Leggi tutto - Circolo Giorgio La Pira

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Il rabbino racconta: «Con La Pira ho pregato sulla tomba di Abramo»
Dal n. 24 del 20 giugno 2004
di Riccardo Bigi
«Ero uno studente dell’università di Gerusalemme, quando mio padre mi portò a pregare sulla tomba del
patriarca Abramo insieme ad altri ragazzi cristiani e palestinesi. Sul momento non capii molto quel gesto, ma
col passare degli anni ne ho apprezzato il grande valore simbolico e profetico».
A raccontare è il rabbino capo di Firenze, Joseph Levi: uno strano filo ha portato a guidare la comunità
ebraica di Firenze proprio lui, uno dei pochi israeliani che 37 anni fa partecipò, a Hebron, alla preghiera
organizzata da Giorgio La Pira per l’unità della «famiglia di Abramo».
Parlando del «sindaco santo» si ricordano spesso i suoi viaggi a Mosca, le «profezie avverate» sulla fine del
regime sovietico e dell’ateismo di stato. Ma c’è un altra intuizione lapiriana, un’altra idea forte che ancora
non si è avverata e che anzi ci si pone davanti, oggi, in tutta la sua drammatica attualità. È l’idea che non ci
potrà essere pace nel mondo finché non ci sarà pace tra cristiani, ebrei, musulmani. «Il punto critico della
storia attuale, punto di pace o di guerra, di salvezza o di rovina - scrive, nel 1957, in una delle sue lettere alle
suore di clausura - è oggi proprio, in certo senso, Gerusalemme. Perché il Medio Oriente è oggi, in certo
modo, il centro di gravitazione attorno al quale si muove la storia politica del mondo: la pace o la discordia di
Gerusalemme sono, e saranno sempre più, i sintomi rivelatori della pace o della discordia delle nazioni».
Gerusalemme, città santa degli ebrei, dei cristiani, degli arabi, è per La Pira la città in cui dovrà nascere la
pace della «triplice famiglia di Abramo».
Al dialogo tra le tre grandi religioni La Pira dedicò molti sforzi. Il punto di partenza fu una visita del re del
Marocco Maometto V a Firenze. Racconta ancora La Pira alle suore, le sue più care confidenti: «“I problemi
mediterranei sono solidali e necessitano di una soluzione unica, solidale; chiami tutti i popoli mediterranei a
Firenze”, mi disse, nel 1957, Maometto V sul piazzale Michelangelo, guardando con occhio contemplativo, e
quasi profetico, la bellezza liberante, pacificante ed unitiva di Firenze». Pochi mesi dopo La Pira si recò in
Marocco, per ricambiare la visita. E il 17 settembre di quell’anno accompagnò il principe ereditario Hassan II
alla Verna per ricambiare, disse, la visita di pace che San Francesco aveva fatto al Sultano al tempo delle
Crociate.
Dal dicembre del 1957 all’epifania del 1958 La Pira fece un lungo pellegrinaggio a Betlemme, Hebron,
Gerusalemme, e poi in Giordania e in Egitto: un viaggio che alternò momenti di preghiera a incontri
diplomatici ai più alti livelli, nel tentativo di aprire canali di dialogo tra Israele e i paesi arabi. Nel 1958, poi,
presero avvio i «Colloqui mediterranei», la risposta all’appello del re del Marocco: a Firenze per la prima
volta i rappresentanti di paesi e nazioni in conflitto si incontravano, si conoscevano. Incontri anche difficili, a
volte drammatici, ma che aprirono molte speranze. Nei corridoi di Palazzo Vecchio nacquero, ad esempio, i
contatti tra Francia e Algeria che portarono in poco tempo agli accordi di Evian e all’indipendenza algerina.
Nel 1967, all’indomani della «guerra dei sei giorni» che aveva contrapposto Israele contro Siria, Egitto,
Giordania e Iraq, La Pira decise di ripetere il viaggio. Incontrerà il ministro degli esteri israeliano Abba Eban,
il presidente egiziano Nasser. Ma uno dei momenti centrali del viaggio è la preghiera sopra la tomba del
comune patriarca Abramo. «Mio padre - racconta il rabbino Levi - era molto amico di La Pira: era un
musicologo, aveva visitato spesso Firenze per raccogliere tradizioni musicali ebraiche, e in quelle occasioni
aveva conosciuto il sindaco. Quando La Pira venne in Israele lo aiutò ad organizzare il viaggio. Era un
viaggio difficile: visitò prima Betlemme, poi insieme al sindaco di Betlemme andammo a Hebron, dove il
sindaco ci ricevette in una grande tenda. C’erano esponenti politici, intellettuali, studenti. Parlammo a lungo
di pace, di preghiera. Poi tutti insieme, ebrei, musulmani e cristiani, siamo andati sulla tomba di Abramo.
Avevamo una scorta militare impressionante, era un periodo di forti tensioni. Eravamo un gruppo piccolo, ma
rappresentativo. Abbiamo recitato dei salmi, poi io diffusi delle copie di un’antica preghiera per la pace in
lingua ebraica e araba».
Quelle speranze di pace oggi, purtroppo, non si sono ancora realizzate. Gli scontri tra ebrei e palestinesi, tra
cristiani e musulmani, il terrorismo, le guerre, non sono ancora finiti. «Eppure - conclude il rabbino Levi gesti come quello furono importanti, e lo sarebbero ancora oggi: abbiamo sempre più bisogno di persone in
grado di promuovere il dialogo. Anche quell’incontro, che a noi sembrava impossibile, fu realizzato solo
grazie all’insistenza di La Pira, che permise di superare tutti gli ostacoli. La Pira era uomo della profezia, ma
anche della politica: aveva la capacità di illuminare l’una con l’altra».
Edizione del 16/06/2004