Tribunale Roma, Sezione 12 civile Sentenza 26 ottobre 2012, n
Transcript
Tribunale Roma, Sezione 12 civile Sentenza 26 ottobre 2012, n
Tribunale Sentenza Integrale Roma, 26 Sezione ottobre 12 2012, civile n. 20396 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI ROMA DODICESIMA SEZIONE CIVILE In persona del giudice unico Dott.ssa Silvia Larocca ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 32854 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2007 cui sono state riunite la n. 72001/'08 e la n. 84932/09 vertente Tra Ca.Ne. e Ca.Sa., rispettivamente ex coniuge e nipote del de cuius Ci.Ma., elettivamente domiciliati in Roma, piazza (...) presso lo studio dell'avv. Br.Ma. che li rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso; - Attori E Tu.Da., elettivamente domiciliato in Roma, viale (...), rappresentato e difeso dagli avv.ti Ro.Ri. e Ro.Ac. per delega a margine dell'atto di costituzione; - Convenuto E In. S.p.A., rappresentato e difeso nel giudizio portante n. 32854/07 dall'avv. Gi.Al. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, in via (...), come da mandato in calce all'originario atto introduttivo notificato; - Convenuto E Me.An. e Ma.Ma., n.q. di eredi di Ci.Ma., elettivamente domiciliati in Tolfa (Roma) via (...) rappresentati e difesi dagli avv.ti An. e Ma.Ta. per delega a margine dell'atto di costituzione nel giudizio portante n. RG 72001/08 riunito a quello portante; - Attori E In. S.p.A. elettivamente domiciliato in Roma, viale (...) rappresentato e difeso nei giudizi iscritti al n. 72001/08 e al n. RG 84939/09 riuniti al portante, dall'avv. An.Mo. per delega in calce all'originale ricorso notificato; - Convenuto E Ci.Lu., Fr.El., Ci.To., n. q. di eredi di Ci.Am. deceduto in corso di causa e Ci.Na. e Pa.An., quali eredi di Ci.Ma.; elettivamente domiciliati in Roma, via (...) presso lo studio dell'avv. Ru.Di. che li rappresenta e difende nel giudizio portante n. 84932/09 riunito a quello portante per procura in calce alla citazione; - Attori Oggetto: risarcimento danno - morte da circolazione stradale. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Visto l'art. 132 c.p.c. (così come modificato dalla Legge 18 giugno 2009 n. 69) e tenuto conto di quanto disposto dall'art. 58 della predetta legge che regola la fase transitoria tra abrogazione e modifica delle vecchie norme ed entrata in vigore delle nuove, si ritiene di non dover redigere lo svolgimento del processo. In primo luogo, si ribadisce integralmente quanto ritenuto da questo giudicante con l'ordinanza istruttoria del 28/6/10 con la quale .disposta ex art. 274 c.p.c. la riunione dei tre giudizi de quibus, la ratio cui è finalisticamente diretto l'art. 140 D.Lgs. 209/05 è stata reputata in concreto realizzata si da non rendere necessario alcun ulteriore provvedimento (ex art. 102 c.p.c.) anche per esigenze di economia processuale dovendosi tener conto dei valore, costituzionalmente rilevante, della ragionevole durata del processo (art. 111 comma 2 Cost.). Premesso che, la sentenza penale di patteggiamento ex art. 444 c.p.p.emessa nei confronti di Tu.Da., imputato del reato p. e p. dall'art. 589 c.p., ai sensi dell'art. 445 c.p.p. "anche quando e pronunciata dopo la chiusura del dibattimento non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi" pur non essendo ontologicamente qualificabile come pronuncia di condanna e comunque utilizzabile come argomento di prova nel giudizio di responsabilità in sede civile, incombe su questo Tribunale l'obbligo di valutare autonomamente il fatto di causa. Dalla valutazione ex artt. 115 e 116 c.p.c. delle chiare ed esaustive risultanze istruttorie obiettivate nel rapporto della Polizia Municipale, corredato da allegati e rilievi planimetrico - descrittivi e fotografici e dagli atti del procedimento penale instaurato nei confronti di Tu.Da. (cfr. docc. 19 - 22 fasc. Mo.), come detto, definito con sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa dal G.I.P. presso il Tribunale penale di Roma (sent n. 588/08 pronunciata all'udienza del 6/3/08 divenuta irrevocabile il successivo 29/3/08 - cfr. doc. 22 fasc. Ma. -) utilizzabili, nell'odierna sede, come "prove atipiche" che sono state probatoriamente suffragate dalla deposizione sufficientemente circostanziata del teste oculare Tr.Ro. - sulla cui attendibilità non ce motivo di dubitare - che ha confermato di trovarsi, al momento del sinistro, insieme al Ci. accanto al cancello di accesso all'Autodemolizione e che il de cuius, al momento dell'urto, si trovava "all'interno della linea che delimita il transito dei veicoli" e dalla valutazione, ex art. 232 c.p.c., della mancata risposta all'interrogatorio formale deferito al convenuto Tu.Da. è incontrovertibile l'esclusiva responsabilità di Tu.Da., conducente proprietario dell'autovettura (...) tg. (...) nella causazione dell'investimento pedonale con conseguenze mortali oggetto del presente giudizio. Il conducente della (...), procedendo su via del Foro Italico con direzione Corso (...) alle ore 13,45 circa del 30/9/06, per la velocità eccessiva, inadeguata allo stato del luogo (centro abitato/traffico intenso) nell'impegnare una curva ad ampio raggio a velocità elevata, di certo travalicante il limite vigente in loco (massimo 70 Km/h.) perdeva il controllo della (...) che usciva di strada invadendo l'area antistante il cancello di ingresso all'azienda di Autodemolizione gestita da Ci.Ma. urtando violentemente sia la (...) del de cuius, che era lì in sosta al di fuori della carreggiata, sia, con la parte anteriore angolare destra, il pedone Ci. che si trovava sulla destra entro il prosieguo ideale della banchina (delimitata da linea longitudinale continua che, all'altezza del civico n. 8 Riveniva tratteggiata proprio per consentire l'accesso e l'uscita dei veicoli dal cancello dell'Autodemolizione) sicché, il pedone era investito dinanzi al cancello di entrata al centro Autodemolizione in corrispondenza del marciapiede all'interno della linea che delimita la banchina, dunque proprio nell'area preclusa al transito veicolare su via (...) - v. schizzo planimetrico allegato al rapporto in atti -; per effetto del violento impatto il pedone veniva caricato sul cofano della (...), urtava violentemente sul parabrezza e, di seguito, rovinava al suolo ove decedeva immediatamente sul colpo. A causa della notevole velocità tenuta la (...) proseguiva la corsa e, scavalcato lo spartitraffico rialzato di via (...), invadeva l'opposta carreggiata andando di seguito ad urtare altra autovettura che ivi transitava. Non è nella specie individuabile alcun comportamento colposo del pedone investito, valutabile ai sensi dell'art. 1227 comma 1 c.c., concorrente con la colpa presunta ex art. 2054 comma 1 c.c. del conducente della vettura investitrice (cfr. in terminis, Cass. 2127/06; 17397/07; 11873/07; 10608/10) essendo, l'asserito "comportamento imprudente della vittima per aver abbandonato momentaneamente gli spazi riservati ai pedoni occupando parte della carreggiata per salire sul proprio veicolo contravvenendo alle prescrizioni di cui all'art. 190 C.d.S." rimasto allo stato di mera allegazione difensiva di In. S.p.A. sfornita di alcun riscontro probatorio ed anzi, smentita dalle concordanti ed univoche risultanze probatorie di segno contrario ut supra richiamate. In ordine al Quantum debeatur richiesto dagli attori sia "iure proprio", sia "iure hereditatis", quali eredi del de cuius Ci.Ma. si osserva quanto segue. Nulla è dovuto agli attori "iure hereditatis" a titolo di risarcimento del danno biologico essendo il decesso di Ci.Ma. avvenuto immediatamente nell'incidente. Quanto al "danno biologico iure proprio" anche richiesto da alcuni degli attori nulla può essere liquidato a tal titolo non essendo stata provata alcuna specifica patologia psico - fisica patita dagli stessi in conseguenza del lutto (al riguardo, non è stata prodotta alcuna documentazione medica in grado di provare la degenerazione della sofferenza in una vera e propria sindrome di rilevanza psicologica o psichiatrica integrante danno biologico). In punto di danno non patrimoniale occorre tenere conto del solco giurisprudenziale tracciato dalle note sentenze delle Sezioni unite nn. 26972 e 26973 dell'11 novembre 2008, con le quali la Suprema Corte, da un lato, ha ricondotto i danni risarcibili nell'ambito della classificazione bipolare stabilita dal codice civile (danni patrimoniali ex art. 2043 e danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059), definendo le distinzioni elaborate da dottrina e prassi (danno biologico, danno per morte, danno esistenziale, ecc.) alla stregua di mere categorie descrittive delle diverse modalità con cui si realizza il danno non patrimoniale, e, dall'altro lato, ha precisato che, nel procedere alla quantificazione ed alla liquidazione dell'unica voce "danno non patrimoniale", il giudice deve tenere conto di tutti gli aspetti in cui il danno si atteggia nel caso concreto. Orbene, tenuto conto di siffatti criteri ermeneutici, in primo luogo viene in rilievo il c.d. danno da perdita del rapporto parentale, inteso sempre come mera categoria descrittiva del danno non patrimoniale, da ritenersi sussistente in via presuntiva. Più nello specifico, tale danno va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara, tanto più se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti familiari, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti. La relativa quantificazione va operata in via equitativa facendo ricorso ai valori tabellari del Tribunale di Roma, aggiornati al 2012 che prevedono una serie di coefficienti, vale a dire il rapporto parentale, l'età della vittima, l'età del danneggiato, la convivenza e la composizione del nucleo familiare, nei quali sono previste delle variabili a ciascuna delle quali è attribuito un punteggio da moltiplicarsi per il valore monetario aggiornato di Euro 9.013,00 sul cui importo finale possono essere, poi, applicati dei correttivi per adeguare ulteriormente il risarcimento alla fattispecie concreta in esame. In realtà con le sentenze n. 12408 del 7 giugno 2011, n. 17879 del 31 agosto 2011 e n. 18641 del 12 settembre 2011 la Cassazione ha assunto le tabelle milanesi come criterio universale di liquidazione equitativa del danno alla persona, ma questa impostazione non convince. Infatti, sotto un primo profilo, il fondamento dello strumento della tabella è la media dei precedenti giudiziari in un dato ambito territoriale e la finalità è quella di uniformare i criteri di liquidazione del danno, ma la stessa non deve essere applicata automaticamente, bensì con apprezzamento anche delle c.d. condizioni personalizzanti, tenendo conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, anche per evitare l'eventualità che possa giungersi a liquidazioni puramente simboliche o irrisorie (Cass. civ., Sez. III, 25 maggio 2007, n. 12247; Cass. civ., Sez. III, 11 gennaio 2007, n. 392; Cass. civ., Sez. III, 25 agosto 2006, n. 18489; Cass. civ., Sez. III, 20 marzo 2006, n. 6088; Cass. civ., Sez. III, 30 gennaio 2006, n. 1877). Inoltre per costante giurisprudenza le tabelle non rientrano nelle nozioni di fatto di comune esperienza, né sono recepite in norme di diritto appartenenti necessariamente alla conoscenza del magistrato (Cass. civ., Sez. III, 11 gennaio 2007, n. 394; Cass. civ., Sez. III, 1 giugno 2006, n. 13130; Cass. civ., Sez. III, 16 dicembre 2005, n. 27723). Di "notorio locale", vale a dire limitato ad una stretta cerchia di soggetti, parla Cass. civ., Sez. III, 12 marzo 2008, n. 6684) e, pertanto, il giudice che intenda utilizzarle deve, per non incorrere nell'errore di omessa motivazione, dare conto dei criteri indicati nelle tabelle e poi descriverne l'applicazione alla fattispecie concreta (Cass. civ., Sez. III, 23 maggio 2003, n. 8169; Cass. civ., Sez. III, 9 agosto 2001, n. 10980; Cass. civ., Sez. lavoro, 6 novembre 2000, n. 14440). Sotto altro profilo, da un lato si ritiene non sussistente alcun diritto del danneggiato ad ottenere la liquidazione del danno in base a tabelle in uso presso un determinato ufficio giudiziario piuttosto che in un altro (Cass. civ., Sez. III, 26 gennaio 2010, n. 1524), e, dall'altro, il giudice, non è vincolato alle tabelle di sezione adottate dal suo Tribunale, e qualora le utilizzi la motivazione della scelta e già in "re ipsa" (Cass. civ., Sez. III, 3 agosto 2005, n. 16237), e ben può adottare le tabelle in uso presso altro ufficio giudiziario, pur essendo tenuto, in questo caso, a dare ragione della diversa scelta (Cass. civ., Sez. III, 01 giugno 2006, n. 13130; Cass. civ., Sez. III, 2 marzo 2004, n. 4186). Dunque, ciò che rileva ai fini dell'uniformità non è, in assenza di specifica previsione normativa, tanto il dato di partenza comune, dunque la stessa tabella per tutti, quanto l'utilizzo da parte dei giudici di principi comuni ed uniformi, così come elaborati dalla giurisprudenza, in particolare con le quattro sentenze gemelle nn. 26972, n. 26973, n. 26974 e n. 26975 dell'11 novembre 2008, nell'uso e nell'applicazione delle varie tabelle e, del resto, in questo senso si sono pronunciate le recenti sentenze Cass. civ., Sez. VI, 23 novembre 2011 n. 24748 e Cass. Civ. Sez. Lav., 2 agosto 2011 n. 16866. Inoltre, se l'esigenza fondamentale è quella dell'utilizzo da parte di tutti i giudici del medesimo dato di partenza, del tutto contraddittoria si presenta la stessa pronuncia n. 12408/2011 laddove non estende a tutte le lesioni psico - fisiche lievi l'art. 139 del decreto legislativo n. 209 del 7 settembre 2005. Orbene, avendo dunque riguardo alle tabelle del Tribunale di Roma si osserva che al fine di evitare disparità di trattamento già dal 1996 questo Tribunale si era dotato di una "griglia di valori di riferimento" sulla scorta dei quali liquidare il danno non patrimoniale patito dai prossimi congiunti della vittima; a partire dal 2007 si è adottato un sistema che meglio garantisce una adeguata personalizzazione del risarcimento, ove alcuni fattori sono considerati indefettibili, ed in particolare: 1) il rapporto di parentela tra vittima e superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più stretto è tale rapporto; 2) l'età della vittima e quella del superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto minore è tale età, in quanto destinato a protrarsi per un tempo maggiore; 3) la convivenza tra vittima e superstite e la composizione del nucleo familiare, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più stretta era la frequentazione tra vittima e superstite ed in ciascuna classe si sono previste molteplici variabili ad ognuna delle quali e stato assegnato un punteggio numerico a seconda della presumibile entità del danno. Dall'anno 2009, poi, è stata inserita la possibilità di operare una riduzione (fino alla metà anche nell'anno 2012) del punteggio complessivo attribuito in quanto la circostanza della non convivenza con la vittima e della sopravvivenza di altri numerosi congiunti deve essere apprezzata consentendo una diversificazione anche tra non conviventi. Il risarcimento totale è quindi pari al punteggio risultante dalla sommatoria dei punti previsti per ciascuna delle ipotesi ricorrenti nel caso concreto moltiplicato per una somma di denaro che costituisce il "valore ideale di ogni punto di danno non patrimoniale" che è stato fissato, in via equitativa, nella somma di Euro 9.013,00 mediante un aggiornamento al gennaio 2012 dell'importo utilizzato a base per il calcolo, (tenuto conto del tasso di inflazione rilevato dall'ISTAT per l'anno 2011). E' evidente che, come tutte le tabelle non aventi uno specifico fondamento normativo ma solo interpretativo, la tabella elaborata dal Tribunale di Roma costituisce un mero parametro orientativo di riferimento con valori puramente indicativi (costituendo, in un determinato momento, il punto di arrivo di una riflessione collettiva che ha, come scopo, rendere meglio interpretabile l'iter logico della decisione che sarà adottata ed, in qualche misura, la sua prevedibilità, sia pur a soli fini indicativi) da cui il giudice può discostarsi fornendo adeguata motivazione, ove lo richiedano le peculiari circostanze del caso concreto qualora si discostino dalle caratteristiche del c.d. caso medio, trattandosi comunque di liquidazione equitativa. Questo giudice ritiene dunque di adottare i suddetti criteri di liquidazione uniformemente adottati dal Tribunale di Roma avendo gli stessi proprio attinenza a tutte le ipotetiche e possibili circostanze sopra indicate. Pertanto, alla stregua di quanto sopra esposto, occorre tener conto della drammaticità dell'inaspettato, improvviso evento luttuoso che ha anche definitivamente interrotto il rapporto parentale (cfr. Cass. Sez. 3 nn. 8827 e 8828 del 2003; Cass. S.U. 26972/08; le Sezioni Unite hanno precisato che il danno morale assorbe il "danno parentale", vale a dire il danno da lesione o uccisione del congiunto e statuito che determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato - così anche Cass. civ., Sez. III, 28/11/2008, n. 28423 -), della circostanza che la morte di Ci.Ma. ha senza dubbio cagionato un dolore intenso a causa della prematurità del decesso, si osserva quanto segue. Deve, innanzitutto, tenersi conto dell'età della vittima (risulta dagli atti che Ci.Ma. aveva 67 anni al momento del decesso); del fatto che il de cuius non aveva figli, né genitori al momento del decesso; che il danno è stato lamentato dalla sorella Na. (di anni 78 alla data del decesso del fratello non convivente), dagli eredi di Am. di anni 74 alla morte del de cuius, fratello non convivente deceduto il 15/1/09 in corso di giudizio - che interrotto è stato riassunto dalle nipoti An. (anni 43)e Mo.Ma. (anni 44) mentre altri nipoti unitamente ad alcuni eredi dello stesso Am.: Ci.Lu. (anni 42), Fr.El. e Ci.To., Ci.Na. e Pa.An. (anni 52) hanno promosso ex novo altro giudizio -; dall'ex coniuge del de cuius, Ca.Ne. (di anni 60 alla morte del de cuius) e da altra nipote Ca.Sa. (di anni 24 alla morte dello zio). Con la recentissima sentenza Cass. sez. III 16/3/12 n. 4253 la Suprema Corte ha affermato che "Il fatto illecito, costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. Perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, la nuora, i cognati, zii e cugini) è necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell'art. 2 Cost.". In attesa del consolidarsi della giurisprudenza di legittimità ed auspicando l'intervento delle Sezioni Unite sul punto, questo giudicante non ritiene di discostarsi dalla tabella di liquidazione del danno non patrimoniale da morte del congiunto adottato dal Tribunale di Roma anche per la presente annualità 2012 che, ad avviso di chi scrive, garantisce una adeguata personalizzazione del risarcimento che tra i fattori indefettibili considera il rapporto di parentela tra vittima e superstite prevedendo per il "nipote" l'attribuzione del punteggio 6 e, al contempo, in relazione alla situazione concreta correlata alla effettiva esistenza di un serio rapporto affettivo contempla la possibilità di diminuire fino alla metà tale punteggio. Alla stregua di quanto esposto anche tenuto conto che i nipoti, quali attori nei giudizi riuniti, hanno chiesto, nel termine di cui all'art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c., di provare circostanze di fatto acclaranti l'intensità del loro legame affettivo col de cuius pur mancando la convivenza con Ci.Ma. (frequenti visite personali e reiterazione di inviti e incontri personali con lo zio anche e non solo in occasione dei tradizionali festeggiamenti natalizi e pasquali e delle ricorrenze: compleanni e anniversari dei numerosi familiari - cfr. memoria ex art. 183 n. 2 c.p.c. sia delle parti Ma., sia delle parti Ci. -) anche se tale prova non è stata ammessa per eccessiva genericità, sinteticità ed approssimazione del capitolato di prova testimoniale come formulato, in alcun modo circostanziato nel tempo e nello spazio, stimasi congruo riconoscere e liquidare, in via equitativa, ai numerosi nipoti del de cuius Ci.Ma. il "danno non patrimoniale da morte del congiunto" applicando i criteri e correttivi contemplati dalla tabella danno morte del Tribunale di Roma come aggiornata per la corrente annualità. Rebus sic stantibus, va operato un distinguo tra la posizione di Ca.Sa. tra l'altro la più giovane dei nipoti (anni 24 alla data della morte dello zio Ma.) per quanto ut infra e quella degli altri cinque nipoti (Ci.Lu., Ci.To., Pa.An., Ma.An. e Ma.Ma.) per i quali non sono stati forniti elementi probatori idonei a corroborare l'asserita intensità del loro legame affettivo con lo zio Ci.Ma. pur se non convivente (sul punto, cfr. la recentissima sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, 16/3/12 n. 4253), maggiormente elevata rispetto a quella standard, presuntivamente dedotta in quanto derivante dal rapporto di parentela anagrafica, tale da influire sull'entità del danno conseguente alla perdita dello zio Ma. e da rendere ingiustificata l'applicazione dei correttivi in diminuzione tabellarmente contemplati per i familiari non conviventi dovendosi, in sede di liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., tener conto della peculiarità del caso specifico dunque, dell'effettiva consistenza e composizione del "nucleo familiare" del de cuius nonché, dell'attenuazione del danno derivante, come detto, dalla compresenza di più familiari e dal fatto che i cinque nipoti di età comprese nella fascia tabellare anni 41 - 60 svolgevano ormai vite adulte autonome, avevano diversa residenza anagrafica sicché, non essendo possibile ipotizzare anche presuntivamente che essendo così numerosi intrattenessero tutti e cinque un rapporto affettivo particolarmente intenso con lo zio Ma. (né d'altronde, è stato allegato né, tantomeno, provato un legame superiore all'ordinario con la capitolazione che, come ut supra rilevato, per come formulata era inammissibile in quanto non adeguatamente contestualizzata nel tempo e nello spazio) può senza dubbio ritenersi consistentemente affievolita l'intensità del legame e del loro rapportarsi affettivo con lo zio Ma.Ci. Rebus sic stantibus, stimasi equo, ex art. 1226 c.c., operare una ulteriore doppia riduzione del valore del punto mentre, sia dalla documentazione prodotta, sia dall'espletata prova testimoniale, la nipote più giovane, Ca.Sa. (di anni 24 alla data del decesso dello zio) risulta aver effettivamente intrattenuto e coltivato nel tempo un significativo relazionarsi con lo zio Ma. oltre che sul versante affettivo anche nel settore lavorativo essendo stata inserita come segretaria nell'attività amministrativa e gestionale dell'azienda di Autodemolizioni, come confermato dalle deposizioni dei testi Ma.Ma. e Pe.Ma. ("... era in buoni rapporti con lo zio in quanto lavorava con lui") dalle quali è inoltre emerso che dalla morte dello zio, la nipote Sa. gestiva in proprio l'attività di autodemolizione (teste Ma.Ma.: "a seguito della morte del Ci. l'autodemolizione è gestita dalla Ca.Sa. stessa e da Ca.Em."). Pertanto, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, tenuto conto dei parametri sopra indicati, appare equo ex art. 1226 c.c. liquidare la somma di Euro 80.000,00 alla nipote Ca.Sa. e di Euro 25.000,00 ciascuno in favore dei nipoti del de cuius Ma.Ma., Mo.An., Ra.An., Lu.Ci., To.Ci. Nell'importo così come sopra liquidato deve ritenersi ricompreso anche il danno esistenziale, atteso che, stante la evidente stretta connessione fra il dolore psichico e il modus vivendi di chi lo patisce e l'unitarietà del "valore uomo", si ritiene che il danno morale soggettivo e alla persona per la perdita irreversibile del rapporto parentale (sopra considerati), ricomprenda anche tale danno (per cui il suo riconoscimento comporterebbe una inammissibile duplicazione del danno risarcibile). Per quanto concerne il quantum liquidabile in favore di Ci.Na., sorella del de cuius, di anni 78 alla data del sinistro mortale, seguendo i criteri elaborati da questo tribunale, l'attenuazione del danno risarcibile derivante dalla compresenza di numerosi familiari superstiti, dal fatto che fratello e sorella non erano conviventi comporta necessaria mente una decurtazione percentuale del danno non patrimoniale da risarcirebbe stimasi congruo, ex art. 1226 c.c., effettuare, nel caso di specie, in misura di un mezzo del punteggio complessivo. Atteso quanto detto, si liquidano, equitativamente, all'attualità, in favore di Ci.Na., sorella del de cuius Ci.Ma., Euro 50.000,00 applicata la decurtazione ut supra, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subito iure proprio per la perdita del congiunto fratello. Per quanto concerne Ci.Lu., Ci.To. e Fr.El. in qualità di eredi di Ci.Am. fratello del de cuius deceduto in corso di causa nel giudizio promosso, unitamente a Ci.Na. e Ma.An. e Ma.Ma. che, a seguito di interruzione per suo decesso era riassunto dalle Ma., mentre gli eredi di Am. assieme a Ci.Na. e Pa.An. promuovevano ex novo altro giudizio, sussiste legittimazione attiva dei suddetti stante la trasmissione "iure hereditatis" della legittimazione processuale del loro dante causa, Am.Ci. quale fratello del de cuius Ma.Ci. Per quanto riguarda la quota del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale spettante iure hereditario a Ci.Lu., Ci.To. ed El.Fr. (quale moglie del de cuius Am. dunque, cognata di Ma.Ci. la quale, non essendo erede di quest'ultimo, né ritenuta successibile ex lege, né contemplata dalla tabella di liquidazione per morte di un congiunto adottata dal Tribunale di Roma giustamente nessuna richiesta di danno non patrimoniale iure proprio per la morte del cognato Ma. ha avanzato) quali eredi di Am.Ci., nei limiti del suo diritto successorio per la prematura morte del fratello Ma.Ci. si osserva quanto segue. Poiché nel presente giudizio non hanno ritualmente preso parte tutti gli eredi di Am.Ci. può esclusivamente determinarsi l'entità del credito della comunione ereditaria. Non può procedersi, invece, all'attribuzione di somme facenti parte della comunione a singoli eredi in quanto ciò comporterebbe uno scioglimento parziale della comunione che può avvenire esclusivamente nel contraddittorio dei coeredi. Pertanto, si liquidano equitativamente in favore di tutti gli eredi di Am.Ci., fratello non convivente del de cuius, Ma.Ci. Euro 50.000,00 attuali. Sussiste legittimazione ma solo quali nipoti del de cuius Ci.Ma., di Mo.Ma. (anni 44 alla data del decesso dello zio) e di Mo.An. (anni 43 alla morte dello zio Ma.) liquidazione ut supra a pag. 13 in misura di Euro 25.000.00 ciascuno analogamente agli altri nipoti del de cuius - in quanto, a prescindere dal rilevare che solo situazioni giuridiche di natura patrimoniale si trasmettono per successione, nella specie le Mo. non possono succedere per rappresentazione per un diritto di natura non patrimoniale che, tra l'altro, non era entrato a far parte del patrimonio, dell'ascendente rappresentato, Ci.Ma., madre delle Mo., essendo la stessa deceduta in epoca antecedente alla morte del fratello Ma. Con riferimento al quantum debeatur reclamato da Ca.Ne. (ex coniuge del de cuius) si osserva quanto segue. Come è noto la Suprema Corte (Cass. 10393/02) pur riconoscendo il diritto del coniuge separato al risarcimento del "danno morale iure proprio" (ora "danno non patrimoniale iure proprio") ha evidenziato: "il danno morale, tradizionalmente definito come "pretium doloris" viene generalmente ravvisato nell'ingiusto turbamento dello stato d'animo del danneggiato o anche nel patema d'animo o stato d'angoscia transeunte generato dall'illecito; detto risarcimento può essere accordato anche al coniuge separato per la morte dell'altro coniuge, in quanto lo stato di separazione personale non è incompatibile, di per se, con tale ristoro, dovendo aversi riguardo, oltre che alla sua tendenziale temporaneità ed alla possibilità di una riconciliazione che ristabilisca la comunione materiale e spirituale tra i coniugi e l'unità della famiglia, anche alle ragioni che l'hanno determinato e a ogni altra utile circostanza idonea a manifestare se e in quale misura l'evento luttuoso, dovuto all'altrui fatto illecito, abbia procurato al coniuge superstite quelle sofferenze morali che di solito si accompagnano alla morte di una persona più o meno cara". Pur condividendosi la suddetta pronuncia, va rilevata la peculiarità del caso in esame che è costituita dal notevole affievolimento dell'affectio coniugalis tra Ci.Ma. e Ca.Ne. per l'esigua durata della loro convivenza essendo la separazione coniugale avvenuta dopo appena due anni di matrimonio (celebrato nel 1988) e perdurata negli anni senza soluzioni di continuità, non risultando provata e nemmeno allegata alcuna interruzione, pur se temporanea, dello status di separazione tra i due né che l'ex moglie del de cuius avesse fatto il possibile per ricomporre l'unione coniugale mediante una riconciliazione con l'ex coniuge dovendosi altresì considerare che il decesso di Ci.Ma. è avvenuto dopo ben 16 anni dalla separazione coniugale con Ca.Ne. Risulta infatti documentalmente provato (cfr. doc. 8 fasc. Ma.) sia che con sentenza n. 493/90, depositata il 31/12/90 e divenuta esecutiva il 14/2/92 per mancata impugnazione nei termini, il Tribunale di Rieti aveva dichiarato la separazione personale dei coniugi autorizzati a vivere separatamente ed avendo evidentemente, riscontrato la sussistenza di adeguate autonome capacità economiche di ciascuno aveva disposto "nulla quanto ai rapporti patrimoniali", sia che sin dalla separazione legale i coniugi avevano vissuto distanti essendo residenti in diverse città (come emerso dalla verifica anagrafica effettuata da In. S.p.A.: Ne.Ca. residente in Torrita Tiberina e Ci.Ma. in Fara Sabina (RI) e dal 90 sino al decesso a Roma). Tenuto conto di tutti i parametri sopraindicati, della peculiarità del caso si liquidano, equitativamente, in favore dell'ex coniuge del de cuius, Ca.Ne. che, comunque quale erede rientra nella categoria dei successibili legittimari (artt. 536 e 548 c.c.) Euro 35.000,00 applicando i correttivi in diminuzione nella massima misura, avuto particolare riguardo alla circostanza di fatto dell'oggettiva esigua durata di appena due anni dello status di coniuge convivente e del decorso di un così rilevante numero di anni (ben 16 anni) di separazione fino al decesso dell'ex - marito tale da far ragionevolmente presumere un ulteriore affievolimento consistente del relazionarsi affettivo tra i due ex coniugi (la prova testimoniale richiesta non è stata ammessa perché irrilevante per genericità, perché implicante valutazioni e perché priva di contestualizzazione nel tempo e nello spazio vero che hanno mantenuto ottimi rapporti anche di lavoro pur se formalmente separati ma mai divorziati... oltre che un legame affettivo e di comunanza... "cfr. memoria ex art. 183 n. 2 c.p.c. depositata il 9/3/11). Per quanto concerne i danni materiali causati dall'urto laterale sinistroalla (...) - immatricolata nel 2003 - di proprietà del de cuius Ci.Ma., rilevati e descritti nel rapporto dei VV.UU., da cui risulta che la (...) fu restituita alla ex coniuge Ca.Ne., tenuto conto delle fotografie in atti e, non essendo stata prodotta documentazione fiscale, delle indicazioni orientative fornite dal prodotto preventivo n. 57 del 16/4/07 dell'importo di Euro 11.101,26 (cfr. docc. 9 - 10 - 11 fasc. Ca.) che, com'è noto, in quanto atto valutativo proveniente da un terzo può solo concorrere a formare il convincimento del giudice (artt. 115 - 116 c.p.c.), unitamente ad ulteriori elementi di prova che spetta alla parte richiedente fornire (art.2697 c.c.) in linea col criterio usualmente adottato da questo tribunale in casi analoghi a quello in esame, stimasi congruo liquidare il danno materiale, in favore di Ca.Ne., in Euro 6.300,00 attuali opportunamente dimezzando, in via equitativa, l'importo in esso contemplato manifestamente esorbitante e così rivalutato all'attualità. Il c.d. danno da fermo tecnico, solo genericamente lamentato da Ca.Ne., non compete, non essendo stato in concreto provato. Questo Tribunale non ignora le sentenze della Suprema Corte che in relazione al danno da fermo tecnico hanno ritenuto che "e possibile la liquidazione equitativa di detto danno anche in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall'uso effettivo a cui esso era destinato", costituendo lo stesso "anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario", ed essendo altresì soggetto "a un naturale deprezzamento di valore" (Cass. 23916/2006 e Cass. 12908/2004) ma ritiene che tale principio, imprescindibilmente, deve essere coniugato con elementi di prova quantomeno offerti dalla parte richiedente, onde consentire la liquidazione equitativa di tale voce di danno nel rispetto del criterio di cui all'art. 2697 c.c. Tale onere nella specie non è stato in alcun modo assolto dall'attrice richiedente. In ordine al richiesto danno patrimoniale, questo tribunale condivide integralmente la recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. 4253/12) con la quale è stato ribadito l'orientamento giurisprudenziale (cfr. al riguardo, Cass. 4980/06; 2318/07; 24802/08) in base al quale in tema di danno patrimoniale conseguente alla morte di un congiunto per fatto illecito addebitabile ad un terzo, è risarcibile il pregiudizio subito per effetto del venir meno di prestazioni aggiuntive, in denaro o in altre forme comportanti un'utilità economica, erogate in vita dal congiunto deceduto, spontaneamente e in assenza di obbligo giuridico, ai figli o ai nipoti, a condizione che preesistesse una situazione di convivenza (ovvero, una concreta pratica di vita, in cui rientri l'erogazione di provvidenze all'interno della famiglia allargata), in mancanza della quale, non essendo altrimenti prevedibile, con elevato grado di certezza, un beneficio durevole nel tempo, non può sussistere perdita che si risolva in un danno patrimoniale". Applicando tale principio alla fattispecie in esame non può che respingersi, alla stregua delle argomentazioni sopra svolte, la richiesta risarcitola di tale voce di danno avanzata sia dall'ex coniuge Ca.Ne. che dalla nipote del de cuius Ci.Sa. con lo stesso non conviventi non essendo stata provata l'effettiva capacità reddituale di Ci.Ma. in relazione alla produttività e remunerativi dell'impresa di autodemolizioni di cui era titolare alla data deldecesso, né la situazione economica dell'ex coniuge e della nipote Sa. al momento del decesso, né la sussistenza, entità continuità e stabilità dell'apporto economico del defunto sia in favore della ex moglie, sia in favore della nipote Sa. - che, tra l'altro, risulta essere subentrata nella gestione aziendale dell'Autodemolizione di cui era titolare il de cuius -. Non essendo stata adeguatamente provata sussistenza e misura del pregiudizio economico reclamato dalla nipote Sa. e dalla ex moglie Ne.Ca. "a titolo di lucro cessante" per compromissione della remuneratività dell'attività aziendale in precedenza gestita proficuamente dal de cuius Ci.Ma. nulla può essere liquidato in loro favore neanche a titolo di "danno patrimoniale futuro" per il venir meno dell'attendibile aspettativa di utilità economica futura di cui presumibilmente avrebbero beneficiato se non fosse intervenuta la prematura morte di Ci.Ma. Alle somme ut supra liquidate in conto capitale va inoltre aggiunto un ulteriore importo a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento, somma che ove posseduta ex tunc sarebbe stata presumibilmente investita per ricavarne un lucro finanziario. Tale importo va determinato equitativamente ex art. 2056 c.c. v. secondo il criterio espresso da Cass. S.U. 1712/95 col metodo seguente: 1) - a base di calcolo va assunta non la somma sopra liquidata (cioè rivalutata ad oggi), ma l'originario importo rivalutato anno per anno; 2) - su tale importo va applicato un saggio di rendimento prescelto equitativamente, anche tenuto conto del saggio di rendimento inferiore tra la media ponderata del rendimento dei titoli di stato e la media ponderata del tasso degli interessi legali (3,37%); 3) - il periodo di temporanea indisponibilità della somma liquidata a titolo di risarcimento va computato con decorrenza dalla data dell'illecito (30/9/06). Sulla complessiva somma liquidata per sorte capitale e lucro cessante decorrono gli interessi legali dal giorno della pubblicazione della sentenza al saldo ex art. 1282 c.c. Il contenimento del risarcimento complessivo (pari ad Euro 396.300,00 in conto capitale) entro il limite del massimale di polizza (Euro 774.685,35) rende superfluo l'esame della questione "malagestio" dell'assicuratore In. S.p.A. sollevata dagli attori. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Nelle more del giudizio è intervenuta l'abrogazione delle tariffe forensi e l'approvazione dei nuovi parametri di cui al DM 20.07.2012 n. 140 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 22.08.2012) e, pertanto, nella liquidazione delle spese giudiziali si dovrà fare riferimento alle norme vigenti alla data in cui l'attività difensiva è terminata, facendo applicazione del criterio adottato dalla giurisprudenza di legittimità in caso di sopravvenienza di nuove tariffe nel corso dello svolgimento della prestazione di assistenza giudiziale. Pertanto, qualora l'attività giudiziale dell'avvocato della parte vittoriosa sia completamente esaurita prima del 23 luglio 2012 e della caducazione definitiva delle tariffe professionali forensi, per la liquidazione giudiziale delle spese si dovrà fare riferimento alle tariffe forensi precedentemente in vigore (cfr. al riguardo, Cass. 2005/5426). Qualora, invece, la conclusione dell'attività difensiva, con il compimento dell'opera professionale, abbia luogo in epoca successiva all'intervenuta abrogazione di dette tariffe, l'entrata in vigore dei nuovi parametri ministeriali farà si che la liquidazione giudiziale delle spese di soccombenza avvenga in base a questi e non più in base alle previgenti tariffe professionali abrogate ancorché alcune attività siano state, in parte, svolte nel vigore di queste (cfr., da ultimo, Cass. S.U. 17406/12). Pertanto, anche se le note conclusive sono state, nella specie, depositate in data anteriore all'entrata in vigore del predetto decreto (precisamente il 18/7/12) la liquidazione giudiziale delle spese di lite avviene in base a questi nuovi parametri ministeriali - determinando il valore della causa sulla base della somma attribuita a titolo di risarcimento danni (v. art. 5) nonché, liquidando per ogni singola fase del giudizio: studio, introduttiva, istruttoria e decisoria il compenso (quale corrispettivo unitario, nella nuova accezione omnicomprensiva di diritti ed onorari che ha riguardo all'opera professionale complessivamente prestata) i parametri medi indicati nella tabella A allegata al predetto decreto (v. Tabella A D.M. n. 140 del 20.07.2012) con lieve incremento in considerazione della natura e complessità della controversia, della rappresentanza e difesa di più parti da stesso difensore - e non più in base alle previgenti tariffe, in quanto si deve tener conto che la conclusione dell'attività difensiva si è, nel caso in esame, verificata con l'udienza del 18 settembre nella quale questo giudicante ha pronunciato l'ordinanza, da intendersi qui integralmente richiamata e trascritta, con cui, revocata l'ordinanza istruttoria con cui era stata fissata udienza erroneamente ai sensi dell'art. 429 c.p.c. anziché ai sensi degli artt. 1188 e 189 c.p.c., preso atto che le parti, nulla opponendo, hanno concluso e rinunciato alla concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. la causa è stata immediatamente trattenuta in decisione. Ai soli fini fiscali si accerta che il fatto è astrattamente configurabile come reato (art. 589 c.p.). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede: - dichiara Da.Tu. responsabile del sinistro; - condanna in solido In. S.p.A. e Da.Tu. al pagamento, in favore di Ci.Na. di Euro 50.000,00, di Ca.Ne. di Euro 41.300,00 e di Ca.Sa. di Euro 80.000,00 ed in favore di Ma.Ma. di Euro 25.000,00 in favore di Ma.An. di Euro 25.000,00 in favore di Pa.An. di Euro 25.000,00 in favore di Ci.Lu. di Euro 25.000,00 in favore di Ci.To. di Euro 25.000,00 attuali oltre lucro cessante sulle predette somme calcolato con le modalità di cui alla parte motiva, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; - dichiara In. S.p.A. e Da.Tu. tenuti a pagare in solido, in favore di tutti gli eredi (tra cui Ci.Lu., Ci.To. e Fr.El.) di Ci.Am., che n. q. di erede del de cuius Ci.Ma. e deceduto in corso di giudizio, di Euro 50.000 attuali oltre lucro cessante calcolato con le modalità di cui alla parte motiva, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo; - condanna in solido In. S.p.A. e Da.Tu. alla rifusione, in favore degli attori, delle spese di giudizio che liquida, a mente del DM 140/2012 e dell'All. A, in favore di Ca.Ne. e Ca.Sa., rappresentati e difesi da unico difensore in Euro 13.000,00 per compensi oltre Euro 1.000,00 per esborsi, oltre iva e cpa da distrarre in favore del difensore avv. Br.Ma. dichiaratosi antistatario; in favore di Ci.Lu., Fr.El., Ci.To., Ci.Na. e Pa.An., rappresentati e difesi da unico difensore di Euro 14.000,00 per compensi oltre Euro 1.210,00 per spese oltre accessori di legge; in favore di Mo.An. e Mo.Ma., rappresentati e difesi da unico difensore di Euro 4.300,00 per compensi, oltre Euro 1.110,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Così deciso in Roma il 15 ottobre 2012.