introduzione

Transcript

introduzione
INTRODUZIONE
Nella tradizione giuridica e filosofica Antigone ha rappresentato da sempre l’icona
del conflitto tra legge naturale e legge positiva1, al punto da essere stata definita,
icasticamente, «l’eterna eroina del diritto naturale»2, e da essere stata collocata,
motivatamente, tra le «epifanie fondamentali e perenni della storia occidentale»3, «uno dei
punti più alti raggiunti dalla coscienza dell’uomo occidentale»4. Ma Antigone rappresenta
anche, in questa stessa dimensione archetipica a lei propria, la figura antesignana
dell’obiezione di coscienza, nella sua manifestazione più alta e più nobile, che giunge sino
al sacrificio supremo della vita, in nome della fedeltà custodita a quella legge che l’uomo
trova riposta nella propria coscienza: legge riconosciuta come assolutamente vera ed
universale, dalla quale deriva il risoluto opporsi al comando ingiusto che l’autorità politica,
tralignando dal suo compito, avesse per avventura a decretare5.
1
Cfr., per tutti, G. FASSÒ, Storia della filosofia del diritto, I, Antichità e medioevo, edizione aggiornata a
cura di C. Faralli, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 19 ss.; ID. La legge della ragione, Bologna, 1964, p. 201; F.
OST, Raconter la loi. Aux source de l’imaginaire juridique, Paris, Odile Jacob, 2004, tr. it., Mosè, Eschilo,
Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, Bologna, Il Mulino, 2007, p. 178.
2
Così J. MARITAIN, Man and the State, Chicago, University of Chicago Press, 1951, tr. it., L'uomo e lo
Stato, Milano, Vita e Pensiero, 1975, p. 100.
3
In questi termini M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle
origini e nelle tradizioni dell’Occidente, Milano, Giuffrè, 20042, p. 5.
4
F. D’AGOSTINO, Filosofia del diritto, Torino, Giappichelli, 20054, p. 71; item, in ID., Lezioni di
Teoria del Diritto, Torino, Giappichelli, 2006, p. 89. La figura (sofoclea) di Antigone è reputata da I.
MANCINI, Diritto e società. Studi e testi, Urbino, QuattroVenti, 1993, p. 179, quale prima tappa,
appartenente alla “preistoria” del diritto, del lungo cammino verso «quella “civiltà del diritto” che,
accompagnata dal travaglio tutto moderno della lotta per il diritto, pare costituire l’essenza dell’idea di
Europa». In particolare, Antigone evidenzierebbe il principio femminile nel diritto: «una categoria polemica
contro il principio paternalistico e autoritario» (ibidem, e, con richiami all’originaria matrice hegeliana di
questa ermeneutica, pp. 202-203). Sulle molteplici (ri)letture dell’Antigone di Sofocle, cfr. G. STEINER,
Antigones / by George Steiner, Oxford, Claredon Press, 1984, tr. it., Le Antigoni. Un grande mito classico
nell’arte e nella letteratura dell’Occidente, Milano, Garzanti, 1990, 1995 e 2003; cfr. pure I. DIONIGI,
Aporie della legge, in La legge sovrana, a cura di I. Dionigi, Milano, BUR Saggi, 2006, p. 11 ss., e, nello
stesso volume, cfr. G. ZAGREBELSKY, Il diritto di Antigone e la legge di Creonte, p. 21, il quale dà una
lettura delle figure di Antigone e Creonte che si distacca da quella “classica”, sostenendo la necessità di
un’integrazione tra ciò che rappresenta Antigone (il diritto) e ciò che rappresenta Creonte (la legge): «Il
diritto senza la legge è cieca conservazione; la legge senza diritto è puro potere dispotico. In questo noi
scorgiamo il monito duraturo di Antigone».
5
«Scrivendo quest’opera Sofocle forgiava un alfabeto nel quale si sarebbe ormai espresso, in tutte le
lingue e in tutte le epoche, il conflitto tra la coscienza individuale e la ragion di Stato»: F. OST, Mosè,
Eschilo, Sofocle. All’origine dell’immaginario giuridico, cit., p. 165. Sulla figura di Antigone quale emblema
dell’obiezione di coscienza, tra i molti, cfr. R. BERTOLINO, L'obiezione di coscienza negli ordinamenti
giuridici contemporanei, Torino, Giappichelli, 1967, p. 137; F. D'AGOSTINO, Obiezione di coscienza e
verità del diritto tra moderno e postmoderno, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1989/2, p. 4; G.
MATTAI, Obiezione e dissenso, in Nuovo Dizionario di Teologia Morale, a cura di F. Compagnoni, G.
Pinna e S. Privitera, Cinisello Balsamo, Paoline, 1990, p. 815.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 1 Antigone, il diritto naturale, l’obiezione di coscienza. Figure, concetti ed istituti che
nel corso della storia giuridica (ma, direi, della storia simpliciter) sono stati considerati
come inscindibilmente uniti, e che concorrono a delineare la “teoria classica” dell’obiezione
di coscienza. Infatti, il nucleo essenziale di tale concettualizzazione è costituito dalla
doverosità, avvertita in foro conscientiae, di rifiutare obbedienza alla legge positiva ingiusta
in nome di una obbedienza di grado più elevato e maggiormente stringente, perché dovuta al
diritto naturale, al giusto per natura, al giusto secondo Dio, anziché alle (sole) leggi degli
uomini6. Pertanto, l’“imperativo categorico” che, nella fenomenologia classica, muove
l’obiettore consiste nel richiamare il legislatore al suo compito primo, che risiede nel
tradurre nelle proprie leggi i dettami della giustizia, con la conseguente denuncia, da parte
dello stesso obiettore, della legge ingiusta, rifiutandole obbedienza7.
Ma forse vi è di più. In Antigone non vi è solo il conflitto sostanziale tra giusto ed
ingiusto, tra ciò che è contenuto nel decreto di Creonte e ciò che comandano le leggi degli
dei. Vi è anche un conflitto tra diverse sfere di competenza: quella del potere politico,
attribuito agli uomini, e quella riservata alle leggi divine8. Di qui un ulteriore profilo della
denuncia rivolta a Creonte (che è poi tutt’uno con il primo): di aver prevaricato, cioè, la sua
(legittima) sfera di azione, che è quella di sovrano, di capo della polis, spingendosi oltre il
confine delimitato dalle leggi degli dei, invadendo un campo che, per principio, non gli
appartiene.
E, spingendosi ancor oltre, potrebbe essere individuato qui un primo “germe” di
quella distinzione tra spirituale e temporale, che si sarebbe manifestata in tutta la sua
evidenza nel principio dualistico cristiano del «dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio
quel che è di Dio». Se non si fosse timorosi di utilizzare categorie concettuali estranee al
mondo greco, si sarebbe tentati di dire che questo è un primo germe di “laicità” dello Stato9.
Sta di fatto che libertà di coscienza e laicità dello Stato sono intimamente connesse: è nello
6
Cfr. G. FASSÒ, Storia della filosofia del diritto, I, Antichità e medioevo, cit., p. 25 ss.; M. JASONNI,
La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle origini e nelle tradizioni dell’Occidente,
cit., pp. 26-27.
7
Cfr. F. D'AGOSTINO, Obiezione di coscienza e verità del diritto tra moderno e postmoderno, cit., p. 4.
Come sottolinea A. CARIOLA, Il diritto naturale e la storia. L’affermazione della libertà di coscienza nello
Stato democratico, in Jus, XLVI (1999), p. 704, nt. 116, è significativo che il richiamo ad Antigone fosse
fatto da Piero Calamandrei per giustificare la sentenza di Norimberga a carico dei criminali nazisti: cfr. P.
CALAMANDREI, Le leggi di Antigone, in Il Ponte, novembre 1946, ora in ID., Costituzione e leggi di
Antigone. Scritti e discorsi politici, Scandicci, La Nuova Italia, 1996, p. 17 ss.
8
Sviluppo, qui, una “suggestione” proveniente da F. OST, Mosè, Eschilo, Sofocle. All’origine
dell’immaginario giuridico, cit., pp. 179.
9
Per il nesso, storicamente e concettualmente argomentabile, tra principio dualistico cristiano, laicità
dello Stato e libertà di coscienza, cfr., per tutti, S. FERRARI, Lo spirito dei diritti religiosi. Ebraismo,
cristianesimo e islam a confronto, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 238 ss., 271; G. DALLA TORRE, Europa.
Quale laicità?, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2003; ID., Dio e Cesare. Paradigmi cristiani nella modernità,
Roma, Città Nuova, 2008; A. SPADARO, Libertà di coscienza e laicità dello Stato costituzionale. Sulle
radici “religiose” dello Stato “laico”, Torino, Giappichelli, 2008, p. 171 ss. Per un’interpretazione nel senso
della continuità del mito di Antigone (e del pensiero classico greco) rispetto al successivo svolgersi del
pensiero cristiano, cfr. M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle
origini e nelle tradizioni dell’Occidente, cit., p. 5.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 2 Stato laico che la libertà di coscienza trova compiuta realizzazione; e lo Stato laico
presuppone, necessariamente, la libertà di coscienza10.
Tuttavia, il conflitto tra leggi umane (ingiuste) e leggi divine, seppur vissuto in tutta
la sua lacerante drammaticità, è da Antigone ancora soltanto “presentito” per quanto
concerne i termini del suo svolgersi: le leggi degli dei11, cui ella intende attribuire la propria
superiore obbedienza, «nessuno sa quando comparvero»12.
Ciò rivelerebbe anche, e più radicalmente, un problema assai complesso, dibattuto in
sede filosofica13, consistente nell'interpretazione del pensiero greco come strutturalmente
incapace ed impossibilitato a risolvere il conflitto tra legge e coscienza, a causa della
dimensione etica assunta dalla città e della «assolutezza delle sue leggi che di quella
dimensione sono la perfetta espressione»14, assolutezza incompatibile con il primato della
coscienza morale, con il dualismo tra spirituale e temporale, con l’idea stessa di
trascendenza. Vi è, peraltro, chi ritiene che già il pensiero greco, segnatamente con Platone,
si sarebbe orientato decisamente verso una prospettiva metafisica, preliminare ed
10
«[…] la libertà di coscienza, pur non esaurendone ogni aspetto, si intreccia con la laicità dello Stato,
costituisce insomma l’altro verso della medaglia in cui entrambe sono incise»: S. PRISCO, Laicità. Un
percorso di riflessione, Torino, Giappichelli, 2007, p. 115, nt. 1, dove è richiamato l’autorevole
insegnamento di P. BELLINI, Il diritto d’essere se stessi. Discorrendo dell’idea di laicità, Torino,
Giappichelli, 2007. Cfr. pure A. SPADARO, Libertà di coscienza e laicità dello Stato costituzionale. Sulle
radici “religiose” dello Stato “laico”, cit., p. 185, il quale ha libertà di coscienza e laicità dello Stato per
endiadi inscindibile.
11
Come ricorda M. JASONNI, La lealtà indivisa. Autonomia soggettiva e sacralità della legge alle
origini e nelle tradizioni dell’Occidente, cit., p. 4, nt. 2, le divinità che ci rappresenta la mitologia greca sono
«distanti ed apatiche, laddove il Dio cristiano si pone in termini di presenza storica». Peraltro, il conflitto di
Antigone si manifesta anche nella prospettiva del rispetto dovuto ai vincoli familiari, alla sfera del genos
familiare.
12
Sono le «leggi non scritte, inalterabili, fisse degli dei: quelle che non da oggi, non da ieri vivono, ma
eterne: quelle che nessuno sa quando comparvero» (SOFOCLE, Antigone, in Il teatro greco. Tutte le
tragedie, tr. it. di E. Cetrangolo, a cura di C. Diano, Firenze, Sansoni, 1970, p. 185). Intuizioni,
presentimenti, percezioni, aspirazioni del pensiero greco rispetto alla Rivelazione cristiana (che possono
essere interpretati secondo la categoria teologica dei praeambula fidei) sono riscontrabili in diversi altri
“luoghi” della medesima civiltà. A me piace ricordare come nella celebre immagine della “zattera” contenuta
nel Fedone di Platone, si sia suggestivamente letto un anelito di trascendenza, una sorta di attesa della
Rivelazione cristiana: «È difficile attraversare un mare in tempesta con una zattera, diceva Platone, e per
“zattera” intendeva i migliori ragionamenti che gli uomini riescono ad elaborare. Poi aggiungeva “ … A
meno che non ci venga dalla Divinità una rivelazione. In quel caso avremo una nave sicura per la nostra
traversata” (Fedone, 35). Quasi a soddisfare le attese di Platone, la letteratura giovannea mette l’accento
sulla consapevolezza che Dio ha mandato a noi quella rivelazione divina, quella nave sicura»: G. BIGUZZI,
«In principio era la Parola». Temi della letteratura giovannea, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2002, p. 6.
13
Mi permetto di rinviare a V. TURCHI, Ragioni ‘laiche’ e ‘religiose’ dell’obiezione, in Archivio
giuridico “Filippo Serafini”, vol. CCXVI (1996), p. 389 ss.
14
G. LO CASTRO, Legge e coscienza, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1989/2, p. 37.
Emblematica, al riguardo, l'interpretazione popperiana della Repubblica di Platone, ritenuta
paradigmatica e prima rappresentazione della "società chiusa", della "società olistica", di contro alla
nota teorizzazione ed opzione per la "società aperta": K. POPPER, The open Society and Its Enemies.
The Spell of Plato, Routledge & Kegan Paul, 19665, tr. it., La società aperta e i suoi nemici, I, Platone
totalitario, Roma, Armando, 1993.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 3 introduttiva all'idea di trascendenza15. Nel medesimo filosofo, si troverebbe accennata, per
la prima volta, l’idea del cittadino di due Città, la città terrestre e quella divina16.
Comunque sia, a me pare indubitabile che il mito greco di Antigone possa essere
letto come già espressivo, di per sé, del fenomeno obiettorio. Per dirlo in termini teologici,
esso rappresenterebbe una sorta di praeambulum fidei del cristianesimo17.
Opposizione alla legge ingiusta; primato della coscienza morale; sottrazione alla
competenza statale della sfera etico-religiosa: se questi sono i tratti fondamentali
dell’obiezione di coscienza quale concepita ed attuata lungo un cammino plurisecolare, al di
là delle denominazioni che il fenomeno e l’istituto hanno di volta in volta assunto18, si
assiste oggi al suo acquisire compiti nuovi ed aggiuntivi accanto a quelli “classici”, al
nascere di forme nuove e di nuovi contenuti dell’obiezione di coscienza. Si è potuto
finanche parlare di una «esplosione euforica» delle obiezioni di coscienza19. Obiezione al
servizio militare, obiezione all’aborto, obiezione ai trattamenti sanitari obbligatori,
obiezione in campo bioetico e sanitario, obiezione al e nel giuramento, obiezione fiscale,
obiezione a determinate prestazioni lavorative, obiezione al sistema assicurativo e
previdenziale obbligatorio, obiezione e diritto alla riservatezza, obiezione ecologica,
obiezione ai consumi, obiezione al voto, obiezione a far parte delle giurie popolari,
obiezione agli insegnamenti confessionali obbligatori o a materie ideologicamente
connotate, obiezione ai simboli religiosi nei luoghi pubblici, … l’elencazione potrebbe
continuare ancora.
Il dato probabilmente di maggior rilievo di questo incremento esponenziale delle
fattispecie, nonché delle intervenute “metamorfosi” dell’obiezione di coscienza, pare
consistere nel suo progressivo configurarsi, oltre che come strumento di denuncia della
legge ingiusta20, anche come strumento di riconoscimento di specifiche identità, o di
pretesa, di aspirazione a tale riconoscimento. L’(eventuale) ingiustizia della legge sarà allora
15
Cfr. G. REALE, Filosofia antica, Milano, Jaca Book, 1992, p. 25 ss.; ID., Per una nuova
interpretazione di Platone. Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle "Dottrine non
scritte", Milano, Vita e Pensiero, 199311, specialmente pp. 137 ss., 497 ss., 717-718; AA.VV, Verso una
rinnovata immagine di Platone, a cura di G. Reale, Milano, Vita e Pensiero, 1994, cui si rinvia, insieme alla
precedente opera, anche per ulteriori referenze bibliografiche. Cfr. pure, supra, nt. 12, a proposito della
metafora platonica della zattera.
16
Cfr. G. REALE, Storia della filosofia antica, II, Platone e Aristotele, Milano, Vita e Pensiero, 19762, p.
213. Sul primato dell’interiorità e della contemplazione nella filosofia di Platone, cfr. ibidem, pp. 200 e 211;
ID., Filosofia antica, cit., pp. 34-36.
17
Cfr. supra, nt. 12. Cfr. pure V. TURCHI, Ragioni ‘laiche’ e ‘religiose’ dell’obiezione, cit., p. 390.
18
Come si avrà occasione di approfondire più ampiamente in seguito, l’obiezione di coscienza nasce
dapprima come fatto, come fenomeno, cui può eventualmente seguire il suo riconoscimento giuridico, che la
assume ad istituto. Il riconoscimento dell’obiezione di coscienza come istituto (obiezione di coscienza
secundum legem) è relativamente recente, mentre forme di comportamento obiettorio contra legem sono da
sempre esistite.
19
R. NAVARRO VALLS, Las objeciones de conciencia, in AA.VV., Derecho Eclesiástico del Estado
español, Pamplona, EUNSA, 19933, p. 486; R. NAVARRO VALLS, J. MARTÍNEZ TORRÓN, Le obiezioni
di coscienza. Profili di diritto comparato, con la collaborazione di R.P. Palomino e V. Turchi, Torino,
Giappichelli, 1995, p. 29.
20
Compito che peraltro essa tuttora continua a svolgere.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 4 percepita nella misura in cui la legge non sia in grado di riprodurre, di riconoscere le
identità rivendicate (c.d. “diritto alla differenza”).
Si è pure sostenuto, con argomentazioni degne di attenta considerazione, che il
passaggio dell’obiezione da comportamento sanzionato (obiezione di coscienza contra
legem) ad istituto giuridico riconosciuto (obiezione di coscienza secundum legem), ne
attenuerebbe, fino a comprometterne, il carattere testimoniale e profetico, la sua efficacia ed
incisività, la stessa sua credibilità. L’unica vera forma di obiezione di coscienza risulterebbe
quella contra legem.
Vi sono tuttavia buone ragioni che inducono a ritenere che «non necessariamente la
metamorfosi intervenuta della obiezione abbia comportato una sua modifica qualitativa e
ontologica»21; che i “nuovi volti” che Antigone va assumendo non ne abbiano tuttavia
mutato le originarie, distintive sembianze.
Nelle pagine che seguono si rintracceranno i percorsi delle obiezioni contemporanee,
e si cercherà di mettere in luce come l’istituto (e, ancor prima, il “fenomeno”)
dell’obiezione, nonostante gli aspetti di problematicità che in talune circostanze l’hanno
contrassegnata (ma la storia dell’obiezione di coscienza è sempre stata una storia di
problematicità e di criticità), conservi ancora oggi una perdurante attualità ed un rilevante
spessore concettuale.
L’attenzione sarà rivolta principalmente al nostro Paese, pur saggiandosi, con
specifici richiami, l’esperienza giuridica di altri ordinamenti.
Per quanto concerne l’Italia, l’obiezione di coscienza ha goduto di una particolare
attenzione, sia pratica sia teorica, in regime di servizio militare obbligatorio, consentendo di
svolgere, per motivi di coscienza, il servizio civile in alternativa a quello militare. Oggi,
sospesa la leva obbligatoria22, le nuove frontiere dell’obiezione di coscienza - non
diversamente, del resto, da altri ordinamenti affini al nostro - riguardano soprattutto il
campo della bioetica, nei suoi molteplici settori, particolarmente sensibili al fatto di
coscienza: aborto, eutanasia, testamento biologico, sterilizzazione volontaria,
ricombinazioni genetiche, procreazione medicalmente assistita, sperimentazione su animali,
ecc. «L’obiezione di coscienza in materia bioetica», è stato detto di recente, «costituisce la
novità più autentica e rilevante dell’epoca contemporanea, e sembra destinata a svolgere un
ruolo prospettico e dinamico da diversi punti di vista. Essa riguarda una molteplicità di
settori dell’ordinamento giuridico, e coinvolge una varietà di soggetti come mai era
accaduto prima»23.
21
Così R. BERTOLINO, L'obiezione di coscienza moderna. Per una fondazione costituzionale del diritto
di obiezione, Torino, Giappichelli, 1994, p. 28.
22
Si deve peraltro considerare che il problema dei conflitti bellici mondiali e del correlativo diritto (non
sempre riconosciuto) di obiezione di coscienza continua ad urgere in molti Paesi. All’inizio del 2009 si
contavano ben venticinque conflitti militari in corso: cfr. http://it.pacereporter.net/conflitti/9/1.
23
C. CARDIA, Tra il diritto e la morale. Obiezione di coscienza e legge, in Stato, Chiese e pluralismo
confessionale, maggio 2009, (www.statochiese.it), p. 23.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 5 Anche l’accentuarsi del pluralismo etnico e culturale (c.d. “multiculturalismo”)
introduce nelle società contemporanee numerose istanze identitarie, talora riconducibili a
nuove ipotesi di obiezione di coscienza, sia riconosciute sia rivendicate.
Accanto a vere e proprie nuove forme di obiezione di coscienza, si è anche in
presenza del fenomeno – pure significativo – dell’esercizio secondo nuove modalità di
forme per così dire “tradizionali” di obiezione di coscienza: è il caso, ad esempio,
dell’obiezione di coscienza al servizio militare, che, per l’accennata sospensione del servizio
militare obbligatorio, si ripropone in dimensioni nuove e diverse; dell’aborto, a causa della
possibilità di ricorrere a metodiche farmacologiche (non più solo chirurgiche), non previste
dalla legge sull’interruzione di gravidanza, aventi effetti abortivi (c.d. “pillola del giorno
dopo”).
Per tutti i casi di obiezione di coscienza è parso utile riproporre la distinzione (che è
anche una complessiva “chiave di lettura”) tra obiezioni secundum legem ed obiezioni
contra legem, a seconda che esse trovino, o non, espresso riconoscimento legislativo24. Con
l’ulteriore precisazione che alcune forme di obiezione di coscienza contra legem (o, forse,
più propriamente, sine lege) possono tuttavia qualificarsi secundum ius, nel senso che,
quantunque prive di espliciti riferimenti legislativi, possono trovare, già de iure condito, i
propri presupposti normativi nell’ordinamento giuridico: o in virtù di un’applicazione
analogica dell’istituto dell’obiezione di coscienza previsto per casi simili; o in virtù dei
principi generali dell’ordinamento e della tutela dei diritti fondamentali da esso riconosciuti.
Le obiezioni che propongo di denominare secundum ius potranno essere riconosciute come
tali dalla giurisprudenza, godendo così di una più sicura tutela giuridica25.
Esistono, inoltre, quelli che riterrei di classificare come casi dubbi di obiezione di
coscienza, rappresentati da una serie di comportamenti o di istituti che secondo parte della
dottrina configurano altrettante ipotesi di obiezione di coscienza, ma rispetto alle quali pare
legittimo avanzare motivate riserve, in quanto sembra si finisca per assumere la categoria
concettuale dell’obiezione di coscienza in modo improprio, impiegandola per descrivere - e
ad essa ricondurre - fenomenologie che solo in un’accezione molto lata e ‘atecnica’ possono
rientrare nella nozione tipica di obiezione di coscienza.
Dall’esame complessivo delle diverse, numerose ipotesi di obiezione di coscienza
emerge, infine, come denominatore ad esse comune, il punto cruciale consistente nella
determinazione del limite fin dove l'ordinamento può o deve ampliare la sfera delle libertà
riconosciute, per consentire a più persone, di diversa cultura o di diversa religione, di
convivere nella stessa “casa comune”, senza rinunciare alla propria identità, preservando,
nello stesso tempo, un nucleo essenziale di valori e di solidarietà comuni, allo scopo di
24
Mi permetto di rinviare a V. TURCHI, Obiezione di coscienza, in Digesto delle Discipline
Privatistiche. Sezione Civile, vol. XII, Torino, UTET, 1995, p. 520.
25
Cfr. V. TURCHI, Obiezione di coscienza, in Enciclopedia di Bioetica e Scienza Giuridica, a cura di E.
Sgreccia e A. Tarantino, in corso di pubblicazione presso E.S.I., Napoli.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 6 garantire le ragioni non già di unicità, ma di unità dell'ordinamento giuridico26. Ma questo come efficacemente è stato scritto - è «un nodo di sempre, e più che mai di oggi, della
nostra epoca drammaticamente chiamata, come prima nessun’altra, a conciliare la fede
nell’universale col rispetto delle diversità. Ancora una volta, l’Antigone, dopo
duemilacinquecento anni, parla a una generazione del suo presente, parla a noi del nostro
presente»27.
26
Cfr. V. ONIDA, L'obiezione dei giudici e dei pubblici funzionari, in AA.VV., Realtà e prospettive
dell'obiezione di coscienza. I conflitti degli ordinamenti, a cura di B. Perrone, Milano, Vita e Pensiero, 1992,
p. 367.
27
C. MAGRIS, Utopia e disincanto, Milano, Garzanti, 1999, p. 246. Non a caso una delle ultime, forse
l’ultima, trasposizione dell’Antigone nell’epoca contemporanea, dovuta a FRANÇOIS OST, si intitola
Antigone voilée. Bruxelles, Larcier, 2004. Il volume trascrive la tragedia greca nel contesto dell’attuale
dibattito sul velo islamico.
Vincenzo Turchi – I nuovi volti di Antigone p. 7