TERZO SETTORE TERZO SETTORE O

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TERZO SETTORE TERZO SETTORE O
TERZO SETTORE
TERZO SETTORE O SETTORE NON PROFIT
E’ quell’insieme di organizzazioni che producono beni/servizi e gestiscono
attività fuori dal mercato o, se operano nel mercato, agiscono con finalità
non lucrative, senza distribuire ai propri soci o dipendenti gli eventuali
profitti ma al contrario usano questi profitti per aumentare la quantità e
migliorare la qualità dei servizi erogati.
Il Non Profit è una terza dimensione
(secondo settore), una
dopo lo Stato (primo settore) e il Mercato
dimensione che non è legata dal profitto.
Le organizzazioni sono aggregati formali di parti dove non c’è solo una
dimensione razionale e consapevole ma presuppone anche una dimensione
implicita culturale (nel senso che le organizzazioni contribuiscono
all’identificazione e marcano lo stile e l’appartenenza dei soggetti
aggregati).
Queste organizzazioni del non profit sono formalmente costituite ( ossia
hanno uno Statuto proprio), hanno autonomia giuridica privata, si
autogovernano, sono volontarie
perché l’adesione non è obbligatoria
grado di attrarre una certa quantità di lavoro gratuito,
e sono in
oltreché avvalersi di
occupazione retribuita.
Dal terzo settore sono escluse le organizzazioni informali ( che non hanno
uno statuto) e anche le società cooperative in quanto queste ultime
distribuiscono i profitti ( a differenza delle cooperative sociali che sono
cosa ben diversa).Tali organizzazioni non profit si caratterizzano perché
perseguono il benessere della collettività o di una parte di essa. Si
possono definire organizzazioni di solidarietà sociale che si specializzano
nella produzione di nuovi beni detti RELAZIONALI basati sull’altruismo,
sul dono , sulla fiducia e reciprocità.
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QUALI SONO I SOGGETTI CHE COMPONGONO IL TERZO SETTORE?
Ce ne sono diversi e
hanno strutture di rappresentanza come
il FORUM
NAZIONALE DEL TERZO SETTORE.
Il terzo settore è oggi considerato come un interlocutore qualificato
delle amministrazioni locali e nazionali;
la legge 328 prevede che i soggetti del
terzo settore possano partecipare alla progettazione e alla realizzazione concertata di beni e
servizi.
E’ l’articolo 11 della legge 1 del 2004 che ci dice quali sono i soggetti che
compongono il terzo settore: le organizzazioni di volontariato, le
cooperative sociali , gli organismi non lucrativi di utilità sociale (onlus), le
associazioni e gli enti di promozione sociale, organismi della cooperazione,
le società di mutuo soccorso, le fondazioni, gli enti del patronato e altri
soggetti privati non aventi scopo di lucro, enti legati alle confessioni
religiose.
NASCITA E SVILUPPO TERZO SETTORE
Volontariato
Ci sono 4 fasi:
1° fase
MOBILITAZIONE => anni Settanta
E’ il fermento del 1968 che provoca una imponente mobilitazione della
società civile,
in un ambiente favorevole alle forme di lavoro sociale, non retribuito,
solidale, con cui si cercava di
dare risposte ai bisogni non coperti dal settore
pubblico (ad es. tossicodipendenza). Anche se in prevalenza si trattava di
gruppi spontanei. Questi gruppi rimandavano alle subculture di solidarietà
presenti nel paese:
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a. come quella cattolica, dove i volontari si occupavano prevalentemente di
servizi rivolti alle famiglie, alla tutela della maternità, ai nomadi e ai primi
stranieri che arrivavano in Italia.
b. accanto alla subcultura cattolica vi era l’area di matrice laica, che aveva
una struttura e un respiro più ampi, specialmente collegata alla
dimensione sanitaria (donatori di sangue, trasporto croce rossa ).
2° fase
ANNI 80. FASE DELL’ESPANSIONE QUANTITATIVA E DEL
CONSOLIDAMENTO ORGANIZZATIVO.
Questi piccoli gruppi diventano sempre più consistenti e richiedono un
impegno maggiore a livello organizzativo . In ambito di volontariato sociosanitario nascono i gruppi di auto-aiuto in situazioni di disagio e di stress
(alcolismo, traumi e rotture familiari, ecc.) e verso i bisogni estremi
(malati terminali, chi tenta il suicidio). Nascono i tribunali del malato
(advocacy), nascono associazioni tra i portatori di patologie e i loro
famigliari, e reti di sostegno fra famiglie di soggetti in difficoltà.
Queste sono tutte esperienze che hanno una forte valenza anticipatoria
dei tempi.
3° fase ISTITUZIONALIZZAZIONE => anni Novanta
Vengono emanate leggi che istituzionalizzano queste organizzazioni, a
livello sia nazionale sia regionale.
Due sono le leggi da ricordare (legge 266/91 che riguarda le
organizzazioni del volontariato, legge 381/91 che riguarda le cooperative
sociali).
La 266/91 si rivolge non al soggetto (che fa il volontario) ma
all’organizzazione di volontariato a sottolineare che si tratta di un ente,
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organizzato e coordinato con degli obiettivi espliciti. La regione Piemonte
istituisce nel 1992 il REGISTRO che raccoglie le organizzazioni di
volontariato attive sul territorio. Nel 2001 quando le competenze passano
alle province, i registri regionali sono sostituiti dai registri provinciali.
4° fase DISINCANTO. DA FINE ANNI 90 A TUTT’OGGI.
Le organizzazioni soprattutto quelle del volontariato entrano in crisi
perché la struttura diventa mastodontica e sono soggette a pesanti
controlli da parte del settore pubblico e soprattutto non c’è più ricambio
generazionale. Sopravvivono quindi solo le organizzazioni più potenti e
organizzate.
La cooperazione sociale
Con la legge 381/91 le cooperative sociali vengono definite imprese
cooperative aventi lo scopo di perseguire l’interesse generale della
comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini. La
normativa definisce due tipi di cooperative sociali :
QUELLE DI TIPO A che gestiscono i servizi SOCIO-SANITARI ed
EDUCATIVI (di tipo A perché iscritte nella sezione A della legge).
QUELLE DI TIPO B (di tipo B perché iscritte nella sezione B della legge).
Che svolgono attività diverse (agricole, di servizi, commerciali) e che sono
finalizzate
all’INSERIMENTO
LAVORATIVO
DI
PERSONE
SVANTAGGIATE, la cui quota non deve essere inferiore al 30% dei
lavoratori di quella data cooperativa.
(Sono definite IMPRESE perché creano lavoro e posti di lavoro).
Inoltre la legge 381/91 prevede :
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QUELLE A OGGETTO MISTO A più B che svolgono entrambe le attività.
CONSORZI SOCIALI ossia più cooperative sociali che si consorziano:
tale unione prevede un residuo numero di imprese di altra natura, non
oltre il 30%, perché quelle sociali non devono essere inferiori al 70%.
Negli anni 90 assistiamo – si è detto sopra - a una diffusa
istituzionalizzazione del terzo settore. Ecco i principali avvenimenti:
DLG 97 che norma le cosiddette ONLUS che sono riordinate da un punto
di vista tributario, potendo godere in questo modo di determinati vantaggi
fiscali.
Le FONDAZIONI disciplinate dal codice civile , esse nascono per volontà
di un fondatore che fissa lo scopo e mette a disposizione il patrimonio per
raggiungerlo attraverso una donazione o per testamento. (Stanno
diventando – in quanto possibili finanziatori di progetti/servizi - sempre
più importanti le fondazioni bancarie, istituite dalla legge 218/90).
Gli ENTI di PATRONATO, istituiti già nel 1947, sono quegli organismi
preposti per legge a fornire una forma gratuita di tutela, assistenza e
rappresentanza ai lavoratori per il conseguimento delle prestazioni
previdenziali e assistenziali nei confronti degli enti erogativi (Inps, Inail,
ecc.).
Gli ENTI CONFESSIONALI, che sono disciplinati dalla legge 222/85,
svolgono funzioni non solo di culto e di religione ma anche funzioni di
assistenza e beneficenza, educazione, cultura, purché siano registrati in
un registro particolare (delle persone giuridiche).
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CSV ( CENTRI SERVIZI VOLONTARIATO)
I CSV nascono nel 1997 e sono dei centri che forniscono servizi alle varie
organizzazioni di volontariato presenti sul territorio. C’è un CSV per
provincia ( a Torino ce ne sono due) .Essi forniscono servizi logistici di
varia natura ma soprattutto hanno la funzione di istituire corsi di
formazione . I CSV sono finanziati da UN FONDO SPECIALE DELLE
REGIONI
nel quale viene accantonato 1/15 degli utili maturati dalle
fondazioni bancarie . L’organo che gestisce questo fondo è il COGE
(comitato di gestione).
N.B: O.T.S. è l’acronimo di organizzazioni terzo settore.
TERZO SETTORE E PUBBLICO.
Quando le amministrazioni pubbliche si rivolgono alle O.T.S. si dice che
esse
esternalizzano
i
servizi.
Si
tratta
genericamente
di
una
ESTERNALIZZAZIONE BILATERALE fra settore pubblico e terzo
settore.
In questo periodo storico si parla sempre di più di MERCATO SOCIALE
AMMINISTRATO dove troviamo una TRIANGOLAZIONE tra settore
pubblico
(committente),
impresa fornitrice di beni e servizi, e destinatari.
Nell’esternalizzazione triangolata è l’ente pubblico committente che
esternalizza una prestazione a una impresa ma è il cittadino che decide
dove andare , sarà quindi il cittadino che decide come spendere il voucher
a lui destinato. Ovviamente la P.A. deve accreditare,autorizzare e
controllare le imprese che potranno fornire servizi. L’ente pubblico è
quindi oltre che REGOLATORE GENERALE anche TERZO PAGANTE: sarà
l’ente pubblico che fissa gli standard minimi a cui le imprese devono
adeguarsi e controllare le prestazioni da queste erogate una volta che
sono state autorizzate; l’ente pubblico impone anche l’obbligo di
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soddisfare (il fornitore non può cioè “scremare”) le domande di qualunque
utente che ne abbia titolo.
L’ISTAT ogni 3 anni,
nonprofit,
nell’ambito del censimento delle istituzioni private e delle imprese
stila una relazione delle organizzazioni iscritte nei registri
provinciali.
Da queste rilevazioni si evince che più del 60% di esse sono aggregate
nelle voci sanità e assistenza. Si evince dunque che gli italiani
maggiormente
si impegnano
in quelle organizzazioni che si occupano di sanità e assistenza.
Tra le due, il comparto più sostanzioso in Italia è costituito dalla sanità.
(Biella è invece tradizionalmente un territorio ancorato alla dimensione
assistenziale ed è per questo che prevalgono le associazioni assistenziali).
Esistono inoltre altre tipologie (minoritarie), suddivise per sezioni
tematiche: protezione civile, tutela dell’ambiente, promozione della
cultura, istruzione, educazione permanente, tutela e valorizzazione del patrimonio storico
ed artistico…
Anche per le cooperative sociali l’ISTAT rileva delle informazioni molto
importanti da sapere : prevalgono le cooperative del TIPO A che sono
2/3, 1/3 quelle di TIPO B, poche quelle miste e pochissimi sono i consorzi.
Anche fra le cooperative di TIPO A prevale l’assistenza sociale.
In Italia sono attive 10 cooperative ogni 100.000 abitanti . Il Piemonte è
nella media nazionale.
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