I prodotti DOP, IGP e STG
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I prodotti DOP, IGP e STG
I prodotti DOP, IGP e STG DOP - IGP - STG L’evoluzione della normativa, i dati economici, e le tendenze di mercato in alcuni paesi Ue STUDI S ISMEA dicembre 2006 Realizzazione a cura di Ismea Responsabile della ricerca: Ezio Castiglione Responsabile scientifico: Raffaele Borriello Lo studio è stato curato da: Enrico De Ruvo Redazione: Giovanni Buonpensiero, Enrico De Ruvo, Carmela Franzese, Maria Chiara Gazza, Giovanni Luppi, Ilaria Mazzoli, Paolina Notaro, Stefano Rosini, Veronica Zaccaroni ed inoltre Kees de Roest e Claudio Montanari per il capitolo 6. Coordinamento editoriale: Palmira Blasi Art Director: Massimo Cerasi Grafici: Donatella Quaranta e Carlo Alberto Torlai 2 La ricerca è stata eseguita con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Indice 1. L’evoluzione della normativa 1.1 I nuovi regolamenti per il riconoscimento dei prodotti DOP, IGP e STG 1.2 Il Regolamento CE n. 510/2006 L’iter di registrazione Il periodo di adattamento e la protezione transitoria L’abrogazione del “principio di reciprocità” La procedura d’opposizione L’etichettatura Le modifiche al disciplinare I controlli ufficiali 1.3 Il Regolamento CE n. 509/2006 Definizioni e restrizioni all’uso dei nomi L’iter di registrazione Esame da parte della Commissione La procedura d’opposizione Le modifiche al disciplinare L’etichettatura Modalità relative al nome registrato Controlli ufficiali e verifica del rispetto del disciplinare Abrogazione del principio di reciprocità 1.4 Le deroghe del “pacchetto igiene” in materia di prodotti tradizionali 1.5 La struttura di controllo 1.5.1 Produzioni DOP - IGP 1.5.2 Produzioni STG 1.6 I Consorzi di tutela 7 7 8 8 9 10 11 11 11 12 15 15 16 16 17 17 17 18 18 18 18 20 21 25 26 2. I prodotti di qualità registrati 2.1 Le denominazioni registrate in ambito comunitario 2.2 I prodotti italiani registrati 2.3 L’analisi territoriale delle denominazioni italiane registrate 2.4 Le denominazioni italiane in attesa di registrazione 2.5 Le Specialità Tradizionali Garantite 29 29 31 33 36 37 3. La dimensione territoriale ed economica dei prodotti registrati 3.1 Introduzione 3.2 L’impatto produttivo ed economico delle DOP e IGP 3.3 Aspetti generali 3.4 I formaggi 3.5 I prodotti a base di carne 3.6 Gli ortofrutticoli e i cereali 3.7 I grassi e gli oli di oliva 3.8 Le carni fresche 3.9 Gli altri prodotti italiani riconosciuti 38 38 39 42 46 51 56 60 64 64 3 4. Il mercato nazionale, l’export e i canali distributivi 4.1 Il mercato nazionale dei prodotti DOP e IGP 4.1.1 Aspetti generali 4.2 I flussi di export 4.2.1 Introduzione 4.3 I canali distributivi 4.3.1 I formaggi 4.3.2 I prodotti a base di carne 4.3.3 Gli ortofrutticoli e i cereali 4.3.4 I grassi e oli di oliva 4.3.5 Gli altri prodotti 66 66 66 69 69 73 75 77 80 82 83 5. I Consumi domestici di prodotti DOP e IGP 5.1 Il quadro complessivo 5.2 I consumi domestici di formaggi DOP 5.3 I consumi domestici di prodotti a base di carne DOP-IGP 5.4 I consumi domestici di oli extravergini DOP-IGP 86 86 90 94 97 6. Le politiche e le denominazioni tutelate in alcuni paesi europei 6.1 La Spagna 6.1.1 Il mercato delle DOP e IGP 6.1.2 I formaggi 6.1.3 Le carni fresche e i prodotti a base di carne 6.1.4 Gli oli di oliva 6.1.5 Gli ortofrutticoli e i cereali 6.2 La Francia 6.2.1 Il mercato delle DOP e IGP in Francia 6.2.2 I formaggi 6.2.3 Le carni fresche 6.2.4 I prodotti ortofrutticoli e i cereali 6.2.5 Gli oli di oliva e le olive da tavola 6.3 La Germania 6.3.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari 6.3.2 I prodotti DOP IGP e STG in Germania 6.3.3 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le DOP e IGP e i marchi regionali 6.3.4 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP 6.4 La Gran Bretagna 6.4.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari 6.4.2 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le DOP e IGP e i marchi regionali 6.4.3 I prodotti DOP, IGP e STG in Gran Bretagna 6.4.4 La percezione dei consumatori e le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP 6.5 L’Austria 6.5.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari 4 100 100 100 103 105 108 109 111 111 112 116 118 120 121 121 122 125 126 126 126 127 128 129 131 131 6.5.2 Il mercato delle DOP e IGP in Austria 6.5.3 Gli altri marchi di qualità istituzionali 6.5.4 La percezione dei consumatori 6.5.5 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP 6.6 L’Olanda 6.6.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari 6.6.2 Il mercato delle DOP e IGP in Olanda 6.6.3 Il comparto dei formaggi 6.6.4 Il comparto ortofrutticolo 6.6.5 I marchi di qualità non istituzionali 6.6.6 L’attitudine dell’Olanda verso la protezione delle IG 6.6.7 La percezione dei consumatori 6.6.8 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP 7. Case study: politiche distributive e consumo nei comparti della carne fresca e dell’ortofrutta DOP-IGP 7.1 Obiettivi e metodologia 7.2 Principali evidenze emerse 7.3 Il settore delle carni fresche: analisi dei risultati 7.3.1 La domanda di carne fresca: composizione e criteri di acquisto 7.3.2 Le caratteristiche dell’assortimento di carne fresca: tipologie, origine e marchi 7.3.3 Il vissuto delle carni fresche a marchio DOP e IGP 7.3.4 Le carni DOP e IGP dal punto di vista del trade 7.3.5 L’etichettatura obbligatoria e il sistema di rintracciabilità 7.4 Il settore ortofrutta: analisi dei risultati 7.4.1 La domanda di prodotti ortofrutticoli 7.4.2 L’offerta di prodotti ortofrutticoli 7.4.3 I prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine 7.4.4 L’evoluzione del mercato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine 7.5 Sintesi e conclusioni 132 136 137 138 139 8. Conclusioni 191 Appendice statistica 195 Allegato 215 Riferimenti bibliografici 230 Procedure da seguire da parte di produttori e cittadini di paesi terzi per la registrazione e per sollevare obiezioni 139 140 140 143 145 146 147 147 150 150 150 156 156 158 160 165 168 170 170 173 175 183 186 CD Rom allegato: schede dei prodotti Dop e Igp 5 1. L’evoluzione della normativa 1.1 I nuovi regolamenti per il riconoscimento dei prodotti DOP, IGP e STG P er le Denominazioni di origine protetta1, le Indicazioni geografiche protette2 e le Specialità tradizionali garantite3, l’anno 2006 si è aperto con l’adozione da parte della Commissione Europea del Reg Ce n. 510/20064 e del Reg Ce n. 509/20065. I due Regolamenti riscrivono e abrogano rispettivamente i Regolamenti CEE n. 2081/92 e n. 2082/92. L’obiettivo principale della riforma adottata è, innanzitutto, quello di semplificare e rendere più efficiente l’iter di registrazione e, come richiesto dal Panel WTO6, di adottare un regolamento compatibile con le regole del commercio internazionale, che abroghi il requisito della reciprocità e dell’equivalenza, introdotto con il Reg CEE 2081/92 e sue successive modifiche7. In particolare, una delle novità è rappresentata dall’introduzione di un “documento unico”per la presentazione delle domande, contenente tutti i dati necessari ai fini della registrazione, dell’informazione e dei controlli. Lo scopo di tale documento è quello di assicurare che le informazioni chiave siano ufficialmente pubblicate prima della registrazione, così da consentire a ogni operatore di esercitare il diritto all’opposizione e alle autorità pubbliche preposte di garantire la protezione della denominazione registrata in ogni Stato membro. La procedura introdotta esprime, inoltre, la volontà della Commissione di migliorare la tutela dei prodotti agroalimentari registrati su scala internazionale. I nuovi Regolamenti, inoltre, come accennato, garantiscono la conformità del regime comunitario con le regole del WTO: innanzitutto, viene abrogato il requisito, precedentemente imposto ai Paesi terzi, della reciprocità ed equivalenza della protezione e, in secondo luogo, gli operatori dei Paesi extra Ue hanno la possibilità di presentare domande ed eventualmente opposizioni direttamente alla Commissione e non più per il tramite dei loro governi. Tale riforma, abrogando il requisito della “reciprocità ed equivalenza”, dovrebbe porre fine alle controversie nate fra l’Europa e alcuni Paesi terzi, come Stati Uniti e Australia. I Regolamenti introdotti, inoltre, esprimono la volontà della Commissione di garantire una maggiore protezione del consumatore, attraverso, una più ampia visibilità dell’etichettatura e la diffusione dell’uso dei simboli comunitari. Nei paragrafi seguenti si riporta un’analisi più dettagliata delle novità introdotte dai Regolamenti CE n. 510/2006 e n. 509/2006. 7 1.2 Il Regolamento CE n. 510/2006 L’adozione del Reg. CE n°510/2006 nasce dall’esigenza, fortemente sentita a livello comunitario, di disciplinare con un approccio più uniforme le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari. Tale esigenza risponde alla volontà del legislatore comunitario di creare condizioni di concorrenza uguali tra i produttori che beneficiano delle diciture DOP e IGP, sia di migliorare la riconoscibilità dei prodotti agli occhi dei consumatori, attraverso una maggiore chiarezza e trasparenza dei segni e delle informazioni sui prodotti. È proprio la combinazione di queste esigenze che ha portato l’Unione Europea a rivedere la normativa sulle DOP e IGP e quindi all’adozione del Reg CE n°510/2006 che abroga e sostituisce il Reg CEE n°2081/92. Le principali novità introdotte dal Reg n°510/2006 riguardano i seguenti aspetti: • domanda di registrazione e modalità di esame da parte della Commissione; • modalità di opposizione e decisione sulla registrazione; • denominazioni, diciture e simboli; • modifiche al disciplinare; • controlli ufficiali; • modalità di verifica del rispetto del disciplinare; • protezione delle denominazioni registrate; • tasse; • allegato II – “Prodotti agricoli di cui all’art.1, § 1”. L’iter di registrazione In generale, le modifiche introdotte per l’iter di registrazione (art. 5) di nuove denominazioni, tendono a semplificare le procedure e a chiarire le responsabilità delle diverse autorità chiamate ad intervenire nell’esame delle domande, allo scopo di migliorare il loro iter di presentazione, di garantire la parità di trattamento fra i vari richiedenti ed anche la trasparenza e chiarezza della documentazione richiesta e del processo amministrativo. Innanzitutto, si specifica che possono presentare domanda di registrazione esclusivamente le associazioni, ossia esclusivamente le organizzazioni di produttori o di trasformatori che trattano il medesimo prodotto agricolo o alimentare. Tuttavia, subito dopo aver introdotto tale esclusività, la norma prevede un’attenuazione della stessa, consentendo l’equiparazione delle persone fisiche o giuridiche che soddisfano determinate condizioni8 ad un’associazione. Si specificano, inoltre, gli elementi minimi che deve comprendere la domanda di registrazione presentata dalle associazioni, prevedendo che essa debba contenere, oltre al Disciplinare, anche il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente e un “documento unico”. 8 Proprio quest’ultimo rappresenta l’elemento innovativo che dovrebbe consentire una semplificazione e una maggiore efficienza dell’iter di registrazione; il documento unico, infatti, deve contenere sia gli elementi principali del disciplinare, ossia la denominazione, la descrizione del prodotto e la delimitazione della zona geografica, sia la dimostrazione del legame del prodotto con l’ambiente geografico o con l’origine geografica, inclusi eventualmente gli elementi specifici del prodotto o del metodo di ottenimento che giustifica tale legame. Sempre con riferimento alla domanda di registrazione è introdotta la possibilità di presentare domanda comune, da parte di diverse associazioni, qualora una denominazione designi una zona geografica transfrontaliera o una denominazione tradizionale connessa ad una zona geografica transfrontaliera. L’iter di registrazione si arricchisce anche di una nuova fase: nel corso dell’esame della domanda, lo Stato membro interessato avvia una procedura nazionale di opposizione al fine di garantire l’adeguata pubblicazione della domanda e consentire un tempo ragionevole nel corso del quale, ogni persona fisica o giuridica, avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul suo territorio, possa fare opposizione. Coerentemente all’obiettivo di garantire maggiore chiarezza e trasparenza, per ogni decisione favorevole adottata dalla Commissione, lo Stato membro deve inviare alla stessa, oltre ai documenti presentati dall’associazione richiedente durante l’iter di registrazione, una dichiarazione che attesti l’esito positivo della richiesta e il riferimento della pubblicazione del Disciplinare oggetto della decisione favorevole. Lo Stato membro, infatti, ha l’obbligo di rendere pubblico il Disciplinare oggetto della decisione favorevole e di assicurarne l’accesso per via elettronica. La presentazione standardizzata e sintetica di questi elementi mira ad assicurare una maggiore omogeneità e parità di trattamento tra le domande, garantendo che vengano menzionate tutte quelle informazioni necessarie a favorire la massima trasparenza nei confronti degli operatori interessati. Un’altra novità riguarda la possibilità per gli operatori dei Paesi terzi di presentare direttamente alla Commissione la domanda di registrazione, senza dover necessariamente ricorrere all’intermediazione dei propri governi. A tal proposito, si stabilisce che i documenti devono essere redatti in una delle lingue ufficiali delle Istituzioni dell’UE o comunque accompagnati da una traduzione certificata in una delle lingue ufficiali. Per quanto riguarda l’esame delle domande da parte della Commissione (art. 6), si allunga il termine entro il quale esso deve essere effettuato, passando dai vecchi 6 mesi agli attuali 12. Inoltre, si introduce l’impegno per la Commissione di rendere pubblico, ogni mese, l’elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione, nonché la data di presentazione alla Commissione. Il periodo di adattamento e la protezione transitoria Il nuovo Regolamento, conferma la possibilità, per ciascun Stato membro, di 9 accordare alla denominazione, a decorrere dalla data di presentazione della domanda di registrazione alla Commissione, una protezione transitoria nazionale e ove necessario, un periodo di adattamento (art 5, §6). Il periodo di adattamento consiste nella possibilità, per le imprese, di utilizzare la denominazione qualora venga accordata la protezione transitoria. Il periodo di adattamento può essere concesso a condizione che le imprese interessate, e questo è l’elemento di novità, abbiano sollevato opposizione nel corso della procedura nazionale e che abbiano legalmente commercializzato i prodotti, utilizzando in modo continuativo la denominazioni, per almeno i 5 anni precedenti. Allo stesso modo, l’art. 13 § 3, prevede che la Commissione può accordare alla denominazione un periodo transitorio non superiore a cinque anni, solo nel caso in cui un’opposizione sia stata dichiarata ricevibile in quanto la registrazione danneggerebbe l’esistenza di una denominazione omonima o parzialmente omonima o l’esistenza di prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno 5 anni prima della data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (d’ora in avanti GUCE) del documento unico e del riferimento della pubblicazione del disciplinare. Tale previsione normativa, nel nuovo Regolamento viene integrata9 con la possibilità di accordare un periodo transitorio, non superiore a cinque anni, alle imprese stabilite nello Stato membro o nel Paese terzo dove si trova la zona geografica, a condizione che le stesse abbiano commercializzato i prodotti in modo continuativo per almeno i 5 anni che precedono la data di pubblicazione sulla GUCE e che abbiano sollevato il problema durante la procedura di opposizione, nazionale o comunitaria. Tale periodo transitorio, dovrebbe consentire di evitare danni ai produttori che utilizzano siffatte denominazioni da lungo tempo, pur tutelando nel contempo i consumatori e garantendo una concorrenza leale. Tuttavia la durata complessiva del periodo transitorio di cui all’art 13, §3 e del periodo di adattamento concesso dallo Stato membro (art 5, §6) non può superare 5 anni e, qualora il periodo d’adattamento fosse superiore ai 5 anni, il periodo transitorio non può essere concesso. L’abrogazione del “principio di reciprocità” Il nuovo regolamento, ha comportato l’abbandono delle disposizioni contenute nel Reg CEE 2081/92 (ex art 12) relative al “principio di reciprocità”. Il Reg CEE 2081/92 si applicava “ai prodotti agricoli o alimentari provenienti da un paese terzo a condizione che il paese terzo fosse disposto ad accordare ai corrispondenti prodotti agricoli o alimentari provenienti dalla Comunità una protezione analoga a quella esistente nella Comunità”. L’abrogazione di tale principio risponde all’obiettivo dell’internazionalizzazione del sistema europeo di tutela delle denominazioni e all’effettiva partecipazione ad esso di produttori di Paesi Terzi. 10 Tale obiettivo, oltre ad adempiere alle richieste del Panel del WTO, potrebbe condurre alla diffusione di quella cultura di conoscenza e rispetto delle DOP e IGP, che non può non essere alla base anche di un’effettiva tutela dei prodotti comunitari su mercati internazionali, a condizione che l’impianto comunitario previsto dal nuovo Regolamento trovi “momenti” di validazione e attuazione anche nell’ambito delle decisioni WTO. La procedura d’opposizione Come anticipato (§1), il Regomanento introduce, per i Paesi terzi, la possibilità di presentare direttamente, senza l’intervento dei loro governi, oltre che la domanda di registrazione, l’opposizione alla registrazione di una denominazione d’origine10. L’opposizione, deve essere presentata alla Commissione, entro 6 mesi dalla pubblicazione sulla GUCE, attraverso una dichiarazione debitamente motivata. Stessa possibilità è prevista per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti in un Paese terzo, le quali possono inviare la dichiarazione di opposizione alla Commissione direttamente o tramite le autorità del Paese di appartenenza. Infine, si introduce l’obbligo per la Commissione di pubblicare, sulla GUCE, la decisione adottata in seguito alla conclusione delle consultazioni relative alla procedura d’opposizione. L’etichettatura In relazione alla finalità di garantire una sempre maggiore protezione del consumatore, il nuovo Regolamento impone, per i prodotti agricoli e alimentari originari della Comunità e commercializzati con una denominazione registrata, l’utilizzo delle diciture DOP e IGP o dei simboli comunitari ad essi associati sull’etichettatura degli stessi (art. 8). Tale obbligo si traduce, invece soltanto in una possibilità per i prodotti agricoli e alimentari originari dei Paesi Terzi, commercializzati con una denominazione registrata. Le modifiche al disciplinare Riguardo alle modifiche al disciplinare (art. 9), il nuovo Regolamento specifica che la richiesta deve descrivere le modifiche per le quali si richiede l’approvazione e le relative motivazioni. Inoltre, introduce la distinzione tra le modifiche che incidono sul documento unico e quelle che non vanno a modificarlo. Nel primo caso, la domanda di approvazione di una modifica è sottoposta all’iter classico previsto per la presentazione della domanda di registrazione e quindi all’esame da parte della Commissione con la possibilità, da parte di ogni Stato membro o Paese terzo, di sollevare opposizione alla modifica del disciplinare. Tuttavia, all’interno di questa procedura non si includono le “modifiche mino- 11 ri”11 al disciplinare, le quali, pur avendo un’incidenza sul documento unico sono sottoposte ad un iter più semplificato. Per queste modifiche, infatti, l’iter non prevede nè la pubblicazione sulla GUCE del documento unico e del riferimento della pubblicazione del disciplinare oggetto di richiesta di modifica, né la possibilità di sollevare la procedura d’opposizione. Per le “modifiche minori” approvate, la Commissione ha però l’obbligo di pubblicare sulla GUCE il documento unico e il riferimento della pubblicazione del disciplinare modificato da parte dello Stato membro. Nel secondo caso, ossia quello relativo a modifiche che non incidono sul documento unico, se la zona geografica è situata in uno Stato membro, è competenza dello Stato membro interessato pronunciarsi sull’approvazione della modifica e, in caso di parere positivo, provvedere a pubblicare il disciplinare modificato e ad informare la Commissione delle modifiche approvate. Diversamente, se la zona geografica è situata in un Paese terzo, è competenza della Commissione pronunciarsi sull’approvazione della modifica proposta. Tali procedure si applicano anche nel caso in cui le modifiche siano inerenti a modifiche temporanee del disciplinare facenti seguito all’imposizione, da parte delle autorità pubbliche, di misure sanitarie o fitosanitarie obbligatorie. I controlli ufficiali Per poter funzionare, il sistema delle DOP e IGP deve poter contare su un regime di controlli affidabile in grado di garantire, soprattutto ai consumatori, che i prodotti acquistati rispettano le disposizioni dei disciplinari di produzione. Accanto a tale esigenza, il nuovo Regolamento (art. 10, § 1) pone anche l’obbligo generale a carico degli Stati membri di “designare le autorità competenti incaricate dei controlli in relazione agli obblighi fissati dal Reg. CE 510 a norma del Reg. CE 882/200412. La versione definitiva del Regolamento, ha in qualche modo contenuto l’allarmismo creato, da una prima proposta di Bruxelles, tra i rappresentanti delle delegazioni nazionali, tra cui quella italiana. Il timore era quello che l’inserimento di un riferimento alla normativa in materia di controlli ufficiali di mangimi, alimenti e salute e benessere animale, potesse generare “sovrapposizione” di competenze in materia di controllo fra organismi deputati ai controlli sulle DOP e IGP e quelli che invece verificano il rispetto delle norme “igienico – sanitarie”. La formulazione adottata nella versione definitiva del Regolamento dovrebbe, tuttavia, essere in grado di evitare tali dubbi interpretativi, in quanto, come meglio specificato anche nei considerando del Regolamento, il sistema di monitoraggio delle DOP e delle IGP deve essere cositituito da un sistema di controlli ufficiali in linea con il Reg. CE 882/04, nonché diretto ad assicurare il rispetto dei relativi disciplinari di produzione. Successivamente l’art.11, §1, prevede che la verifica del rispetto del disciplinare sia effettuata da una o più Autorità e/o da uno o più organismi di controllo ai 12 sensi dell’art 2 del Reg CE 882/2004 che opera come organismo di certificazione dei prodotti. Inoltre, l’art. 10 §3, prevede che la Commissione pubblichi il nome e l’indirizzo delle Autorità designate e degli Organismi di certificazione e aggiorni periodicamente l’elenco. Per quanto riguarda la verifica del rispetto del disciplinare (art. 11) di DOP e IGP relative a zone geografiche di un Paese terzo, la stessa è effettuata da una o più autorità pubbliche designate dal Paese in cui si trova la zona geografica interessata e/o da uno o più organismi di certificazione dei prodotti. Inoltre, il Regolamento prevede che i costi di verifica del rispetto del disciplinare sono a carico degli operatori interessati. Ancora, altro aspetto innovativo, è l’introduzione dell’obbligo per tutti gli Organismi di certificazione, a partire dal 1°maggio 2010, di accreditamento in base alla normativa EN 45011, che assicura il rispetto dei requisiti di terzietà, competenza e organizzazione da parte di coloro che si occupano della certificazione del prodotto. L’attività di accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione in Italia è svolta dal SINCERT - Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione, Associazione privata senza fini di lucro fondata nel 1991 e legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con D.M. del 16 giugno 1995. In particolare la norma EN 45011 disciplina i requisiti che un organismo di certificazione di prodotto deve soddisfare per poter essere accreditato. I principali aspetti disciplinati riguardano l’organizzazione della struttura, il Sistema Qualità, l’indipendenza e la terzietà rispetto agli interessi oggetto di certificazione, la competenza del personale, la gestione delle attività ispettive e certificative, la gestione dei rapporti con le aziende certificate e l’uso dei marchi e dei certificati. Modalità d’applicazione L’art 16 prevede che la Commissione adotta, in conformità alla procedura di regolamentazione prevista dagli artt 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, le modalità di applicazione necessarie all’attuazione del Regolamento. Tra queste, • l’elenco delle materie prime dei prodotti designati dalle designazioni geografiche equiparate a denominazioni d’origine (art°2, §3); • le condizioni alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata ad una associazione; • le modalità di presentazione della domanda di registrazione di una denominazione che designa una zona geografica transfrontaliera (art 5, § 1); • le modalità relative al contenuto e alla trasmissione alla Commissione dei documenti (art 5, § 7 e 9); • modalità relative alle modifiche minori (art 7, § 5 e art 9, § 2); • modalità relative alle condizioni di controllo del rispetto del disciplinare. 13 Altre novità Altra novità introdotta è relativa alle tasse: ai sensi dell’art 18, gli Stati membri possono esigere il pagamento di una tassa destinata a coprire le loro spese. Considerazioni generali L’analisi del recente Regolamento evidenzia che il nuovo impianto normativo costituisce una revisione significativa delle politiche agricole della qualità. Le modifiche introdotte sono state motivate principalmente dalle richieste del Panel WTO: il Regolamento, con l’abrogazione del requisito della reciprocità e dell’equivalenza, si è allineato alle richieste avanzate dal WTO in tema di commercio internazionale, anche se, a tutt’oggi, il WTO non ha ancora espresso parere formale sul testo normativo adottato. In risposta alle modifiche richieste dal panel WTO, il nuovo Regolamento consente l’accesso ai registri anche da parte dei singoli produttori dei Paesi terzi, senza il tramite quindi degli Stati, anche nel caso in cui gli stessi Paesi d’origine non garantiscano una reciprocità di trattamento. Vincolo quest’ultimo richiesto invece dal precedente Regolamento UE. Ancora, e sempre in risposta alle richieste del panel WTO, il nuovo Regolamento garantisce la coesistenza fra marchi industriali e denominazioni d’origine e fra denominazioni d’origine omonime. Il sistema precedente, al contrario, prevedeva che dopo un periodo di cinque anni di coesistenza, il marchio industriale doveva cedere il passo alla denominazione d’origine. L’adeguamento della politica comunitaria alle regole del commercio internazionale è stato comunque, l’occasione per apportare ulteriori modifiche al testo del precedente regolamento. Dal nuovo regolamento esce rafforzato il ruolo degli Stati membri sia nelle procedure di istruttoria delle domande di riconoscimento di nuove denominazioni e sia, soprattutto, in caso di modifica del disciplinare di produzione di denominazioni già riconosciute. In sostanza, con le nuove regole gli Stati membri si fanno carico di esaurire l’istruttoria, e di procedere alla composizione delle eventuali controversie, all’interno dei confini nazionali. Dopo la fase di istruttoria nazionale, infatti, ogni Stato membro dovrà inviare a Bruxelles solo il “documento unico”. L’elemento critico di tale procedura, potrebbe essere rappresentato sia dal grado di completezza degli elementi indicati nel documento unico, sia dal grado di omogeneità dei criteri adottati da ciascun Stato membro nell’iter di registrazione. Altra modifica significativa riguarda l’estensione a 12 mesi del tempo a disposizione della Commissione per l’esame delle domande. Fino ad oggi, la Commissione ha evidenziato “tempi di risposta” più lunghi dei 6 mesi previsti dal sistema previgente: tale previsione appare dunque in contrasto con l’obiettivo di snellire e ridurre i tempi di registrazione delle nuove denominazioni. Obiettivo peraltro palesato dalle modifiche introdotte all’iter di registrazione. 14 Altra novità di una certa portata è relativa alle norme igienico – sanitarie. In particolare, il nuovo Regolamento prevede che potranno avere accesso alla certificazione DOP solo i prodotti in grado di soddisfare le norme igienico – sanitarie fissate dal pacchetto igiene. In ultimo, altra novità introdotta e portatrice di cambiamenti importanti, riguarda l’obbligo previsto per gli Organismi di controllo: a partire dal 2010, dovranno, infatti, essere accreditati in base alla norma EN 45011. Ad oggi, in Italia, risultano accreditati solo 14 su 23 (60,9%) Organismi di controllo privati autorizzati. In particolare, il panorama italiano si contraddistingue per la presenza di: • Organismi nati come “espressione” dei Consorzi; • Organismi volontari preesistenti al Reg. CEE 2081/92; • Organismi nati con la creazione del “nuovo” mercato relativo alla certificazione delle DOP e IGP. In tale contesto, e in relazione all’obbligo di accreditamento, gli Organismi di controllo italiani sono chiamati pertanto a riesaminare le loro politiche aziendali, sia in termini di portafoglio attività, sia in funzione dei “nuovi” costi legati all’accreditamento EN 45011. 1.3 Il Regolamento CE n. 509/2006 L’attività di revisione normativa a livello europeo, ha riguardato anche i prodotti agricoli e alimentari con marchio STG e ha portato all’emanazione del Reg. CE n°509/2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari”, che abroga e sostituisce il Reg. CEE n°2082/92. Sostanzialmente le novità introdotte ricalcano quelle introdotte dal Reg. CE n°510/2006 per le DOP e IGP e riguardano i seguenti aspetti: - definizioni e restrizioni all’uso dei nomi; - domanda di registrazione e modalità di esame da parte della Commissione; - modalità di opposizione; - modifiche al disciplinare; - denominazioni, diciture e simboli; - modalità relative al nome registrato; - controlli ufficiali; - modalità di verifica del rispetto del disciplinare. Definizioni e restrizioni all’uso dei nomi La prima novità introdotta riguarda la definizione del termine “tradizionale” (art 2), inteso come “un uso sul mercato tradizionale attestato da un periodo di tempo che denoti un passaggio generazionale”. Inoltre, rispetto al precedente Regolamento, si definisce che la specificità (art. 15 1, lettera a), intesa come l’elemento o gli elementi che distinguono nettamente un prodotto agricolo o alimentare dagli altri prodotti o alimenti analoghi appartenenti alla stessa categoria possono riferirsi alle caratteristiche intrinseche del prodotto (fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche) o al metodo di produzione del prodotto, oppure a condizioni specifiche che prevalgono nel corso della produzione. È, dunque, sulla base della specificità così definità che la “specialità tradizionale garantita” è riconosciuta dalla Comunità attraverso la registrazione. A garanzia sia dei produttori che dei consumatori, si stabiliscono delle restrizioni all’uso dei nomi (art. 5), precisando, da un lato che, il Regolamento si applica nel rispetto delle disposizioni comunitarie o degli Stati membri che disciplinano la proprietà intellettuale, e dall’altro, che il nome di una varietà vegetale o di una razza animale può essere utilizzato nella denominazione di una STG solo se non induce in errore sulla natura del prodotto. L’iter di registrazione Così come per le DOP e le IGP, anche per le STG sono state introdotte novità di rilievo nell’iter di registrazione (art. 7). Innanzitutto si specifica che un’associazione può presentare domanda di registrazione per una STG, esclusivamente per i prodotti agricoli o alimentari che essa produce o elabora. Si specificano gli elementi minimi che la domanda di registrazione deve contenere: oltre al Disciplinare, essa deve contenere il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente, il nome e l’indirizzo dell’autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare e i relativi compiti specifici e i documenti che comprovano la specificità e la tradizionalità del prodotto. Come per le DOP e le IGP viene introdotto, contestualmente all’esame della domanda di registrazione da parte dello Stato membro, l’avvio di una procedura nazionale d’opposizione avente la finalità di garantire un’adeguata pubblicazione della domanda e di concedere un tempo ragionevole durante il quale, ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul su territorio, possa fare opposizione alla domanda. Inoltre, si introduce la disciplina delle domande provenienti da un’associazione di un Paese terzo: esse devono contenere gli stessi elementi previsti per le domande provenienti dalle associazioni degli Stati membri e possono essere presentate alla Commissione direttamente o tramite le autorità del Paese di appartenenza. Tutti i documenti presentati per la registrazione da parte di associazioni appartenenti a Paesi terzi devono essere redatti in una lingua ufficiale delle istituzioni UE o accompagnati da una traduzione certificata in una delle lingue ufficiali dell’UE. Esame da parte della Commissione Riguardo all’esame della domanda da parte della Commissione (art. 8) si in- 16 troduce, come per le DOP e IGP, il termine di 12 mesi entro il quale esso deve essere effettuato. Si introduce anche l’obbligo per la Commissione di rendere pubblico ogni mese l’elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione e la data di presentazione alla Commissione. La procedura d’opposizione Riguardo alla procedura d’opposizione (art. 9), si modifica il termine entro il quale ogni Stato membro o Paese terzo può opporsi alla registrazione: a partire dalla data di pubblicazione sulla GUCE, si passa dai precedenti 5 mesi agli attuali 6. Si specifica, inoltre, che sono ricevibili soltanto le dichiarazioni d’opposizione, pervenute alla Commissione nel termine di 6 mesi dalla pubblicazione sulla GUCE, che dimostrano o la mancata osservanza delle disposizioni contenute negli artt. 2, 4 e 5 del Reg CE n°509/2006, oppure che il nome è utilizzato legittimamente, notoriamente e in modo economicamente significativo, per prodotti agricoli o alimentari analoghi. Le modifiche al disciplinare L’art. 11 prevede che la richiesta di modifica al Disciplinare può essere presentata dallo Stato membro, su richiesta dell’associazione stabilita sul suo territorio, oppure da un’associazione stabilita in un Paese terzo. Per quest’ultima, lo stesso articolo prevede che la domanda può essere presentata alla Commissione o direttamente o tramite le autorità del Paese. Il nuovo Regolamento, precisa che tutte le richieste di modifica, devono comprovare un interesse economico legittimo e descrivere le modifiche richieste e i motivi pertinenti. Per quanto riguarda l’iter procedurale, la richiesta di approvazione di una modifica al disciplinare è sottoposta all’iter classico previsto per la presentazione della domanda di registrazione. Tuttavia, all’interno di tale iter si prevede una semplificazione per le “modifiche minori”. Per quest’ultime, infatti, l’iter non prevede né la pubblicazione sulla GUCE di tutti gli elementi identificativi della richiesta di modifica,13 né la possibilità di sollevare la procedura di opposizione. Tale semplificazione procedurale è la stessa prevista dal Reg CE°510/2006 per le modifiche minori al disciplinare. L’etichettatura Anche per le STG, si introduce l’obbligo di apporre sull’etichetta di un prodotto agricolo o alimentare prodotto nel territorio comunitario, il nome registrato accompagnato o dal simbolo comunitario o dall’indicazione “specialità tradizionale garantita”. Tale indicazione, invece è facoltativa per le STG prodotte al di fuori del territorio comunitario. 17 Modalità relative al nome registrato Con riferimento alle modalità relative al nome registrato (art. 13), si introduce la possibilità per l’associazione che ha richiesto la registrazione di un nome in una sola lingua, di prevedere nel disciplinare che all’atto della commercializzazione, l’etichetta contenga oltre al nome del prodotto in lingua originale anche un’indicazione nelle altre lingue ufficiali. Controlli ufficiali e verifica del rispetto del disciplinare Altre novità di rilievo riguardano i controlli ufficiali (art. 14) e la verifica del rispetto del disciplinare (art. 15). Per quanto riguarda i primi, così come previsto per le DOP e le IGP, si stabilisce che gli Stati membri designino l’autorità o le autorità competenti incaricate dei controlli sulla base del Reg. CE n°882/2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. Anche per le STG, inoltre si introduce l’obbligo per tutti gli organismi di certificazione, a partire dal 1°maggio 2010, di accreditamento in base alla normativa EN 45011. Abrogazione del principio di reciprocità Ultimo aspetto da evidenziare, ma non per questo meno rilevante, è l’abrogazione del “principio di reciprocità” (ex art. 16 Reg. CEE n°2082/92), coerentemente all’obiettivo di chiarire e migliorare anche la tutela delle STG su scala internazionale. Modalità d’applicazione Ai sensi dell’art 19 del Regolamento, la Commissione adotta, in conformità alla procedura di regolamentazione prevista dagli artt. 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, le modalità di applicazione necessarie all’attuazione del Regolamento. Tra queste vi sono: • le informazioni che devono essere incluse nel disciplinare (art 6, §2); • la modalità di presentazione di una domanda di registrazione (art 7, §1) da parte di associazioni stabilite negli Stati membri o in paesi terzi distinti; • la modalità di trasmissione alla Commissione delle domande di cui all’art 7 § 3, 6, e 7 e delle domande di modifica (art 7, § 11); • le modalità di opposizioni (art. 9), comprese le modalità relative alle idonee consultazioni tra le parti interessate; • le condizioni di controllo del rispetto del disciplinare. 1.4 Le deroghe del “pacchetto igiene” in materia di prodotti tradizionali Nei primi anni Novanta, la Comunità europea ha emanato una serie di normative inerenti l’igiene degli alimenti, con lo scopo principale di assicurare un alto 18 livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante nell’ambito dell’UE. A tale iniziativa, hanno fatto seguito le richieste da parte dei Paesi con il maggior numero di produzioni tradizionali, di derogare ad alcune disposizioni igienico - sanitarie considerate incompatibili con le metodiche di lavorazione, ritenute indispensabili, dei prodotti tradizionali e legate a metodiche di tipo artigianale. L’emanazione della nuova normativa comunitaria in materia di igiene degli alimenti (Pacchetto igiene) che dà attuazione ai principi ed ai requisiti generali in materia di sicurezza alimentare fissati dal Regolamento CE 178/200214, può essere in parte considerata una risposta alle esigenze palesate. Il “Pacchetto igiene” infatti, rivede in modo complessivo l’approccio normativo alla produzione, lavorazione e commercializzazione degli alimenti e dei mangimi, introducendo numerose e rilevanti innovazioni. In particolare, con il Reg. CE 852/200415, in materia di igiene dei prodotti alimentari o destinati ad operatori del settore alimentare, e il Reg. CE 853/200416 in materia di igiene dei prodotti di origine animale, viene previsto anche il principio della flessibilità. Sulla base di questo principio, ogni Stato membro, mediante provvedimenti nazionali, può permettere di continuare a utilizzare metodi tradizionali, adattando i requisiti igienico sanitari previsti dai due regolamenti. Ciò è consentito a condizione che non venga compromesso il raggiungimento degli obiettivi di igiene alimentare dei regolamenti. Il concetto della flessibilità è relativo all’ampia libertà degli operatori di adattare le proprie tecniche di lavorazione e le relative strutture al tipo di produzione, purchè vengano sempre garantiti i requisiti di sicurezza dei prodotti. Infine, con il Regolamento CE 2074/200517 della Commissione, si stabiliscono (art. 7) le deroghe per i prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali e le relative modalità di gestione. In particolare, vengono definiti: • i prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali; • le deroghe concesse; • le modalità di comunicazione delle deroghe alla Commissione ed agli Stati membri. I prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali I prodotti per essere annoverati nella categoria dei prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali devono rispondere ad uno dei seguenti requisiti: • storicamente riconosciuti come prodotti tradizionali; • fabbricati secondo riferimenti tecnici codificati o registrati come processi tradizionali o secondo metodi di produzione tradizionale; • protetti come prodotti alimentari tradizionali dalla legislazione comunitaria, nazionale, regionale, ecc. 19 Le deroghe concesse Agli stabilimenti che fabbricano prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali, possono essere concesse deroghe individuali o generali in relazione ai seguenti requisiti: • caratteristiche dei locali in cui i prodotti sono esposti ad un ambiente che contribuisce parzialmente allo sviluppo delle loro caratteristiche. I locali possono in particolare comprendere pareti, soffitti e porte non costituiti da materiali lisci, impermeabili non assorbenti o resistenti alla corrosione e pareti, pavimenti e soffitti geologici naturali; • caratteristiche degli strumenti ed attrezzature utilizzati in fase di preparazione, imballaggio e confezionamento, introducendo la possibilità di utilizzare legno, tessuti, ecc., ma che comunque devono garantire il mantenimento di uno stato di igiene soddisfacente; • tecniche di pulizia e disinfezione dei locali, che devono essere adatte all’attività tenendo conto della specifica flora ambientale. Le modalità di comunicazione delle deroghe alla Commissione ed agli altri Stati membri Al fine di consentire un’adeguata gestione di tale sistema, gli Stati membri che concedono le deroghe, sia individuali sia generali, entro dodici mesi dalla concessione delle stesse devono informarne la Commissione e gli altri Stati membri. In fase di notifica, lo Stato membro deve: • descrivere brevemente le disposizioni che sono state adottate; • precisare i prodotti alimentari e gli stabilimenti interessati; • fornire ogni altra informazione pertinente. La nuova normativa comunitaria permette dunque un’applicazione meno rigida delle prescrizioni igieniche che potevano di fatto snaturare le qualità tipiche degli alimenti. È compito dei produttori e di conseguenza dei paesi membri dimostrare nella pratica, mediante le procedure di autocontrollo, di essere effettivamente in grado di mantenere un adeguato livello igienico delle produzioni e di garantire un alto livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante. 1.5 La struttura di controllo I Reg CE 510/2006 e 509/2006 introducono, come evidenziato nei paragrafi precedenti, nuove regole anche per quanto riguarda la struttura di controllo delle DOP, IGP e STG. In particolare, i due Regolamenti impongono, a decorrere dal 1° maggio 2010, l’accreditamento degli Organismi di controllo (art 11, comma 3, Reg 510/2006 e art 15, comma 3, Reg. 509/2006). 20 1.5.1 Produzioni DOP - IGP Le autorità pubbliche di controllo designate Nel corso dell’ultimo anno18, la situazione relativa alle autorità pubbliche ha visto crescere del 43,8% la quota dei prodotti controllati, passando dalle 15 produzioni del luglio 2005, alle attuali 23. A tale situazione è corrisposto anche un aumento dei soggetti designati che sono passati da 15 unità a 19. Analizzando i dati relativi alle Autorità pubbliche* designate si può notare come delle 23 denominazioni controllate il 61% (14 denominazioni) è costituito da produzioni appartenenti alla categoria dei grassi e oli, il 17% è costituito da quelle appartenenti alla categoria degli ortofrutticoli e cereali(4), il 13% da 3 prodotti appartenenti alla categoria dei formaggi ed il rimanente 9% da produzioni appartenenti alla categoria delle spezie (1) e degli oli essenziali (1). Tabella 1.1 - Autorità pubbliche di controllo designate dal MiPAF alla fine di aprile 2006 Autorità pubblica di controllo Nr. prodotti Prodotti controllati controllati ARSIAM - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura nel Molise "G. Sedati" Assam CCIAA Bari CCIAA Chieti CCIAA dell'Aquila CCIAA di Lecce CCIAA Firenze CCIAA GE-SV-IM-SP 1 1 1 1 1 1 1 2 CCIAA Latina CCIAA Pescara CCIAA Roma CCIAA Taranto CCIAA Teramo CCIAA Trapani 1 1 1 1 1 2 CCIAA Trieste CCIAA Viterbo 1 2 Consorzio Ricerca Filiera lattiero-caseario 2 Ente Nazionale Risi Stazione Sper. per le Ind. delle Essenze 1 1 • • • • • • • • Molise (olio) Casciotta di Urbino Terra di Bari (olio) Colline Teatine (olio) Zafferano dell'Aquila Terra d'Otranto (olio) Chianti Classico (olio) Riviera Ligure (olio) Basilico genovese Kiwi di Latina Aprutino Pescarese (olio) Sabina (olio) Terre Tarentine (olio) Pretuziano delle Colline Teramane (olio) Valli Trapanesi (olio) Cappero di Pantelleria Tergeste (olio) Canino (olio) Tuscia (olio) Pecorino Siciliano Ragusano Riso Vialone Nano Veronese Bergamotto di Reggio Calabria DM 15-11-05 01-09-05 28-07-03 13-07-00 15-02-05 06-05-04 16-10-03 08-09-05 14-02-06 10-03-05 21-07-05 29-11-05 12-12-05 15-06-05 10-10-05 10-06-03 25-07-05 08-10-99 04-11-05 13-06-01 13-06-00 08-06-05 15-11-05 GURI n. 78 del 29/11/2005 n. 212 del 12/09/2005 n. 203 del 2/9/03 n. 178 del 1/08/00 n. 51 del 03/03/05 n. 171 del 23/07/04 n. 273 del 24/11/2003 n. 219 del 20/09/2005 n. 50 del 01/03/2006 n. 76 del 02/04/05 n. 181 del 05/08/2005 n. 290 del 14/12/2005 n. 5 del 07/01/2006 n. 153 del 04/07/2005 n. 248 del 24/10/2005 n. 149 del 30/06/03 n. 181 del 05/08/2005 n. 248 del 21/10/99 n. 269 del 18/11/2005 n. 147 del 27/6/01 n. 144 del 22/6/00 n. 142 del 21/06/2005 n. 278 del 29/11/2005 Fonte: elaborazioni Ismea su dati MiPAAF. 21 Gli organismi privati di controllo autorizzati per le DOP e IGP La situazione relativa agli Organismi privati nel corso dell’ultimo anno ha visto crescere la quota dei prodotti controllati del 4,0% (5 nuove produzioni per un totale di 130); di contro, il numero di soggetti riconosciuti è rimasto fermo a 23. Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006 Organismi di controllo 22 3A Parco Tecnologico agroalimentare dell'Umbria Soc. Cons. a r.l Prodotti controllati 5 Agroqualità 14 AIAB 4 AQA Bioagricoop 1 5 CERMET - Certificazione e Ricerca per la Qualità 3 Certiprodop 5 Denominazione Alto Crotonese (olio) Lenticchia di Castelluccio di Norcia Prosciutto di Norcia Umbria (olio) Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale Carciofo romanesco del lazio Cartoceto (olio) Clementine di Calabria Dauno (olio) Fagiolo di Sarconi La Bella della Daunia (oliva da tavola) Lametia (olio) Lardo di Colonnata Monte Etna (olio) Monti Iblei (olio) Nocellara del Belice (oliva da tavola) Val di Mazara (olio) Valle del Belice (olio) Zafferano di San Gimignano Fagiolo di Sorana Farina di Neccio della Garfagnana Marrone del Mugello Pane casareccio di Genzano Spressa delle Giudicarie (formaggio) Canestrato pugliese Collina di Brindisi (olio) Farro della Garfagnana Miele della Lunigiana Pane di Altamura Aceto balsamico tradizionale di Modena Brisighella (olio) Colline di Romagna (olio) Formai de Mut dell'alta Val Brembana Pecorino Toscano Quartirolo Lombardo Ricotta Romana Taleggio Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006 Organismi di controllo Certiquality Prodotti controllati 5 Check Fruit Srl 8 CSQA 24 Dipartimento Controllo Qualità Parmigiano Reggiano Scarl ECEPA 1 3 Denominazione Laghi Lombardi (olio) Lucca (olio) Salame d'oca di Mortara Toscano (olio) Uva da tavola di Mazzarone Arancia Rossa di Sicilia Asparago verde di Altedo Ficodindia dell'Etna Marrone di Castel del Rio Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel Pera dell'Emilia Romagna Pesca e Nettarina di Romagna Scalogno di Romagna Asiago Asparago bianco di Cimadolmo Bitto Bresaola della Valtellina Ciliegia di Marostica Fagiolo di Lamon dell'Alta Vallata Bellunese Fontina Garda (olio) Gorgonzola Grana Padano Marrone di San Zeno Mela Val di Non Montasio Monte Veronese Mozzarella di Bufala Campana Pera Mantovana Provolone Valpadana Radicchio Rosso di Treviso Radicchio Variegato di Castelfranco Soprèssa Vicentina Uva da tavola di Canicattì Valle d’Aosta Fromadzo Valtellina Casera Veneto Valpolicella, Veneto Euganeo e Berici, Veneto del Grappa (olio) Parmigiano Reggiano Coppa Piacentina Pancetta Piacentina Salame Piacentino 23 Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006 Organismi di controllo I.M.C. Istituto mediterraneo di Certificazione S.r.l. INEQ (Istituto Nord Est Qualità) Prodotti controllati 1 12 INOQ (Istituto Nord Ovest Qualità) Scarl 7 Ismecert (Istituto mediterraneo di certificazione agroalimentare) 14 24 Istituto Calabria Qualità 5 Istituto Parma Qualità 4 Denominazione Castagna del Monte Amiata Cotechino Modena Mortadella Bologna Prosciutto di Carpegna Prosciutto di San Daniele Prosciutto Toscano Prosciutto Veneto Berico-euganeo Salame Brianza Salamini italiani alla cacciatora Speck dell'Alto Adige Valle d’Aosta Jambon de Bosses Valle d’Aosta Lard d’Arnard Zampone Modena Bra Castelmagno Murazzano Nocciola del Piemonte Raschera Robiola di Roccaverano Toma Piemontese Caciocavallo silano Carciofo di Paestum Castagna di Montella Cilento (olio) Clementine del Golfo di Taranto Colline Salernitane (olio) Fico bianco del Cilento Limone Costa d'Amalfi Limone di Sorrento Melannurca Campana Nocciola di Giffoni Penisola Sorrentina (olio) Peperone di Senise Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino Bruzio (olio) Capocollo di Calabria Pancetta di Calabria Salsiccia di Calabria Soppressata di Calabria Culatello di Zibello Prosciutto di Modena Prosciutto di Parma Salame di Varzi Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006 Organismi di controllo OCPA (Organismo di controllo delle produzioni animali) Prodotti controllati 4 PAI - Products Authentication Inspectorate Italia s.r.l. pH SoCert Suolo e Salute 1 1 1 2 Denominazione Agnello di Sardegna Fiore Sardo Pecorino Romano Pecorino Sardo Fungo di Borgotaro Terre di Siena Pomodoro di Pachino Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia Valdemone (olio) Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. Inoltre, risultano ancora Tabella 1.3 - Denominazioni in attesa di Organismo 2 denominazioni che, se pur di controllo autorizzato alla fine di aprile 2006 già riconosciute, ancora non dispongono di Organismo di Denominazione Riconoscimento controllo specificatamente Coppia Ferrarese IGP Oliva ascolana del Piceno DOP autorizzato. Analizzando i dati relativi agli organismi di control- Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. lo privati autorizzati, si può notare come delle 130 denominazioni controllate, il 32% è costituito da produzioni appartenenti alla categoria degli ortofrutticoli e cereali (42 denominazioni), il 22,3% è costituito da 29 formaggi, il 21,5% da 28 preparazioni di carni, il 17% da produzioni appartenenti alla categoria dei grassi e oli (23) e il rimanente 6% dalle altre denominazioni (8). 1.5.2 Produzioni STG Il paniere italiano conta ancora ad oggi quale prodotto STG soltanto la Mozzarella. Per tale prodotto, alla fine dell’aprile 2006, risultano autorizzati 8 Organismi di controllo privati autorizzati e 1 Autorità pubblica di controllo designata. La situazione relativa agli Organismi deputati al controllo della mozzarella STG si può considerare stabile: rispetto al 30 aprile 2005, non risultano, infatti, riconosciuti nuovi Organismi di controllo. Nel 2004, dai dati forniti da 3 Organismi di controllo, si evidenzia che sono state certificate 1.153,45 tonnellate, con un incremento del 16,7% rispetto al 2003. Dei rimanenti 6 Organismi di controllo, 2 non hanno fornito alcun tipo di dato, 25 Tabella 1.4 - Mozzarella STG: Organismi di controllo autorizzati alla fine di aprile 2006 Organismi di controllo SGS ICS Certiquality Agroqualità CSQA Socert Società di certificazione INOQ Ismecert A.Q.A. ASSAM Decreto di autorizzazione 27-07-2001 27-07-2001 27-07-2001 27-07-2001 9-01-2002 28-02-2002 28-02-2002 23-10-2002 23-10-2002 GURI di pubblicazione n. 214 del 14/9/01 n. 214 del 14/9/01 n. 214 del 14/9/01 n. 214 del 14/9/01 n. 17 del 21/1/02 n. 75 del 29/3/02 n. 75 del 29/3/02 n. 263 del 09/11/2002 n. 263 del 09/11/2002 Tipologia di Organismo Privato Privato Privato Privato Privato Privato Privato Privato Autorità Pubblica Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. mentre 4 dichiarano che per l’anno in questione nessuna azienda è stata immessa nel sistema di controllo. 1.6 I Consorzi di tutela Alla fine di aprile 2006, risultano riconosciuti 55 Consorzi di tutela (+17,0% rispetto alla fine di aprile 2005) su un totale di 155 prodotti a marchio comunitario. Ai 55 Consorzi di tutela riconosciuti se ne aggiungono 57 attualmente in corso di riconoscimento. L’analisi per comparto, Tabella 1.5 - Numero di Consorzi di Tutela riconosciuti alla fine di aprile 2006 evidenzia che quello dei formaggi è il comparto con il Formaggi 21 maggior numero di Consorzi Grassi (oli) 13 di tutela riconosciuti (21 Preparazioni di carni 10 Consorzi di Tutela su 31 de- Ortofrutticoli e cereali non trasformati 8 Carni fresche 2 nominazioni riconosciute, 1 pari al 68%), seguito da Altri prodotti Aceti diversi dagli aceti di vino 0 quello dei prodotti a base di Oli essenziali 0 carne (36%) e degli oli exCaffè tè e spezie escluso il matè 0 travergini di oliva (35%). Totale 55 Diversa la situazione per il comparto degli ortofrutti- Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. coli e cereali: su un totale di 47 denominazioni, soltanto 8 Consorzi risultano ad oggi riconosciuti (17%). A tale comparto segue quello delle carni fresche, con entrambi i Consorzi di tutela delle 2 carni a marchio europeo riconosciuti, e dei prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria (1). 26 I restanti comparti non Tabella 1.6 - Numero di Consorzi di Tutela in corso presentano alcun Consorzio di riconoscimento alla fine di aprile 2006 di Tutela riconosciuto. 18 Per quanto concerne i Grassi (oli) 17 Consorzi di tutela in attesa Ortofrutticoli e cereali non trasformati Preparazioni di carni 9 del decreto di riconoscimenFormaggi 4 to del MiPAAF, la graduato- Aceti diversi dagli aceti di vino 3 ria è quello degli oli extra- Carni fresche 2 vergini di oliva il comparto Altri prodotti 2 più rappresentato con 18 Oli essenziali 1 1 Consorzi. A questo seguono Caffè tè e spezie escluso il matè Totale 57 quello degli ortofrutticoli e cereali (17), dei prodotti a Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. base di carne (9), dei formaggi e degli aceti diversi dagli aceti di vino con rispettivamente 4 e 3 Consorzi in istruttoria. Per i restanti comparti, sono complessivamente 6 i Consorzi in attesa di riconoscimento. 1) D’ora in avanti DOP. 2) D’ora in avanti IGP. 3) D’ora in avanti STG. 4) Reg (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006 “relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 93 del 31.03.2006. 5) Reg (CE) n. 509/2006 del 20 marzo 2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 93 del 31.03.2006. 6) Nell’ambito dell’Organo di Appello del WTO, il Panel è il collegio giudicante composto da tre esperti indipendenti, che viene nominato dall’Organo per la risoluzione delle dispute al fine di esaminare la controversia ed emettere un “verdetto”. Nel testo si fa riferimento al Panel che si è pronunciato sulle denunce mosse da USA e Australia all’UE sulla validità del sistema europeo per le indicazioni geografiche. 7) In ultimo il Reg Ce n°692/2003 del Consiglio dell’8 aprile 2003, “relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricolil ed alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 99 del 17/04/2003. 8) Le condizioni in base alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata ad un’associazione, saranno definite dalla Commissione, ai sensi dell’art.16 del Reg CE 510/2006, nelle modalità di applicazione del Regolamento stesso. 9) Cfr art 13, § 4 Reg Ce 692/2003. 27 10) Per maggiori approfondimenti su questa tematica si rimanda all’Allegato al presente volume. 11) “…una modifica minore non può riguardare né le caratteristiche essenziali del prodotto né alterare il legame” (art 16, lettera h). 12) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. 13) La richiesta di modifica al Disciplinare deve comprendere almento i seguenti elementi: il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente, il disciplinare e il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare, e i relativi compiti specifici. 14) Regolamento (Ce) 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, “che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare”, pubblicato su GUCE n. L31 del 01 febbraio 2002. 15) Regolamento (Ce) 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, “sull’igiene dei prodotti alimentari”, pubblicato su GUCE n. L 139/1 del 30 aprile 2004. 16) Regolamento (Ce) 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, “che stabilisce norme specifiche in materia di igiene dei prodotti di origine animale”, pubblicato su GUCE n. L 139/1 del 30 aprile 2004. 17) Regolamento (Ce) 2074/2005 della Commissione, del 5 dicembre 2005, “recante le modalità di attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE) 882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004”, pubblicato su GUCE n. L 338/27 del 22 dicembre 2005. 18) Dati aggiornati alla fine di aprile 2006 di fonte Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. *) Per un dettaglio relativo agli estremi dei decreti che attribuiscono il riconoscimento agli organismi di controllo, si veda l’appendice statistica (tabelle 1/A - 1/B) 28 2. I prodotti di qualità registrati19 2.1 Le denominazioni registrate in ambito comunitario I n poco meno di un anno20, al paniere europeo dei prodotti agroalimentari di qualità si sono aggiunte 16 nuove denominazioni (+2,3%), per un totale di 709 prodotti riconosciuti. Il 58,3% delle denominazioni registrate è rappresentato da DOP (413) e il restante 41,7% da 296 IGP. Figura 2.1 - Denominazioni registrate in ambito europeo ad aprile 2006 e confronto con i dati aggiornati alla fine di luglio 2005 160 140 120 100 80 60 Dop/Igp riconosciute aprile 2006 Dop/Igp riconosciute luglio 2005 40 20 Svezia Regno Unito Repubblica Ceca Spagna Portogallo Olanda Lussemburgo Italia Irlanda Grecia Germania Francia Finlandia Danimarca Belgio Austria 0 Fonte: Elaborazione Ismea su dati Ue. Ancora una volta l’Italia si conferma leader in Europa per numero di denominazioni protette: nel corso degli ultimi mesi, ai 149 prodotti già registrati, si sono aggiunti 6 nuovi riconoscimenti, per un totale di 155 denominazioni, che rappresentano il 21,9% del paniere comunitario tutelato. Seguono la Francia, che vanta 5 nuovi riconoscimenti per un totale di 147 denominazioni (20,7%) e la Spagna, che con 5 nuovi prodotti è giunta quota 96 denominazioni (13,5%) e supera il Portogallo fermo a 93. È da rilevare negli ultimi anni la performance registrata dalla Spagna che è stata la nazione con il maggior incremento di riconoscimenti e che è riuscita a guadagnare la terza posizione in graduatoria scavalcando il Portogallo. 29 Figura 2.2 - Ripartizione del numero di DOP e IGP europee riconosciute ad aprile 2006 (In %) Altri 9,4% Germania 9,4% 11,8% Grecia 13,1% Portogallo 13,5% Spagna 20,7% Francia 21,9% Italia 0 5 10 % 15 20 25 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. I restanti Paesi UE non annoverano, al contrario, nuovi riconoscimenti e complessivamente vantano 218 riconoscimenti (30,7%). Il 23,1% delle DOP e IGP è rappresentato dal comparto degli ortofrutticoli e cereali (164 riconoscimenti), subito seguito da quello dei formaggi, con 155 denominazioni (21,9%). Appena dopo, le carni fresche (14,1%), gli oli e i grassi (13,3%) e i prodotti a base di carne (10,9%). A distanza seguono le acque minerali (31 riconoscimenti), gli altri prodotti di origine animale (23), le birre e i prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria, rispettivamente 18 e 17 riconoscimenti. Figura 2.3 - Ripartizione percentuale delle DOP e IGP europee per comparto merceologico (aggiornamento ad aprile 2006) Altri 16,8% Ortofrutticoli e cereali 23,1% Preparazione di carni 10,9% Grassi (burro, margarina, oli, ecc.) 13,3% Formaggi 21,9% Carni fresche 14,1% Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. 30 Gli altri comparti rappresentano complessivamente il 4,2% del totale. Nel comparto degli ortofrutticoli e cereali, l’Italia, con 47 riconoscimenti (+5 rispetto alla precedente indagine), conferma la sua posizione di leader, seguita dalla Grecia e dalla Spagna, rispettivamente con 32 e 29 denominazioni. Nel comparto dei formaggi, continua a dominare la Francia con 43 riconoscimenti, mentre l’Italia è a quota 31. La Francia, con 49 denominazioni afferma la propria leadership nel settore delle carni fresche, mentre nel comparto degli oli di oliva le protagoniste sono l’Italia e la Grecia con, rispettivamente, 37 e 25 prodotti riconosciuti. Per quanto riguarda le preparazioni a base di carne, ancora una volta è l’Italia che detiene il primato (28), seguita dal Portogallo (21). Per quanto concerne gli altri comparti, la Germania fa la parte del leone nel comparto delle acque minerali (100% dei riconoscimenti) e delle birre (12 riconoscimenti), mentre la Spagna, con 6 riconoscimenti, primeggia nel comparto della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria. A conclusione dell’analisi, si evidenzia, ancora una volta, il ruolo di capofila dei Paesi del Sud Europa e dell’area mediterranea nella classifica delle denominazioni registrate: Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna contano complessivamente 575 denominazioni, pari all’81,1% del totale. Per quanto riguarda il Centro – Nord Europa, al contrario, solo la Germania con 67 denominazioni, presenta un paniere consistente, anche se ben il 46% di esso è riconducibile alle acque minerali. Alle DOP e IGP, si aggiungono le Specialità tradizionali garantite, ferme a quota 15. Di queste, il 40% è rappresentato da birre e il 20% da prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria. Capofila nella graduatoria della STG è il Belgio con 5 birre, seguito dalla Finlandia e dalla Spagna, rispettivamente con 3 riconoscimenti. 2.2 I prodotti italiani registrati Alla fine di aprile 2006 il paniere tutelato italiano conta complessivamente 155 riconoscimenti, rappresentati da 105 DOP (67,7%) e 50 IGP (32,3%). Rispetto alla precedente indagine, si rileva la registrazione di 6 nuove denominazioni riconducibili a 5 ortofrutticoli e 1 olio extravergine di oliva. Con questi numeri, l’Italia afferma nuovamente il suo primato nel panorama agroalimentare europeo per la qualità e la notorietà delle sue produzioni. Risulta interessante, tuttavia, rilevare il diverso andamento del numero di riconoscimenti ottenuti negli anni che vanno dal 1996 al 2006. La figura 2.4 evidenzia che i riconoscimenti italiani sono più che raddoppiati dal 1996 ad oggi e che nel 1997, 1998 e nel 2003 si sono registrati i maggiori incrementi da un anno all’altro. 31 Figura 2.4 - Evoluzione del numero di riconoscimenti DOP e IGP in Italia 160 140 120 100 n° DOP IGP per anno n° DOP IGP totali 80 60 40 20 0 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. Il 30,3% del paniere nazionale è rappresentato dalla categoria degli ortofrutticoli (47 riconoscimenti), seguita dagli oli di oliva (37), dai formaggi (31) e dai prodotti a base di carne (28). A questi si aggiungono 3 prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria, 2 aceti balsamici, 2 zafferani, 2 carni fresche, un miele, la ricotta romana e l’essenza di bergamotto. La seguente tabella riepiloga, per comparto merceologico, le 155 denominazioni registrate. Il dettaglio è riportato nelle tabelle da 2-b a 2-f in allegato. Tabella 2.1 - I prodotti italiani DOP e IGP riconosciuti alla fine di aprile 2006 (n° riconoscimenti) Comparti Formaggi Grassi (oli) Ortofrutticoli e cereali non trasformati Preparazioni di carni Aceti diversi dagli aceti di vino Altri prodotti di origine animale Caffè tè e spezie escluso il matè Carni fresche Oli essenziali Prodotti panetteria Totale Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. 32 n° riconoscimenti 31 37 47 28 2 2 2 2 1 3 155 di cui DOP 31 36 10 20 2 2 2 1 1 105 di cui IGP 1 37 8 2 2 50 2.3 L’analisi territoriale21 delle denominazioni italiane registrate I nuovi riconoscimenti hanno determinato una redistribuzione territoriale delle DOP e IGP. Coma mostra la figura 2.5, il 34,3% delle DOP e IGP è concentrato nel Nord Italia e il 33,8% nel Centro. Il restante 31,9% delle denominazioni si ripartisce tra il Sud e le Isole che rappresentano rispettivamente il 22,9% e il 9% del totale. Rispetto alla precedente rilevazione, cresce in modo particolare il peso del Centro ed in misura minore del Sud, a discapito soprattutto del Nord, mentre le Isole rimangono pressoché stazionarie. Figura 2.5 - Ripartizione territoriale DOP e IGP in Italia (aggiornamento ad aprile 2006) Isole 9,0% Nord 34,3% Sud 22,9% Centro 33,8% Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. Figura 2.6 - Le prime 10 Regioni per DOP e IGP riconosciute (aggiornamento ad aprile 2006, in n° di denominazioni) 25 14 5 10 10 7 5 2 1 1 7 8 10 9 9 Puglia 5 Calabria 12 9 Piemonte 14 6 Lazio 10 9 Campania 15 Sicilia 11 Toscana 20 DOP IGP Lombardia Veneto Emilia Romagna 0 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. 33 Per quanto riguarda la localizzazione territoriale degli areali di produzione l’Emilia-Romagna, con 25 denominazioni registrate, si conferma nuovamente la prima regione italiana per produzioni DOP e IGP. Seguono nella classifica, senza evidenziare variazioni rispetto all’anno precedente, il Veneto fermo a 21 riconoscimenti, la Lombardia e la Toscana, rispettivamente a quota 20 e 19. Fanalino di coda ancora una volta la Liguria che grazie al riconoscimento DOP del “Basilico genovese” conta 2 denominazioni. Rispetto alla precedente indagine contano 1 nuova denominazione ciascuna, il Lazio (13), il Trentino Alto-Adige (9), le Marche (8) e l’Abruzzo (7). Figura 2.7 - La mappa dei prodotti italiani DOP e IGP (aggiornamento ad aprile 2006, in n° di denominazioni) Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. Passando ad analizzare la composizione del paniere DOP e IGP delle prime tre Regioni in testa alla graduatoria, si rileva che l’Emilia Romagna, oltre che contare il paniere più numeroso, presenta anche il maggior assortimento di prodotti tipici di qualità. Nel dettaglio, il 40% delle DOP e IGP emiliano-romagnole è rappresentato da prodotti a base di carne (10) e il 24% da prodotti ortofrutticoli (6). Il restante 36,0% è rappresentato da 3 formaggi, 2 oli, 2 aceti balsamici, 1 carne fresca e 1 prodotto della panetteria. 34 Figura 2.8 - La ripartizione per comparto merceologico delle DOP e IGP delle prime tre regioni italiane (aggiornamento ad aprile 2006) 16,7% 33,3% 42,9% 41,7% 50,0% 33,3% 33,3% 33,3% 7,1% 100,0% 33,3% 100,0% Emilia Romagna 100,0% Lombardia 50,0% 25,0% Prodotti panetteria Carni fresche Aceti diversi dagli aceti di vino Preparazioni di carni Ortofrutticoli e cereali non trasformati Grassi (oli) Veneto Formaggi 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. Il Veneto, con 12 DOP e 9 IGP, primeggia, con 7 riconoscimenti nel comparto dell’ortofrutta, seguito da quello dei formaggi e delle preparazioni a base di carne (ciascuno 6 denominazioni registrate). A questi si aggiungono 2 oli extravergini di oliva. Le 20 denominazioni registrate della Lombardia, sono rappresentate da 9 formaggi e 8 prodotti a base di carne. A questi si aggiungono 2 oli extravergini di oliva e la Pera mantovana. A livello provinciale, l’analisi della ripartizione delle DOP e IGP evidenzia il dominio dei “distretti” di Bologna e Bergamo, con 13 denominazioni ciascuno, Figura 2.9 - La ripartizione provinciale delle DOP e IGP (aggiornamento ad aprile 2006, numero di Dop e Igp) 7 LC-RM-RC-KR-CSAL-NO-MS-PI-TN-VE 8 GR-FI-VA-VT-CZ-LU 9 MO-PR-RE-VI-FE 10 SA-FC-PC-CO-CRMN-MI-CN-SI-PD-TV 11 RA-PV-VR 12 BS 13 BO-BG 0 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. 3 6 9 12 15 35 seguiti da Brescia con 12 riconoscimenti e Ravenna, Pavia e Verona con 11 riconoscimenti. A queste ne seguono altre undici (Como, Cremona, Cuneo, Forli-Cesenza, Mantova, Milano, Padova, Piacenza, Salerno, Siena, e Treviso) a quota 10. La graduatoria prosegue con altre 5 province a quota 9 (Ferrara, Modena, Prato, Reggio Emilia e Vicenza). Solo due province (Barletta-Andria-Trani e Lecce) contano 1 solo prodotto registrato. 2.4 Le denominazioni italiane in attesa di registrazione Accanto agli attuali 155 riconoscimenti, l’Italia presenta ad aprile 2006 ben 276 produzioni in attesa del riconoscimento comunitario, con un aumento, rispetto al luglio 2005, di 4 richieste. In particolare, delle 276 produzioni, 52 sono all’esame presso gli Uffici della Commissione UE. I restanti 224, invece, sono in fase di istruttoria nazionale presso il MIPAAF. Tabella 2.2 - I prodotti italiani in attesa di riconoscimento (aggiornamento a maggio 2006, n° prodotti) Comparto Aceti diversi dagli aceti di vino Carni fresche Formaggi Grassi (olio) Ortofrutticoli e cereali Prodotti a base di carne Prodotti della panetteria Altri prodotti di origine animale Caffè tè e spezie escluso il matè Oli essenziali Fiori e piante ornamentali Prodotti ittici Paste alimentari Totale Nazionale 15 30 17 89 27 26 4 1 1 5 7 2 224 Comunitario 1 2 7 9 27 4 1 1 52 Totale 1 17 37 26 116 31 27 4 2 1 5 7 2 276 Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. 36 I dati riportati in tabella, confermano il ruolo di capofila del comparto degli ortofrutticoli e cereali nella graduatoria dei prodotti in attesa di riconoscimento. Tale comparto conta infatti 116 domande di riconoscimento, di cui ben 27 già all’esame di Bruxelles. Agli ortofrutticoli, seguono i formaggi, fermi a 37 richieste, e i prodotti a base di carne con 31 domande, di cui 4 presso la Commissione Europea. Seguono ancora nella graduatoria, i prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria con 27 richieste di riconoscimento, di cui una sola in fase di istruttoria comunitaria, e gli oli extravergini di oliva, con 26 richieste, di cui 9 presso Bruxelles. A distanza, segue il comparto delle carni fresche, con 17 richieste, 4 in più rispetto al luglio 2005. Inoltre, risultano già all’esame di Bruxelles le domande di riconoscimento di 1 aceto e di una spezia. Sono, infine, in fase di istruttoria nazionale, 7 prodotti ittici, 5 fiori e piante ornamentali, 4 prodotti di origine animale, 2 paste alimentari e 1 olio essenziale. 2.5 Le Specialità Tradizionali Garantite Il nuovo Regolamento comunitario, definendo con maggior chiarezza l’espressione “Specialità Tradizionale Garantita”, intende rendere più esplicito l’oggetto di tale riconoscimento agli occhi dei produttori e dei consumatori. Attualmente, come già rilevato, in Italia la Mozzarella è ancora l’unica Specialità Tradizionale Garantita protetta in sede comunitaria ai sensi del Reg. CE 509/2006. Tuttavia, attualmente risultano 3 prodotti in attesa di riconoscimento STG. Di questi, 2 (1 appartenente alla categoria dei “Prodotti della panetteria” ed 1 a quella della “Cioccolata e altre preparazioni alimentari contenente cacao”) sono già all’esame della Commissione europea, mentre il terzo prodotto, appartenente alla categoria dei “Condimenti” risulta ancora in fase di istruttoria nazionale. Rispetto alla precedente indagine, i prodotti in attesa del riconoscimento STG sono passati dai 5 ai 3 attuali. Nel dettaglio, si è passati dai 3 prodotti in attesa di riconoscimento a livello comunitario agli attuali 2 e dai 2 a livello nazionale all’attuale 1. I prodotti esclusi dall’iter di riconoscimento appartengono al comparto delle “Carni fresche” e delle “Paste alimentari”. 19) Dati aggiornati alla fine di aprile 2006 di fonte Commissione Europea. 20) Da luglio 2006 ad aprile 2006. 21) Ai fini dell’analisi, per territorio geografico si è inteso l’areale nel quale è possibile ottenere/elaborare il prodotto finito certificato secondo quanto previsto dal disciplinare di produzione 37 3. La dimensione territoriale ed economica dei prodotti registrati22 3.1 Introduzione N el 2004, il settore primario (agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca) ha espresso un Valore Aggiunto (d’ora in avanti VA) ai prezzi base pari all’3,8% del PIL (1.351 miliardi di euro). Negli ultimi anni, l’incidenza del settore agricolo sul totale dell’economia si è avvicinata a quella degli altri paesi dell’Europa centro-settentrionale, anche se permane una forte differenziazione territoriale tra le regioni del Centro – Nord e quelle del Sud. In questo contesto le produzioni DOP e IGP, oltre a rappresentare la punta di diamante dal punto di vista qualitativo nel panorama agroalimentare europeo, hanno un discreto ruolo anche nell’economia del nostro Paese. Figura 3.1 - Confronto tra il fatturato dell’industria alimentare e dei prodotti DOP e IGP in Italia dal 2002 al 2004 (dati in milioni di euro) 120.000 100.000 103.037 99.540 15 101.660 10 80.000 60.000 % 40.000 20.000 0 5 3,8% 3.807 4,1% 2002 4.227 2003 Fatturato industria alimentare 4,4% 4.453 2004 0 Fatturato alla produzione DOP e IGP Incidenza DOP e IGP su ind alimentare Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT. Infatti il valore alla produzione dei prodotti DOP e IGP, stimato nel 2004 in 4,4 miliardi di euro, rappresenta il 4,4% del valore ai prezzi correnti generato dall’industria alimentare. Tuttavia, il livello raggiunto attualmente risulta sottodimensionato rispetto alle reali potenzialità del settore, che sono notevoli soprattutto nei comparti dei grassi e degli oli di oliva e dell’ortofrutta e cereali. 38 I segnali che giungono dal mercato inoltre, sembrano evidenziare comunque favorevoli prospettive di crescita: nonostante la crisi dei consumi, l’apprezzamento e l’attenzione verso i prodotti DOP e IGP resta alto. Inoltre, il valore di tali produzioni si apprezza maggiormente se, dal livello nazionale si passa ad analizzare il ruolo svolto a livello locale: in alcuni contesti, infatti, la spinta economica impressa dai prodotti tutelati al sistema agroalimentare è maggiore di quanto evidenziato per l’ambito produttivo nazionale. Infine, non bisogna sottovalutare il ruolo svolto dalle DOP e IGP sui mercati esteri: tali prodotti, infatti, sono gli ambasciatori del mix di qualità, cultura, valori e “saper fare” che da sempre contraddistingue il made in Italy sul mercato mondiale. Ai fini della completezza, nei due paragrafi successivi l’analisi si sofferma ad evidenziare l’impatto produttivo ed economico delle DOP e IGP sull’intera produzione agroalimentare e il valore della produzione lorda vendibile (d’ora in avanti PLV) del latte e della carne suina impiegati nella produzione dei formaggi DOP e dei prodotti a base di carne DOP e IGP. L’analisi, articolata per comparto, dei quantitativi certificati e dei fatturati delle 145 produzioni che nel 200423 possedevano la protezione comunitaria è riportata invece nei paragrafi 3.3 - 3.9. 3.2 L’impatto produttivo ed economico delle DOP e IGP Obiettivo di tale paragrafo è quello di valutare l’impatto produttivo ed economico dei prodotti DOP e IGP sul settore agroalimentare nel 2004. In particolare, oggetto dell’analisi è il confronto tra la produzione e il relativo fatturato delle aziende operanti nella filiera di qualità rispetto alla produzione e al fatturato complessivo. Nel 2004, la produzione certificata delle DOP e IGP che erano state effettivamente immesse sul mercato ha oltrepassato le 741.000 tonnellate, con un’incremento del 26% rispetto all’anno precedente e un fatturato franco azienda pari a 4,4 miliardi di euro. Tale produzione è stata ottenuta da oltre 6.000 operatori appartenenti alle diverse fasi della filiera. Al contrario degli anni precedenti, per i quali si osservava una crescita costante della produzione certificata che era sostanzialmente attribuibile all’aumento produttivo di DOP e IGP storiche e già da tempo presenti sul mercato, la variazione registrata nel 2004 è riferibile al notevole incremento registrato dal comparto ortofrutticolo. La produzione certificata relativa a quest’ultimo comparto passa infatti dalle 12.146 tonnellate del 2003 alle attuali 134.430 tonnellate; i quantitativi del 2003 39 Figura 3.2 - La produzione certificata dei prodotti DOP e IGP in Italia dal 2001 al 2004 (dati in migliaia di tonnellate) 800 140 700 120 600 500 400 300 588,1 741,4 80 539,1 499,5 100 60 40 200 100 20 0 0 2001 2002 2003 2004 Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT. evidenziavano inoltre una contrazione produttiva del 17,5% rispetto all’anno precedente. L’incremento registrato è riconducibile alla commercializzazione di notevoli quantitativi di una relativamente nuova denominazione registrata (Mela Val di Non DOP) e alla crescita di alcune produzioni DOP e IGP già presenti (Nocciola del Piemonte e Pomodoro San Marzano dell’Agro – Sarnese Nocerino). Figura 3.3 - Confronto tra il comparto a marchio DOP e IGP e i corrispondenti comparti del settore agrolimentare nel 2004 (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 17,5% 1,0% Aziende 2,4% Quantità Corrispondenti comparti settore agroalim. Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT. 40 Fattturato alla produzione Comparto DOP e IGP Nello stesso anno, la produzione nazionale complessiva, di qualità e non, relativa ai soli comparti in cui ricadono le Dop e le Igp, si è attestata sui 31 milioni di tonnellate, per un controvalore superiore ai 25 miliardi di euro24. Tale produzione è stata ottenuta da 615.492 operatori. Per misurare l’incidenza delle DOP e IGP rispetto a tali valori, occorreva però effettuare un confronto omogeneo. Rapportando quindi la sola produzione DOP e IGP relativa ai comparti dei formaggi, dei prodotti a base di carne e dell’ortofrutta (circa 736 mila tonnellate) ai valori sopra riportati si ha un’idea del peso complessivo delle DOP e IGP sui corrispondenti comparti. In questo caso le DOP e IGP rappresentano il 2,4% della produzione nazionale, mentre il fatturato delle stesse incide per il 17,5% sul totale nazionale, percentuale quindi ben più elevata di quella vista poco sopra nel raffronto con il valore totale dell’industria alimentare nel complesso. Tali risultati sono principalmente attribuibili ai comparti dei formaggi e dei prodotti a base di carne. Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, i 1.434 caseifici coinvolti nella produzione dei 31 formaggi DOP, hanno certificato 415.709 tonnellate, pari al 38,2% della produzione complessiva. Figura 3.4 - Incidenza della produzione di formaggi DOP sulla produzione di formaggi complessiva in Italia nel 2004 (dati in %) Formaggi DOP 38% Altri formaggi 62% Fonte: elaborazione su dati Ismea e Organismi di controllo. Il fatturato alla produzione registrato dai formaggi a denominazione d’origine supera inoltre i 2,7 miliardi di euro e rappresenta ben il 38,7% del fatturato dell’intero comparto (pari a 7 miliardi di euro). È per tale settore che si rileva la maggior incidenza dei quantitativi certificati e dei relativi fatturati sui valori complessivi. Per quanto riguarda il comparto dei prodotti a base di carne, in esso operano 671 aziende che concorrono alla produzione di 27 DOP e IGP e che pesano sul totale per il 16% circa. Nel 2004, tali aziende hanno certificato 180.847 tonnellate, con un’incidenza sulla produzione complessiva del 15,7%. Il relativo valore alla produzione si è attestato su 1,5 miliardi di euro, a fronte di 7,1 miliardi di euro registrati dall’intero settore, con un peso sul totale del 21,6%. 41 Figura 3.5 - Incidenza della produzione di prodotti a base di carne DOP e IGP sulla produzione complessiva in Italia nel 2004 (dati in %) Prodotti a base di carne DOP e IGP 16% Altri prodotti a base di carne 84% Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo. Residuale al contrario il peso sul totale nazionale dei quantitativi e dei relativi valori dei prodotti DOP e IGP appartenenti ai comparti degli ortofrutticoli e dei cereali e dei grassi e degli oli di oliva (valori compresi tra lo 0,5% e l’1%). Tale dato sottolinea ancora una volta le difficoltà delle produzioni di qualità di tali comparti ad affermare le proprie potenzialità. 3.3 Aspetti generali Nel 2004, le DOP e IGP hanno certificato quantitativi superiori alle 741 mila tonnellate, registrando un incremento del 26,1% rispetto all’anno precedente; a tali quantitativi, si aggiungono inoltre i circa 10 mila litri dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena, che ha raddoppiato la produzione dell’anno precedente. L’incremento della produzione certificata ha interessato tutti i comparti. Tabella 3.1 - I quantitativi certificati di prodotti Dop e Igp per comparto merceologico (dati in tonnellate) Comparto Formaggi Grassi e oli Ortofrutta Prodotti a base di carne Carni fresche Totale 2004 415.708,56 5.005,45 134.426,61 180.847,67 5.416,67 741.404,96 Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di Controllo. 42 2003 395.301,73 4.298,71 12.146,06 172.160,69 4.264,00 588.171,19 Var. % 04/03 5,2% 17,2% 1006,8% 5,0% 27,0% 26,1% In particolare, assume rilievo l’aumento della produzione certificata registrata dal comparto degli ortofrutticoli e cereali che raggiunge le 134.430 tonnellate (+1006,8%) ed inizia così ad assumere un peso significativo nell’ambito delle produzioni di qualità. L’incremento registrato è riconducibile principalmente come già sottolineato alla new entry Mela val di Non, che rappresenta l’82% della produzione ortofrutticola totale; tuttavia, anche i restanti prodotti vegetali evidenziano un tasso di crescita apprezzabile, il 99,4% in più rispetto al 2003. Figura 3.6 - Incidenza sul totale della produzione certificata per comparto merceologico in Italia nel 2004 (dati in %) Carni fresche 1% Prodotti a base di carne 24% Formaggi 56% Ortofrutta 18% Grassi e oli 1% Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo. Ben l’80,5% della produzione certificata è riconducibile al comparto dei formaggi e dei prodotti di carne. A tali comparti, segue quello dell’ortofrutta con un peso pari al 18,1%. Figura 3.7 - Ripartizione territoriale della produzione certificata in Italia nel 2004 (dati in %) Sud 4,0% Isole 5,7% Centro 22,8% Nord 67,5% Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo. 43 Residuale l’incidenza dei comparti dei grassi e degli oli e delle carni fresche (0,7% ciascuno). L’analisi della ripartizione territoriale dei quantitativi certificati25, mostra che il 67,5% delle DOP e IGP è concentrato nel Nord Italia e il 22,8% nel Centro. Le Isole e il Sud rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,0%. Nel corso del 2004, i prodotti DOP e IGP hanno registrato un valore alla produzione superiore ai 4,4 miliardi di euro (+5,4% rispetto all’anno precedente) ed un fatturato al consumo di circa 7,7 miliardi (+ 6,7%). Tabella 3.2 - I fatturati delle DOP e IGP nel 2004 in Italia e confronto con il 2003 (dati in milioni di euro) Comparto Formaggi Grassi e oli Ortofrutta Prodotti a base di carne Carni fresche Aceti diversi dagli aceti di vino Totale Fatturato alla produzione 2004 2003 Var % 04/03 2.715,82 2.670,12 1,7% 50,82 44,29 14,8% 112,99 14,17 697,6% 1.540,38 1.474,12 4,5% 29,79 24,21 23,0% 3,48 0,12 2755,9% 4.453,28 4.227,03 5,4% Fatturato al consumo 2004 2003 Var % 04/03 4.160,21 3.992,52 4,2% 63,56 57,78 10,0% 188,05 31,57 495,7% 3.219,92 3.097,36 4,0% 78,94 54,05 46,1% 7,40 0,27 2647,3% 7.718,08 7.233,55 6,7% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. In particolare, è per i comparti dell’ortofrutta e cereali, degli oli e delle carni fresche che si evidenzia un tasso di crescita del fatturato (alla produzione e al consumo) superiore all’incremento medio complessivo, sebbene associato a valori ancora contenuti. Coerentemente a quanto evidenziato sopra, l’analisi territoriale dei fatturati alla produzione conferma il ruolo di leadership delle regioni del Nord Italia. Figura 3.8 - Ripartizione territoriale del fatturato alla produzione in Italia nel 2004 (dati in %) Sud 3,8% Centro 30,0% Isole 4,4% Nord 61,8% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. 44 Il Nord concorre infatti alla formazione del 61,8% del fatturato alla produzione, mentre le regioni del Centro detengono una quota pari al 30%. Il restante 8,2% del fatturato alla produzione è rappresentato dalle produzioni delle Isole e del Sud, rispettivamente il 4,4% e il 3,8%. Inoltre, l’analisi evidenzia che ben l’88,1% del fatturato alla produzione è riconducibile alle produzioni ottenute in 6 Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige e Sardegna). L’analisi territoriale condotta, nella determinazione del quantitativo certificato e del relativo fatturato attribuibile alla singola area territoriale e regione ha tenuto conto della presenza di DOP e IGP con areale di produzione multiregionale26. Tabella 3.3 - Il fatturato alla produzione delle Dop e Igp per regione nel 2004 (dati in milioni di euro) Regione Emilia Romagna Lombardia Friuli V.G. Veneto Trentino A.A. Sardegna Campania Piemonte Lazio Toscana Valle d'Aosta Umbria Marche Puglia Liguria Sicilia Abruzzo Basilicata Calabria Molise Totale Fatturato alla produzione 2.005,4 1.017,2 261,7 250,7 198,6 191,0 150,4 133,4 82,7 67,6 33,3 19,7 13,8 7,8 5,5 4,7 3,5 3,0 2,3 0,9 4.453,3 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. Figura 3.9 - Ripartizione regionale del fatturato alla produzione delle Dop-Igp nel 2004 (dati in %) 45,0% 22,8% 11,9% Restanti 13 regioni 4,3% Sardegna 4,5% Trentino A.A. 5,6% Veneto Friuli V.G. Lombardia 5,9% Emilia Romagna 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. 45 3.4 I formaggi Il comparto dei formaggi con le sue 31 denominazioni registrate, rappresenta in termini di quantitativi certificati, quello più importante nell’ambito delle produzioni di qualità. Negli ultimi tre anni, a parità di denominazioni registrate, la produzione di formaggi DOP è cresciuta in media del 6,9% ogni 12 mesi, soprattutto in relazione alla crescita produttiva delle DOP più conosciute sia sul mercato nazionale che estero. Rispetto al 2001, nel corso del quale risultano certificate circa 341 mila tonnellate di formaggio a marchio, si rileva un incremento del 21,9%. Figura 3.10 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di formaggi DOP negli anni 2001 - 2004 (dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni) 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 30 401,4 30 31 31 386,8 395,3 415,7 30 25 20 15 10 5 2001 2002 2003 Produzione certificata 2004 Denominazioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue. Figura 3.11 - Incidenza delle diverse tipologie di latte sulla PLV del latte destinata alla produzione di formaggi DOP nel 2004 (dati in %) Bufalino 10,9% Misto 0,3% Ovino 7,7% Vaccino 81,1% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo e Consorzi di Tutela. 46 35 0 Tabella 3.4 - PLV del latte destinato alla produzione dei formaggi DOP nel 2004 (dati in tonnellate e milioni di euro) Denominazione Asiago Bitto Bra Caciocavallo silano Canestrato pugliese Casciotta d' Urbino Castelmagno Fiore Sardo Fontina Formai de Mut dell'alta Val Brembana Gorgonzola Grana Padano Montasio Monte Veronese Mozzarella di Bufala Campana Murazzano Parmigiano Reggiano Pecorino Romano Pecorino Sardo Pecorino Siciliano Pecorino Toscano Provolone Valpadana Quartirolo Lombardo Ragusano Raschera Robiola di Roccaverano Spressa delle Giudicarie Taleggio Toma Piemontese Valle d’Aosta Fromadzo Valtellina Casera Totale Quantità di latte impiegato 213.928,79 2.548,22 5.822,48 9.637,86 718,27 2.043,54 1.340,51 4.000,60 35.229,69 570,10 363.637,96 1.791.036,83 74.073,82 4.705,94 132.634,24 274,51 1.780.820,62 232.920,23 9.759,41 74,17 12.058,52 64.983,86 28.906,37 1.397,38 4.214,16 535,46 954,98 80.893,53 11.656,55 32,99 18.367,40 4.889.778,99 PLV latte 5,9% 1,0% -36,6% -6,2% 26,1% 13,2% -29,2% 83,6% -3,0% -7,4% 2,3% 5,2% -5,4% -3,2% -2,2% 77,5% 5,6% 22,4% 12,0% 31,6% 43,2% 45,2% 2,7% 81,9% -49,7% 38,2% n.d. -1,5% -21,2% -16,5% 15,9% 5,5% 74,88 2,9% 0,88 -18,0% 2,15 -36,6% 3,66 -6,2% 0,43 8,1% 1,91 13,2% 0,80 -29,2% 2,52 34,5% 16,21 -3,0% 0,22 -7,4% 122,07 -1,9% 605,91 4,6% 27,41 0,0% 1,58 -27,9% 232,11 42,6% 0,17 77,5% 801,37 0,7% 146,74 13,4% 5,86 34,4% 0,05 26,3% 9,04 37,7% 23,39 46,0% 10,12 2,7% 0,48 84,0% 2,62 -31,4% 0,30 -2,9% 0,34 n.d. 28,31 -1,5% 4,31 -21,2% 0,01 -16,5% 7,07 23,9% 2.132,93 6,3% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo e Consorzi di Tutela. Nel 2004, la PLV del latte impiegato nella produzione dei formaggi DOP si è attestata intorno ai 2,1 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 6% rispetto all’anno precedente. La crescita registrata è riconducibile all’aumento delle quantità di latte impiegato (+5,5%) sostenuta, in alcuni casi anche dall’incremento dei prezzi unitari del latte. Scendendo nel dettaglio, l’81,1% della PLV del latte è rappresentato dai 47 formaggi a base di latte vaccino; a questi seguono, quelli a base di latte di bufala e di pecora, con un peso rispettivamente pari al 10,9% e al 7,7%. La produzione a marchio DOP, nel 2004, è stata di 415.708 tonnellate, con un incremento del 5,2% rispetto all’anno precedente. L’incremento registrato, seppure significativo, è insieme a quello evidenziatosi per i prodotti a base di carne (+5,2%) il più esiguo rispetto agli altri comparti a marchio DOP e IGP. Tale andamento, più basso rispetto a quello evidenziato negli anni precedenti, non mette comunque in discussione il peso consolidato del comparto dei formaggi nell’ambito delle produzioni di qualità. Tabella 3.5 - I quantitativi certificati dei principali formaggi DOP nel 2004 e confronto con il 2003 (dati in tonnellate) Denominazione Quantità totale certificata 2004 2003 127.839,89 121.551,0 114.891,65 108.828,5 43.654,02 42.661,7 38.183,64 31.206,2 27.632,13 28.250,8 19.577,53 19.770,3 9.539,33 9.682,8 7.821,95 8.267,8 6.236,46 4.295,8 Grana Padano Parmigiano Reggiano Gorgonzola Pecorino Romano Mozzarella di Bufala Campana Asiago (pressato) Taleggio Montasio Provolone Valpadana Var. % 04/03 5,2% 5,6% 2,3% 22,4% -2,2% -1,0% -1,5% -5,4% 45,2% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. Figura 3.12 - L’incidenza produttiva dei più importanti formaggi DOP sull’intero comparto nel 2004 (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 30,8% 27,6% 15,3% 10,5% Grana Padano Parmigiano Gorgonzola Reggiano Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo. 48 9,2% Pecorino Romano 6,6% Mozzarella di Bufala Campana Restanti 26 DOP L’analisi dei quantitativi certificati evidenzia una forte concentrazione della produzione. Quasi l’85% della produzione certificata è, infatti, rappresentata da 5 formaggi: Grana Padano (30,8%), Parmigiano Reggiano (27,6%), Gorgonzola (10,5%), Pecorino Romano (9,2%) e Mozzarella di Bufala Campana (6,6%). Complessivamente, la crescita della produzione certificata è in larga misura legata agli incrementi delle DOP Parmigiano Reggiano (5,6%), Grano Padano (5,2%), Pecorino Romano (22,4%), i quali concentrano il 78,1% della produzione complessiva di formaggi DOP. Di contro, la Mozzarella di Bufala Campana ha subito una contrazione del 2,2% rispetto al 2003. Figura 3.13 - I quantitativi certificati dei principali formaggi DOP nel 2004 (dati in migliaia di tonnellate) Pecorino Sardo 1,6 Pecorino Toscano 2,1 Quartirolo Lombardo 3,5 6,2 Provolone Valpadana 38,2 Pecorino Romano 43,7 Gorgonzola 114,9 Parmigiano Reggiano 127,8 Grana Padano 0 20 40 60 80 100 120 140 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo. Figura 3.14 - Le variazioni della produzione certificata dei principali formaggi DOP nel 2004 rispetto al 2003 25 +22,4% 20 15 10 +5,6% 5 +5,2% 0 Grana Padano Parmigiano Reggiano Pecorino Romano Mozzarella di Bufala Campana -2,2% -0,5 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo. 49 Tabella 3.6 - I fatturati dei principali formaggi DOP nel 2004 e confronto con il 2003 (dati milioni di euro) Denominazione Parmigiano Reggiano Grana Padano Mozzarella di Bufala Campana Pecorino Romano Gorgonzola Asiago Montasio Taleggio Fontina Provolone Valpadana Asiago Pecorino Toscano Quartirolo Lombardo Valtellina Casera Pecorino Sardo Caciocavallo silano 2004 1.054,7 772,2 209,7 179,8 156,3 91,8 48,7 40,6 29,7 28,8 15,9 15,6 14,4 12,6 10,8 6,6 Fatturati all'Azienda 2003 Var. %04/03 1.044,8 1,0% 773,1 -0,1% 199,5 5,2% 169,4 6,1% 155,7 0,4% 81,7 12,5% 52,5 -7,3% 40,3 0,9% 30,3 -1,9% 20,5 40,6% 19,4 -17,7% 12,1 28,5% 13,6 5,8% 9,2 0,37 10,7 1,3% 7,6 -13,0% 2004 1.499,3 1.154,4 278,0 328,0 378,9 138,6 59,0 79,7 25,7 48,0 18,8 35,3 28,4 17,4 17,2 8,1 Fatturati al Consumo 2003 Var. %04/03 1.425,7 5,2% 1.118,3 3,2% 281,9 -1,4% 279,9 17,2% 371,2 2,1% 138,8 -0,1% 61,8 -4,5% 80,2 -0,5% 26,5 -2,9% 45,4 5,6% 25,0 -24,8% 15,3 130,3% 27,4 3,8% 20,9 -16,6% 15,4 12,0% 10,8 -25,0% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. Il controvalore alla produzione dei formaggi DOP si attesta sui 2,7 miliardi di euro, mentre quello al consumo raggiunge i 4,2 miliardi di euro. Per tali valori si rileva un incremento, rispetto all’anno precedente rispettivamente dell’1,7% e del 4,2%. Le prime 5 DOP per produzione certificata rappresentano inoltre l’87,5% del fatturato al consumo, confermando la forte concentrazione che caratterizza il comparto. A livello territoriale, l’analisi della ripartizione regionale del fatturato alla produzione, evidenzia il peso che assumono l’Emilia Romagna e la Lombardia rispetto alle altre regioni: insieme sommano infatti il 67,6% del fatturato dei formaggi DOP. L’analisi del potenziale produttivo dichiarato da 17 Consorzi di Tutela su 3227, rappresentativi del 51,3% dell’intera produzione certificata, evidenzia che alcune produzioni, a fronte dei quantitativi certificati, presentano tuttavia un notevole ulteriore quantitativo potenzialmente certificabile. In particolare, mostrano un potenziale produttivo “importante” il Pecorino Sardo, l’Asiago, il Canestrato Pugliese, il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana e il Valle d’Aosta Fromadzo. Diversamente per 8 produzioni (Bitto, Bra, Fiore Sardo, Gorgonzola, Grana, 50 Figura 3.15 - Formaggi DOP: ripartizione regionale del fatturato alla produzione nel 2004 (dati in %) 29,7% 4,2% 2,5% 4,5% Altre regioni 5,4% Lazio 7,0% Piemonte Veneto Lombardia Emilia Romagna 8,8% Campania 37,9% Sardegna 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. Quartirolo Lombardo, Taleggio e Toma Piemontese), si rileva che tutta la produzione potenzialmente ottenibile è attualmente certificata. 3.5 I prodotti a base di carne Nel corso del 2004 alle DOP e IGP esistenti si sono aggiunte le IGP “Lardo di Colonnata” e “Salame d’oca di Mortara”, per un totale di 28 denominazioni registrate. Figura 3.16 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di denominazioni dei prodotti a base di carne DOP e IGP negli anni 2001 - 2004 (dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni) 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 25 25 28 26 30 25 20 159,9 149,3 180,8 172,2 15 10 5 2001 2002 Produzione certificata 2003 2004 0 Denominazioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue. 51 Tabella 3.7 - I quantitativi certificati dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 (dati in tonnellate) Denominazione Quantità totale certificata 2004 2003 90.051,9 87.899,9 30.088,0 29.922,5 23.004,6 22.070,1 13.129,3 10.401,9 9.998,3 10.535,2 2.750,7 2.370,0 2620,02 2384,197 1.998,4 1.566,0 1.642,6 1.580,4 Prosciutto di Parma Mortadella Bologna Prosciutto di San Daniele Bresaola della Valtellina Speck dell'Alto Adige Cotechino Modena Zampone Modena Prosciutto Toscano Prosciutto di Modena Var. % 04/03 2,4% 0,6% 4,2% 26,2% -5,1% 16,1% 9,9% 27,6% 3,9% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. Tale comparto negli ultimi tre anni è stato interessato da una considerevole crescita della produzione certificata, passata dalle 142.892 tonnellate del 2001 alle 180.848 del 2004 ed evidenziando un tasso di crescita medio annuo dell’8,2%. Beneficiando di tali quantitativi, quello dei prodotti a base di carne si conferma il secondo comparto a marchio DOP e IGP, preceduto solo da quello dei formaggi. Il 49,8% della produzione certificata è rappresentato dal solo Prosciutto di Parma (90.052 tonnellate), mentre il 42,1% è costituito da 4 DOP e IGP: Mortadella Bologna (30.088 tonnellate), Prosciutto San Daniele (23.055 tonnellate), Bresaola della Valtellina (13.129 tonnellate) e Speck dell’Alto Adige (9.998 tonnellate). Figura 3.17 - L’incidenza sul totale dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 (dati in % della produzione certificata) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 49,8% 16,6% Prosciutto di Parma Mortadella Bologna 12,7% Prosciutto di San Daniele 7,3% Bresaola della Valtellina Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. 52 5,5% Speck dell'Alto Adige 8,1% Restanti prodotti a base di carne Rispetto al 2003, la Bresaola della Valtellina evidenzia il maggior incremento produttivo, pari al 26,2%. Apprezzabile anche la crescita registrata dal Prosciutto San Daniele (+4,2%) e del Prosciutto di Parma (+2,4%). Diversamente, per lo Speck dell’Alto Adige si rileva una contrazione dei quantitativi certificati del 5,1%. Con riferimento al valore della produzione lorda vendibile della carne suina utilizzata per ottenere sette prosciutti a marchio DOP, si rileva che nel 2004 tale valore ha superato gli 1,2 miliardi di euro, con una crescita del 2% rispetto all’anno precedente e un’incidenza del 2,4% sul valore della produzione ai prezzi di base dell’agricoltura (comprese silvicoltura e pesca). All’incremento di valore è corrisposto un aumento dei quantitativi certificati: Figura 3.18 - I quantitativi certificati dei principali prodotti a base di carne DOPe IGPnel 2004 (dati in migliaia di tonnellate) Speck dell'Alto Adige 10,0 Bresaola della Valtellina 13,1 Prosciutto di San Daniele 23,0 30,09 Mortadella Bologna 90,01 Prosciutto di Parma 0 10 20 30 40 50 % 60 70 80 90 100 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. Figura 3.19 - Le variazioni della produzione certificata dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP rispetto al 2003 (dati in %) +26,2 +4,2 +2,4 Speck dell'Alto Adige Prosciutto di Parma Prosciuttodi San Daniele -5,1 Bresaola della Valtellina 30 25 20 15 % 10 5 0 -5 -10 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. 53 Tabella 3.8 - PLV della carne suina destinata alla produzione dei prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 numero cosce certificato numero suini Prezzo medio del suino per kg (Euro) prezzo medio del suino (160 kg) (Euro) PLV (Milioni di Euro) 2000 11.342.117,0 5.671.058,5 1,2 199,1 1.128,8 2001 11.448.253,0 5.724.126,5 1,5 245,5 1.405,4 2002 11.283.526,0 5.641.763,0 1,2 199,7 1.126,8 2003 11.842.401,0 5.921.200,5 1,3 201,1 1.190,9 2004 12.252.493,0 6.126.246,5 1,2 198,3 1.214,9 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. la produzione di carne destinata alla DOP ha coinvolto 6,1 milioni di suini, con un aumento di 205.000 capi rispetto all’anno precedente. La produzione dei prosciutti e dei salumi a marchio DOP e IGP si basa sul circuito del suino pesante. Un maggiore impulso all’intero comparto dovrebbe derivare inoltre dal riconoscimento comunitario del Gran suino padano che già a livello nazionale ha ricevuto la protezione transitoria come DOP. L’obiettivo del riconoscimento di tale denominazione è duplice: da un lato abbattere il prezzo di vendita della coscia e dall’altro valorizzare l’intera carcassa. Ad oggi, infatti, è la coscia l’elemento che maggiormente valorizza l’intera carcassa. La nuova DOP, inoltre, potrà rappresentare un plus anche per gli altri salumi che non si fregiano del marchio comunitario ma che utilizzano come materia prima i tagli del Gran suino padano. Nel 2004, gli allevamenti riconosciuti ai fini della produzione DOP sono risultati pari a 5.332, a cui se ne aggiungono 28 relativi alla produzione di materia prima destinata all’ottenimento delle quattro DOP calabresi (Capocollo, Pancetta, Salsiccia e Soppressata). Inoltre, la produzione di prodotti a base di carne DOP e IGP è certificata da 671 aziende tra trasformatori, stagionatori e confezionatori; è da sottolineare inoltre che il 91,9% della produzione proviene da 312 imprese che rappresentano il 46,5% del totale. Quanto al giro d’affari delle carni trasformate DOP e IGP, il fatturato alla produzione ha raggiunto nel 2004 gli 1,5 miliardi di euro (+4,5% rispetto al 2003) e quello al consumo supera i 3,2 miliardi di euro, evidenziando una crescita del 4%. Analogamente a quanto sottolineato per il comparto dei formaggi, anche in tale comparto si rileva una forte concentrazione territoriale, sia produttiva (come appena visto) che economica. Il 92,8% del fatturato alla produzione e il 93,1% di quello al consumo sono infatti riconducibili alle prime 5 DOP e IGP che rappresentano anche il 91,9% delle quantità certificate. 54 Tabella 3.9 - I fatturati dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 e confronto con il 2003 (dati in milioni di euro) Denominazione Prosciutto di Parma Prosciutto di San Daniele Bresaola della Valtellina Mortadella Bologna Speck dell'Alto Adige Cotechino Modena Prosciutto Toscano Prosciutto di Modena Zampone Modena Salamini italiani alla cacciatora Prosciutto di Norcia Culatello di Zibello Prosciutto di Carpegna 2004 797,9 230,0 170,7 150,4 80,0 16,9 15,0 11,5 11,3 10,1 8,3 7,8 6,7 Fatturato all'Azienda 2003 Var. %04/03 773,5 3,1% 242,8 -5,2% 135,2 26,2% 149,6 0,6% 84,3 -5,1% 13,6 23,8% 12,2 22,7% 13,0 -11,8% 13,7 -17,6% 0,0 11,9 -30,6% 5,6 39,6% 0,0 - 2004 1.776,7 481,7 315,1 204,3 219,5 22,0 40,0 32,9 19,7 18,6 21,6 9,9 10,2 Fatturato al Consumo 2003 Var. %04/03 1.743,9 1,9% 462,6 4,1% 249,6 26,2% 269,3 -24,1% 219,6 0,0% 17,8 23,8% 19,6 104,2% 31,6 3,9% 23,8 -17,6% 0,0 14,3 51,1% 8,9 11,6% 0,0 - Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. A livello territoriale, la prima prima regione per fatturato alla produzione è l’Emilia Romagna, che concentra il 62,6% del giro d’affari dell’intero comparto; seguono il Friuli Venezia Giulia (14,9%) e la Lombardia (13,5%). Figura 3.20 - Prodotti a base di carne DOP e IGP: ripartizione regionale del fatturato alla produzione nel 2004 (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 62,6% 14,9% Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia 13,5% Lombardia 5,2% 3,7% Trentino Alto Adige Altre regioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. Significativi anche i dati sui quantitativi potenzialmente certificabili dichiarati da 11 Consorzi su 28, rappresentativi del 73% della produzione certificata dell’intero comparto. In particolare, si rileva che per produzioni “storiche” quali Bresaola della Valtellina, Prosciutto San Daniele, Prosciutto Toscano, quasi tutta la produzione è 55 certificata. Di contro, tra le produzioni di “nicchia” mostra un elevato potenziale produttivo il Prosciutto di Norcia che attualmente conta una produzione certificata pari a 998 tonnellate. 3.6 Gli ortofrutticoli e i cereali Il comparto dell’ortofrutta e dei cereali è quello che presenta il maggior numero di denominazioni registrate. Nel corso del 2004, alle 39 denominazioni registrate si sono aggiunti 3 nuovi prodotti: due IGP (Carciofo di Paestum e Kiwi di Latina) e una DOP (Farina di Neccio della Garfagnana). Figura 3.21 - Evoluzione del numero di denominazioni e della produzione certificata dei prodotti ortofrutticoli e dei cereali DOP e IGP negli anni 2001 - 2004 (dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni) 140 120 100 80 42 39 28 32 134,4 60 40 20 0 11,7 13,0 12,1 2001 2002 2003 Produzione certificata 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 2004 Denominazioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e MIPAAF. Rispetto agli anni precedenti si rileva una crescita produttiva molto forte, essendo i quantitativi certificati passati dalle circa 12 mila tonnellate del 2003 alle attuali 134.427 (+1006,8%), che collocano il comparto dopo quello dei formaggi e dei prodotti a base di carne. Il notevole incremento, come già sottolineato, è relativo in particolare alla certificazione di rilevanti quantitativi della DOP Mela Val di Non: al primo anno di certificazione, con 110.209 tonnellate, essa rappresenta l’82% dell’intera produzione certificata. A tale denominazione seguono la Nocciola del Piemonte e il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, rappresentativi del 6,9% e del 3,6% del totale. Il trend positivo evidenziatosi in tale comparto, sembrerebbe lasciare intendere un superamento di quelle difficoltà28 che ostacolavano l’affermarsi, sul mercato 56 Tabella 3.10 - I quantitativi certificati dei principali prodotti ortofrutticoli DOP e IGP nel 2004 (dati in tonnellate) Denominazione Mela Val di Non Nocciola del Piemonte Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino Arancia Rossa di Sicilia Limone di Sorrento Nettarina di Romagna Pesca di Romagna Pera dell'Emilia Romagna Limone Costa d'Amalfi Lenticchia di Castelluccio di Norcia 2004 110.208,9 9.332,8 4.862,7 Quantità totale certificata 2003 Var. % 04/03 3.624,8 157,5% 1.461,0 232,8% 2.008,1 1.843,4 1.803,3 1.341,0 1.136,2 339,9 268,1 1.646,4 795,2 826,6 432,6 2.213,0 171,5 228,8 22,0% 131,8% -100,0% 210,0% -48,7% 98,2% 17,2% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. Figura 3.22 - L’incidenza delle maggiori produzioni di ortofrutticoli e cereali DOP e IGP sul totale ortofrutta a marchio di origine nel 2004 (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 82,0% 6,9% Mela Val di Non Nocciola del Piemonte 3,6% Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino 7,5% Restanti prodotti Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. delle DOP e IGP, di uno dei settori più importanti dell’agricoltura italiana; tale risultato potrebbe quindi segnare l’inizio dell’affermarsi delle grandi potenzialità del settore. Tuttavia, i prodotti che segnano gli incrementi che hanno contribuito alla forte crescita del 2004 sono ancora pochi, mentre per molti permangono le difficoltà che ostacolano l’effettiva immissione sul mercato di adeguati quantitativi certificati. Alla crescita della produzione certificata ha contribuito anche l’incremento del 233% registrato dal Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (4.863 57 Figura 3.23 - I quantitativi certificati delle principali produzioni ortofrutticole DOP e IGP nel 2004 (dati in tonnellate) Arancia Rossa di Sicilia 2.008 Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino 4.863 Nocciola del Piemonte 9.333 Mela Val di Non 110.209 0 20 40 60 80 100 120 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. Figura 3.24 - Le variazioni della produzione certificata dei principali prodotti ortofrutticoli e cereali DOP e IGP rispetto al 2003 (dati in %) Arancia Rossa di Sicilia 22,0% Limone di Sorrento 131,8% Nocciola del Piemonte Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino 157,5% 232,8% 0 0,5 1 % 1,5 2 2,5 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. tonnellate) e quello del 157% della Nocciola del Piemonte (9.333 tonnellate). Inoltre, si evidenzia che le potenzialità di sviluppo, rispetto ai quantitativi effettivamente certificati, sono state in parte sfruttate anche da alcune DOP e IGP “minori”. È il caso dell’Arancia Rossa di Sicilia, la cui produzione è cresciuta del 22% (2.008 tonnellate) e il Limone di Sorrento che registra un + 131,8% (1.843 tonnellate). 58 Tabella 3.11 - Il valore della produzione dei principali prodotti ortofrutticoli DOP e IGP nel 2004 e confronto con il 2003 (dati in milioni di euro e %) Denominazione Mela Val di Non Nocciola del Piemonte Limone di Sorrento Lenticchia di Castelluccio di Norcia Pesca e Nettarina di Romagna (sottotipologia nettarina) Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino Radicchio Rosso di Treviso (tardivo) Pesca e Nettarina di Romagna (sottotipologia pesca) Pera dell'Emilia Romagna Arancia Rossa di Sicilia Marrone di Castel del Rio 2004 83,8 19,1 1,8 1,3 1,0 Fatturato Azienda 2003 Var. %04/03 6,8 180,6% 1,0 77,9% 1,4 -1,4% 0,9 17,8% 2004 132,3 3,3 2,7 2,5 Fatturato al Consumo 2003 Var. %04/03 1,7 97,2% 2,2 19,6% 1,5 63,4% 0,9 0,4 134,2% 1,9 1,2 66,4% 0,7 0,6 0,1 0,3 387,2% 67,4% 1,1 1,9 0,2 0,8 375,2% 132,2% 0,6 0,5 0,5 1,2 0,5 0,5 -52,8% 7,3% -11,9% 2,0 1,9 0,7 4,1 1,6 1,2 -52,8% 18,4% -44,7% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. Riguardo al giro d’affari del comparto, il valore alla produzione dei prodotti ortofrutticoli DOP e IGP ha raggiunto i 112,9 milioni di euro, mentre quello al consumo è pari a 188,1 milioni di euro. In testa alla graduatoria dei fatturati vi è la Mela Val di Non, con un’incidenza sul fatturato al consumo pari al 70,3%. Segue a larga distanza la Nocciola del Piemonte, con una quota pari al 18%. Alla concentrazione economica corrisponde anche un’elevata concentrazione Figura 3.25 - Ortofrutticoli e cereali DOP e IGP: ripartizione regionale del fatturato alla produzione (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 74,1% 16,9% Trentino Alto Adige Piemonte 2,8% 2,5% Campania Emilia Romagna 3,6% Altre regioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. 59 territoriale: il 74,1% del fatturato alla produzione è infatti attribuibile al Trentino Alto Adige. Le ulteriori potenzialità produttive di tale comparto sono, inoltre, confermate dai dati relativi alle quantità potenzialmente certificabili relativi a 22 su 42 Consorzi, rappresentativi di circa l’86,8% dell’intera produzione ortofrutticola certificata. Diversi, infatti, i prodotti con un elevato potenziale produttivo: tra questi spicca la Castagna di Montella, la cui produzione potrebbe svilupparsi per ulteriori 9 mila tonnellate rispetto alle 60 tonnellate attualmente certificate. Al contrario, 7 denominazioni (Ciliegia di Marostica, Fagiolo di Lamon dell’Alta Vallata Bellunese, Lenticchia di Castelluccio di Norcia, Marrone di Castel del Rio, Pera Mantovana, Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino e Radicchio rosso di Treviso), dichiarano di certificare pressoché tutta la produzione ottenibile. 3.7 I grassi e gli oli di oliva Il comparto dei grassi e degli oli di oliva, benché conti complessivamente 35 denominazioni registrate (5 in più rispetto al 2003), rappresenta ancora una realtà di nicchia sul piano della produzione certificata. Tra le varie cause che ostacolano l’affermarsi delle piene potenzialità dell’olio di qualità, accanto alla frammentazione della filiera, un ruolo importante è anche svolto dalla concorrenza di prodotti esteri, spesso di qualità minore e offerti ad un prezzo più basso o notevolmente più contenuto. La disaggregazione della filiera dipende dalla forte polverizzazione che contraddistingue la realtà produttiva: si tratta infatti di piccole e piccolissime aziende che solitamente, sul mercato locale, effettuano vendita diretta dell’olio sfuso, dopo aver accantonanto quello per autoconsumo. Questi fenomeni si verificano soprattutto nel Sud Italia, che presenta grandi potenzialità ma che allo stato attuale è di fatto marginalmente presente sul mercato dell’olio certificato. Con una produzione pari a 5.040 tonnellate (+17,3%), tale comparto continua nel 2004 ad avere un peso marginale sul settore agroalimentare di qualità: rappresenta infatti appena lo 0,7% dell’intera produzione DOP e IGP. Il relativo fatturato franco azienda si attesta sui 5,2 milioni di euro, pari al 10,2% del giro d’affari alla produzione dell’intero comparto degli oli. La denominazione più importante è il Toscano, la cui produzione certificata è pari a 1.571 tonnellate, pari al 31,4% del totale. A questa seguono le DOP Terra di Bari con 942 tonnellate (18,8%) e Umbria con 557 tonnellate (11,1%). Il Terra di Bari è inoltre la DOP che rileva la maggiore crescita produttiva 60 Figura 3.26 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di denominazioni dei grassi e degli oli di oliva DOP e IGP negli anni 2001 - 2004 (dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni) 6 35 5 30 4 25 3 3,8 2 4,9 5,0 25 20 15 10 1 0 35 30 25 4,3 40 5 2001 2002 2003 Produzione certificata 2004 0 Denominazioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue. (+281,7%) rispetto all’anno precedente. Tuttavia, nel corso del 2003 la denominazione ha cambiato l’Organismo di controllo, e quindi i dati a disposizione si riferiscono alla produzione certificata nel solo periodo luglio-dicembre Tabella 3.12 - I quantitativi certificati dei principali oli di oliva DOP e IGP nel 2004 (dati in tonnellate) Denominazione Toscano Terra di Bari Umbria Riviera Ligure Valli Trapanesi Garda Dauno Canino Monti Iblei Sabina Bruzio Chianti Classico Val di Mazara Aprutino Pescarese 2004 1.571,2 942,1 557,0 411,2 163,2 149,7 146,9 141,7 133,4 128,9 107,2 105,1 103,1 83,5 Quantità totale certificata 2003 Var. % 04/03 1.797,4 -13% 246,8 282% 585,5 -5% 615,8 -33% 141,9 5% 111,5 32% 82,4 72% 29,0 359% 83,8 54% 19,6 447% 105,4 0% 65,6 57% 33,9 146% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. 61 Figura 3.27 - L’incidenza delle principali produzioni di oli d’oliva DOP e IGP sull’intero comparto degli oli a marchio di origine (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 31,2% 30,9% 18,7% Toscano 11,1% Terra di Bari 8,2% Umbria Riviera Ligure Restanti prodotti Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. Figura 3.28 - I quantitativi certificati dei principali oli d’oliva DOP e IGP nel 2004 (dati in tonnellate) Riviera Ligure 411,2 557,0 Umbria 942,1 Terra di Bari 1.571,2 Toscano 0 200 400 600 800 1.000 1.200 1400 1.600 1.800 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo. 2003; di qui il forte incremento. Al contrario, mostrano una contrazione produttiva rispetto al 2003 il Toscano e l’Umbria, rispettivamente del 12,6% e 4,9%. Il valore del fatturato alla produzione del comparto è pari a 50,8 milioni di euro, mentre quello al consumo a 63,6 milioni di euro. Tali fatturati presentano, rispetto all’anno precedente, un incremento rispettivamente pari al 14,8% e al 10,0%. La ripartizione regionale del fatturato alla produzione evidenzia il ruolo di capofila della Toscana, le cui produzioni oleicole rappresentano ben il 50,2% del fatturato totale. 62 Tabella 3.13 - Il valore della produzione dei principali oli di oliva DOP e IGP nel 2004 (dati in milioni di euro) Denominazione 2004 23,4 5,5 4,5 3,7 2,4 1,9 1,3 1,1 0,9 0,9 0,8 0,8 0,6 0,6 0,5 0,3 0,3 Toscano Riviera Ligure Umbria Terra di Bari Garda Chianti Classico Canino Valli Trapanesi Monti Iblei Sabina Bruzio Colline Teatine Aprutino Pescarese Dauno Val di Mazara Collina di Brindisi Terra d'Otranto Fatturato all’Azienda 2003 Var. %04/03 23,5 -0,6% 4,6 19,4% 5,4 -17,5% 1,1 229,5% 1,8 30,0% 1,1 71,9% 0,9 46,8% 0,4 184,0% 0,2 381,1% 0,7 30,4% 0,1 513,0% 0,5 41,4% 0,2 175,7% 0,4 56,6% 1,0 -43,4% 0,1 144,1% 0,6 -51,8% 2004 23,4 7,1 7,2 6,4 3,1 2,3 1,5 1,2 1,9 1,2 1,2 0,8 0,7 1,5 0,9 0,6 0,4 Fatturato al Consumo 2003 Var. %04/03 23,5 -0,6% 11,1 -35,8% 7,4 -1,4% 1,3 412,5% 2,8 9,3% 2,3 -2,0% 0,9 80,2% 0,5 116,1% 0,5 255,7% 0,7 59,4% 0,2 467,0% 0,6 38,7% 0,3 155,0% 0,9 75,7% 1,0 -10,0% 0,3 115,3% 0,6 -38,4% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. Seguono la Liguria (10,8%), la Puglia (9,6%) e l’Umbria (8,8%). Risultano interessanti, inoltre, i dati relativi al potenziale produttivo forniti da 14 Consorzi e rappresentativi del 17% dell’intera produzione di olio certificata. Figura 3.29 - Grassi e oli di oliva DOP e IGP: ripartizione regionale del fatturato alla produzione (in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 50,2% 10,8% Toscana Liguria 9,6% Puglia 8,8% Umbria 5,2% 4,9% 4,2% Sicilia Lombardia Lazio 6,2% Altre regioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. 63 Nel dettaglio, presentano un potenziale produttivo elevato le denominazioni Canino e Colline Teatine, mentre più contenuto risulta per le DOP Laghi Lombardi e Dauno. Viceversa, per l’olio Terre di Siena il potenziale produttivo è pari all’1% in più rispetto a quello attualmente certificato (pari a 14,5 tonnellate). 3.8 Le carni fresche Il comparto delle carni fresche presenta due denominazioni registrate, il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale e l’Agnello di Sardegna. Per quest’ultimo nel 2004 non è stata certificata alcuna produzione. Al contrario, per il Vitellone bianco dell’Appennino Centrale, si rileva una produzione certificata pari a circa 5.416 tonnellate e un incremento del 27%, rispetto al dato 2003. Tabella 3.14 - I quantitativi certificati e il valore della produzione del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale IGP nel 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro) Quantità totale certificata (tonnellate) Fatturato all'Azienda Fatturato al Consumo 2004 5.416,7 29,8 78,9 2003 4.264,0 24,2 54,0 Var. % 04/03 27,0% 23,0% 46,1% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. Il Vitellone bianco dell’Appennino Centrale presentava, nel 2004, un fatturato alla produzione pari a 29,8 milioni di euro ed uno al consumo di 78,9 milioni di euro. Rispetto all’anno precedente, si evidenzia una crescita rispettivamente pari al 23% e al 46,1%. Inoltre, il Consorzio di Tutela evidenzia che la produzione potenzialmente certificabile è pari ad un ulteriore 145% in più di quella attuale. 3.9 Gli altri prodotti italiani riconosciuti Accanto alle denominazioni finora analizzate, il paniere agroalimentare tutelato conta ulteriori 7 prodotti29 appartenenti a diverse categorie: prodotti della panetteria, della pasticceria, della confetteria e della biscotteria, aceti diversi dagli aceti di vino30, oli essenziali e altri prodotti di origine animale. Nel 2004, l’Aceto balsamico tradizionale di Modena ha certificato 9.801 litri, con un incremento del 165,7% rispetto all’anno precedente. Inoltre, si rileva che tale denominazione presenta un forte potenziale produttivo rispetto 64 alla produzione certificata ad oggi. A tale produzione è corrisposto un fatturato alla produzione pari a 3,5 milioni di euro, mentre quello al consumo si attesta sui 7,4 milioni di euro. 22) Le fonti utilizzate per il presente capitolo della pubblicazione si riferiscono a: - per le quantità prodotte: Organismi di controllo autorizzati e Autorità designate. Per gli anni antecedenti alla loro autorizzazione (1998-2000), ai Consorzi di Tutela incaricati; - per i prezzi: rete di rilevazione Ismea e Ismea/AC-Nielsen. Per quelli non rilevati direttamente da Ismea: dichiarazioni fornite dagli Organismi di riferimento; ove tali Organismi non sono presenti i prezzi sono stati forniti da Coldiretti e in mancanza ottenuti da stime Ismea. 23) Ultimo anno oggetto d’indagine. 24) Tale valore non considera il fatturato alla produzione registrato dal comparto degli oli di oliva, in quanto non disponibile, come anche quello di altri comparti come le carni fresche, quello del miele e dei prodotti della panetteria. 25) L’analisi della ripartizione territoriale si riferisce ai quantitativi certificati dei formaggi, dei prodotti a base di carne, dei grassi e oli, degli ortofrutticoli e cereali e delle carni fresche. Ai fini dell’analisi per territorio geografico si è considerato l’areale nel quale è possibile ottenere/elaborare il prodotto finito certificato come previsto dal disciplinare di produzione. 26) I prodotti con areale di produzione multiregionale sono i seguenti: Asiago, Caciocavallo Silano, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Montasio, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Garda, Cotechino di Modena, Mortadella Bologna, Salamini italiani alla Cacciatora, Zampone di Modena e Vitellone bianco dell’Appennino Centrale. 27) Nel questionario somministrato ai Consorzi di tutela è stato richiesto agli stessi di indicare la percentuale di produzione che è potenzialmente certificabile, oltre a quella certificata, ma che per motivi economici, amministrativi, ecc. non è stata sottoposta al controllo per la certificazione. 28) Cfr “I prodotti agroalimentari protetti in Italia”, dicembre 2005, Ismea. 29) Vedi § 2.2 30) L’organismo di controllo dell’Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia non ha fornito il dato relativo alla produzione certificata nel 2004. 31) La produzione destinata al mercato nazionale è stata determinata applicando, ai quantitativi. 65 4. Il mercato nazionale, l’export e i canali distributivi 4.1 Il mercato nazionale dei prodotti DOP e IGP 4.1.1 Aspetti generali L a produzione certificata destinata al mercato nazionale31 sfiora le 600 mila tonnellate, con un’incidenza sul totale pari all’80,9%. Tale stima è stata determinata a partire dai dati forniti da 94 Consorzi di tutela che rappresentano il 99,9% della produzione complessiva. Tabella 4.1 - I quantitativi certificati di prodotti Dop e Igp destinati al mercato nazionale nel 2004 (dati in tonnellate) Comparto Formaggi Grassi e oli Ortofrutta Prodotti a base di carne Carni fresche Totale Quantità certificata destinata al mercato nazionale 330.430,85 3.506,56 105.702,27 154.739,49 5.416,67 599.795,84 % incidenza su totale mercato nazionale 55,1% 0,6% 17,6% 25,8% 0,9% 100,0% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Consorzi di tutela. A tali quantitativi, si aggiungono i 4 mila litri di Aceto balsamico tradizionale di Modena. L’80,9% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale è rappresentato dai comparti dei formaggi e dei prodotti a base di carne (rispettivamente 55,1% e il 25,8%). I prodotti ortofrutticoli rappresentano invece il 17,6% della produzione certificata. Il restante 1,5% della produzione è rappresentato dalle carni fresche (Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale con lo 0,9%) e dai grassi e gli oli di oliva (0,6%). Scendendo nel dettaglio, si nota che il comparto che riserva la percentuale maggiore di produzione certificata al mercato nazionale è quello dei prodotti a base di carne: tale quota32 rappresenta l’85,6% della produzione del comparto complessiva e sfiora le 155 mila tonnellate. In particolare, le percentuali di produzione destinata al mercato nazionale si 66 Figura 4.1 - I quantitativi certificati di prodotti DOP e IGP destinati al mercato nazionale e all’export nel 2004 (dati in %) Carni fresche 100,0% Aceti diversi dagli aceti di vino Prodotti a base di carne Ortofrutta 58,3% 41,7% 14,4% 85,5% 21,4% 78,6% Grassi e oli Formaggi 20,5% 79,5% 0 10 20 30 40 Mercato nazionale 30,4% 69,6% 50 % 60 70 80 90 Export 100 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. collocano in un intervallo compreso tra il 70% e il 100%. Si rileva inoltre che la quota di produzione destinata al mercato nazionale scende sotto la soglia del 90% solo per le produzioni “maggiori”: Prosciutto di Parma (83%), il Prosciutto San Daniele (82%) e lo Speck dell’Alto – Adige (70%). Figura 4.2 - La quota di produzione certificata destinata al mercato nazionale delle principali DOP e IGP nel 2004 (dati in %) 85,6% 79,5% 78,6% Chianti Classico Toscano Totale olio Nocciola del Piemonte Mela Val di Non Totale ortofrutta Speck dell'Alto-Adige Prosciutto di Parma Prosciutto San Daniele Totale prodotti a base di carne Parmigiano Reggiano Grana Padano 69,6% Totale formaggi 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. Al comparto dei prodotti a base di carne segue quello dei formaggi con 330 mila tonnellate33, pari al 79,5% della relativa produzione certificata. Nella totalità dei casi infatti, eccezion fatta per il Pecorino Romano, la quota di produzione certificata, destinata al territorio nazionale, è largamente superiore a quella esportata. 67 Tale trend si riscontra anche per denominazioni storiche e rappresentative del made in Italy all’estero: Grana Padano e Parmigiano Reggiano, destinano al mercato interno, rispettivamente il 77,8% e l’87,0% del totale. Seguono ancora il comparto dei prodotti ortofrutticoli e quello degli oli, rispettivamente con il 78,6%34 e il 69,6%35 della produzione complessiva. È interessante notare che tra i prodotti ortofrutticoli la Bella della Daunia è il prodotto che destina la quota minore di produzione al mercato nazionale, appena il 14%, mentre nel comparto degli oli, solo tre Consorzi si collocano su quantitativi inferiori al 50% della produzione complessiva. La produzione certificata delle DOP e IGP destinata al mercato nazionale vanta un fatturato alla produzione superiore ai 3,7 miliardi di euro e un fatturato al consumo pari ai 6,3 miliardi di euro. Tabella 4.2 - I fatturati delle DOP e IGP sul mercato nazionale nel 2004 (dati in .000 di euro) Comparto Fatturato all'Azienda Formaggi Grassi e oli Ortofrutta Prodotti a base di carne Carni fresche Aceti diversi dagli aceti di vino Totale 2.210.068,95 30.369,46 90.872,72 1.312.954,79 29.791,67 1.450,06 3.675.507,65 % incidenza sul fatturato all'azienda totale 60,1% 0,8% 2,5% 35,7% 0,8% 0,0% 100,0% Fatturato al Consumo 3.343.047,83 41.449,61 152.273,15 2.719.187,35 78.935,98 3.083,21 6.337.977,13 % incidenza sul fatturato al consumo totale 52,75% 0,7% 2,4% 42,90% 1,2% 0,0% 100,0% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. Figura 4.3 - L’incidenza del fatturato alla produzione registrato sul mercato nazionale rispetto a quello totale nel 2004 (dati in %) 100,0% 85,2% 81,4% 80,4% 59,8% Aceti diversi dagli aceti di vino Grassi e oli Ortofrutta Formaggi Prodotti a base di carne 41,7% Carni fresche 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. 68 Il 95,7% del fatturato al consumo relativo al mercato nazionale è riconducibile ai comparti dei formaggi e dei prodotti a base di carne; tali comparti rappresentano, rispettivamente, il 60,1% e il 35,7% del fatturato totale alla produzione e il 52,7% e il 42,9% del fatturato al consumo. 4.2 I flussi di export 4.2.1 Introduzione Nel 2004 l’industria alimentare nazionale ha esportato, secondo i dati Istat, circa 18 milioni di tonnellate (-1,1% rispetto al 2003) a cui è corrisposto un fatturato di 15,7 milioni di euro, in crescita del 5,3% rispetto all’anno precedente. La presenza dei prodotti alimentari italiani sui mercati esteri risulta largamente inferiore alle potenzialità. Le principali cause alla base di questo sotto-dimensionamento vanno ricercate nell’eccessiva polverizzazione produttiva, nella scarsità e frammentazione delle risorse economiche necessarie alle attività promozionali e soprattutto nella limitata presenza e organizzazione della grande distribuzione italiana all’estero, diversamente dalla concorrenza comunitaria che dispone di una filiera più organica. Accanto a tali cause “strutturali”, si aggiunge anche il fenomeno dell’agropirateria internazionale che, secondo stime della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori), ogni anno provoca all’agricoltura italiana un danno stimato intorno ai 2,5 miliardi di euro. Il più imitato tra i prodotti DOP e IGP è il Parmigiano Reggiano: il suo “falso” lo troviamo in Argentina, in Brasile, in Giappone, ma anche in Germania e nel Regno Unito. Seguono il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Grana Padano, la Mozzarella di bufala, l’Asiago e, negli ultimi tempi, il Gorgonzola. Il mercato dei “falsi” è maggiore in Usa e Canada (70%) e minore nell’Unione Europea (5%). Il danno economico diventa ancora più elevato se dalla pura contraffazione si passa al cosiddetto “Italian sounding”, minaccia più complessa e più recente che è costituita dall’utilizzo di nomi, immagini, forme che si richiamano alla tradizione alimentare del nostro Paese, confondendo il consumatore e spingendolo, indirettamente, all’acquisto di un prodotto “non originale”. Un business che, secondo stime della Federalimentare, raggiunge i 52,6 miliardi di euro. Ancora più preoccupante è il dato secondo cui tale fenomeno è maggiormente diffuso sul territorio europeo: in Europa il fatturato relativo ai prodotti “Italian sounding tocca i 25 miliardi di euro a fronte dei 21 del mercato degli USA e del Canada e i 6,6 miliardi degli altri Paesi. In tale contesto assume importanza la ripartizione dell’export tra i Paesi dell’UE e quelli extra UE. In particolare, l’analisi condotta evidenzia che, anche per i prodotti agroali- 69 mentari di qualità, così come per gli altri settori, è in atto lo spostamento del baricentro commerciale italiano al di fuori dell’Europa. Tuttavia, se tale trend rappresenta un’opportunità per alcuni prodotti DOP e IGP, per le denominazioni caratterizzate da elevati volumi di produzioni è una scelta obbligata dettata dalla maturità dei principali mercati europei. I dati analizzati mostrano che ben il 40% dei quantitativi esportati di prodotti DOP e IGP raggiunge mercati non appartenti all’Unione Europea, con incidenze superiori a tale media nel caso degli oli di oliva (il 56,7% dei quantitativi certificati esportati), dei formaggi (48,5%) e degli aceti diversi dagli aceti di vino (42,9%). Figura 4.4 - Le esportazioni dei prodotti DOP e IGP nei mercati UE ed extra UE nel 2004 (dati in % dei volumi) Aceti 57,1% Prodotti a base di carne Ortofrutta 42,9% 71,9% 28,1% 79,2% Grassi e oli 20,8% 43,3% Formaggi 56,7% 51,1% 0 10 20 48,5% 30 40 UE 50 % 60 70 80 90 100 Extra UE Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. Di contro, si evidenzia che i Paesi dell’Unione Europea sono le destinazioni principali per gli ortofrutticoli (79,2%) e per i prodotti a base di carne (71,9%). Nel dettaglio, si rileva che i Paesi extra UE più importanti sono rappresentati da Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia e Svizzera. Tra le principali “destinazioni“dell’area euro predominano invece la Germania e la Francia. Nel 2004 sono state esportate 142 mila tonnellate36 di prodotti DOP e IGP con un incremento, rispetto al 2003, superiore al 34,4%37. A tali quantitativi è corrisposto un valore di poco superiore ai 900 milioni di euro, pari all’8,4% in più rispetto all’anno precedente e rappresentativo di ben il 5,8% del valore totale delle esportazioni alimentari. L’incremento del fatturato, minore rispetto all’aumento delle quantità esportate, è da attribuire al calo nei prezzi all’export che se da un lato ha permesso di incrementare le vendite all’estero, dall’altro ha comunque ridotto il margine di profitto ottenibile. Nonostante ciò, le esportazioni dei prodotti DOP e IGP hanno comunque consentito di contenere il calo dei consumi nazionali: la quota di mercato di tali pro- 70 Figura 4.5 - I quantitativi esportati nel 2004 e nel 2003 nei principali comparti DOP-IGP (dati in tonnellate) 90.000 80.000 70.000 60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 0 75.091,2 85.277,7 28.727,6 27.716,1 26.108,2 1.192,4 1.533,7 1.365,9 Formaggi Grassi e oli Ortofrutta 2003 Prodotti a base di carne 2004 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. Tabella 4.3 - Le esportazioni di prodotti DOP e IGP italiani nel 2004 (dati in tonnellate, .000 di euro) Comparto Formaggi Grassi e oli Ortofrutta Prodotti a base di carne Aceti diversi dagli aceti di vino Totale Quantità esportate 2004 2003 Var. % 04/03 85.277,7 75.091,2 13,6% 1.533,7 1.192,4 28,6% 28.727,6 1.365,9 2003,1% 26.108,2 27.716,1 -5,8% 5.718,4 n.d. n.d. 147.365,6 105.365,6 34,4% 2004 618.331,1 20.179,9 19.158,4 243.851,0 2.640,2 904.160,7 Valore export 2003 Var. % 04/03 559.895,1 10,4% 13.978,3 44,4% 1.142,2 1577,3% 259.292,7 -6,0% n.d. n.d. 834.308,3 8,4% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. dotti è in aumento soprattutto nei Paesi dove la capacità di acquisto dei consumatori è in crescita. La quota maggiore di export è detenuta dai formaggi DOP: il 60,2%, corrispondenti a circa 85.278 tonnellate, con un incremento, rispetto al 2003, del 13,6%. Il controvalore di tali quantità è stimato superiore ai 618 milioni di euro. Inoltre, le quantità esportate di formaggi DOP rappresentano il 38,8% delle vendite all’estero dell’intero comparto a livello nazionale, dimostrando ancora una volta che tra i principali prodotti del made in Italy conosciuti all’estero figurano proprio le denominazioni d’origine. Tra i formaggi DOP quelli maggiormenti export oriented sono il Grana Padano, che esporta il 22,2% della produzione certificata (pari a 28.351 tonnellate) e il Pecorino Romano con il 55,6% (pari a 21.237 tonnellate). Seguono il Parmigiano Reggiano (17,6%), il Gorgonzola (14,5%) e a lunga distanza la Mozzarella di Bufala Campana (4,9%). I prodotti a base di carne hanno esportato 26.108 tonnellate, il 5,8% in meno 71 Figura 4.6 - La suddivisione per comparto delle esportazioni di prodotti DOP e IGP nel 2004 (in % dei volumi) Prodotti a base di carne 18,4% Formaggi 60,2% Ortofrutta 20,3% Grassi e oli 1,1% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. rispetto al 2003, per un valore pari a circa 244 milioni di euro (-6,0%). Tra i prodotti a base di carne, il primato per i quantitativi esportati spetta allo Speck dell’Alto Adige (30%), al Prosciutto San Daniele (18%) e al Prosciutto di Parma (17%). Un altro 20,3% dell’export dei prodotti DOP e IGP è rappresentato dagli ortofrutticoli (28.728 tonnellate) che rilevano l’incremento più consistente rispetto al 2003, e registrano un fatturato alla dogana superiore ai 19 milioni di euro. Tra i prodotti ortofrutticoli, quelli che mostrano la maggiore incidenza dei quantitativi esportati sul totale sono la Bella della Daunia (86%) e il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%). Una quota marginale (pari all’1,1%) interessa invece gli oli extravergini di oliva che, rispetto al 2003, registrano un incremento di circa il 28,6%. Figura 4.7 - I principali prodotti DOP e IGP export-oriented nel 2004 (incidenza export sul totale vendite, dati in % dei volumi) 83,3% 65,0% 60,0% 58,3% 55,6% Speck dell'Alto Adige Pecorino Romano Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino Toscano 30,0% Valli Trapanesi 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela. 72 In tale comparto, i principali prodotti export oriented sono la DOP Valli Trapanesi e l’IGP Toscano, rispettivamente l’83,3% e il 65% della produzione certificata; a questi segue il Chianti Classico con il 57%. Per quanto concerne gli altri comparti, si rileva che l’Aceto balsamico tradizionale di Modena ha esportato poco più di 5.700 litri, per un controvalore poco superiore ai 2,6 milioni di euro. L’analisi condotta evidenzia dunque che i prodotti DOP e IGP che mostrano una maggiore vocazionalità all’export sono il Toscano (65%), il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%), il Pecorino Romano (55,6%) e lo Speck dell’Alto Adige (30%). 4.3 I canali distributivi La scelta dei canali di vendita da parte dei produttori di DOP e IGP si differenzia a seconda delle dimensione delle aziende e della tipologia di prodotti offerti: se per le produzioni caratterizzate da elevati quantitativi prodotti la distribuzione moderna è una via obbligata, per le altre produzioni la scelta del canale di vendita è indicata dal target di consumatore da raggiungere. La diffusione della conoscenza e l’apprezzamento dei prodotti tipici da parte dei consumatori ha avuto importanti riflessi sia sulla struttura distributiva, con la creazione di negozi specializzati e siti Internet dedicati, sia sulle politiche di offerta della stessa. In riferimento a quest’ultimo aspetto, una nota di rilievo è il successo raggiunto dalle linee di prodotti tipici lanciate dalle principali insegne della GDO, attive nell’organizzazione di eventi promozionali diretti a presentare agli acquirenti il plus dei prodotti DOP e IGP e “tipici”. In tal modo, l’acquisto di tali prodotti non è più solo una prerogativa del consumatore che vive nella zona di produzione o del turista che vi si reca ma la GDO Figura 4.8 - Destinazione delle vendite sul territorio nazionale dei prodotti DOP e IGP nel 2004 (dati in %) Mercato locale 1% Mercato regionale 12% Altre regioni 87% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. 73 diventa, per il consumatore, il principale referente per i prodotti tipici. Anche l’analisi dei dati comunicati dai Consorzi di tutela38 sulla diffusione territoriale delle produzioni DOP e IGP evidenzia che ben l’87% dei prodotti DOP e IGP è presente su tutto il territorio nazionale, mentre solo il 12,3% è disponibile nella regione di produzione o nelle aree strettamente contigue. Il restante 0,7% trova diffusione limitatamente al mercato locale di produzione; quest’ultimo dato si riferisce a produzioni di nicchia strettamente legate al territorio, anche se di grande qualità. Altro aspetto da rilevare riguarda le numerose e differenti attività di valorizzazione e riconoscibilità dei prodotti tipici adottate dai Consorzi di Tutela, dirette da un lato a consolidare la presenza nei tradizionali canali di vendita e dall’altro ad ampliare la quota in altri, quali l’Horeca. In tal senso, si moltiplicano le attività di promozione svolte in partnership con altri prodotti DOP e IGP e le azioni di co-marketing con altri comparti economici (turismo, artigianato e commercio). In particolare, negli ultimi tempi si è individuato nel turismo “verde” ed “enogastronomico” il volano per “acquisire”, sia in riferimento al mercato nazionale che estero, nuovi segmenti di mercato e canali di vendita. Figura 4.9 - I canali di vendita di DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) 100 90 70 Formaggi 60 Grassi e oli 36,4 % 50 43,9 80 Totale Dop e Igp 40 Ortofrutta Prodotti a base di carne 30 0 GDO Grossisti Dettaglio trad. Dettaglio spec. Vendita in azienda HoReCa 4,4 2,7 Aceti 0,8 10 4,2 6,4 20 Carne fresca Altro Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. I dati rilevati presso i Consorzi di Tutela, confermano quanto evidenziato nell’indagine relativa all’anno precedente: la GDO con il 43,9% dei quantitativi certificati, è il principale canale a cui le aziende che commercializzano DOP e IGP ricorrono per veicolare i loro prodotti, anche se con una diversa incidenza tra i diversi comparti. A tale canale segue quello dei grossisti con il 36,4% e il dettaglio tradizio- 74 Figura 4.10 - I canali di vendita di DOP e IGP nel 2004 - mercato estero (dati in % dei volumi) 100 90 80 70 Totale DOP IGP 60 % 50 Formaggi 40 30 Grassi e oli 20 Ortofrutta 10 Prodotti a base di carne 0 GDO Grossisti Dettaglio trad . Dettaglio spec. Altro Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. nale e specializzato, che rappresenta il 10,6%. Situazione evidentemente differente si rileva per i canali distributivi utilizzati per commercializzare i prodotti tipici sui mercati esteri. Dai dati dei Consorzi di Tutela39 emerge che ben il 56,6% dei prodotti a denominazione d’origine arriva sui mercati esteri attraverso i grossisti, mentre la GDO veicola il 41,6% dei quantitativi esportati. Il restante 1,7% è commercializzato attraverso gli altri canali di vendita (come quelli del dettaglio tradizionale e specializzato). 4.3.1 I formaggi40 Il 46,3% della produzione di formaggi DOP destinati nel 2004 al mercato nazionale è commercializzato dalla GDO e il 30,7% dai grossisti. Il restante 23% della produzione è commercializzata dagli altri canali tra i quali assumono una maggiore incidenza la vendita diretta con il 7% e il dettaglio specializzato con il 5,2% dei quantitativi certificati. In particolare, l’analisi condotta evidenzia che sono le DOP, quantitativamente più importanti, a rivolgersi prevalentemente alla GDO e ai grossisti; di contro, le produzioni caratterizzate da minori quantitativi certificati si rivolgono ai punti vendita del dettaglio (tradizionale e specializzato) e agli altri intermediari commerciali. A livello di singola denominazione, si nota che la GDO è l’interlocutore privilegiato di Pecorino Sardo (80% della produzione certificata destinata al mercato nazionale), Gorgonzola (69%), Fontina e Valtellina Casera (il 60% in entrambi i casi). 75 Figura 4.11 - I canali di vendita dei formaggi DOP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) HoReCa 3,7% Vendita in azienda 7,0% Autoconsumo 0,1% Altro 1,8% Ambulanti mercati rionali 1,4% Dettaglio specializzato 5,2% Dettaglio tradizionale 3,9% GDO 46,3% Grossisti 30,7% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Importante anche la quota di Parmigiano Reggiano commercializzata attraverso la GDO, pari al 56%, mentre il 17% è veicolato attraverso i grossisti. Il restante 27% della produzione è venduta attraverso gli altri canali, tra i quali prevalgono il dettaglio tradizionale con il 9% e la vendita in azienda con l’8%. Del tutto ribaltata la politica distributiva del Grana Padano che affida il 57% della produzione certificata al canale dei grossisti e il 32% alla GDO. Il restante 11% della produzione è suddivisa tra la vendita in azienda (9%) e l’HORECA (2%). I grossisti prevalgono sulla GDO anche nella commercializzazione di Fiore Sardo (95%), Formai de Mut dell’Alta Val Brembana (70%) e Castelmagno (60%). Figura 4.12 - I canali di vendita dei principali formaggi DOP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 GDO Grossisti Dettaglio tradizionale Dettaglio specializzato Altri Gorgonzola Grana Padano Mozzarella di Bufala Campana Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. 76 Parmigiano Reggiano Pecorino Romano Figura 4.13 - I canali di vendita dei formaggi DOP nel 2004 - export (dati in % dei volumi) Dettaglio specializzato 0,1% Dettaglio tradizionale 0,1% GDO 19,6% Grossisti 80,1% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Per quanto concerne gli altri canali distributivi, si evidenzia che i punti vendita al dettaglio assumono un peso rilevante nella commercializzazione del Bitto (60% in totale tra dettaglio tradizionale e specializzato), del Valle d’Aosta Fromadzo (50% al dettaglio specializzato), del Canestrato Pugliese (30% rispettivamente al dettaglio tradizionale e al dettaglio specializzato) e Formai de Mut dell’Alta Val Brembana (30% al dettaglio specializzato). Tra i restanti canali di vendita, si evidenzia il ruolo relativamente più importante assunto dagli ambulanti e i mercati rionali per il Castelmagno, il Murazzano (rispettivamente il 20%), dal canale HORECA per il Monte Veronese (20%) e dalla vendita in azienda per la Mozzarella di Bufala Campana (12%). Per quanto riguarda la politica distributiva adottata per veicolare i formaggi DOP sui mercati esteri, l’analisi dei dati41 evidenzia la concentrazione del 99,8% dei quantitativi esportati nelle mani dei grossisti e della GDO, rispettivamente con l’80,1% e il 19,6% dei quantitativi esportati. In particolare, i grossisti commercializzano il 100% dei quantitativi esportati di Asiago, Canestrato Pugliese, Castelmagno e Pecorino Romano, il 65% di quelli del Grana Padano e il 60% del Raschera. Privilegiano la GDO il Monte Veronese (90%) e la Fontina (60%). Per quanto concerne i punti vendita del dettaglio (tradizionale e specializzato), questi sono utilizzati dalle DOP Bra e Toma Piemontese (nell’80% dei casi per entrambi). 4.3.2 I prodotti a base di carne L’analisi dei dati42 evidenzia il ruolo dominante della GDO nella commercializzazione dei prodotti a base di carne DOP e IGP: ben il 59,1% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale è infatti veicolato attraverso tale canale. Accanto a tale risultato, si evidenzia comunque la concentrazione del restante 77 Figura 4.14 - I canali di vendita dei prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) Dettaglio specializzato 2% HoReCa 1,9% Vendita in azienda 0,1% Dettaglio tradizionale 18,5% GDO 59,1% Grossisti 18,5% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. 36,9% presso i grossisti e il dettaglio tradizionale, con il 18,5% ciascuno dei quantitativi commercializzati. L’analisi della quota detenuta dal dettaglio tradizionale, conferma quanto già evidenziato nella precedente indagine: per alcuni prodotti, soprattutto di nicchia o ottenuti da piccole imprese artigianali, il ruolo della distribuzione moderna è più ridimensionato e i negozi indipendenti coprono una quota delle vendite decisamente superiore alla media. A livello di singola denominazione si evidenzia che la GDO assume un peso rilevante nella commercializzazione del Salame Brianza (90%), del Salame di Varzi (78%), del Prosciutto di Modena, del Prosciutto Toscano e della Soprèssa Prosciutto di Parma Prosciutto di San Daniele 10,0% 10,0% 20,0% 20,0% 20,0% Prodotti a base di carne 2,0% 2,0% 18,5% 18,5% Grossisti Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. 78 GDO 60,0% 59,1% 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 60,0% Figura 4.15 - I canali di vendita dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) Dettaglio tradizionale Dettaglio specializzato Altri Vicentina, con un peso per questi ultimi tre prodotti del 70%. In misura relativamente minore, privilegiano il canale della distribuzione moderna la Coppa Piacentina (61%), il Prosciutto di Norcia, il Prosciutto di Parma e il Prosciutto San Daniele (60%) e il Salame e la Pancetta Piacentina (il 58% ciascuno). Di contro, è limitato il peso dei grossisti con alcune eccezioni come il Valle d’Aosta Jambon de Bosses che riserva a tale canale il 60% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale e la Bresaola della Valtellina (40%). Il dettaglio tradizionale, inoltre, assume un peso importante nella commercializzazione del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, con una quota pari al 40% dei quantitativi certificati, per il Lardo di Colonnata (26%) e per il Prosciutto di Norcia, il Prosciutto di Parma e il Prosciutto San Daniele con il 20% ciascuno. Il dettaglio specializzato e l’HORECA assumono, come era lecito attendersi, un peso relativamente maggiore nella commercializzazione del Culatello di Zibello, ciascuno con il 25% dei quantitativi certificati; residuale la quota degli altri prodotti DOP e IGP che si rivolgono a tale canale. L’analisi dei dati43 relativi ai canali distributivi utilizzati per l’export, evidenzia risultati in linea con la “politica” di distribuzione adottata a livello nazionale: ben il 50,3% della produzione dei salumi DOP “arriva” sui mercati esteri attraverso la GDO, il 20,7% attraverso i grossisti e il 14,9% attraverso i punti vendita del dettaglio tradizionale. Figura 4.16 - I canali di vendita dei prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 - export (dati in % dei volumi) Dettaglio specializzato 4,7% Altro 9,3% Dettaglio tradizionale 14,9% GDO 50,3% Grossisti 20,7% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Il restante 14% si suddivide sostanzialmente tra altri canali (9,3%), rappresentati principalmente da quello HORECA, e il dettaglio specializzato (4,7%). Tali risultati evidenziano una politica distributiva estera differente da quella adottata nel comparto dei formaggi, dove, come visto sopra, è il canale dei grossisti importatori ad accentrare la quota maggiore di quantità esportate. 79 Nel dettaglio, la GDO è attiva nella commercializzazione del 100% della produzione destinata all’export dal Prosciutto di Modena e del 52% del Prosciutto San Daniele. Mentre si “affidano” ai grossisti il Prosciutto di Norcia e il Salame Brianza (ciascuno il 100% dei quantitativi esportati), il Lardo di Colonnata (90%) e il Prosciutto Toscano (80%). 4.3.3 Gli ortofrutticoli e i cereali L’analisi dei dati comunicati dai Consorzi44 evidenzia che i grossisti svolgono un ruolo importante nella commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli a marchio europeo. Ben l’80,3% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale è infatti commercializzato da questo tipo di intermediari commerciali, mentre la distribuzione moderna detiene una quota del 17,9%. I restanti canali di vendita rappresentano complessivamente l’1,8% dei quantitavi certificati destinati al mercato nazionale. Figura 4.17 - I canali di vendita dei prodotti ortofrutticoli e cereali DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) Dettaglio tradizionale 0,9% Dettaglio specializzato 0,7% Vendite in azienda 0,1% Ambulanti mercati rionali 0,1% GDO 17,9% Grossisti 80,4% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Tale distribuzione percentuale, tuttavia, è da attribuire sostanzialmente alla quota detenuta nella commercializzazione dalla mela Val di Non: se si escludesse tale denominazione si evidenzierebbe che il peso detenuto dalla GDO in tale comparto sarebbe pari al 69,3% e quello dei grossisti al 10,7%. Tale scenario, sarebbe peraltro in linea con quello che emerge dal settore dell’ortofrutta nel suo complesso: la distribuzione moderna ha assunto ormai un ruolo centrale in tale settore con il conseguente ridimensionamento degli altri canali di vendita. Scendendo nel dettaglio dell’analisi, a livello di singola denominazione si evidenzia che la GDO è l’unico referente commerciale per il Limone di Sorrento (100%). Inoltre, assume un peso rilevante per la Pesca e Nettarina di Romagna (70%) e il Pomodoro di San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%). 80 Figura 4.18 - I canali di vendita dei principali prodotti ortofrutticoli DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 100,0% 87,2% 70,0% 60,0% GDO Grossisti 30,0% 20,0% 20,0% 12,8% Limone di Sorrento Dettaglio tradizionale Altri Mela Val di Non Pesca e Nettarina Pomodoro di di Romagna San Marzano dell'agro sarnese nocerino Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Per quanto riguarda i grossisti, se si esclude la Mela Val di Non (87% dei quantitativi), l’analisi evidenzia che tale canale detiene quote importanti nella commercializzazione delle sole produzioni che presentano un peso produttivo marginale rispetto al totale. Si evidenzia inoltre che la quota più importante detenuta dal dettaglio tradizionale è il 90% della Farina di Neccio della Garfagnana, mentre l’HORECA commercializza l’80% dei quantitativi del Fungo di Borgotaro. Differente la scelta del Marrone di San Zeno che, anche in relazione agli esigui quantitativi certificati, commercializza il 90% della produzione tramite la vendita diretta presso le aziende di produzione e il restante 10% attraverso l’HORECA. Del tutto ribaltata la situazione che rileva l’analisi dei canali distributivi45uti- Figura 4.19 - I canali di vendita dei prodotti ortofrutticoli e cereali DOP e IGP nel 2004 export (dati in % dei volumi) Grossisti 18,8% GDO 81,2% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. 81 lizzati per collocare i prodotti ortofrutticoli DOP e IGP sui mercati esteri. Ben l’81,2% dei quantitativi certificati è commercializzato dalla GDO e il restante 18,8% dai grossisti. Nel dettaglio, come rilevato per il mercato nazionale, la GDO estera si conferma l’unico referente per il Limone di Sorrento e veicola, inoltre, il 91% dei quantitativi oltrefrontiera della Mela Val di Non, a fronte di una quota di appena il 13% detenuta sul mercato nazionale. I grossisti commercializzano l’intera produzione destinata all’export della Ciliegia di Marostica, della Nocellara del Belice, della Pera Mantovana, del Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, del Radicchio Rosso di Treviso e del Radicchio Variegato di Castelfranco. 4.3.4 I grassi e oli di oliva La distribuzione moderna assume una quota importante nel comparto degli oli DOP e IGP: dai dati dei Consorzi di Tutela46 si evidenzia infatti che la GDO veicola ben il 56,9% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale. Tale comparto, per il peso assunto dalla GDO, è secondo solo a quello dei prodotti a base di carne. A distanza dalla GDO, solo il dettaglio specializzato assume una quota apprezzabile, pari al 13,1%, mentre l’incidenza degli altri canali è residuale. Figura 4.20 - I canali di vendita dei grassi e oli di oliva DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) Vendita in azienda 13,6% HoReCa 4,7% Ambulanti/mercati rionali 0,2% Autoconsumo 0,2% Altro 4,1% GDO 56,9% Dettaglio specializzato 13,1% Dettaglio tradizionale 4,7% Grossisti 2,6% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. È opportuno comunque evidenziare che il 98,2% dei quantitativi veicolati dalla distribuzione moderna è riconducibile alla produzione ad essa destinata da 4 denominazioni che rappresentano complessivamente il 61,3% della produzione complessiva di olio DOP e IGP. Tali produzioni sono il Terra di Bari, con l’80% dei quantitativi certificati, il Toscano e il Valli Trapanesi, entrambi con il 60% e il Riviera Ligure con il 50%. 82 I punti vendita del dettaglio specializzato sono la “via” preferenziale della DOP Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa (70% dei quantitativi certificati) e del Colline di Romagna (50%). Il restante 50% di quest’ultima DOP è veicolato attraverso il canale HORECA. Tra le denominazioni che si rivolgono ai grossisti, le quote più importanti sono quelle relative alle DOP Colline Teatine e Brisighella, rispettivamente il 60% e il 50%. La vendita diretta in azienda è invece il canale cui destinano la maggior parte di quantitativi certificati le DOP Laghi Lombardi (80%), Canino (60%) e Cartoceto (55%). Per quanto concerne i quantitativi esportati47, il 95,9% dell’offerta è concentrata presso i grossisti e la GDO, rispettivamente il 50,8% e il 45,1%. Tra gli altri canali, prevale il dettaglio specializzato con il 2,3%. Figura 4.21 - I canali di vendita dei grassi e oli di oliva DOP e IGP nel 2004 - export (dati in % dei volumi) Dettaglio tradizionale 0,9% Dettaglio specializzato 2,3% Grossisti 50,8% Altro 1,0% GDO 45,1% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Nel dettaglio, le DOP Colline Teatine, Val di Mazara e Valli Trapanesi, collocano il 100% dei quantitativi esportati attraverso i grossisti; tale canale è anche utilizzato per collocare l’80% della produzione esportata rispettivamente del Riviera Ligure e del Terre di Siena. L’IGP Toscano, colloca il 60% dei quantitativi esportati attraverso la GDO, mentre il restante 40% è veicolato attraverso i grossisti. I punti vendita al dettaglio (tradizionale e specializzato) sono la destinazione dell’80% delle vendite all’estero della DOP Collina di Brindisi e del 70% di quelle del Terra d’Otranto. 4.3.5 Gli altri prodotti L’analisi dei dati comunicati dal Consorzio del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale evidenzia che ben il 64% della produzione destinata al mercato nazio- 83 nale è veicolato dalla distribuzione moderna. Il 32% è commercializzato dai negozi del dettaglio specializzato, mentre il restante 4% alimenta il canale HORECA. Figura 4.22 - I canali di vendita del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale IGP e dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 GDO Grossisti 64,0% Dettaglio tradizionale 32,0% 30,0% 4,0% 5,0% Vitellone bianco Dettaglio specializzato 25,0% 10,0% 20,0% 10,0% Aceto balsamico tradizionale di Modena HoReCa Vendita in azienda Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela. Del tutto differente la politica distributiva del Consorzio dell’aceto balsamico tradizionale di Modena che colloca ben il 75% della produzione attraverso i grossisti (30%), i punti vendita del dettaglio specializzato (25%) e la vendita in azienda (20%). Il restante 25% della produzione è veicolata attraverso il dettaglio tradizionale e l’HORECA (rispettivamente il 10%) e la GDO (il 5%). Mentre per quanto concerne le esportazioni dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena, si evidenzia che l’intera produzione venduta all’estero presenta come sbocco i punti vendita al dettaglio (70% specializzato e 30% tradizionale). 31) La produzione destinata al mercato nazionale è stata determinata applicando, ai quantitativi certificati dichiarati dagli Organismi di controllo, la percentuale della produzione certificata destinata al mercato nazionale desunta dai questionari somministrati ai Consorzi di tutela. 32) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 19 su 27 Consorzi, che rappresentano il 99,2% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto, poiché si trattava comunque di produzioni “minori”, che tutta la produzione certificata sia destinata al mercato nazionale. 33) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 26 su 31 Consorzi, che rappresentano il 99,7% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al mercato nazionale. 84 34) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 28 su 34 Consorzi, che rappresentano il 97,5% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al mercato nazionale. 35) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 18 su 29 Consorzi, che rappresentano il 69,9% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al mercato nazionale. 36) I quantitativi destinati all’export sono stati determinati applicando, ai quantitativi certificati dichiarati dagli Organismi di Controllo, la percentuale della produzione certificata destinata all’export dichiarata da 68 Consorzi di Tutela, che rappresentano il 97,4% della produzione certificata complessiva. 37) Tali quantitativi non comprendono i 5.718 litri esportati di Aceto balsamico tradizionale di Modena. 38) I dati utilizzati per l’analisi territoriale e i canali di vendita utilizzati sul mercato nazionale sono quelli rilevati presso 87 Consorzi di Tutela che rappresentano il 90,9% della produzione certificata complessiva. 39) Nel questionario si è chiesto ai Consorzi di tutela di indicare i canali di vendita utilizzati per la commercializzazione delle DOP e IGP e i relativi quantitativi espressi in percentuale. È opportuno evidenziare che l’analisi riportata in questo paragrafo evidenzia risultati differenti da quelli rilevati dal Panel Ismea/ACNielsen, illustrati nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata., sia per il diverso orizzonte temporale considerato in esso (anno 2005) sia in relazione al fatto che il Panel non considera i consumi extradomestici. 40) I dati sui canali di vendita utilizzati per commercializzare i prodotti DOP e IGP sui mercati esteri sono quelli dichiarati da 36 Consorzi di Tutela che rappresentano 44,1% della produzione certificata. 41) Al quesito hanno fornito risposta 24 Consorzi di Tutela che rappresentano il 98,5% della produzione certificata del comparto. 42) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 11 Consorzi di Tutela che rappresentano il 47% della produzione certificata del comparto. 43) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta 16 Consorzi di Tutela che rappresentano il 73,6% della produzione certificata del comparto. 44) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 7 Consorzi di Tutela che rappresentano il 15,7% della produzione certificata del comparto. 45) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta 28 Consorzi di Tutela che rappresentano il 88,2% della produzione certificata del comparto. 46) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 9 Consorzi di Tutela che rappresentano il 92,3% della produzione certificata del comparto. 47) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta 16 Consorzi di Tutela che rappresentano il 72,9% della produzione certificata del comparto. 48) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 9 Consorzi di Tutela che rappresentano il 74,5% della produzione certificata del comparto. 85 5. I consumi domestici di prodotti DOP e IGP 5.1 Il quadro complessivo L’ analisi dei consumi di prodotti Dop-Igp è stata realizzata utilizzando, come di consueto, i dati del Panel continuativo Ismea/ACNielsen relativo agli acquisti domestici effettuati dalle famiglie nelle prime case. Sono esclusi quindi i consumi extradomestici, quelli delle collettività e gli acquisti effettuati nelle seconde case e nei periodi di ferie. I comparti rilevati dalla banca dati Ismea/AcNielsen relativamente ai prodotti a marchio sono soltanto come negli scorsi anni i formaggi, le carni trasformate e gli oli extravergini, che costituiscono comunque la stragrande maggioranza dei consumi di prodotti Dop-Igp in Italia. Nel 2005 la spesa degli italiani per consumi domestici di prodotti Dop-Igp è risultata sostanzialmente stabile e appena superiore ai 2 miliardi di euro, corrispondenti in quantità a 199.499 tonnellate. Prosegue, dunque anche nel 2005 la stabilità degli acquisti monetari (+0,3%) che si era registrata nell’anno precedente (-0,04%) e che si configura come un risultato apprezzabile, se si considera il momento difficile per i consumi del nostro paese. Osservando, invece, il dato aggregato in tonnellate si riscontra per i Dop-Igp nel complesso una dinamica degli acquisti leggermente più favorevole rispetto alla spesa monetaria sia nel 2005 (+2,3%) che nel 2004 (+0,7%). Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, i formaggi Dop che rappresentano in valore il 78,4% e in quantità l’86,4% degli alimenti marchiati rilevati, hanno mostrato una lieve discesa negli acquisti monetari (-1,7%) nel 2005 dopo la crescita registrata nel 2004 (+1,1%). In termini quantitativi, invece, prosegue nel 2005 (+1,7%) l’incremento dei consumi già presente nel 2004 (+1,5%). I prodotti a base di carne Dop-Igp costituiscono il 20,8% in valore e il 12,5% in quantità degli acquisti di alimenti a denominazione d’origine presenti in banca dati. Questo comparto presenta una marcata inversione di tendenza nella spesa monetaria, evidenziando una crescita del 6,8% nel 2005 a seguito della contrazione del 2004 (-4,1%). Considerando inoltre gli acquisti in quantità si registra un fenomeno analogo (+4,2% nel 2005 e -3,2% nel 2004). Infine gli oli extravergini Dop-Igp che rappresentano circa l’1% dei consumi in quantità e valore dei prodotti marchiati monitorati, presentano una forte variabilità degli acquisti a causa dei volumi di vendita ancora molto bassi . In particolare dopo il calo delle vendite del 2004 (-11,5% in valore e -14,6% in quantità) i consumi sono tornati a crescere nel 2005 sia in termini monetari (+48,5%) che reali (+36,6%). 86 L’incidenza degli acquisti di alimenti Dop-Igp su quelli dei rispettivi comparti totali varia passando dal 32,4% dei formaggi, al 12,8% delle carni trasformate , al 2,8% degli oli extravergini. Queste percentuali mostrano come esistano ampi margini di crescita delle produzioni marchiate soprattutto tra i salumi e gli oli. Un fenomeno abbastanza evidente nell’ambito delle produzioni marchiate è il forte grado di concentrazione dei consumi su pochi prodotti leader. Infatti i primi quattro prodotti per consumi in valore (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma , Mozzarella di Bufala Campana) costituiscono il 67,7% del mercato dei Dop-Igp rilevati. Come era facile aspettarsi, inoltre, l’andamento nel 2005 dei loro consumi monetari (+0,1% nel complesso) non si discosta molto da quello dei marchiati in generale (+0,3%).Riguardo alla suddivisione per macroarea geografica Tabella 5.1 - Ripartizione per comparto dei consumi domestici di prodotti DOP-IGP in Italia (tonnellate) Formaggi Prodotti a base di carne Oli extravergini di oliva Totale 2004 169.573 23.855 1642 195.070 2005 172.407 24.848 2244 199.499 Var. 05/04 1,7% 4,2% 36,6% 2,3% % su totale 86,4% 12,5% 1,1% 100,0% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Tabella 5.2 - Ripartizione per comparto dei consumi domestici di prodotti DOP-IGP in Italia (migliaia di euro) Formaggi Prodotti a base di carne Oli extravergini di oliva Totale 2004 1.653.239 402.956 11.911 2.068.106 2005 1.625.908 430.539 17.686 2.074.133 Var. 05/04 -1,7% 6,8% 48,5% 0,3% % su totale 78,4% 20,8% 0,9% 100,0% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Tabella 5.3 - Confronto tra gli acquisti di prodotti DOP-IGP rispetto a quelli dei rispettivi comparti in Italia nel 2005 (migliaia di euro) Formaggi Prodotti a base di carne Oli extravergini di oliva Totali 5.017.001 3.361.338 633.480 Dop-Igp 1.625.908 430.539 17.686 Fonte: Ismea/Ac Nielsen. dei consumi monetari di Dop-Igp si registra una certa uniformità delle vendite su tutto il territorio nazionale. In particolare gli acquisti si concentrano per il 29,8% nel Nord Ovest e per il 27,5% nel Sud+Sicilia, mentre percentuali leggermente più basse si registrano nel Nord Est (22,2%) e nel Centro+Sardegna (20,4%). 87 Sebbene le principali denominazioni in termini di produzione si collochino in prevalenza nelle aree settentrionali, il consumo di questi prodotti risulta diffuso, come abbiamo visto, in tutto il paese il che dimostra, almeno per i prodotti più importanti, l’esistenza di una domanda nazionale di alimenti marchiati. Occorre tuttavia sottolineare che tra i prodotti più importanti rientrano formaggi e prodotti a base di carne che vengono consumati in notevoli quantità a prescindere dalla denominazione in virtù della loro notorietà già presente prima dell’introduzione della normativa sulle Dop e le Igp. Relativamente all’andamento nel 2005 delle vendite si riscontra come la stabilità degli acquisti a livello nazionale (+0,3%) sia il risultato di tendenze contrapposte. Se infatti il Nord Ovest (-0,7%) e il Sud+Sicilia (-1,4%) mostrano una tendenza al ribasso, segnali di ripresa vengono dal Nord Est (+2,8%) e dal Centro+Sardegna (+1,6%). Quanto alla suddivisione degli acquisti per canale di distribuzione, il principale per gli alimenti Dop-Igp risulta nel 2005 quello dei Super e Ipermercati che detengono una rilevante quota di mercato (64,2%), mentre gli altri canali di commercializzazione non superano ciascuno il 10% . In particolare i negozi tradizionali veicolano l’ 8,5% degli acquisti monetari per Dop-Igp, le Superette il 7,5%, i negozi specializzati il 7,4%, i Discount il 6,6% mentre gli ambulanti e i mercati rionali si fermano al 4,3%. Riguardo all’andamento delle vendite nel 2005 si può notare che Super e Ipermercati mostrano una stabilità (+0,02%) che già caratterizzava gli acquisti del 2004 (-0,3%) e del 2003 (-0,4%). Tra i restanti canali crescono nel 2005 le Superette (+7,0%), i Discount (+1,2%), restano stabili i negozi tradizionali (+0,1%) mentre in discesa risultano gli acquisti nei negozi specializzati (-0,8%) e negli ambulanti/mercati rionali (-8,2%). Nell’ambito dei negozi specializzati, le gastronomie, contrariamente alla tendenza del canale di appartenenza, hanno mostrato nel 2005 un tasso di crescita del +19,7% che, sebbene legato a volumi ancora modesti lascia intravedere come questi esercizi possano essere uno strumento interessante di veicolazione di tali prodotti. Per quanto concerne la suddivisione degli acquisti per numerosità delle famiglie acquirenti si può notare che nei nuclei con due (29,1%) , tre (24,2%) e quattro (23,8%) componenti si concentri maggiormente la spesa monetaria per DopIgp, mentre in secondo piano appaiono gli acquisti in quelli con uno (12,4%) e cinque o più membri (10,4%). Dall’andamento delle vendite nel 2005 emerge una forte crescita per i nuclei monocomponenti (+18,4%) e con due componenti (+7,1%), mentre si riducono gli acquisti per le famiglie con tre (-3,2%), quattro (-3,0%) e soprattutto con cinque o più membri (-16,5%). Da queste tendenze sembra emergere come a fronte di una stabilità dei consumi di Dop-Igp (0,3%) nel 2005 ai consumi delle famiglie più numerose si siano sostituiti quelli dei nuclei più ristretti probabilmente perché capaci maggiormente di sostenere i prezzi più elevati delle denominazioni, visto il 88 numero più contenuto dei componenti la famiglia. Riguardo infine alla ripartizione dei consumi per età del responsabile d’acquisto, si nota come al crescere di questa aumenti la quota di consumi detenuti. Questo dato mette in evidenza come gli alimenti marchiati non siano un fenomeno giovanilistico, ma risultino ben radicati nelle tradizioni gastronomiche del nostro paese. L’andamento delle vendite nel 2005 appare in calo per i responsabili d’acquisto fino a 34 anni (-5,1%), sostanzialmente stabile nelle classi 35-44 anni (+0,3%) e 45-54 anni (-0,9%) e in crescita per le fasce 55-64 anni (+2,5%) e oltre 64 anni (+1,9%). Anche in questo caso si può notare come nel 2005 ai consumi dei più giovani sembrano sostituirsi quelli delle fasce di età più avanzate. Volendo trarre un quadro sintetico delle variabili socioeconomiche trattate si può ipotizzare che il consumatore di Dop-Igp nel 2005 abbia risentito del trasferimento di reddito dalle generazioni più giovani a quelle più anziane che può essere attribuito all’attuale sistema previdenziale presente in Italia. Nel 2005 rispetto all’anno precedente l’acquirente tipo è meno giovane, vive in nuclei più ristretti e si rifornisce, oltre che nei supermercati, maggiormente nelle Superette, tralasciando i mercati rionali. Tabella 5.4 - Gli acquisti domestici di prodotti DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005 (tonnellate) Totale Italia Nord Ovest Nord Est Centro + Sardegna Sud + Sicilia Super+ipermercati Superette Discount Negozi tradizionali Negozi specializzati di cui Gastronomie Ambulanti/Mercato rionale Famiglie monocomponenti Famiglie con 2 componenti Famiglie con 3 componenti Famiglie con 4 componenti Famiglie con 5 o più componenti Responsabile acquisti fino a 34 anni Responsabile acquisti da 35 a 44 anni Responsabile acquisti da 45 a 54 anni Responsabile acquisti da 55 a 64 anni Responsabile acquisti oltre 64 anni 2004 195.070 57.627 43.196 37.878 56.366 123.890 12.453 17.053 15.553 13.451 186 9.856 19.464 52.018 48.722 49.334 25.527 25.123 36.973 39.992 40.087 52.901 2005 199.499 58.146 45.264 39.471 56.623 126.671 13.635 17.722 15.848 13.137 192 9.224 22.502 57.207 48.475 49.297 22.016 23.213 38.433 39.961 42.524 55.365 Var. 05/04 2,3% 0,9% 4,8% 4,2% 0,5% 2,2% 9,5% 3,9% 1,9% -2,3% 3,2% -6,4% 15,6% 10,0% -0,5% -0,1% -13,8% -7,6% 3,9% -0,1% 6,1% 4,7% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. 89 Tabella 5.5 - Gli acquisti domestici di prodotti DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005 (migliaia di euro) Totale Italia Nord Ovest Nord Est Centro + Sardegna Sud + Sicilia Super+ipermercati Superette Discount Negozi tradizionali Negozi specializzati di cui Gastronomie Ambulanti/Mercato rionale Famiglie monocomponenti Famiglie con 2 componenti Famiglie con 3 componenti Famiglie con 4 componenti Famiglie con 5 o più componenti Responsabile acquisti fino a 34 anni Responsabile acquisti da 35 a 44 anni Responsabile acquisti da 45 a 54 anni Responsabile acquisti da 55 a 64 anni Responsabile acquisti oltre 64 anni 2004 2.068.106 623.572 448.832 416.504 579.198 1.332.221 146.232 134.590 176.398 154.331 2.564 96.302 217.666 564.326 518.339 509.284 258.490 255.875 395.304 412.800 419.960 584.162 2005 2.074.133 618.933 461.213 423.138 570.844 1.332.467 156.444 136.243 176.644 153.106 3.069 88.424 257.676 604.575 501.978 494.169 215.733 242.807 396.613 408.902 430.419 595.391 Var. 05/04 0,3% -0,7% 2,8% 1,6% -1,4% 0,0% 7,0% 1,2% 0,1% -0,8% 19,7% -8,2% 18,4% 7,1% -3,2% -3,0% -16,5% -5,1% 0,3% -0,9% 2,5% 1,9% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Dunque la sostanziale stabilità degli acquisti del 2005 nasconde al suo interno fenomeni che, sebbene ad effetto nullo, non vanno trascurati nella comprensione del mercato degli alimenti marchiati. 5.2 I consumi domestici di formaggi DOP Nel 2005 i consumi domestici di formaggi Dop in Italia si sono attestati oltre i 1.625 milioni di euro, per un ammontare in quantità pari a 172.407 tonnellate. Come già espresso, questo comparto ha mostrato una lieve discesa negli acquisti monetari (-1,7%) nel 2005 dopo la crescita registrata nel 2004 (+1,1%). In volume, invece, persiste nel 2005 (+1,7%) l’incremento dei consumi già presente nel 2004 (+1,5%). I formaggi Dop che rappresentano il 32,4% della spesa monetaria per formaggi in generale, hanno mostrato rispetto a questi ultimi, sempre nel 2005, una dinamica delle vendite peggiore in termini di valore (formaggi Dop -1,7%; totale formaggi +0,1%) e sostanzialmente simile in termini di quantità (formaggi Dop 90 +1,7%; formaggi totali +2,0%). Questi alimenti a marchio sembrano dunque crescere in termini reali in modo omogeneo al rispettivo comparto totale, ma risentono probabilmente in modo maggiore di un ridimensionamento della spesa monetaria che non traspare, invece, negli altri comparti Dop-Igp. Il fenomeno di concentrazione degli acquisti intorno a poche denominazioni leader è presente in forma abbastanza evidente anche nel comparto dei formaggi. In particolare i primi due prodotti per consumi in valore (Parmigiano Reggiano, Grana Padano) rappresentano il 53,1% del mercato dei formaggi Dop e hanno mostrato nel complesso una dinamica delle vendite (-4,7%) peggiore rispetto a questi ultimi (-1,7%). Sembra riscontrarsi, dunque una tendenza al ridimensionarento della spesa per i prodotti più importanti (soprattutto il Grana) a beneficio delle denominazioni relativamente meno importanti. Infatti è soprattutto il Grana Padano, che rappresenta il 26,1% della spesa monetaria per formaggi Dop, ad influenzare questo comparto con le sue difficoltà nelle vendite del 2005 (-8,3% in valore; -4,1% in quantità). Questo prodotto presenta da alcuni anni un andamento altalenante dei consumi in valore facendo registrare un -1,2% nel 2003, un +4,3% nel 2004 fino al -8,3% del 2005. Il Parmigiano Reggiano, che costituisce il 27,0% degli acquisti in valore dei formaggi Dop, ha mostrato nel 2005 un lieve calo dei consumi monetari (-0,8%) al quale corrisponde però una decisa crescita dei volumi venduti (+9,0%). Anche per questo prodotto si registrano negli ultimi anni oscillazioni dei consumi monetari che fanno segnare un -8,5% nel 2003, un +2,2% nel 2004 e un -0,8% nel 2005. I due Grana sembrano dunque aver saturato il mercato a loro disposizione, connotandosi come prodotti più maturi le cui performance di vendita sono influenzate più da fenomeni congiunturali che da tendenze strutturali. Dopo i due grana nella graduatoria dei Dop più consumati figura la Mozzarella di Bufala Campana, che rappresenta il15,9% degli acquisti in valore di formaggi marchiati e che ha fatto registrare nel 2005 una decisa crescita delle vendite monetarie (+7,9%) e reali (+5,9%). Dopo il calo dei consumi in valore del 2003 (-5,3%) gli acquisti sono quindi cresciuti sia nel 2004 (+2,1%) che nel 2005 (+7,9%). Anche le vendite del Gorgonzola, che costituisce in valore l’ 8,4% dei formaggi Dop sembrano aver sostenuto nel 2005 sia in termini monetari (+7,0%) che reali (+8,3%) questo comparto. Appare dunque interrotta la tendenza al ribasso degli acquisti in valore (-4,1% nel 2003 e -6,2% nel 2004) che aveva caratterizzato questo prodotto in passato. I restanti formaggi marchiati detengono ciascuno una quota di mercato inferiore al 6% e presentano nel 2005 variazioni nei consumi non uniformi. Se infatti l’Asiago cresce in valore delle vendite del 2,1%, il Pecorino Sardo del 3,0% e il Quartirolo del 2,2% gli acquisti monetari si contraggono per il Pecorino Romano (-10,2%) e Toscano (-8,2%), per la Fontina (-8,0%), il Taleggio (-5,0%) e il Montasio (-4,8%). 91 Tabella 5.6 - Gli acquisti domestici dei principali formaggi DOP in Italia nel 2004 e 2005 Totale Formaggi DOP Grana Padano Parmigiano Reggiano Gorgonzola Pecorino Romano Pecorino Toscano Pecorino Sardo Asiago Fontina Taleggio Quartirolo Montasio Mozzarella di Bufala Campana Quantità (tonnellate) 2004 2005 Var. % 05/04 169.573 172.407 1,7% 51.204 49.080 -4,1% 33.892 36.956 9,0% 14.791 16.012 8,3% 5.553 5.335 -3,9% 4.336 3.941 -9,1% 5.482 5.784 5,5% 12.303 12.654 2,9% 8.487 7.918 -6,7% 3.818 3.771 -1,2% 1.403 1.484 5,8% 4.514 4.269 -5,4% 23.790 25.200 5,9% Valore (migliaia di euro) 2004 2005 Var. % 05/04 1.653.239 1.625.908 -1,7% 462.544 424.074 -8,3% 442.412 438.733 -0,8% 128.320 137.324 7,0% 47.713 42.846 -10,2% 46.554 42.718 -8,2% 59.842 61.646 3,0% 87.058 88.866 2,1% 61.923 56.996 -8,0% 31.936 30.342 -5,0% 11.521 11.775 2,2% 34.025 32.403 -4,8% 239.339 258.183 7,9% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Tabella 5.7 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004 in Italia Formaggi Formaggi nel complesso Formaggi Dop Grana Padano Parmigiano Reggiano Gorgonzola Pecorino Romano Pecorino Toscano Pecorino Sardo Asiago Fontina Taleggio Quartirolo Montasio Mozzarella di Bufala Campana Var. % 05/04 -1,8% -3,3% -4,3% -9,0% -1,2% -6,5% 0,9% -2,4% -0,8% -1,4% -3,7% -3,4% 0,7% 1,9% Var.% 04/03 -1,2% -0,4% -1,8% -0,4% -0,7% -4,1% 1,0% -0,2% 0,7% -0,4% 0,8% 1,9% 0,7% 1,1% *i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità. Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Riguardo alle dinamiche dei prezzi medi annui è continuata nel 2005 (-3,3%) la flessione dei listini al consumo dei formaggi Dop già presente in forma lieve nel 2004 (-0,4%). Questa tendenza si inquadra nell’ambito di un calo delle quotazioni dei formaggi in generale sia nel 2005 (-1,8%) che nel 2004 (-1,2%). In effetti i soli marchi che si presentano in crescita nei due anni considerati sono la Moz- 92 zarella di Bufala Campana, il Pecorino Toscano e il Montasio. Tutte le altre denominazioni vedono nel 2005 un ribasso delle variazioni dei prezzi al consumo che già in gran parte si presentavano negative nel 2004. Ciò ha probabilmente favorito la ripresa dei consumi in quantitàdei formaggi Dop sopra descritta. Tra i cali più importanti spicca il Parmigiano Reggiano che nel 2005 mostra una diminuzione del listino al consumo del 9%, ma contrazioni cospicue si registrano anche nel Grana Padano (4,3%) nel Pecorino Romano (-6,5%) nel Taleggio (-3,7%) e Quartirolo (-3,4%). Tornando all’aggregato dei formaggi Dop si può notare una certa uniformità nella distribuzione dei consumi in valore sul territorio nazionale. In particolare il Nord Ovest (28,8%) e il Sud+Sicilia (28,2%) nel 2005 prevalgono leggermente sul Nord Est (22,1%) e il Centro+Sardegna (20,9%). Riguardo alle dinamiche delle vendite nel 2005 si registra una crescita degli acquisti in valore solo nel Nord Est (+1,5%), mentre le vendite calano soprattutto nel Nord Ovest (-4,3%) ma anche nel Sud+Sicilia (-2,3%) e nel Centro+Sardegna (-0,3%). Riguardo ai canali distributivi i Super e Ipermercati commercializzano il Tabella 5.8 - Gli acquisti domestici di formaggi DOP in Italia nel 2004 e 2005 Totale Italia Nord Ovest Nord Est Centro + Sardegna Sud + Sicilia Super+ipermercati Superette Discount Negozi tradizionali Negozi specializzati di cui Gastronomie Ambulanti/Mercato rionale Famiglie monocomponenti Famiglie con 2 componenti Famiglie con 3 componenti Famiglie con 4 componenti Famiglie con 5 o più componenti Responsabile acquisti fino a 34 anni Responsabile acquisti da 35 a 44 anni Responsabile acquisti da 45 a 54 anni Responsabile acquisti da 55 a 64 anni Responsabile acquisti oltre 64 anni Quantità (tonnellate) 2004 2005 Var. 05/04 169.573 172.407 1,7% 50.349 49.913 -0,9% 36.868 38.567 4,6% 32.897 34.142 3,8% 49.458 49.788 0,7% 105.621 107.646 1,9% 10.437 11.430 9,5% 15.903 16.294 2,5% 13.590 13.762 1,3% 11.959 11.386 -4,8% 151 135 -10,6% 9.408 8.793 -6,5% 16.548 18.589 12,3% 44.842 49.479 10,3% 42.574 41.907 -1,6% 42.805 42.882 0,2% 22.799 19.547 -14,3% 21.894 19.490 -11,0% 31.521 33.154 5,2% 35.030 34.801 -0,7% 34.979 37.149 6,2% 46.150 47.807 3,6% Valore (migliaia di euro) 2004 2005 Var. 05/04 1.653.239 1.625.908 -1,7% 488.571 467.462 -4,3% 353.350 358.798 1,5% 341.379 340.345 -0,3% 469.940 459.302 -2,3% 1.047.948 1.028.810 -1,8% 106.775 112.171 5,1% 122.038 121.183 -0,7% 140.726 139.934 -0,6% 121.895 114.360 -6,2% 1.654 1.632 -1,3% 87.836 80.391 -8,5% 169.783 187.088 10,2% 447.363 477.367 6,7% 415.552 393.278 -5,4% 404.779 391.099 -3,4% 215.764 177.077 -17,9% 209.047 180.609 -13,6% 306.538 311.114 1,5% 331.150 321.739 -2,8% 338.306 344.750 1,9% 468.197 467.692 -0,1% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. 93 63,3% dei formaggi Dop in valore, mentre i restanti canali non superano ciascuno la quota del 10% del mercato. In particolare i Negozi tradizionali veicolano l’8,6% degli acquisti monetari, i Discount il 7,5%, i Negozi specializzati il 7,0%, le Superette il 6,9% e gli ambulanti/mercati rionali il 4,9%. Riguardo alle variazioni della spesa monetaria nel 2005 per formaggi Dop si nota che i Super e Ipermercati registrano un calo (-1,8%) cosi come tutti gli altri canali con l’eccezione delle Superette che crescono in maniera abbastanza decisa (+5,1%). Le contrazioni più forti risultano tra gli ambulanti/mercati rionali (-8,5%) e i Negozi specializzati (-6,2%), mentre appaiono inferiori all’unità per Discount (-0,7%) e Negozi tradizionali (-0,6%). 5.3 I consumi domestici di prodotti a base di carne DOP-IGP Nel 2005 i consumi domestici di prodotti a base di carne Dop-Igp in Italia hanno superato i 430 milioni di euro per un ammontare in quantità di 24.848 tonnellate facendo registrare una crescita, sia in termini monetari (+6,8%) che reali (+4,2%). Come gia descritto, questo comparto ha invertito cosi la tendenza al ribasso che si era manifestata nel 2004 (-4,1% in valore, -3,2% in quantità) e nel 2003 (-1,9% in valore e -2,6% in quantità) e ha controbilanciato le perdite monetarie del comparto dei formaggi a marchio. L’andamento delle vendite in valore delle carni trasformate Dop-Igp, che rappresentano ancora solo il 12,8% dei salumi in generale, ha mostrato nel 2005 una crescita (+6,8%) superiore a quella delle carni trasformate nel complesso (+2,1%) dimostrando cosi le potenzialità ancora inespresse dei prodotti marchiati in questo comparto. Anche nei salumi a marchio si riscontra una forte concentrazione del mercato intorno a poche denominazioni leader. Considerando solo i primi due prodotti per consumi in valore (Prosciutto di Parma e San Daniele) si raggiunge quasi il 90% degli acquisti di carni trasformate Dop-Igp. Questi due salumi insieme hanno evidenziato nel 2005 una crescita (+9,1%) delle vendite superiore a quella delle carni trasformate Dop-Igp (+6,8%) nel complesso. In particolare il Prosciutto di Parma che costituisce il 65,6% del mercato dei salumi a marchio ha presentato nel 2005 una forte crescita delle vendite sia in termini monetari (+9,3%) che reali (+10,1%). Per questa denominazione, dunque, sembra interrotta la tendenza al ribasso della spesa monetaria registrata nel 2003 (-5,5%) e nel 2004 (-5,8%). Anche l’altro principale prosciutto, il San Daniele, che detiene una quota di mercato pari al 24% ha visto crescere nella stestessa misura nel 2005 le sue vendite sia in termini monetari che reali (+8,3%; +8,2%). Questo prodotto negli ultimi anni ha presentato un andamento altalenante dei consumi in valore, facendo registrare tassi di variazione degli acquisti positivi nel 2003 (+6,9%), negativi nel 94 2004 (-3,2%) e quindi di nuovo positivi nel 2005 (+8,3%). La Mortadella di Bologna rappresenta invece il 7,5% delle vendite di carni trasformate Dop-Igp e ha presentato nel 2005 una marcata contrazione nei consumi sia in termini monetari (-16,9%) che reali (-13,2%). In passato questo salume aveva invece presentato una sostanziale stabilità negli acquisti in valore (+1,3% nel 2003 e +0,7% nel 2004). Lo Speck dell’Alto Adige costituisce infine il 2,8% dei salumi a marchio e presenta nel 2005 tassi elevati di crescita delle vendite monetarie (+20,5%) e reali (+11,1%), sebbene legati a volumi ancora esigui. Prosegue dunque la forte crescita dei consumi in valore di questo salume che aveva fatto registrare variazioni decisamente positive sia nel 2003 (+13,3%) che nel 2004 (+17,7%). Tabella 5.9 - Gli acquisti domestici dei principali prodotti a base di carne DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005 Totale carni trasformate Dop-Igp Prosciutto di Parma Prosciutto San Daniele Mortadella Bologna Salame Brianza Speck dell'Alto Adige Quantità (tonnellate) 2004 2005 Var. % 05/04 23.855 24.848 4,2% 13.092 14.409 10,1% 4.567 4.940 8,2% 5.739 4.982 -13,2% 1 4 300,0% 459 510 11,1% Valore (migliaia di euro) 2004 2005 Var. % 05/04 402.956 430.539 6,8% 258.256 282.373 9,3% 95.632 103.542 8,3% 38.969 32.375 -16,9% 28 94 235,7% 10.074 12.144 20,5% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Riguardo alle variazioni dei prezzi medi annui al consumo, si registra una inversione di tendenza verso il rialzo per i listini dei salumi Dop-Igp che presentavano nel 2004 un tasso negativo (-0,9%), mentre nel 2005 le quotazioni crescono del 2,6%. Questa inversione di tendenza si ritrova anche, in forma più lieve, a livello dei salumi nel complesso (nel 2004 -0,3%; nel 2005 1,3%) ed appare come il risultato di movimenti differenti dei prezzi delle singole denominazioni. Escludendo il Salame Brianza che ha consumi limitatissimi, si può notare infatti che al lieve calo dei prezzi nei due anni del Parma (-0,7% nel 2005 ; -0,2% nel 2004) e a quello più sostenuto della Mortadella di Bologna (4,3% nel 2005 e -1,5% nel 2004) si contrappone la forte crescita dello Speck dell’Alto Adige sia nel 2005 (8,5%) che nel 2004 (4,6%). Il San Daniele invece nei due anni ha mostrato una sostanziale stabilità dei prezzi (0,1% nel 2005 e 0,8% nel 2004). Considerando di nuovo l’aggregato salumi Dop-Igp, si nota una certa uniformità delle vendite in valore sul territorio nazionale. In particolare il Nord Ovest (33,3%) e il Sud+Sicilia (25,8%) detengono le quote maggiori, mentre leggermente minori risultano quelle del Nord Est (22,3%) e del Centro+Sarde- 95 Tabella 5.10 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004 in Italia Carni trasformate Carni trasformate nel complesso Carni trasformate Dop-Igp Prosciutto di Parma Prosciutto San Daniele Mortadella Bologna Salame Brianza Speck dell'Alto Adige Var. % 05/04 1,3% 2,6% -0,7% 0,1% -4,3% -16,1% 8,5% Var.% 04/03 -0,3% -0,9% -0,2% 0,8% -1,5% 20,4% 4,6% *i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità. Fonte: Ismea/Ac Nielsen. gna (18,6%). Riguardo alle variazioni delle vendite monetarie nel 2005 si riscontrano tassi decisamente positivi in tutte le macroaree (Nord Ovest +9,4%; Nord Est +7,2%; Centro+Sardegna +8,7%) con l’eccezione del Sud+Sicilia (+2,2%) dove la crescità è stata più contenuta. Tabella 5.11 - Gli acquisti domestici di prodotti a base di carne DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005 Totale Italia Nord Ovest Nord Est Centro + Sardegna Sud + Sicilia Super+ipermercati Superette Discount Negozi tradizionali Negozi specializzati di cui Gastronomie Ambulanti/Mercato rionale Famiglie monocomponenti Famiglie con 2 componenti Famiglie con 3 componenti Famiglie con 4 componenti Famiglie con 5 o più componenti Responsabile acquisti fino a 34 anni Responsabile acquisti da 35 a 44 anni Responsabile acquisti da 45 a 54 anni Responsabile acquisti da 55 a 64 anni Responsabile acquisti oltre 64 anni Fonte: Ismea/Ac Nielsen. 96 Quantità (tonnellate) 2004 2005 Var. 05/04 23.855 24.848 4,2% 6.873 7.477 8,8% 5.262 5.689 8,1% 4.856 4.906 1,0% 6.863 6.776 -1,3% 16.871 17.111 1,4% 1.941 2.103 8,3% 1.068 1.261 18,1% 1.877 2.046 9,0% 1.492 1.751 17,4% 35 57 62,9% 448 430 -4,0% 2.632 3.504 33,1% 6.433 6.758 5,1% 5.782 6.036 4,4% 6.330 6.167 -2,6% 2.679 2.384 -11,0% 3.104 3.483 12,2% 5.192 5.023 -3,3% 4.673 4.814 3,0% 4.688 4.884 4,2% 6.200 6.646 7,2% Valore (migliaia di euro) 2004 2005 Var. 05/04 402.956 430.539 6,8% 130.981 143.340 9,4% 89.453 95.929 7,2% 73.699 80.074 8,7% 108.823 111.195 2,2% 273.543 287.936 5,3% 39.202 43.627 11,3% 12.174 14.172 16,4% 35.135 36.474 3,8% 32.436 38.746 19,5% 910 1.437 57,9% 8.466 7.994 -5,6% 45.586 66.594 46,1% 111.718 120.442 7,8% 100.415 104.283 3,9% 102.955 101.321 -1,6% 42.282 37.897 -10,4% 45.893 59.879 30,5% 86.800 83.515 -3,8% 79.287 83.947 5,9% 79.137 81.918 3,5% 111.839 121.280 8,4% Anche per i salumi Dop-Igp il canale di commercializzazione più importante è quello dei Super e Ipermercati che veicolano il 66,9% delle vendite in valore mentre gli altri canali si collocano a notevele distanza. Tra i principali le superette detengono una quota degli acquisti pari al 10,1%, i negozi specializzati al 9,0% e gli esercizi tradizionali all’8,5%. Per quanto riguarda le dinamiche delle vendite nel 2005 tutti i canali con l’eccezione degli ambulanti/mercati rionali (-5,6%) mostrano tassi di crescita positivi e di discreto livello. Il canale principale, quello dei Super e Ipermercati, fa registrare uno sviluppo discreto (+5,3%) ma inferiore a quello di altre forme di distribuzione quali i Negozi specializzati (+19,5%), i Discount (+16,4%) e le Superette (+11,3%), mentre gli esercizi tradizionali si fermano a +3,8%. Osservando il 2004 alla ricerca di tendenze strutturali si nota che solo i Discount (+7,6% nel 2004; +16,4% nel 2005) continuano a presentare nel 2005 elevati margini di crescita, controbilanciati dal perdurare delle difficoltà degli ambulanti/mercati rionali (-22,9% nel 2004 e -5,6% nel 2005). Tutti gli altri canali, invece, escludendo i negozi tradizionali che si sviluppano lievemente (+1,3% nel 2004; 3,8% nel 2005), presentano nel 2005 un’inversione di tendenza al rialzo rispetto alle contrazioni registrate nel 2004 (Super e Iper -3,9%, Superette 3,1%, negozi specializzati -10,8%). Infine nell’ambito dei negozi specializzati le gastronomie presentano in questo comparto gli incrementi più forti (+57,9%) dimostrandosi un valido canale sia pur di nicchia nel futuro della distribuzione di salumi Dop-Igp. 5.4 I consumi domestici di oli extravergini DOP-IGP Nel 2005 i consumi domestici di oli extravergine Dop-Igp in Italia si sono attestati sui 17 milioni di euro, corrispondenti ad un’ammontare in quantità di 2244 tonnellate. Questo comparto è caratterizzato da una forte variabilità dei consumi dovuta al non ancora avvenuto decollo di un settore in cui soltanto poche denominazioni hanno immesso sul mercato quantitativi accettabili di prodotto a marchio. In particolare nel 2005 i consumi domestici sono cresciuti del +48,5% in valore e del +36,6% in quantità. In passato invece questi alimenti avevano descritto dinamiche degli acquisti in valore negative nel 2004 (-11,5%) e positive nel 2003 (+19,4%). La crescita degli oli Dop-Igp in Italia nel 2005 (+48,5%) si contrappone alla lieve flessione degli extravergine nel complesso (-1,4%) senza tuttavia essere capace di influenzarne il mercato. Infatti analizzando il peso degli acquisti in valore degli oli marchiati su quello degli extravergini nel complesso si notano a partire dal 2002 valori limitati che oscillano intorno al 2% fino al 2004, per poi crescere al 2,8% nel 2005. Passando ad analizzare l’andamento dei listini si nota che il prezzo medio annuo degli oli extravergine Dop-Igp è cresciuto del +8,7% nel 2005 accentuando 97 l’incremento già registrato nel 2004 (+3,6%). Questo aumento sembra inquadrarsi (in misura anche più decisa) nella tendenza alla crescita delle quotazioni degli extravergine nel complesso, che hanno fatto segnare un +3,7% nel 2005 e un +2,1% nel 2004. Tabella 5.12 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004 in Italia Oli extra vergine Olio extravergine nel complesso Olio extravergine Dop-Igp Var. % 05/04 3,7% 8,7% Var.% 04/03 2,1% 3,6% *i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità. Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Tabella 5.13 - Gli acquisti domestici di oli extra vergini DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005 Totale Italia Nord Ovest Nord Est Centro + Sardegna Sud + Sicilia Super+ipermercati Superette Discount Negozi tradizionali Negozi specializzati di cui Gastronomie Ambulanti/Mercato rionale Famiglie monocomponenti Famiglie con 2 componenti Famiglie con 3 componenti Famiglie con 4 componenti Famiglie con 5 o più componenti Responsabile acquisti fino a 34 anni Responsabile acquisti da 35 a 44 anni Responsabile acquisti da 45 a 54 anni Responsabile acquisti da 55 a 64 anni Responsabile acquisti oltre 64 anni Quantità (tonnellate) 2004 2005 Var. 05/04 1642 2244 36,6% 405 756 86,7% 1066 1008 -5,5% 125 423 237,2% 45 59 30,6% 1398 1914 37,0% 75 102 35,4% 82 167 102,2% 86 40 -53,2% n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 1 n.d. 284 409 44,2% 743 970 30,6% 366 532 45,3% 199 248 24,9% 49 85 72,2% 125 240 92,6% 260 256 -1,8% 289 346 19,6% 420 491 16,8% 551 912 65,7% Valore (migliaia di euro) 2004 2005 Var. 05/04 11.911 17.686 48,5% 4.020 8.131 102,3% 6.029 6.486 7,6% 1.426 2.719 90,7% 435 347 -20,2% 10.730 15.721 46,5% 255 646 153,3% 378 888 134,9% 537 236 -56,1% n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 39 n.d. 2.297 3.994 73,9% 5.245 6.766 29,0% 2.372 4.417 86,2% 1.550 1.749 12,8% 444 759 70,9% 935 2.319 148,0% 1.966 1.984 0,9% 2.363 3.216 36,1% 2.517 3.751 49,0% 4.126 6.419 55,6% Fonte: Ismea/Ac Nielsen. Riguardo alla distribuzione degli acquisti monetari tra le varie aree geografiche si osserva una maggiore concentrazione dei consumi nel settentrione d’Italia differentemente da quanto avveniva negli altri comparti Dop-Igp caratterizzati da una certa omogeneità territoriale della spesa. 98 Nel Nord Ovest (46,0%) e nel Nord Est (36,7%) si effettua l’ 82,7% degli acquisti monetari di oli marchiati, mentre il Centro+Sardegna (15,4%) e il Sud+Sicilia (2,0%) si suddividono la restante quota. Riguardo alle dinamiche delle vendite monetarie nel 2005 nelle quattro macroaree si nota una decisa crescita nel Nord Ovest (+102,3%) e nel Centro+Sardegna (+90,7%), un lieve sviluppo nel Nord Est (+7,6%) e un forte calo nel Sud+Sicilia (-20,2%). Per quanto concerne i canali distributivi di questo comparto un ruolo dominante è da attribuire ai Super e Ipermercati che commercializzano l’88,9% degli oli a marchio in valore, mentre negli altri comparti Dop-Igp (formaggi 63,3% e salumi 66,9%) l’incidenza risulta decisamente minore. Gli oli a denominazione trovano nella GDO uno sbocco preferito per la sua capacità sia di contenere i prezzi più alti sia di tutelare l’immagine del prodotto con un’adeguata esposizione. Tra le altre forme di distribuzione, a distanza si collocano i Discount (5,0%), le Superette (3,7%) e i negozi tradizionali (1,3%) con quote di mercato molto limitate. Per quanto concerne le variazioni nel 2005 degli acquisti monetari si nota una crescita per i Super e Ipermercati(+46,5%) cosi come per le Superette (+153,3%) e i Discount (+134,9%) mentre i negozi tradizionali subiscono un calo delle vendite (-56,1%). 49) Occorre però ricordare che i prodotti a base di carne a marchio comunitario monitorati dal Panel Ismea/ACNielsen sono soltanto pochi anche se tra di essi rientrano quelli che hanno un forte peso sul totale del mercato. 99 6. Le politiche e le denominazioni tutelate in alcuni paesi europei I l presente capitolo si sofferma ad analizzare le politiche adottate per i prodotti a marchio comunitario in alcuni Paesi europei e l’andamento del mercato negli stessi. In particolare, la ricerca rappresenta, da un lato, l’aggiornamento dei dati economici presentati nella precedente pubblicazione relativamente a Spagna e Francia e dall’altro, l’estensione della stessa indagine ad altri 4 nuovi Paesi. Quest’ultimi sono Germania, Gran Bretagna, Austria e Olanda. 6.1 La Spagna48 6.1.1 Il mercato delle DOP e IGP La Spagna alla fine di giugno 2006 vantava un totale di 99 denominazioni tutelate a livello comunitario. Di queste 55 sono DOP, 41 IGP e 3 STG. In poco meno di un anno49, alle denominazioni esistenti se ne sono aggiunte 7 e in futuro il numero delle denominazione crescerà ulteriormente considerando che risultano avviate le procedure per ottenere il riconoscimento di altri 26 prodotti, tra cui 5 oli di oliva, 4 formaggi e altrettanti tipi di frutta. I prodotti ortofrutticoli, i cereali e i legumi, rappresentati da 29 registrazioni, costituiscono la categoria merceologica più numerosa, seguita da quella dei for- Figura 6.1 - Le DOP, IGP e STG spagnole per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni) Prodotti della panetteria 6 Prodotti a base di carne 10 Altri 6 Ortofrutticoli e cereali 29 Carni fresche 13 Oli di oliva 16 Fonte: Elaborazione Ismea su dati UE. 100 Formaggi 19 maggi con 19 denominazioni. Il riconoscimento di 3 nuove denominazioni ha portato a 16 le DOP relative agli oli di oliva, mentre, con l’iscrizione di un nuovo prodotto della salumeria, i prodotti a base di carne contano 10 riconoscimenti. Il paniere della Spagna è completato da 13 denominazioni relative a carni fresche, 6 prodotti della pasticceria ed altrettanti prodotti di diversa natura, quali spezie, miele e bevande. Dal 1999 al 2004 le denominazioni di origine - comprese quelle in attesa del riconoscimento comunitario - sono quasi raddoppiate, passando da 58 a complessive 126. Nello stesso periodo il fatturato franco azienda è salito da 355 a 629 milioni di euro con un tasso di incremento annuo pari mediamente al 10%. Figura 6.2 - Il fatturato alla produzione e l’evoluzione dei riconoscimenti dei prodotti DOP e IGP in Spagna dal 1999 al 2004 (dati in milioni di euro e n° denominazioni, relativi anche a Dop e Igp in attesa di riconoscimento) 700 600 500 400 452 355 79 300 200 501 88 542 628 629 121 126 101 120 100 80 60 58 40 100 0 140 20 1999 2000 2001 2002 Fatturato alla produzione 2003 2004 0 Denominazioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. Tabella 6.1 - Fatturato alla produzione delle DOP e IGP in Spagna - 2002-2004 (dati in milioni di euro) Formaggi Carne fresca Prodotti a base di carne Prodotti della panetteria Frutta Olio di oliva Ortaggi, legumi e cerali Altri Totale 2002 109,40 90,08 62,59 83,63 55,19 55,47 57,88 4,25 518,49 Peso % 21,1% 17,4% 12,1% 16,1% 10,6% 10,7% 11,2% 0,8% 100,0% 2003 133,77 102,12 81,10 109,07 64,52 47,35 51,07 3,83 592,83 Peso % 22,6% 17,2% 13,7% 18,4% 10,9% 8,0% 8,6% 0,6% 100,0% 2004 131,85 109,97 98,88 81,34 66,81 65,89 44,24 6,38 605,36 Peso % 21,8% 18,2% 16,3% 13,4% 11,0% 10,9% 7,3% 1,1% 100,0% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. 101 Dai dati pubblicati dal Ministero spagnolo dell’agricoltura50 si evince che, nel 2004, il mercato dei prodotti con riconoscimento comunitario ha sviluppato fatturato alla produzione di 605 milioni di euro (questa volta riferito ai soli prodotti già riconosciuti), di cui circa 81 milioni - pari al 13% del fatturato totale - dovuto alla vendita sui mercati esteri. Sul totale del fatturato alla produzione, i formaggi (132 milioni di euro nel 2004) hanno il peso più elevato, pari al 22%. La quota delle carni fresche, che ha conosciuto negli ultimi anni un sensibile aumento, si aggira intorno al 18%, corrispondente a circa 110 milioni di euro, mentre quella dei prodotti a base di carne anch’essa in crescita rispetto ai due anni precedenti - è pari al 16% (99 milioni di euro). I prodotti della pasticceria, con un fatturato di 81 milioni di euro, rappresentano il 13% dell’economia del circuito tutelato; seguono la frutta e gli oli di oliva, rispettivamente l’11%, corrispondenti ad un fatturato alla produzione compreso tra i 66,8 e i 65,9 milioni di euro. Al contrario si è ridotta l’incidenza degli ortaggi (7%). Il mercato delle DOP e IGP in Spagna, seppure non sia così sviluppato come quello consolidatosi in Italia o in Francia, si è caratterizzato negli ultimi anni per un notevole dinamismo, come dimostra l’evoluzione del numero di denominazioni riconosciute, dei volumi dei prodotti certificati e del relativo fatturato all’origine. A fronte di un aumento del 2% del fatturato dell’intera produzione DOP e IGP, il valore delle esportazioni nel 2004 è cresciuto del 4% rispetto all’anno precedente. Tabella 6.2 - Le esportazioni delle DOP e IGP spagnole - 2002-2004 (dati in milioni di euro) Formaggi Carne fresca Prodotti a base di carne Prodotti della panetteria Frutta Olio di oliva Ortaggi, legumi e cereali Altri Totale generale 2002 22,21 0,45 0,43 9,83 21,50 16,03 1,12 0,18 71,75 Peso % 31,0% 0,6% 0,6% 13,7% 30,0% 22,3% 1,6% 0,3% 100,0% 2003 28,85 0,56 1,07 12,90 27,50 6,37 0,51 0,18 77,94 Peso % 37,0% 0,7% 1,4% 16,6% 35,3% 8,2% 0,7% 0,2% 100,0% 2004 30,77 0,59 1,43 8,25 28,43 10,69 0,63 0,17 80,96 Peso % 38,0% 0,7% 1,8% 10,2% 35,1% 13,2% 0,8% 0,2% 100,0% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. Tra le differenti categorie merceologiche, i prodotti che incidono maggiormente sul totale dell’export sono i formaggi, gli oli di oliva, e la frutta fresca: complessivamente tali prodotti rappresentano l’86% del fatturato all’export dei prodotti DOP e IGP. Invece, i prodotti il cui peso dell’export risulta più elevato sul valore della produzione sono la frutta fresca, per la quale le esportazioni rappresentano il 42% del fatturato all’origine, e gli oli di oliva (23%). 102 6.1.2 I formaggi Negli ultimi anni i volumi commercializzati con il marchio di origine sono cresciuti sia per l’aumento del numero delle denominazioni registrate sia per la crescita produttiva delle DOP già riconosciute. Figura 6.3 - La destinazione della produzione dei formaggi DOP e IGP in Spagna dal 1999 al 2004 (dati in tonnellate) 16.000 13.349,0 14.000 12.000 10.000 9.449,6 10.918,1 12.936,0 11.645,2 10.667,3 10.807,2 8.000 6.000 4.000 2.000 0 1.253,5 1998 2.243,2 1.776,9 1999 2000 Mercato interno 2.425,4 2001 2.720,2 2002 3.371,0 2003 3.518,0 2004 Esportazioni Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. Rispetto al 1999, durante il quale erano state commercializzate 12.700 tonnellate a marchio DOP, si rileva un aumento produttivo del 30%, mentre i flussi verso i mercati esteri nello stesso arco di tempo, sono più che raddoppiati. Nel 2004, la produzione di formaggi a marchio DOP è stata di 16.445 tonnellate, pari a poco più del 5% della produzione totale del Paese, che nello stesso anno si è attestata sulle 304 mila tonnellate. Complessivamente i volumi certificati nel 2004 registrano una contrazione dell’1,6% che è in larga misura legata al calo del Queso Manchego (-10%) il quale concentra il 44% della produzione e la metà del fatturato dell’intero comparto dei formaggi DOP e IGP. Il calo produttivo del 2004 è seguito alla sensibile crescita evidenziatasi nel 2003 che aveva interessato la gran parte delle denominazioni. Il 60% dei volumi a marchio di origine è costituito da 6 DOP ottenute da latte ovino, le quali hanno raggiunto un fatturato di 95 milioni di euro, pari ad oltre il 70% dell’intero valore delle produzioni certificate. Le DOP ovine rappresentano inoltre in quantità un quarto della produzione nazionale di formaggi da latte ovino, pari a 37 mila tonnellate. Il peso delle quattro DOP di latte vaccino sulla produzione spagnola di que- 103 Tabella 6.3 - La produzione dei formaggi DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate) Queso Manchego Idiazabal Roncal Queso Zamorano Torta del Casar Queso de La Serena Formaggi di latte ovino DOP Mahon Queso Tetilla Queso de Cantabria Queso d l’Alt Urgell Formaggi di latte vaccino DOP Queso Majorero Queso de Murcia al vino Queso de Murcia Queso Ibores Queso Palmero Formaggi di latte caprino DOP Cabrales Picon Bejes-Tresviso Quesucos de Liebana Queso de Valdeon Formaggi misti DOP e IGP* Totale formaggi DOP e IGP 2002 6.408 1.090 491 302 158 175 8.625 2.224 1.819 285 168 4.496 337 203 14 86 6 647 516 35 48 0 598 14.365 2003 8.095 1.223 459 281 236 186 10.480 2.198 2.110 275 170 4.753 342 261 16 97 15 731 520 25 94 116 755 16.719 2004 7.276 1.298 437 313 290 190 9.804 2.256 2.520 293 165 5.234 232 306 14 103 22 677 486 27 134 83 730 16.445 Var. % 04/03 -10,1% 6,1% -4,8% 11,4% 22,9% 2,2% -6,5% 2,6% 19,4% 6,5% -2,9% 10,1% -32,2% 17,2% -12,5% 6,2% 46,7% -7,4% -6,5% 8,0% 42,6% -28,4% -3,3% -1,6% *soltanto la denominazione Queso de Valdeon è registrata come IGP, le altre sono tutte DOP. Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. sti tipi di formaggio (130 mila tonnellate) è invece notevolmente inferiore, attestandosi attorno al 4%. Nell’ambito dei circuiti tutelati esse rappresentano il 30% in volume, a cui corrisponde un fatturato di 26,7 milioni di euro (20% del totale). La rimanente quota (1.400 tonnellate) si ripartisce pressoché ugualmente tra i formaggi di latte caprino e quelli misti, rappresentativi di circa l’1% della relativa produzione nazionale. Al contrario della produzione, le esportazioni nel 2004 hanno continuato a crescere attestandosi sulle 3.500 tonnellate (+4,3%), di cui 2.700 costituite dal solo Queso Manchego. Anche se è questa DOP a rappresentare in termini assoluti gran parte del flusso delle esportazioni, l’orientamento verso i mercati esteri interessa in realtà gran parte delle denominazioni. 104 Tabella 6.4 - Il fatturato alla produzione dei formaggi DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in milioni di euro) Queso Manchego Idiazabal Roncal Queso Zamorano Torta del Casar Queso de La Serena Formaggi di latte ovino DOP Mahon Queso Tetilla Queso de Cantabria Queso d l’Alt Urgell Formaggi di latte vaccino DOP Queso Majorero Queso de Murcia al vino Queso de Murcia Queso Ibores Queso Palmero Formaggi di latte caprino DOP Cabrales Picon Bejes-Tresviso Quesucos de Liebana Queso de Valdeon Formaggi misti DOP e IGP Totale formaggi DOP e IGP 2002 53,89 11,99 4,67 3,00 2,40 1,84 77,79 12,77 7,97 1,27 0,96 22,96 1,82 1,64 0,12 0,67 0,04 4,29 3,66 0,36 0,32 n.d. 4,34 109,39 2003 72,86 13,76 4,68 2,86 3,59 1,95 99,70 12,61 9,24 1,20 0,97 24,02 1,85 2,04 0,14 0,85 0,11 4,99 3,75 0,20 0,62 0,49 5,06 133,77 2004 65,48 14,93 4,46 3,25 4,61 2,09 94,82 13,40 11,04 1,31 0,95 26,70 1,25 2,45 0,13 0,81 0,16 4,80 3,88 0,22 0,91 0,51 5,52 131,84 Var. % 04/03 -10,1% 8,5% -4,7% 13,6% 28,4% 7,2% -4,9% 6,3% 19,5% 9,2% -2,1% 11,2% -32,4% 20,1% -7,1% -4,7% 45,5% -3,8% 3,5% 10,0% 46,8% 4,1% 9,1% -1,4% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. 6.1.3 Le carni fresche e i prodotti a base di carne Rispetto agli altri comparti merceologici, le denominazioni relative a carni fresche e ai prodotti a base di carne hanno conosciuto negli ultimi anni lo sviluppo più sostenuto in termini di volumi commercializzati e di fatturato. Relativamente alle carni fresche, le 9 IGP di carni bovine, sulle 13 denominazioni fino ad oggi riconosciute, hanno registrato nel 2004 un incremento in volume del 30% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di oltre 28 mila tonnellate. Il notevole incremento è legato in particolare alla commercializzazione di quantitativi certificati di alcune carni per le quali in precedenza non si era utilizzato il marchio IGP. E’ il caso ad esempio della Carne Vacuno de Pais Vasco, prodotta nella comunità autonoma dei Paesi Baschi, che al primo anno di certificazione ha occupato, con oltre 4.400 tonnellate, una quota di mercato 105 inferiore solo a quella della Ternera de Gallega. La produzione di quest’ultima denominazione, la prima per volumi produttivi, nello stesso anno è aumentata dell’8,6% attestandosi a 14.540 tonnellate. Le ampie potenzialità di sviluppo, rispetto ai volumi effettivamente marchiati negli anni precedenti, sono state in parte sfruttate anche da alcune IGP minori, come la Ternera Asturiana, i cui volumi sono cresciuti del 37% (per un totale di 3.720 tonnellate) e la Carne de Extremadura (+95%). Le tre IGP relative a carni di agnello diversamente hanno accusato una contrazione in volume pari al 2,7% a cui tuttavia è corrisposta una tenuta in termini di fatturato che si è attestato sui 14,5 milioni di euro. La principale IGP per volumi produttivi è il Ternasco de Aragon il cui fatturato alla produzione nel 2004 è sceso a 6,9 milioni di euro (-8,1%) a causa della diminuzione dei volumi marchiati. Nel 2004 si è assistito invece alla notevole crescita dell’IGP Cordero Manchego, rispetto ai volumi a marchio commercializzati nei due anni precedenti. Tabella 6.5 - Produzione e fatturato alla produzione delle carni fresche IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro) Ternera Gallega Ternera Asturiana Ternera de Navarra Carne de la Sierra de Guadarrama Carne de Avila Carne de Morucha de Salamanca Carne de Exteremadura Carne de Cantabria Carne de Vacuno del Pais Totale carni bovine IGP Ternasco de Aragon Lechazo de Castilla y Leon Cordero Manchego Totale carni ovine IGP Polo y Capon del Prat Totale carni fresche IGP 2002 10.979 3.425 2.198 1.853 645 276 19 0 0 19.395 1.335 477 442 2.254 10 21.659 Produzione 2003 13.386 2.717 2.473 1.852 662 261 374 0 0 21.725 1.252 531 588 2.371 24 24.120 2004 14.540 3.722 2.370 1.714 682 295 727 71 4.426 28.547 1.046 532 729 2.307 30 30.884 Var. % 2004/2003 8,6% 37,0% -4,2% -7,5% 3,0% 13,0% 94,4% 31,4% -16,5% 0,2% 24,0% -2,7% 25,0% 28,0% Fatturato alla produzione 2002 2003 2004 44,47 56,22 59,61 16,65 13,07 17,20 7,56 8,63 8,08 6,24 6,11 5,14 1,9 1,91 1,92 0,83 0,76 0,86 0,06 1,13 2,16 0 0 0,28 0 0 n.d. 77,71 87,83 95,25 6,67 7,51 6,90 2,86 3,35 3,36 2,79 3,27 4,25 12,32 14,13 14,51 0,05 0,16 0,23 90,08 102,12 109,99 Var. % 2004/2003 6,0% 31,6% -6,4% -15,9% 0,5% 13,2% 91,2% 8,4% -8,1% 0,3% 30,0% 2,7% 43,8% 7,7% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. Riguardo ai prodotti a base di carne, i prosciutti e le spalle stagionate rappresentano la quota più rilevante del mercato: nel 2004, il valore alla produzione si è attestato a 94,45 milioni di euro, in aumento del 51% rispetto all’anno precedente. In volume il numero dei pezzi marchiati, pari 916 mila, è cresciuto invece del 42,6%. 106 Nel 2004 alle quattro DOP già esistenti si è aggiunta l’IGP Jamon de Trevelez, di cui nello stesso anno sono stati commercializzati 63.700 pezzi. La DOP più importante è il Jamon de Teruel del quale sono stati commercializzati 380 mila pezzi, l’11% in più rispetto al 2003. La produzione di Guijelo, che si è attestata sui 256 mila prosciutti marchiati, è invece cresciuta di oltre 110 mila pezzi, realizzando un aumento del 78,5%. Solo nel 2002 la produzione certificata di questa DOP si aggirava a poco più di 83 mila pezzi, corrispondenti a meno del 12% del potenziale delle aziende del circuito. Il Jamon de Huelva è la denominazione che in termini relativi ha conosciuto la crescita più consistente: la produzione a marchio di origine è infatti raddoppiata, mentre il fatturato è passato da 6,4 a circa 17 milioni di euro. La DOP Dehesa de Extremadura, con un incremento del 6,5% in quantità (pari a 120 mila pezzi), ha confermato infine la tendenza già mostrata nei due anni precedenti. Tabella 6.6 - Produzione e fatturato alla produzione dei prosciutti DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in n°pezzi, milioni di euro) Jamón de Teruel Guijuelo Dehesa de Extremadura Jamón de Huelva Jamoòn de Trevelez Totale prosciutti DOP e IGP 2002 293.242 83.625 107.053 59.851 0 543.771 Produzione 2003 341.678 143.456 112.650 45.326 0 643.110 2004 379.832 256.081 119.966 97.225 63.720 916.824 Var. % 2004/2003 11,2% 78,5% 6,5% 114,5% 42,6% Fatturato alla produzione 2002 2003 2004 17,62 20,53 22,82 11,32 16,74 30,90 14,35 18,94 20,38 6,20 6,38 16,98 0 0 3,37 49,49 62,59 94,45 Var. % 2004/2003 11,2% 84,6% 7,6% 166,1% 50,9% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. Il paniere spagnolo dei prodotti tipici a base di carne è completato da 5 prodotti IGP, tre dei quali si riferiscono a insaccati di carni suine e i rimanenti a preparati stagionati o affumicati ottenuti rispettivamente da carne suina (Lacon Gallego) e bovina (Cecina de Leon). Tabella 6.7 - Produzione e fatturato alla produzione dei prodotti a base di carne IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro) 2002 Sobrasada de Mallorca 2.641 Cecina de León 169 Salchichón de Vic o Llonganissa de Vic 103 Botillo del Bierzo 247 Lacón Gallego 24 Totale preparati a base di carne IGP 3.182,4 Produzione 2003 2.415 418 128 231 32 3.224 2004 2.494 472 124 250 18 3.358 Var. % 2004/2003 3,3% 12,9% -3,1% 8,2% -43,8% 4,2% Fatturato alla produzione 2002 2003 2004 8,79 8,55 9,08 2,03 7,31 8,50 1,47 1,82 1,77 0,72 0,69 0,80 0,09 0,13 0,08 13,10 18,50 20,23 Var. % 2004/2003 6,2% 16,3% -2,7% 15,9% -38,5% 9,4% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. 107 Nello stesso anno il valore alla produzione di questi prodotti è cresciuto del 9,4% raggiungendo i 20,2 milioni di euro. Tra tutte le denominazioni la principale è la Sobrasada de Mallorca, con una produzione pari a 2.494 tonnellate e un giro di affari alla produzione di 9,1 milioni di euro, corrispondente a circa tre quarti del fatturato alla produzione dei salumi IGP (esclusi i prosciutti). 6.1.4 Gli oli di oliva In Spagna i comprensori di produzione delle DOP di oli di oliva vantano un potenziale produttivo di oltre 310 mila ettari, su una superficie totale di 2,2 milioni di ettari, che tuttavia solo parzialmente sono dedicati alla produzione di oli commercializzati con il marchio di origine. Complessivamente nel 2004 sono state distribuite 19 mila tonnellate di olio d’oliva con il marchio DOP relativo a 13 denominazioni registrate. Rispetto alla produzione totale di olio di oliva della Spagna, che nel 2004 è stata di 950 mila tonnellate, la produzione tutelata ha rappresentato quindi una quota pari al 2%. Figura 6.4 - La produzione degli oli di oliva DOP in Spagna dal 1999 al 2004 (dati in tonnellate) 18.000 16.000 14.000 12.000 10.000 8.000 6.000 4.000 2.000 0 16.054 12.658 12.020 10.612 10.640 8.421 5.742 4.084 2.767 1.646 1999 2000 2001 Esportazioni 1.906 2002 2003 2.895 2004 Mercato interno Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. I quantitativi certificati hanno registrato un aumento del 30% (+4.380 tonnellate) che è seguito al sensibile calo subito nel 2003 da alcune delle principali denominazioni. Il crollo accusato dai quantitativi certificati della DOP Les Garrigues, non pienamente recuperato nel 2004, ha determinato una ridistribuzione delle quote di mercato a favore di altre denominazioni quali Siurana, Baena e Sierra de Cazorla. Queste rappresentano il 43% dei quantitativi DOP e circa il 48% del fatturato al- 108 Tabella 6.8 - Produzione e fatturato alla produzione degli oli di oliva DOP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro) Siurana Baena Sierra de Cazorla Sierra Mágina Les Garrigues Priego de Córdoba Montes de Granada Aceite del Bajo Aragón Montes de Toledo Sierra de Segura Aceite de Terra/Oli de Terra Alta Sierra de Cádiz Aceite de Mallorca Antequera Aceite de La Rioja Totale oli di oliva DOP 2002 2.740 2.846 750 1.700 5.020 1.606 0 950 1.114 645 313 78 0 0 0 17.762 Produzione 2003 2571 2628 1500 1616 941 1580 0 1200 600 610 709 609 0 0 0 14.564 2004 3.233 2.945 2.000 1.833 1.624 1.601 1.596 1.500 750 720 635 491 21 0 0 18.949 Var. % 2004/2003 25,7% 12,1% 33,3% 13,4% 72,6% 1,3% 25,0% 25,0% 18,0% -10,4% -19,4% 30,1% Fatturato alla produzione 2002 2003 2004 12,03 10,66 14,11 9,76 10,04 12,40 1,80 3,60 4,80 3,72 4,85 5,60 14,99 3,91 6,74 4,19 4,74 6,40 0,00 0,00 4,39 3,14 3,63 5,07 3,06 1,98 2,63 1,55 n.d. n.d. 0,88 2,06 2,03 0,35 1,83 1,47 0,00 0,00 0,24 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 55,47 47,30 65,88 Var. % 2004/2003 32,4% 23,5% 33,3% 15,5% 72,4% 35,0% 39,7% 32,8% -1,5% -19,7% 39,3% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. l’origine, passato da 47,3 a poco meno di 66 milioni di euro (+39%). Nel 2004 i volumi destinati ai mercati esteri hanno rappresentato il 15% della produzione certificata. Fino al 2002 l’aumento della produzione era stata accompagnata da un sensibile incremento delle esportazioni, arrivate a rappresentare fino al 30% della produzione a marchio. Nel biennio successivo si è verificata una battuta di arresto, con una riduzione dell’export a 2.900 tonnellate, che è dovuta però esclusivamente al calo dei quantitativi certificati della DOP Les Garrigues. 6.1.5 Gli ortofrutticoli e i cereali Il circuito delle DOP e IGP nel settore ortofrutticolo della Spagna è per volumi produttivi e fatturato uno dei più sviluppati in ambito comunitario. Nel 2004 il giro di affari alla produzione risultava complessivamente di circa 110 milioni di euro, di cui 67 milioni attribuibili al solo comparto della frutta fresca. La produzione di frutta commercializzata con il marchio comunitario è aumentata del 6,4%, attestandosi intorno alle 83 mila tonnellate, mentre il fatturato è cresciuto del 3,5%. Le DOP più importanti sono la Nisperos de Callosa (nespola), il cui valore al- 109 l’origine è stimato in 20,6 milioni di euro (+11,5%) e la Manzana de Girona (mela), che ha fatturato 17,3 milioni di euro (-0,9%). Nello stesso anno, soltanto per due delle 11 denominazioni riconosciute, non è stato commercializzato alcun quantitativo con il marchio di origine. Tabella 6.9 - Produzione e fatturato alla produzione della frutta DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro) Tipo Produzione Var. % di prodotto 2002 2003 2004 2004/2003 Nísperos Callosa d’En Sarriá (DOP) Nespola 14.102 12.341 17.634 42,9% Manzana de Girona (IGP) Mela 19.500 34.200 32.600 -4,7% Kaki Ribera del Xuquer (DOP) Cachi 1.879 6.815 6.159 -9,6% Uva embolsada "Vinalopó" (DOP) Uva 13.759 13.082 12.647 -3,3% Cítricos Valencianos (IGP) Agrumi 3.868 5.848 8.883 51,9% Melocotón de Calanda (DOP) Pesca 4.319 3.635 3.070 -15,5% Peras de Rincón de Soto (DOP) Pera 0 800 1.100 37,5% Cerezas de la Montaña de Alicante (IGP) Ciliegia 1.179 1.004 605 -39,7% Manzana Reineta del Bierzo (DOP) Mela 560 121 162 33,9% Clementinas de las Tierras del Ebro (IGP) Clementina 0 0 0 Pera de Jumilla (DOP) Pera 0 0 0 Totale Frutta DOP e IGP 59.166 77.846 82.860 6,4% Fatturato alla produzione Var. % 2002 2003 2004 2004/2003 15,52 18,51 20,63 11,5% 9,36 17,44 17,28 -0,9% 2,26 7,5 7,08 -5,6% 13,45 5,76 6,45 12,0% 1,99 3,87 6,32 63,3% 4,66 7,27 6,14 -15,5% 0,00 0,88 1,32 50,0% 3,99 3,21 1,47 -54,2% 0,42 0,08 0,12 50,0% 0 0 0 0 0 0 51,65 64,52 66,81 3,5% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. Il biennio 2003-2004 si è caratterizzato per una decisa ripresa della produzione sottoposta a certificazione. Nei due anni precedenti infatti, nonostante l’aumento delle denominazioni riconosciute, la crescita dei quantitativi a marchio aveva accusato una battuta di arresto, dovuta alle difficoltà di molte filiere ad implementare il sistema di certificazione imposto dal regime comunitario. Sul mercato della frutta DOP e IGP le esportazioni hanno un’incidenza superiore a quella di qualsiasi altro comparto, pari al 37% dell’intera produzione a marchio. Per alcune denominazioni i volumi destinati direttamente ai mercati esteri sono addirittura superiori a quelli distribuiti sul territorio nazionale come nel caso delle DOP Nisperos Callosa e Kaki Ribera del Xuquer e dell’IGP Citricos Valencianos. La produzione di ortaggi, cereali e legumi DOP e IGP nel 2004 si è attestata sulle 29.920 tonnellate per un valore all’origine di 44,3 milioni di euro. Rispetto all’anno precedente si registra un calo del fatturato complessivo del 13,4% che si è distribuito equamente tra tutte le tre categorie merceologiche. Per i soli ortaggi il valore all’origine, pari a 31,2 milioni di euro è diminui- 110 Tabella 6.10 - Produzione e fatturato alla produzione degli ortaggi DOP e IGP in Spagna dal 2003 al 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro) Espárrago de Navarra (IGP) Berenjena de Almagro (IGP) Chufa de Valencia (DOP) Pimientos del Piquillo de Lodosa (DOP) Alcachofa de Tudela (IGP) Alcachofa de Benicarló (DOP) Pimiento Asado del Bierzo (IGP) Espárrago de Huétor-Tájar (IGP) Calçot de Valls (IGP) Pimiento Riojano (IGP) Totale ortaggi DOP e IGP Arroz del Delta del Ebro (IGP) Arroz de Valencia (DOP) Calasparra (DOP) Totale cereali DOP e IGP Faba Astruriana (IGP) Judías de El Barco de Ávila (IGP) Lenteja de La Armuña (IGP) Totale legumi IGP Totale ortaggi, legumi e cereali DOP e IGP Tipo di prodotto Asparago Melanzana Nocciola Peperone Carciofo Carciofo Peperone Asparago Cipolla Peperone Riso Riso Riso Fava Fagiolo Lenticchia Produzione 2003 2004 4.874 3.279 1.091 1.342 3.935 3.046 1.035 1.041 247 483 1.302 1.494 36 91 172 142 315 273 0 234 13.007 11.425 13056 13014 3521 3758 1380 1347 17.957 18.119 75 67 52 74 400 235 527 376 31.491 29.920 Var. % 2004/2003 -32,7% 23,0% -22,6% 0,6% 95,5% 14,7% 152,8% -17,4% -13,3% -12,2% -0,3% 6,7% -2,4% 0,9% -10,7% 42,3% -41,3% -28,7% -5,0% Fatturato alla produzione Var. % 2003 2004 2004/2003 21,93 13,07 -40,4% 3,14 5,23 66,6% 5,90 5,21 -11,7% 3,11 3,12 0,3% 0,94 1,64 74,5% 1,02 1,02 0,0% 0,22 0,57 159,1% 0,72 0,56 -22,2% 0,50 0,43 -14,0% 0,00 0,31 37,48 31,16 -16,9% 6,27 6,12 -2,4% 3,78 3,74 -1,1% 1,79 1,68 -6,1% 11,84 11,54 -2,5% 0,75 0,68 -9,3% 0,29 0,44 51,7% 0,72 0,42 -41,7% 1,76 1,54 -12,5% 51,08 44,24 -13,4% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de Calidad Diferenciada. to del 17% a causa principalmente della forte contrazione dei quantitativi certificati della DOP Esparrago de Navarra che concentra quasi il 60% dell’intero fatturato. 6.2 La Francia51 6.2.1 Il mercato delle DOP e IGP in Francia Il paniere dei prodotti tipici della Francia, a fine luglio 2006, contava 148 denominazioni riconosciute a livello comunitario. Di queste, 69 sono state registrate come DOP, mentre, allo stato attuale non figurano tra i prodotti tutelati denominazioni riconosciute come STG. Il comparto merceologico maggiormente rappresentato è quello delle carni 111 Figura 6.5 - Le DOP e IGP francesi per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni) Prodotti a base di carne 4 Ortofrutticoli e cereali 22 Oli di oliva 5 Carni fresche 50 Altri 24 Formaggi 43 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ue. fresche di cui, in assoluto, il Paese detiene il primato comunitario per numero di registrazioni; tale comparto somma 50 denominazioni (il 50% del totale), di cui la maggior parte registrate come IGP e ben 40 relative a carni avicole. La Francia vanta in ambito Ue il maggior numero di riconoscimenti anche nel comparto dei formaggi, sebbene lo scarto rispetto ad altri Paesi europei a più forte vocazione sia inferiore. Le denominazioni tutelate relative ai formaggi sono in totale 43, di cui 39 iscritte come DOP. Seguono i prodotti ortofrutticoli e i cereali con 22 denominazioni registrate, di cui 14 come IGP. Compongono ancora il paniere dei prodotti DOP e IGP francesi 5 oli di oliva, i prodotti trasformati a base di carne (4 denominazioni) e 4 varietà di olive da tavola. Nei seguenti paragrafi si analizzano, per i principali comparti merceologici i dati economici (produzione, fatturato ed export) relativi al 2004. Tuttavia, al momento della stesura della pubblicazione non erano ancora state divulgate dall’INAO le statistiche aggiornate al 2004 relative alle IGP francesi. Per questo motivo i dati di seguito analizzati si riferiscono ai soli prodotti DOP. Gli ultimi dati disponibili per i prodotti IGP, riferiti al 2003, sono riportati nella precedente pubblicazione ISMEA52. 6.2.2 I formaggi I formaggi DOP in Francia rappresentano il comparto di maggior peso nell’economia complessiva dei circuiti tutelati del Paese e il più sviluppato a livello comunitario dopo quello italiano. La loro produzione muove mediamente un fatturato all’origine di due miliardi di euro all’anno e corrisponde all’11% della produzione nazionale di formaggi freschi e stagionati, pari nel 2004 a 1,84 milioni di tonnellate. Le filiere certificate contano complessivamente circa 24.000 produttori di lat- 112 te, 1.400 caseifici aziendali, 250 caseifici privati, 227 caseifici di tipo cooperativo e 154 imprese specializzate nella sola fase di stagionatura dei formaggi. L’evoluzione delle quantità certificate degli ultimi 5 anni mostra complessivamente una generale tendenza alla crescita, interrotta solo in occasione del 2003 per ragioni di natura congiunturale. Inoltre, per i prossimi anni è prevedibile un’ulteriore crescita dei volumi certificati DOP dovuta anche al riconoscimento di tre nuove denominazioni la cui istruttoria è attualmente in corso, e che testimonia la continua attenzione degli operatori francesi alla valorizzazione del legame tra prodotto e territorio. Figura 6.6 - La produzione dei formaggi DOP in Francia dal 1999 al 2004 (tonnellate) 200.000 180.000 160.000 165.835 163.396 159.954 155.692 165.174 162.521 140.000 120.000 100.000 Formaggi di latte vaccino Dop 80.000 60.000 40.000 20.000 0 20.820 5.016 1999 21.202 5.390 2000 22.236 5.844 2001 21.819 6.304 2002 22.063 5.965 2003 22.564 6.071 2004 Formaggi di latte ovino Dop Formaggi di latte caprino Dop Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. Nel 2004 la produzione DOP di formaggi si è attestata intorno alle 193.810 tonnellate, in crescita dell’1,7% rispetto all’anno precedente e corrispondente all’11% della produzione nazionale di formaggi freschi e stagionati (pari a 1,84 milioni di tonnellate). L’incremento produttivo registratosi è dovuto in particolare alla forte progressione del Rocamadour (+21,8%) e alla crescita, seppure più contenuta (+3,6%), del Saint-Maure de Touraine. Tra le DOP interessate da incrementi produttivi rientra anche il Picodon Drome-Ardèche, originario degli omonimi dipartimenti della regione Rhone-Alpes, la cui produzione nel 2004 è salita a 577 tonnellate (+15,4%). Il Crottin de Chavignol, invece, è stato interessato da un calo dell’1,9% che si aggiunge a quello più sostenuto conosciuto nel 2003. L’85,2% del totale della produzione certificata (pari a 165 mila tonnellate) è rappresentata dai formaggi di latte vaccino che rilevano un incremento dell’1,6%. Tali formaggi, oltre ad assumere il peso maggiore per numero di denominazioni e per volumi produttivi, rappresentano anche il 9,5% del totale della produzione nazionale, percentuale che arriva al 16% se si considerano i soli formaggi stagionati. 113 Tabella 6.11 - La produzione di formaggi DOP in Francia dal 2002 al 2004 (tonnellate) Denominazioni Comte Cantal Reblochon Saint-Nectaire Camembert Normadie Munster Brie de Meaux Blue d'Auvergne Morbier Altri Formaggi di latte vaccino DOP Roquefort Ossau-Iraty Brocciu Corse ou Brocciu Formaggi di latte ovino DOP Crottin de Chavignol ou Chavignol Sainte-Maure de Touraine Rocamadour Selles-sur-Cher Chabichou du Poitou Picodon Altri Formaggi di latte caprino DOP Totale formaggi DOP 2002 46.640 17.996 17.404 12.462 13.079 7.800 7.218 6.869 4.989 31.378 165.835 18.430 2.953 436 21.819 1.635 1.220 700 762 534 443 1.010 6.304 193.958 2003 44.717 17.974 16.987 12.715 12.541 7.239 6.774 6.434 5.519 31.621 162.521 18.510 3.067 486 22.063 1.160 1.065 808 788 555 500 1.080 5.956 190.540 2004 43.555 18.828 16.636 13.369 12.747 7.625 6.965 6.541 6.459 32.449 165.174 18.719 3.352 493 22.564 1.138 1.103 984 747 553 577 969 6.071 193.809 Var. % 04/03 -2,6 4,8 -2,1 5,1 1,6 5,3 2,8 1,7 17 2,6 1,6 1,1 9,3 1,4 2,3 -1,9 3,6 21,8 -5,2 -0,4 15,4 -10,3 1,9 1,7 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. Gli allevamenti bovini che conferiscono latte per produzioni DOP sono circa 16 mila, mentre le strutture di trasformazione sono oltre 1.200 tra cui rientrano una grande quantità di piccoli caseifici aziendali. La crescita produttiva rilevata dai formaggi di latte vaccino (+1,6%) è stata determinata dall’espansione produttiva di tutte le denominazioni, ad eccezione del Reblochon (-2,1%) e del Comté, il cui calo del 2,6% segue quello già registrato nell’anno precedente. Nel caso del Comté la contrazione della produzione è stata accompagnata da una battuta di arresto di pari entità delle esportazioni. Negli anni precedenti, al contrario, l’export di Comtè aveva conosciuto un’espansione del tutto simile a quello del Roquefort. I 3 formaggi di latte ovino DOP con 22.564 tonnellate rappresentano l’11,6% della produzione totale di formaggi DOP e registrano un aumento del 2,3% rispetto al 2003. Tra queste denominazioni, quella più importante è il Roquefort, che da solo concorre alla produzione di più dell’80% del totale e rappresenta inoltre poco meno del 10% dell’intera produzione francese di formaggi DOP. Tuttavia la crescita produttiva registrata è il risultato non solo dell’evoluzione 114 del Roquefort, il cui aumento nel 2004 è stato dell’1,1%, ma anche della forte ascesa dell’Ossau-Iraty, pecorino stagionato originario della zona dei Pirenei Atlantici la cui produzione nel 2004 è aumentata del 9,3%, portandosi a 3.350 tonnellate. Questa DOP rientra però tra le denominazioni francesi che negli ultimi anni hanno conosciuto gli incrementi produttivi più elevati. Inoltre, si rileva che l’incidenza dei formaggi ovini DOP sulla produzione nazionale di tale tipologia di formaggi, pari nel 2004 a 56.600 tonnellate, è particolarmente elevata aggirandosi intorno al 40%, mentre il solo Roquefort ne rappresenta circa un terzo. Il restante 3,1% (6.071 tonnellate) della produzione di formaggi DOP è rappresentato dalle 10 DOP di formaggi caprini, la cui produzione nel 2004 è cresciuta dell’1,9%. Tale crescita è risultata in linea con quella realizzata dai formaggi DOP di latte bovino e ovino, cresciuti, come già sottolineato, rispettivamente dell’1,6% e del 2,3%. I formaggi caprini DOP rappresentano, inoltre, l’8% delle 78.270 tonnellate di formaggi caprini prodotte nel 2004 in Francia. In generale, la DOP più importante in termini di volumi di produzione è il Comté, formaggio di latte vaccino a pasta pressata la cui stagionatura non è inferiore ai 4 mesi. Nel 2004 ne sono state prodotte 43.555 tonnellate, pari al 22% di tutta la produzione francese di formaggi DOP. La filiera del Comté è costituita da 3.200 allevamenti di bovini da latte, da 184 strutture di trasformazione, in gran parte cooperative, e da 20 magazzini di stagionatura. Al Comtè seguono il Cantal e il Roquefort, rispettivamente con 18.828 e 18.719 tonnellate. In particolare, per il Roquefort si evidenzia il trend di crescita regolare della produzione, iniziato dal 1999, interrotto solo da un sensibile calo nel 2002, mentre nello stesso periodo le esportazioni sono costantemente aumentate salendo, nel 2004, da 2.900 tonnellate ad oltre 3.600 tonnellate. Tabella 6.12 - Le esportazioni dei principali formaggi DOP francesi dal 2002 al 2004 (tonnellate) Denominazioni Roquefort Comté Bleu d’Auvergne Brie de Meaux Munster ou Munster-Géromé Epoisses de Bourgogne Cantal Crottin de Chavignol Camembert de Normandie 2002 3.148 2.579 1.719 619 461 162 230 57 62 2003 3.509 2.683 1.418 714 340 207 187 66 74 2004 3.601 2.613 1.663 1.014 455 249 188 93 53 Var. % 04/03 2,6 -2,6 17,3 42 33,8 20,3 0,5 40,9 -28,4 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. 115 Tra tutte le DOP francesi infatti il Roquefort è quello maggiormente richiesto sui mercati esteri, ai quali mediamente viene destinata una quota che si aggira intorno al 20% della produzione annua. Negli ultimi dieci anni le esportazioni di questo formaggio sono cresciute ininterrottamente fino a raggiungere nel 2004 un totale di 3.600 tonnellate, il 2,6% in più rispetto ai volumi dell’anno precedente. L’incidenza sul totale dell’export di formaggi DOP del prodotto in questione nello stesso anno è salita dal 34 al 36%, in ragione anche del calo subito dalla vendite all’estero del Comtè. Tra i formaggi di latte caprino, le due principali denominazioni sono il Crottin de Chavignol e il Sainte-Maure de Touraine: nel 2004 contano rispettivamente una produzione certificata pari a 1.100 tonnellate. Su volumi di non molto inferiori rispetto a tali produzioni, si posiziona il Rocamadour, di cui nel 2004 sono state prodotte 984 tonnellate. La DOP Crottin de Chavignol concentra, inoltre, la quasi totalità delle esportazioni realizzate dal comparto, pari nel 2004 a 109 tonnellate. Figura 6.7 - Le esportazioni francesi di formaggi DOP dal 1999 al 2004 (tonnellate) 8.000 7.046 7.000 6.000 6.753 6.461 5.280 5.550 5.229 5.000 6.312 4.000 3.000 2.902 2.993 2.959 3.133 3.148 3.526 3.601 Formaggi di latte ovino Dop 2.000 1.000 0 Formaggi di latte vaccino Dop 71 1998 59 1999 122 2000 124 2001 129 2002 110 2003 109 2004 Formaggi di latte caprino Dop Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. 6.2.3 Le carni fresche Per numero di denominazioni e fatturato, le DOP e le IGP di carni avicole sono le più importanti tra quelle relative alle carni fresche. Queste contano infatti 34 designazioni, di cui 32 sono state registrate come IGP. La Francia, inoltre attualmente è il solo Paese della Ue che ha ottenuto il riconoscimento di DOP relative a carni avicole. Nel 2003 le sole carni avicole IGP hanno realizzato un fatturato alla produzione di circa 492,59 milioni di euro, corrispondenti all’84% dell’intero giro di affari del mercato delle carni fresche francesi a marchio IGP, che si è attestato sui 588,61 milioni di euro. 116 Tabella 6.13 - Produzione e valore all’origine delle carni fresche IGP in Francia (2003) Canard à foie gras du Sud-Ouest Altre carni avicole Totale carni avicole Igp Veau de l'Aveyron Veau du Limousin Boeuf du Maine Boeuf du Bourbonnais Boeuf de Chalosse Totale carni bovine Igp Agneau du Limousin Agneau de l'Aveyron Agneau du Quercy Agneau du Bourbonnais Totale carni ovine Igp Porc de la Sarthe Porc du Limousin Porc de Normandie Porc de Vendée Totale carni suine Igp Totale carni Igp Allevamenti (n.) 1.255 5.199 6.454 831 3.177 1.270 113 371 5.762 1.122 437 408 58 2.025 52 132 183 83 450 14.691 Capi macellati (n.) 16.234.757 95.494.929 111.729.686 15.710 19.750 4.679 2.356 2.162 44.657 150.000 48.982 44.997 6.045 250.024 40.088 39.133 8.000 5.324 92.545 112.116.912 Produzione (ton) n.d. 115.985 115.985 3.300 2.548 2.210 1.018 841 9.917 2.700 833 765 112 4.410 3.610 3.326 600 550 8.086 138.398 Fatturato (mil.di euro) 254,57 238,02 492,59 20,36 15,42 9,86 3,45 4,49 53,58 16,46 5,25 4,82 0,65 27,18 6,82 6,15 1,08 1,21 15,26 588,61 % 43,2 40,4 83,7 3,5 2,6 1,7 0,6 0,8 9,1 2,8 0,9 0,8 0,1 4,6 1,2 1 0,2 0,2 2,6 100 Fonte: INAO - Institut National des Appellations d'Origine. Nello stesso anno il fatturato alla produzione realizzato dalle 5 IGP relative a carni bovine è stato di 54 milioni di euro, pari al 9% dell’intero comparto delle carni fresche ad indicazione geografica protetta. Le principali sono le IGP Veau de l’Aveyron e Veau du Limousin relative a carni di vitello che concentrano i due terzi del fatturato alla produzione del comparto bovino IGP. Tra le carni ovine (27 milioni di euro di fatturato nel 2003) è da rilevare che l’IGP Agneau de Limousin rappresenta circa il 60% del valore alla produzione di dello stesso comparto ovino IGP e che il peso complessivo di quest’ultimo sul totale carni fresche IGP supera di poco il 4%. Infine il peso delle 4 designazioni di carni suine con 15,3 milioni di euro è complessivamente più basso, rappresentando meno del 3% del fatturato delle carni fresche a marchio IGP. Tra le carni fresche dotate di marchio Dop, tra i principali prodotti del segmento più importante delle carni fresche che è quello avicolo, la stima della produzione della denominazione Volaille de Bresse per il 2004 è di 1.171 tonnellate, corrispondenti ad oltre 932 mila capi macellati. Si tratta di volumi che corrispondono all’1% circa della produzione annua di carni di pollo di cui la Francia è tra i 117 primissimi produttori a livello comunitario. Rispetto all’anno precedente si registra una crescita dei volumi a marchio intorno all’1%. Nella stessa area di origine, situata lungo i confini di tre regioni (Bourgogne, Franche-Comtè e Rhone-Alpes), viene allevato il Dinde de Bresse, da cui nel 2004 sono state prodotte 87 tonnellate di carni (25 mila capi circa), un quantitativo che è inferiore all’1% della produzione francese di carni di tacchino. Tabella 6.14 - La produzione di carni fresche DOP in Francia dal 2003 al 2004 Volaille de Bresse Dinde de Bresse Taureau de Camargue Allevamenti (n.) 281 35 92 Capi macellati (n.) 932.461 24.730 - Produzione DOP (ton) 2003 2004 1.161 1.171 84 87 260 310 Var. % 04/03 0,9 3,6 19,2 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. Tra i circuiti DOP di carni fresche è compresa infine anche la denominazione Taureau de Camargue, istituita allo scopo di valorizzare le carni dei tori da combattimento selezionati per le tradizionali corride (course à la cocarde) che costituiscono una tipica attrazione turistica della regione. Si tratta anche per questo motivo di una produzione molto limitata, pari nel 2004 a 310 tonnellate, distribuita prevalentemente presso i circuiti locali della ristorazione. 6.2.4 I prodotti ortofrutticoli e i cereali La Francia conta un totale di 22 denominazioni di prodotti ortofrutticoli, 14 delle quali registrate come IGP. Come evidenziato nella precedente pubblicazione ISMEA53, nel 2003, ultimo anno disponibile, il valore all’origine della sola produzione commercializzata con marchio IGP è stato di 131,2 milioni di euro; di questo, il 61,5% è stato realizzato Tabella 6.15 - Produzione e valore all’origine degli ortofrutticoli e dei cereali IGP in Francia nel 2003 Pruneau d'Agen Melon du Hau-Poitou Pomme et Poire de Savoie Mirabelle de Lorraine Riz de Camargue Mâche de Nantes Altri Totale ortofrutticoli e cereali Igp Tipo di prodotto Produttori (n.) Prugna secca 1.666 Melone 19 Mela e pera 56 Prugna 97 Riso 185 Lattuga 30 299 2.352 Produzione (t.) 38.887 6.500 3.500 5.300 10.000 489 1.381 66.057 % 59 9,8 5 8 15,1 0,7 2,1 100 Fatturato (mil. €) 80,74 36,26 4,2 4 2,46 0,48 3,04 131,18 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. 118 % 61,5 27,6 3,2 3 1,9 0,4 2,3 100 dalla Pruneau d’Agen (81,7 milioni di euro). Alla Pruneau d’Agen segue, per fatturato, l’IGP Melon du Haut-Poitou, di cui sono state commercializzate nello stesso anno circa 6.500 tonnellate per un fatturato di 36,6 milioni di euro. Nel 2004, le 8 DOP che completano il paniere dei prodotti ortofrutticoli a marchio di origine hanno interessato una superficie produttiva di 18.800 ettari e coinvolto oltre 5.000 produttori agricoli, esclusi i trasformatori/confezionatori. Tra tali DOP, va ricordata la DOP Noix de Grenoble, tra i primissimi prodotti diversi da quelli lattiero - caseari, ad avere ottenuto in Francia il marchio AOC. Tale denominazione nel 2004 contava una produzione certificata pari a 5.455 tonnellate (+21% rispetto all’anno precedente) e rappresenta ben il 21% della produzione nazionale di noci. Viene coltivata in un’area compresa in tre dipartimenti (Isère, Drome e Savoie) della regione Rhone – Alpes e trova un importante sbocco commerciale sui mercati esteri: il 60% della produzione è esportato principalmente sul mercato tedesco, spagnolo ed italiano. Tabella 6.16 - Produzione degli ortofrutticoli e dei legumi DOP in Francia dal 2003 al 2004 Tipo di prodotto Sup.(Ha) Produttori (n.) Coco de Paimpol Noix de Grenoble Chasselas de Moissac Lentille Verte du Puy Pomme de Terre de l'Ile de Ré Muscat du Ventoux Noix du Périgord Piment d'Espelette Totale ortofrutticoli DOP Fagiolo Noce Uva Lenticchia Patata Uva Noce Peperoncino 1.395 6.950 1.047 4.735 159 450 4.020 66 18.822 547 1.576 468 1.078 30 110 1.248 88 5.145 Produzione (t.) Var. % 04/03 2003 2004 7.143 8.392 17,5 4.508 5.455 21 4.000 5.298 32,5 3.908 1.919 -50,9 2.923 2.734 -6,5 1.700 1.658 -2,5 1.622 2.204 35,9 120 -100 25.924 27.660 6,7 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. Su volumi inferiori, corrispondenti all’8% della produzione nazionale, si posiziona la Noix du Perigord di cui nella campagna 2004 - 2005 sono state commercializzate 2.200 tonnellate; rispetto ai quantitativi della campagna precedente l’incremento produttivo è stato del 36% mentre le esportazioni, che assorbono circa metà della produzione, si sono mantenute pressoché sui medesimi volumi, intorno alle 1.250 tonnellate. Le due DOP che fanno riferimento ad altrettante varietà di uva, una a bacca bianca, Chasselas de Moissac, l’altra a bacca rossa, Muscat du Ventoux, rappresentano poco più del 9% della produzione francese di uva da tavola. La più importante per volumi produttivi è la Chasselas de Moissac, coltivata in un’area situata nella regione dei Pirenei Centrali divisa tra i dipartimenti Lot, Tarn e Garonne su cui si distribuiscono i 1.047 ettari di vigneto ammessi alla DOP. La produzione certificata nel 2004 è salita a 5.298 tonnellate, registrando un 119 incremento del 32,5% rispetto all’anno precedente. Il Muscat de Ventoux viene prodotto all’interno della Provenza, in una area più limitata posta alle pendici dell’omonimo monte che comprende 450 ettari di vigneti DOP. La sua produzione nel 2004 è stata di 1.658 tonnellate, di poco inferiore a quella realizzata nella vendemmia precedente (-2,5%). Per quanto riguarda le denominazioni francesi relative ai legumi, la Lentille Verte du Puy, una particolare varietà di lenticchia originaria dell’Alta Loira, ha subito nel 2004 un drastico calo nei volumi commercializzati con marchio DOP (50,9%). Al contrario, il Coco de Paimpol, varietà di fagioli che prende il nome da un paese della Bretagna, ha conosciuto un deciso incremento confermandosi la prima DOP per volumi produttivi (8.392 tonnellate) nel comparto dell’ortofrutta (+17,5% rispetto al 2003). 6.2.5 Gli oli di oliva e le olive da tavola L’olivicoltura in Francia si concentra prevalentemente nei dipartimenti meridionali che si affacciano sul Mediterraneo ed in particolare nella regione della Provenza, da cui proviene quasi il 60% della produzione nazionale di olio di oliva. In questa regione sono comprese anche le aree di produzione di quattro DOP relative ad oli di oliva, sul totale delle cinque fino ad oggi riconosciute a livello comunitario (Aix-en-Provence, Haute-Provence, Vallèe des Beaux-de-Provence e Nice). A queste, nel prossimo futuro si aggiungeranno altre due denominazioni che già possono fregiarsi del marchio AOC, tutelato entro i confini nazionali, e per le quali sono state avviate le procedure per l’iscrizione nel registro comunitario: si tratta dell’huile d’olive de Corse e dell’Huile d‘olive de Nimes, quest’ultimo prodotto anch’esso in Provenza. Nel 2004, la produzione degli oli di oliva DOP, pari a 556 tonnellate, ha rappresentato circa l’11% della produzione nazionale. Il calo produttivo (-11%) registratosi rispetto all’anno precedente è dovuto principalmente alla contrazione della maggiore denominazione, l’Huile d’olive de la Vallèe des Baux-de-Provence, di cui nel 2004 sono state prodotte 369 tonnellate Tabella 6.17 - Produzione degli oli di oliva DOP in Francia nel 2004 Sup.(Ha) Huile d'olive de la Vallée des Baux-de-Provence Huile d'olive d'Aix-en-Provence Huile d'olive de Haute-Provence Huile d’olive de Nice Huile d'olive de Nyons Totale oli di oliva DOP 1.810 700 482 481 968 4.441 Produzione DOP (t.) 2003 2004 394 369 105 113 102 49 23 25 624 556 Var. % 04/03 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. 120 -6,3 7,6 -52 8,7 -10,9 Tabella 6.18 - Produzione di olive da tavola DOP in Francia nel 2004 Sup.(Ha) Olive noires e Olives cassèes de la Vallée des Baux-de-Provence Olive noires de Nyons Olive e pate d’olive de Nice Totale olive da tavola DOP 1.810 968 481 3.259 Produzione DOP (t.) 2003 2004 157 142 430 31 618 Var. % 04/03 285 43 470 -9,5 -33,7 38,7 -23,9 Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine. e alla riduzione della produzione dell’Huile de Haute-Provence, scesa a 49 tonnellate. Con le denominazioni Baux-de-Provence, Nice e Nyons utilizzate per gli oli di oliva, vengono commercializzate anche olive da tavola e paste di oliva provenienti dalle medesime aree di origine. La loro produzione, pari nel 2004 a 470 tonnellate, assume un peso in volume non trascurabile se confrontata con quella dei rispettivi oli di oliva. 6.3 La Germania54 6.3.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari In Germania, l’autorità competente per l’esame delle richieste di registrazione e per la gestione delle procedure di riconoscimento delle denominazioni di origine è l’Ufficio per le licenze e i marchi commerciali (Deutsches Patent - und Markenamt - d’ora in avanti DPMA). Dopo il primo esame formale da parte del DPMA, la domanda con la relativa documentazione viene trasmessa al Ministero dell’Agricoltura per la pubblicazione e il successivo invio alla Commissione Europea. L’Ufficio per le licenze e i marchi commerciali ha predisposto un modulo per la compilazione delle richieste di riconoscimento e ha fissato una tariffa per lo svolgimento della procedura pari a 900 € per domanda. Presso la DPMA è depositata anche la lista completa degli organismi autorizzati al controllo sulla produzione delle denominazioni registrate. Tra questi sono comprese diverse istituzioni pubbliche che operano all’interno di ciascuno dei 16 Länder tedeschi mentre, attualmente, è stato accreditato un solo ente di certificazione privato. Gli organismi pubblici di controllo hanno natura diversa a seconda che si tratta di uffici dell’amministrazione centrale dei Lander, o organi delle amministrazioni locali. Ad esempio, in Baviera, Baden-Württemberg, Brema, Turingia, Sassonia, Schleswig-Holstein e Nord Reno-Westfalia i controlli sono eseguiti rispettivamen- 121 te da un unico ente che fa capo al singolo Land, mentre nella Bassa Sassonia e nella Sassonia-Anhalt i controlli vengono eseguiti da diversi organismi che operano a livello di distretto rurale. 6.3.2 I prodotti DOP IGP e STG in Germania Il paniere DOP e IGP della Germania somma un totale di 67 denominazioni. Di queste, ben 31 sono relative ad acque minerali che ai sensi del Reg. CEE 692/03 verranno eliminate dall’elenco dei prodotti registrabili a partire dal 31 dicembre 2013. Dopo le acque minerali, i comparti che vantano il maggior numero di registrazioni sono quelli della birra, con 12 IGP, e dei prodotti a base di carne, che conta 8 IGP. Nel paniere tedesco compaiono inoltre 4 DOP relative a formaggi e 3 denominazioni relative a carni fresche. L’elenco è completato da 4 IGP di prodotti della panetteria, pasticceria e biscotteria, 2 denominazioni relative al comparto degli ortofrutticoli e cereali e altrettante relativi al comparto della pesca. Figura 6.8 - Le DOP e IGP tedesche per comparto - luglio 2006 (dati in n° denominazioni) Carni fresche 3 Formaggi 4 Altri prodotti 7 Ortofrutticoli e cereali 2 Acque minerali 31 Prodotti a base di carne 8 Birre 12 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. Poiché in Germania non sono disponibili statistiche, i dati relativi al fatturato delle DOP e IGP sono stati raccolti tramite un’indagine diretta presso i Consorzi di tutela condotta dall’Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktle dell’Università di Hohenheim. Dalla ricerca sono escluse le acque minerali per mancanza di dati relativi a questo comparto, che tra l’altro sarà tra qualche anno soppresso del regime di tutela comunitario. Il fatturato alla produzione delle DOP e IGP tedesche nel 2005 è stimato pari a 4,4 milioni di euro. Di questo il 62,4% è rappresentato dalle birre. La birra IGP più importante per volumi di affari è la “Bayerisches Bier”, origi- 122 Tabella 6.19 - Fatturato alla produzione delle DOP e IGP tedesche (2005) Birre Prodotti a base di carne Prodotti della panetteria Formaggi Carne fresca Ortofrutticoli e cereali Pesci Grassi e oli Totale* n. 12 8 4 4 3 2 2 1 36 Fatturato alla produzione 2.771,50 952,2 500,1 93,5 82 33,2 6 1 4.439,50 % 62,4 21,4 11,3 2,1 1,8 0,7 0,1 0 100 *escluse le acque minerali. Fonte: elaborazioni ISMEA su dati 'Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktle Università di Hohenheim , 2006. naria della Baviera ottenuta esclusivamente da malto, luppolo e acqua, senza l’aggiunta di alcun tipo di additivo. La Baviera, con oltre 660 impianti che producono circa 23 milioni di ettolitri all’anno, è la regione con la più elevata densità di fabbriche di birra (breweries) al mondo. Il fatturato complessivo di questa industria è di circa 4,3 miliardi di euro di cui si stima che 2,7 miliardi derivino dal prodotto conforme al disciplinare di produzione. Tra i produttori esistono forti differenze in termini di dimensione, tecnologia degli impianti e accesso al mercato. Oltre a marchi conosciuti e diffusi in tutti il mondo (Lowenbrau, Spatenbrau, Paulaner, Erdinger e EKU) esiste una molteplicità di piccole aziende strettamente legate al mercato locale. I marchi utilizzati per le diverse linee di prodotto sono centinaia ed è piuttosto raro che in aggiunta a questi compaia sulle etichette anche il logo comunitario. Il riferimento esplicito all’indicazione geografica, al contrario, è presente sulle etichette della maggior parte dei produttori. La richiesta di registrazione è stata promossa dall’associazione di produttori della Baviera (Bayerischer Brauerbund) principalmente su pressione delle grandi case produttrici locali per impedire l’utilizzo della denominazione ai competitors danesi e olandesi, sui mercati di esportazione comunitari. I prodotti a base di carne che, con fatturato alla produzione pari a 952 milioni di euro, rappresentano il 21,4% del volume d’affari delle DOP/IGP tedesche. Tra i prodotti a base di carne, la denominazione più rilevante in termini di fatturato alla produzione è l’IGP “Nürnberger Bratwürste”, un tipo di salsiccia prodotta nei dintorni di Norimberga ottenuta da carne magra di suino e lardo, insaporita con maggiorana, zenzero, cardamomo o polvere di limone, secondo le differenti ricette utilizzate. L’IGP “Nürnberger Bratwürste/Nürnberger Rostbratwürste” è stata registrata nel 2003, dopo una lunga controversia legale con gruppi di produttori concorrenti 123 sulla genericità del nome. Stando alle informazioni fornite dal Consorzio, i produttori sono circa 80, ciascuno dei quali utilizza sia la denominazione che il marchio comunitario. Ai prodotti a base di carne, seguono i prodotti della panetteria che con un fatturato stimato pari a 500 milioni di euro, rappresentano l’11,4% del volume d’affari del paniere a marchio DOP e IGP. Le denominazioni relative a carni fresche, cosi come quelle dei formaggi costituiscono ciascuna circa il 2% del valore dell’intero paniere. Tra le quattro DOP relative a formaggi la più importante è l’ “Allgäuer Emmentaler” prodotto nel distretto di montagna dell’ Oberallgau nella Baviera meridionale, secondo procedimenti molto simili a quelli utilizzati per il più conosciuto Emmental svizzero. Si tratta di un formaggio ottenuto da latte vaccino intero e stagionato non meno di quattro mesi, dal colore giallo intenso la cui pasta presenta i buchi tipici dei formaggi emmental. Il formaggio viene prodotto da circa 10 caseifici che realizzano un fatturato di circa 80 milioni di euro. Nella stessa zona viene prodotto un altro formaggio registrato con la medesima indicazione di origine, l’“Allgäuer Bergkäse”. Il giro di affari alla produzione per questa IGP è di 10 milioni di euro. I produttori in totale sono 15 e di questi, così come avviene tra i produttori dell’Allgäuer Emmentaler, pochissimi utilizzano il marchio comunitario o fanno esplicito riferimento allo status di DOP sulle etichette del prodotto. Il valore alla produzione del comparto delle carni fresche è pari a 82 milioni di euro. Tra le 3 denominazioni registrate, il contributo più rilevante è portato dalla DOP Lüneburger Heidschnucke, una razza ovina allevata nei dintorni dell’omonima città della regione della Bassa Sassonia. Circa il 90% della produzione viene venduta direttamente da 70 allevatori ad alcune macellerie della regione che non usano la denominazione di origine, né il logo comunitario. In graduatoria segue per fatturato l’IGP Schwäbisch-Hällische Landrasse. Tale denominazione si riferisce ad un’antica razza suina allevata nei distretti rurali Rems-Murr, Hohenlohe, Ansbach, Ostalb e Tauberbischofsheim, che si trovano nella parte meridionale della Germania, nel Baden - Württemberg. Il circuito di distribuzione di questa carne, che realizza un giro di affari alla produzione di 30 milioni di euro, è rappresentato dai migliori ristoranti della regione, dalle macellerie, molte delle quali sono anche membri del consorzio, e da aziende di catering. Il comparto degli ortofrutticoli e dei cereali realizza una valore alla produzione pari a 33 milioni di euro. Tale valore è riconducibile principalmente all’IGP Spreewälder Gurken, il cui prezzo medio è superiore del 30% rispetto a quello di altri tipi di cetrioli sott’aceto. Tale IGP è prodotta e confezionata nella regione dello Spreewald, nella parte meridionale del Brandeburgo e la maggior parte dei produttori utilizzano l’indicazione geografica insieme al logo comunitario. 124 6.3.3 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le DOP e IGP e i marchi regionali In Germania l’Istituto per il marketing dei prodotti agricoli (d’ora in avanti CMA) è l’autorità centrale che ha il compito di promuovere lo sviluppo del mercato dei prodotti alimentari di qualità attraverso strumenti di intervento diretto. A livello regionale molti Länder tedeschi hanno creato proprie istituzioni che svolgono la medesima attività sul proprio territorio. I fondi impegnati da questi enti per sostenere il marketing dei prodotti regionali ammontano complessivamente a circa 30 milioni di euro l’anno, ma solo una quota del 3% è investita in interventi specifici e mirati alla promozione delle DOP e IGP. La stessa CMA, per molto tempo, ha mostrato uno scarso interesse nei confronti del sistema comunitario delle denominazioni di origine, disinteressandosi alla realizzazione di interventi volti a favorire le iniziative dei produttori. Solo recentemente, grazie anche alle sovvenzioni erogate dall’UE, sono state condotte delle campagne informative rivolte a produttori e consumatori sulle opportunità offerte dalla certificazione DOP o IGP. Inoltre, a livello dei singoli Lander esistono notevoli differenze nell’intensità e nell’efficacia delle politiche di promozione delle DOP/IGP. Ad esempio, nei due lander della Baviera e del Baden-Württemberg, si sono compiuti notevoli sforzi per incoraggiare le richieste di riconoscimento da parte dei produttori mediante la collaborazione dei Ministeri Federali dell’Agricoltura e delle Università locali. Anche negli Stati della Germania orientale c’è stato un forte impegno per promuovere la registrazione dei prodotti dopo la riunificazione; al contrario, in altre regioni l’interesse delle amministrazioni federali verso organizzazioni di marketing collettivo è molto scarso. In realtà, la protezione dell’origine geografica del prodotto in Germania ha una lunga tradizione, anche se bisogna precisare che prima dell’avvento della disciplina comunitaria, le indicazioni geografiche dei prodotti tedeschi facevano riferimento prevalentemente ai singoli Lander e non ad aree più ristrette all’interno di questi. Inoltre, anche dopo l’implementazione del Reg. CEE 2081/92, l’interesse delle istituzioni è rimasto focalizzato sulla certificazione di origine di tipo regionale o statale.55 La Commissione Europea ha recentemente contestato l’ammissibilità dell’utilizzo di questi marchi perché ritenuti in contrasto con la disciplina comunitaria sulle denominazioni di origine. In particolare, la questione sollevata riguarda il riferimento esplicito alla qualità del prodotto e alla loro origine (per esempio “Qualità dalla Germania”; “Qualità dalla Baviera”) in essi riportato. L’UE li ha ritenuti inammissibili perché utilizzati anche per prodotti non riconosciuti come DOP o IGP. Con decisione del 5 novembre 2002 (causa C-325/00) la Corte di Giustizia 125 Europea ha censurato la Repubblica Federale di Germania, per aver violato l’art. 28 del Trattato con la concessione del marchio di qualità “Markenqualität aus deutschen Landen” (qualità di marca della campagna tedesca), in quanto il messaggio pubblicitario, sottolineando la provenienza tedesca dei prodotti interessati, “può indurre i consumatori ad acquistare i prodotti che portano il marchio (…) escludendo i prodotti importati”. Per questo motivo negli ultimi anni le diciture riportate nei marchi di qualità regionali sono state modificate56 . Ad esempio, “Markenqualität aus deutschen Landen” è stato cambiato in “Geprüfte Markenqualität” (prodotto di qualità certificato), il marchio di qualità del Baden-Württemberg, con decisione dei produttori è stato trasformato da “Herkunft und Qualität aus Baden-Württemberg” (Origine e qualità dal Baden-Württemberg) in “Gesicherte Qualität” (qualità certificata). I marchi così modificati sono tuttavia rimasti e continuano a svolgere un ruolo importante nel mercato dei prodotti alimentari tedeschi di qualità certificata. 6.3.4 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP L’autonomia di cui godono le amministrazioni dei Lander tedeschi, ha creato una situazione di disomogeneità sul territorio rispetto allo sviluppo delle produzione a marchio di origine. La maggior parte dei prodotti DOP/IGP sono originari della Baviera anche se negli ultimi anni a questi si sono aggiunti molte specialità provenienti dal BadenWürttemberg, dalla Turingia, e dalla Sassonia, ovvero da Lander nei quali lo schema comunitario delle DOP e IGP è stato recepito come un’opportunità e dove si sono adottate misure volte a favorire la registrazione delle denominazioni prodotti. Nei prossimi anni altri prodotti verranno inclusi nel registro dell’Unione Europea, quasi tutti provenienti da queste regioni, anche se difficilmente la certificazione DOP/IGP acquisterà più importanza del sistema dei marchi di qualità statali. Tale sistema, preesistente a quello comunitario, gode, infatti, di una più lunga tradizione. In tale contesto, è prevedibile che dovranno passare ancora molti anni prima che le istituzioni e gli stessi produttori possano apprezzare appieno le opportunità offerte dai marchi DOP e IGP più adatti, rispetto ai marchi statali, per valorizzare i prodotti regionali. 6.4 La Gran Bretagna57 6.4.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari In Gran Bretagna le procedure di registrazione delle DOP, IGP e STG sono coordinate dal Dipartimento per le politiche ambientali, alimentari e rurali (DEFRA) attraverso l’Agenzia governativa “Food from Britain” (d’ora in poi FFB). 126 Da aprile 2006 il DEFRA ha infatti attribuito al FFB il ruolo di interlocutore istituzionale dei produttori che richiedono il riconoscimento delle denominazioni di origine. L’agenzia non solo presiede tutte le fasi di istruttoria della domanda, ma svolge anche attività di consulenza e promozione rivolta alle associazioni di produttori, alle autorità locali e a tutti i soggetti potenzialmente interessati alla registrazione delle denominazioni. Durante la consultazione con il gruppo di produttori, la FFB fornisce l’assistenza necessaria all’adempimento delle procedure e alla redazione della domanda. Prima del passaggio al DEFRA per la pubblicazione, la richiesta viene sottoposta alla valutazione di tutte le parti interessate che hanno così l’opportunità di sollevare obiezioni in merito alla legittimità della domanda. Durante questa fase, l’opposizione di chiunque abbia un interesse legittimo viene presa in dovuta considerazione nel tentativo di trovare una composizione preventiva dei conflitti. Quando non è possibile trovare una soluzione, la FFB richiede la consulenza e il supporto specializzato del DEFRA. Al DEFRA spetta comunque la decisione finale di sottoporre la richiesta all’esame della Commissione Europea. La funzione di vigilanza è svolta dalla Trading Standards, istituzione pubblica incaricata di garantire la protezione dei prodotti DOP ed IGP dalle imitazioni e dalle usurpazioni delle denominazioni. Attraverso gli uffici regionali essa svolge temporaneamente anche il controllo sulla produzione di alcune delle denominazioni di più recente registrazione, in attesa del definitivo passaggio ad un sistema di certificazione gestito da enti privati. La certificazione della produzione delle altre denominazioni è, invece, svolta dalle strutture di controllo, sia pubbliche che private, tra le quali ad esempio, “Ian Millward Cheese Services” (alcuni formaggi), “Scottish Food Quality Certification Ltd” (tutte le carni fresche oltre che formaggi), “Product Authentication Inspectorate Ltd” (birre) e “Food Certification Scotland Ltd” (prodotti ittici). 6.4.2 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le DOP e IGP e i marchi regionali Una delle più importante iniziativa di valorizzazione delle produzioni alimentari di qualità è stata la creazione, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, di una rete di associazioni regionali denominate “regional food groups”. Le attività di queste associazioni, finanziati dal DEFRA tramite il Food from Britain, hanno l’obiettivo di fornire opportunità di sviluppo al mercato dei prodotti tipici regionali, favorendone la diffusione e la conoscenza nel resto del territorio. Perseguendo questo scopo, i “regional food groups”svolgono campagne di sensibilizzazione in tutto il Regno Unito, organizzano eventi e fiere, forniscono servizi di marketing alle imprese e creano occasioni di contatto tra commercianti, dettaglianti e produttori. I gruppi attualmente attivi sono 9 e svolgono la propria attività in altrettante regioni britanniche: 127 • The Taste of the West (www.tasteofthewest.co.uk); • North West Fine Foods (www.nwff.co.uk); • Heart of England Fine Foods (www.heff.co.uk); • East Midlands Fine Foods; • Northumbria Larder (www.northumbria-larder.co.uk); • Tastes of Anglia (www.tastesofanglia.com); • Regional Food Group for Yorkshire and Humber (www.rfgyh.co.uk); • South East Food Group Partnership; • Scottish Food and Drink (www.scottishfoodanddrink.com). Nessuna di queste associazioni ha promosso propri sistemi di certificazione legate ad etichette regionali, per cui ad oggi i marchi DOP e IGP sono le uniche attestazioni di origine certificata presenti in Gran Bretagna. Nel 2006, il DEFRA ha investito l’agenzia Food From Britain del ruolo di interlocutore esclusivo dei produttori nella fase di istruttoria delle domande. Oltre a fornire consulenza ai produttori, l’agenzia svolge anche attività di divulgazione e promozione allo scopo di incoraggiare il riconoscimento di nuove DOP, IGP e STG. Il DEFRA, ai fini della promozione delle richieste di riconoscimento di DOP, IGP e STG ha avviato inoltre, nel 1999, la campagna di informazione denominata “Safeguarding Britain’s Food Heritage” (Salvaguardia del patrimonio alimentare britannico). Tale attività è stata mirata a diffondere la conoscenza dei marchi comunitari presso consumatori e produttori. Tale iniziativa è stata nuovamente intrapresa nel 2002, dopo che la Commissione per le politiche sul Futuro dell’agro-alimentare britannico aveva sollecitato nel suo rapporto annuale un maggiore impegno governativo per incoraggiare l’adesione ai sistemi di certificazione di origine. Nel testo si sottolineava il crescente interesse dei consumatori per i prodotti di qualità con una chiara identità territoriale, e si enfatizzavano le opportunità offerte dal riconoscimento comunitario delle denominazioni di origine. Nel corso di quest’ultima campagna, il DEFRA ha prodotto e diffuso un esaustivo manuale informativo che costituisce il vademecum per la compilazione di una richiesta di riconoscimento DOP, IGP o STG. 6.4.3 I prodotti DOP, IGP e STG in Gran Bretagna A giugno 2006 risultavano riconosciute 30 denominazioni, rappresentate da 13 DOP, 16 IGP e 1 STG. Con 11 denominazioni i formaggi costituiscono la categoria maggiormente rappresentata, seguita da quella delle carni fresche con un totale di 8 registrazioni, tra le quali rientra anche l’unica STG (Traditional Farmfresh Turkey). Nella categoria dei sidri, che conta 3 denominazioni, compaiono complessivamente tre indicazioni geografiche ciascuna delle quali (Gloucestershire; Herefordshire e Woorcestershire) fa riferimento a due tipi di prodotti differenti, l’uno 128 Figura 6.9 - Distribuzione per comparto delle DOP e IGP della Gran Bretagna a giugno 2006 (dati in numero di denominazioni) Altri 5 Formaggi 11 Birre 3 Sidro 3 Carni fresche 8 Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue. ricavato dalla fermentazione di mele (cider) l’altro ottenuto da pere (perry). Chiudono l’elenco 6 IGP relative a 3 birre e 3 pesci e molluschi (eglefino; salmone e ostrica) e 2 DOP relative ai comparti degli altri prodotti di origine animale e agli ortofrutticoli. I volumi e valori di produzione dei prodotti DOP ed IGP britannici variano in maniera significativa, ma complessivamente hanno uno scarso impatto sul settore alimentare. Esistono tuttavia alcune eccezioni rappresentate, nel comparto dei formaggi, dal West Country Farmhouse Cheddar e dallo Stilton Cheese. Relativamente a quest’ultimo, solo sei caseifici che si servono della ricetta originale sono certificati per l’utilizzo della DOP Stilton, attribuita a due versioni di formaggio: lo Stilton Blue e lo Stilton White. Il volume annuo di produzione è di circa 10.000 tonnellate di cui il 10% è esportato in tutto il mondo. La produzione del Cheddar DOP si aggira intorno alle 4.000 tonnellate annue, mentre il volume di produzione di formaggi generici “tipo Cheddar” corrisponde a circa 190.000 tonnellate. Tra i prodotti diversi dai formaggi ha un certo rilievo la Jersey Royal Potato l’unica denominazione di origine del comparto degli ortofrutticoli. Secondo le condizioni atmosferiche, il raccolto della Jersey Royal può variare dalle 36.000 alle 50.000 tonnellate annue. La produzione stagionale media è pari a circa 45.000 tonnellate, di cui il 99% viene esportato. 6.4.4 La percezione dei consumatori e le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP L’utilizzo di indicazioni geografiche nelle denominazioni dei prodotti alimentari è un fenomeno relativamente nuovo nel Regno Unito. Questo è in parte dovu- 129 to alla diffusione di stili alimentari che prediligono la facilità di preparazione, la velocità e il prezzo contenuto, piuttosto che la qualità degli alimenti legata alla loro provenienza. Inoltre, a differenza di quanto avviene nel Sud Europa, la percezione della qualità da parte degli acquirenti britannici è legata ad aspetti che non vengono immediatamente associati all’origine (Morris et al., 2001). Da alcuni studi condotti in passato sulle preferenze dei consumatori britannici (Ilbery et al., 2000; Morris et al, 2001) emerge che la provenienza geografica è un criterio di scelta meno rilevante rispetto ad altri fattori (marca, prezzo, sapore, salubrità) e di conseguenza anche il livello di comprensione del significato dei marchi DOP, IGP e STG è piuttosto basso. Un altro motivo di questa scarsa consapevolezza, denunciato in alcune ricerche di mercato, è la proliferazione di marchi e di loghi sulle confezioni dei prodotti alimentari. Una ricerca svolta dal Consiglio nazionale dei consumatori (National Consumers Council, 2003) ha mostrato che i consumatori britannici si sentono disorientati dalla quantità di informazioni presenti sulle confezioni dei prodotto, e trovano difficoltà nel distinguere tra i marchi di certificazione e i semplici slogan e marchi aziendali. La conseguenza è il mancato riconoscimento del reale significato della certificazione di origine del prodotto. Fino ad ora il motivo principale che ha spinto i produttori ad aderire allo schema comunitario è stata la protezione legale delle denominazioni dalle possibili usurpazioni, mentre diverse ricerche di mercato mostrano che esistono ancora perplessità sui vantaggi derivanti dall’utilizzo dei marchi DOP ed IGP per attrarre nuovi acquirenti. La scarsa conoscenza dei consumatori sul loro reale significato è la ragione principale che porta i produttori a non richiedere il riconoscimento o a non utilizzare i loghi comunitari (Brian Ilbery e Moya Kneafsey, 1999). Indagini più recenti hanno però evidenziato che qualcosa sta cambiando nel comportamento dei consumatori (Institute of Grocery Distribution 2005; ADAS 2003). Nonostante il basso livello di conoscenza, un numero sempre maggiore di acquirenti comincia a considerare tra i criteri di scelta anche l’origine degli alimenti, auspicando un più ampio assortimento di prodotti regionali nei supermercati britannici. Molto spesso, tuttavia, il riferimento generico è al prodotto tipico regionale indipendentemente dal fatto che goda o meno della certificazione di origine. Per cavalcare questo interesse crescente, favorendo lo sviluppo del sistema delle DOP/IGP, il DEFRA ha investito in campagne di sensibilizzazione rivolte ai consumatori per diffondere il significato del marchio di origine comunitario e si è attivata per facilitare l’accesso dei produttori allo schema comunitario, delegando la gestione delle procedure nazionali di riconoscimento alla FFB. Diversi consumatori britannici sono in grado di identificare vari prodotti DOP 130 ed IGP europei quali il prosciutto di Parma, il formaggio Feta, il Gorgonzola; e Food from Britain sta usando questi esempi nelle proprie campagne di comunicazione per aumentare il livello di consapevolezza. Altro elemento che frena lo sviluppo delle DOP e IGP è la scarsa conoscenza del significato del marchio comunitario e dell’esistenza di prodotti britannici che godono di questo status da parte di una forte percentuale di operatori del trade. Da una ricerca effettuata dalla società di consulenza sull’ambiente e sullo sviluppo rurale ADAS, nel 2003 risulta che la maggioranza dei grandi distributori, nonostante abbia in qualche modo sentito parlare di DOP e IGP, non ha ancora una chiara percezione del loro significato e di cosa questi marchi comportano per i produttori. Inoltre tra chi dichiara di conoscerli solo una piccola minoranza ha preso in considerazione prodotti DOP di provenienza nazionale. È interessante notare tuttavia che la stessa ricerca ha riscontrato da parte dei commercianti una crescente richiesta di alimenti caratterizzati da particolarità regionali, che può essere considerato una novità incoraggiante in vista di un futuro sviluppo del mercato dei prodotti DOP ed IGP nel Regno Unito. Un esempio recente è costituito dalla decisione da parte della catena di supermercati Sainsbury’s, di vendere il formaggio Beacon Fell Traditional Lancashire DOP invece del formaggio Lancashire non certificato. La stessa FFB sta attualmente cercando di coinvolgere nel progetto di promozione delle denominazioni di origine alcune delle più importanti catene di distribuzione oltre che altri attori influenti nel campo dell’alimentazione (critici gastronomici, chef e ristoratori). 6.5 L’Austria58 6.5.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari In Austria le autorità competenti per le registrazioni delle DOP/IGP sono l’Ufficio brevetti austriaco, che fa capo al Ministero federale per le infrastrutture e la tecnologia, il Ministero federale per le politiche agricole e le Camere dell’Agricoltura e dell’Economia. L’Ufficio brevetti è l’istituzione centrale, responsabile della selezione delle domande di riconoscimento, mentre le Camere dell’Agricoltura e quelle dell’Economia sono gli organi decentrati sul territorio, che raccolgono le richieste dei gruppo di produttori locali e le inviano all’Ufficio brevetti. Nel 1995, immediatamente dopo l’adesione dell’Austria all’Unione Europea, le Camere dell’Agricoltura hanno raccolto e trasmesso all’Ufficio brevetti le prime domande di registrazione DOP/IGP, agendo in vece dei consorzi di produttori che all’epoca non erano ancora formalmente costituiti. Negli anni successivi questi compiti sono stati rilevati direttamente dai con- 131 sorzi e dalle associazioni di produttori che hanno mantenuto la loro sede all’interno delle stesse Camere dell’agricoltura. Analogamente alle Camere dell’Agricoltura, anche le Camere del commercio sono coinvolte nel processo DOP/IGP in qualità di lobby delle aziende coinvolte nella trasformazione e nel commercio dei prodotti certificati. Attualmente, per quasi tutte le DOP e IGP, esiste una corrispondente associazione di produttori di cui fanno parte i produttori agricoli, i trasformatori e rappresentanti delle Camere dell’Agricoltura e dell’Economia. Il Ministero federale delle politiche agricole non ricopre alcuna funzione specifica nell’iter nazionale di registrazione ma interviene in tutte le sedi internazionali nelle quali sorgono questioni inerenti la tutela delle indicazioni di origine. Inoltre, il Ministero offre assistenza e supporto all‘Ufficio brevetti, cura gli aspetti relativi alle politiche qualitative e può svolgere mansioni di assistenza e consulenza a coloro che presentano richieste di registrazione DOP/IGP. Attualmente i controlli di conformità delle DOP e IGP ai disciplinari di produzione sono svolti, gratuitamente, da autorità pubbliche. Inoltre, diversamente da quanto prescritto dal Reg Ce 510/2006, l’Austria ha deciso di adottare misure più restrittive anticipando il termine ultimo per l’accreditamento degli organismi di controllo al 2008. A partire da tale data l’attuale sistema di controllo gestito da enti/autorità pubbliche sarà definitivamente sostituito da organismi privati accreditati alle norme EN 45011. 6.5.2 Il mercato delle DOP e IGP in Austria Il paniere di prodotti DOP e IGP austriaco conta 12 denominazioni. I 6 formaggi DOP costituiscono la categoria merceologica più numerosa, se- Figura 6.10 - Le DOP e IGP austriache per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni) Prodotti a base di carne 2 Ortofrutticoli e cereali 3 Oli di oliva 1 Formaggi 6 Fonte: elaborazione ISMEA su dati Ue. 132 guita da quella dei prodotti ortofrutticoli e cereali con 2 DOP e 1 IGP. Completano il paniere due speck IGP ed un’indicazione geografica relativa al comparto dei grassi e degli oli. La maggior parte dei prodotti DOP e IGP proviene da “aree svantaggiate: i 6 formaggi DOP e i 2 prodotti a base di carne provengono infatti da regioni montane; in particolare, 3 formaggi e 1 prodotto a base di carne si producono nella regione del Tirolo. Rappresentano un’eccezione 2 prodotti appartenenti al comparto ortofrutticolo (gli asparagi “Marchfeldspargel” e le albicocche “Wachauer Marille”) e l’olio di semi di zucchine “Steirisches Kürbiskernöl“. Data l’assenza di fonti statistiche ufficiali, al fine di analizzare il mercato delle DOP e IGP austriache, si è effettuata una ricerca ad hoc59 condotta tramite interviste con esperti del Ministero delle Politiche Agricole e colloqui telefonici con i responsabili dei 12 prodotti tutelati. La ricerca condotta, tuttavia, fa riferimento ad 8 prodotti, perchè non è stato possibile raccogliere i dati relativamente al “Tiroler Speck”60 e a 3 formaggi 61 (Tiroler Bergkäse”, “Tiroler Almkäse” e “Tiroler Graukäse”). La produzione certificata di questi 8 prodotti DOP e IGP è stimata pari a 8.317 tonnellate; di queste, il 53% è rappresentato da 3 formaggi a marchio DOP (Gailtaler Almkäse, Vorarlberger Alpkäse e Vorarlberger Bergkäse). Il Vorarlberger Bergkäse è il formaggio DOP che presenta i maggiori quantitativi certificati, pari a 4.000 tonnellate. Figura 6.11 - L’incidenza di ciascun comparto DOP-IGP sulla produzione certificata complessiva nel 2004 (dati in %) Ortofrutticoli e cereali 35% Oli e grassi 12% Formaggi 53% Prodotti a base di carne 0,1% Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006. Seguono gli ortofrutticoli e i cereali, con un peso pari al 34,9%, e i grassi e gli oli con un peso del 12%. Il restante 0,1% della produzione certificata è rappresentato dal Gailtaler Speck IGP. 133 L’analisi della dimensione produttiva, rileva la presenza di forti differenze tra le DOP e IGP austriache. Alcune denominazioni, come ad esempio l’asparago “Marchfeldspargel” e il “Gailtaler Speck”, sono caratterizzate da una piccola realtà produttiva con un esiguo numero di produttori e di trasformatori che operano prevalentemente per il mercato locale. Tabella 6.20 - La produzione DOP e IGP in Austria nel 2004 Denominazione Descrizione del prodotto Wachauer Marille Waldviertler Graumohn Formaggio a pasta dura da latte vaccino crudo Formaggio a pasta dura da latte vaccino crudo. Allevamenti su pascolo alpino Formaggio misto latte vaccino e latte di capra crudo Formaggio a pasta dura da latte vaccino crudo. Allevamenti su pascolo alpino Formaggio a pasta dura da latte vaccino crudo. Formaggio magro di latte crudo da vacche razza di Tirolese Salume affumicato e stagionato ricavato dalla cascia, dalla pancia o dal cosato del suino Salume affumicato e stagionato Olio di semi di zucchine utilizzato come condimento Albicocca proveniente dalla regione Wachau Semi di papavero Marchfeldspargel Asparago proveniente dalla regione Mrarchfele Vorarlberger Bergkäse Vorarlberger Alpkäse Gailtaler Almkäse Tiroler Almkäse Tiroler Bergkäse Tiroler Graukäse Gailtaler Speck Tiroler Speck Steirisches Kürbiskernöl Produttori (n.) e/o superficie iscritta Trasformatori (n.) Produzione DOP/IGP (tonn.) 2.000 allevamenti 31 caseifci 4.000 - 140 caseifici alpini 350 350 allevamenti 13 caseifici alpini 55 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 17 allevamenti 2 salumifici 7 1.500 coltivatori/ sup. di 6.000 ha - - 30 oleifici 1.000 400 coltivatori/ sup. di 500 ha 350 coltivator/ sup. di 550 ha 2.500 1 impianto di essiccazione 400 e confezionamento 12 coltivatori/ superf.di 310 ha 5 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006. 134 Altre invece, sono caratterizzate da realtà produttive più significative: è il caso dell’olio“Steirisches Kürbiskernöl”, del formaggio“Vorarlberger Bergkäse” e del “Tiroler Speck”. La produzione di quest’ultime si contraddistingue per la presenza di grandi aziende di produzione e di trasformazione e per la distribuzione dei quantitativi certificati sia a livello nazionale che internazionale. Negli ultimi anni, la quasi totalità dei prodotti DOP e IGP è stata interessata da una crescita dei volumi produttivi, accompagnata da un aumento del numero delle aziende di produzione e di trasformazione. L’unica eccezione è rappresentata dal formaggio “Vorarlberger Alpkäse”, la cui produzione si mantiene stabile, nonostante le difficoltà di mantenimento dei pascoli alpini ed il calo del numero dei bovini nelle aree montane. La crescita produttiva è accompagnata inoltre da un incremento dei prezzi che si attestano su un livello più alto rispetto a quelli per prodotti simili non certificati. Il “Gailtaler Speck”, ad esempio, registra un prezzo all’ingrosso che è più alto mediamente del 20%, rispetto ad uno speck di media - alta qualità non certificato. I produttori di asparagi che rientrano nel circuito del “Marchfeldspargel” realizzano il 10% in più rispetto ai produttori di asparagi privi di indicazione di origine. Inoltre, la differenza di prezzo all’ingrosso tra prodotto certificato e non, sale addiritura al 50% per i semi di papavero “Waldviertler Gramohn”. In tale contesto si distingue il comparto dei formaggi: per alcuni di essi, infatti, non si registrano differenze tra il prodotto che rientra nel circuito DOP e lo stesso prodotto non certificato. Ad esempio, il formaggio “Gailtaler Almkäse” DOP è venduto allo stesso prezzo praticato dai tre casefici alpini, della stessa zona di produzione (versanti delle cime dell’Alto Gailtal), che non aderiscono al sistema DOP. In generale, il livello dei prezzi è influenzato dal canale distributivo utilizzato, dal livello di lavorazione e dalla gamma di prodotti lavorati. Passando ad analizzare i canali distributivi utilizzati, si rileva che la vendita diretta riveste un ruolo importante per le DOP/IGP austriache. Tale canale distributivo è favorito dalla presenza di un’agricoltura su scala ridotta che consente il mantenimento dei prezzi su livelli soddisfacenti per i produttori. La percentuale della vendita diretta al dettaglio varia da un massimo del 90% per il formaggio DOP “Gailtaler Almkäse” e per l’albicocca DOP “Waldviertler Graumohn”, fino a raggiungere una quota non inferiore al 30% per gli altri formaggi DOP e per il “Gailtaler Speck”. Per quanto riguarda la diffusione dei prodotti tutelati su scala internazionale, il formaggio “Vorarlberger Bergkäse” è il principale export oriented: destina ben il 60% della produzione alla Germania. 135 6.5.3 Gli altri marchi di qualità istituzionali In Austria la certificazione di prodotto tramite marchi regionali ha cominciato a diffondersi a partire dalla fine degli anni ’70. Oggi l’Austria vanta una gran numero di marchi di qualità istituiti dalle regioni, legati prevalentemente a metodi di produzione artigianale e biologici. Particolarmente diffusi sono i loghi che, richiamando nell’immaginario del consumatore paesaggi montani, garantiscono la conformità a sistemi di produzione biologica, di produzione integrata, a particolari disciplinari produttivi o compatibili col rispetto del benessere degli animali. Nel campo delle produzioni biologiche esistono marchi regionali quali Bio Hofmarke e Biolandwirtschaft Ennstal, utilizzati rispettivamente nelle regioni Nordliche Kalkaloen e Ennstal. Altri esempi di marchi ombrello per prodotti biologici tradizionali sono “Mostviertler spezialitaten” e “Waldland” associati ad alcune specialità alimentari realizzate, rispettivamente, nelle regioni di Mostviertel e Waldviertel. Nell’ottica di fornire un ulteriore strumento di valorizzazione delle specialità regionali, nel 2005 il Ministero Austriaco per le Politiche Agricole ha promosso un programma di ampio respiro denominato “Genussregion”, concepito come strumento di promozione dell’economia legata al territorio. Lo scopo principale di tale programma è quello di rafforzare, mediante la valorizzazione dei prodotti tipici locali, lo sviluppo dell’agricoltura, del turismo e del commercio regionale e promuovere campagne di informazione rivolte ai consumatori. Tale programma prevede, per ciascuna regione, l’individuazione dei prodotti maggiormente rappresentativi della tradizione e della cultura gastronomica dell’area, in vista della creazione di un marchio regionale. Condizione necessaria per poter essere riconosciuto come tale è che la materia prima e le fasi di trasformazione avvengano all’interno dell’area di riferimento. Per questo motivo una particolare priorità è riservata alle DOP e IGP che possono fregiarsi così anche di un marchio regionale. Inoltre, con il programma “Genussregion”, indirettamente si pubblicizzano anche le DOP e IGP: la certificazione delle DOP/IGP, infatti, viene esplicitamente menzionata all’interno del manifesto del “Genussregion”. Attualmente i prodotti regionali certificati con il marchio protetto “Genussregion” sono 28 e tra questi, quattro specialità sono state già registrate come DOP o IGP62. Di conseguenza, alcuni Consorzi di produttori hanno suggerito di integrare la certificazione DOP/IGP a quella del marchio “Genussregionen” in modo tale da realizzare una sinergia tra la politica di sviluppo regionale e di informazione dei consumatori con quella di tutela internazionale delle denominazioni. 136 6.5.4 La percezione dei consumatori In Austria, nonostante le frequenti richieste dei produttori e dei rappresentanti regionali, non esiste un’attività di informazione sistematica e capillare sui marchi DOP e IGP. I deboli segnali di risposta delle Istituzioni e le scarse risorse finanziarie delle associazioni di produttori regionali, costituiscono un grave limite allo svolgimento delle attività necessarie ad aumentare la consapevolezza dei consumatori sul significato dei loghi comunitari. Tabella 6.21 - Uso dei loghi DOP/IGP in Austria DOP/IGP È utilizzato il logo comunitario? Perché? Steirisches Kürbiskernöl Sì; il logo comunitario è inserito nel logo del consorzio. Il logo comunitario non viene utilizzato. Marchio privato. Sigillo rosso per i trasformatori, sigillo verde per gli allevatori Sì; il logo comunitario è utilizzato Sì; il logo comunitario è utilizzato (problema di etichettatura di pezzi piccoli) Gailtaler Speck Marchfeldspargel Gailtaler Almkäse Vorarlberger Alpkäse Sì; parzialmente Vorarlberger Bergkäse Sì; parzialmente Wachauer Marille Waldviertler Graumohn No; il logo UE non viene utilizzato. Sì; particolarmente per le materie prime (semi di papavero); Il significato del logo comunitario non è conosciuto dai consumatori. Ad esempio alcune aree minori di produzione dello Steirisches Kürbiskernöl si trovano nelle province di Burgenland e dell’Austria meridionale ma gran parte dei consumatori è convinta che i semi di zucca provengano esclusivamente dalla Stiria Il marchio privato è ritenuto più efficace nel richiamare il luogo di produzione Gran parte dei consumatori conosce il logo Il prodotto è famoso nella Carinzia e sta acquisendo notorietà in tutto il paese. La DOP consente conservare i pascoli alpini e di mantenere la lavorazione tradizionale del prodotto. Il marchio DOP viene richiesto soprattutto dai 2 grandi distributori (esportazione), ma non da piccoli distributori ed operatori di vendita diretta Il marchio DOP viene richiesto soprattutto dai 2 grandi distributori (esportazione), ma non da piccoli distributori ed operatori di vendita diretta L’integrazione del logo UE nel logo del consorzio è al momento in discussione. Non tutti i membri del consorzio usano il logo UE (per gli operatori minori il logo è troppo costoso e non necessario per la propria clientela abituale) Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006. Al contrario, le numerose etichette di prodotti biologici sono immediatamente riconoscibili dai consumatori. Questo grazie all’impegno profuso dalle Istituzioni nella promozione e diffusione della produzione biologica. In genere i loghi DOP e IGP sono meno conosciuti al pubblico rispetto ai marchi regionali e anche per questo motivo non vengono sempre utilizzati. 137 In alcuni casi gli stessi produttori preferiscono utilizzare i marchi privati allo scopo di promuovere la propria attività a livello regionale. Ad esempio i produttori del Gaitaler Speck ritengono i propri marchi aziendali più efficaci nell’identificare l’origine del prodotto e per questo motivo i loghi comunitari non compaiono mai nelle etichette. Nel caso delle tre DOP relative ai formaggi tirolesi (“Tiroler Bergkäse”, “Tiroler Almkäse” e “Tiroler Graukäse”), i costi di certificazione sono considerati superiori rispetto ai possibili benefici, e per tale motivo fino ad oggi non è stato commercializzato alcun quantitativo, né con il marchio di origine comunitario, né tanto meno con il marchio dell’ente di certificazione. Per quanto riguarda invece gli altri due formaggi, Voralberger Alpkase e Voralberger Bergkase, il logo DOP viene utilizzato solo su richiesta di alcuni grandi grossisti che distribuiscono il prodotto marchiato sui mercati esteri. I piccoli dettaglianti locali, così come i produttori che effettuano la vendita direttamente nei propri spacci aziendali, non sono interessati all’utilizzo del marchio comunitario. Anche per l’albicocca DOP Wachauer Marille si utilizza generalmente il logo del consorzio e la designazione di origine e non il marchio DOP. Tuttavia, attualmente i produttori stanno discutendo sull’opportunità di integrare quest’ultimo nel marchio del consorzio. 6.5.5 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP Le prospettive del mercato delle DOP ed IGP austriache sono legate in primo luogo alla disponibilità delle Istituzioni ad investire risorse in campagne di informazione e di promozione dei loghi DOP e IGP. Il programma austriaco di sviluppo rurale offrirà inoltre nuove possibilità di sostegno finanziario ai produttori relativamente all’Asse I, relativo ai prodotti di qualità. Questa fonte di finanziamento nello scorso periodo di programmazione non è stata utilizzata in modo molto intensivo dai produttori, ma potrebbe, in futuro, imporre una spinta significativa al comparto delle denominazioni di origine. Per alcune DOP e IGP ulteriori opportunità possono scaturire, come già anticipato, dalla sinergie con le politiche di valorizzazione del territorio promosse tramite i marchi “Genussregion”. Il doppio status di denominazione protetta a livello comunitario e di prodotto riconosciuto come “Genussregion”, può garantire infatti i vantaggi della maggiore conoscenza da parte dei consumatori dei marchi regionali e contemporaneamente quelli derivanti da una più efficace tutela della denominazione sia sul mercato interno sia su quello comunitario. Tuttavia, per le DOP e IGP la cui distribuzione è prevalentemente di tipo locale non è da escludere che questa opportunità spinga alcune associazioni ad optare solo per il solo riconoscimento del marchio regionale ed a rinunciare all’utilizzo del marchio DOP e IGP. 138 Su questa decisione assumerà sicuramente un peso rilevante l’aumento dei costi di certificazione, che preoccupa soprattutto le piccole aziende, quale conseguenza del passaggio dal sistema di controllo gratuito gestito da organismi pubblici, a quello gestito da organismi privati. Nella regione del Vorarlberg è addirittura in fase di discussione la decisione di abbandono completo del sistema DOP per il ”Vorarlberger Alpkäse” e il “Vorarlberger Bergkäse”. Anche i responsabili dell’Associazione della DOP “Marchfeldspargel” prevedono che il cambiamento della gestione dei controlli spingerà molti produttori ad uscire dal circuito tutelato. Contrariamente a queste posizioni, alcuni Consorzi sostengono la necessità di controlli più rigorosi, lamentando una difformità di trattamento da parte delle diverse autorità provinciali. Il ricorso a un sistema privato accreditato che comporti un aumento dei costi della certificazione concorrerrà a creare una selezione tra i produttori veramente intenzionati a investire su una strategia di marketing centrata sullo status di denominazione di origine. 6.6 L’Olanda63 6.6.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari In Olanda la procedura di registrazione delle DOP e IGP fa capo al Consiglio per i Prodotti Agricoli - Hoofdproductschap Akkerbouw (d’ora in avanti HPA), a cui sono indirizzate tutte le domande di riconoscimento. Tale organo, creato per decreto dallo stesso Ministero olandese dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Qualità dei prodotti alimentari, è strutturato come un’organizzazione interprofessionale e ricopre la funzione istituzionale di proporre e applicare le normative in materia di produzione agroalimentare. L’HPA è suddiviso al suo interno in consigli specifici di prodotto i cui rappresentanti sono membri anche del Comitato informativo sulle indicazioni geografiche e denominazioni di origine (d’ora in avanti AGOS), che ha il compito di valutare tutte le richieste di registrazione. In particolare, l’AGOS, nel valutare le richieste di registrazione si concentra in modo particolare sulla verifica del potenziale interesse economico della tutela del prodotto e sulle eventuali obiezioni presentate da terzi. Verificati questi ed altri requisiti, la richiesta viene inoltrata al Ministero per l’Agricoltura con la raccomandazione di avviare la procedura di richiesta formale a Bruxelles. Una volta ottenuto il riconoscimento, il gruppo di produttori deve accordarsi con l’ente incaricato alla certificazione di prodotto e all’attività di controllo della produzione. 139 In Olanda, esistono tre organismi di certificazione pubblici che operano su tutto il territorio e rispondono ad un unico ente statale di accreditamento, l’Autorità per la sicurezza dei prodotti alimentari. Nel dettaglio, i controlli sui prodotti caseari sono affidati all’Autorità centrale di controllo del latte e dei derivati (COKZ), quelli sulla patata “Opperdoezer” all’organismo di controllo ”Autorità nazionale per il controllo delle carni e del bestiame” e quelli sull’uva “Wesylandse” all’Ispettorato per la qualità dei prodotti ortofrutticoli” (Kwaliteits Controle Bureau voor Groenten en Fruit-KCB). 6.6.2 Il mercato delle DOP e IGP in Olanda Alla fine di giugno 2005, il paniere olandese delle DOP e IGP conta 6 denominazioni. Di queste 4 DOP sono relative al comparto dei formaggi e 1 DOP e 1 IGP a quello degli ortofrutticoli e dei cereali. Tabella 6.22 - La produzione DOP - IGP in Olanda nel 2004 Denominazione Noord-Hollandse Gouda (DOP) Noord-Hollandse Edam (DOP) Kanterkaas / Kanternagelkaas / Kanterkomijnekaas (DOP) Boeren-Leidse kaas met sleutels (DOP) Opperdoezer Ronde (DOP) Westlandse Druif(IGP) Totale Tipo di prodotto Formaggio Formaggio Formaggio Produttori (n.) 2 cooperative 1 cooperativa 1 cooperativa Formaggio Patata Uva 14 produttori 20 coltivatori 30 coltivatori Produzione (t.) Fatturato (Mil. €) 35.000 128,6 900 3,31 1.600 6,4 366 3.750 95 41.711 1,74 1,86 0,57 142,48 Fonte: elaborazioni ISMEA su dati H. S. van der Meulen, Università di Wageningen, 2006. Nel 2004 sono state certificate complessivamente 41.711 tonnellate per un corrispondente fatturato alla produzione pari a 142,48 milioni di euro. I formaggi con 37.866 tonnellate (pari al 90,8% del totale) e un fatturato alla produzione di poco superiore ai 140 milioni di euro (98,3%) rappresentano il comparto più rilevante. I prodotti ortofrutticoli, con 3.845 tonnellare, rappresentano l’1,7% (2,43 milioni di euro) del volume d’affari all’origine del comparto DOP e IGP. 6.6.3 Il comparto dei formaggi Il comparto dei formaggi, per volumi produttivi e per numero di denominazioni registrate, è quello più sviluppato. Nel 2004, il comparto dei formaggi ha certificato 37.866 tonnellate: al suo interno per volumi produttivi e giro d’affari, spicca la DOP Noord - Hollandse Gouda. 140 Tale denominazione, con le sue 35.000 tonnellate, rappresenta il 92,4% della produzione di formaggi DOP. Il fatturato alla produzione si attesta intorno ai 129 milioni di euro, pari al 91,8% del fatturato complessivo. La DOP Noord - Hollandse Gouda appartiene alla categoria conosciuta in tutto il Nord Europa con il nome generico di Gouda, di cui esistono differenti versioni. In Olanda le caratteristiche del Gouda generico – relative ad esempio alla forma, al contenuto di grasso e a quello di umidità - sono definite dalla legislazione vigente in materia di qualità dei formaggi, e differiscono dagli standard seguiti in altri Paesi. La regolamentazione olandese è stata recentemente modificata in modo tale da renderla meno vincolante per i produttori olandesi e più allineata a quella seguita dagli altri competitors europei, tra i quali il principale è la Germania. Complessivamente la produzione di Gouda generico in Olanda si attesta sulle 410 mila tonnellate. Rispetto alla versione generica, la DOP Noord-Hollandse Gouda viene preparata esclusivamente con latte proveniente dalla omonima provincia (Noord-Holland). Il processo produttivo è completamente industrializzato e prevede la pastorizzazione del latte non scremato. La richiesta di certificazione è stata inoltrata da Campina, una delle più grandi cooperative lattiero-casearie olandesi: in uno dei suoi cinque stabilimenti, ogni anno vengono lavorate circa 300 mila tonnellate di latte, delle quali 30 mila destinate alla DOP Noord-Hollandse. Campina, inoltre, è attualmente l’unico produttore che riporta esplicitamente il marchio di origine comunitario sul prodotto, enfatizzando quindi le caratteristiche del formaggio in relazione al suo stato di DOP. L’altro produttore della DOP Noord-Hollandse Gouda è la cooperativa Cono, che per evitare la concorrenza diretta con Campina ha adottato una strategia basata esclusivamente sulla promozione dei propri marchi aziendali. Per questo motivo, la cooperativa non ha ancora utilizzato esplicitamente la denominazione Noord-Hollandse e il logo comunitario, ma ha puntato su un proprio marchio “Beemster”, che richiama il nome di una conosciuta località all’interno della provincia del Noord-Holland. Il 4,2% della produzione certificata (1.600 tonnellate) dei formaggi DOP è riconducibile alle denominazioni Kanterkaas, Kanternagelkaas e Kanterkomijnekaas, che nel corso del 2004 hanno registrato un fatturato alla produzione di circa 6,4 milioni di euro. Le diverse denominazioni si riferiscono ad altrettante versioni dello stesso tipo di formaggio (Kanterkaas) che si differenziano per il tipo di spezie utilizzate per aromatizzare il prodotto finito. Accanto alla versione speziata con semi di cumino (Kanterkomijnekaas) ne esiste infatti una aromatizzata anche con chiodi di garofano (Kanternagelkaas). Il peso delle forme può variare dai 3 kg fino ad un massimo di 8 kg, mentre la stagionatura dura al massimo 1 anno. 141 La richiesta di certificazione DOP è stata avanzata dal gruppo cooperativo Friesland Coberco Dairy Foods (Friesland Foods). Tale azienda, ha concentrato in un unico stabilimento tutta la produzione di questo formaggio, che è ottenuto con procedimenti industriali a partire dal latte pastorizzato. La situazione di mercato di questa DOP è del tutto simile a quella già vista nel caso del Noord-Hollandse Gouda. Così come l’azienda Cono, anche la Friesland Food, unica produttrice della DOP, non utilizza il nome e logo comunitario a scopi promozionali, bensì il proprio marchio privato. Circa metà della produzione di Kanternagelkaas viene infatti venduta, con la marca “Fryske Nagelaer”, alle catene di supermercati del Nord del paese; la restante parte viene ceduta, sprovvista di marchio, ai grossisti che si occupano dell’invecchiamento del prodotto e della successiva fornitura a negozi specializzati, gastronomie e supermercati. Il formaggio Kanterkomijnekaas viene venduto con un proprio marchio privato (“PanPan”) prevalentemente ai supermercati di tutto il paese. Il motivo per il quale la Friesland Foods non si serve del logo DOP è dovuto alle caratteristiche del mercato di questo formaggio; il consumo, infatti, è limitato ad aree relativamente ristrette del Paese, dove la fedeltà dei consumatori ai marchi privati dell’azienda è molto più elevata rispetto a quella dimostrata per il marchio di origine. Tale situazione, tra l‘altro, è riconducibilie alla strategia di marketing adottata dalla stessa Frico Cheese, ossia dalla divisione responsabile della commercializzazione dei latticini. Il 2,4% della produzione certificata (900 tonnellate) è rappresentato dal formaggio DOP Noord-Hollandse Edam, che realizza un fatturato alla produzione pari a 3,31 milioni di euro. Così come per il Gouda, anche il termine generico Edam viene utilizzato in riferimento ad un formaggio ottenuto da latte pastorizzato parzialmente scremato e prodotto da diverse aziende presenti in tutto il paese. La produzione di Edam in Olanda è di circa 137 mila tonnellate di cui 42 mila tonnellate realizzate nelle tradizionali forme sferiche, che è lo standard previsto per la versione DOP di questo formaggio. Per quanto riguarda la produzione della DOP, la cooperativa Cono è l’unica produttrice di Noord-Hollandse Edam: la produzione DOP è di circa 900 tonnellate annue pari al 2% della produzione nazionale di Edam in forme sferiche. Il disciplinare DOP prevede l’utilizzo di latte originario dell’omonima provincia ed un contenuto di sale lievemente inferiore rispetto all’Edam generico. La distribuzione del Noord Hollandse è quasi esclusivamente limitata al mercato interno, a differenza dell’Edam prodotto in altre zone del Paese, la maggior parte del quale è esportato (Spagna, Regno Unito e Caraibi). Meno dell’1% della produzione casearia olandese è realizzata da circa trecento aziende agricole che trasformano latte crudo in modo artigianale. Tra questi tipi di 142 formaggi rientra la DOP Boeren – Leidse. Nel 2004 le 14 aziende produttrici ne hanno commercializzate circa 366 tonnellate, con un fatturato alla produzione pari a 1,74 milioni di euro. La DOP Boeren – Leidse è un formaggio a pasta semi-dura ottenuto da latte crudo parzialmente scremato e aromatizzato con l’aggiunta di semi di cumino. La zona di origine è compresa nella provincia di Zuid-Holland, nell’area che circonda la città di Leiden. Gran parte di questo formaggio è venduto a grossisti dopo due settimane dal termine della lavorazione, mentre quote inferiori sono vendute direttamente al consumatore, tramite gli spacci aziendali. A differenza del Gouda artigianale, che viene esportato in Germania e Belgio, le esportazione di formaggio Boeren-Leidse sono del tutto trascurabili. E’ interessante ricordare che, per tale DOP, i prezzi di vendita all’ingrosso vengono stabiliti da una commissione composta da grossisti e produttori prendendo in considerazione le tendenze generali del mercato e la quantità di formaggio disponibile nei magazzini. Inoltre, esiste un sistema di autoregolamentazione dell’offerta, studiato per evitare crisi da sovrapproduzione, che si basa su un regime di quote individuali (non più di 40 tonnellate all’anno per azienda) e sull’imposizione di periodi di interruzione della produzione per un numero variabile di settimane lungo l’arco dell’anno (da 0 a circa 12 settimane). All’interno del comparto dei formaggi olandesi, risulta in attesa del riconoscimento comunitario STG l’“Hollandse Boerenkaas” (cfr GUCE n°316 del 13/12/2005). La richiesta per il riconoscimento è stata inoltrata dalla Dutch Bond van Boerderijzuivelbereiders, l’associazione alla quale aderiscono un gran numero di produttori di formaggi artigianali olandesi. L’iniziativa è dovuta alla prospettiva di un’imminente abrogazione della normativa nazionale in materia di qualità dei formaggi (Landbouwkwaliteitsregeling), che avrebbe lasciato i produttori artigianali completamente indifesi dalla concorrenza dei formaggi ottenuti industrialmente con latte pastorizzato. La denominazione Boerenkaas, pur in attesa del riconoscimento STG, è in realtà utilizzata per indicare un grande varietà di formaggi la cui caratteristica comune è quella di essere prodotti artigianalmente con latte crudo e per almeno il 50% con latte proveniente dall’allevamento dell’azienda produttrice. Generalmente, al termine registrato Boerenkas viene aggiunta una seconda denominazione64 che individua le caratteristiche specifiche del formaggio. 6.6.4 Il comparto ortofrutticolo In Olanda, la produzione ortofrutticola di qualità (3.845 tonnellate), con due denominazioni registrate, rappresenta il 9,2% della produzione certificata com- 143 plessiva con un’incidenza dell’1,7% (2,43 milioni di euro) sull’intero fatturato alla produzione. All’interno del comparto, con 3.750 tonnellate (pari al 97,5% del totale ortofrutta di qualità) e un fatturato alla produzione di 1,86 milioni di euro (pari al 76,5%) si distingue la DOP Opperdoezer Ronde (patata). La zona di origine di tale DOP si estende su una superificie di 1.600 ettari - di cui 1.100 di superficie agricola - situata attorno al comune di Opperdoes, a pochi chilometri da Amsterdam. La produzione totale di questa particolare varietà di patata varia tra le 350 e le 400 mila tonnellate l’anno, in funzione delle condizioni atmosferiche, mentre, la resa massima per ettaro - di molto inferiore allo standard olandese - non supera le 35 tonnellate. Gli stessi produttori hanno creato una cooperativa che ha il diritto esclusivo sulla distribuzione del materiale da riproduzione; a tale cooperativa, hanno l’obbligo di aderire tutti i produttori che vogliono operare nel circuito tutelato. Per quanto riguarda i prezzi, essi subiscono sensibili fluttuazioni durante il periodo della raccolta, ossia da giugno a settembre. Il prezzo minimo (0,20 €/kg) viene toccato in agosto quando la disponibilità sul mercato raggiunge il picco massimo, mentre i prezzi più alti, fino ad alcuni euro per kg, vengono spuntati nei primi mesi del raccolto sul prodotto novello. Nel 2004 la quotazione media è stata di 50 centesimi di euro per chilo. Nel corso degli ultimi dieci anni il valore della produzione si è mantenuto relativamente stabile; le fluttuazioni del fatturato sono in larga misura da imputare a variazioni dei prezzi, piuttosto che delle quantità prodotte, a causa della ristrettezza del mercato al consumo e della rigidità della domanda. Del resto, la disponibilità di terreno potenzialmente coltivabile potrebbe garantire un aumento della produzione del 50%. In passato tutta la vendita all’ingrosso di questo prodotto veniva gestita tramite un’asta cooperativa (Greenery di Zwaagdijk). Attualmente, solo le patate novelle, che costituiscono una piccola parte della produzione, sono ancora messe all’asta, mentre più del 90% del prodotto viene venduto direttamente a supermercati (Albert Heijn, C1000) sulla base di contratti di fornitura. Le catene di supermercati utilizzano packaging personalizzati sui quali frequentemente compare anche il logo DOP. Tuttavia, nonostante la drastica riduzione delle vendite all’asta, i produttori sono tenuti a versare alla cooperativa un contributo, proporzionale al quantitativo prodotto, destinato ad attività di promozione (poster, fiere, ecc). La produzione certificata dell’IGP Westlandse Druif (95 tonnellate) incide per il 2,5% sull’intera produzione ortofrutticola olandese e per il 23,5% sul fatturato alla produzione complessivo. La Westlandse Druif è la denominazione di uve di serra di diverse varietà coltivate nell’area di Westland a sud dell’Aia. 144 In quest’area, la coltivazione della vite in serra si è sviluppata all’inizio del secolo scorso, sostituendo gradualmente la tradizionale pratica di piantare le viti a ridosso dei muri. Lo sviluppo della viticoltura nei Paesi maggiormente vocati dell’Europa Meridionale, ha determinato nel corso degli anni successivi un drastico calo della superficie vitata, che oggi è ridotta a soli 3,3 ettari, e ha contemporaneamente favorito la specializzazione di quest’area verso le produzioni orticole. Nel 2004 la produzione di uva nell’area del Westland è stata di circa 95 tonnellate; la maggiore produttrice è la Fondazione “De Westlandse Druif”, che ha anche promosso l’iniziativa per il riconoscimento della denominazione. La stessa fondazione sta cercando di coinvolgere gli agricoltori della zona per promuovere iniziative di marketing comuni sotto la stessa etichetta Westlandse Druif. 6.6.5 I marchi di qualità non istituzionali In Olanda, oltre alla registrazione dei marchi DOP e IGP, esistono altri strumenti di tutela e promozione dei prodotti tradizionali olandesi. Per quanto riguarda le iniziative di tipo privato, dal 2002, Slow Food ha avviato, nell’ambito di un programma denominato Ark of Taste, alcune iniziative a livello locale (Presidia) coinvolgendo volontari e produttori, allo scopo di creare un sistema di valorizzazione della produzione di alcuni prodotti alimentari tradizionali. I produttori coinvolti non possono esporre, sul prodotto o sul relativo imballaggio, alcun marchio che faccia riferimento a Slow Food dato che l’associazione non registra loghi o i nomi dei prodotti. Tuttavia, queste iniziative possono servire da impulso ai gruppi di produttori locali, spingendoli a registrare il nome o il logo identificativo della località di origine. In genere, infatti, il risultato è la creazione di un associazione o di un consorzio tra produttori che detiene la proprietà del marchio. In ambito istituzionale, dal 1999 la Stichting Streekeigen Producten Nederland (d’ora in avnati SPN) rilascia a singoli produttori la licenza all’utilizzo di un marchio che riporta la dicitura “Erkend Streekproduct” (prodotto regionale riconosciuto). Ai fini dell’utilizzo di tale marchio è effettuata la valutazione del legame con il luogo di origine, la quale si basa su un criterio piuttosto generico: la produzione di almeno il 50% delle materie prime e tutta la lavorazione finale devono avvenire in una determinata zona geografica. Molti dei produttori che utilizzano questo marchio aderiscono ad organizzazioni o consorzi di respiro regionale, create per la promozione, tramite marchi ombrello, dei prodotti agroalimentari che fanno riferimento non ad una singola 145 specialità ma ad un ampio assortimento di prodotti alimentari provenienti dalla regione. Alcune delle organizzazioni promotrici dei marchi ombrello regionali sono infatti le stesse co-fondatrici del SPN. I marchi più conosciuti che riportano l’indicazione della regione di origine sono Waddengroep, Waterland, Groene Hart, Zeeuwse Vlegel, Limburgs Land, Gelderse Poort e Groote Peel Spessp. 6.6.6 L’attitudine dell’Olanda verso la protezione delle IG L’impostazione anti-protezionistica e favorevole al libero commercio ha spesso caratterizzato la posizione del governo olandese in contrapposizione alla politica comunitaria di tutela delle indicazioni geografiche. Questo orientamento liberale si è manifestato, ad esempio, nei frequenti tentativi di allargare la lista delle denominazioni considerate come generiche e quindi non ammissibili ad alcun tipo di tutela. Basti pensare che la stessa Olanda, ai sensi della Convenzione di Stresa, si è battuta per la registrazione delle denominazioni Edam e Gouda come nomi di prodotti generici piuttosto che pensare ad una strategia di protezione a favore dei propri produttori. Tuttavia gli orientamenti di alcuni Consorzi e Associazioni di produttori e di recente l’industria lattiero casearia olandese hanno sposato una strategia opposta a quella seguita dal governo olandese. A Bruxelles ad esempio è pendente la richiesta per il riconoscimento delle IGP Hollandse Gouda and Hollandse Edam; nella prospettiva dei proponenti, la denominazione di origine “Hollandse” garantirà, per questi formaggi, una maggiore attrattiva al prodotto nazionale che, in particolare sui mercati esteri, deve competere con il Gouda e l’Edam generico. In generale, da parte dei produttori permane comunque uno scarso interesse alla tutela delle denominazioni di origine. Lo scarso interesse è dovuto alle caratteristiche del settore agroalimentare del Paese, che è particolarmente orientato verso i mercati esteri e la cui competitività, a livello internazionale, si basa essenzialmente sulle economie derivanti da produzioni di larga scala e sulla standardizzazione ed innovazione di prodotto. Questo modello di sviluppo ha rafforzato tra gli operatori una cultura prevalentemente aziendalista, mirata al sostegno del marchio privato e al miglioramento delle capacità individuali, e meno attenta a considerare iniziative di promozione di tipo collettivo. Di conseguenza, molti prodotti regionali tipici o sono scomparsi, o sono del tutto sconosciuti al di fuori dei confini nazionali, mentre gran parte del mercato delle denominazioni registrate è in mano a pochi grandi produttori (come nel caso di Noord-Hollandse Edam e Kanterkaas). 146 6.6.7 La percezione dei consumatori A causa della scarsa promozione dei marchi DOP ed IGP i consumatori olandesi sono quasi all’oscuro del loro significato e non conoscono i relativi loghi. Del resto, il marchio europeo è raramente visibile sui prodotti perché i produttori tendono prevalentemente a promuovere i loro prodotti tramite marchi privati. Inoltre, ad aumentare il disorientamento dei consumatori, concorre anche la larga diffusione di denominazioni registrate con marchi privati che fanno fittiziamente riferimento ad indicazioni di origine, come nel caso dei formaggi Old Amsterdam e Leerdammer. Il concetto di attestazione di conformità, o di certificazione di prodotto, è tuttavia percepito dai consumatori, grazie soprattutto alla crescente importazione di vini da altri Paesi europei. Inoltre, l’apprezzamento per i prodotti tipici regionali è in decisa crescita presso i consumatori, grazie alla consuetudine di trascorrere periodi di vacanze nei paesi dell’Europa meridionale. 6.6.8 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP La prospettive di crescita per il mercato delle DOP, IGP e STG olandesi già esistenti e per quelle in via di riconoscimento dipende in larga misura dall’esito della “battaglia sull’origine” del formaggio di tipo Gouda ed Edam. Se verranno riconosciute le denominazioni Hollandse Gouda e Hollandse Edam (in attesa di IGP) è probabile che si apriranno nuovi spazi sui mercati esteri per questi tipi di formaggio le cui denominazione oggi vengono utilizzate da tantissime altre industrie del Nord Europa. Questo sviluppo potrebbe inoltre avere effetti positivi sull’immagine delle DOP olandesi, in particolare per i formaggi maggiormente presenti sui mercati esteri. Ma molto dipenderà anche dalla capacità dei produttori olandesi di rendere trasparente la differenza tra la versione nazionale del loro formaggio e le restanti produzioni degli altri Paesi. Questo aspetto, tra l’altro, tocca un problema di carattere più generale che riguarda gran parte delle DOP ed IGP olandesi, o almeno quelle che rivestono un maggior peso sul mercato. I vincoli imposti dai disciplinari ai processi di produzione sono in realtà molto deboli, tanto che la produzione di formaggi come l’N-H Edam e il N-H Gouda può essere gestita, così come attualmente avviene, in modo completamente industrializzato. La mancanza di elementi oggettivi di specificità della produzione DOP rispetto quella industriale, limita le possibilità di riconoscimento da parte della UE per- 147 ché le peculiarità dei metodi di produzione diventano più difficili da dimostrare e più semplici da contestare pubblicamente. Inoltre, una volta resa pubblica la debolezza degli elementi di tipicità attestati dalle certificazioni DOP e IGP, tra i produttori può sorgere una certa riluttanza al loro utilizzo. D’altro canto, il fatto che la possibilità di fare pubblicità al prodotto, anche per il suo status di DOP sia stato scarsamente sfruttato nel settore caseario,65 rende auspicabile un maggiore uso, nel futuro, dello strumento pubblicitario prima sul mercato olandese e successivamente anche all’estero. 148 50) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Luis Miguel Albisu dell’istituto Unidad Economia Agraria, Gobierno Aragòn di Zaragoza. 51) Da luglio 2005 a giugno 2006. 52) Subdireccion General de Sistemas de Calidad. 53) I dati si riferiscono alle 100 denominazioni attualmente iscritte nel registro comunitario delle DOP e IGP. Va tenuto presente che al 2004 alcune di queste denominazioni rientravano solo nel regime di certificazione nazionale poiché la richiesta di riconoscimento non era stata ancora trasmessa alla Commissione europea o era in fase di esame. 54) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Bernard Lassaut dell’istituto INRA di Nantes. 55) Cfr “I prodotti Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005. 56) Cfr “I prodotti Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005, pp 155157. 57) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Tilman Becker, Institute for Agricultural Policy and Marketing, Università Hohenheim di Stuttgart. 58) La ricerca i cui risultati sono di seguito riportati è stata coordinata nel 2006 dal prof. Tilman Becker docente presso l’Università di Hohenheim. I questionari sono stati inviati a tutti i Consorzi di tutela delle DOP e IGP tedesche, ad eccezione di quelle relative ad acque minerali. Al questionario hanno fornito risposta 22 consorzi su un totale di 36. 59) Becker, T. und E. Benner: Zur Problematik der Herkunftsangabe im regionalen Marketing. Arbeitsbericht Nr. 1, Hohenheim 2000. 60) Becker, T.: Zur Bedeutung geschützter Herkunftsangaben. Hohenheimer Agrarökonomische Arbeitsberichte Nr. 12, Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktlehre der Universität Hohenheim, Dicembre 2005. 61) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Michael Lough, Thought for Food Marketing Ltd, Preston. 62) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Michael Groier, Bundesanstalt für Bergbauernfragen, Wien. 63) M. Groier, 2006. 64) Per tale prodotto non è stato possibile raccogliere alcuna informazione poiché il presidente del Consorzio ha negato la propria disponibilità. 65) La mancanza di statistiche per i tre formaggi DOP provenienti dalla regione del Ti- rolo, è dovuta all’assenza delle procedure di certificazione che permetterebbero di quantificare i volumi a marchio di origine. Infatti, nonostante il riconoscimento di queste denominazioni risalga al 1995, fino ad ora non è stato commercializzato alcun quantitativo con il marchio DOP. 66) Si tratta delle DOP e IGP Waldviertler Mohn, Gailtaler Speck, Gailtaler Almkäse, Marchfelder Spargel. 67) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Hielke van der Meulen, Institute for Rural Sociology, Università Wageningen, Wageningen. 68) Goudse Boerenkaas, Goudse Boerenkaas met kruiden, Edammer Boerenkaas, Leidse Boerenkaas, Boerenkaas van geitenmelk and Boerenkaas van schapenmelk. 69) Lo strumento pubblicitario è stato utilizzato solo per la DOP Noord-Hollandse Gouda, da parte dell’azienda Campina. 149 7. Case study: politiche distributive e consumo nei comparti della carne fresca e dell’ortofrutta DOP-IGP 7.1 Obiettivi e metodologia I l presente capitolo illustra i principali risultati delle indagini quali-quantitative realizzate sul consumatore e sul trade, focalizzate sui settori “carne fresca” ed “ortofrutta” a marchio DOP e IGP. Le rilevazioni sono state finalizzate alla rilevazione del grado di conoscenza e della percezione del consumatore su tali prodotti a Denominazione di Origine e alla comprensione delle strategie di assortimento e delle problematiche legate alla vendita di queste categorie di prodotti. Per quanto riguarda il consumatore è stata realizzata sia una indagine di tipo qualitativo che una di tipo quantitativo. L’indagine qualitativa è stata svolta mediante la conduzione di 4 focus group, 2 inerenti al consumo di carne fresca IGP e 2 inerenti a quello di ortofrutta di qualità, nei punti campione di Milano (2 focus group), Roma e Napoli, nel febbraio 2006. Questa modalità di analisi, oltre ad assumere una funzione propedeutica alla realizzazione della fase quantitativa, ha consentito di approfondire alcune tematiche specifiche. L’indagine quantitativa è stata condotta su un campione complessivo di 1200 consumatori - 600 per l’argomento “carni” e 600 per l’argomento “ortofrutta” - e stratificato per area geografica. Un’ampiezza campionaria di questo tipo ha permesso di ottenere risultati statisticamente significativi, a livello generale, con un margine di errore del 3% e con un livello di fiducia pari al 95%. Per ottenere risultati più fedeli possibili al vissuto al momento dell’acquisto, si è utilizzato lo strumento delle interviste face to face in store, realizzate all’interno dei reparti di vari ipermercati a livello nazionale, nel mese di aprile 2006. Per quanto riguarda il trade, è stata realizzata un’indagine mediante interviste face to face, su un campione complessivo di 250 punti vendita stratificato per area geografica: il 60% delle interviste sono state rivolte a responsabili di reparto della GDO (ipermercati, supermercati e superettes), mentre il rimanente 40% è stato realizzato presso il dettaglio tradizionale66 (macellerie e negozi ortofrutticoli), intervistando i titolari o i responsabili di negozio. La rilevazione si è svolta nella seconda metà del mese di marzo 2006. 7.2 Principali evidenze emerse Le indagini svolte consentono di mettere in evidenza numerose affinità, ed alcune differenze, nel vissuto del consumatore in fatto di carni da un lato e di pro- 150 Tabella 7.1 - Le principali evidenze emerse dall’indagine qualitativa e quantitativa sul consumatore Settore carne fresca Caratteristiche di consumo in generale - la frequenza di consumo rilevata è di 3-4 volte la settimana - la carne bovina è considerata irrinunciabile, affidabile e di qualità, come un "padre di famiglia", mentre la carne suina è associata ad un vissuto di allegria e simpatia; per le carni avicole, infine, prevale il vissuto di praticità e leggerezza Settore ortofrutta - il consumo è quasi sempre giornaliero e riguarda i prodotti di stagione, soprattutto per la frutta - la frutta è acquistata preferibilmente sfusa, mentre per la verdura assume rilevanza il prodotto preconfezionato per la sua praticità - non emerge, dai focus group, un particolare orientamento all'acquisto di prodotti biologici - ipermercato e supermercato: per ragioni legate alla maggiore Luogo di acquisto principale - ipermercato e supermercato: per ragioni legate alla convenienza (buon rapporto qualità / prezzo), alla co- rotazione e conservazione dei prodotti, alla comodità e all'abitumodità, all'abitudine, all'ampia varietà di offerta e ad una dine a frequentarlo per la spesa maggiore controllo dei prodotti rispetto alla macelleria - l'acquisto è meditato (lista della spesa). Possono essere acquistate di impulso le carni in offerta o alcune specialità - importanza all'aspetto organolettico, all'origine e alla sicurezza - l'origine italiana è importante, anche se può essere apprezzata la provenienzai da paesi famosi per le carni di qualità - l'acquisto è programmato, anche se la valutazione visiva del prodotto sul punto vendita può determinare cambiamenti di programma ed acquisti d'impulso - importanza all'aspetto estetico, all'origine e all'aspetto organolettico - il concetto di origine è focalizzato sull'origine italiana e/o locale Percezione della qualità - il concetto di qualità è complesso, e risulta da una fusione di elementi polisensoriali, di aspetti legati all'origine e di aspetti legati in modo diretto alla sicurezza alimentare - anche per l'ortofrutta, il concetto di qualità parte da un appagamento polisensoriale per estendersi all'origine (italiana, locale) e alla sicurezza. Anche il prezzo, se non troppo basso, viene considerato un indicatore di qualità. Conoscenza dei prodotti DOP e IGP - il 70,7% dei consumatori di carne fresca ha sentito parlare dei prodotti DOP e IGP - la conoscenza delle denominazioni non è approfondita, nemmeno nella distinzione tra DOP e IGP - solo il 19,5% ha dichiarato di conoscere delle carni fresche DOP e IGP - il 73% dei consumatori di ortofrutta ha sentito parlare dei prodotii DOP-IGP - la conoscenza delle denominazioni non è approfondita, nemmeno nella distinzione tra DOP e IGP - solo il 30,8% ha dichiarato di conoscere frutta e/o verdura DOP-IGP Il profilo del consumatore - di sesso maschile, di età compresa tra 30-59 anni, in possesso di un titolo di studio elevato - di sesso maschile, di età compresa tra 40-49 anni, in possesso di un titolo di studio elevato Ricordo spontaneo dei prodotti DOP e IGP del comparto - il ricordo spontaneo è attinente, ma ciò che viene ricordato con maggiore facilità è la razza Chianina - la maggioranza dimostra un ricordo spontaneo corretto, citando soprattutto Pomodoro di Pachino, Arance rosse di Sicilia e Mela Val di Non Posizionamento dei marchi DOP e IGP - leggemente meno importante, tra i fattori decisionali al momento dell'acquisto, della rintracciabilità e della private label - non si collocano tra i principali fattori che compongono l'immagine di qualità - leggermente meno importante, tra le determinanti d'acquisto, della provenienza italiana, dell'aspetto estetico e della private label - non si collocano tra i principali fattori che compongono l'immagine di qualità Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. 151 (Segue) Processo di acquisto e criteri di selezione Tabella 7.1 - Le principali evidenze emerse dall’indagine qualitative e quantitativa sul consumatore Settore carne fresca Settore ortofrutta La diffusione territoriale dei prodotti DOP e IGP - conoscenza leggermente più elevata nelle aree di provenienza delle singole tipologie di carni - il grado di conoscenza, circoscritto oppure diffuso, è, naturalmente, collegato alla diffusione nazionale o locale dei prodotti I prodotti DOP e IGP hanno più valore aggiunto perchè... - sono carni soggette ad un maggiore controllo - sono carni 100% italiane - sono carni di cui si conosce l'esatta provenienza geografica - danno maggiore garanzia di controllo - sono prodotti di cui si conosce l'esatta provenienza geografica - sono prodotti italiani I prodotti DOP e IGP non hanno più valore aggiunto perchè... - tutte le carni subiscono controlli - è sufficiente sapere che sono carni italiane - La carne è giudicata in base al sapore - tutti i prodotti ortofrutticoli subiscono controlli - è sufficiente sapere che sono prodotti italiani - L'ortofrutta è giudicata in base agli aspetti organolettici (sapore, freschezza) Prezzo dei prodotti a D.O. - non sono emerse particolari indicazioni - da un lato, il prezzo potrebbe essere leggermente superiore, viste le maggiori garanzie di qualità, tuttavia, trattandosi di un vantaggio anche per i produttori, per via della tutela contro i falsi, il secondo i partecipanti ai focus group il prezzo dovrebbe risultare invariato Probabilità di acquisto - buona propensione all'acquisto futuro dei prodotti DOP e IGP in futuro attese dei consumatori Attese dei consumatori - buona propensione all'acquisto futuro - emerge, per entrambi i comparti, un forte bisogno informativo, che faccia chiarezza sulle caratteristiche dei singoli marchi e dei prodotti ad essi correlati - i partecipanti ai focus parlano di una campagna autorevole (Mipaf), con forte orientamento informativo, declinata sui vari mezzi, compresa la comunicazione in store, e continuativa nel tempo ("... la fiducia si conquista col tempo") - esposizione in punto vendita che non "ghettizzi" i prodotti in una zona isolata Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. dotti ortofrutticoli dall’altro. Si tratta, del resto, di prodotti entrambi appartenenti al comparto del fresco, per i quali assumono particolare rilevanza le caratteristiche (come l’aspetto estetico) che consentono di valutare in modo rapido la buona conservazione del prodotto. Nel caso dell’ortofrutta, ad esempio, emerge dai focus group come la pianificazione di acquisto possa essere modificata qualora lo specifico prodotto desiderato non evidenzi, sul punto vendita, un aspetto compatibile con lo standard atteso. In linea generale, il consumatore riconosce un valore al marchio, ma vuole comunque essere giudice ultimo di ciò che acquista, attribuendo, quindi, particolare importanza agli aspetti valutabili autonomamente (es: colore, freschezza, sapore…). Nello stesso tempo, tuttavia, le crisi alimentari più recenti hanno pro- 152 Tabella 7.2 - Le principali evidenze emerse dall’indagine sul trade Carne fresca Presenza di prodotti italiani - i prodotti a filiera 100% italiana costituiscono metà dell'assortimento - la carne di provenienza 100% estera svolge invece un ruolo minore Ortofrutta Iper+Super Tradizionali e Superette - prevalenza di prodotti italiani nell'assortimento - dall'estero proviene soprattutto l'ortofrutta tropicale - canale più orientato della media all'offerta di prodotti di provenienza estera - politica assortimentale indirizzata soprattutto ai prodotti 100% Italiani Presenza di prodotti DOP e IGP - il 56,8% dei punti vendita ha in assortimento almeno una delle due carni IGP italiane - l'85% dei punti vendita ha in assortimento almeno un prodotto ortofrutticolo DOPIGP - la maggioranza dei punti vendita ha in assortimento almeno una delle due carni IGP - l'85% circa dei punti vendita ha in assortimento ortofrutta DOP-IGP - la maggioranza dei punti vendita ha in assortimento almeno una delle due carni IGP - più dell'80% dei punti vendita ha in assortimento ortofrutta DOP-IGP Modalità di esposizione dei prodotti DOP e IGP - esposizione in etichetta del marchio DOP o IGP - scarso ricorso a differenziazioni espositive, a volte marchio sul contenitore (cesta o cassetta) - carne: esposizione in etichetta del marchio DOP o IGP associata ad altri strumenti di evidenziazione, come la cartellonistica - carne: esposizione in etichetta del marchio DOP o IGP. Per il dettaglio utilizzo anche di espositori dedicati Ostacoli alla vendita di prodotti DOP e IGP - price premium troppo elevato - scarsa conoscenza del prodotto da parte del consumatore - price premium troppo elevato - scarsa conoscenza del prodotto da parte del consumatore - scarsa notorietà e prezzi troppo alti - prezzi troppo alti DOP e IGP: percezione - 24% aumento, 14% diminuzione, 54% stabiltà, 8% non so - 34% aumento, 3% diminuzione, 55% stabilità, 8% non so - 25% aumento, 17% diminuzione, 53 stabilità, 5 non so - 30% aumento, 12% diminuzione, 48% stabilità, 10% non so - nel 2005 vendite tendenzialmente stabili, in leggera crescita per i supermercati - per il 2006 previsioni più ottimistiche - nel 2005 vendite tendenzialmente stabili, con più difficoltà per il dettaglio - per il 2006 previsioni tendenzialmente stabili Altri prodotti di qualità presenti nel punto vendita - carne fresca a marchio - altra ortofrutta "di qualità" regionale - ortofrutta a private label - carne fresca private label - ortofrutta biologica - carne di provenienza locale - carne fresca a private label - assortimento di ortofrutta biologica superiode alla media nel formato ipermercato - carne fresca a marchio regionale e di provenienza locale - quota elevata di altra ortofrutta di qualità Fonte: indagine ISMEA sul trade. vocato un aumento della sensibilità nei confronti della provenienza italiana dei prodotti e dei controlli igienico-sanitari (cfr. figura 7.1.67) Un altro elemento importante da prendere in considerazione è la relazione tra i fattori “teorici” che caratterizzano la qualità dei prodotti e le concrete determinanti che innescano la decisione d’acquisto. Ad esempio, la comodità dell’acquisto può comunque prevalere su alcuni ele- 153 menti della “perfezione” attesa del prodotto. Ciò emerge, ad esempio, nel caso della verdura preconfezionata, per la quale i partecipanti ai focus group hanno chiaramente indicato la propensione all’acquisto nonostante un vissuto qualitativo inferiore a quello del prodotto sfuso68. In altri casi, ad esempio in periodi di crisi dei consumi, il prodotto di qualità può risultare concettualmente rilevante, ma l’importanza attribuita al prezzo tende, al momento dell’acquisto, a porre gli altri fattori nettamente in secondo piano. Figura 7.1 - Determinanti di acquisto ed elementi del concetto di qualità a confronto (scala 0-10, media delle risposte fornite) Determinanti acquisto ortofrutta Determinanti acquisto carne Caratteristiche organolettiche 8,911 Aspetto estetico 9,183 Origine 8,763 Origine 9,008 Sicurezza Prezzo /Promozione 8,591 Caratteristiche organolettiche 8,927 Prezzo /Promozione 8,543 8,185 Aspetto estetico 8,032 Marchi Marchi 7,267 Sicurezza 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 n.d. 0 Elementi del concetto di “carne di qualità” Sicurezza 6,537 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Elementi del concetto di “ortofrutta di qualità” 9,190 Caratteristiche organolettiche 9,353 9,336 Caratteristiche organolettiche 8,839 Sicurezza Origine 8,620 Aspetto estetico 9,030 Aspetto estetico 8,264 Origine 8,765 7,140 Marchi 0 1 2 3 4 5 6 7 8 6,489 Marchi 9 10 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. In generale, la mancanza di informazioni e di evidenziazioni sul punto vendita limita la possibilità per il consumatore di riscontrare l’effettiva presenza dei parametri qualitativi desiderati al di là di quelli immediatamente percepibili, e lo porta quindi a delegare, in tutto o in parte, la selezione all’insegna distributiva. Comodità, controlli-garanzie di qualità e varietà dell’offerta, a cui si aggiunge naturalmente la convenienza, sono le caratteristiche che concorrono a determinare la scelta di ipermercati e supermercati come principali punti di acquisto. 154 Per quanto riguarda i prodotti a D.O., i risultati dell’indagine (consumatore e trade) evidenziano ancora una conoscenza dei prodotti a marchio DOP e IGP piuttosto superficiale: a fronte di un’elevata percentuale di consumatori che dichiara di avere sentito parlare di tali denominazioni, si riscontra a monte una carenza informativa sul significato e sul valore delle stesse. Mediamente, i consumatori più “acculturati” sono di sesso maschile, di età compresa tra 40 e 49 anni e in possesso di un elevato titolo di studio. La conoscenza dei prodotti a marchio appare relativamente più diffusa, anche al di là dei confini territoriali di origine, per l’ortofrutta: infatti, la percentuale di chi ha dichiarato in maniera spontanea di conoscere ortofrutta a marchio è pari al 30,8% del campione, a fronte di un 19,5% rilevato per la carne a D.O. Tuttavia, proprio per i prodotti ortofrutticoli, si riscontra un gap tra la conoscenza dei prodotti in quanto tali e la consapevolezza che si tratti di denominazioni di origine. Sembra, pertanto, a livello generale, che la mancata acquisizione, da parte del consumatore, di informazioni sufficienti e dettagliate tenda a relegare le denominazioni di origine ad un ruolo “teorico”, senza calarle organicamente nella realtà effettiva delle concrete decisioni di acquisto, da un lato, e delle strategie di assortimento, dall’altro. Nonostante una consapevolezza piuttosto nebulosa del significato dei marchi, infatti, nella maggioranza dei casi il consumatore riconosce genericamente ai prodotti DOP e IGP un maggiore valore aggiunto, che si traduce in termini di maggiori controlli, rispetto di determinate modalità produttive, garanzie di filiera e di origine italiana, mantenendo tuttavia una prospettiva “tecnica” che include solo in misura minore gli altri elementi qualitativi, che caratterizzano in modo altrettanto rilevante una D.O. (come il legame, anch’esso garantito, con le modalità produttive tradizionali, i “sapori di un tempo”, ecc.). Le opinioni del trade confermano la scarsa competenza del consumatore in fatto di DOP e IGP, aspetto che, insieme al prezzo, genera difficoltà nelle vendite. Questi elementi si configurano, infatti, come le principali barriere allo sviluppo del mercato, tanto da determinare in alcuni casi il mancato referenziamento del prodotto da parte della distribuzione. Va comunque osservato che, se da un lato i responsabili di negozio e di reparto rilevano l’importanza dei prodotti a D.O. per valorizzare il made in Italy e per rispondere alle esigenze qualitative del consumatore, dall’altro lato rivelano essi stessi ampie lacune informative al riguardo, che non possono non tradursi in una difficoltà a valorizzare i prodotti nei confronti del consumatore. E’ indicativo infatti che, nell’ambito di una specifica domanda rivolta ai responsabili di reparto della GDO, il 45,3% degli intervistati per le carni, ed il 50% per l’ortofrutta non abbia saputo rispondere alla domanda sulla rispondenza tra i disciplinari di produzione delle D.O. ed i criteri di selezione della distribuzione, in buona parte attribuendo esplicitamente questo fatto alla propria scarsa o nulla conoscenza dei disciplinari. 155 La consapevolezza delle proprie carenze informative si traduce, per il consumatore, nell’esplicitazione di un bisogno di interventi significativi, sia attraverso i media (soprattutto TV) che in store, volti a fornire indicazioni chiare, dettagliate e, soprattutto, autorevoli (esigenza particolarmente sentita in un contesto di forte “rumore di fondo” che rende difficile la selezione dei messaggi effettivamente attendibili). Tabella 7.3 - Swot analysis (in base a quanto emerso dai focus-group e dalle indagini quantitative su trade e consumatore) MARCHIO DOP-IGP Punti di forza - il prodotto DOP-IGP è sicuro perché ci sono più controlli - i marchi DOP e IGP garantiscono in merito all'origine 100% italiana Punti di debolezza - nel consumatore c'è scarsa conoscenza in merito al significato dei marchi e alle garanzie da essi offerte - i consumatori conoscono il prodotto ma non come prodotto a denominazione di origine (soprattutto nell'ortofrutta) - i marchi DOP e IGP tutelano di più della rintracciabilità perché garantistcono la provenienza italiana - i marchi DOP e IGP non garantiscono sul sapore del prodotto - i marchi DOP e IGP non svolgono un ruolo prioritario come determinanti di acquisto o elementi del concetto di qualità - il trade ritiene che possa essere utile un riconoscimento di nuove carni e prodotti ortofrutticoli a marchio DOP o IGP - i prezzi sono troppo elevati e costituiscono una barriera di acquisto - nei punti vendita non si osserva ancora in modo diffuso una distintività dell'esposizione per l'ortofrutta a marchio DOP o IGP Opportunità - il prodotto a marchio DOP-IGP è ritenuto utile per valorizzare nel punto vendita il prodotto italiano rispetto a quello estero Minacce - prevalere delle private label e dei singoli marchi aziendali come "garanti" agli occhi del consumatore - per la carne, la fornitura di maggiorni informazioni, e in particolare il fatto di evidenziare il legame con produzioni nazionali di eccellenza incrementa la propensione di acquisto - proliferazione delle garanzie "alternative" relative all'origine e alla qualità, con il rischio di confondere il consumatore, svuotando i termini di significato e generando sfiducia - destinare l'ortofrutta DOP-IGP al mercato del largo consumo permetterebbe di rendere il prodotto accessibile a tutti e consentirebbe una maggiore diffusione nazionale - destinare l'ortofrutta DOP-IGP al largo consumo potrebbe provocare lo svilimento del prodotto - destinare l'ortofrutta DOP-IGP al mercato di nicchia consentirebbe di rivolgersi al segmento degli alto-spendenti - destinare l'ortofrutta DOP-IGP al mercato di nicchia potrebbe provocare difficoltà di referenziamento nella GDO e vincolare in modo marcato la crescita dei volumi Fonte: indagine ISMEA su consumatore e su trade. 7.3 Il settore delle carni fresche: analisi dei risultati 7.3.1 La domanda di carne fresca: composizione e criteri di acquisto I consumatori partecipanti ai focus group hanno dichiarato una frequenza di consumo di carne pari a 3-4 volte a settimana. Tra le tipologie di carne più consumate, la preferenza è attribuita alla carne bovina, percepita come affidabile e sicura; seguono la carne suina, che si caratterizza per il sapore e il gusto intrigante, e 156 la carne avicola, vissuta positivamente in quanto leggera, ma senza una particolare personalità. L’indagine quantitativa conferma questi risultati. Alla domanda su quali tipi di carne sono appena stati acquistati, si rileva una frequenza di risposte del 66,8% per la carne bovina, seguita, dal 36,5% della carne suina e dal 29,8% della carne avicola. In particolare, si rileva una prevalenza della carne bovina al Centro (79,1%) e al Nord Est (71,4%), e della carne suina al Sud (42,1%). Figura 7.2 - Le determinanti di acquisto della carne fresca (scala 1 - 7, media delle risposte fornite) Provenienza italiana Colore della carne Avere già assaggiato questo tipo di carne Conoscenza tipo di allevamento animale 6,61 6,38 6,35 6,17 Conoscenza tipo di alimentazione animale Presenza di offerte Possibilità di rintracciare il percorso dalla nascita dell’animale alla vendita Prezzo Presenza del marchio dellacatena distributiva Presenza del marchio aziendale 6,14 5,93 5,91 5,89 5,86 5,74 La presenza del marchio DOP o IGP Assenza di grasso Assenza di sangue Il fatto che sia biologica 5,68 5,57 5,52 4,17 0 Base: 600 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. 1 2 3 4 5 6 7 I criteri che guidano la scelta della carne da acquistare fanno riferimento sia alla provenienza del prodotto che all’aspetto estetico, ma viene data importanza anche a precedenti esperienze di acquisto positive69. Le tre principali determinati di acquisto emerse sono infatti la provenienza italiana, il colore della carne e il fatto di avere già assaggiato il tipo di carne acquistato. L’attenzione all’origine da parte del consumatore è chiaramente percepita anche dagli operatori del trade, i quali rilevano un’attenzione frequente alla provenienza non solo nazionale ma anche regionale delle carni fresche da parte dei loro clienti (32%). La provenienza della carne offerta influisce anche sulla scelta del luogo di acquisto. Tra i fattori, emersi dai focus group, che favoriscono la preferenza accordata al format supermercato per l’acquisto di carni, figurano infatti le maggiori garanzie offerte dalle GDO in merito alla provenienza del prodotto, esplicitate nella possibilità di leggere accuratamente l’etichetta e rafforzate dall’idea che la catena distributiva subisca più controlli del negozio di vicinato. 157 La rilevanza dell’esperienza di consumo nel determinare la decisione di acquisto conferisce particolare valore non solo al livello qualitativo dei prodotti, ma anche alla costanza di tale livello nel tempo. Un’importanza leggermente minore, come determinanti della decisione di acquisto, rivestono invece i marchi: in particolare, la presenza del marchio DOP o IGP appare leggermente più debole sia della presenza del marchio della catena che del marchio aziendale, specialmente tra i consumatori del Nord Est e del Centro. Figura 7.3 - Elementi che caratterizzano la carne di qualità (scala 1 – 5) La carne di qualità: È sicura dal punto di vista igienico sanitario 4,68 Ha un buon sapore 4,67 Ha un bel colore 4,57 È italiana 4,56 È una carne tenera 4,53 È una carne che non si restringe quando si cuoce 4,40 È una carne di cui si conoscono tutti i passaggi della filiera 4,34 Possiede il marchio della catena distributiva 4,28 È una carne proveniente da un animale allevato allo stato brado/pascolo 4,24 Possiede il marchio DOP o IGP 4,06 È una carne compatta con poco grasso 4,04 È quella biologica Base: 600 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. 3,23 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 Chiedendo al consumatore di attribuire un grado di rilevanza numerico ad una serie di variabili proposte per delineare il concetto “teorico” di qualità per la carne70, si ottiene nuovamente la sintesi di tre valori, in ordine d’importanza: sicurezza (legata soprattutto agli aspetti igienici e ai controlli di routine), aspetti polisensoriali (sapore, colore, tenerezza) e origine (sia dal punto di vista dell’italianità che da quello della tracciabilità di filiera). Seguono, in ordine d’importanza, i marchi. 7.3.2 Le caratteristiche dell’assortimento di carne fresca: tipologie, origine e marchi L’indagine effettuata sul trade ha, in primo luogo, fotografato la composizione dell’assortimento di carne fresca per tipi di carni. Si conferma la leadership delle carni bovine, che mediamente rappresentano (in volume) il 52,9% dell’assortimento, a fronte del 22,4% osservato per le carni suine e dell’11,9% per le carni avicole. Questa struttura dell’assortimento risulta simile sia nei punti vendita della 158 distribuzione moderna che nei punti vendita tradizionali. Secondariamente, è stata valutata la ripartizione (sempre in volume) dell’assortimento tra carne italiana (carne proveniente da animali nati, allevati e macellati in Italia) e carne di provenienza estera. In media, più della metà dell’assortimento (53,2%) è costitutito da carne a filiera 100% italiana, coerentemente con la richiesta da parte del consumatore di carne nazionale. Il restante 46,8% è costituito da carne “parzialmente” estera (40,1%), e in particolare da carne proveniente da animali nati all’estero ma allevati e macellati in Italia (32,1%) e da carne a filiera 100% estera (6,7%). Figura 7.4 - Presenza di carne italiana e di carne estera in assortimento (% media su assortimento in volume) Animali nati e allevati all'estero ma macellati in Italia 7,8% Animali nati all'estero, ma allevati e macellati in Italia 32,1% Animali nati, allevati e macellati all'estero (carni 100% straniere) 6,7% Animali nati, allevati e macellati in Italia (carni 100% italiane) 53,2% Base: 125 casi. Fonte: indagine ISMEA sul trade. Per quanto riguarda l’origine della carne, emerge una chiara differenza di orientamento tra la distribuzione “moderna” e la distribuzione “tradizionale”. Presso gli ipermercati e i supermercati risulta infatti particolarmente significativa (40,5% negli ipermercati; 43,7% nei supermercati) la quota della carne proveniente da animali nati all’estero ed allevati e macellati in Italia e di quella a filiera 100% estera (14,2% negli ipermercati e 11,7% nei supermercati). Viceversa, il dettaglio tradizionale e le piccole superfici di vendita della distribuzione organizzata (superettes) presentano un assortimento composto prevalentemente da carne 100% italiana (54% per le superettes, 74,5% per le macellerie). Per quanto riguarda il ruolo dei marchi, si rileva, come prevedibile, un ruolo significativo, presso la GDO, delle private label (45,3% dei punti vendita), che capitalizzano la crescente fiducia del consumatore nel trade moderno quale garante del prodotto, soprattutto fresco. I negozi specializzati, tradizionalmente veicolo di prodotto unbranded, rivela- 159 no una significativa penetrazione delle carni di qualità a marchio regionale (presente nel 50% dei punti vendita). 7.3.3 Il vissuto delle carni fresche a marchio DOP e IGP Il 70,7% del campione di consumatori intervistati ha dichiarato di avere sentito parlare, in linea generale, dei marchi DOP e IGP. La percentuale si ridimensiona se si focalizza l’attenzione sulla specifica categoria della carne: infatti, la carne a Denominazione di Origine è conosciuta solo dal 19,5% del campione, percentuale che sale al 27,6% se si assume come base il totale di coloro che hanno dichiarato di avere sentito parlare dei prodotti DOP e IGP. Restringendo ulteriormente l’analisi ed esaminando il ricordo spontaneo di specifici prodotti tra coloro che dichiarano di conoscere le carni DOP e IGP, emerge che la maggioranza (63,2%) dimostra di possedere un ricordo attinente. Figura 7.5 - Ricordo sollecitato di carni fresche DOP-IGP (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 2,2% 2,8% 61,5% 77,3% 2,8% 72,7% Non so 36,3% 19,8% Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale IGP Agnello di Sardegna IGP 24,5% Gran Suino Padano DOP (in via di riconoscimento) No Si Base: 600 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Tuttavia, gran parte delle citazioni pertinenti fanno riferimento alla razza Chianina più che alla Denominazione di Origine a cui questa razza fa riferimento. La particolare notorietà della razza Chianina è confermata anche dai focus group. Anche valutando la notorietà assistita, si rileva una scarsa diffusione della conoscenza delle carni a Denominazione di Origine: l’Agnello di Sardegna IGP è la carne più conosciuta (36,3%) seguita dal Gran Suino Padano DOP che tuttavia presenta soltanto a livello nazionale una tutela transitoria con il 24,5% e dal Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP (19,8%). A livello territoriale si registra una maggiore conoscenza dell’Agnello di Sardegna IGP al Nord Ovest (49,7%), del Gran Suino Padano DOP al Nord Est 160 Figura 7.6 - Conoscenza dei prodotti a Denominazione di Origine vs. conoscenza carni a D.O. (dati in %) % Conoscenza carni fresche DOP o IGP 40 50 45 40 35 30 25 20 15 10 Lic.elem. 5 0 50 60 70 80 90 100 consumatori più acculturati Centro >5 c 4 c. >70 anni Inf N-E 60-69 2 c 18-29 consumatori meno acculturati 50-59 30-39 Sup 3c M 40-49 F Sud Laurea N-O 1c % Conoscenza prodotti DOP o IGP c = componenti Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. (35,7%) e del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP al Centro (27,0%). Il target di consumatori con una maggiore conoscenza dei prodotti DOP e IGP e delle carni a marchio è costituito da adulti di età compresa tra i 30 e i 59 anni, prevalentemente di sesso maschile, conviventi, con famiglie composte mediamente da 3 persone, e con un titolo di studio elevato. In particolare, è proprio il titolo di studio a discriminare maggiormente il livello di conoscenza: sia in riferimento ai prodotti DOP e IGP in generale che in riferimento alle carni a marchio: sono sempre i consumatori in possesso di laurea a registrare un maggior livello di competenza. La conoscenza delle denominazioni DOP e IGP, tuttavia, non corrisponde necessariamente alla consapevolezza delle implicazioni, in termini di garanzie, dei marchi stessi. Dall’analisi dei focus group, emerge infatti, come evidenziato anche da precedenti indagini Ismea, poca chiarezza di informazione sia sul significato degli acronimi DOP e IGP sia sugli aspetti che tali marchi tutelano. In linea generale il marchio di origine viene prevalentemente percepito dal consumatore come una sorta di “carta di identità” dell’animale, di cui si conosce la provenienza e si presume sia soggetto a particolari controlli. Nonostante la scarsa conoscenza dei dettagli, la percezione prevalente del consumatore sulla carne DOP-IGP è che questa possegga un maggiore valore aggiunto rispetto alle altre. Questa, infatti, è l’opinone espressa dal 70% del campione intervistato nell’indagine quantitativa, di nuovo con una maggiore intensità presso i consumatori adulti (40-49 anni; 77%) ed i laureati (79,8%). Si rileva una certa omogeneità, a livello geografico, tra le opinioni rilevate sul- 161 Figura 7.7 - Opinione su un eventuale maggiore valore aggiunto offerto delle carni DOP e IGP (dati in %) Sono prodotti soggetti ad un maggiore controllo So che sono 100% italiani Sono prodotti di cui si conosce l'esatta provenienza geografica La carne ha un sapore migliore 52,6% 41,4% 33,3% 18,1% Sono allevati con maggiore cura Grazie ai marchi DOP e IGP diventano prodotti con una ritracciabilità garantita Sono di qualità più elevata So che sono prodotti autentici e non contraffatti Sono prodotti sicuri dal punto di vista igienico sanitario So che sono allevati nel rispetto di un disciplinare di produzione Altro Non so/nr 16,7% 16,4% 14,5% 9,8% 9,3% 6,4% 5,7% Motivazione SI 0,7% 0 Tutte le carni subiscono controlli indipendentemente dal fatto che sono a marchio DOP-IGP o meno Mi basta sapere che sono italiani e non mi interessa conoscere l'esatta provenienza geografica Giudico la carne in base al sapore e non in base alla zona geografica di provenienza Le garanzie efficaci sono quelle offerte dal produttore e/o dal distributore I marchi DOP e IGP non aggiungono loro una maggiore qualità Anche delle altre carni conosco la zona geografica di provenienza Sono prodotti che giudicavo di qualità anche prima di sapre che erano prodotti DOP o IGP Altro 10 20 30 40 50 60 46,7% 31,1% 26,7% 23,3% 22,2% 16,7% 5,6% 3,3% Non so/nr Motivazione NO 2,2% 0 10 20 30 40 50 Base: 420 casi per motivazioni SI; 90 casi per motivazioni NO. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. le determinanti di questo valore aggiunto, sebbene si possa comunque evidenziare come i consumatori del Centro pongano maggiormente l’accento sull’italianità del prodotto (63,4%) e sulla conoscenza dell’esatta provenienza geografica (57,3%), piuttosto che sulla presenza di maggiori controlli (31,7%). Solo un 15% degli intervistati non associa il marchio DOP-IGP ad un maggiore valore aggiunto. Tra questi prevalgono gli intervistati del Sud, quelli con età superiore ai 60 anni e quelli con un titolo di studio medio-basso. Per questi consumatori gli unici parametri di giudizio rilevanti sono la provenienza italiana, ormai nota per tutte le carni e non solo per quelle a marchio (“mi basta sapere che sono italiane e non mi interessa conoscere l’esatta provenienza geografica”: 31,1%) e il sapore (“giudico la carne in base al sapore e non alla provenienza geografica”: 26,7%), mentre considerano indifferente il fatto che le carni DOP e IGP subiscano particolari controlli, dal momento che tutte le carni sono controllate (opinione espressa dal 46,7% di quest’ultimo raggruppamento di consumatori). 162 Figura 7.8 - Probabilità di acquisto futuro di carni fresche DOP-IGP (dati in %) Non sono comunque interessato 5,5% Non so/nr 5,5% Certo 17,2% Poco probabile 8,2% Molto probabile 26,8% Abbastanza probabile 37,3% Base: 600 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Figura 7.9 - Probabilità di acquisto futuro carne DOP-IGP - analisi per titolo di studio - (dati in %) 3,6% 22,6% 25,0% 38,1% 6,0% 4,8% 4,1% 19,6% 14,2% 7,1% 29,2% 34,7% 24,6% 28,6% 42,6% 32,1% 8,9% 8,2% 5,5% 3,7% 4,9% 10,7% 7,1% 14,3% Base: 594 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. È stato successivamente chiesto ai consumatori con quale probabilità, in futuro, avrebbero acquistato carni DOP-IGP. L’81,3% del campione ha manifestato una tendenziale propensione all’acquisto71. In particolare il 17,2% le acquisterebbe certamente, il 26,8% le acquisterebbe molto probabilmente e il 37,3% li acquisterebbe abbastanza probabilmente. Tra i restanti consumatori, l’8,2% manifesta una bassa propensione all’acquisto, mentre il 5% dichiara che comunque non sarebbe interessato all’acquisto di queste tipologie di carni. 163 Figura 7.10 - Effetti della maggiore informazione sulla probabilità di acquisto (dati in %) Effetti informazioni su probabilità acquisto Vitellone bianco dell’Appennino centrale Totale 49,3% Acquisto futuro carne DOP-IGP certo 0 10 52,7% 54,2% 65,0% Acquisto futuro carne DOP-IGP molto probabile Acquisto futuro carne DOP-IGP abbastanza probabile Acquisto futuro carne DOP-IGP 8,2% poco probabile Non acquisterà carne DOP-IGP perché non interessato Effetti informazioni su probabilità acquisto Gran suino padano DOP 34,0% 62,7% 35,4% 53,6% 66,0% 33,0% 68,3% 31,1% 55,4% 40,6% 83,7% 93,3% 93,3% 30 40 50 % 41,5% 14,3% 89,8% 20 43,7% 60 70 80 90 100 Aumenterebbe 0 10 20 30 40 50 % 60 70 80 90 100 Rimarrebbe stabile Base: 600 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Sottoponendo ai consumatori l’ipotesi di un’eventuale fornitura di maggiori informazioni in merito alle carni tutelate si ottiene un incremento della probabilità di acquisto. Nello specifico, si rileva che: • la conoscenza delle razze comprese nella denominazione del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP determina un incremento della probabilità di acquisto del prodotto nel 49,3% dei casi; in particolare questa informazione aumenterebbe la probabilità di acquisto nell’8,2% dei consumatori che si sono dichiarati poco propensi all’acquisto futuro delle carni DOP e IGP; • sapere che i suini con cui si produce il Gran Suino Padano DOP sono gli stessi le cui cosce sono destinate alla produzione tra gli altri del prosciutto di Parma e del prosciutto San Daniele determina un incremento della probabilità di acquisto nel 52,7% dei casi; in particolare questa informazione incrementerebbe la probabilità di acquisto nel 14,3% di consumatori che si sono dichiarati poco propensi all’acquisto futuro delle carni DOP e IGP. Significativi bisogni informativi sono emersi anche nell’ambito dei focus group. La comunicazione attuale, secondo il consumatore, non valorizza ancora appieno le carni a marchio. Si avverte infatti l’esigenza di un processo non solo informativo, ma anche formativo, secondo un percorso che parte dal significato dell’acronimo dei singoli marchi sino a giungere all’esplicitazione della loro valenza, (“al banco carni bisogna scrivere DOP e indicare cosa significa”). 164 7.3.4 Le carni DOP e IGP dal punto di vista del trade Dall’indagine sul trade emerge che il 56,8% dei punti vendita ha inserito in assortimento almeno una delle due carni fresche IGP (Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale o Agnello di Sardegna). Nello specifico il 45,6% dei punti vendita presentava in assortimento l’Agnello di Sardegna IGP72 e il 24% il Vitellone Bianco. L’Agnello di Sardegna risulta particolarmente presente nella GDO (48%) e soprattutto nel format ipermercato (53,8%), mentre il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale è più diffuso nelle macellerie (30%). A livello territoriale, emerge una maggiore diffusione dell’Agnello di Sardegna nei punti vendita del Nord Ovest (57,6%) e del Vitellone Bianco nell’area Centrale (40%), dato coerente con il diverso grado di notorietà riscontrata a livello geografico nell’indagine sul consumatore. Figura 7.11 - Diffusione della carne fresca IGP nel trade (dati in %) 0,8% 54,4% 75,2% 45,6% 24,0% Base: 125 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Il 54,9% dei responsabili di reparto che ha dichiarato di avere in assortimento le carni fresche a DO ha scelto di adottare, per questi prodotti, una politica di differenziazione espositiva rispetto alle altri carni. Ciò si osserva più di frequente presso i punti vendita della GDO (61%) che nel dettaglio (46,7%) e si concretizza, tuttavia, soprattutto nell’esposizione in etichetta del marchio a Denominazione di Origine (82,1%). La scelta della modalità espositiva varia, comunque, al variare della dimensione del punto vendita. Negli ipermercati si rileva infatti il ricorso a una pluralità di modalità espositive (tra cui la cartellonistica), mentre nei negozi al dettaglio è elevata la quota di chi colloca i prodotti in espositori dedicati (50%). 165 Ai responsabili di reparto è stato successivamente chiesto se, secondo la loro esperienza, sarebbe utile promuovere e riconoscere nuove tipologie di carne fresca italiana a Denominazione di Origine. Figura 7.12 - Motivazioni a sostegno della valorizzazione di nuovi tipi di carne a denominazione di origine (dati in %) 80 70 60 50 % 40 30 20 10 0 75% 74% 53% 51% 29% 3% Per valorizzare Per soddisfare Per far Per rispondere Per valorizzare al meglio la le esigenze di conoscere alle esigenze la tipicità carne italiana qualità del le carni tipiche di sicurezza di alcune consumatore di un territorio alimentare razze più rare Altre motivazioni 3% Non so/nr Base: 100 casi. Fonte: indagine ISMEA sul trade. L’80% degli operatori del trade intervistati si è dichiarato favorevole a questa eventualità, in quanto, secondo gli stessi, l’aumento della carne riconosciuta consentirebbe di valorizzare meglio la carne italiana (75%) e soddisferebbe le crescente esigenza di qualità del consumatore (74%). Dopo aver sottoposto all’attenzione degli operatori l’elenco delle carni in attesa di un riconoscimento, è stato chiesto loro per quali di esse sarebbe più utile la Denominazione di Origine. Il 47,2% del campione vorrebbe vedere riconosciuto il bovino bianco e rosso del triveneto e il 44,8% il vitellone della Maremma. Seguono il Gran Suino Padano (27,2%) e il suino Mora Romagnola (25,6%). Come prevedibile, i responsabili dei punti vendita sono maggiormente inclini a valorizzare e riconoscere le carni fresche locali. Infatti al Nord Ovest gli operatori del trade promuoverebbero soprattutto il bue grasso di Carrù e Moncalvo (57,6%), al Nord Est il bovino bianco e rosso del triveneto (70%), al Centro il vitellone della Maremma (73,3%) e al Sud il suino nero siciliano dei Nebrodi (46,9%). Coloro che, al contrario, ritengono che non sia utile il riconoscimento di nuove carni fresche italiane a Denominazione di Origine (15,2%) forniscono come motivazione la scarsa disponibilità del consumatore a sostenere prezzi più elevati (57,9%), la limitata consistenza della domanda (21,1%) e il fatto che il consumatore attribui- 166 Figura 7.13 - Carni da valorizzare con marchio DOP-IGP – analisi per area geografica di insediamento del punto vendita (dati in %) 80 70 60 Nord-Ovest 70,0% 73,3% Centro Sud e Isole Totale 57,65 50,0% 50 % Nord-Est 43,3% 39,4% 40 40,0% 46,9% 47,2% 37,5% 36,7% 30 44,8% 34,4% 27,2% 20 10 Gran Suino Padano Vitellone della Maremma Bovino bianco e rosso del triveneto Carne di bufalo campana Carne bovina della Murgia pugliese Suino nero siciliano dei Nebrodi Suino cinto senese Bovino bianco e rosso del triveneto Vitellone della Maremma Vitellone della Maremma Suino mora romagnola Gran Suino Padano Bovino bianco e rosso del triveneto Vitellone della Maremma Bovino bianco e rosso del triveneto Bue grasso di Carrù e Moncalvo 0 Base: 125 casi. Fonte: indagine ISMEA sul trade. sce importanza solo all’italianità e non alla specifica origine del prodotto (15,8%). In generale, del resto, il prezzo elevato e la scarsa conoscenza da parte del consumatore sono anche le principali motivazioni che, secondo gli operatori del trade intervistati, rendono ancora ristretto il mercato di questi prodotti in Italia. Nonostante siano stati sottolineati tali fattori di difficoltà, il 53,5% degli operatori intervistati ha rilevato, per il 2005, una stabilità delle vendite di carni fresche a D.O e tra coloro che hanno riscontrato variazioni prevale chi dichiara un incremento delle vendite (23,9%). In particolare sono soprattutto i supermercati ad avere sperimentato un buon andamento delle vendite di carni a marchio (38,1%), mentre maggiori difficoltà sono state registrate nelle macellerie dove il 23,3% degli operatori ha osservato una diminuzione. A livello geografico, vanno tuttavia segnalati giudizi piuttosto negativi fra gli operatori del Sud, che per il 44,4% dichiarano un calo del venduto. Le previsioni relative all’andamento delle vendite per l’anno 2006 rispecchiano un atteggiamento prudenziale da parte degli operatori, che nel 54,9% dei casi prospettano una situazione di sostanziale stabilità. Appare tuttavia significativa anche la quota di coloro che sono portatori di una valutazione ottimistica. Infatti, il 33,8% dei punti vendita si aspetta un incremento nelle vendite di carni fresche a D.O, a fronte di un esiguo 2,8% che prevede un calo. Ai responsabili di reparto della GDO è stato chiesto, infine, se le regole dei disciplinari di produzione delle carni a marchio DOP o IGP si rispecchino nei criteri di selezione della grande distribuzione. Solo il 48% degli intervistati ha ri- 167 Figura 7.14 - Andamento delle vendite delle carni a marchio nel 2005 e previsioni di vendita per il 2006 (dati in %) 100 90 Andamento vendite carne fresca DOP-IGP nel 2005 8,5% 22,2% 9,5% 9,1% 47,6% 45,4% 3,3% 80 70 60 % 53,5% 50 66,7% 40 30 14,1% 0 100 90 33,1% 23,9% Totale Non so 18,2% 23,3% 20 10 4,8% 56,7% 27,3% 11,1% Ipermercati Supermercati Superettes Stabili Diminuite 16,7% Macellerie Aumentate Previsioni andamento vendite carne fresca DOP-IGP nel 2006 8,5% 11,1% 9,5% 54,9% 44,4% 57,1% 10,0% 80 70 60 % 54,5% 56,7% 50 40 30 20 10 0 33,8% Totale Non so 9,1% 2,8% 44,4% Ipermercati 3,3% Stabili Diminuite 33,3% 36,4% 30,0% Supermercati Superettes Macellerie Aumentate Base: 71 casi. Fonte: indagine ISMEA sul trade. sposto affermativamente, a fronte di un 6,7% che ha risposto di no. La quota rimanente è costituita da coloro che dichiarano di non conoscere i disciplinari (18,7%), da coloro che non hanno un’opinione al riguardo (20%) e da coloro che non conoscono i criteri di selezione e di scelta della fornitura (6,7%). 7.3.5 L’etichettatura obbligatoria e il sistema di rintracciabilità Le carni fresche sono soggette ad etichettatura obbligatoria. Tuttavia, dai risultati emersi nei focus group, emerge che l’etichettatura obbligatoria disciplinata 168 dai regolamenti comunitari non è ancora conosciuta dal consumatore. I partecipanti intuiscono che con questo termine si possano intendere le “norme comunitarie per le etichette dei prodotti”, che si abbia ache fare con “il simbolo CE “e ancora che si tratti di “una norma che impone di indicare in etichetta la provenienza, la rintracciabilità, l’età dell’animale e l’allevamento in cui è cresciuto”. Nella mente del consumatore, quindi, il concetto risulta associato all’area della rintracciabilità. Nella fase quantitativa dell’indagine sono state prese in considerazione le informazioni che attualmente devono essere apposte per legge in etichetta ed è stato chiesto a consumatori e operatori del trade quali di quelle finora facoltative vorrebbero diventassero obbligatorie. Figura 7.15 - Le informazioni da inserire obbligatoriamente in etichetta secondo le opinioni dei consumatori e del trade (dati in %) 70,5% 73,6% Il tipo di alimentazione adottata La tecnica di allevamento L'azienda di nascita La razza La categoria del tipo di carne 32,8% 29,3% 24,8% Il nome dell'allevamento 52,8% 49,3% 48,8% 44,5% 44,0% 40,0% 64,5% 19,0% 13,6% Il nome del macello 2,3% 0,8% 0,8% 0,8% Non so/nr Altro 0 10 20 30 Consumatore 40 % 50 60 70 80 Trade Base: 125 casi per trade; 600 casi per consumatore. Fonte: indagine ISMEA sul trade e sul consumatore. Sia i consumatori che gli operatori del trade vorrebbero vedere apposte obbligatoriamente in etichetta soprattutto informazioni sul tipo di alimentazione dell’animale e sulla tecnica di allevamento. Anche l’argomento “sistemi di rintracciabilità” trova i consumatori piuttosto impreparati. In fase di focus group si è indagato infatti sulla conoscenza del consumatore riguardo alla differenza tra “rintracciabilità” e “tracciabilità”. I risultati mostrano che, pur rimandando entrambi i concetti all’iter che dà ragione della vita dell’animale, i consumatori non riescono a percepirne le differenze, anche se, come emerge sia dai focus group che dall’indagine quantitativa, questo elemento rientra tra i principali fattori che compongono la percezione di qualità. 169 Figura 7.16 - Gli elementi che tutelano il consumatore (dati in %) La presenza di un sistema di rintracciabilità La presenza di una etichettatura obbligatoria I consigli del negoziante 37,6% 16,8% 14,4% Il marchio di garanzia della catena distributiva Altro 7,2% L'italianità del prodotto 7,2% 9,6% La conoscenza dell'alimentazione dell'animale La presenza del marchio a Denominazione di Origine La conoscenza della metodologia di allevamento 4% 2,4% 0,8% 0 5 10 15 20 % 25 30 35 40 Base: 125 casi per trade; 600 casi per consumatore. Fonte: indagine ISMEA sul trade e sul consumatore. Il risultato è coerente con quanto emerso nell’indagine sul trade. Secondo il 37,6% degli operatori intervistati, infatti, il sistema di rintracciabilità costituisce una tutela prioritaria per i consumatori. Del resto, l’effetto percepito dell’introduzione dell’etichettatura obbligatoria delle carni e del sistema di rintracciabilità è stato positivo anche in termini di volumi di vendita per una quota significativa di responsabili di reparto e di negozio (etichettatura obbligatoria: 70,4%; rintracciabilità: 72%). 7.4 Il settore ortofrutta: analisi dei risultati 7.4.1 La domanda di prodotti ortofrutticoli Dalle indagini effettuate sul settore ortofrutta emerge come il processo di acquisto di frutta e verdura da parte del consumatore sia in prevalenza di tipo programmato e guidato principalmente dalle seguenti variabili73: - aspetto estetico (inteso in termini di freschezza, colore, compattezza e pulizia del prodotto), - provenienza italiana, - preesistente conoscenza del prodotto. Tra questi, l’aspetto estetico di frutta e verdura ricopre un ruolo particolar- 170 Figura 7.17 - Le determinanti di acquisto di frutta e verdura (scala 1-7) Determinanti Acquisto Frutta 7 conoscenza pulizia aspetto estetico sfuso italianità prezzo offerta/promoz. 6 DOP-IGP 5 marchio catena marca azienda pre-confez. 4 BIO 4 5 6 Determinanti Acquisto Verdura 7 Base: 480 casi per la frutta e 431 casi per la verdura. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Figura 7.18 - Elementi che caratterizzano l’ortofrutta di qualità (scala 1-5) L‘ortofrutta di qualità: È un prodotto fresco 4,8 5 Ha un buon sapore 4,74 È sicura dal punto di vista igienico sanitario 4,73 4,5 1 È italiana 4,37 Ha un bel colore Possiede il marchio della catena distributiva Possiede un marchio DOP o IGP 3,82 3,78 3,18 È quella biologica 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 Base: 600 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. mente significativo anche per la capacità, analoga a quella delle offerte promozionali, di indurre il consumatore ad integrare o sostituire l’acquisto programmato con scelte d’impulso. In quest’ambito assume un ruolo importante anche l’indicazione della data di 171 confezionamento, collegata, naturalmente, al concetto di freschezza. I marchi, invece, complessivamente intesi nella loro triplice accezione di private label, marchio a D.O. e marchio aziendale, assumono un peso relativamente meno significativo, sia per la frutta che per la verdura, collocandosi, nella scala quantitativa rilevata, dopo il prezzo e le offerte promozionali. In particolare, il marchio a D.O. occupa solo la quart’ultima posizione, in ordine di rilevanza tra le determinanti di acquisto proposte, con un’importanza relativa attribuita dai consumatori lievemente inferiore a quella assegnata alla private label. Analizzando questo dato a livello disaggregato sul territorio, emerge una maggiore importanza attribuita al marchio a D.O. dai consumatori del Sud e del Nord Est ed in generale una maggiore attenzione al marchio complessivamente inteso (aziendale, commerciale, a D.O. ed anche biologico) tra gli intervistati di sesso maschile. Infine, la provenienza da coltivazione biologica occupa tra le determinanti di acquisto di ortofrutta la posizione di minore importanza. Questo dato è confermato da una certa sfiducia nei confronti dell’ortofrutta biologica emersa nell’ambito dell’indagine qualitativa sul consumatore. Nei focus group infatti è stato sottolineato come i prodotti biologici siano acquistati sporadicamente ed in occasione delle iniziative promozionali, non solo a causa dei prezzi ritenuti troppo elevati, ma anche a fronte delle scarse certezze sul rispetto dei disciplinari di produzione. 7.4.1.1 Le informazioni più richieste agli operatori del commercio Secondo la percezione degli operatori della distribuzione commerciale riguardo ai criteri di scelta (informazioni più richieste) del consumatore, al primo posto si pone l’origine italiana del prodotto, seguita dal prezzo e dal binomio bontà/freschezza. Figura 7.19 - Le informazioni maggiormente richieste dal consumatore per l’ortofrutta (dati in %) 60 50 56,0% 52,0% 40 % 30 19,2% 8,8% 6,4% 8,8% Base: 125 casi. Fonte: indagine ISMEA sul trade. 172 Se sono utilizzati pesticidi, anticrittogamic , etc. La regione di provenienza del prodotto Se il prodotto è italiano 0 Se è un prodotto biologico 2,4% 0,8% Frutta 0,8% 2,4% Verdura 0,8% Non so/nr 10 Altro 14,4% Se il prodotto è OGM FREE 20 23,2% 4,0% Dall’analisi dei dati per area si osserva un maggiore interesse per l’italianità al Centro, mentre il Sud presenta, in corrispondenza di questo item, un interesse inferiore alla media del campione, controbilanciandolo con una maggiore attenzione, rispetto alle altre aree geografiche, verso l’eventuale presenza di OGM, l’utilizzo di pesticidi e l’adozione del metodo biologico. 7.4.2 L’offerta di prodotti ortofrutticoli 7.4.2.1 La risposta alla richiesta di italianità A fronte della richiesta da parte del consumatore di prodotti ortofrutticoli italiani, i punti vendita intervistati mostrano di adottare una politica assortimentale fortemente volta all’offerta di frutta (78,5%) e verdura (89,5%) proveniente dal nostro Paese. Questo orientamento caratterizza in particolare il dettaglio specializzato, che presenta un’offerta di frutta e verdura di origine italiana pari in media, rispettivamente, all’84,9% e al 94,8% dell’assortimento in volume di reparto. L’offerta di frutta estera è composta per una quota significativa di prodotti esotici e tropicali (banane ed ananas in primis), provenienti principalmente da Equador e Costarica, seguiti dalla categoria degli agrumi. Tra gli ortaggi prevale l’importazione di insalata (belga soprattutto ma anche brasiliana, indivia, “iceberg”), seguita da fagiolini, peperoni e pomodori, provenienti rispettivamente in prevalenza da Francia e Belgio, Marocco, Spagna. La Spagna in particolare, per entrambe le categorie merceologiche, si prospetta come il principale competitor dei prodotti ortofrutticoli italiani, rappresentando il Paese estero più citato dagli operatori del settore per frutta e verdura, se si escludono i Paesi di provenienza dei prodotti tropicali. Complessivamente, i prodotti maggiormente importati dalla Spagna risultano essere le fragole, le arance, i peperoni, i pomodori e l’insalata “iceberg”. La Spagna inoltre si configura come interlocutore estero privilegiato della GDO, che importa ortofrutta (soprattutto verdura) da questo Paese in misura superiore alla media del campione, mentre l’assortimento del dettaglio specializzato per la frutta si concentra principalmente sui Paesi dell’area dell’America Latina e per la verdura diversifica i mercati esteri di provenienza, comprendendo anche Marocco ed Egitto e, in Europa, Francia e Olanda. 7.4.2.2 L’assortimento di prodotti biologici Coerentemente con l’interesse relativamente modesto dei consumatori per l’origine biologica dell’ortofrutta emerso dalle indagini effettuate, i punti vendita che referenziano prodotti biologici risultano essere meno della metà del campione per quanto riguarda la frutta e un poco più di un terzo per la verdura. Sono le grandi superfici di vendita che in percentuale maggiore dichiarano di avere un’offerta di prodotti bio (78,6% per la frutta e 71,4% per la verdura), coerentemente con la 173 maggiore ampiezza assortimentale di questi esercizi commerciali. Scendendo nello specifico a considerare l’insieme dei soli punti vendita che hanno in assortimento ortofrutta biologica, si osserva come il peso medio di questa categoria di prodotti sul fatturato dell’intero reparto sia comunque ancora poco significativo (8,3% per la frutta e 8,0% per la verdura). Nonostante il maggiore interesse per i prodotti bio da parte del consumatore del Sud, i punti vendita di quest’area geografica sono quelli che in minor percentuale dichiarano di avere in assortimento questi prodotti. È invece al Nord Ovest che il biologico sembra rivestire un maggiore peso, rispetto alla media del campione sul fatturato di reparto (11,8% per la frutta e 13,7% per la verdura). 7.4.2.3 L’assortimento di prodotti a Denominazione di Origine I prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine godono, alla luce dell’indagine condotta, di una copertura territoriale significativa: l’81% dei responsabili di reparto o di negozio intervistati dichiara infatti di avere in assortimento frutta e/o verdura a D.O. Figura 7.20 - Presenza di prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine – analisi per canale distributivo – (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 6,7% 10,0% 18,7% 90,0% 74,7% Non so No Si GDO Base: 125 casi. Fonte: indagine ISMEA sul trade. Dettaglio specializzato Questa politica assortimentale è adottata soprattutto dal dettaglio specializzato (90,0%), probabilmente per l’esigenza di differenziare e qualificare la propria offerta rispetto alla GDO. In termini di presenza ponderata74, in media i prodotti ortofrutticoli a D.O. rappresentano il 25% dell’assortimento di frutta e verdura dei punti vendita che hanno dichiarato di referenziarli, dato che aumenta nel caso del dettaglio specializzato con una presenza media di prodotti ortofrutticoli a D.O. pari al 33,2% dell’assortimento di reparto. 174 Sotto il profilo territoriale, i punti vendita che dichiarano di avere in assortimento prodotti a D.O. sono soprattutto localizzati al Nord Ovest, mentre il Sud rappresenta un’eccezione interessante perché, pur registrando la numerica più bassa di punti vendita trattanti, in questi il peso sull’assortimento di ortofrutta dei prodotti a D.O. è maggiore rispetto al dato medio del campione. 7.4.3 I prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine 7.4.3.1 La conoscenza dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine La conoscenza “generica” dei prodotti DOP-IGP risulta abbastanza diffusa tra i consumatori, che in una percentuale pari al 73% dichiarano di averne già sentito parlare. La percentuale risulta massima al Nord Ovest (84,1%), e minima al Centro (59,1%). Figura 7.21 - Conoscenza dei prodotti a Denominazione di Origine ed in particolare di ortofrutta a D.O. (dati in %) 100 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 4,3% 9,8% 22,7% 47,9% 73,0% Non so 42,2% Conoscenza prodotti DOP-IGP Base: 438 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Conoscenza ortofrutta DOP-IGP No Si Tuttavia, quando è stata posta a questo 73% dei rispondenti una domanda più circostanziata relativa alla conoscenza di prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine, meno della metà degli intervistati (42,2%) ha risposto affermativamente, con un dato inferiore alla media emerso proprio al Nord Ovest (23,5%). Quest’ultimo dato potrebbe essere attribuito ad una diffusa conoscenza in queste aree di prodotti a Denominazione di Origine appartenenti a categorie merceologiche diverse dall’ortofrutta ed in particolare relative al settore salumi e formaggi. Approfondendo l’analisi, è possibile individuare il profilo di coloro che possono essere definiti i maggiori conoscitori dei prodotti DOP-IGP in generale e contemporaneamente anche dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine: analogamente a quanto emerso per le carni, si delinea in questo caso l’immagine di un consumatore di età compresa tra i 40 e i 49 anni, di sesso maschile e con un titolo di studio di livello elevato (laurea). 175 Figura 7.22 - Conoscenza dei prodotti a Denominazione di Origine vs conoscenza di ortofrutta a D.O. (dati in %) % conoscenza prodotti ortofrutticoli DOP o IGP 40,0 45,0 50,0 45,0 55,0 60,0 65,0 70,0 N-E 40,0 35,0 Centro media 1 c 25,0 20,0 >70 18-29 30,0 4c Sud >5 c 75,0 40-49 80,0 M 85,0 90,0 laurea consumatori più acculturati 30-39 3 diploma 50-59 F 2c Licenza Elem. 60-69 N-O 15,0 10,0 5,0 consumatori meno acculturati 0,0 c = componenti % conoscenza prodotti DOP o IGP Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. Tra coloro che dimostrano di conoscere in misura inferiore alla media del campione i prodotti DOP-IGP, ed in particolare la categoria ortofrutta, vi sono i consumatori con licenza elementare o media, le famiglie monocomponenti e i residenti nell’Italia centrale. Va comunque sottolineato, come avveniva anche per le carni, che a fungere da forte discriminante tra i conoscitori e i non conoscitori di prodotti ortofrutticoli a D.O. sia il titolo di studio. Figura 7.23 - Citazioni spontanee corrette dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine (dati in %) Pomodori di Pachino Arance Rosse di Sicilia Mele Val di Non Limone di Sorrento Pomodori di San Marzano Radicchio Trevigiano Mele Alto Adige Carciofi Romani Basilico Genovese Lenticchie di Castelluccio Castagna di Montella Cappero di Pantelleria Asparagi di Altedo Pesche di Romagna Carciofo di Paestum 1,6% 1,1% 1,1% 1,1% 1,1% 0,5% 0,5% 0 0,02 Base: 185 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. 176 3,8% 3,2% 3,2% 2,7% 0,04 9,2% 8,6% 4,9% 0,06 0,08 0,1 10,8% 0,12 Si è voluto quindi proseguire nell’indagine analizzando il ricordo spontaneo e successivamente sollecitato da parte dei consumatori di specifici prodotti ortofrutticoli DOP-IGP. Più della metà (55,7%) dei consumatori che avevano affermato di conoscere frutta e/o verdura a D.O. ha saputo fornire una citazione spontanea corretta di un prodotto ortofrutticolo a Denominazione di Origine. In particolare il prodotto più citato è stato il pomodoro di Pachino (10,8%), seguito da arance Rosse di Sicilia (9,2%) e mela Val di Non (8,6%), prodotti che tuttavia godono di una diffusione nazionale, anche preesistente al riconoscimento comunitario. Sono in particolare i consumatori del Sud e delle Isole a dimostrare la maggio- Figura 7.24 - Ricordo sollecitato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine (dati in %) Arancia rossa Sicilia Pomodoro di San Marzano Radicchio rosso di Treviso Mela Val di Non Pomodoro di Pachino Limone di Sorrento Basilico Genovese Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel Oliva ascolana del piceno Clementine di Calabria Carciofo romanesco del Lazio Cappero di Pantelleria Limone costa d'Amalfi Lenticchia di Castelluccio di Norcia Pesca nettarina di Romagna Nocciola del Piemonte Radicchio variegato di Castelfranco Ciliegia di Marostica Riso nano vialone Veronese Fico d'India dell'Etna Pera dell'Emilia Romagna Scalogno di Romagna Kiwi di Latina Clementine del Golfo di Taranto Uva da Tavola di Canicattì Zafferano dell'Aquila Farro della Garfagnana Pera Mantovana Carciofo di Paestum Castagna di Montella Asparago verde di Altedo Fagiolo di lamon della vallata bellunese Farina di Neccio della Garfagnana Zafferano di San Geminiano Uva da tavola di Mazzarrone Nocciola di Giffoni Castagna del Monte Amiata Marrone del Mugello Peperone di Senise Fungo di Borgotaro Fagiolo di Sorana Asparago bianco di Cimadolmo Marrone di Castel del Rio Marrone di San Zeno Fagiolo di Sarconi La bella della Daunia Nocellara del Belice 23,2% 22,2% 20,6% 20,6% 20,0% 16,9% 16,4% 14,4% 13,9% 12,5% 12,4% 11,5% 10,8% 9,8% 9,6% 9,6% 9,6% 8,1% 7,6% 7,6% 7,3% 6,8% 5,8% 5,1% 4,9% 4,7% 4,2% 0 10 Base: 591 casi. Fonte: indagine ISMEA sul consumatore. 20 33,3% 31,3% 29,3% 27,6% 26,1% 25,0% 30 44,0% 43,3% 43,3% 40,6% 36,7% 40 48,6% 50 61,4% 59,2% 60 71,9% 70,4% 68,9% 67,7% 70 87,3% 77,5% 80 90 100 % 177 re padronanza in materia, con un ricordo spontaneo corretto nel 71,8% dei rispondenti che avevano dichiarato di conoscere ortofrutta a D.O., citando soprattutto prodotti autoctoni come il pomodoro di Pachino e le arance rosse di Sicilia. Ancora una volta, invece, i consumatori del Nord Ovest evidenziano la minore conoscenza di questi prodotti, registrando la percentuale più alta di citazioni errate o mancanti. A livello sollecitato, invece, i prodotti ortofrutticoli a D.O. più conosciuti sono risultati l’arancia rossa di Sicilia (87,3%), il pomodoro San Marzano (77,5%) e il radicchio rosso di Treviso (71,9%), seguito a breve distanza dalla mela Val di Non (70,4%), mentre tra i prodotti meno citati si rilevano la Nocel- Figura 7.25 - Diffusione territoriale e conoscenza di ortofrutta DOP-IGP – analisi per area geografica – (% di punti vendita; % di consumatori) 100 Diffusione nel trade 90 80 70 60 % 50 40 30 20 10 0 100 Conoscenza del consumatore 90 80 70 60 Nord ovest % 50 40 Nord est 30 20 Centro 10 Sud e isole 178 Nocciola di Giffoni Marrone del Mugello lenticchia di Castellucchio di Norcia Farro della Garfagnana Fagiolo di lamon della vallata bellunese Ciliegia di Marostica Castagna di Montella Castagna del Monte Amiata Base: 106 casi per il trade, 591 per il consumatore. Fonte: indagine Ismea sul consumatore e sul trade. . Asparago verde di Altedo Radicchio rosso di Treviso Pomodoro di San Marzano Pomodoro di Pachino Mela Val di Non Mela Alto Adige Cappero di Pantelleria Basilico Genovese Arancia rossa Sicilia 0 lara del Belice, la Bella della Daunia e il fagiolo di Sarconi. Analizzando più approfonditamente il grado di conoscenza dei prodotti ortofrutticoli DOP-IGP per ciascuna area geografica, si osserva come vi siano sostanzialmente due categorie di prodotti ortofrutticoli a D.O. Del primo gruppo fanno parte frutta e verdura a diffusione nazionale, come arance rosse di Sicilia, pomodoro di Pachino e di San Marzano, mela Val di Non e Alto Adige, radicchio rosso di Treviso, cappero di Pantelleria, basilico genovese. Nel caso di questi prodotti, il grado di conoscenza del consumatore e la composizione dell’assortimento dei punti vendita sono pressoché omogenei su tutto il territorio nazionale. Un discorso a parte vale per i restanti prodotti, che sono per lo più conosciuti dai consumatori residenti nelle aree geografiche di produzione e che sono referenziati principalmente nei punti vendita “locali”. Ad esempio, ciliegia di Marostica, asparago verde di Altedo e fagiolo di Lamon della vallata bellunese sono conosciuti soprattutto dai consumatori del Nord Est e presenti negli assortimenti della stessa area geografica e la stessa considerazione vale per il Centro con riferimento a prodotti quali il farro della Garfagnana, il marrone del Mugello, la castagna del Monte Amiata e la lenticchia di Castelluccio di Norcia e per il Sud riguardo alla castagna di Montella e la nocciola di Giffoni. In generale, comunque, la conoscenza di questi prodotti, non è necessariamente correlata in modo diretto con la consapevolezza nel consumatore del loro riconoscimento quali marchi a Denominazione di Origine. Questo dato viene evidenziato sia dall’indagine quantitativa che da quella qualitativa sui consumatori. Dall’analisi dei dati incrociati tra la percentuale di coloro che affermano di non conoscere i prodotti a Denominazione di Origine e la quota di coloro che sono stati in grado di indicare, a livello sollecitato, alcuni dei 47 prodotti a D.O., si osserva come coloro che non avevano sentito parlare di prodotti DOP-IGP in realtà conoscevano questi prodotti, ma semplicemente non li associavano al concetto di Denominazione di Origine. A conferma di ciò, dai focus group, è emersa la difficoltà a collocare geograficamente questi prodotti - laddove manca nella denominazione un esplicito riferimento al territorio - e la generale scarsa conoscenza del marchio DOP-IGP che li accompagna. Nella percezione dei partecipanti ai focus group, infatti, questi prodotti potrebbero essere indistintamente “prodotti tipici” o “prodotti con un marchio controllato e protetto, unici…” oppure prodotti soltanto identificabili per la provenienza da un determinato territorio. Tali evidenze fanno supporre un ruolo non particolarmente significativo della D.O. nel rafforzare la notorietà e il vissuto positivo relativo a determinate tipologie di prodotto. Del resto, i partecipanti ai focus group sembrano risultare abbastanza indifferenti alla presenza su frutta e verdura di marchi a D.O. – proprio perché ritengono di non essere sufficientemente informati sul loro significato. Tuttavia, essi presentano una percezione di prodotto certificato abbastanza corretta e cioè quella di “un 179 Figura 7.26 - Opinione su un eventuale maggiore valore aggiunto offerto dall’ortofrutta DOP e IGP (dati in %) Motivazione SI Sono prodotti più sicuri perché hanno subito maggiori controlli Sono prodotti di cui si conosce l'esatta provenienza regionale Sono prodotti 100% italiani 48,4% 44,1% 42,0% Sono prodotti di maggiore qualità 38,8% Sono prodotti coltivati nel rispetto del disciplinare di produzione Sono prodotti non modificati geneticamente Sono prodotti non contraffatti 18,7% 12,7% 10,8% Altro 2,6% Non so/nr 0,7% 0 10 20 % 30 40 50 Motivazione NO Mi basta sapere che sono italiani e non mi interessa conoscere l'esatta provenienza geografica Giudico il prodotto dal sapore e non dalla zona geografica di provenienza Tutti i prodotti ortofrutticoli subiscono controlli indipendentemente dal fatto che siano a marchio DOP o IGP o meno Il marchio DOP o IGP non aggiunge loro una maggiore qualità Anche degli altri prodotti conosco la zona geografica di provenienza Le garanzie efficaci sono quelle offerte dal produttore e/o dal distributore Altro Sono prodotti che giudicavo di qualità anche prima di sapere che erano DOP o IGP 37,9% 30,6% 25,0% 24,2% 18,5% 16,1% 12,1% 9,7% 0,8% Non so/nr 0 5 Base: 417 casi per motivazioni SI; 124 casi per motivazione NO. 10 15 20 % 25 30 35 40 prodotto controllato e di cui è sicura la provenienza territoriale”. Un altro fattore rilevante, emerso sempre dai focus group, è quello che attiene ad un concetto di “qualità a tutto tondo”, fatta di garanzie ma anche di aspetti piacevoli, percepibili con i sensi. Sempre secondo quanto emerso dai focus group, infatti, il fatto che il prodotto sia DOP-IGP, da solo, non è sufficiente ad indurre all’acquisto il consumatore, che in ogni caso vuole essere il giudice ultimo, sul piano organolettico e polisensoriale, della qualità di questi alimenti (“…deve piacermi, se mi dà fiducia lo prendo anche senza marchio…”). Come per la carne, si conferma dunque anche in quest’ambito l’importanza di un’esperienza di acquisto e di consumo positiva e, naturalmente, costante nel tempo. Sembra quasi che il marchio DOP/IGP, la cui esistenza è pur nota ai consumatori, rimanga un concetto ancora generico, che non è ancora stato “riempito” di tutti i suoi significati specifici, tanto più importanti in quanto, in realtà, attinenti proprio alle categorie che compongono il concetto di qualità dal punto di vista 180 del consumatore (provenienza, filiera, italianità, qualità organolettica legata al rispetto dei disciplinari di produzione). Si è scelto, quindi, di chiedere specificamente al consumatore, nell’ambito dell’indagine quantitativa, quale tipo di valore egli attribuisse spontaneamente ai prodotti a D.O. Il 69,5% dei consumatori intervistati ritiene che i prodotti a Denominazione di Origine siano caratterizzati da un maggiore valore aggiunto rispetto ai prodotti che non sono oggetto di tutela. In particolare – come si è già evidenziato in precedenza - per i consumatori sono soprattutto la maggiore garanzia di controllo e l’esatta conoscenza della provenienza del prodotto, in particolare italiana, a determinare il valore delle Denominazioni di Origine, mentre la presenza di un disciplinare di produzione si colloca in quinta posizione. Di particolare interesse, inoltre, è il fatto che, mentre i consumatori con un minor titolo di studio indicano principalmente come caratteristica principale la provenienza italiana, al crescere del livello di istruzione il valore delle Denominazioni di Origine viene associato alla conoscenza esatta della provenienza regionale, nel caso dei diplomati, e alla presenza di maggiori controlli, nel caso dei consumatori laureati. Analizzando in modo comparato gli item che per il consumatore conferiscono maggiore valore aggiunto ai prodotti ortofrutticoli DOP-IGP e la definizione di ortofrutta di qualità data dagli intervistati, si ha inoltre una conferma del fatto che un importante elemento che manca a questi prodotti tutelati per essere definiti “di qualità” è un riconoscimento certo e condiviso da parte del consumatore delle loro superiori caratteristiche organolettiche. I consumatori che, al contrario, ritengono che i prodotti a D.O. non abbiano nulla in più dei prodotti senza marchio DOP-IGP (20,7%) motivano la propria convinzione sostenendo che il loro interesse va esclusivamente alla provenienza italiana del prodotto oppure alla valutazione personale degli aspetti organolettici. Una sottogruppo significativo di questi sostiene inoltre che tutti i prodotti subiscono controlli, indipendentemente dalla presenza del marchio a Denominazione di Origine. Del resto, secondo la percezione del trade, è genericamente la provenienza, più del marchio di tutela, che sembra garantire i consumatori sulla qualità del prodotto, convinzione probabilmente generata anche dall’insistere su questo tema da parte della GDO per le proprie private label di filiera. 7.4.3.2 Un limite alla valorizzazione: le modalità espositive Il maggiore valore aggiunto che viene riconosciuto da una quota elevata di consumatori ai prodotti ortofrutticoli DOP-IGP non sembra però trovare, in base alle risposte ottenute dai responsabili di reparto intervistati, evidenza espositiva nei punti vendita oggetto di indagine. Il 71,4% degli operatori del commercio intervistati dichiara di non adottare particolari evidenziazioni espositive per l’ortofrutta a D.O. e anche tra i punti vendita che operano una qualche differenziazione la modalità più ricorrente (60%) è la semplice esposizione del marchio sul contenitore del prodotto (cesta o cassetta). La differenziazione espositiva appare più frequente nei negozi al dettaglio e, 181 all’interno della GDO, nel format ipermercato. Sul tema si sono confrontati anche i consumatori partecipanti ai focus group, arrivando alla conclusione che i prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine dovrebbero essere disposti in modo da favorire confronti con i prodotti non a marchio, oppure anche raggruppati in un’isola dedicata, ma in ogni caso non dovrebbero essere esposti in maniera troppo isolata, per evitare il rischio di generare quella “ghettizzazione” che a loro parere si è già verificata per i prodotti biologici. Gli stessi consumatori suggeriscono anche che i prodotti ortofrutticoli a D.O. siano venduti prevalentemente sfusi, per richiamare l’idea di prodotti genuini, naturali, artigianali, eventualmente con l’evidenziazione di un bollino sul singolo prodotto. Figura 7.27 - Ortofrutta DOP-IGP presente in assortimento (% di punti vendita) Mela Val di Non Pomodoro di Pachino Radicchio rosso di Treviso Arancia rossa di Sicilia Pera dell'Emilia Romagna Radicchio Variegato di Castelfranco Clementine di Calabria Pesca nettarina di Romagna Mela Alto Adige Pomodoro di San Marzano Limone di Sorrento Limone Costa d'Amalfi Carciofo romanesco del Lazio Basilico genovese Fico d'India dell'Etna Kiwi di Latina Lenticchia di Castelluccio di Norcia Scalogno di Romagna Asparago verde di Altedo Uva da tavola di Mazzarone Castagna del Monte Amiata Marrone di Castel del Rio Uva da tavola di Canicattì Fagiolo di lamon della vallata Bellunese Ciliegia di Marostica Pera Mantovana Castagna di Montella Clementine del golfo di Taranto Nocciola del Piemonte Asparago bianco di Cimadolm Carciofo di Paestum Nocciola di Giffoni Marrone del Mugello Cappero di Pantelleria Oliva ascolana del piceno Farro della Garfagnana Riso Nano Vialone Veronese Fungo di Borgotaro Peperone di Senise Zafferano dell'Aquila Fagiolo di Sorana Zafferano di San Giminiano Nocellara del Belice Farina di neccio della Garfagnana Nessuno di questi Marrone di San Zeno La Bella della Daunia Fagiolo di Sarconi 4,7% 3,8% 2,8% 1,9% 1,9% 1,9% 0,9% 0,0% 0,0% 0,0% 0 Base: 106 casi. Fonte: indagine Ismea sul trade. 182 22,6% 17,0% 16,0% 15,1% 15,1% 15,1% 14,2% 14,2% 13,2% 10,4% 10,4% 9,4% 8,5% 8,5% 8,5% 7,5% 7,5% 6,6% 5,7% 10 20 33,0% 31,1% 30,2% 28,5% 30 42,5% 42,5% 41,5% 35,8% 34,0% 40 52,8% 50,0% 46,2% 50 % 76,5% 75,5% 74,5% 58,5% 57,5% 57,5% 60 70 80 86,8% 90 100 7.4.3.3 L’assortimento di prodotti a Denominazione di Origine La composizione dell’assortimento dei punti vendita che referenziano ortofrutta a D.O. è coerente con le indicazioni di conoscenza fornite dai consumatori. A godere della maggiore copertura territoriale sono, infatti, la mela Val di Non (86,8%), il pomodoro di Pachino (76,4%), il radicchio rosso di Treviso (75,5%) e le arance rosse di Sicilia (74,5%), mentre rimangono esclusi dagli assortimenti degli operatori intervistati la Bella della Daunia, il fagiolo di Sorana e il marrone di San Zeno, che risultano essere anche i prodotti meno conosciuti dai consumatori. I punti vendita che non presentano in assortimento prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine (15,2%) motivano tale decisione principalmente sostenendo che si tratta di prodotti troppo cari e poco o per niente richiesti dal consumatore. 7.4.4 L’evoluzione del mercato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine Secondo la maggioranza degli operatori del settore (53%), le vendite di ortofrutta a D.O. sono rimaste stabili nel corso del 2005 rispetto all’anno precedente. Considerando il dato disaggregato per tipologia di esercizio, si rileva come il Figura 7.28 - Andamento delle vendite di ortofrutta DOP-IGP nel 2005 (dati in %) Non so/nr 4,8% Sono aumentate 24,8% Sono rimaste stabili 53,3% Sono diminuite 17,1% Base: 105 casi. Fonte: indagine Ismea sul trade. dettaglio specializzato abbia riscontrato le maggiori difficoltà nella commercializzazione di questi prodotti, con una percentuale più consistente rispetto alla GDO di operatori che segnala una diminuzione delle vendite di frutta e verdura DOPIGP (28,9%, vs 8,3% della GDO). Ancora una volta, tra le difficoltà maggiormente riscontrate dagli operatori si segnala la presenza di prezzi troppo alti rispetto ai prodotti non DOP-IGP e la scarsa conoscenza del prodotto da parte del consumatore. Questi elementi, 183 come emerge da varie sezioni dell’indagine, rappresentano quindi i vincoli maggiori alla crescita di mercato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine. Occorre tuttavia sottolineare il fatto che circa un terzo dei rispondenti abbia dichiarato di non incontrare alcuna particolare difficoltà nella vendita di questi prodotti. È inoltre elemento di interesse il fatto che quasi la metà degli operatori della GDO intervistati non rilevino particolari discrepanze tra le regole imposte dai disciplinari di produzione delle DOP e IGP e i criteri di selezione delle insegne commerciali, anche se è da sottolineare come un quota significativa dei rispondenti non abbia saputo prendere in merito una posizione perché per nulla o poco informato sui contenuti dei disciplinari. Figura 7.29 - Idoneità dei disciplinari delle DOP e IGP ai criteri di selezione della GDO (dati in %) Non conosco i criteri di selezione della GDA 1% NO 3% Non so/ nr 24% SI 47% Non conosco le regole dei disciplinari 25% Base: 75 casi. Fonte: indagine Ismea sul trade. A proposito della prospettiva di introduzione di nuove Denominazioni di Origine nel settore ortofrutta, gli operatori della distribuzione si mostrano favorevoli (68,8%) per la possibilità di valorizzare al meglio l’ortofrutta italiana rispetto a quella estera (72,1%) e valorizzare al contempo le produzioni locali e regionali (47,7%). In ogni caso, secondo il 49,6% degli operatori del trade, le DOP-IGP del settore ortofrutta dovrebbero essere destinate al mercato del largo consumo. Una diffusione a livello nazionale permetterebbe infatti a questi prodotti di aumentare la loro penetrazione sul territorio e di divenire accessibili a una fascia ampia della popolazione. D’altra parte, occorre considerare come un buon 36% dei rispondenti sostenga che i prodotti ortofrutticoli a D.O. sono più adatti a un mercato di nicchia, proprio per la loro natura di prodotti ricercati e quindi con un prezzo più alto. 184 7.4.4.1 Le aspettative di operatori della distribuzione e consumatori per il 2006 Le previsioni sull’andamento delle vendite per il 2006 degli operatori del settore sono prevalentemente prudenziali (il 47,6% prospetta infatti stabilità), anche se una buona quota (29,5%) si rivela ottimista in proposito. Figura 7.30 - Previsione sull’andamento delle vendite di ortofrutta DOP-IGP per il 2006 (dati in %) Non so/nr 10,5% Diminuiranno 12,4% Rimarranno stabili 47,6% Aumenteranno 29,5% Base: 105 casi. Fonte: indagine Ismea sul trade. Ancora una volta è il dettaglio specializzato ad assumere l’atteggiamento più pessimistico, coerentemente con le maggiori difficoltà riscontrate per l’anno 2005, mentre la GDO e in particolare gli ipermercati mostrano i maggiori segnali di ottimismo. Figura 7.31 - Probabilità di acquisto futuro di ortofrutta a marchio DOP o IGP (dati in %) Totale e campione 19,5% Non ha sentito parlare dei prodotti DOP-IGP 15,4% Ha sentito parlare dei prodotti DOP-IGP 21,8% 16,9% 21,2% 0 10 26,8% 29,4% 14,0% 23,7% 20 9,0% 30 25,6% 40 50 % 60 14,7% 11,0% 6,6% 70 6,2% 8,1% 5,1% 16,0% 80 2,0% 5,7% 1,1% 90 Certamente Poco probabile Molto probabile Li acquisto già Abbastanza probabile Non sono comunque interessato 100 Non so/nr Base: 600 casi. Fonte: indagine Ismea sul consumatore. 185 I consumatori, del resto, manifestano per la maggior parte (82,8%) una tendenziale propensione all’acquisto futuro di ortofrutta DOP-IGP75,, che risulta più elevata tra coloro che avevano dichiarato di aver già sentito parlare dei prodotti a D.O. in generale, nelle aree centro-meridionali, tra gli intervistati di sesso maschile e tra quelli con un elevato titolo di studio. Dai focus group emerge chiaramente come questa propensione all’acquisto possa essere sostenuta da una campagna d’informazione, le cui caratteristiche sono state delineate dai partecipanti con un grado notevole di dettaglio. Secondo gli stessi, infatti, l’obiettivo di questa campagna dovrebbe essere quello di formare la consapevolezza dei consumatori circa il significato dei diversi marchi, il loro valore e la differenza tra essi. Ad essa dovrebbero essere affiancate una serie di iniziative che facciano conoscere i prodotti DOP e IGP di ogni stagione attraverso assaggi presso i punti vendita, possibilmente con una caratterizzazione regionale, perché la valorizzazione sia diretta ed efficace, e volti a pubblicizzare il singolo prodotto piuttosto che il marchio in generale, in modo che il consumatore possa conoscere – e riconoscere sul punto vendita – uno ad uno i prodotti che godono di una D.O. Gli strumenti proposti per questa campagna informativa sono stati individuati da partecipanti in: - spot tv - comunicazioni su stampa - brochure informative da spedire a casa o in distribuzione presso i punti vendita, alcune più dettagliate, altre più sintetiche, - pubblicità sui mezzi pubblici. È stata inoltre sottolineata l’importanza di utilizzare messaggi con un’unica impostazione organica, in modo che sul punto vendita possano essere ritrovati gli stessi elementi, anche in termini visivi, presenti nella campagna pubblicitaria sui media, e impostati con un un linguaggio semplice, chiaro, immediato, informale. L’esigenza di un maggiore impegno in comunicazione emerge peraltro anche dalle dichiarazioni degli operatori del trade, che evidenziano come ulteriori diffuse iniziative di promozione e valorizzazione dei marchi possano rimuovere un vincolo all’ampliamento del mercato dei prodotti ortofrutticoli DOP-IGP. 7.5 Sintesi e conclusioni Per mettere a fuoco alcune problematiche relative al consumo e alla commercializzazione di alcuni comparti a D.O., si è scelto di concentrare l’analisi di mercato su due segmenti chiave del macrosettore degli alimentari freschi: le carni fresche e l’ortofrutta. L’analisi è stata condotta con tre diversi strumenti: - 4 focus group, per l’approfondimento dei vissuti del consumatore - 1.200 interviste sul punto vendita al momento dell’acquisto, per la “misura- 186 zione”, tramite un campione rappresentativo della popolazione, di alcuni elementi chiave emersi nei focus group, - 250 interviste a responsabili di reparto (per la GD) o di negozio (per la DO e il dettaglio specializzato), per rilevare il vissuto, relativo ai prodotti a D.O., di queste figure chiave che gestiscono il momento delicato di incontro del consumatore con il prodotto. Ciò che accomuna i due comparti analizzati è soprattutto il ruolo ancora significativo, per quanto soggetto a progressiva erosione da parte di ipermercati e supermercati, del dettaglio tradizionale (volumi di vendita modesti e conseguente difficoltà a differenziare la gamma verticalmente, scelta di posizionamento fortemente correlata alla localizzazione sul territorio, ...). Ciò può costituire un vincolo alla visibilità, e quindi alla valorizzazione, delle Denominazioni di Origine, tranne nei casi in cui il dettagliante tradizionale scelga per il proprio punto vendita un posizionamento complessivo di fascia alta, mediante l’introduzione in assortimento, e l’evidenziazione, di prodotti di alto profilo qualitativo. I risultati ottenuti dall’indagine si possono sintetizzare evidenziando, per i prodotti a Denominazione di Origine, una dicotomia tra “teoria” e “realtà”. A livello teorico, si può affermare che il terreno per una crescente diffusione e valorizzazione di questi prodotti è potenzialmente fertile: si avverte infatti, nel consumatore, un “bisogno” di qualità da intendersi come somma di diverse componenti, la maggior parte delle quali (sicurezza, origine, aspetti organolettici) corrisponde all’articolazione del plus offerto dai prodotti a DOP-IGP (legame col territorio, materia prima, modalità di produzione che si traducono in differenze percepibili anche con i sensi: sapore, profumo...). A questi fattori rilevanti per le scelte se ne aggiungono tuttavia alcuni altri: - la necessità di “verificare” la freschezza del prodotto, che comporta da un lato l’importanza della valutazione visiva soggettiva sul luogo di acquisto e dall’altro il ruolo rilevante del punto vendita come garante della rotazione, della freschezza e della “bellezza” dei prodotti; - l’importanza della comodità, che può implicare, nel passaggio dalle aspettative teoriche all’atto concreto di acquisto, l’accettazione di prodotti “second best” (ad esempio, per le verdure confezionate); - il ruolo del prezzo e delle iniziative promozionali, che entrano quali fattori decisionali al momento della scelta. Il prezzo, se correttamente posizionato, può comunque svolgere anche il ruolo di indicatore di qualità. Sempre a livello teorico, inoltre, una quota molto elevata di consumatori “ha sentito parlare” dei prodotti DOP-IGP, anche se poi, scendendo in particolare in relazione ai due comparti d’interesse, risulta assai più contenuta la quota di coloro che sono in grado di citare casi specifici. Passando, infatti, dalla teoria alla concretezza delle determinanti d’acquisto, il quadro è in parte diverso: 187 - il consumatore conosce alcune denominazioni, ma spesso non le associa al concetto di DOP-IGP, facendo quindi confusione tra razze, varietà e D.O. ad esse collegate; - la conoscenza degli stessi acronimi, e a maggior ragione del loro significato in termini di garanzie, risulta nebulosa; - in particolare, manca spesso, nel vissuto del consumatore sul prodotto a D.O., la consapevolezza delle sue superiori caratteristiche organolettiche. Questo quadro tende a ridimensionare il ruolo della D.O. come fattore di scelta, rendendola facilmente sostituibile con altri marchi (private label, marchio aziendale), con la garanzia offerta dal punto vendita e dall’insegna, con le normali garanzie di legge (per es. i controlli di routine per le carni) e, per alcuni, con la capacità soggettiva di valutare la validità del prodotto. Figura 7.32 - Il fattore informazione QUALITA’ “TEORICA” DENOMINAZIONE DI ORIGINE - origine - sicurezza - sapore - aspetto estetico DETERMINANTI D’ACQUISTO - origine - sicurezza - .............. - .............. - origine - sicurezza - sapore - prezzo - comodità Fonte: indagine Ismea. Il fattore chiave per il superamento della dicotomia evidenziata risulta essere l’informazione. In realtà, gli intervistati del trade citano quali ostacoli all’ampliamento delle vendite di prodotti a D.O. non solo la scarsa competenza del consumatore, ma anche il differenziale di prezzo rispetto alla media. I due fattori sono tuttavia necessariamente correlati: è infatti la scarsa conoscenza dei plus associati ad un prodotto che rende difficile accettarne l’eventuale price premium. Il fattore “informazione” emerge, del resto, come cruciale in tutti e tre i livelli d’indagine: - nei focus group, nei quali i partecipanti sono giunti a delineare le caratteristiche desiderate di una campagna formativa / informativa ideale (canali: TV, mezzi classici e comunicazione in store; tono: informativo e autorevole; stile: coordina- 188 to, in modo che i messaggi si rinforzino tra un canale di comunicazione e l’altro, ad esempio incontrando sul punto vendita i messaggi visti in televisione); - nelle interviste face to face rivolte ai consumatori, da cui emerge come la somministrazione di informazioni possa determinare un aumento significativo della propensione all’acquisto di specifici prodotti a D.O.; - nelle interviste al trade, perché: • gli operatori contattati sottolineano come limite alla crescita delle D.O. la mancanza di cultura specifica da parte del consumatore; • specie nelle superfici medio-piccole, non risulta particolarmente intensa e /o creativa l’attivazione di strumenti di evidenziazione attualmente messi in atto per le D.O. Chiaramente, in un momento in cui la tipicità è molto utilizzata come fattore di differenziazione, il consumatore si trova esposto ad una pluralità di messaggi, riguardanti sia prodotti genericamente evidenziati come “di qualità” (per origine, tracciabilità, ecc.), sia denominazioni effettivamente controllate e certificate secondo i dettami di normative specifiche. In questo quadro, dato anche il numero elevato e in continua crescita delle denominazioni esistenti, il rischio di confusione è molto alto. Le iniziative di informazione mirate e, soprattutto, coordinate, sul significato, a tutto tondo, della DOP e della IGP, potrebbero quindi svolgere un ruolo fondamentale di chiarificazione e semplificazione, ma anche di arricchimento (ad esempio, riguardo alle garanzie di qualità organolettica) riportando il processo di selezione condotto dal consumatore sul binario corretto che va dal “logo” “ombrello” (DOP-IGP) alle sue molteplici declinazioni (valorizzando, quindi, in profondità anche le singole denominazioni). 70) Si sottolinea che un’ampiezza campionaria di questo tipo non permette di analizzare i risultati in base ad una significatività di tipo statistico, ma solo di individuare, con buona visione critica, i principali orientamenti ed i possibili scenari dei segmenti della distribuzione indagati. 71) Per la lettura dei risultati emersi dall’indagine sul trade occorre tenere presente che si è deciso di classificare i punti vendita tra distribuzione moderna (intesa come iper+super) e distribuzione tradizionale (intesa come negozi tradizionali+superettes) privilegiando il criterio di aggregazione per affinità gestionali anzichè applicare la definizione classica di GDO. 72) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto e di fornire una valutazione, su una scala “per niente d’accordo - molto d’accordo” per un’altra serie di elementi quali componenti della definizione di “carne di qualità”. È quindi stato calcolato, riproporzionandolo su una scala 0-10 (per motivi di confronta- 189 bilità), il “voto” medio ottenuto da ciascun driver di acquisto / elemento qualitativo proposto. 1-valutazione punteggio= 10 valutazione_max-valutazione_min Successivamente, i fattori sono stati raggruppati in macrocategorie concettuali, così costruite: a. aspetto estetico = colore, assenza di grasso e di sangue per la carne; aspetto estetico, colore, pulizia e freschezza per l’ortofrutta b. aspetto organolettico = conoscere già il prodotto, sapore. Per la carne anche tenerezza e fatto che non si restringe c. sicurezza = sicurezza igienica; per la carne anche conoscenza allevamente e alimentazione animale d. origine = italianità; per la carne anche rintracciabilità e. marchi = DOP-IGP, BIO, marchio aziendale, marchio della catena distributiva f. prezzo/promozione = prezzo e presenza di promozioni 73) Il prodotto sfuso è vissuto, secondo quanto emerge dai focus group, come più fresco, più saporito, più profumato, più genuino, più economico. Elemento non irrilevante a favore della frutta e verdura sfuse è anche la possibilità per l’acquirente di scegliere da solo, selezionando al momento i prodotti migliori. 74) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto. E’ quindi stato calcolato, mantenendo la scala 1-7, il “voto” medio ottenuto da ciascuna determinante di acquisto proposta. 75) Al consumatore è stato chiesto di fornire una valutazione, su una scala “per niente d’accordo - molto d’accordo” composta di 5 livelli, di una serie di elementi quali possibili componenti della definizione di “carne di qualità”. È quindi stato calcolato, su una scala 1-5, il “voto” medio ottenuto da ciascun elemento qualitativo. 76) Per “propensione all’acquisto” viene intesa la somma delle risposte fornite agli item “acquisto certo”, “acquisto molto probabile” e “acquisto abbastanza probabile”. 77) Il dato potrebbe essere sovrastimato per via della vicinanza della realizzazione dell’indagine al periodo pasquale. 78) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto per la frutta e per la verdura. E’ quindi stato calcolato, mantenendo la scala 1-7, il “voto” medio ottenuto da ciascuna determinante di acquisto. 79) Per presenza ponderata si intende il peso medio di frutta e verdura DOP/IGP sull’assortimento di ortofrutta dei punti vendita oggetto di indagine. 80) Per “propensione all’acquisto” si intende la somma delle risposte fornite agli item “li acquisto già”, “acquisto certo”, “acquisto molto probabile” e “acquisto abbastanza probabile”. 190 8. Conclusioni I l presente Rapporto dell’Osservatorio prodotti tipici, incentrato sui prodotti agroalimentari protetti (DOP, IGP e STG), aggiorna ed integra la precedente pubblicazione Ismea81, con una disamina dei vincoli e delle opportunità generati dalla riforma del quadro normativo (Reg CE 510/2006 e Reg CE 509/2006), un’analisi della situazione di mercato in Italia e in altri sei paesi europei82, ed una nuova verifica diretta dell’atteggiamento del consumatore italiano, focalizzata quest’anno sui comparti delle carni fresche e dell’ortofrutta a marchio comunitario. L’universo di riferimento è rilevante e in espansione: 709 denominazioni riconosciute in ambito europeo (+2,3% rispetto al 2005), di cui 155 (68% DOP e 32% IGP) sono italiane. Nel nostro paese nel 2004 le quantità complessive certificate hanno superato le 741mila tonnellate (+26,1% rispetto al 2003), generando un valore della produzione di 4,4 miliardi di euro (+5,4% sull’anno precedente), corrispondente al 4,4% circa del valore dell’industria alimentare nel complesso. Il fatturato stimato al consumo è risultato invece di poco inferiore agli 8 miliardi di euro con un incremento del 6,7% rispetto al 2003. Il Nord Italia, che ospita la maggior parte delle denominazioni più consolidate, detiene una quota prossima al 70% del fatturato complessivo alla produzione, l’88% del quale è concentrato in sole 6 regioni83. I comparti principali (formaggi, 56,1% della produzione totale e prodotti a base di carne, 24,4%) sono caratterizzati da un numero relativamente elevato di denominazioni (31 e 28 rispettivamente) e in entrambi i casi suddivisibili in un primo gruppo di 4-5 predominanti e un secondo gruppo caratterizzato da quantitativi certificati non troppo elevati84. Nel suo complesso, l’analisi sviluppata ha fatto emergere le seguenti questioni principali: • l’introduzione di nuovi elementi, derivanti dall’evoluzione normativa, che potrebbero intensificare la competizione a livello nazionale e internazionale; • la persistenza, in Italia e all’estero, di criticità nel raccordo tra il tessuto produttivo, i soggetti preposti alla tutela e alla promozione dei marchi, i canali distributivi e i mercati al consumo; • la necessità, in particolare in Italia, di un’evoluzione del mondo produttivo verso un’ottica spiccatamente market oriented, per garantire un solido e rapido sviluppo non solo ai leader ma anche alle denominazioni “minori”. Tra le varie novità introdotte dalla riforma normativa in adeguamento ai dettami WTO, vanno evidenziate l’abrogazione del requisito della reciprocità ed equi- 191 valenza della protezione precedentemente imposto ai Paesi terzi e la possibilità, per gli operatori di tali Paesi, di presentare le domande di riconoscimento ed eventuali opposizioni direttamente alla Commissione Europea, senza il tramite dei loro governi. Altre novità principali sono rappresentate dall’accettazione della coesistenza tra marchi industriali e denominazioni d’origine, non più limitata, com’era in precedenza, ad un periodo di 5 anni e dall’introduzione dell’obbligo per tutti gli Organismi di controllo di essere accreditati in base alla normativa EN 45011 a partire dal 1°maggio 2010. Tali novità, pur molto diverse tra loro, concorrono, insieme con il continuo aumento del numero di denominazioni riconosciute e del numero di paesi europei impegnati nella valorizzazione dei propri prodotti, ad un quadro di potenziale accentuazione competitiva sia per l’aumento del numero dei prodotti “concorrenti” sia per le conseguenze in termini di costi che potrebbe generare l’accreditamento. Diviene pertanto indispensabile, ancor più che nel recente passato, definire ed attuare politiche di valorizzazione delle denominazioni attraverso una maggiore e diffusa esplicitazione dei plus legati alla loro natura di “marchi collettivi istituzionali”. Il secondo aspetto principale emerge dal confronto tra le analisi svolte per le produzioni nazionali e i risultati di quelle delle politiche comunitarie, dal quale emerge un quadro assai eterogeneo relativamente ai seguenti aspetti: - il rapporto tra marchi di tutela comunitari e marchi locali tradizionali; - le modalità adottate per la valorizzazione delle DOP e IGP; - il sistema dei canali distributivi al consumo; - i parametri di qualità, ed i soggetti garanti, su cui si basano le scelte del consumatore. Tuttavia, i vari sistemi nazionali hanno in comune, anche se con modalità differenti, un grado di competenza del consumatore ancora relativamente modesto80 in merito al mix di garanzie offerte dai prodotti a D.O., e quindi al reale valore attribuibile ai relativi marchi. Ciò tende a tradursi, naturalmente, in un rilevante elemento di fragilità per i produttori, sia nella competizione col prodotto “non marchiato”, sia nei rapporti con i canali distributivi. Tale fragilità, con i suoi effetti negativi sulla redditività delle aziende produttrici, rischia da un lato di ridimensionare le risorse disponibili per politiche di valorizzazione, dall’altro di minare la coesione interna ai singoli consorzi, orientando le decisioni strategiche degli operatori verso le iniziative individuali e la promozione dei marchi aziendali, piuttosto che verso le azioni congiunte sotto l’”ombrello” del marchio istituzionale. Infine il terzo aspetto meritevole di considerazione è quello della polarizzazione dell’offerta italiana caratterizzata da una dicotomia tra il comportamento strategico dei grandi Consorzi di tutela e quello delle realtà medio-piccole. I primi sono impegnati da tempo in politiche di rafforzamento sul mercato na- 192 zionale e in iniziative di crescita sui mercati esteri, finalizzate ad assicurare la collocazione degli elevati volumi prodotti. Per le seconde, al contrario, vincoli culturali (nel passaggio da un’ottica product-oriented ad una visione market oriented) e dimensionali (per la difficoltà degli operatori a raggiungere il necessario grado di coordinamento in vista di un obiettivo comune) ostacolano la crescita, perseguibile solo attraverso un salto di qualità nell’approccio ai mercati. Pertanto, a fronte di una proliferazione delle denominazioni (con 276 nuove denominazioni in attesa di riconoscimento), consumatori ed operatori appaiono in parte impreparati a coglierne appieno le opportunità. In conclusione, a oltre 10 anni dall’applicazione della normativa sui prodotti tutelati, possiamo ritenere terminata la fase iniziale di promozione di tali denominazioni; ora è il momento giusto per dare il via ad una fase di “rafforzamento” di tali produzioni presso il mercato. Le rilevazioni effettuate evidenziano un’attenzione sempre alta del consumatore verso le questioni della sicurezza alimentare, dell’origine e della tipicità, oltre che, naturalmente, un immutato interesse per gli aspetti organolettici degli alimenti. Le istituzioni possono continuare a svolgere un ruolo determinante nel favorire, attraverso la diffusione di informazioni autorevoli, l’incrocio tra questi elementi della domanda e la risposta corrispondente offerta dai prodotti a D.O. Parallelamente, è opportuna un’analisi e una rivisitazione del ruolo delle Istituzioni e dei Consorzi di tutela nel promuovere e sostenere tutte le iniziative volte da un lato a tutelare i valori della “piccola dimensione” (artigianalità, originalità, varietà, tradizione, ecc.) e dall’altro a favorire un orientamento degli operatori all’aggregazione per migliorare l’approccio ai mercati e le capacità di internazionalizzazione. 81) “I prodotti Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005 82) Aggiornamento dei dati economici presentati nella precedente pubblicazione relativamente a Spagna e Francia ed estensione della stessa indagine a Germania, Gran Bretagna, Austria e Olanda. 83) Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Sardegna. 84) Per i formaggi, 5 denominazioni (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola, Pecorino Romano e Mozzarella di Bufala Campana) costituiscono l’85% circa della produzione certificata, di cui il 60% circa ascrivibile a Grana Padano e Parmigiano Reggiano). Nel comparto dei prodotti a base di carne le prime 5 denominazioni (Prosciutto di Parma, Mortadella Bologna, Prosciutto di San Daniele, Bresaola della Valtellina, Speck Alto Adige) coprono il 92% della produzione totale (il 50% attribuibile al solo Prosciutto di Parma). 85) In alcuni paesi, come la Francia, la Germania e l’Austria, si rileva una forte competizione tra il concetto, relativamente recente, di DOP e IGP, e gli “storici” marchi nazionali e regionali. 193 Appendice statistica Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006 Prodotti controllati, decreti ministeriali di autorizzazione o di rinnovo e relativa pubblicazione Agroqualità N. prodotti controllati 5 14 AIAB 4 AQA Bioagricoop 1 5 Cermet 3 Certiprodop 5 Certiquality 5 196 Prodotti controllati DM GURI Alto Crotonese Lenticchia di Castelluccio di Norcia Prosciutto di Norcia Umbria Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale Carciofo romanesco del Lazio Cartoceto Clementine di Calabria Dauno Fagiolo di Sarconi La Bella della Daunia Lametia Lardo di Colonnata Monte Etna Monti Iblei Nocellara del Belice Val di Ma zara Valle del Belice Zafferano di San Gimignano Fagiolo di Sorana Farina di neccio della Garfagnana Marrone del Mugello Pane Casereccio di Genzano Spressa delle Giudicarie Canestrato pugliese Collina di Brindisi Farro della Garfagnana Miele della Lunigiana Pane di Altamura Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Brisighella Colline di Romagna Formai de Mut dell'alta Val Brembana Pecorino Toscano Quartirolo Lombardo Ricotta Romana Taleggio Laghi Lombardi Lucca Salame d'oca di Mortara Toscano Uva da tavola di Mazzarone 4-11-2003 28-01-1999 14-12-1998 29-09-2005 18-10-1999 18-12-2002 24-02-2005 11-07-2005 12-12-2003 21-03-2001 8-06-2005 4-02-2004 11-11-2004 16-10-2003 29-09-2004 6-07-2001 25-11-2002 29-09-2004 15-02-2005 4-02-2004 3-06-2004 10-09-1999 12-04-2005 12-01-2004 18-11-2005 15-11-2005 27-02-2004 24-02-2005 4-03-2004 15-01-2001 30-11-1998 27-01-2004 1-09-2005 30-06-2005 30-06-2005 21-09-2005 30-06-2005 4-10-1999 28-12-2004 7-07-2004 30-11-1998 21-06-2005 n. 272 del 22/11/03 n. 28 del 04/02/99 n. 297 del 21/12/98 n. 247 del 22/10/05 n. 250 del 23/10/99 n. 5 del 8/01/03 n. 60 del 14/03/05 n. 191 del 18/08/05 n. 298 del 24/12/03 n. 85 dell'11/04/01 n. 142 del 21/06/05 n. 77 del 01/04/04 n. 305 del 30/12/04 n. 265 del 14/11/03 n. 250 del 23/10/04 n. 179 del 03/08/01 n. 290 del 11/12/02 n. 250 del 23/10/04 n. 51 del 03/03/05 n. 45 del 24/02/04 n. 139 del 16/06/04 n. 231 del 1/10/99 n. 94 del 23/04/05 n. 22 del 28/01/04 n. 286 del 09/12/05 n. 280 del 01/12/05 n. 127 del 01/06/04 n. 61 del 15/03/05 n. 77 del 01/04/04 n. 21 del 26/01/01 n. 297 del 21/12/98 n. 34 del 11/02/04 n. 212 del 12/09/05 n. 163 del 15/07/05 n. 163 del 15/07/05 n. 227 del 29/09/05 n. 163 del 15/07/05 n. 243 del 15/10/99 n. 14 del 19/01/05 n. 171 del 23/07/04 n. 297 del 21/12/98 n. 161 del 13/07/05 (Segue) Organismi di controllo privati 3 A Parco Tecnologico Agroalimentare dell'Umbria Segue Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006 CSQA Dipartimento controllo qualità Parmigiano Reggiano ECEPA Ente di certificazione prodotti agroalimentari IMC INEQ Istituto Nord Est Qualità Nr prodotti controllati 8 24 1 3 1 12 Prodotti controllati DM GURI Arancia Rossa di Sicilia Asparago Verde di Altedo Ficodindia dell'Etna Marrone di Castel del Rio Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel Pera Emilia Romagna Pesca e nettarina di Romagna Scalogno di Romagna Asiago Asparago bianco di Cimadolmo Bitto Bresaola della Valtellina Ciliegia di Marostica Fagiolo Lamon dell'Alta Vallata Bellunese Fontina Garda Gorgonzola Grana Padano Marrone di San Zeno Mela Val di Non Montasio Monte Veronese Mozzarella di Bufala Campana Pera Mantovana Provolone Valpadana Radicchio Rosso di Treviso Radicchio variegato di Castelfranco Soppressa Vicentina Uva da tavola di Canicattì Valle d’Aosta Fromadzo Valtellina Casera Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa Parmigiano Reggiano 12-12-2002 6-06-2003 16-10-2003 1-04-2004 21-12-2005 28-01-1999 28-01-1999 29-09-2004 29-04-2004 1-04-2004 13-12-2002 30-05-2002 9-05-2002 19-04-2002 27-12-2001 12-12-2005 27-07-1999 11-01-2002 29-09-2004 16-10-2003 29-12-1999 23-06-2004 14-02-2006 23-04-2001 18-11-2005 13-06-2003 6-06-2003 4-04-2003 1-08-2005 27-12-2001 13-11-2002 1-09-2005 n. 302 del 27/12/02 n. 150 del 01/07/03 n. 265 del 14/11/03 n. 197 del 23/08/00 n. 1 del 02/01/06 n. 29 del 05/02/99 n. 29 del 05/02/99 n. 257 del 02/11/04 n. 124 del 28/05/04 n. 86 del 13/04/04 n. 2 del 03/01/03 n. 145 del 22/06/02 n. 129 del 04/06/02 n. 143 del 20/06/02 n. 8 del 10/01/02 n. 301 del 28/12/05 n. 187 del 11/08/99 n. 25 del 30/01/02 n. 250 del 23/10/04 n. 272 del 22/11/03 n. 5 del 08/01/00 n. 158 del 08/07/04 n. 46 del 24/02/06 n. 106 del 09/05/01 n. 286 del 09/12/05 n. 151 del 02/07/03 n. 150 del 01/07/03 n. 86 del 12/04/03 n. 190 del 17/08/05 n. 8 del 10/01/02 n. 297 del 19/12/02 n. 212 del 12/09/05 4-04-2006 n. 88 del 14/04/06 Coppa piacentina Pancetta piacentina Salame piacentino Castagna del Monte Amiata Cotechino Modena Mortadella Bologna Prosciutto di Carpegna Prosciutto San Daniele Prosciutto Toscano Prosciutto Veneto Berico-Euganeo Salame di Brianza 12-03-1999 12-03-1999 12-03-1999 31-07-2002 1-09-2005 1-09-2005 16-10-2003 11-03-2002 11-07-2005 19-04-2002 16-10-2003 n. 68 del 23/03/99 n. 68 del 23/03/99 n. 68 del 23/03/99 n. 194 del 20/08/02 n. 212 del 12/09/05 n. 212 del 12/09/05 n. 265 del 14/11/03 n. 83 del 09/04/02 n. 191 del 18/08/05 n. 144 del 21/06/02 n. 265 del 14/11/03 (Segue) Organismi di controllo privati Check Fruit 197 Segue Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006 Organismi di controllo privati INEQ Istituto Nord Est Qualità INOQ - Istituto Nord Ovest Qualità Ismecert - Istituto mediterraneo di certificazione agroalimentare N. prodotti controllati 7 14 Istituto Calabria Qualità 5 Istituto Parma Qualità 4 OCPA - Organismo di controllo delle produzioni animali 4 P.A.I. Ltd per P.A.I. Italia Ph SoCert Suolo e Salute 1 1 1 2 Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. 198 Prodotti controllati DM GURI Salamini Italiani alla Cacciatora Speck dell’Alto Adige Valle d’Aosta Jambon de Bosses Valle d’Aosta Lardo d’Arnad Zampone Modena Bra Castelmagno Murazzano Nocciola del Piemonte Raschera Robiola di Roccaverano Toma Piemontese Caciocavallo Silano Carciofo di Paestum Castagna di Montella Cilento Clementine del Golfo di Taranto Colline Salernitane Fico Bianco del Cilento Limone Costa d’Amalfi Limone di Sorrento Melannurca Campana Nocciola di Giffoni Penisola Sorrentina Peperone di Senise Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino Bruzio Capocollo di Calabria Pancetta di Calabria Salsiccia di Calabria Soppressata di Calabria Culatello di Zibello Prosciutto di Modena Prosciutto di Parma Salame di Varzi Agnello di Sardegna Fiore Sardo Pecorino Romano Pecorino Sardo Fungo di Borgotaro Terre di Siena Pomodoro di Pachino Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia Valdemone 29-12-2003 10-09-1999 22-01-2003 2-12-2004 1-09-2005 2-06-1999 2-06-1999 2-06-1999 26-03-1999 2-06-1999 2-06-1999 2-06-1999 21-12-2005 8-07-2004 1-04-2004 8-06-2005 16-10-2003 29-09-2005 10-04-2006 28-07-2000 28-07-2000 10-04-2006 29-04-2004 20-09-2005 29-12-2003 20-09-2005 n. 16 del 21/01/04 n. 220 del 18/09/99 n. 30 del 07/02/03 n. 28 del 04/02/05 n. 212 del 12/09/05 n. 139 del 16/06/99 n. 136 del 12/06/99 n. 139 del 16/06/99 n. 81 del 08/04/99 n. 136 del 12/06/99 n. 136 del 12/06/99 n. 139 del 16/06/99 n. 20 del 25/01/06 n. 158 del 08/07/04 n. 158 del 08/07/04 n. 143 del 22/06/05 n. 265 del 14/11/03 n. 240 del 14/10/05 n. 97 del 27/04/06 n. 184 del 08/08/00 n. 184 del 08/08/00 n. 97 del 27/04/06 n. 127 del 01/04/04 n. 227 del 29/09/05 n. 34 del 11/02/04 n. 229 del 01/10/05 19-09-2003 7-06-2002 7-06-2002 7-06-2002 7-06-2002 23-04-1999 19-04-2002 11-03-2002 29-07-2004 24-02-2005 3-07-2001 27-07-1999 27-07-1999 12-05-2000 29-09-2004 8-06-2005 8-03-2006 15-02-2005 n. 234 del 08/10/03 n. 144 del 21/06/02 n. 145 del 22/06/02 n.145 del 22/06/02 n. 145 del 22/06/02 n. 101 del 03/05/99 n. 143 del 20/06/02 n. 83 del 09/04/02 n. 196 del 24/08/04 n. 60 del 14/03/05 n. 161 del 13/07/01 n. 187 del 11/08/99 n. 187 del 11/08/99 n. 125 del 31/05/00 n. 257 del 02/11/04 n. 143 del 22/06/05 n. 71 del 25/03/06 n. 51 del 03/03/05 Tabella 1/b Autorità pubbliche designate ad aprile 2006 Prodotti controllati, decreti ministeriali di autorizzazione o di rinnovo e relativa pubblicazione Organismi di controllo N. prodotti privati controllati ARSIAM - Agenzia Regionale 1 per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura nel Molise "G. Sedati" Assam 1 CCIAA Bari 1 CCIAA Chieti 1 CCIAA dell’Aquila 1 CCIAA di Lecce 1 CCIAA Firenze 1 CCIAA GE – SV – IM - SP 2 CCIAA Latina CCIAA Pescara CCIAA Roma CCIAA Taranto CCIAA Teramo CCIAA Trapani 1 1 1 1 1 2 CCIAA Trieste CCIAA Viterbo 1 2 Consorzio Ricerca Filiera lattiero - caseario Ente Nazionale Risi Stazione Sper. per le Ind. delle Essenze 2 Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF. 1 1 Prodotti controllati DM GURI Molise 15-11-2005 n. 78 del 29/11/2005 Casciotta d’Urbino Terra di Bari Colline Teatine Zafferano dell’Aquila Terra d’Otranto Chianti Calssico Basilico genovese Riviera Ligure Kiwi di Latina Aprutino Pescarese Sabina Terre Tarantine Petruziano delle Colline teramane Cappero di Pantelleria Valli Trapanesi Tergeste Canino Tuscia Pecorino Siciliano Ragusano Riso Nano Vialone Veronese Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale 1-09-2005 28-07-2003 13-07-2000 15-02-2005 6-05-2004 16-10-2003 14-02-2006 8-09-2005 10-03-2005 21-07-2005 29-11-2005 12-12-2005 15-06-2005 10-06-2003 10-10-2005 25-07-2005 8-10-1999 4-11-2005 13-06-2001 13-06-2000 8-06-2005 15-11-2005 n. 212 del 12/09/05 n. 203 del 2/9/03 n. 178 del 1/08/00 n. 51 del 03/03/05 n. 171 del 23/07/04 n. 273 del 24/11/03 n. 50 del 01/03/06 n. 219 del 20/09/05 n. 76 del 02/04/05 n. 181 del 05/08/05 n. 290 del 14/12/05 n. 5 del 07/01/06 n. 153 del 04/07/05 n. 149 del 30/06/03 n. 248 del 24/10/05 n. 181 del 05/08/05 n. 248 del 21/10/99 n. 269 del 18/11/05 n. 147 del 27/06/01 n. 144 del 22/06/00 n. 142 del 21/06/05 n. 278 del 29/11/05 199 Tabella 2/a - Ripartizione delle denominazioni DOP e IGP per stato membro e comparto (aggiornamento ad aprile 2006) Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Prodotti allegato II del Trattato destinati all’alimentazione umana Carni fresche Preparazione di carni 2 2 Formaggi 6 1 2 Altri prodotti di origine animale 49 3 4 8 43 4 6 20 1 (uova, miele, escluso il burro, ecc.) Grassi (burro, margarina, oli, ecc.) 1 Ortofrutticoli e cereali 3 1 1 1 Pesci, molluschi, ecc. 7 1 25 26 2 32 2 2 1 Altri prodotti (spezie, ecc.) Parziale 1 12 4 3 1 137 20 80 Prodotti alimentari compresi nell'allegato I del Reg. CE 510/2006 Sidri 4 Aceti diversi dagli aceti di vino Altri prodotti allegato I (altro) 1 Birra 12 Acque minerali 31 Prodotti della panetteria, della pasticceria, ecc. 2 4 Gomme naturali e resine 2 Paste alimentari Parziale 1 1 - - - - 8 47 3 Prodotti agricoli compresi nell'allegato II del Reg. CE 510/2006 Fieno 1 Oli essenziali 1 Parziale Totale Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. 200 1 - - - - 2 - 1 12 4 3 1 147 67 84 Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito 7 2 1 25 1 28 1 21 1 31 4 13 100 10 77 2 23 16 94 29 164 37 1 5 20 1 1 9 3 2 4 1 4 6 155 1 10 149 Totale 19 1 3 Svezia 11 1 2 Spagna 12 2 47 Rep. Ceca 93 23 - 90 1 626 7 3 2 2 1 3 18 3 31 3 6 1 17 2 1 - 5 - - - 6 3 6 1 79 1 3 1 - 1 - - - - - - - 4 3 155 4 6 93 29 3 96 2 709 201 Tabella 2/b - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 31 Formaggi (aggiornamento ad aprile 2006) Formaggi Asiago Bitto Bra Caciocavallo silano Regolamento CE DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Canestrato pugliese DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Castelmagno DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Casciotta d' Urbino Fiore Sardo DOP DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Fontina DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Gorgonzola DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Montasio DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Formai de Mut dell'alta Val Brembana Grana Padano DOP DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Monte Veronese DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Murazzano DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Pecorino Romano DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Pecorino Siciliano DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Provolone Valpadana DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Mozzarella di Bufala Campana Parmigiano Reggiano Pecorino Sardo Pecorino Toscano DOP DOP DOP DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Quartirolo Lombardo DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Raschera DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Ragusano Ricotta Romana Robiola di Roccaverano DOP DOP DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 737/2005 del 13/5/05 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Spressa delle Giudicarie DOP Reg. CE 2275/93 del 22/12/03 Toma Piemontese DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Valtellina Casera DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Taleggio Valle d’Aosta Fromadzo Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. 202 Riconoscimento comunitario DOP DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Tabella 2/c - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 37 Ortofrutticoli e cereali (aggiornamento ad aprile 2006) Ortofrutticoli e cereali allo stato naturale o trasformati Arancia Rossa di Sicilia Asparago bianco di Cimadolmo Asparago verde di Altedo Basilico genovese Cappero di Pantelleria Carciofo di Paestum Carciofo romanesco del lazio Castagna del Monte Amiata Castagna di Montella Ciliegia di Marostica Clementine del Golfo di Taranto Clementine di Calabria Fagiolo di Lamon dell'Alta Vallata Bellunese Fagiolo di Sarconi Fagiolo di Sorana Farina di Neccio della Garfagnana Farro della Garfagnana Fico bianco del Cilento Ficodindia dell'Etna Fungo di Borgotaro Kiwi di Latina La Bella della Daunia Lenticchia di Castelluccio di Norcia Limone Costa d'Amalfi Limone di Sorrento Marrone del Mugello Marrone di Castel del Rio Marrone di San Zeno Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel Mela Val di Non Melannurca Campana Nocciola del Piemonte Nocciola di Giffoni Nocellara del Belice Oliva ascolana del piceno Peperone di Senise Pera dell'Emilia Romagna Pera Mantovana Pesca e Nettarina di Romagna Pomodoro di Pachino Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino Radicchio Rosso di Treviso Radicchio Variegato di Castelfranco Riso Nano Vialone Veronese Scalogno di Romagna Uva da tavola di Canicattì Uva da tavola di Mazzarone Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. Riconoscimento comunitario IGP IGP IGP DOP IGP IGP IGP IGP IGP IGP IGP IGP IGP IGP IGP DOP IGP DOP DOP IGP IGP DOP IGP IGP IGP IGP IGP DOP IGP DOP IGP IGP IGP DOP DOP IGP IGP IGP IGP IGP DOP IGP IGP IGP IGP IGP IGP Regolamento CE Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg CE 245/02 del 8/2/02 Reg. CE 492/03 del 18/03/03 Reg. CE 1623/05 del 4/10/05 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 465/04 del 13/03/04 Reg. CE 2066/02 del 21/11/02 Reg. CE 1904/00 del 7/9/00 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg CE 245/02 del 8/2/02 Reg CE 1665/2003 del 22/09/03 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg.CE 1018/02 del 13/06/02 Reg. CE 465/04 del 13/03/04 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 417/06 del 10/03/06 Reg. CE 1491/2003 del 25/08/03 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 1486/04 del 20/08/04 Reg. CE 1904/00 del 7/9/00 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 1356/01 del 4/7/01 Reg. CE 2446/00 del 6/11/00 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg CE 1979/03 del 11//11/03 Reg. CE 1855/05 del 14/11/05 Reg CE 1665/2003 del 22/09/03 Reg. CE 417/06 del 10/03/06 Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Reg. CE 1855/05 del 14/11/05 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Reg. CE 617/03 del 04/04/03 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 2/7/96 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 617/03 del 04/04/03 203 Tabella 2/d - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 28 Preparazioni a base di carne (aggiornamento ad aprile 2006) Preparazioni di carne Riconoscimento comunitario Regolamento CE Bresaola della Valtellina IGP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Capocollo di Calabria DOP Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Coppa Piacentina DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Cotechino Modena IGP Reg. CE 590/99 del 18/3/99 Culatello di Zibello DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Lardo di Colonnata IGP Reg. CE n. 1568 del 26/10/04 Mortadella Bologna IGP Reg. CE 1549/98 del 17/7/98 Pancetta di Calabria DOP Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Pancetta Piacentina DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Prosciutto di Carpegna DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Prosciutto di Modena DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Prosciutto di Norcia IGP Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Prosciutto di Parma DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Prosciutto di San Daniele DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Prosciutto Toscano DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Prosciutto Veneto Berico-euganeo DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Salame Brianza DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Salame di Varzi DOP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Salame d'oca di Mortara IGP Reg. CE 1165/04 del 24/06/04 Salame Piacentino DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Salamini italiani alla cacciatora DOP Reg. CE 1778/01 del 7/9/01 Salsiccia di Calabria DOP Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Soppressata di Calabria DOP Reg. CE 134/98 del 20/1/98 Soprèssa Vicentina DOP Reg. CE 492/03 del 18/03/03 Speck dell'Alto Adige IGP Reg. CE 1107/96 del 12/6/96 Valle d’Aosta Jambon de Bosses DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Valle d’Aosta Lard d’Arnard DOP Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Zampone Modena IGP Reg. CE 590/99 del 18/3/99 Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. 204 Tabella 2/e - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 37 Grassi e oli extravergini di oliva (aggiornamento ad aprile 2006) Grassi e oli extravergini di oliva Alto Crotonese Aprutino Pescarese Brisighella Bruzio Canino Cartoceto Chianti Classico Cilento Collina di Brindisi Colline di Romagna Colline Salernitane Colline Teatine Dauno Garda Laghi Lombardi Lametia Lucca Molise Monte Etna Monti Iblei Penisola Sorrentina Petruziano delle Colline teramane Riviera Ligure Sabina Tergeste Terra di Bari Terra d'Otranto Terre di Siena Terre Tarantine Toscano Tuscia Umbria Val di Mazara Valdemone Valle del Belice Valli Trapanesi Veneto Valpolicella, Veneto Euganeo e Berici, Veneto del Grappa Riconoscimento comunitario DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP IGP DOP DOP DOP DOP DOP DOP DOP Regolamento CE Reg CE 1257/03 del 15/7/03 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1897/04 del 29/10/04 Reg. CE 2446/00 del 6/11/00 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg CE 1491/03 del 25/08/03 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 2107/99 del 5/10/99 Reg. CE 1845/04 del 22/10/04 Reg CE 1257/03 del 15/7/03 Reg. CE 1491/03 28/08/2003 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 1491/03 28/08/2003 Reg. CE 123/97 del 23/1/97 Reg. CE 1263/96 del 1/7/96 Reg. CE 1845/04 del 22/10/04 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 1065/97 del 12/6/97 Reg. CE 2446/00 del 6/11/00 Reg. CE 1898 del 29/10/04 Reg. CE 644/98 del 20/3/98 Reg. CE 1623/05 del 4/10/05 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 138/01 del 24/01/01 Reg. CE n. 205/2005 del 04/02/2005 Reg. CE 1486 del 20/08/04 Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 2036/01 del 17/10/01 Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. 205 Tabella 2/f - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 12 Altri prodotti (aggiornamento ad aprile 2006) Altri prodotti Riconoscimento comunitario Regolamento CE Coppia ferrarese Igp Reg. CE 2036/01 del 17/10/01 Pane di Altamura Dop Reg. CE 1291/03 del 18/07/03 Agnello di Sardegna Igp Reg. CE 138/01 del 24/01/01 Dop Reg. CE 813/00 del 17/04/00 Bergamotto di Reggio Calabria - olio essenziale Dop Reg. CE 509/01 del 25/03/01 Miele della Lunigiana Dop Reg. CE n. 1845/04 del 22/10/04 Prodotti della panetteria, della pasticceria, della confetteria e della biscotteria Pane casareccio di Genzano Carni (e frattaglie) fresche Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale Aceti (diversi dagli aceti di vino) Aceto balsamico tradizionale di Modena Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia Oli essenziali Altri prodotti di origine animale Igp Dop Reg. CE 2325/97 del 24/11/97 Reg. CE 134/98 del 20/01/98 Reg. CE 813/00 del 17/04/00 Ricotta romana Dop Reg. CE 737/2005 del 13/5/05 Zafferano dell'Aquila Dop Reg. CE n. 205/05 del 04/02/2005 Altri prodotti dell'allegato II - Spezie Zafferano di San Gimignano Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE. 206 Igp Dop Reg. CE n. 205/05 del 04/02/2005 Tabella 3/a - Formaggi: numero di aziende e quantità certificate 2000 – 2004* Prodotto 2000 Az. Tonnellate Az. Asiago 54 21.558,00 54 Bitto 53 159,00 45 Bra 8 801,00 8 Caciocavallo Silano 18 240,00 22 Canestrato Pugliese 1 Casciotta d’Urbino 3 Castelmagno 10 48,00 11 Fiore Sardo Fontina 192 3.507,00 204 Formai Mut Alta Valle Brembana 10 32,00 11 Gorgonzola 45 37.995,00 45 Grana Padano 207 131.579,00 207 Montasio 50 8.231,00 50 Monte Veronese 11 548,00 8 Mozzarella di Bufala Campana 98 19.256,00 108 Murazzano 9 36,00 11 Parmigiano Reggiano 597 99.952,00 581 Pecorino Romano 49 32.963,00 49 Pecorino Sardo 15 359,00 17 Pecorino Siciliano Pecorino Toscano 16 1.805,00 16 Provolone Valpadana 20 21.931,00 19 Quartirolo Lombardo 56 3.386,00 31 Ragusano 5 Raschera 19 531,00 19 Robiola di Roccaverano 21 103,00 23 Spressa delle Giudicarie Taleggio 71 10.076,00 86 Toma Piemontese 29 1.177,00 30 Valle d’Aosta Fromadzo 15 6,00 4 Valtellina Casera 25 1.436,00 22 Totale 1.698 397.715,00 1.690 2001 Tonnellate 22.601,00 174,00 889,00 1.817,97 369,00 57,00 3.571,00 36,43 36.632,00 128.421,00 8.692,00 382,00 24.068,71 36,00 98.701,00 34.561,00 614,87 1.807,00 21.400,00 3.559,00 10,30 460,00 61,00 9.448,00 1.495,00 8,80 1.603,00 401.476,09 Az. 52 85 8 27 2 3 15 n.d. 14 43 231 n.d. n.d. 121 8 563 43 17 5 15 16 23 10 16 25 67 24 n.d. 19 1.452 2002 Tonnellate 22.786,56 260,00 1.258,03 968,66 63,36 255,39 74,77 n.d. 3.405,70 51,97 37.323,20 131.532,00 8.024,65 465,00 26.680,00 28,93 100.113,00 32.288,00 1.176,20 1.877,00 860,60 3.436,00 15,94 713,31 51,56 10.121,00 1.482,00 8,00 1.551,29 386.872,11 Az. 52 71 9 29 2 3 17 32 167 14 38 223 49 10 136 7 547 44 24 6 16 12 22 11 15 27 67 24 1 17 1.692 2003 Tonnellate Az. 23.338,20 48 240,36 8 828,56 10 1.081,57 32 102,45 2 225,63 3 189,36 18 282,27 50 3.632,74 177 61,56 n.d. 42.661,66 40 121.551,01 n.d. 8.267,80 64 486,07 13 28.250,76 155 12,89 8 108.828,49 536 31.206,22 40 1.410,32 24 10,64 22 1.451,80 n.d. 4.295,83 14 3.370,56 76,84 40 838,29 18 51,65 25 3 9.682,80 33 1.193,63 28 3,49 2 1.668,28 21 395.301,73 1.434 2004 Tonnellate 22.237,92 242,69 525,50 1.014,51 129,19 255,44 134,05 518,21 3.522,97 57,01 43.654,02 127.839,89 7.821,95 470,59 27.632,13 22,88 114.891,65 38.183,64 1.579,19 13,99 2.079,06 6.236,46 3.461,84 139,74 480,56 71,39 76,40 9.539,33 940,04 2,91 1.933,41 415.708,56 * i trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso d’anno. Per i prodotti per i quali il quantitativo certificato era espresso in forme si è stimato un peso medio di ciascuna forma per esprimere il quantitativo in tonnellate. Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo. 207 Tabella 3/b - Formaggi: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004 (milioni di euro) Prodotto Asiago Bitto Bra Caciocavallo Silano Canestrato Pugliese Casciotta d’Urbino Castelmagno 2000 2001 Fatturato stimato Fatturato stimato 2002 Fatturato stimato 2003 Fatturato stimato 2004 Fatturato stimato 94,64 155,87 96,96 152,10 101,03 159,73 101,03 163,83 107,75 157,44 5,79 10,76 5,08 8,72 7,23 11,95 4,94 5,80 3,15 5,52 - - 0,48 0,64 0,77 0,92 1,27 1,74 Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo 1,44 1,74 - 2,46 1,57 3,15 2,23 11,27 33,80 - - - 3,14 4,06 2,42 7,14 1,84 4,70 9,20 2,76 2,28 5,41 7,57 10,82 1,62 2,26 2,26 6,58 1,92 4,49 8,11 2,57 0,43 1,24 0,78 1,37 1,06 1,79 2,62 5,30 1,43 4,49 21,19 36,22 29,64 38,75 28,40 36,95 30,30 26,48 29,73 25,72 160,42 313,96 119,05 312,10 117,57 328,44 155,72 371,16 156,28 378,92 49,74 68,02 50,07 65,36 46,26 61,23 52,50 61,76 48,65 58,98 Mozzarella di Bufala Campana 131,53 154,51 173,05 227,21 192,90 260,93 199,45 281,94 209,73 277,98 Fiore Sardo Fontina - Formai Mut Alta Valle Brembana 0,20 Gorgonzola Grana Padano Montasio Monte Veronese Murazzano Parmigiano Reggiano - 0,33 829,05 1.427,05 2,39 0,23 4,23 0,27 733,02 1.238,90 - 0,41 - 0,47 816,76 1.155,79 1,83 0,34 3,25 0,41 854,75 1.152,83 - 0,59 - 0,67 778,67 1.187,73 2,20 0,28 4,05 0,43 2,40 0,46 4,38 0,89 773,06 1.118,27 2,39 0,12 4,18 0,20 3,89 0,44 7,00 0,48 772,15 1.154,39 2,34 0,22 4,27 0,40 858,97 1.233,39 1.044,75 1.425,65 1.054,71 1.499,34 Pecorino Romano 178,75 306,43 199,07 297,57 187,27 296,40 169,45 279,92 179,84 328,00 Pecorino Siciliano - - - - - - 0,06 0,07 0,07 0,09 Pecorino Sardo Pecorino Toscano Provolone Valpadana Quartirolo Lombardo Ragusano Raschera Robiola di Roccaverano Spressa delle Giudicarie Taleggio Toma Piemontese Valle d’Aosta Fromadzo Valtellina Casera Totale 2,23 11,19 3,34 21,44 4,06 13,10 6,01 15,59 35,34 28,22 13,85 27,56 13,58 27,37 14,37 28,42 3,02 5,05 - - 0,06 0,13 4,15 0,10 9,10 0,22 20,49 0,57 45,41 1,11 3,57 6,17 2,81 4,75 4,42 7,00 5,20 5,87 - - - - - - - - 1,06 0,62 17,24 15,35 254,51 0,69 10,83 12,14 0,69 0,55 0,59 0,57 0,60 28,81 1,36 0,83 0,64 47,97 2,20 0,88 0,83 32,26 91,07 38,64 74,54 41,09 85,02 40,28 80,17 40,64 79,75 0,04 0,06 0,06 0,08 0,07 0,08 0,02 0,04 0,01 0,02 7,29 9,27 15,20 12,98 7,48 10,68 12,35 14,81 7,35 10,33 13,77 14,43 5,91 9,18 11,10 20,85 4,73 12,57 5,17 17,40 2.378,71 4.086,93 2.563,80 3.870,14 2.439,22 3.790,49 2.670,12 3.992,52 2.715,82 4.160,21 Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. 208 15,40 19,28 108,31 14,20 10,69 15,02 186,88 26,23 12,44 17,09 90,61 11,02 8,00 209 Quant. certific. Pezzi Ton. 1.583.973,00 4.685,00 73.129,00 124,00 10.348,00 37,00 2000 n.d. 27.562,00 133.850,00 42.922,00 9.018.202,00 2.110.366,00 133.890,00 51.945,00 n.d. 414.487,00 1.906.793,00 32.496,00 n.d. 16.180.459,00 Az. 16 18 20 15 22 18 11 6 195 27 20 9 12 16 30 2 20 457 20.079,66 138,00 1.244,80 369,00 86.672,00 20.202,00 1.138,00 495,00 265,21 180,00 8.581,00 41,12 1.663,86 149.330,12 Quant. certific. Pezzi Ton. 2.176.230,00 6.437,00 108.485,00 184,70 n.d. 1.550,17 23.231,00 88,60 2001 30 2 16 11 7 189 27 19 9 11 15 4 2 22 3 24 466 Az. 15 2 18 24 16 n.d. 27.775,80 n.d. n.d. 36.142,00 180,00 136.956,00 1.273,93 73.096,00 628,63 8.746.652,00 83.958,27 2.204.903,00 21.231,97 144.528,00 1.228,49 50.487,00 479,05 n.d. 272,90 240,30 n.d. 2,28 n.d. n.d. 2.156.790,00 9.705,00 214,41 2.099,62 16.672.465,00 159.989,61 Quant. certific. Pezzi Ton. 2.930.276,00 8.147,84 n.d. n.d. 160.892,00 273,52 n.d. 2.157,00 31.743,00 120,62 2002 2004 Quant. certific. Quant. certific. Az. Pezzi Ton. Az. Pezzi Ton. 15 10.401,87 16 13.129,35 10 3.018,00 8,09 24 10,35 17 315,25 18 317,76 27 2.370,05 29 2.750,74 18 186,99 21 198,32 7 36,33 35 29.922,46 43 30.088,05 10 3.475,00 10,95 23 11,32 12 206,78 16 277,18 - 1 47.380,00 450,11 14 170.053,00 1.580,37 12 176.658,00 1.642,63 8 110.546,00 950,70 10 116.021,00 997,78 204 9.159.620,00 87.899,88 203 9.383.872,00 90.051,91 33 2.269.157,00 22.070,13 28 2.349.992,00 23.004,57 18 184.238,00 1.566,02 19 235.102,00 1.998,37 5 58.801,00 562,85 11 58.351,00 563,94 11 457,53 11 340,36 12 41.649,00 27,80 14 285,20 16 367,00 39 1.489,84 11 26.858,00 23,62 24 29,23 11 78.809,00 29,96 24 38,22 64.563,00 108,82 9 63.947,00 108,08 22 10.535,16 22 9.998,28 1 532,00 4,04 1 1.138,00 8,66 3 279,78 3 291,50 27 2.384,20 29 2.620,02 526 12.129.670,00 172.160,69 671 12.474.110,00 180.847,67 2003 * I trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso d’anno. Per i prodotti per i quali il quantitativo certificato era espresso in pezzi si è stimato un peso medio di ciascun pezzo per esprimere il quantitativo in tonnellate. Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo. Az. Bresaola Valtellina 13 Capocollo di Calabria Coppa Piacentina 15 Cotechino Modena Culatello di Zibello 15 Lardo di Colonnata Mortadella Bologna Pancetta di Calabria Pancetta Piacentina 14 12.994,00 65,00 Prosciutto di Carpegna Prosciutto di Modena 11 125.529,00 1.160,00 Prosciutto di Norcia 6 16.032,00 138,00 Prosciutto di Parma 195 9.061.379,00 87.021,00 Prosciutto San Daniele 26 1.968.221,00 18.685,00 Prosciutto Toscano 20 129.940,00 1.104,00 Prosciutto Veneto Berico-Euganeo 8 57.048,00 528,00 Salame Brianza 12 n.d. 155,00 Salame di Varzi Salame d'oca di Mortara Salame Piacentino 12 238.310,00 167,00 Salamini italiani alla cacciatora Salsiccia di Calabria Soppressata di Calabria Soprèssa Vicentina Speck dell’Alto Adige 30 1.742.669,00 7.842,00 Valle Aosta Jambon de Bosses Valle Aosta Lard d’Arnad Zampone Modena Totale 377 15.019.572,00 121.711,00 Prodotto Tabella 3/c - Prodotti a base di carne: numero di aziende e quantità certificate in Italia nel 2000-2004* Tabella 3/d - Prodotti a base di carne: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004 (milioni di euro) Prodotto Bresaola Valtellina 2000 2001 Fatturato stimato Fatturato stimato 2002 Fatturato stimato 2003 Fatturato stimato 2004 Fatturato stimato Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo 54,44 84,69 77,24 141,61 97,77 203,70 135,22 249,64 170,68 315,10 Coppa Piacentina 0,58 2,31 1,53 2,77 2,26 4,38 2,60 5,65 3,54 7,59 Culatello di Zibello 1,15 2,31 Mortadella Bologna - - 127,51 200,80 138,88 277,76 149,61 269,30 150,44 204,30 Pancetta Piacentina 0,28 0,62 0,63 1,28 0,81 1,68 0,93 1,93 2,08 3,83 Prosciutto di Modena 8,39 20,97 11,83 24,27 14,01 20,38 Capocollo di Calabria Cotechino Modena Lardo di Colonnata Pancetta di Calabria Prosciutto di Carpegna Prosciutto di Norcia Prosciutto di Parma Prosciutto San Daniele Prosciutto Toscano Prosciutto Veneto Berico-Euganeo Salame Brianza Salame di Varzi Salame d'Oca di Mortara Salame Piacentino Salamini italiani alla cacciatora Salsiccia di Calabria Soppressata di Calabria Sopprèssa Vicentina Speck dell’Alto Adige Valle Aosta Jambon de Bosses Valle Aosta Lard d’Arnad Zampone Modena Totale - - 1,12 - - 2,54 710,09 1.438,16 173,70 434,25 5,45 14,18 1,60 2,40 9,12 - 17,11 - - 11,63 3,89 - 3,14 - 15,50 4,12 - 7,15 723,71 1.645,04 212,12 410,71 4,60 13,81 7,63 5,04 - 22,76 7,43 - - 10,79 5,55 - 5,52 - 21,57 5,79 - 12,95 726,24 1.634,02 191,09 441,27 3,84 13,41 8,23 5,19 - 25,17 6,28 - 0,04 0,10 17,78 16,87 22,01 - - 0,56 0,83 5,61 0,05 8,88 0,10 - - 13,04 31,61 11,88 14,26 773,52 1.743,93 242,77 462,59 5,63 13,51 12,21 19,58 5,03 7,32 - - - 1,74 3,10 2,06 3,68 - - - - 0,03 0,04 0,11 0,26 - - - - - - 52,65 93,15 68,65 151,20 - - 0,16 0,32 - - - - - 14,14 - 16,64 - - - - 11,50 8,25 9,92 0,11 10,16 32,85 21,55 797,86 1.776,72 230,05 481,72 6,20 13,53 14,99 39,97 2,65 9,53 - - 0,70 4,77 - 10,13 18,62 0,39 0,22 0,51 0,28 0,37 - 0,17 77,64 193,69 84,28 219,55 79,99 219,46 1,29 2,25 1,96 3,36 3,50 4,08 - 10,50 - 21,00 0,04 13,71 0,09 23,84 0,97 0,03 11,30 1,73 0,16 19,65 1.019,50 2.114,50 1.274,55 2.667,53 1.301,35 2.888,44 1.474,12 3.097,36 1.540,38 3.219,92 Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. 210 6,68 3,38 2,14 - 0,05 0,22 1,11 - 7,83 - 1,81 - 0,15 13,63 0,92 - 0,12 Tabella 3/e - Grassi e oli extravergini di oliva: numero di aziende e quantità certificate in Italia nel 2000-2004* Prodotto Alto Crotonese Aprutino Pescarese Brisighella Bruzio Canino Chianti Classico Cilento Colline di Brindisi Colline di Romagna Colline Salernitane Colline Teatine Dauno Garda Laghi Lombardi Lametia Molise Monte Etna Monti Iblei Penisola Sorrentina Riviera Ligure Sabina Terra di Bari** Terra d’Otranto Terre di Siena Toscano Umbria Val di Mazara Valle del Belice Valli Trapanesi Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa Totale Az. 39 n.d. 5 9 2 16 7 4 38 238 9 2 1 4 n.d. n.d. 59 3 8 66 49 3 - 2000 Tonnellate 108,40 5,60 78,70 60,60 17,50 0,80 37,70 193,30 86,60 0,70 38,00 4,40 8,40 n.d. n.d. 694,20 10,90 6,30 1.665,00 526,40 57,30 - Az. 36 25 8 6 15 2 8 10 n.d. 6 298 n.d. 3 8 4 n.d. 22 16 2 21 n.d. 63 5 - 2001 Tonnellate 61,65 29,72 109,46 96,09 2,06 22,49 7,60 15,96 121,61 2,82 68,50 69,01 3,45 275,85 26,66 522,43 9,48 27,30 1.664,99 584,08 160,85 - 562 3.600,80 558 3.882,08 2002 Az. Tonnellate 26 131,08 n.d. 1,81 9 68,63 8 115,91 47 350,12 2 12,63 18 44,44 14 6,51 26 86,62 15 15,96 11 127,91 n.d. n.d. 1 81,05 31 55,57 8 7,48 n.d. 628,70 41 128,80 175 817,03 2 6,69 36 19,07 n.d. 1.500,00 66 624,60 n.d. n.d. 5 135,77 - 541 Az. 39 1 1 9 162 3 10 n.d. 10 16 59 378 5 2 22 5 n.d. 78 n.d. n.d. 46 39 25 19 n.d. 116 2003 Tonnellate 33,92 13,42 19,59 82,39 105,42 18,27 37,87 1,59 32,43 58,08 111,49 141,90 3,36 14,47 29,05 15,02 615,79 83,79 246,83 44,55 47,12 1.797,40 585,49 65,58 82,44 11,46 4.966,37 1.045 4.298,71 2004 Az. Tonnellate n.d. 5,33 n.d. 83,49 1 8,61 20 107,21 n.d. 141,66 254 105,13 140 32,23 88 63,51 4 3,24 224 22,35 26 50,14 24 146,89 572 149,67 n.d. 3,31 4 11,00 14 5,35 3 13,15 35 133,41 27 11,50 55 411,17 n.d. 128,95 390 942,07 n.d. n.d. 224 14,50 n.d. 1.571,20 123 557,01 53 103,08 n.d. n.d. 6 163,22 15 17,06 2.302 5.005,45 * I trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso d’anno. **Nella precedente rilevazione relativa al 2003, l'Organismo di controllo, aveva erroneamente indicato il numero di etichette autorizzate anziché le tonnellate certificate. Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo. 211 Tabella 3/f - Grassi e oli extravergini di oliva: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004 (milioni di euro) Prodotto Alto Crotonese 2000 2001 2002 2003 2004 Fatturati stimati Fatturati stimati Fatturati stimati Fatturati stimati Fatturati stimati Produzione Consumo Produzione Consumo Produzione Consumo Produzione ConsumoProduzione Consumo Aprutino Pescarese - - - - - - n.d. n.d. 0,84 0,36 0,41 1,47 1,89 0,22 0,26 0,61 0,66 - - 0,20 0,25 0,38 0,67 0,14 0,21 0,83 1,21 2,05 2,68 0,07 Canino 0,53 0,65 1,08 Cilento - - n.d. Chianti Classico - 0,50 Brisighella Bruzio - 1,05 0,12 1,38 - - 0,39 0,38 0,25 0,30 0,21 0,21 1,08 1,10 1,10 0,86 0,86 1,26 1,55 - 0,05 0,13 0,07 0,15 0,17 0,25 1,30 1,70 1,09 2,30 1,88 2,26 Colline di Brindisi 0,07 0,10 0,08 0,11 0,14 0,24 0,14 0,28 0,35 0,60 Colline Salernitane 0,01 0,01 0,10 0,16 0,13 0,24 0,12 0,51 0,10 0,37 Dauno 0,80 1,50 0,65 0,99 0,06 0,12 0,38 0,85 0,60 1,50 Laghi Lombardi 0,02 0,02 0,03 0,04 n.d. n.d. 0,09 0,11 0,10 0,12 Colline di Romagna Colline Teatine Garda Lametia Molise Monte Etna Monti Iblei Penisola Sorrentina Riviera Ligure Sabina - 0,20 2,49 0,16 - - 0,26 3,30 0,20 - - - 1,41 0,34 - - - 1,58 - n.d. 1,43 - 0,50 1,53 0,44 0,06 0,09 - - - - - - - - 0,03 0,04 0,09 0,10 0,53 0,91 1,89 - - n.d. n.d. 5,12 11,33 4,59 11,07 5,48 7,11 1,11 1,26 3,66 0,03 n.d. 0,07 n.d. 0,03 0,22 0,07 0,25 0,05 0,79 0,16 1,09 Terre di Siena 0,05 0,09 0,96 1,67 0,27 0,52 0,05 0,08 0,04 0,06 0,03 0,05 0,11 0,69 0,55 0,67 0,23 0,73 0,62 1,29 0,10 0,18 0,89 1,17 0,27 0,38 0,21 6,45 0,40 10,75 18,92 21,45 22,54 21,45 21,45 23,55 23,55 23,41 23,41 - - - - n.d. n.d. 0,95 1,05 0,54 0,95 3,26 - 4,35 - 5,71 - 7,24 - 6,14 - 7,73 - 5,43 - 7,35 - 4,48 - 7,24 - 0,50 - 0,78 - 2,02 - 2,42 - 1,04 - 1,33 - 0,39 0,23 0,54 0,20 1,12 0,24 1,17 0,28 23,42 36,49 38,76 45,97 44,45 57,86 44,29 57,78 50,82 63,56 Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. 212 0,06 0,19 4,60 Totale - - 0,03 1,03 2,66 Valli Trapanesi Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa 0,08 3,10 0,41 2,80 Valle del Belice 0,04 2,40 0,82 1,20 1,56 Val di Mazara 2,84 0,78 0,07 0,49 3,77 Umbria 1,85 0,59 0,05 0,07 2,87 Toscano 0,55 0,03 0,03 Terra di Bari Terra d’Otranto 0,02 Tabella 3/g - Ortofrutticoli e cereali: numero di aziende e quantità certificata 2000 - 2004* Prodotto Arancia Rossa di Sicilia Asparago Bianco di Cimadolmo Asparago verde di Altedo Cappero di Pantelleria Carciofo di Paestum Carciofo romanesco del Lazio Castagna del Monte Amiata Castagna di Montella Ciliegia di Marostica Clementina di Calabria Clementine del Golfo di Taranto Fagiolo di Lamon dell’Alta Vallata Bellunese Fagiolo di Sarconi Fagiolo di Sorana Farina di Neccio della Garfagnana Farro della Garfagnana Fungo di Borgotaro La Bella della Daunia Lenticchia di Castelluccio di Norcia Limone Costa d'Amalfi Limone di Sorrento Marrone del Mugello Marrone di Castel del Rio Marrone di San Zeno Mela Val di Non Nocciola del Piemonte Nocciola di Giffoni Nocellara del Belice Peperone di Senise Pera dell’Emilia Romagna Pera Mantovana Pesca e Nettarina di Romagna Pomodoro di Pachino Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese – Nocerino Radicchio Rosso di Treviso Radicchio Variegato di Castelfranco Riso Vialone Nano Veronese Scalogno di Romagna Uva da tavola di Canicattì Uva da tavola di Mazzarone Totale** 2000 Az. Tonnellate 2 47,20 1 221,30 44 4,80 2001 Az. Tonnellate 1 109,20 11 1.715,30 n.d. - 2002 Az. Tonnellate 23 40,02 1 39,88 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 46 2,26 2003 Az. Tonnellate 16 1.646,42 35 1,25 5 33,03 5 0,74 4 21,26 1 1,19 n.d. n.d. 1 176,73 21 0,86 2004 Az. Tonnellate 219 2.008,05 1 14,39 5 32,93 n.d. n.d. 12 47,09 9 0,15 4 59,94 1 3,37 n.d. n.d. 1 141,37 125 2,37 41 3 17 16 6 690 12 19 10 90,00 0,40 213,00 58,70 102,70 5.592,90 505,90 1.091,00 1.793,00 1 49 3 15 1 1 14 6 861 1 5 7 1 9 11 45,43 23,03 95,30 1.754,00 1 56 n.d. 8 25 3 1 5 5 893 2 8 12 n.d. 19 12 3 10 n.d. 19 2 1 6 5 n.d. 2 14 15 1 20 11 2.213,01 6,70 1.259,14 n.d. 1.461,00 2 n.d. 15 5,74 9 2,61 5 80,98 n.d. n.d. 5 105,11 21 268,10 3 339,87 2 1.843,37 163 47,82 6 130,45 13 2,90 2 110.208,94 842 9.332,84 5 39,57 3 19,31 n.d. 30 1.136,18 2 54,06 20 3.144,29 13 81,10 12 4.862,71 34 5 27 7 934 178,80 42 23,60 7 24 6,40 7 9.929,70 1.077 184,89 7,32 16,00 4,56 11.723,79 8 50,69 4 5,52 2 45,00 7 2,73 218 12.146,06 22 257,28 9 93,56 6 56,60 12 3,60 1.599 134.426,61 10,04 87,00 2,03 164,00 554,80 93,85 159,40 6.655,71 41,93 10,04 88,30 n.d. n.d. 188,00 85,00 880,68 78,25 115,96 7.651,00 2,80 12,41 623,01 n.d. 1.270,02 1.468,00 47 259,00 10 138,71 14 44,40 7 2,58 1.198 13.000,31 16,03 151,89 n.d. 228,83 171,46 795,20 33,86 180,49 3.624,84 5,60 12,60 * I trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso d’anno. Per i prodotti per i quali il quantitativo certificato era espresso in confezioni, pezzi o sacchi si è stimato un peso medio per ognuno di essi per esprimere il quantitativo in tonnellate. **La differenza sul totale tra l'anno 2002 e 2003 delle aziende controllate (circa -82%) è dovuto principalmente alla impossibilità di reperire dati del numero delle aziende controllate riferiti alla Nocciola del Piemonte; ciò è causato dal fatto che gli agricoltori controllati appartengono per lo più ad una unica Associazione di Produttori comprendente circa 539 agricoltori che vengono controllati a campione dall'Organismo di Controllo. Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo. 213 Tabella 3/h - Ortofrutticoli e cereali: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004 (milioni di euro) 2000 2001 2002 2003 2004 Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Arancia Rossa di Sicilia 0,46 1,65 0,49 1,95 Asparago Bianco di Cimadolmo 0,12 0,17 Asparago verde di Altedo 0,12 0,12 Cappero di Pantelleria 0,01 0,02 Carciofo di Paestum Carciofo Romanesco del Lazio 0,01 0,12 0,02 0,16 Castagna del Monte Amiata 0,09 0,20 0,00 0,00 0,00 0,00 Castagna di Montella 0,04 0,10 0,11 0,28 0,04 0,10 0,06 0,07 0,12 0,19 Ciliegia di Marostica 0,00 0,00 0,01 0,01 Clementina di Calabria 0,11 0,21 0,63 1,15 n d. n.d. Clementine del Golfo di Taranto 0,12 0,44 Fagiolo di Lamon 0,02 0,04 0,01 0,02 0,01 0,01 0,02 0,02 della Vallata Bellunese Fagiolo di Sorana 0,11 0,13 Fagiolo di Sarconi 0,04 0,08 0,04 0,09 0,10 0,14 Farina di Neccio della Garfagnana 0,03 0,03 Farro della Garfagnana 0,04 0,20 0,20 0,36 0,27 0,37 0,47 0,63 0,21 0,40 Fungo di Borgotaro 0,01 0,01 0,03 0,05 n.d. n.d. 0,05 0,05 La Bella della Daunia n.d. n.d. 0,38 0,69 Lenticchia di Castelluccio di Norcia 0,94 1,98 1,10 1,61 1,26 1,84 1,36 2,24 1,34 2,68 Limone Costa d'Amalfi 0,07 0,11 0,10 0,26 0,24 0,54 Limone di Sorrento 0,54 0,98 1,00 1,70 1,04 1,68 1,84 3,32 Marrone del Mugello 0,11 0,24 0,17 0,29 0,14 0,39 0,06 0,27 0,09 0,20 Marrone di Castel Rio 0,26 0,56 0,44 0,49 0,33 0,52 0,52 1,18 0,46 0,65 Marrone di San Zeno 0,00 0,01 Mela Val di Non 83,76 132,25 Nocciola del Piemonte1 11,55 28,89 13,29 23,90 15,23 29,53 6,81 14,72 19,12 33,84 Nocciola di Giffoni 0,00 n.d. 0,01 0,04 0,06 0,28 Nocellara del Belice 0,01 0,07 0,01 0,07 0,02 0,05 0,03 0,03 Peperone di Senise Pera dell’Emilia Romagna 0,19 0,34 0,03 0,05 0,50 0,69 1,22 4,15 0,57 1,96 Pera Mantovana 0,01 0,03 n.d. n.d. 0,00 0,01 0,04 0,09 Pesca e Nettarina di Romagna 0,40 0,73 0,04 0,07 0,53 1,05 1,20 2,32 1,58 4,35 Pomodoro di Pachino 0,13 0,15 Pomodoro S. Marzano 1,46 1,71 1,44 2,58 2,20 2,39 0,39 1,17 0,92 1,95 dell’Agro Sarnese – Nocerino Radicchio Rosso di Treviso 0,69 1,11 0,59 1,06 1,01 1,73 0,03 0,27 0,84 1,37 Radicchio Variegato 0,06 0,12 0,02 0,03 0,42 0,57 0,14 0,02 0,20 0,33 di Castelfranco Riso Vialone Nano Veronese 0,02 0,04 0,04 0,10 0,02 0,08 0,05 0,10 Scalogno di Romagna 0,01 0,02 0,01 0,02 0,01 0,01 0,01 0,02 0,02 0,02 Uva da tavola di Canicattì Uva da tavola di Mazzarone Totale 15,89 36,24 18,72 33,14 23,18 41,49 14,17 31,57 112,99 188,05 Prodotto 1) Il dato del fatturato al consumo è stato ottenuto, così come per tutti gli altri prodotti, moltiplicando il prezzo al consumo per le quantità di prodotto certificato, anche se in realtà questa produzione, una volta subita la prima trasformazione, viene destinata principalmente all'industria dolciaria. Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea. 214 Allegato Procedure da seguire: • da parte di produttori di paesi terzi per la registrazione di DOP e IGP; • da parte di cittadini di paesi terzi per sollevare eventuali obiezioni a tali domande. 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 Riferimenti bibliografici ADAS Consulting (2003). “DEFRA Market Research Report, Protected Food Names Scheme”. ADAS Market and Policy Group (2003). “Market Research Report on Quality Regional Food Businesses”. Becker, T.; Benner E. (2000). “Zur Problematik der Herkunftsangabe im regionalen Marketing”; Arbeitsbericht Nr. 1, Hohenheim. Becker T. (2006). “The role of PDO an PGI products in Germany”, Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktlehre, Università di Hohenheim (non pubblicato). Becker T. (2003). “Zur Bedeutung geschützter Herkunftsangaben” Hohenheimer Agrarökonomische Arbeitsberichte Nr. 12. 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