Leggi tutto - Circolo Giorgio La Pira
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Un «Inno alla Vergine» per ricordare il viaggio a Mosca Dal n. 24 del 20 giugno 2004 Il viaggio a Mosca del 1959 vide Giorgio La Pira, primo uomo politico occidentale, varcare la «cortina di ferro» per chiedere al Soviet Supremo di «tagliare il ramo secco dell’ateismo di Stato». È un episodio fondamentale per capire quell’unione di mistica e politica, di azione e contemplazione che costituisce l’aspetto più originale dell’esperienza lapiriana. Per questo la Fondazione La Pira ha deciso di ristampare, in occasione del centenario della nascita del «sindaco santo», la traduzione dell’«Acathistos», splendido inno alla Vergine della tradizione ortodossa, che don Divo Barsotti realizzò nel 1959 e che proprio La Pira, di ritorno dalla Russia, inviò a tutti i vescovi d’Italia per favorire la conoscenza della spiritualità orientale. Il volume, edito da Polistampa, è stato nuovamente spedito ai vescovi italiani, corredato di due lettere a Giovanni XXIII e di una postfazione di Giulio Conticelli che mette in luce il valore storico di questo testo. I rapporti di La Pira e don Barsotti con la Russia infatti vengono da lontano. L’idea di un pellegrinaggio in Russia l’avevano avuta insieme, nel 1952: ma per don Barsotti fu posto, in pieno regime stalinista, il veto dalla Santa Sede. Anche per La Pira ci saranno difficoltà dovute alla situazione internazionale: il momento giusto arriverà, finalmente, nel 1959. Sui significati di questo viaggio si parlò molto, ci furono anche critiche e sospetti: in Italia alcuni giornali, dal Corriere della Sera in giù, scrissero che La Pira era caduto nella trappola dei comunisti, si era prestato a fare da interlocutore ai nemici della Chiesa. I motivi veri della sua visita a Mosca, La Pira li scrive nelle lettere a Giovanni XXIII adesso pubblicate: «Altro scopo ultimo questo mio viaggio in Russia non aveva: aprire il transito: fare da spazzaneve: operare la prima apertura nella “cortina”: “entrare in Gerico”: e tutto ciò con uno scopo solo: l’unità della Chiesa di Occidente e di Oriente: unità che condiziona quella futura dei popoli e delle nazioni». Molti anni dopo, Mikhail Gorbaciov darà l’avvio alla serie di riforme che porteranno alla fine del regime sovietico. Quando, nel 1989, venne in Italia per incontrare il Papa, Gorbaciov citò due volte nei suoi discorsi proprio La Pira. Qualcuno fu sorpreso: ma i suoi collaboratori sapevano dell’interesse che il presidente russo aveva per il pensiero e la vita del «sindaco santo». «È stato proprio durante la presidenza Gorbaciov racconta Vadim Zagladin, studioso dell’Università di Mosca - che la figura di La Pira è stata conosciuta e studiata in Russia. Oggi si parla di lui nelle università, è citato nelle enciclopedie, i suoi scritti vengono tradotti. Viene guardato come un precursore che ha aiutato il processo del nostro Paese verso la democratizzazione». Gorbaciov e La Pira, rivela Zagladin, si sono anche incontrati, una volta, nel 1971, quando il futuro presidente sovietico venne a Firenze in vacanza con una delegazione del Pcus. Nessuno ancora immaginava la carriera che avrebbe fatto quel giovane dirigente di partito: La Pira, salutando il gruppo, mise le mani sulla testa proprio a lui, come per un’investitura. Oggi, è Gorbaciov a investire La Pira del titolo di «profeta»: «Ci sono stati tempi - ha dichiarato l’ex presidente sovietico - in cui Giorgio La Pira e la sua azione suscitavano le reazioni più diverse: dalla sorpresa ammirata degli uni all’odio degli altri. È il destino quasi inevitabile degli uomini che vedono più lontano degli altri, che pensano più profondamente degli altri. È importante che oggi La Pira abbia molti più amici di quanti ne aveva nella sua vita terrena. E ciò si capisce: è il verdetto della storia che ha confermato la bontà e la giustezza delle sue scelte di fondo».