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INTRODUZIONE Nella tradizione giuridica e filosofica Antigone ha rappresentato da sempre l’icona del conflitto tra legge naturale e legge positiva1, al punto da essere stata definita, icasticamente, «l’eterna eroina del diritto naturale»2, e da essere stata collocata, motivatamente, tra le «epifanie fondamentali e perenni della storia occidentale»3, «uno dei punti più alti raggiunti dalla coscienza dell’uomo occidentale»4. Ma Antigone rappresenta anche, in questa stessa dimensione archetipica a lei propria, la figura antesignana dell’obiezione di coscienza, nella sua manifestazione più alta e più nobile, che giunge sino al sacrificio supremo della vita, in nome della fedeltà custodita a quella legge che l’uomo trova riposta nella propria coscienza: legge riconosciuta come assolutamente vera ed universale, dalla quale deriva il risoluto opporsi al comando ingiusto che l’autorità politica, tralignando dal suo compito, avesse per avventura a decretare5. 1 Cfr., per tutti, G. FASSÒ, Storia della filosofia del diritto, I, Antichità e medioevo, edizione aggiornata a cura di C. Faralli, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 19 ss.; ID. La legge della ragione, Bologna, 1964, p. 201; F. OST, Raconter la loi. Aux source de l’imaginaire juridique, Paris, Odile Jacob, 2004, tr. it., Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, Bologna, Il Mulino, 2007, p. 178. 2 Così J. MARITAIN, Man and the State, Chicago, University of Chicago Press, 1951, tr. it., L'uomo e lo Stato, Milano, Vita e Pensiero, 1975, p. 100. 3 In questi termini M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle origini e nelle tradizioni dell’Occidente, Milano, Giuffrè, 20042, p. 5. 4 F. D’AGOSTINO, Filosofia del diritto, Torino, Giappichelli, 20054, p. 71; item, in ID., Lezioni di Teoria del Diritto, Torino, Giappichelli, 2006, p. 89. La figura (sofoclea) di Antigone è reputata da I. MANCINI, Diritto e società. Studi e testi, Urbino, QuattroVenti, 1993, p. 179, quale prima tappa, appartenente alla “preistoria” del diritto, del lungo cammino verso «quella “civiltà del diritto” che, accompagnata dal travaglio tutto moderno della lotta per il diritto, pare costituire l’essenza dell’idea di Europa». In particolare, Antigone evidenzierebbe il principio femminile nel diritto: «una categoria polemica contro il principio paternalistico e autoritario» (ibidem, e, con richiami all’originaria matrice hegeliana di questa ermeneutica, pp. 202-203). Sulle molteplici (ri)letture dell’Antigone di Sofocle, cfr. G. STEINER, Antigones / by George Steiner, Oxford, Claredon Press, 1984, tr. it., Le Antigoni. Un grande mito classico nell’arte e nella letteratura dell’Occidente, Milano, Garzanti, 1990, 1995 e 2003; cfr. pure I. DIONIGI, Aporie della legge, in La legge sovrana, a cura di I. Dionigi, Milano, BUR Saggi, 2006, p. 11 ss., e, nello stesso volume, cfr. G. ZAGREBELSKY, Il diritto di Antigone e la legge di Creonte, p. 21, il quale dà una lettura delle figure di Antigone e Creonte che si distacca da quella “classica”, sostenendo la necessità di un’integrazione tra ciò che rappresenta Antigone (il diritto) e ciò che rappresenta Creonte (la legge): «Il diritto senza la legge è cieca conservazione; la legge senza diritto è puro potere dispotico. In questo noi scorgiamo il monito duraturo di Antigone». 5 «Scrivendo quest’opera Sofocle forgiava un alfabeto nel quale si sarebbe ormai espresso, in tutte le lingue e in tutte le epoche, il conflitto tra la coscienza individuale e la ragion di Stato»: F. OST, Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, cit., p. 165. Sulla figura di Antigone quale emblema dell’obiezione di coscienza, tra i molti, cfr. R. BERTOLINO, L'obiezione di coscienza negli ordinamenti giuridici contemporanei, Torino, Giappichelli, 1967, p. 137; F. D'AGOSTINO, Obiezione di coscienza e verità del diritto tra moderno e postmoderno, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1989/2, p. 4; G. MATTAI, Obiezione e dissenso, in Nuovo Dizionario di Teologia Morale, a cura di F. Compagnoni, G. Pinna e S. Privitera, Cinisello Balsamo, Paoline, 1990, p. 815. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 1 Antigone, il diritto naturale, l’obiezione di coscienza. Figure, concetti ed istituti che nel corso della storia giuridica (ma, direi, della storia simpliciter) sono stati considerati come inscindibilmente uniti, e che concorrono a delineare la “teoria classica” dell’obiezione di coscienza. Infatti, il nucleo essenziale di tale concettualizzazione è costituito dalla doverosità, avvertita in foro conscientiae, di rifiutare obbedienza alla legge positiva ingiusta in nome di una obbedienza di grado più elevato e maggiormente stringente, perché dovuta al diritto naturale, al giusto per natura, al giusto secondo Dio, anziché alle (sole) leggi degli uomini6. Pertanto, l’“imperativo categorico” che, nella fenomenologia classica, muove l’obiettore consiste nel richiamare il legislatore al suo compito primo, che risiede nel tradurre nelle proprie leggi i dettami della giustizia, con la conseguente denuncia, da parte dello stesso obiettore, della legge ingiusta, rifiutandole obbedienza7. Ma forse vi è di più. In Antigone non vi è solo il conflitto sostanziale tra giusto ed ingiusto, tra ciò che è contenuto nel decreto di Creonte e ciò che comandano le leggi degli dei. Vi è anche un conflitto tra diverse sfere di competenza: quella del potere politico, attribuito agli uomini, e quella riservata alle leggi divine8. Di qui un ulteriore profilo della denuncia rivolta a Creonte (che è poi tutt’uno con il primo): di aver prevaricato, cioè, la sua (legittima) sfera di azione, che è quella di sovrano, di capo della polis, spingendosi oltre il confine delimitato dalle leggi degli dei, invadendo un campo che, per principio, non gli appartiene. E, spingendosi ancor oltre, potrebbe essere individuato qui un primo “germe” di quella distinzione tra spirituale e temporale, che si sarebbe manifestata in tutta la sua evidenza nel principio dualistico cristiano del «dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Se non si fosse timorosi di utilizzare categorie concettuali estranee al mondo greco, si sarebbe tentati di dire che questo è un primo germe di “laicità” dello Stato9. Sta di fatto che libertà di coscienza e laicità dello Stato sono intimamente connesse: è nello 6 Cfr. G. FASSÒ, Storia della filosofia del diritto, I, Antichità e medioevo, cit., p. 25 ss.; M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle origini e nelle tradizioni dell’Occidente, cit., pp. 26-27. 7 Cfr. F. D'AGOSTINO, Obiezione di coscienza e verità del diritto tra moderno e postmoderno, cit., p. 4. Come sottolinea A. CARIOLA, Il diritto naturale e la storia. L’affermazione della libertà di coscienza nello Stato democratico, in Jus, XLVI (1999), p. 704, nt. 116, è significativo che il richiamo ad Antigone fosse fatto da Piero Calamandrei per giustificare la sentenza di Norimberga a carico dei criminali nazisti: cfr. P. CALAMANDREI, Le leggi di Antigone, in Il Ponte, novembre 1946, ora in ID., Costituzione e leggi di Antigone. Scritti e discorsi politici, Scandicci, La Nuova Italia, 1996, p. 17 ss. 8 Sviluppo, qui, una “suggestione” proveniente da F. OST, Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, cit., pp. 179. 9 Per il nesso, storicamente e concettualmente argomentabile, tra principio dualistico cristiano, laicità dello Stato e libertà di coscienza, cfr., per tutti, S. FERRARI, Lo spirito dei diritti religiosi. Ebraismo, cristianesimo e islam a confronto, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 238 ss., 271; G. DALLA TORRE, Europa. Quale laicità?, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2003; ID., Dio e Cesare. Paradigmi cristiani nella modernità, Roma, Città Nuova, 2008; A. SPADARO, Libertà di coscienza e laicità dello Stato costituzionale. Sulle radici “religiose” dello Stato “laico”, Torino, Giappichelli, 2008, p. 171 ss. Per un’interpretazione nel senso della continuità del mito di Antigone (e del pensiero classico greco) rispetto al successivo svolgersi del pensiero cristiano, cfr. M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle origini e nelle tradizioni dell’Occidente, cit., p. 5. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 2 Stato laico che la libertà di coscienza trova compiuta realizzazione; e lo Stato laico presuppone, necessariamente, la libertà di coscienza10. Tuttavia, il conflitto tra leggi umane (ingiuste) e leggi divine, seppur vissuto in tutta la sua lacerante drammaticità, è da Antigone ancora soltanto “presentito” per quanto concerne i termini del suo svolgersi: le leggi degli dei11, cui ella intende attribuire la propria superiore obbedienza, «nessuno sa quando comparvero»12. Ciò rivelerebbe anche, e più radicalmente, un problema assai complesso, dibattuto in sede filosofica13, consistente nell'interpretazione del pensiero greco come strutturalmente incapace ed impossibilitato a risolvere il conflitto tra legge e coscienza, a causa della dimensione etica assunta dalla città e della «assolutezza delle sue leggi che di quella dimensione sono la perfetta espressione»14, assolutezza incompatibile con il primato della coscienza morale, con il dualismo tra spirituale e temporale, con l’idea stessa di trascendenza. Vi è, peraltro, chi ritiene che già il pensiero greco, segnatamente con Platone, si sarebbe orientato decisamente verso una prospettiva metafisica, preliminare ed 10 «[…] la libertà di coscienza, pur non esaurendone ogni aspetto, si intreccia con la laicità dello Stato, costituisce insomma l’altro verso della medaglia in cui entrambe sono incise»: S. PRISCO, Laicità. Un percorso di riflessione, Torino, Giappichelli, 2007, p. 115, nt. 1, dove è richiamato l’autorevole insegnamento di P. BELLINI, Il diritto d’essere se stessi. Discorrendo dell’idea di laicità, Torino, Giappichelli, 2007. Cfr. pure A. SPADARO, Libertà di coscienza e laicità dello Stato costituzionale. Sulle radici “religiose” dello Stato “laico”, cit., p. 185, il quale ha libertà di coscienza e laicità dello Stato per endiadi inscindibile. 11 Come ricorda M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle origini e nelle tradizioni dell’Occidente, cit., p. 4, nt. 2, le divinità che ci rappresenta la mitologia greca sono «distanti ed apatiche, laddove il Dio cristiano si pone in termini di presenza storica». Peraltro, il conflitto di Antigone si manifesta anche nella prospettiva del rispetto dovuto ai vincoli familiari, alla sfera del genos familiare. 12 Sono le «leggi non scritte, inalterabili, fisse degli dei: quelle che non da oggi, non da ieri vivono, ma eterne: quelle che nessuno sa quando comparvero» (SOFOCLE, Antigone, in Il teatro greco. Tutte le tragedie, tr. it. di E. Cetrangolo, a cura di C. Diano, Firenze, Sansoni, 1970, p. 185). Intuizioni, presentimenti, percezioni, aspirazioni del pensiero greco rispetto alla Rivelazione cristiana (che possono essere interpretati secondo la categoria teologica dei praeambula fidei) sono riscontrabili in diversi altri “luoghi” della medesima civiltà. A me piace ricordare come nella celebre immagine della “zattera” contenuta nel Fedone di Platone, si sia suggestivamente letto un anelito di trascendenza, una sorta di attesa della Rivelazione cristiana: «È difficile attraversare un mare in tempesta con una zattera, diceva Platone, e per “zattera” intendeva i migliori ragionamenti che gli uomini riescono ad elaborare. Poi aggiungeva “ … A meno che non ci venga dalla Divinità una rivelazione. In quel caso avremo una nave sicura per la nostra traversata” (Fedone, 35). Quasi a soddisfare le attese di Platone, la letteratura giovannea mette l’accento sulla consapevolezza che Dio ha mandato a noi quella rivelazione divina, quella nave sicura»: G. BIGUZZI, «In principio era la Parola». Temi della letteratura giovannea, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2002, p. 6. 13 Mi permetto di rinviare a V. TURCHI, Ragioni ‘laiche’ e ‘religiose’ dell’obiezione, in Archivio giuridico “Filippo Serafini”, vol. CCXVI (1996), p. 389 ss. 14 G. LO CASTRO, Legge e coscienza, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1989/2, p. 37. Emblematica, al riguardo, l'interpretazione popperiana della Repubblica di Platone, ritenuta paradigmatica e prima rappresentazione della "società chiusa", della "società olistica", di contro alla nota teorizzazione ed opzione per la "società aperta": K. POPPER, The open Society and Its Enemies. The Spell of Plato, Routledge & Kegan Paul, 19665, tr. it., La società aperta e i suoi nemici, I, Platone totalitario, Roma, Armando, 1993. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 3 introduttiva all'idea di trascendenza15. Nel medesimo filosofo, si troverebbe accennata, per la prima volta, l’idea del cittadino di due Città, la città terrestre e quella divina16. Comunque sia, a me pare indubitabile che il mito greco di Antigone possa essere letto come già espressivo, di per sé, del fenomeno obiettorio. Per dirlo in termini teologici, esso rappresenterebbe una sorta di praeambulum fidei del cristianesimo17. Opposizione alla legge ingiusta; primato della coscienza morale; sottrazione alla competenza statale della sfera etico-religiosa: se questi sono i tratti fondamentali dell’obiezione di coscienza quale concepita ed attuata lungo un cammino plurisecolare, al di là delle denominazioni che il fenomeno e l’istituto hanno di volta in volta assunto18, si assiste oggi al suo acquisire compiti nuovi ed aggiuntivi accanto a quelli “classici”, al nascere di forme nuove e di nuovi contenuti dell’obiezione di coscienza. Si è potuto finanche parlare di una «esplosione euforica» delle obiezioni di coscienza19. Obiezione al servizio militare, obiezione all’aborto, obiezione ai trattamenti sanitari obbligatori, obiezione in campo bioetico e sanitario, obiezione al e nel giuramento, obiezione fiscale, obiezione a determinate prestazioni lavorative, obiezione al sistema assicurativo e previdenziale obbligatorio, obiezione e diritto alla riservatezza, obiezione ecologica, obiezione ai consumi, obiezione al voto, obiezione a far parte delle giurie popolari, obiezione agli insegnamenti confessionali obbligatori o a materie ideologicamente connotate, obiezione ai simboli religiosi nei luoghi pubblici, … l’elencazione potrebbe continuare ancora. Il dato probabilmente di maggior rilievo di questo incremento esponenziale delle fattispecie, nonché delle intervenute “metamorfosi” dell’obiezione di coscienza, pare consistere nel suo progressivo configurarsi, oltre che come strumento di denuncia della legge ingiusta20, anche come strumento di riconoscimento di specifiche identità, o di pretesa, di aspirazione a tale riconoscimento. L’(eventuale) ingiustizia della legge sarà allora 15 Cfr. G. REALE, Filosofia antica, Milano, Jaca Book, 1992, p. 25 ss.; ID., Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle "Dottrine non scritte", Milano, Vita e Pensiero, 199311, specialmente pp. 137 ss., 497 ss., 717-718; AA.VV, Verso una rinnovata immagine di Platone, a cura di G. Reale, Milano, Vita e Pensiero, 1994, cui si rinvia, insieme alla precedente opera, anche per ulteriori referenze bibliografiche. Cfr. pure, supra, nt. 12, a proposito della metafora platonica della zattera. 16 Cfr. G. REALE, Storia della filosofia antica, II, Platone e Aristotele, Milano, Vita e Pensiero, 19762, p. 213. Sul primato dell’interiorità e della contemplazione nella filosofia di Platone, cfr. ibidem, pp. 200 e 211; ID., Filosofia antica, cit., pp. 34-36. 17 Cfr. supra, nt. 12. Cfr. pure V. TURCHI, Ragioni ‘laiche’ e ‘religiose’ dell’obiezione, cit., p. 390. 18 Come si avrà occasione di approfondire più ampiamente in seguito, l’obiezione di coscienza nasce dapprima come fatto, come fenomeno, cui può eventualmente seguire il suo riconoscimento giuridico, che la assume ad istituto. Il riconoscimento dell’obiezione di coscienza come istituto (obiezione di coscienza secundum legem) è relativamente recente, mentre forme di comportamento obiettorio contra legem sono da sempre esistite. 19 R. NAVARRO VALLS, Las objeciones de conciencia, in AA.VV., Derecho Eclesiástico del Estado español, Pamplona, EUNSA, 19933, p. 486; R. NAVARRO VALLS, J. MARTÍNEZ TORRÓN, Le obiezioni di coscienza. Profili di diritto comparato, con la collaborazione di R.P. Palomino e V. Turchi, Torino, Giappichelli, 1995, p. 29. 20 Compito che peraltro essa tuttora continua a svolgere. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 4 percepita nella misura in cui la legge non sia in grado di riprodurre, di riconoscere le identità rivendicate (c.d. “diritto alla differenza”). Si è pure sostenuto, con argomentazioni degne di attenta considerazione, che il passaggio dell’obiezione da comportamento sanzionato (obiezione di coscienza contra legem) ad istituto giuridico riconosciuto (obiezione di coscienza secundum legem), ne attenuerebbe, fino a comprometterne, il carattere testimoniale e profetico, la sua efficacia ed incisività, la stessa sua credibilità. L’unica vera forma di obiezione di coscienza risulterebbe quella contra legem. Vi sono tuttavia buone ragioni che inducono a ritenere che «non necessariamente la metamorfosi intervenuta della obiezione abbia comportato una sua modifica qualitativa e ontologica»21; che i “nuovi volti” che Antigone va assumendo non ne abbiano tuttavia mutato le originarie, distintive sembianze. Nelle pagine che seguono si rintracceranno i percorsi delle obiezioni contemporanee, e si cercherà di mettere in luce come l’istituto (e, ancor prima, il “fenomeno”) dell’obiezione, nonostante gli aspetti di problematicità che in talune circostanze l’hanno contrassegnata (ma la storia dell’obiezione di coscienza è sempre stata una storia di problematicità e di criticità), conservi ancora oggi una perdurante attualità ed un rilevante spessore concettuale. L’attenzione sarà rivolta principalmente al nostro Paese, pur saggiandosi, con specifici richiami, l’esperienza giuridica di altri ordinamenti. Per quanto concerne l’Italia, l’obiezione di coscienza ha goduto di una particolare attenzione, sia pratica sia teorica, in regime di servizio militare obbligatorio, consentendo di svolgere, per motivi di coscienza, il servizio civile in alternativa a quello militare. Oggi, sospesa la leva obbligatoria22, le nuove frontiere dell’obiezione di coscienza - non diversamente, del resto, da altri ordinamenti affini al nostro - riguardano soprattutto il campo della bioetica, nei suoi molteplici settori, particolarmente sensibili al fatto di coscienza: aborto, eutanasia, testamento biologico, sterilizzazione volontaria, ricombinazioni genetiche, procreazione medicalmente assistita, sperimentazione su animali, ecc. «L’obiezione di coscienza in materia bioetica», è stato detto di recente, «costituisce la novità più autentica e rilevante dell’epoca contemporanea, e sembra destinata a svolgere un ruolo prospettico e dinamico da diversi punti di vista. Essa riguarda una molteplicità di settori dell’ordinamento giuridico, e coinvolge una varietà di soggetti come mai era accaduto prima»23. 21 Così R. BERTOLINO, L'obiezione di coscienza moderna. Per una fondazione costituzionale del diritto di obiezione, Torino, Giappichelli, 1994, p. 28. 22 Si deve peraltro considerare che il problema dei conflitti bellici mondiali e del correlativo diritto (non sempre riconosciuto) di obiezione di coscienza continua ad urgere in molti Paesi. All’inizio del 2009 si contavano ben venticinque conflitti militari in corso: cfr. http://it.pacereporter.net/conflitti/9/1. 23 C. CARDIA, Tra il diritto e la morale. Obiezione di coscienza e legge, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, maggio 2009, (www.statochiese.it), p. 23. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 5 Anche l’accentuarsi del pluralismo etnico e culturale (c.d. “multiculturalismo”) introduce nelle società contemporanee numerose istanze identitarie, talora riconducibili a nuove ipotesi di obiezione di coscienza, sia riconosciute sia rivendicate. Accanto a vere e proprie nuove forme di obiezione di coscienza, si è anche in presenza del fenomeno – pure significativo – dell’esercizio secondo nuove modalità di forme per così dire “tradizionali” di obiezione di coscienza: è il caso, ad esempio, dell’obiezione di coscienza al servizio militare, che, per l’accennata sospensione del servizio militare obbligatorio, si ripropone in dimensioni nuove e diverse; dell’aborto, a causa della possibilità di ricorrere a metodiche farmacologiche (non più solo chirurgiche), non previste dalla legge sull’interruzione di gravidanza, aventi effetti abortivi (c.d. “pillola del giorno dopo”). Per tutti i casi di obiezione di coscienza è parso utile riproporre la distinzione (che è anche una complessiva “chiave di lettura”) tra obiezioni secundum legem ed obiezioni contra legem, a seconda che esse trovino, o non, espresso riconoscimento legislativo24. Con l’ulteriore precisazione che alcune forme di obiezione di coscienza contra legem (o, forse, più propriamente, sine lege) possono tuttavia qualificarsi secundum ius, nel senso che, quantunque prive di espliciti riferimenti legislativi, possono trovare, già de iure condito, i propri presupposti normativi nell’ordinamento giuridico: o in virtù di un’applicazione analogica dell’istituto dell’obiezione di coscienza previsto per casi simili; o in virtù dei principi generali dell’ordinamento e della tutela dei diritti fondamentali da esso riconosciuti. Le obiezioni che propongo di denominare secundum ius potranno essere riconosciute come tali dalla giurisprudenza, godendo così di una più sicura tutela giuridica25. Esistono, inoltre, quelli che riterrei di classificare come casi dubbi di obiezione di coscienza, rappresentati da una serie di comportamenti o di istituti che secondo parte della dottrina configurano altrettante ipotesi di obiezione di coscienza, ma rispetto alle quali pare legittimo avanzare motivate riserve, in quanto sembra si finisca per assumere la categoria concettuale dell’obiezione di coscienza in modo improprio, impiegandola per descrivere - e ad essa ricondurre - fenomenologie che solo in un’accezione molto lata e ‘atecnica’ possono rientrare nella nozione tipica di obiezione di coscienza. Dall’esame complessivo delle diverse, numerose ipotesi di obiezione di coscienza emerge, infine, come denominatore ad esse comune, il punto cruciale consistente nella determinazione del limite fin dove l'ordinamento può o deve ampliare la sfera delle libertà riconosciute, per consentire a più persone, di diversa cultura o di diversa religione, di convivere nella stessa “casa comune”, senza rinunciare alla propria identità, preservando, nello stesso tempo, un nucleo essenziale di valori e di solidarietà comuni, allo scopo di 24 Mi permetto di rinviare a V. TURCHI, Obiezione di coscienza, in Digesto delle Discipline Privatistiche. Sezione Civile, vol. XII, Torino, UTET, 1995, p. 520. 25 Cfr. V. TURCHI, Obiezione di coscienza, in Enciclopedia di Bioetica e Scienza Giuridica, a cura di E. Sgreccia e A. Tarantino, in corso di pubblicazione presso E.S.I., Napoli. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 6 garantire le ragioni non già di unicità, ma di unità dell'ordinamento giuridico26. Ma questo come efficacemente è stato scritto - è «un nodo di sempre, e più che mai di oggi, della nostra epoca drammaticamente chiamata, come prima nessun’altra, a conciliare la fede nell’universale col rispetto delle diversità. Ancora una volta, l’Antigone, dopo duemilacinquecento anni, parla a una generazione del suo presente, parla a noi del nostro presente»27. 26 Cfr. V. ONIDA, L'obiezione dei giudici e dei pubblici funzionari, in AA.VV., Realtà e prospettive dell'obiezione di coscienza. I conflitti degli ordinamenti, a cura di B. Perrone, Milano, Vita e Pensiero, 1992, p. 367. 27 C. MAGRIS, Utopia e disincanto, Milano, Garzanti, 1999, p. 246. Non a caso una delle ultime, forse l’ultima, trasposizione dell’Antigone nell’epoca contemporanea, dovuta a FRANÇOIS OST, si intitola Antigone voilée. Bruxelles, Larcier, 2004. Il volume trascrive la tragedia greca nel contesto dell’attuale dibattito sul velo islamico. Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 7