Cooperative Learning introduzione

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Cooperative Learning introduzione
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IL COOPERATIVE LEARNING
Mario Comoglio
Di solito, ogni volta che decidono di presentare alla classe un nuovo argomento,
gli insegnanti si pongono questo tipo di domande: “Come lo introduco?”, “Quali
strategie didattiche potrei applicare per rendere più agevole l’impegno dei
ragazzi?”, “Poiché Franca e Luca sono così lenti nell’apprendere e incontrano
notevoli difficoltà nella mia materia, cosa posso fare per evitare loro un probabile
insuccesso?”, “Vorrei che questa volta partecipassero di più anche Silvia e Luigi.
Riuscirò a coinvolgerli senza trascurare o annoiare gli altri?”, ecc.
Diversamente da quanto può sembrare, non è facile rispondere alla domanda
“Come si insegna un tema o un argomento in modo efficace?”. La domanda, infatti,
è molto complessa, poiché richiama una serie di questioni su cui gli insegnanti non
riflettono mai abbastanza. Per insegnare in modo efficace è necessario prendere in
esame il contenuto da trattare, gli obiettivi di apprendimento da conseguire, la
natura eterogenea della classe, la diversità dei background culturali, delle
esperienze e delle conoscenze previe degli studenti, il livello di motivazione e di
partecipazione attiva della classe, i valori educativi implicitamente veicolati dalle
strategie adottate, il ritmo di lavoro con cui procedere, ed altro ancora.
Tuttavia non basta dare una risposta a ognuna delle questioni implicate. Molto
più importante è trovare nella pratica un certo grado di coerenza tra tutte le risposte
date. In effetti, non è possibile valorizzare le differenze individuali degli studenti
relativamente, per esempio, ai loro stili cognitivi e/o di apprendimento, e poi
preferire un solo metodo d’insegnamento ritenendolo valido ed efficace per tutti.
Oppure, non è possibile educare gli studenti a ragionare in modo critico, a risolvere
problemi complessi, e ad applicare le loro conoscenze nei contesti di vita reale e
nello stesso tempo valutarli ricorrendo a procedure “tradizionali” che esaltano la
rievocazione/riproduzione di nozioni apprese a memoria. Oppure, ancora, non si
può pensare di sviluppare all’interno della classe abilità interpersonali o sociali
riducendo però di fatto il livello e la qualità globale degli apprendimenti di natura
cognitiva.
A partire dagli ultimi decenni del XX secolo, la ricerca nel campo
dell’educazione si è impegnata a sviluppare una ricca tipologia di modelli didattici
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che favorissero e potenziassero l’apprendimento degli studenti.
L’elenco include modelli cognitivisti e costruttivisti, modelli fondati sulla
ricerca e su problemi, modelli a mediazione dell’insegnante e degli studenti.
Sebbene ricevano nella letteratura specializzata nomi diversi, i modelli didattici
che si basano sulla mediazione dei compagni mirano tutti, in generale, al
conseguimento di una serie di obiettivi comuni quali rendere più agevole il
processo di apprendimento, adattare l’insegnamento al livello di ogni singolo
studente, favorire l’aumento del rendimento scolastico, e oltre a questi, sviluppare
all’interno della classe rapporti di amicizia tra i diversi gruppi di studenti e
promuovere l’integrazione fra minoranze e culture diverse e l’accettazione dei
portatori di handicap.
Forse il più noto e il più diffuso di tali metodi, sicuramente quello che ha
ricevuto la maggiore attenzione da parte degli studiosi, è il Cooperative Learning.
Con questa espressione si intendono indicare diverse modalità di apprendimento
che condividono la caratteristica della suddivisione delle classi in gruppi.
L’insegnante predispone le condizioni e le strutture per l’attività dei gruppi e gli
studenti si organizzano per apprendere in modo autonomo. I gruppi sono
generalmente “eterogenei” (per il livello di abilità/capacità, per il background
culturale e sociale, per il patrimonio di conoscenze posseduti dai singoli
componenti), e in alcune modalità è prevista una distribuzione di ruoli, senza che
però qualcuno di essi assuma un valore di superiorità rispetto ad un altro.
Differenze di popolarità e di influenza possono talora essere presenti all’interno dei
gruppi, e difficilmente possono essere del tutto eliminate. Il metodo non fa
affidamento su tali differenze, ma al contrario lavora per ridurle favorendo lo
sviluppo di una relazione di interdipendenza positiva tra i partecipanti.
Sebbene ci sia un accordo comune nel definire il Cooperative Learning come
un insieme di tecniche di classe nelle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi
per attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati conseguiti,
fra gli studiosi esiste la tendenza a privilegiare alcuni aspetti rispetto ad altri.
Questo fatto ha dato origine a diversi modelli, linee di ricerca e di applicazione del
metodo.
In ogni caso, quando si parla di Cooperative Learning ci si riferisce, prima
ancora che ad uno specifico metodo di insegnamento/apprendimento, a un vasto
movimento i cui punti fermi sono: una lunga storia, una incessante attività di
ricerca e di elaborazione teorica, una ricca tipologia di scuole e tendenze, una vasta
letteratura. Ciò che accomuna ricerca e applicazione nel Cooperative Learning è
l’accentuazione del rapporto interpersonale nell’apprendimento: esso è così forte
da rappresentare il perno attorno al quale ruotano tutte le altre variabili
(motivazione, processi cognitivi, organizzazione della classe, valutazione, ecc.).
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BREVE EXCURSUS STORICO E MODALITÀ DI COOPERATIVE
LEARNING
L’idea di lavorare insieme non è certo nuova nel campo dell’educazione. Essa è
sostenuta da Comenio già nella prima metà del XVII secolo, e da Bell e Lancaster
nel corso del XIX secolo. Fu proprio Lancaster a fondare sull’idea del lavoro
cooperativo la “scuola lancasteriana”. Questa scuola si diffuse dapprima in
America Latina e in seguito con crescente successo negli Stati Uniti a partire dalla
seconda metà del XIX secolo. Il movimento della scuola cooperativa subì un
notevole declino a seguito della crisi economica che investì gli Stati Uniti nei primi
decenni del XX sec. La depressione economica e gli interessi della classe politica e
dei grandi gruppi industriali finirono con il favorire la diffusione della cultura della
competizione, che non mancò di estendersi al campo educativo e scolastico.
Tuttavia, nello stesso periodo in cui si andava affermando questo movimento di
tipo competitivo e individualistico, incominciarono a svilupparsi due linee di
pensiero che contribuirono alla crescita di un indirizzo favorevole a un
apprendimento di tipo cooperativo nella scuola. La prima, richiamandosi a J.
Dewey, promuoveva l’uso di gruppi di apprendimento impostati cooperativamente
come parte del suo progetto educativo. L’altra si sviluppò dagli studi di K. Lewin e
dai suoi allievi R. Lippitt e M. Deutsch.
Sebbene non ebbero mai occasione di confrontare le proprie opinioni, Dewey e
Lewin convennero sull’importanza dell’interazione e della cooperazione nella
scuola come mezzo per migliorare la società. Entrambi erano convinti della
necessità di avviare una ricerca-azione (action research) pur partendo da dati
scientifici insufficienti. A questo riguardo, così Schmuck ha sintetizzato il pensiero
di Dewey:
«Dewey sostiene che, se gli umani devono imparare a vivere cooperativamente, devono
fare l’esperienza del processo di cooperazione vivendolo nella scuola. La vita nella classe
dovrebbe rappresentare il processo democratico in microcosmo e il cuore della vita
democratica è la cooperazione in gruppo. Dewey riteneva che la vita della classe dovrebbe
incarnare la democrazia, non solo nel modo in cui gli studenti imparano a fare delle scelte e
a portare avanti progetti accademici insieme, ma anche nel modo in cui imparano a
relazionarsi tra di loro. Questo approccio potrebbe coinvolgere l’insegnamento di come
empatizzare con altri, rispettare i diritti degli altri e lavorare insieme in ragionevoli problem
solving» (Schmuck, 1985, p. 2).
Lo sviluppo della dinamica di gruppo come disciplina psicologica e le idee di
Dewey sull’apprendimento cooperativo contribuirono alla raccolta di dati sulle
funzioni e sui processi coinvolti nella cooperazione di gruppo. Su questi temi,
determinanti furono gli studi condotti da Kurt Lewin (e successivamente dai suoi
allievi Lippitt e, in particolare, Deutsch). Lo psicologo tedesco profuse un tale
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impegno nel campo della ricerca sul gruppo che la sua vita fu descritta da Lippitt,
dopo la morte avvenuta nel 1947, come un’ “avventura nell’esplorazione della
interdipendenza”:
«per lo stile di vita interdipendente, per l’esplorazione delle interdipendenze nella vita
del gruppo, per l’enfasi che metteva sull’interdipendenza dell’azione e della ricerca e per la
visione della interdipendenza dei diversi metodi di ricerca» (cit. in Schmuck, 1985, p. 3).
Morton Deutsch, collaboratore di Lewin, nella sua dissertazione dottorale fatta
davanti a Lippitt, rispondendo alla domanda: “Qual è l’essenza dei fenomeni della
cooperazione e della competizione?”, così si espresse:
«Il punto cruciale delle differenze tra cooperazione e competizione si trova nella natura
di come sono vincolati gli obiettivi dei partecipanti in ciascuna delle situazioni. In una
situazione cooperativa gli obiettivi sono vincolati in maniera tale che tutti affondano o
nuotano insieme, mentre nella situazione competitiva, se uno nuota, l’altro può anche
annegare» (cit. in Schmuck, 1985, p. 3).
Attualmente esiste un notevole interesse per lo studio e la pratica dei metodi
cooperativi. Ne sono prova la vastità delle ricerche sull’argomento, la continua
evoluzione della teoria e l’applicazione crescente di tecniche cooperative alle
materie scolastiche. Questo interesse si è esteso grazie soprattutto all’azione svolta
da centri e gruppi di ricerca che operano negli Stati Uniti, in Canada, in Israele, in
Olanda, in Inghilterra, e in altri paesi.
Un gruppo autorevole di studiosi lavora presso il Cooperative Learning Center
dell’Università del Minnesota, dove ha sviluppato una modalità di lavoro di gruppo
denominata Learning Together. In questo centro, David Johnson e Roger Johnson
conducono ricerche, scrivono articoli e libri, producono videocassette e
introducono nuove procedure per migliorare l’apprendimento nella scuola. Una
collaboratrice del gruppo, Edythe Johnson Holubec, lavora all’Università del Texas
ad Austin. Per Johnson e Johnson sono cinque gli ingredienti fondamentali di
un’esperienza cooperativa significativa: (1) l’interdipendenza positiva (la
percezione da parte dei membri del gruppo di galleggiare o sprofondare insieme),
che ordinariamente si sviluppa a partire dal momento in cui si definisce un
obiettivo di gruppo; (2) la responsabilità individuale (lo sforzo e l’impegno dei
singoli membri per il conseguimento dell’obiettivo di gruppo); (3) l’interazione
faccia a faccia, grazie alla quale nel gruppo tutti contribuiscono, ascoltano,
collaborano, manifestano fiducia reciproca, si accettano e si aiutano; (4) le abilità
sociali (comunicazione, leadership distribuita, risoluzione di conflitti) che devono
essere attentamente insegnate e apprese; (5) controllo da parte dell’insegnante dei
comportamenti richiesti dal compito da eseguire in gruppo (monitoring) e
valutazione del lavoro svolto in gruppo (processing);
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Robert Slavin e collaboratori, promotori di una modalità di lavoro di gruppo una
volta denominata Student Team Learning e ora Success for All, hanno continuato e
ampliato il lavoro iniziato da D. DeVries e K. Edwards alla Johns Hopkins
University. Essi ritengono che siano tre gli elementi essenziali e caratteristici dei
metodi o delle tecniche di Cooperative Learning: (1) le ricompense di gruppo (le
ricompense possono essere di vario genere, adatte secondo l’età o la situazione, ma
nella sostanza esprimono un riconoscimento pubblico dei risultati raggiunti dal
momento in cui è stato assegnato il compito); (2) la responsabilità individuale (il
successo del gruppo dipende dal livello di apprendimento che “ciascuno” riesce a
raggiungere e realizzare. Tutti devono sentirsi responsabili delle relazioni del
gruppo: “Ognuno ha l’obbligo di dare il meglio che può e fare il meglio che può”.
Ma questo va fatto non in modo individualistico, ma ascoltandosi, correggendosi,
aiutandosi reciprocamente, fino a che ogni membro del gruppo non è sicuro che
ogni altro membro è preparato per affrontare una prova individuale su quanto ha
appreso); (3) la stessa opportunità di successo (diversamente dalla condizione
competitiva, tipica della classe tradizionale, che consente solo a uno o a pochi di
conseguire il risultato migliore, la condizione cooperativa assicura che tutti abbiano
la possibilità di raggiungere il successo se migliorano la loro prestazione
precedente).
In Israele, Yael Sharan è impegnata nello sviluppo della Ricerca di Gruppo,
modalità di lavoro in gruppi cooperativi chiamata Group Investigation. Per Sharan,
l’applicazione di successo di questa modalità è legata alla capacità e all’impegno
degli insegnanti di prestare attenzione a quattro componenti principali: (1)
organizzazione della classe in gruppi flessibili, eterogenei per sesso e etnia, dotati
di una molteplicità di interessi e di obiettivi accademici; (2) pianificazione del
compito di apprendimento in modo che ogni membro del gruppo possa dare un
attivo contributo e proporre soluzioni diverse da una varietà di fonti; (3)
attribuzione di un ruolo agli studenti, curando che collaborino attivamente,
condividano informazioni e risorse, comunichino e accettino le differenze
individuali; (4) attribuzione del ruolo di facilitatore all’insegnante, con il compito
di curare un clima cooperativo e un modello di comunicazione efficace, pianificare
compiti appropriati, coordinare l’organizzazione della classe, definire i ruoli e le
competenze, osservare l’interazione del gruppo, intervenire quando è necessario.
A Spencer e Miguel Kagan si deve lo sviluppo della modalità Structural
Approach, le cui due caratteristiche significative sono: (1) il più alto livello di
“interazione simultanea” (se un gruppo di 20 membri è suddiviso in 5 gruppi,
ognuno composto da 4 membri, nella medesima unità di tempo sarebbero almeno 5
membri a parlare, se si dividesse lo stesso gruppo in coppie, sempre nella
medesima unità di tempo sarebbero almeno 10 membri a parlare); (2) il pari livello
di partecipazione (il lavoro da svolgere in gruppo deve essere “equamente”
distribuito fra i membri in modo da realizzare lo “stesso” contributo da parte di
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tutti; (la mancanza di un pari livello di impegno potrebbe indurre a qualche
membro ad approfittare del lavoro degli altri).
Elisabeth Cohen e collaboratori propongono una modalità chiamata Complex
Instruction. Al fine di realizzare un efficace lavoro cooperativo, questi studiosi
suggeriscono di riconoscere la presenza nel gruppo dell’effetto di status (gli
studenti che godono di uno status più elevato hanno un tasso più elevato di
partecipazione, e questa condizione facilmente governa un’aspettativa generale di
competenza maggiore). La constatazione della presenza dell’effetto di status è
fondamentale per la costruzione o pianificazione del lavoro di gruppo. A tale
proposito, è opportuno tener conto di alcune importanti indicazioni: (1) modificare
i pregiudizi sia degli studenti che dell’insegnante (una visione ampia delle abilità
necessarie per eseguire un compito scolastico implica una serie di considerazioni,
per esempio che una persona non può disporre di tutte le abilità, che alcuni
riescono meglio in una abilità, altri in un’altra, che è necessario stimarsi
reciprocamente per le abilità di cui si dispongono); (2) preparare gli studenti alla
cooperazione attraverso l’insegnamento di competenze cooperative specifiche
come: porre domande, ascoltare, aiutare gli altri, aiutare gli altri a fare da soli,
mostrare agli altri come una cosa deve essere fatta, spiegare dicendo come e perché
una cosa deve essere fatta in un certo modo, scoprire come gli altri pensano,
precisare il proprio punto di vista); (3) organizzare compiti complessi (questi
compiti posseggono tre caratteristiche: sono “tematici”, sono “compiti aperti”, e
“richiedono un ampio arco di abilità”); (4) dare a ciascun membro del gruppo il
ruolo o il compito da svolgere (l’organizzazione della classe in gruppi che
svolgono compiti complessi richiede una trasformazione del modo tradizionale di
fare scuola. La classe normale deve essere immaginata suddivisa in piccoli gruppi
impegnati in un compito o un problema aperto che sviluppano l’apprendimento, la
ricerca e l’attività di collaborazione in modo autonomo e indipendente.
L’autonomia dei gruppi richiede che: a) l’insegnante prepari le istruzioni relative a
che cosa e a come deve essere svolto il compito, a se lavorare da soli o richiedere
aiuto ai compagni, che cosa alla fine del lavoro si attende da ognuno dei membri);
b) sviluppare le norme di comportamento cooperativo; c) distribuire ruoli
all’interno del gruppo (facilitatore, gestore dei materiali, controllore, mediatore dei
conflitti, stimolatore della interazione, ecc.); d) organizzare il lavoro e gli
argomenti in modo che siano avvincenti e interessanti, ma anche studiare il modo
per indurre il gruppo a interagire e discutere per portare a termine il lavoro); (4)
valutare e migliorare il lavoro di gruppo (questi due interventi che riguardano come
il compito è stato preparato o come gli studenti hanno reagito o si sono comportati
sono importanti per le successive sessioni del lavoro di gruppo).
Una modalità diversa, ma per alcuni aspetti molto simile allo Structural
Approach, è lo Scripted Cooperation proposto da O’Donnell e Dansereau della
Christian Texas University. La ricerca di questi due studiosi si basa sulla
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convinzione che i gruppi devono essere molto piccoli (diadi) per evitare dinamiche
interne che rendono difficile il lavoro, e che ad essi debba essere offerta una traccia
(script) di come devono operare per essere sicuri di raggiungere un risultato di
successo. “Lo script (copione o traccia) è organizzato per facilitare l’applicazione
di attività efficaci che sono emerse da ricerche in psicologia cognitiva ed educativa,
come il riassunto orale, il modellamento incrociato/imitazione di strategie e
l’applicazione di molti passi attraverso il materiale” (O’Donnell & Dansereau,
1992, p. 123). In un esempio prototipico di uno script nell’ambito
dell’apprendimento da testo scritto, ciascun membro di una diade legge una parte
del testo da studiare. Poi riassume oralmente al compagno ciò che ha appreso e
questi, a sua volta, controlla guardando il testo e fornendo un feed-back. Più avanti
ambedue elaborano i contenuti facendo disegni o grafici, o relazionando ciò che
hanno letto con le rispettive conoscenze previe). Terminata questa attività, i due
membri della diade continuano la lettura del testo scambiandosi i ruoli (Dansereau,
1988).
Il modello di struttura interazionale delle diadi è dato dall'intersecarsi di diverse
componenti: cognitive, affettive, metacognitive e sociali (si veda la tabella 1)
Tabella 1
Sistema
Attività di elaborazione
Risultato dipendente dal
contenuto
Risultato indipendente
dal contenuto
Cognitivo
Comprensione
Memoria del compito
Schema generale per
trattare con un tipo di
materiale
Affettivo
Motivazione
Piacere per il compito
Atteggiamento positivo
verso il relativo compito
Metacognitivo
Scoperta degli errori
Riduzione degli errori
Strategia generale per
individuare dove
localizzare gli errori e
correggerli
Sociale
Coscienza del partner
Coordinare le attività con
altri
Strategia generale per
lavorare con altre persone
Da: A. M. O’Donnel, & D. F. Dansereau (1992). Scripted cooperation in student dyads: A method for analyzing
and enhancing academic learning and performance. In R. Hertz-Lazarowitz, & N. Miller (Eds.), Interaction in
cooperative groups: The theoretical anatomy of group learning. New York: Cambridge University Press, p. 126.
Oltre agli studiosi citati interessati allo sviluppo di specifiche modalità di
Cooperative Learning, ne ricordiamo altri come G. Hughes e collaboratori che
operano presso il Department of Cooperation di Saskatchewan in Canada; E.
Hjertaker e colleghi a Bagen, in Norvegia; Helen Cowie e Jean Rudduck, che
hanno lavorato al Co-operative Group Work Project, Division of Education
dell’University of Sheffield e ora sono al Roehampton Institute di Londra. Oltre a
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numerosi centri di ricerca teorica e applicativa sul Cooperative Learning, si è
sviluppata anche una fitta rete di informatori e istruttori di training per insegnanti
interessati all’applicazione del metodo. Gli stessi centri di ricerca sono diventati
punti di riferimento e di supporto didattico per un crescente numero di persone
impegnate ad approfondire la conoscenza delle diverse modalità. Presso numerose
università statunitensi si possono anche trovare laboratori dove studenti con
interessi nel campo dell’insegnamento o gruppi di insegnanti si impegnano a
perfezionare sempre più la loro abilità ad applicare il metodo nella conduzione
della classe.
GLI ELEMENTI FONDAMENTALI DEL COOPERATIVE LEARNING
SECONDO D. W. JOHNSON E R. T. JOHNSON
David W. Johnson, docente di Educational Psychology all’Università del
Minnesota, è probabilmente lo studioso con il maggior numero di ricerche
significative sul Cooperative Learning. Per la fecondità e l’originalità dei suoi studi
ha ricevuto numerosi riconoscimenti. L’ultimo gli è stato assegnato dalla
prestigiosa rivista American Psychologist nell’anno 2004?????.
Con il fratello Roger ed altri collaboratori in vari lavori questo studioso ha
indicato come elementi fondamentali e caratteristici del Cooperative Learning i
cinque elementi sinteticamente descritti in precedenza a proposito della modalità
Learning Together. Dato il loro carattere essenziale e soprattutto trasversale a tutte
le più diffuse modalità di Cooperative Learning, pensiamo che essi meritino di
essere più ampiamente illustrati (D. W. Johnson & F. P. Johnson, 1991, p. 2; D. W.
Johnson & R. T. Johnson, 1989, 1990, 1992; 1993; D. W. Johnson, R. T. Johnson,
& Holubec, 1994a,b,c; D. W. Johnson, R. T. Johnson, Holubec, & Roy, 1984).
a)
L’interdipendenza positiva
Ricordando che è stato Lewin a indicare l’“interdipendenza” come l’elemento
caratterizzante un gruppo, e che è stata la Deutsch a definire “positivo” l’aspetto
caratterizzante un gruppo cooperativo, si parla di “interdipendenza positiva”
“quando una persona percepisce di essere vincolata ad altre persone in modo tale
da non potere avere successo se anche queste non l’hanno (e viceversa), e/o deve
coordinare i suoi sforzi con quelli sostenuti da altri per completare un compito» (D.
W. Johnson & R. T. Johnson, 1989, p. 58). L’interdipendenza positiva può essere
raggiunta attraverso obiettivi comuni (interdipendenza di obiettivo), la divisione
del lavoro (interdipendenza di compito), la condivisione di materiali, risorse o
informazioni (interdipendenza di risorse), l’assegnazione di ruoli diversi
(interdipendenza di ruolo) e di ricompense di gruppo (interdipendenza di premio),
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la competizione tra gruppi (interdipendenza di competizione), la condivisione di
ambiente (interdipendenza di spazio).
L’interdipendenza positiva è un elemento essenziale del Cooperative Learning
perché ha effetti sull’interazione, sulla disponibilità a lasciarsi influenzare
dall’altro, sull’investimento di risorse psicologiche, sulla motivazione e sulla
produttività individuale. La percezione chiara di ogni studente che i suoi sforzi
sono necessari affinché il gruppo possa raggiungere le mete desiderate e che i
mezzi che possiede sono utili a completare il compito, creano un tale senso di
responsabilità personale e di impegno nel lavoro cooperativo da influire in maniera
straordinaria sull’apprendimento e sul lavoro in comune. I feed-back che fanno
percepire come ognuno contribuisca al bene di tutto il gruppo prevengono ed
eliminano i comportamenti indesiderati che possono insidiare la cooperazione,
come per esempio, il “social loafing” (disimpegno nel gruppo), l’irresponsabilità e
il rifiuto di fornire aiuto e informazioni importanti per l’esecuzione del compito.
Si potrebbe pensare che l’interdipendenza positiva costituisca di per sé una
condizione sufficiente per un lavoro di gruppo efficace, tuttavia essa è tale solo se è
anche soggettivamente vissuta e accettata. Infatti si verifica spesso che le persone
inserite in una condizione di interdipendenza positiva “inconsapevolmente”
assumono atteggiamenti individualistici e/o competitivi (che sono distruttivi di tale
condizione) oppure, pur essendo consapevoli del comportamento costruttivo da
tenere, si mostrano riluttanti a collaborare con gli altri e a condividere con loro
sforzi e impegni in comune. È probabile che quando non è pienamente accettata, la
condizione di interdipendenza positiva è vissuta dai singoli componenti di un
gruppo di lavoro come un senso di “schiavitù” o un senso di “mancanza di libertà”.
L’interdipendenza di scopo è tra tutti i tipi di interdipendenza positiva la più
importante ed essenziale. Per quanto di solito sufficiente, tale condizione da sola
può in certi casi essere debole perciò va rinforzata da altri tipi di interdipendenza
positiva (di ricompensa, di ruolo, di risorse, ecc.).
È opportuno che l’insegnante interessato a organizzare nella propria classe
gruppi di lavoro cooperativo tenga conto di una serie di indicazioni riguardo
all’applicazione del concetto di interdipendenza positiva:
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È importante essere chiari e precisi nell’indicare le scopo per cui si sta insieme.
La precisione indica implicitamente ciò per cui si sta insieme e fino a quando è
richiesta la collaborazione reciproca.
È necessario rendere consapevoli gli studenti che sono in gruppo di come, pur
facendo gruppo o avendo uno scopo condiviso, è possibile, inconsapevolmente,
porre atti e comportamenti che distruggono la cooperazione. D’altra parte gli
studenti devono diventare consapevoli dei comportamenti sia costruttivi che non
costruttivi in una situazione di interdipendenza.
Non basta fare gruppi perché ci sia cooperazione, nel gruppo si deve percepire
che l’interdipendenza positiva è indispensabile rispetto allo scopo che si vuole o
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che si deve conseguire (cioè, evitare di fare compiti di gruppo che non esigono
una quantità di risorse come quella che il gruppo può dare, oppure di utilizzare
il gruppo per ridurre l’impegno solo per “persuadere” dell’utilità del gruppo).
L’insegnante abituato a gestire la classe in modo individualistico è facile che
pensi a “compiti individuali” da fare in gruppo. Se questo può accadere solo
all’inizio a poco a poco l’insegnante deve abilitarsi a pensare “compiti di
gruppo”, cioè compiti che richiedono una quantità di risorse superiore a quelle
dell’individuo. Il Cooperative Learning non è una metodologia per tenere
“buoni e impegnati” i ragazzi, ma per educarli a saper affrontare compiti
“complessi” che esigono la collaborazione. Questa non è una convinzione o
un’opinione dell’insegnante, ma una richiesta posta dalla nuova società nella
quale viviamo.
Prima di creare i gruppi cooperativi l’insegnante deve preoccuparsi
dell’accettazione e del rispetto reciproco tra tutti gli studenti. Senza tali
condizioni, è facile che essi si rifiutino di fare gruppo con qualsiasi compagno!
All’inizio, se qualcuno si rifiuta di lavorare in gruppo, non obbligare a farlo,
lasciarlo lavorare da solo, senza modificare però il compito che gli altri devono
eseguire. Ciò potrà persuaderlo dell’utilità del lavoro di gruppo. Ma allo stesso
tempo alternare opportunamente lavori individuali e di gruppo per dimostrare
quando è utile il lavoro di gruppo, e quando invece è superfluo e uno spreco di
risorse e di energie.
L’esperienza quotidiana è ricchissima di esempi nel contesto della famiglia,
della classe o della società più ampia nei quali è possibile applicare il concetto di
interdipendenza positiva di scopo. Pensare e interpretare fatti di vita quotidiana può
essere utile per comprendere meglio questo concetto.
b)
L’interazione positiva faccia a faccia
L’interdipendenza positiva ha come naturale effetto l’interazione positiva (o
promozionale) faccia-a-faccia tra i componenti del piccolo gruppo. Essa può essere
definita come l’incoraggiamento e la collaborazione reciprocamente scambiati per
raggiungere gli obiettivi condivisi, ed è caratteristica di individui che:
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si prestano vicendevole aiuto e assistenza; percepiscono più frequentemente il
bisogno di ricevere e di dare aiuto; facilitano il raggiungimento dell’obiettivo
del gruppo aiutando gli altri, anche se tra questi ci sono studenti con handicap
o appartenenti a razze diverse;
interscambiano risorse come informazioni e materiali; si preoccupano di
mantenere una comunicazione di buona qualità (si impegnano in una ricca
produzione di parafrasi e di sintesi, sono pronti ad assumere le prospettive
degli altri, operano un’elaborazione profonda dell’informazione);
forniscono reciproco feed-back sul modo di procedere e sulla soddisfazione
che si prova a lavorare insieme con gli altri allo scopo di migliorare le
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(4)
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prestazioni successive;
stimolano con opinioni e domande le credenze e i pensieri degli altri,
promuovono una più alta qualità delle decisioni, e dimostrano di avere una
visione più ampia dei problemi da affrontare;
sollecitano l’impegno per raggiungere gli scopi di tutto il gruppo; esercitano
un’influenza sugli altri (indirettamente o attraverso il controllo normativo del
comportamento di gruppo), per cercare di raggiungere un buon rendimento
nelle mete del gruppo;
agiscono in modo da favorire lo scambio della fiducia;
sono motivati a impegnarsi per il bene comune;
godono di un moderato livello di ansia e di stress (D. W. Johnson & R. T.
Johnson, 1989, p. 29; 1993, p. 142).
L’interazione positiva faccia a faccia promuove la conoscenza reciproca dei
membri del gruppo come persone, e offre l’opportunità di una più ampia gamma di
influenze di natura sociale. Le varie forme di interazione influiscono anche sui
risultati educativi. Infatti, costretti ad adeguarsi dalla necessità di collaborare per
raggiungere gli scopi comuni, i soggetti coinvolti progrediscono nell’apertura verso
gli altri e migliorano le loro prestazioni. Gli effetti possono essere variabili e
complessi, ma in ogni caso sono conseguiti attraverso sostituti non sociali come
istruzioni teoriche o pura esperienza materiale.
Noi sintetizziamo questo aspetto del Cooperative Learning e l’insieme degli
atteggiamenti e dei comportamenti ad esso associati come la capacità di essere
“eterocentrati”. Questa capacità non è solo delle persone empatiche, , ma anche di
quelle che, quando si trovano inserite in una situazione di collaborazione, sono in
grado di essere attente a se stesse, e nello stesso tempo di cogliere i bisogni degli
altri e verificare come le proprie capacità e risorse possono essere messe al loro
servizio. Questo comportamento si contrappone al comportamento di coloro che
non riescono a fare qualcosa senza l’aiuto o la presenza di altri, o di coloro che
hanno sempre bisogno della conferma di altri rispetto a ciò che fanno, oppure,
ancora, di coloro che, pur essendo in un gruppo, amano agire da soli, pretendono
indicazioni precise una guida sicura, chiedono di conoscere quali aspettative si
hanno nei loro confronti, e si ritrovano con gli altri solo quando hanno portato a
termine il proprio compito.
Le persone capaci di eterocentrarsi sanno anche proiettarsi sullo scopo del
gruppo, si lasciano coinvolgere dal suo conseguimento mettendo a disposizione
tutte le proprie capacità e verificano costantemente se le proprie scelte sono in linea
con il raggiungimento dello scopo scelto. Nel comportarsi in questo modo, le
persone eterocentrate mantengono sempre un’elevata dose di fiducia nei confronti
degli altri, e credono che gli altri si comporteranno come loro e saranno disponibili
a venire in loro aiuto ogni volta che ne avranno bisogno.
L’interazione positiva faccia a faccia è una condizione che difficilmente può
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essere trovata in un gruppo di lavoro appena formatosi, di conseguenza va
costantemente promossa nei membri che lo compongono fin dall’inizio. Sarebbe
bene che l’insegnante interessato ad affrontare questo compito tenesse presente le
seguenti indicazioni:
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Ponga l’educazione di questa condizione come uno degli obiettivi prioritari per
la formazione del gruppo cooperativo. L’uso prolungato di strategie di
Cooperative Learning Informale può rilevarsi necessario e funzionale per
preparare il momento in cui introdurre il lavoro di gruppo.
Curi molto e sia molto sensibile al clima che si crea in classe e nella scuola. È
una condizione fondamentale che l’insegnante sia rigoroso nell’esigere il
rispetto degli altri e intransigente in casi di violazione di questa regola.
Intervenga almeno inizialmente, ma anche per un tempo prolungato, per
promuovere positivamente il buon rapporto tra gli studenti e tra gli studenti e
l’insegnante.
Manifesti pubblicamente apprezzamento ed elargisca riconoscimenti per
comportamenti che dimostrano altruismo, rispetto e apprezzamento della
diversità.
Sviluppi un clima di caring, cioè di attenzione, di apertura, di interesse, di
condivisione, di fiducia, di ascolto profondo e attivo, di apprezzamento
dell’altro come una risorsa, ecc. Senza queste condizioni l’introduzione del
Cooperative Learning sarà molto difficile o forse impossibile.
c)
L’insegnamento-apprendimento dell’uso di competenze interpersonali e la
formazione di piccoli gruppi
Non basta “mettere insieme” le persone in un gruppo e dire di cooperare perché
esse lo facciano realmente. È necessario insegnare loro le competenze necessarie
per cooperare in modo efficace. Gli sforzi cooperativi richiedono obiettivi chiari e
comunicazione efficace. Quest’ultima costituisce l’elemento fondamentale per lo
sviluppo di ogni altra competenza, come per affrontare in modo costruttivo i
conflitti, saper riflettere e agire insieme nella soluzione di problemi, saper
elaborare procedure flessibili di decision-making, saper distribuire il potere di
influenza, ecc.
Poiché dedicheremo a questo elemento ampio spazio in un successivo articolo,
ci limitiamo qui ai brevi accenni appena forniti.
d)
La revisione e il controllo del comportamento di gruppo
Il progressivo sviluppo dei comportamenti coerenti con l’interdipendenza
positiva degli atteggiamenti/comportamenti connessi all’interazione positiva faccia
a faccia, e dell’uso di competenze sociali tra i membri di un gruppo cooperativo
richiede che il gruppo stesso abbia un continuo e costante controllo del proprio
1
13
comportamento.
Questo processo può avvenire in due distinti momenti: nel corso dell’attività
(monitoring) oppure al termine di essa (processing). Varie ricerche hanno
dimostrato che esso ha una grande importanza sul miglioramento dei risultati. Ma
non pochi insegnanti al di là delle intenzioni, manifestano difficoltà su come
condurlo riguardo sia al comportamento cooperativo dei membri del gruppo che ai
risultati del lavoro di gruppo. Anche su tale elemento non ci dilunghiamo
ulteriormente preferendo illustrarlo in maniera più ampia in un successivo articolo.
DIFFERENZE TRA IL COOPERATIVE LEARNING E IL LAVORO DI
GRUPPO
Non è raro sentire numerosi insegnanti dire che il Cooperative Learning non
costituisce per loro una novità perché essi già da tempo l’adottano come “normale”
pratica professionale. Tuttavia se si chiede loro di essere più precisi riguardo a ciò
che fanno in classe, ci si accorge che essi applicano una modalità di lavoro di
gruppo che è molto simile ai gruppi tradizionali o spontanei apprendimento che
non al Cooperative Learning.
In realtà non si può parlare di Cooperative Learning ogni qualvolta in classe si
formano dei gruppi per discutere un argomento o per studiare una lezione, oppure
si esortano gli studenti ad aiutarsi reciprocamente, oppure ancora si assegna un
lavoro scritto da consegnare dopo un’attività di gruppo. Perché si parli di gruppi di
Cooperative Learning è necessaria, in genere, la presenza delle caratteristiche
specifiche e fondamentali introdotte nel paragrafo precedente. Per evidenziare
meglio le caratteristiche dei gruppi di apprendimento cooperativo può essere utile
metterle a confronto con quelle dei gruppi tradizionali o spontanei di
apprendimento:
(1)
(2)
Nei gruppi di Cooperative Learning si stabilisce un’interdipendenza positiva tra
i membri in quanto ognuno si preoccupa e si sente responsabile non solo del
proprio rendimento, ma anche di quello di tutti gli altri. Di conseguenza, ci si
aiuta e ci si incoraggia a vicenda affinché tutti svolgano in modo efficace il
compito loro affidato. Nei gruppi tradizionali o spontanei di apprendimento,
invece, ognuno in genere si preoccupa unicamente di imparare per se stesso e
non si prende cura né sente la responsabilità dell’apprendimento degli altri
membri.
I gruppi di Cooperative Learning sono di solito formati secondo criteri di
eterogeneità in relazione sia alle caratteristiche personali che alle abilità dei
suoi membri. Al contrario, i gruppi tradizionali o spontanei di apprendimento
sono o omogenei o casuali. Gli omogenei sono formati sulla base di qualche
criterio sociale e/o psicologico: livelli di prestazione simili, elevata attrazione
affettiva, comune provenienza culturale, e altri. I casuali sono formati
1
14
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
indipendentemente da qualsiasi criterio, in quanto si suppone che al loro interno
la casualità di per sé produca una distribuzione equilibrata dei membri.
Nei gruppi di Cooperative Learning la responsabilità della leadership è
condivisa da tutti i membri, che spesso assumono ruoli di gestione diversi
(leadership distribuita). Nei gruppi tradizionali o spontanei di apprendimento,
invece, ordinariamente si nomina un leader responsabile (o si riconsidera
implicitamente tale un membro) con il ruolo di guidare e organizzare il lavoro.
Nei gruppi di Cooperative Learning si mira non solo a conseguire adeguati
livelli di apprendimento, ma anche a promuovere un ambiente di inter-relazione
positiva tra i membri durante l’esecuzione del compito. Nei gruppi tradizionali
o spontanei di apprendimento, al contrario, si ha una particolare attenzione per i
risultati, ma non per il clima di interazione.
Nei gruppi di Cooperative Learning le competenze relazionali richieste per
eseguire un compito in modo collaborativo (la fiducia reciproca, le abilità di
comunicazione, di gestione dei conflitti, di soluzione di problemi, di prendere
decisioni, ecc.) sono insegnate direttamente. Nei gruppi tradizionali o spontanei
di apprendimento si dà per scontato che i membri del gruppo possiedano questo
tipo di competenze (presupposizione che spesso non corrisponde alla realtà).
Nei gruppi di Cooperative Learning l’insegnante ha la possibilità di intervenire
con un feed-back adeguato sul modo di relazionarsi dei membri. Nei gruppi
tradizionali o spontanei di apprendimento è molto raro che egli si preoccupi di
questo aspetto, poiché, normalmente, effettua solo interventi di recupero: per
esempio, interviene per sedare una tensione diventata troppo forte o per
ridefinire la composizione dei gruppi nei quali non si è raggiunto un livello
minimo di collaborazione.
Nei gruppi di Cooperative Learning, oltre alla valutazione di gruppo, è prevista
la valutazione individuale per ciascun membro. In questo modo ogni studente è
personalmente responsabile del proprio rendimento. Nei gruppi tradizionali o
spontanei di apprendimento si dà solo una valutazione di gruppo. In questi casi
esiste la possibilità che qualche studente non partecipi adeguatamente ritenendo
di poter trarre vantaggio dall’impegno degli altri.
La tabella 2 riassume le differenze principali tra i due tipi di gruppi.
Tabella 2
Differenze fra gruppi di Cooperative Learning
e gruppi tradizionali o spontanei di apprendimento
□
“Gruppi di Cooperative Learning”
□
□
Interdipendenza positiva
□
□
Leadership condivisa
□
□
Tutti sono responsabili di tutti
□
1
“Gruppi tradizionali o spontanei di
apprendimento”
Nessuna attenzione particolare
all’interdipendenza
Un unico leader formalmente o
informalmente scelto
Ognuno è responsabile solo di se stesso
15
□
Si enfatizzano il compito e la qualità
□
□
Le competenze sociali sono direttamente
insegnate
L’insegnante osserva ed interviene
□
□
□
□
I gruppi controllano la loro interazione ed
efficacia mentre lavorano
Valutazione individualizzata e di gruppo
□
□
□
Si enfatizzano solo il compito e i risultati
dei rapporti fra i membri del gruppo
Le competenze sociali sono supposte o
ignorate
L’insegnante si disinteressa o interviene
nel funzionamento del gruppo solo quando
si verificano comportamenti negativi
I gruppi non si controllano nella loro
interazione mentre lavorano
Valutazione di gruppo senza riferimento
all’impegno individuale dimostrato
rispetto ai risultati conseguiti dal gruppo.
Adattamento da: D. W. Johnson, & R. T. Johnson (1987c). Learning together and alone.
Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, p. 14.
Oltre agli elementi caratteristici già descritti, il Cooperative Learning presenta
altri elementi: l’eterogeneità dei gruppi, la leadership distribuita, l’autonomia e le
pari opportunità di successo.
a) L’eterogeneità
I sostenitori del Cooperative Learning sono convinti che un gruppo di lavoro
composto da membri aventi caratteristiche diverse (eterogeneo) sia molto più
efficiente di un gruppo costituito da membri con caratteristiche simili (omogeneo).
Essi sostengono, pertanto, al fine di accrescere le probabilità di successo
dell’apprendimento cooperativo, di formare gruppi di lavoro che accolgano
studenti il più possibile diversi riguardo a, per esempio, abilità, genere, status
socioeconomico, cultura, religione, razza, ecc.
Nel sostenere la loro convinzione, questi studiosi si richiamano al pensiero di
L.S.Vigotsky per il quale, mettendo insieme persone diverse, si offre a tutte
l’opportunità di arricchirsi delle esperienze che nel passato sono loro mancate (o
delle quali sono state private).
Il principio della eterogeneità non esclude che a volte sia opportuno formare
gruppi più omogenei, magari per favorire l’apprendimento di determinate abilità in
una disciplina o per conseguire specifici obiettivi.
b) Leadership distribuita
Nei gruppi cooperativi, la leadership è condivisa da tutti i membri. Tutti
possono essere leader, in quanto le abilità di leadership si possono acquisire. Tali
abilità, che possono essere distribuite a rotazione all’interno del gruppo, secondo
Johnson e Johnson devono essere orientate in maniera equilibrata sia al
conseguimento del compito, sia alla creazione e al mantenimento di un buon clima
1
16
nel gruppo per rendere il lavoro collaborativo efficace oltre che piacevole.
c) L’autonomia
Nell’apprendimento cooperativo si chiede che il gruppo si impegni in tutti i
modi ad essere autonomo e sufficiente senza ricorrere all’aiuto dell’insegnante nel
corso del lavoro. I membri devono cooperare e aiutarsi a vicenda venendo incontro
a coloro che si imbattono o si trovano in difficoltà.
Coerentemente con questo orientamento, l’insegnante interviene solo dietro
esplicita richiesta dell’intero gruppo ed è sicuro che i gruppo ha provato prima al
suo interno a trovare una soluzione al problema. In ogni caso il suo intervento deve
mirare non tanto a fornire soluzioni, quanto a stimolare processi di elaborazione
mentali superiori, quali il pensiero critico e il pensiero creativo.
d) Le pari opportunità di successo
I sostenitori dell’apprendimento cooperativo sono dell’idea che tutti siano posti
nella condizione di contribuire al successo del gruppo e di migliorare se stessi. Per
gli studenti con necessità particolari, “gli insegnanti dovrebbero individualizzare i
criteri di successo e adattare le aspettative e i compiti richiesti in maniera
appropriata alle loro abilità e ai loro bisogni” (Putnam, 1998b, p. 22).
L’apprendimento cooperativo migliora e rinforza le relazioni interpersonali tra
studenti “diversamente abili” e studenti “normali”. Questo è un risultato comune a
varie ricerche condotte sulla base della seguente ipotesi: se la classe è cooperativa
anziché competitiva, gli studenti con handicap scolastico possono contribuire al
successo dei gruppi; in questo modo la loro accettazione sembra probabile, e può
anche essere incrementata.
RUOLI DELL’INSEGNANTE E DELLO STUDENTE NEL
COOPERATIVE LEARNING
L’applicazione del Cooperative Learning porta a modificazioni sostanziali sia
nel ruolo degli insegnanti, sia nel modo di essere e di apprendere degli studenti.
Ruolo dell’insegnante
Nell’apprendimento cooperativo, l’insegnante continua ad avere un ruolo molto
attivo
sebbene
diverso
rispetto
a
quello
svolto
nei
metodi
d’insegnamento/apprendimento tradizionali. La sua presenza e competenza è di
1
17
fondamentale importanza non soltanto nelle fasi preliminari di preparazione della
lezione, in cui occorre che predisponga le condizioni precedentemente descritte, ma
anche durante la lezione. Il suo impegno è rivolto almeno a quattro attività cruciali:
(1)
(2)
(3)
(4)
specificazione e chiarificazione degli obiettivi da conseguire;
formazione dei gruppi nella maniera più eterogenea possibile;
insegnamento delle competenze sociali;
scelta dei compiti e osservazione del lavoro di gruppo.
Mentre i gruppi svolgono autonomamente il compito assegnato, egli passa
continuamente tra di loro, soffermandosi accanto ad ognuno di essi per fornire le
indicazioni necessarie a migliorare il lavoro sul compito e il funzionamento
cooperativo. Se un gruppo incontra qualche problema o difficoltà, si sofferma più a
lungo per dare l’aiuto necessario (ma solo se riceve un’esplicita richiesta).
L’apprendimento cooperativo sposta fisicamente al centro dell’azione didattica
dalla “cattedra” all’intera aula. Nella conduzione della classe, esso continua ad
assegnare all’insegnante un forte ruolo di guida, anche se questo appare meno
“visibile”.
Ruolo dello studente
È ormai ampliamente riconosciuto dalla maggior parte degli studiosi di
educazione, che oggi l’insegnante non è in grado da solo di soddisfare l’intera
gamma dei bisogni espressi dagli studenti di classi sempre più eterogenee. È per
questo motivo che i promotori del Cooperative Learning ritengono necessario
fornire un aiuto all’insegnante coinvolgendo e responsabilizzando attivamente gli
studenti nel loro apprendimento.
Impegnandosi nel lavoro cooperativo e coinvolgendosi progressivamente in
esso, gli studenti sviluppano maggiore stima di sé e una nuova identità, perché
sentono che ognuno di loro è importante, insostituibile e può contribuire in modo
significativo, secondo le sue possibilità, al raggiungimento dell’obiettivo comune.
Essi si rendono anche conto che lo scambio reciproco e condivisione delle risorse
personali portano a livelli di prestazione migliori e permettono di raggiungere
obiettivi superiori alle possibilità dei singoli.
Nell’apprendimento cooperativo, responsabilità non vuol dire più “fare da soli”
ma aver cura non solo del proprio apprendimento, ma anche di quello di tutti i
membri del gruppo. La responsabilità individuale si sposa intimamente con la
solidarietà verso gli altri, in uno stato costante di autovalutazione, di feedback
reciproci e di tensione migliorativa.
1
18
CONCLUSIONE
Nelle pagine precedenti abbiamo evidenziato quelli che possono essere ritenuti
gli aspetti più significativi e generalmente riconosciuti del Cooperative Learning:
a) una struttura di interdipendenza nel gruppo; b) una particolare attenzione
all’interazione e alla comunicazione di gruppo; c) la formazione di piccoli gruppi
preferibilmente eterogenei; d) l’insegnamento delle competenze sociali; e) il
controllo e la revisione del lavoro svolto.
Pur con una diversa accentuazione, tali aspetti emergono nella maggior parte
delle modalità di lavoro in classe che si richiamano al metodo. Essi, pertanto, non
possono essere tralasciati, o tanto meno trascurati se si vuole che l’apprendimento
di gruppo cooperativo abbia buone probabilità di successo.
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