vitale che si esprime in mille modI e in forme disparate: biologico, spirituale, etico, sociopsicologico, teologico…La relazione con gli antenati, dunque non si riduce alla sola dimensione fisico-biologica e temporale, ma si dispiega in un’infinità di altri aspetti, tanto numerosi quante sono le possibili espressioni di vita, di comunione e di presenza intima tra le persone. Ed è per questo che qualsiasi approccio antropologico alla cultura africana deve tenere presente questo attaccamento agli antenati. Essi incarnano gli ideali etici a livello individuale, familiare e sociale e garantiscono la certezza della serena fiducia nell’aldilà, dove la pienezza di vita è realizzata in Dio. Uccidere la memoria degli antenati o non tenerne conto significa minare l’equilibrio dell’edificio religioso dell’africano e disgregare la sua personalità. Significa distruggere l’amore entusiasta e responsabile per la vita. Significa inaugurare il regime dittatoriale dell’angoscia, tanto prima che dopo la morte. Per l’africano l’attaccamento alla vita – inseparabile dall’attaccamento agli antenati – sta alla base del suo senso di rispetto verso tutto ciò che vive e del suo gusto per l’esistenza ed è il principale rimedio contro l’angoscia. Gli consente di affrontare la morte con sorprendente serenità, perché è convinto che il giusto (“wele ku tuzingilanga”) se ne va là dove la vita è definitivamente libertà”.(Agenzia Misna) per saperne di più, consultare i siti www.fides.org oppure www.misna.org n. 12 - dicembre 2012 Gruppo Missionario della Collaborazione Pastorale di Paese VATICANO IL MESSAGGIO FINALE DAL SINODO DEI VESCOVI: “LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE È ESSENZIALMENTE CONNESSA CON LA MISSIONE AD GENTES” Accompagnare con un’appropriata catechesi la preparazione al Battesimo, alla Cresima e all’Eucaristia; “pregare lo Spirito Santo affinché susciti nella Chiesa un rinnovato dinamismo missionario i cui protagonisti siano, in modo speciale, gli operatori pastorali e i fedeli laici”; mettere a frutto la creatività pastorale per avvicinare le persone che si sono allontanate dalla fede o sono in ricerca del senso della vita: sono le tre “linee pastorali” che il Santo Padre ha sottolineato nella conclusione del Sinodo dei Vescovi sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Riguardo in particolare al fatto che la nuova evangelizzazione sia “essenzialmente connessa con la missione ad gentes”, il Papa ha ricordato: “La Chiesa ha il compito di evangelizzare, di annunciare il Messaggio di salvezza agli uomini che tuttora non conoscono Gesù Cristo. Anche nel corso delle riflessioni sinodali è stato sottolineato che esistono tanti ambienti in Africa, in Asia e in Oceania i cui abitanti aspettano con viva attesa, talvolta senza esserne pienamente coscienti, il primo annuncio del Vangelo. Pertanto occorre pregare lo Spirito Santo affinché susciti nella Chiesa un rinnovato dinamismo missionario i cui protagonisti siano, in modo speciale, gli operatori pastorali e i fedeli laici. La globalizzazione ha causato un notevole spostamento di popolazioni; pertanto, il primo annuncio si impone anche nei Paesi di antica evangelizzazione. Tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo; e a ciò corrisponde il dovere dei cristiani – sacerdoti, religiosi e laici –, di annunciare la Buona Notizia.” Infine, nel corso dei lavori sinodali è emerso che in tutti i continenti vivono persone battezzate, che però non vivono secondo le esigenze del Battesimo. “La Chiesa ha un’attenzione particolare verso di loro – ha sottolineato il Pontefice - affinché incontrino nuovamente Gesù Cristo, riscoprano la gioia della fede e ritornino alla pratica religiosa nella comunità dei fedeli. Oltre ai metodi pastorali tradizionali, sempre validi, la Chiesa cerca di adoperare anche metodi nuovi, curando pure nuovi linguaggi, appropriati alle differenti culture del mondo, proponendo la verità di Cristo con un atteggiamento di dialogo e di amicizia che ha fondamento in Dio che è Amore. In varie parti del mondo, la Chiesa ha già intrapreso tale cammino di creatività pastorale, per avvicinare le persone allontanate o in ricerca del senso della vita, della felicità e, in definitiva, di Dio. (Agenzia Fides) _______________________________ L’APPROFONDIMENTO DEL MESE ALGERIA “L’AMICIZIA È LA CHIAVE PER VINCERE LE PAURE RECIPROCHE TRA CRISTIANI E MUSULMANI” “Occorre informarsi, e non prendere tutto quello che viene proposto dalla stampa e dalla televisione come una rappresentazione reale del mondo musulmano. Si mostrano solo i lati negativi ed invece è importante avere un’informazione obiettiva su quello che avviene nei Paesi islamici” dice Mons. Claude Rault, Vescovo di Laghouat. “Sono solo di passaggio a Roma, ma noto che ogni volta che torno in Europa c’è molta ignoranza in entrambe le comunità, cristiana e mussulmana, che alimenta la paura reciproca. Occorre invece andare incontro all’altro per creare legami di amicizia, e attraverso questi potrà formarsi un’altra immagine dell’altro”. Continua il Vescovo: “Vivo in Algeria dal 1970 e posso dire che godo di un clima di sincera amicizia che mi ha permesso di placare le paure tra le due comunità. Abbiamo un ottimo rapporto con la popolazione locale che dura da decenni. Si nota una tendenza islamista, molto marginale in rapporto all’insieme della popolazione”. La diocesi di Laghouat comprende tutta la parte sahariana dell’Algeria, confinando con il Mali, il Niger, la Mauritania, il Marocco, la Libia e il sud della Tunisia, oltre che con il Sahara occidentale. Nel territorio della diocesi rientra pure Tindouf, nei cui campi vivono 150.000 rifugiati sahrawi da più di 30 anni La comunità cattolica è composta da 100-150 comunità di persone, distribuite su un territorio di due milioni di km2, per una popolazione complessiva di circa 4 milioni di abitanti. “La presenza cattolica - spiega Mons. Rault - è formata da piccole comunità che vanno da un piccolo convento con tre religiose o religiosi ad una comunità al massimo di una trentina di persone. Le nostre relazioni sono sempre in funzione del mondo musulmano che ci accoglie. Le nostre religiose ad esempio, insieme a donne algerine musulmane, sono impegnate in una serie di attività a favore delle donne: dai corsi di cucito e ricamo alle attività a favore delle famiglie dove sono presenti persone handicappate. Aiutiamo alcune associazioni nella creazione di asili”. “I religiosi gestiscono alcune biblioteche: una grande biblioteca di studio sul Sahara, frequentata da ricercatori, e due biblioteche che prestano libri agli studenti, ai quali offriamo pure un aiuto linguistico in francese, inglese, italiano e spagnolo” afferma Mons. Rault. “La figura di Charles de Foucauld è ancora ben presente nel Sahara – prosegue il Vescovo -. Ci sono diverse comunità contemplative che vivono ottime relazioni con gli algerini”. Queste comunità sono state segnate dalla tragedia dei 7 monaci trucidati a Tibhirine nel 1996. “Non si può separare la tragedia dei monaci di Tibhirine da quello è successo in Algeria in quel tempo” afferma Mons. Rault. “L’Algeria ha sofferto moltissimo per una guerra fratricida durata 10 anni. In questo periodo vi sono stati circa 150.000 morti. Non possiamo dimenticare questi morti quando si parla dei monaci di Tibhirine. Si dimentica spesso che anche 93 Imam sono stati assassinati perché si opponevano alla violenza, così come una settantina di giornalisti. Fortunatamente siamo usciti da questa tragedia e bisogna riconoscere che il Presidente Bouteflika ha fatto molto per fermare la violenza e ridare al Paese una pace reale” conclude il Vescovo. (Agenzia Fides ) PERU’ CAFFÈ E CACAO, ALTERNATIVE ALLA FOGLIA DI COCA Caffè, cacao e altre “colture alternative” nell’arco di 15 anni hanno soppiantato 80.000 ettari di piantagioni di foglia di coca, grazie agli agricoltori che hanno abbandonato le attività illegali e a quelli che ne hanno evitato l’espansione. Secondo Mario Ríos, della ‘Commissione nazionale per lo sviluppo e la vita senza droga’ (Devida), sono 130.000 le famiglie che beneficiano oggi dello sviluppo agricolo alternativo: una strategia che in diverse regioni contribuisce a evitare l’invasione di stupefacenti nonché la contaminazione di terra e acqua causata dagli agenti chimici utilizzati per la loro produzione. Il Perù resta il secondo produttore mondiale di foglia di coca con piantagioni che coprono 62.500 ettari, avvicinandosi ai 64.400 ettari che conta la Colombia. (Agenzia Misna) PALESTINA SUORE AL FIANCO DEI CIVILI “VITTIME INNOCENTI” Così scrivono le Suore missionarie del Verbo Incarnato, che nella parrocchia della Sacra Famiglia gestiscono una struttura per mamme e bambini bisognosi della piccola comunità cristiana di Gaza. “Da sabato scorso stiamo vivendo momenti di tensione a Gaza, e la situazione è ulteriormente peggiorata da mercoledì 14 novembre. Attacchi e rappresaglie sono stati praticamente continui. Si sono interrotte le attività quotidiane. Gli uffici sono vuoti e i negozi sono chiusi, la gente è stremata. Se prima erano i fedeli cristiani a chiederci se – in situazioni di pericolo – volessimo andare a casa loro per maggior sicurezza, adesso ci chiedono se possono dormire in parrocchia, nel caso in cui l’offensiva si protragga. Uno di loro, ha detto ai due sacerdoti e a noi suore missionarie: “Per favore restate. Se andate via anche voi, chi si interesserà a noi e cosa ci accadrà?” (Agenzia Misna) LIBIA MALTRATTAMENTI CONTRO I MIGRANTI Nell’ultimo anno, dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi, in Libia le condizioni di vita dei migranti irregolari non soltanto non sono migliorate, ma in molti casi si è assistito a un netto peggioramento. E’ quanto si evince da un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International che tra maggio e settembre di quest’anno ha potuto visitare nove centri di detenzione dove sono trattenuti circa 2700 persone, per lo più originarie dell’africa sub-sahariana. Ciononostante, in Libia continuano ad arrivare migliaia di migranti che dopo aver fatto base a Kufra o a Sabha (rispettivamente nel sud-est e nel sud-ovest del paese) si spingono verso nord, tentando in alcuni casi la traversata del Mediterraneo. Tra di loro ci sono persone in fuga da conflitti e da situazioni di estrema povertà che hanno i requisiti per potere chiedere asilo e assumere quindi lo status di rifugiato, aspettativa che non riusciranno mai a soddisfare (Agenzia Misna)