I prodotti DOP, IGP e STG

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I prodotti DOP, IGP e STG
I prodotti DOP,
IGP e STG
DOP - IGP - STG
L’evoluzione della normativa, i dati economici,
e le tendenze di mercato in alcuni paesi Ue
STUDI
S
ISMEA
dicembre 2006
Realizzazione a cura di Ismea
Responsabile della ricerca: Ezio Castiglione
Responsabile scientifico: Raffaele Borriello
Lo studio è stato curato da: Enrico De Ruvo
Redazione: Giovanni Buonpensiero, Enrico De Ruvo, Carmela Franzese, Maria Chiara Gazza,
Giovanni Luppi, Ilaria Mazzoli, Paolina Notaro, Stefano Rosini, Veronica Zaccaroni
ed inoltre Kees de Roest e Claudio Montanari per il capitolo 6.
Coordinamento editoriale: Palmira Blasi
Art Director: Massimo Cerasi
Grafici: Donatella Quaranta e Carlo Alberto Torlai
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La ricerca è stata eseguita con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Indice
1. L’evoluzione della normativa
1.1 I nuovi regolamenti per il riconoscimento dei prodotti DOP, IGP e STG
1.2 Il Regolamento CE n. 510/2006
L’iter di registrazione
Il periodo di adattamento e la protezione transitoria
L’abrogazione del “principio di reciprocità”
La procedura d’opposizione
L’etichettatura
Le modifiche al disciplinare
I controlli ufficiali
1.3 Il Regolamento CE n. 509/2006
Definizioni e restrizioni all’uso dei nomi
L’iter di registrazione
Esame da parte della Commissione
La procedura d’opposizione
Le modifiche al disciplinare
L’etichettatura
Modalità relative al nome registrato
Controlli ufficiali e verifica del rispetto del disciplinare
Abrogazione del principio di reciprocità
1.4 Le deroghe del “pacchetto igiene” in materia di prodotti tradizionali
1.5 La struttura di controllo
1.5.1 Produzioni DOP - IGP
1.5.2 Produzioni STG
1.6 I Consorzi di tutela
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2. I prodotti di qualità registrati
2.1 Le denominazioni registrate in ambito comunitario
2.2 I prodotti italiani registrati
2.3 L’analisi territoriale delle denominazioni italiane registrate
2.4 Le denominazioni italiane in attesa di registrazione
2.5 Le Specialità Tradizionali Garantite
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3. La dimensione territoriale ed economica dei prodotti registrati
3.1 Introduzione
3.2 L’impatto produttivo ed economico delle DOP e IGP
3.3 Aspetti generali
3.4 I formaggi
3.5 I prodotti a base di carne
3.6 Gli ortofrutticoli e i cereali
3.7 I grassi e gli oli di oliva
3.8 Le carni fresche
3.9 Gli altri prodotti italiani riconosciuti
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4. Il mercato nazionale, l’export e i canali distributivi
4.1 Il mercato nazionale dei prodotti DOP e IGP
4.1.1 Aspetti generali
4.2 I flussi di export
4.2.1 Introduzione
4.3 I canali distributivi
4.3.1 I formaggi
4.3.2 I prodotti a base di carne
4.3.3 Gli ortofrutticoli e i cereali
4.3.4 I grassi e oli di oliva
4.3.5 Gli altri prodotti
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5. I Consumi domestici di prodotti DOP e IGP
5.1 Il quadro complessivo
5.2 I consumi domestici di formaggi DOP
5.3 I consumi domestici di prodotti a base di carne DOP-IGP
5.4 I consumi domestici di oli extravergini DOP-IGP
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6. Le politiche e le denominazioni tutelate in alcuni paesi europei
6.1 La Spagna
6.1.1 Il mercato delle DOP e IGP
6.1.2 I formaggi
6.1.3 Le carni fresche e i prodotti a base di carne
6.1.4 Gli oli di oliva
6.1.5 Gli ortofrutticoli e i cereali
6.2 La Francia
6.2.1 Il mercato delle DOP e IGP in Francia
6.2.2 I formaggi
6.2.3 Le carni fresche
6.2.4 I prodotti ortofrutticoli e i cereali
6.2.5 Gli oli di oliva e le olive da tavola
6.3 La Germania
6.3.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità
dei prodotti agroalimentari
6.3.2 I prodotti DOP IGP e STG in Germania
6.3.3 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche:
le DOP e IGP e i marchi regionali
6.3.4 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP
6.4 La Gran Bretagna
6.4.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità
dei prodotti agroalimentari
6.4.2 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche:
le DOP e IGP e i marchi regionali
6.4.3 I prodotti DOP, IGP e STG in Gran Bretagna
6.4.4 La percezione dei consumatori e le prospettive per il mercato
dei prodotti DOP e IGP
6.5 L’Austria
6.5.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti
agroalimentari
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6.5.2 Il mercato delle DOP e IGP in Austria
6.5.3 Gli altri marchi di qualità istituzionali
6.5.4 La percezione dei consumatori
6.5.5 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP
6.6 L’Olanda
6.6.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti
agroalimentari
6.6.2 Il mercato delle DOP e IGP in Olanda
6.6.3 Il comparto dei formaggi
6.6.4 Il comparto ortofrutticolo
6.6.5 I marchi di qualità non istituzionali
6.6.6 L’attitudine dell’Olanda verso la protezione delle IG
6.6.7 La percezione dei consumatori
6.6.8 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP
7. Case study: politiche distributive e consumo nei comparti
della carne fresca e dell’ortofrutta DOP-IGP
7.1 Obiettivi e metodologia
7.2 Principali evidenze emerse
7.3 Il settore delle carni fresche: analisi dei risultati
7.3.1 La domanda di carne fresca: composizione e criteri di acquisto
7.3.2 Le caratteristiche dell’assortimento di carne fresca:
tipologie, origine e marchi
7.3.3 Il vissuto delle carni fresche a marchio DOP e IGP
7.3.4 Le carni DOP e IGP dal punto di vista del trade
7.3.5 L’etichettatura obbligatoria e il sistema di rintracciabilità
7.4 Il settore ortofrutta: analisi dei risultati
7.4.1 La domanda di prodotti ortofrutticoli
7.4.2 L’offerta di prodotti ortofrutticoli
7.4.3 I prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine
7.4.4 L’evoluzione del mercato dei prodotti ortofrutticoli
a Denominazione di Origine
7.5 Sintesi e conclusioni
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8. Conclusioni
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Appendice statistica
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Allegato
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Riferimenti bibliografici
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Procedure da seguire da parte di produttori e cittadini di paesi terzi per la registrazione
e per sollevare obiezioni
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CD Rom allegato: schede dei prodotti Dop e Igp
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1. L’evoluzione della normativa
1.1 I nuovi regolamenti per il riconoscimento dei prodotti DOP, IGP e STG
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er le Denominazioni di origine protetta1, le Indicazioni geografiche protette2
e le Specialità tradizionali garantite3, l’anno 2006 si è aperto con l’adozione
da parte della Commissione Europea del Reg Ce n. 510/20064 e del Reg Ce n.
509/20065.
I due Regolamenti riscrivono e abrogano rispettivamente i Regolamenti CEE
n. 2081/92 e n. 2082/92.
L’obiettivo principale della riforma adottata è, innanzitutto, quello di semplificare e rendere più efficiente l’iter di registrazione e, come richiesto dal Panel
WTO6, di adottare un regolamento compatibile con le regole del commercio internazionale, che abroghi il requisito della reciprocità e dell’equivalenza, introdotto
con il Reg CEE 2081/92 e sue successive modifiche7.
In particolare, una delle novità è rappresentata dall’introduzione di un “documento unico”per la presentazione delle domande, contenente tutti i dati necessari
ai fini della registrazione, dell’informazione e dei controlli.
Lo scopo di tale documento è quello di assicurare che le informazioni chiave
siano ufficialmente pubblicate prima della registrazione, così da consentire a ogni
operatore di esercitare il diritto all’opposizione e alle autorità pubbliche preposte
di garantire la protezione della denominazione registrata in ogni Stato membro.
La procedura introdotta esprime, inoltre, la volontà della Commissione di migliorare la tutela dei prodotti agroalimentari registrati su scala internazionale.
I nuovi Regolamenti, inoltre, come accennato, garantiscono la conformità del
regime comunitario con le regole del WTO: innanzitutto, viene abrogato il requisito, precedentemente imposto ai Paesi terzi, della reciprocità ed equivalenza della
protezione e, in secondo luogo, gli operatori dei Paesi extra Ue hanno la possibilità di presentare domande ed eventualmente opposizioni direttamente alla Commissione e non più per il tramite dei loro governi.
Tale riforma, abrogando il requisito della “reciprocità ed equivalenza”, dovrebbe porre fine alle controversie nate fra l’Europa e alcuni Paesi terzi, come
Stati Uniti e Australia.
I Regolamenti introdotti, inoltre, esprimono la volontà della Commissione di
garantire una maggiore protezione del consumatore, attraverso, una più ampia visibilità dell’etichettatura e la diffusione dell’uso dei simboli comunitari.
Nei paragrafi seguenti si riporta un’analisi più dettagliata delle novità introdotte dai Regolamenti CE n. 510/2006 e n. 509/2006.
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1.2 Il Regolamento CE n. 510/2006
L’adozione del Reg. CE n°510/2006 nasce dall’esigenza, fortemente sentita a
livello comunitario, di disciplinare con un approccio più uniforme le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari.
Tale esigenza risponde alla volontà del legislatore comunitario di creare condizioni di concorrenza uguali tra i produttori che beneficiano delle diciture DOP e
IGP, sia di migliorare la riconoscibilità dei prodotti agli occhi dei consumatori, attraverso una maggiore chiarezza e trasparenza dei segni e delle informazioni sui
prodotti.
È proprio la combinazione di queste esigenze che ha portato l’Unione Europea
a rivedere la normativa sulle DOP e IGP e quindi all’adozione del Reg CE
n°510/2006 che abroga e sostituisce il Reg CEE n°2081/92.
Le principali novità introdotte dal Reg n°510/2006 riguardano i seguenti
aspetti:
• domanda di registrazione e modalità di esame da parte della Commissione;
• modalità di opposizione e decisione sulla registrazione;
• denominazioni, diciture e simboli;
• modifiche al disciplinare;
• controlli ufficiali;
• modalità di verifica del rispetto del disciplinare;
• protezione delle denominazioni registrate;
• tasse;
• allegato II – “Prodotti agricoli di cui all’art.1, § 1”.
L’iter di registrazione
In generale, le modifiche introdotte per l’iter di registrazione (art. 5) di nuove
denominazioni, tendono a semplificare le procedure e a chiarire le responsabilità
delle diverse autorità chiamate ad intervenire nell’esame delle domande, allo scopo di migliorare il loro iter di presentazione, di garantire la parità di trattamento
fra i vari richiedenti ed anche la trasparenza e chiarezza della documentazione richiesta e del processo amministrativo.
Innanzitutto, si specifica che possono presentare domanda di registrazione
esclusivamente le associazioni, ossia esclusivamente le organizzazioni di produttori o di trasformatori che trattano il medesimo prodotto agricolo o alimentare.
Tuttavia, subito dopo aver introdotto tale esclusività, la norma prevede un’attenuazione della stessa, consentendo l’equiparazione delle persone fisiche o giuridiche che soddisfano determinate condizioni8 ad un’associazione.
Si specificano, inoltre, gli elementi minimi che deve comprendere la domanda
di registrazione presentata dalle associazioni, prevedendo che essa debba contenere, oltre al Disciplinare, anche il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente e
un “documento unico”.
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Proprio quest’ultimo rappresenta l’elemento innovativo che dovrebbe consentire una semplificazione e una maggiore efficienza dell’iter di registrazione; il documento unico, infatti, deve contenere sia gli elementi principali del disciplinare,
ossia la denominazione, la descrizione del prodotto e la delimitazione della zona
geografica, sia la dimostrazione del legame del prodotto con l’ambiente geografico o con l’origine geografica, inclusi eventualmente gli elementi specifici del prodotto o del metodo di ottenimento che giustifica tale legame.
Sempre con riferimento alla domanda di registrazione è introdotta la possibilità di presentare domanda comune, da parte di diverse associazioni, qualora una
denominazione designi una zona geografica transfrontaliera o una denominazione
tradizionale connessa ad una zona geografica transfrontaliera.
L’iter di registrazione si arricchisce anche di una nuova fase: nel corso dell’esame della domanda, lo Stato membro interessato avvia una procedura nazionale
di opposizione al fine di garantire l’adeguata pubblicazione della domanda e consentire un tempo ragionevole nel corso del quale, ogni persona fisica o giuridica,
avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul suo territorio, possa fare
opposizione.
Coerentemente all’obiettivo di garantire maggiore chiarezza e trasparenza, per
ogni decisione favorevole adottata dalla Commissione, lo Stato membro deve inviare alla stessa, oltre ai documenti presentati dall’associazione richiedente durante l’iter di registrazione, una dichiarazione che attesti l’esito positivo della richiesta e il riferimento della pubblicazione del Disciplinare oggetto della decisione favorevole. Lo Stato membro, infatti, ha l’obbligo di rendere pubblico il Disciplinare oggetto della decisione favorevole e di assicurarne l’accesso per via elettronica.
La presentazione standardizzata e sintetica di questi elementi mira ad assicurare una maggiore omogeneità e parità di trattamento tra le domande, garantendo
che vengano menzionate tutte quelle informazioni necessarie a favorire la massima trasparenza nei confronti degli operatori interessati.
Un’altra novità riguarda la possibilità per gli operatori dei Paesi terzi di presentare direttamente alla Commissione la domanda di registrazione, senza dover
necessariamente ricorrere all’intermediazione dei propri governi. A tal proposito,
si stabilisce che i documenti devono essere redatti in una delle lingue ufficiali delle Istituzioni dell’UE o comunque accompagnati da una traduzione certificata in
una delle lingue ufficiali.
Per quanto riguarda l’esame delle domande da parte della Commissione (art.
6), si allunga il termine entro il quale esso deve essere effettuato, passando dai
vecchi 6 mesi agli attuali 12. Inoltre, si introduce l’impegno per la Commissione
di rendere pubblico, ogni mese, l’elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione, nonché la data di presentazione alla Commissione.
Il periodo di adattamento e la protezione transitoria
Il nuovo Regolamento, conferma la possibilità, per ciascun Stato membro, di
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accordare alla denominazione, a decorrere dalla data di presentazione della domanda di registrazione alla Commissione, una protezione transitoria nazionale e
ove necessario, un periodo di adattamento (art 5, §6).
Il periodo di adattamento consiste nella possibilità, per le imprese, di utilizzare
la denominazione qualora venga accordata la protezione transitoria.
Il periodo di adattamento può essere concesso a condizione che le imprese interessate, e questo è l’elemento di novità, abbiano sollevato opposizione nel corso
della procedura nazionale e che abbiano legalmente commercializzato i prodotti,
utilizzando in modo continuativo la denominazioni, per almeno i 5 anni precedenti.
Allo stesso modo, l’art. 13 § 3, prevede che la Commissione può accordare
alla denominazione un periodo transitorio non superiore a cinque anni, solo nel
caso in cui un’opposizione sia stata dichiarata ricevibile in quanto la registrazione
danneggerebbe l’esistenza di una denominazione omonima o parzialmente omonima o l’esistenza di prodotti che si trovano legalmente sul mercato da almeno 5 anni prima della data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
(d’ora in avanti GUCE) del documento unico e del riferimento della pubblicazione del disciplinare.
Tale previsione normativa, nel nuovo Regolamento viene integrata9 con la
possibilità di accordare un periodo transitorio, non superiore a cinque anni, alle
imprese stabilite nello Stato membro o nel Paese terzo dove si trova la zona geografica, a condizione che le stesse abbiano commercializzato i prodotti in modo
continuativo per almeno i 5 anni che precedono la data di pubblicazione sulla GUCE e che abbiano sollevato il problema durante la procedura di opposizione, nazionale o comunitaria.
Tale periodo transitorio, dovrebbe consentire di evitare danni ai produttori che
utilizzano siffatte denominazioni da lungo tempo, pur tutelando nel contempo i
consumatori e garantendo una concorrenza leale.
Tuttavia la durata complessiva del periodo transitorio di cui all’art 13, §3 e
del periodo di adattamento concesso dallo Stato membro (art 5, §6) non può superare 5 anni e, qualora il periodo d’adattamento fosse superiore ai 5 anni, il periodo transitorio non può essere concesso.
L’abrogazione del “principio di reciprocità”
Il nuovo regolamento, ha comportato l’abbandono delle disposizioni contenute
nel Reg CEE 2081/92 (ex art 12) relative al “principio di reciprocità”.
Il Reg CEE 2081/92 si applicava “ai prodotti agricoli o alimentari provenienti da un paese terzo a condizione che il paese terzo fosse disposto ad accordare ai
corrispondenti prodotti agricoli o alimentari provenienti dalla Comunità una protezione analoga a quella esistente nella Comunità”.
L’abrogazione di tale principio risponde all’obiettivo dell’internazionalizzazione del sistema europeo di tutela delle denominazioni e all’effettiva partecipazione ad esso di produttori di Paesi Terzi.
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Tale obiettivo, oltre ad adempiere alle richieste del Panel del WTO, potrebbe
condurre alla diffusione di quella cultura di conoscenza e rispetto delle DOP e
IGP, che non può non essere alla base anche di un’effettiva tutela dei prodotti comunitari su mercati internazionali, a condizione che l’impianto comunitario previsto dal nuovo Regolamento trovi “momenti” di validazione e attuazione anche
nell’ambito delle decisioni WTO.
La procedura d’opposizione
Come anticipato (§1), il Regomanento introduce, per i Paesi terzi, la possibilità di presentare direttamente, senza l’intervento dei loro governi, oltre che la domanda di registrazione, l’opposizione alla registrazione di una denominazione
d’origine10.
L’opposizione, deve essere presentata alla Commissione, entro 6 mesi dalla
pubblicazione sulla GUCE, attraverso una dichiarazione debitamente motivata.
Stessa possibilità è prevista per le persone fisiche o giuridiche stabilite o residenti in un Paese terzo, le quali possono inviare la dichiarazione di opposizione
alla Commissione direttamente o tramite le autorità del Paese di appartenenza.
Infine, si introduce l’obbligo per la Commissione di pubblicare, sulla GUCE,
la decisione adottata in seguito alla conclusione delle consultazioni relative alla
procedura d’opposizione.
L’etichettatura
In relazione alla finalità di garantire una sempre maggiore protezione del consumatore, il nuovo Regolamento impone, per i prodotti agricoli e alimentari originari della Comunità e commercializzati con una denominazione registrata, l’utilizzo delle diciture DOP e IGP o dei simboli comunitari ad essi associati sull’etichettatura degli stessi (art. 8).
Tale obbligo si traduce, invece soltanto in una possibilità per i prodotti agricoli
e alimentari originari dei Paesi Terzi, commercializzati con una denominazione
registrata.
Le modifiche al disciplinare
Riguardo alle modifiche al disciplinare (art. 9), il nuovo Regolamento specifica che la richiesta deve descrivere le modifiche per le quali si richiede l’approvazione e le relative motivazioni.
Inoltre, introduce la distinzione tra le modifiche che incidono sul documento
unico e quelle che non vanno a modificarlo.
Nel primo caso, la domanda di approvazione di una modifica è sottoposta all’iter classico previsto per la presentazione della domanda di registrazione e quindi all’esame da parte della Commissione con la possibilità, da parte di ogni Stato
membro o Paese terzo, di sollevare opposizione alla modifica del disciplinare.
Tuttavia, all’interno di questa procedura non si includono le “modifiche mino-
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ri”11 al disciplinare, le quali, pur avendo un’incidenza sul documento unico sono
sottoposte ad un iter più semplificato. Per queste modifiche, infatti, l’iter non prevede nè la pubblicazione sulla GUCE del documento unico e del riferimento della
pubblicazione del disciplinare oggetto di richiesta di modifica, né la possibilità di
sollevare la procedura d’opposizione.
Per le “modifiche minori” approvate, la Commissione ha però l’obbligo di
pubblicare sulla GUCE il documento unico e il riferimento della pubblicazione
del disciplinare modificato da parte dello Stato membro.
Nel secondo caso, ossia quello relativo a modifiche che non incidono sul documento unico, se la zona geografica è situata in uno Stato membro, è competenza dello Stato membro interessato pronunciarsi sull’approvazione della modifica
e, in caso di parere positivo, provvedere a pubblicare il disciplinare modificato e
ad informare la Commissione delle modifiche approvate.
Diversamente, se la zona geografica è situata in un Paese terzo, è competenza
della Commissione pronunciarsi sull’approvazione della modifica proposta.
Tali procedure si applicano anche nel caso in cui le modifiche siano inerenti a
modifiche temporanee del disciplinare facenti seguito all’imposizione, da parte
delle autorità pubbliche, di misure sanitarie o fitosanitarie obbligatorie.
I controlli ufficiali
Per poter funzionare, il sistema delle DOP e IGP deve poter contare su un regime di controlli affidabile in grado di garantire, soprattutto ai consumatori, che i
prodotti acquistati rispettano le disposizioni dei disciplinari di produzione.
Accanto a tale esigenza, il nuovo Regolamento (art. 10, § 1) pone anche l’obbligo generale a carico degli Stati membri di “designare le autorità competenti incaricate dei controlli in relazione agli obblighi fissati dal Reg. CE 510 a norma
del Reg. CE 882/200412.
La versione definitiva del Regolamento, ha in qualche modo contenuto l’allarmismo creato, da una prima proposta di Bruxelles, tra i rappresentanti delle delegazioni nazionali, tra cui quella italiana. Il timore era quello che l’inserimento di
un riferimento alla normativa in materia di controlli ufficiali di mangimi, alimenti
e salute e benessere animale, potesse generare “sovrapposizione” di competenze
in materia di controllo fra organismi deputati ai controlli sulle DOP e IGP e quelli
che invece verificano il rispetto delle norme “igienico – sanitarie”.
La formulazione adottata nella versione definitiva del Regolamento dovrebbe,
tuttavia, essere in grado di evitare tali dubbi interpretativi, in quanto, come meglio
specificato anche nei considerando del Regolamento, il sistema di monitoraggio
delle DOP e delle IGP deve essere cositituito da un sistema di controlli ufficiali in
linea con il Reg. CE 882/04, nonché diretto ad assicurare il rispetto dei relativi
disciplinari di produzione.
Successivamente l’art.11, §1, prevede che la verifica del rispetto del disciplinare sia effettuata da una o più Autorità e/o da uno o più organismi di controllo ai
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sensi dell’art 2 del Reg CE 882/2004 che opera come organismo di certificazione dei prodotti.
Inoltre, l’art. 10 §3, prevede che la Commissione pubblichi il nome e l’indirizzo delle Autorità designate e degli Organismi di certificazione e aggiorni periodicamente l’elenco.
Per quanto riguarda la verifica del rispetto del disciplinare (art. 11) di DOP e
IGP relative a zone geografiche di un Paese terzo, la stessa è effettuata da una o
più autorità pubbliche designate dal Paese in cui si trova la zona geografica interessata e/o da uno o più organismi di certificazione dei prodotti.
Inoltre, il Regolamento prevede che i costi di verifica del rispetto del disciplinare sono a carico degli operatori interessati.
Ancora, altro aspetto innovativo, è l’introduzione dell’obbligo per tutti gli Organismi di certificazione, a partire dal 1°maggio 2010, di accreditamento in base
alla normativa EN 45011, che assicura il rispetto dei requisiti di terzietà, competenza e organizzazione da parte di coloro che si occupano della certificazione del
prodotto.
L’attività di accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione in
Italia è svolta dal SINCERT - Sistema Nazionale per l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione, Associazione privata senza fini di lucro
fondata nel 1991 e legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con D.M. del 16
giugno 1995.
In particolare la norma EN 45011 disciplina i requisiti che un organismo di
certificazione di prodotto deve soddisfare per poter essere accreditato. I principali
aspetti disciplinati riguardano l’organizzazione della struttura, il Sistema Qualità,
l’indipendenza e la terzietà rispetto agli interessi oggetto di certificazione, la competenza del personale, la gestione delle attività ispettive e certificative, la gestione
dei rapporti con le aziende certificate e l’uso dei marchi e dei certificati.
Modalità d’applicazione
L’art 16 prevede che la Commissione adotta, in conformità alla procedura di
regolamentazione prevista dagli artt 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, le modalità di applicazione necessarie all’attuazione del Regolamento. Tra queste,
• l’elenco delle materie prime dei prodotti designati dalle designazioni geografiche equiparate a denominazioni d’origine (art°2, §3);
• le condizioni alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata
ad una associazione;
• le modalità di presentazione della domanda di registrazione di una denominazione che designa una zona geografica transfrontaliera (art 5, § 1);
• le modalità relative al contenuto e alla trasmissione alla Commissione dei
documenti (art 5, § 7 e 9);
• modalità relative alle modifiche minori (art 7, § 5 e art 9, § 2);
• modalità relative alle condizioni di controllo del rispetto del disciplinare.
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Altre novità
Altra novità introdotta è relativa alle tasse: ai sensi dell’art 18, gli Stati membri possono esigere il pagamento di una tassa destinata a coprire le loro spese.
Considerazioni generali
L’analisi del recente Regolamento evidenzia che il nuovo impianto normativo
costituisce una revisione significativa delle politiche agricole della qualità.
Le modifiche introdotte sono state motivate principalmente dalle richieste del
Panel WTO: il Regolamento, con l’abrogazione del requisito della reciprocità e
dell’equivalenza, si è allineato alle richieste avanzate dal WTO in tema di commercio internazionale, anche se, a tutt’oggi, il WTO non ha ancora espresso parere formale sul testo normativo adottato.
In risposta alle modifiche richieste dal panel WTO, il nuovo Regolamento
consente l’accesso ai registri anche da parte dei singoli produttori dei Paesi terzi,
senza il tramite quindi degli Stati, anche nel caso in cui gli stessi Paesi d’origine
non garantiscano una reciprocità di trattamento. Vincolo quest’ultimo richiesto invece dal precedente Regolamento UE.
Ancora, e sempre in risposta alle richieste del panel WTO, il nuovo Regolamento garantisce la coesistenza fra marchi industriali e denominazioni d’origine e
fra denominazioni d’origine omonime. Il sistema precedente, al contrario, prevedeva che dopo un periodo di cinque anni di coesistenza, il marchio industriale doveva cedere il passo alla denominazione d’origine.
L’adeguamento della politica comunitaria alle regole del commercio internazionale è stato comunque, l’occasione per apportare ulteriori modifiche al testo
del precedente regolamento.
Dal nuovo regolamento esce rafforzato il ruolo degli Stati membri sia nelle
procedure di istruttoria delle domande di riconoscimento di nuove denominazioni
e sia, soprattutto, in caso di modifica del disciplinare di produzione di denominazioni già riconosciute.
In sostanza, con le nuove regole gli Stati membri si fanno carico di esaurire
l’istruttoria, e di procedere alla composizione delle eventuali controversie, all’interno dei confini nazionali. Dopo la fase di istruttoria nazionale, infatti, ogni Stato
membro dovrà inviare a Bruxelles solo il “documento unico”.
L’elemento critico di tale procedura, potrebbe essere rappresentato sia dal grado di completezza degli elementi indicati nel documento unico, sia dal grado di
omogeneità dei criteri adottati da ciascun Stato membro nell’iter di registrazione.
Altra modifica significativa riguarda l’estensione a 12 mesi del tempo a disposizione della Commissione per l’esame delle domande. Fino ad oggi, la Commissione ha evidenziato “tempi di risposta” più lunghi dei 6 mesi previsti dal sistema
previgente: tale previsione appare dunque in contrasto con l’obiettivo di snellire e
ridurre i tempi di registrazione delle nuove denominazioni. Obiettivo peraltro palesato dalle modifiche introdotte all’iter di registrazione.
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Altra novità di una certa portata è relativa alle norme igienico – sanitarie. In
particolare, il nuovo Regolamento prevede che potranno avere accesso alla certificazione DOP solo i prodotti in grado di soddisfare le norme igienico – sanitarie
fissate dal pacchetto igiene.
In ultimo, altra novità introdotta e portatrice di cambiamenti importanti, riguarda l’obbligo previsto per gli Organismi di controllo: a partire dal 2010, dovranno, infatti, essere accreditati in base alla norma EN 45011.
Ad oggi, in Italia, risultano accreditati solo 14 su 23 (60,9%) Organismi di
controllo privati autorizzati. In particolare, il panorama italiano si contraddistingue per la presenza di:
• Organismi nati come “espressione” dei Consorzi;
• Organismi volontari preesistenti al Reg. CEE 2081/92;
• Organismi nati con la creazione del “nuovo” mercato relativo alla certificazione delle DOP e IGP.
In tale contesto, e in relazione all’obbligo di accreditamento, gli Organismi di
controllo italiani sono chiamati pertanto a riesaminare le loro politiche aziendali,
sia in termini di portafoglio attività, sia in funzione dei “nuovi” costi legati all’accreditamento EN 45011.
1.3 Il Regolamento CE n. 509/2006
L’attività di revisione normativa a livello europeo, ha riguardato anche i prodotti agricoli e alimentari con marchio STG e ha portato all’emanazione del Reg.
CE n°509/2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli
e alimentari”, che abroga e sostituisce il Reg. CEE n°2082/92.
Sostanzialmente le novità introdotte ricalcano quelle introdotte dal Reg. CE
n°510/2006 per le DOP e IGP e riguardano i seguenti aspetti:
- definizioni e restrizioni all’uso dei nomi;
- domanda di registrazione e modalità di esame da parte della Commissione;
- modalità di opposizione;
- modifiche al disciplinare;
- denominazioni, diciture e simboli;
- modalità relative al nome registrato;
- controlli ufficiali;
- modalità di verifica del rispetto del disciplinare.
Definizioni e restrizioni all’uso dei nomi
La prima novità introdotta riguarda la definizione del termine “tradizionale”
(art 2), inteso come “un uso sul mercato tradizionale attestato da un periodo di
tempo che denoti un passaggio generazionale”.
Inoltre, rispetto al precedente Regolamento, si definisce che la specificità (art.
15
1, lettera a), intesa come l’elemento o gli elementi che distinguono nettamente un
prodotto agricolo o alimentare dagli altri prodotti o alimenti analoghi appartenenti
alla stessa categoria possono riferirsi alle caratteristiche intrinseche del prodotto
(fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche) o al metodo di produzione
del prodotto, oppure a condizioni specifiche che prevalgono nel corso della produzione.
È, dunque, sulla base della specificità così definità che la “specialità tradizionale garantita” è riconosciuta dalla Comunità attraverso la registrazione.
A garanzia sia dei produttori che dei consumatori, si stabiliscono delle restrizioni all’uso dei nomi (art. 5), precisando, da un lato che, il Regolamento si applica nel rispetto delle disposizioni comunitarie o degli Stati membri che disciplinano la proprietà intellettuale, e dall’altro, che il nome di una varietà vegetale o di
una razza animale può essere utilizzato nella denominazione di una STG solo se
non induce in errore sulla natura del prodotto.
L’iter di registrazione
Così come per le DOP e le IGP, anche per le STG sono state introdotte novità
di rilievo nell’iter di registrazione (art. 7). Innanzitutto si specifica che un’associazione può presentare domanda di registrazione per una STG, esclusivamente
per i prodotti agricoli o alimentari che essa produce o elabora.
Si specificano gli elementi minimi che la domanda di registrazione deve contenere: oltre al Disciplinare, essa deve contenere il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente, il nome e l’indirizzo dell’autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare e i relativi compiti specifici e i
documenti che comprovano la specificità e la tradizionalità del prodotto.
Come per le DOP e le IGP viene introdotto, contestualmente all’esame della
domanda di registrazione da parte dello Stato membro, l’avvio di una procedura
nazionale d’opposizione avente la finalità di garantire un’adeguata pubblicazione
della domanda e di concedere un tempo ragionevole durante il quale, ogni persona
fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita o residente sul su territorio, possa fare opposizione alla domanda.
Inoltre, si introduce la disciplina delle domande provenienti da un’associazione di un Paese terzo: esse devono contenere gli stessi elementi previsti per le
domande provenienti dalle associazioni degli Stati membri e possono essere
presentate alla Commissione direttamente o tramite le autorità del Paese di appartenenza. Tutti i documenti presentati per la registrazione da parte di associazioni appartenenti a Paesi terzi devono essere redatti in una lingua ufficiale delle istituzioni UE o accompagnati da una traduzione certificata in una delle lingue ufficiali dell’UE.
Esame da parte della Commissione
Riguardo all’esame della domanda da parte della Commissione (art. 8) si in-
16
troduce, come per le DOP e IGP, il termine di 12 mesi entro il quale esso deve essere effettuato. Si introduce anche l’obbligo per la Commissione di rendere pubblico ogni mese l’elenco delle denominazioni oggetto di una domanda di registrazione e la data di presentazione alla Commissione.
La procedura d’opposizione
Riguardo alla procedura d’opposizione (art. 9), si modifica il termine entro il
quale ogni Stato membro o Paese terzo può opporsi alla registrazione: a partire
dalla data di pubblicazione sulla GUCE, si passa dai precedenti 5 mesi agli attuali
6. Si specifica, inoltre, che sono ricevibili soltanto le dichiarazioni d’opposizione,
pervenute alla Commissione nel termine di 6 mesi dalla pubblicazione sulla GUCE, che dimostrano o la mancata osservanza delle disposizioni contenute negli
artt. 2, 4 e 5 del Reg CE n°509/2006, oppure che il nome è utilizzato legittimamente, notoriamente e in modo economicamente significativo, per prodotti agricoli o alimentari analoghi.
Le modifiche al disciplinare
L’art. 11 prevede che la richiesta di modifica al Disciplinare può essere presentata dallo Stato membro, su richiesta dell’associazione stabilita sul suo territorio, oppure da un’associazione stabilita in un Paese terzo.
Per quest’ultima, lo stesso articolo prevede che la domanda può essere presentata alla Commissione o direttamente o tramite le autorità del Paese.
Il nuovo Regolamento, precisa che tutte le richieste di modifica, devono comprovare un interesse economico legittimo e descrivere le modifiche richieste e i
motivi pertinenti.
Per quanto riguarda l’iter procedurale, la richiesta di approvazione di una modifica al disciplinare è sottoposta all’iter classico previsto per la presentazione
della domanda di registrazione.
Tuttavia, all’interno di tale iter si prevede una semplificazione per le “modifiche minori”.
Per quest’ultime, infatti, l’iter non prevede né la pubblicazione sulla GUCE di
tutti gli elementi identificativi della richiesta di modifica,13 né la possibilità di
sollevare la procedura di opposizione.
Tale semplificazione procedurale è la stessa prevista dal Reg CE°510/2006
per le modifiche minori al disciplinare.
L’etichettatura
Anche per le STG, si introduce l’obbligo di apporre sull’etichetta di un prodotto agricolo o alimentare prodotto nel territorio comunitario, il nome registrato
accompagnato o dal simbolo comunitario o dall’indicazione “specialità tradizionale garantita”. Tale indicazione, invece è facoltativa per le STG prodotte al di
fuori del territorio comunitario.
17
Modalità relative al nome registrato
Con riferimento alle modalità relative al nome registrato (art. 13), si introduce
la possibilità per l’associazione che ha richiesto la registrazione di un nome in una
sola lingua, di prevedere nel disciplinare che all’atto della commercializzazione,
l’etichetta contenga oltre al nome del prodotto in lingua originale anche un’indicazione nelle altre lingue ufficiali.
Controlli ufficiali e verifica del rispetto del disciplinare
Altre novità di rilievo riguardano i controlli ufficiali (art. 14) e la verifica del
rispetto del disciplinare (art. 15).
Per quanto riguarda i primi, così come previsto per le DOP e le IGP, si stabilisce che gli Stati membri designino l’autorità o le autorità competenti incaricate
dei controlli sulla base del Reg. CE n°882/2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e
alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
Anche per le STG, inoltre si introduce l’obbligo per tutti gli organismi di certificazione, a partire dal 1°maggio 2010, di accreditamento in base alla normativa EN 45011.
Abrogazione del principio di reciprocità
Ultimo aspetto da evidenziare, ma non per questo meno rilevante, è l’abrogazione del “principio di reciprocità” (ex art. 16 Reg. CEE n°2082/92), coerentemente all’obiettivo di chiarire e migliorare anche la tutela delle STG su scala internazionale.
Modalità d’applicazione
Ai sensi dell’art 19 del Regolamento, la Commissione adotta, in conformità
alla procedura di regolamentazione prevista dagli artt. 5 e 7 della decisione
1999/468/CE, le modalità di applicazione necessarie all’attuazione del Regolamento. Tra queste vi sono:
• le informazioni che devono essere incluse nel disciplinare (art 6, §2);
• la modalità di presentazione di una domanda di registrazione (art 7, §1) da
parte di associazioni stabilite negli Stati membri o in paesi terzi distinti;
• la modalità di trasmissione alla Commissione delle domande di cui all’art 7
§ 3, 6, e 7 e delle domande di modifica (art 7, § 11);
• le modalità di opposizioni (art. 9), comprese le modalità relative alle idonee
consultazioni tra le parti interessate;
• le condizioni di controllo del rispetto del disciplinare.
1.4 Le deroghe del “pacchetto igiene” in materia di prodotti tradizionali
Nei primi anni Novanta, la Comunità europea ha emanato una serie di normative inerenti l’igiene degli alimenti, con lo scopo principale di assicurare un alto
18
livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante nell’ambito dell’UE.
A tale iniziativa, hanno fatto seguito le richieste da parte dei Paesi con il maggior numero di produzioni tradizionali, di derogare ad alcune disposizioni igienico
- sanitarie considerate incompatibili con le metodiche di lavorazione, ritenute indispensabili, dei prodotti tradizionali e legate a metodiche di tipo artigianale.
L’emanazione della nuova normativa comunitaria in materia di igiene degli
alimenti (Pacchetto igiene) che dà attuazione ai principi ed ai requisiti generali in
materia di sicurezza alimentare fissati dal Regolamento CE 178/200214, può essere in parte considerata una risposta alle esigenze palesate.
Il “Pacchetto igiene” infatti, rivede in modo complessivo l’approccio normativo alla produzione, lavorazione e commercializzazione degli alimenti e dei mangimi, introducendo numerose e rilevanti innovazioni.
In particolare, con il Reg. CE 852/200415, in materia di igiene dei prodotti
alimentari o destinati ad operatori del settore alimentare, e il Reg. CE
853/200416 in materia di igiene dei prodotti di origine animale, viene previsto anche il principio della flessibilità.
Sulla base di questo principio, ogni Stato membro, mediante provvedimenti
nazionali, può permettere di continuare a utilizzare metodi tradizionali, adattando
i requisiti igienico sanitari previsti dai due regolamenti. Ciò è consentito a condizione che non venga compromesso il raggiungimento degli obiettivi di igiene alimentare dei regolamenti.
Il concetto della flessibilità è relativo all’ampia libertà degli operatori di adattare le proprie tecniche di lavorazione e le relative strutture al tipo di produzione,
purchè vengano sempre garantiti i requisiti di sicurezza dei prodotti.
Infine, con il Regolamento CE 2074/200517 della Commissione, si stabiliscono (art. 7) le deroghe per i prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali e le relative modalità di gestione. In particolare, vengono definiti:
• i prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali;
• le deroghe concesse;
• le modalità di comunicazione delle deroghe alla Commissione ed agli Stati
membri.
I prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali
I prodotti per essere annoverati nella categoria dei prodotti alimentari che
presentano caratteristiche tradizionali devono rispondere ad uno dei seguenti requisiti:
• storicamente riconosciuti come prodotti tradizionali;
• fabbricati secondo riferimenti tecnici codificati o registrati come processi
tradizionali o secondo metodi di produzione tradizionale;
• protetti come prodotti alimentari tradizionali dalla legislazione comunitaria,
nazionale, regionale, ecc.
19
Le deroghe concesse
Agli stabilimenti che fabbricano prodotti alimentari che presentano caratteristiche tradizionali, possono essere concesse deroghe individuali o generali in relazione ai seguenti requisiti:
• caratteristiche dei locali in cui i prodotti sono esposti ad un ambiente che
contribuisce parzialmente allo sviluppo delle loro caratteristiche. I locali possono
in particolare comprendere pareti, soffitti e porte non costituiti da materiali lisci,
impermeabili non assorbenti o resistenti alla corrosione e pareti, pavimenti e soffitti geologici naturali;
• caratteristiche degli strumenti ed attrezzature utilizzati in fase di preparazione, imballaggio e confezionamento, introducendo la possibilità di utilizzare legno,
tessuti, ecc., ma che comunque devono garantire il mantenimento di uno stato di
igiene soddisfacente;
• tecniche di pulizia e disinfezione dei locali, che devono essere adatte all’attività tenendo conto della specifica flora ambientale.
Le modalità di comunicazione delle deroghe alla Commissione ed agli altri
Stati membri
Al fine di consentire un’adeguata gestione di tale sistema, gli Stati membri che
concedono le deroghe, sia individuali sia generali, entro dodici mesi dalla concessione delle stesse devono informarne la Commissione e gli altri Stati membri.
In fase di notifica, lo Stato membro deve:
• descrivere brevemente le disposizioni che sono state adottate;
• precisare i prodotti alimentari e gli stabilimenti interessati;
• fornire ogni altra informazione pertinente.
La nuova normativa comunitaria permette dunque un’applicazione meno rigida delle prescrizioni igieniche che potevano di fatto snaturare le qualità tipiche
degli alimenti.
È compito dei produttori e di conseguenza dei paesi membri dimostrare nella
pratica, mediante le procedure di autocontrollo, di essere effettivamente in grado di mantenere un adeguato livello igienico delle produzioni e di garantire un
alto livello di sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante.
1.5 La struttura di controllo
I Reg CE 510/2006 e 509/2006 introducono, come evidenziato nei paragrafi
precedenti, nuove regole anche per quanto riguarda la struttura di controllo delle
DOP, IGP e STG.
In particolare, i due Regolamenti impongono, a decorrere dal 1° maggio 2010,
l’accreditamento degli Organismi di controllo (art 11, comma 3, Reg 510/2006 e
art 15, comma 3, Reg. 509/2006).
20
1.5.1 Produzioni DOP - IGP
Le autorità pubbliche di controllo designate
Nel corso dell’ultimo anno18, la situazione relativa alle autorità pubbliche ha
visto crescere del 43,8% la quota dei prodotti controllati, passando dalle 15 produzioni del luglio 2005, alle attuali 23. A tale situazione è corrisposto anche un
aumento dei soggetti designati che sono passati da 15 unità a 19.
Analizzando i dati relativi alle Autorità pubbliche* designate si può notare come delle 23 denominazioni controllate il 61% (14 denominazioni) è costituito da
produzioni appartenenti alla categoria dei grassi e oli, il 17% è costituito da quelle
appartenenti alla categoria degli ortofrutticoli e cereali(4), il 13% da 3 prodotti appartenenti alla categoria dei formaggi ed il rimanente 9% da produzioni appartenenti alla categoria delle spezie (1) e degli oli essenziali (1).
Tabella 1.1 - Autorità pubbliche di controllo designate dal MiPAF alla fine di aprile 2006
Autorità pubblica di controllo
Nr. prodotti Prodotti
controllati controllati
ARSIAM - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e
l'Innovazione dell'Agricoltura nel Molise "G. Sedati"
Assam
CCIAA Bari
CCIAA Chieti
CCIAA dell'Aquila
CCIAA di Lecce
CCIAA Firenze
CCIAA GE-SV-IM-SP
1
1
1
1
1
1
1
2
CCIAA Latina
CCIAA Pescara
CCIAA Roma
CCIAA Taranto
CCIAA Teramo
CCIAA Trapani
1
1
1
1
1
2
CCIAA Trieste
CCIAA Viterbo
1
2
Consorzio Ricerca Filiera lattiero-caseario
2
Ente Nazionale Risi
Stazione Sper. per le Ind. delle Essenze
1
1
•
•
•
•
•
•
•
•
Molise (olio)
Casciotta di Urbino
Terra di Bari (olio)
Colline Teatine (olio)
Zafferano dell'Aquila
Terra d'Otranto (olio)
Chianti Classico (olio)
Riviera Ligure (olio)
Basilico genovese
Kiwi di Latina
Aprutino Pescarese (olio)
Sabina (olio)
Terre Tarentine (olio)
Pretuziano delle Colline Teramane (olio)
Valli Trapanesi (olio)
Cappero di Pantelleria
Tergeste (olio)
Canino (olio)
Tuscia (olio)
Pecorino Siciliano
Ragusano
Riso Vialone Nano Veronese
Bergamotto di Reggio Calabria
DM
15-11-05
01-09-05
28-07-03
13-07-00
15-02-05
06-05-04
16-10-03
08-09-05
14-02-06
10-03-05
21-07-05
29-11-05
12-12-05
15-06-05
10-10-05
10-06-03
25-07-05
08-10-99
04-11-05
13-06-01
13-06-00
08-06-05
15-11-05
GURI
n. 78 del 29/11/2005
n. 212 del 12/09/2005
n. 203 del 2/9/03
n. 178 del 1/08/00
n. 51 del 03/03/05
n. 171 del 23/07/04
n. 273 del 24/11/2003
n. 219 del 20/09/2005
n. 50 del 01/03/2006
n. 76 del 02/04/05
n. 181 del 05/08/2005
n. 290 del 14/12/2005
n. 5 del 07/01/2006
n. 153 del 04/07/2005
n. 248 del 24/10/2005
n. 149 del 30/06/03
n. 181 del 05/08/2005
n. 248 del 21/10/99
n. 269 del 18/11/2005
n. 147 del 27/6/01
n. 144 del 22/6/00
n. 142 del 21/06/2005
n. 278 del 29/11/2005
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MiPAAF.
21
Gli organismi privati di controllo autorizzati per le DOP e IGP
La situazione relativa agli Organismi privati nel corso dell’ultimo anno ha visto crescere la quota dei prodotti controllati del 4,0% (5 nuove produzioni per un
totale di 130); di contro, il numero di soggetti riconosciuti è rimasto fermo a 23.
Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006
Organismi di controllo
22
3A Parco Tecnologico agroalimentare dell'Umbria Soc. Cons. a r.l
Prodotti
controllati
5
Agroqualità
14
AIAB
4
AQA
Bioagricoop
1
5
CERMET - Certificazione e Ricerca per la Qualità
3
Certiprodop
5
Denominazione
Alto Crotonese (olio)
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Prosciutto di Norcia
Umbria (olio)
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale
Carciofo romanesco del lazio
Cartoceto (olio)
Clementine di Calabria
Dauno (olio)
Fagiolo di Sarconi
La Bella della Daunia (oliva da tavola)
Lametia (olio)
Lardo di Colonnata
Monte Etna (olio)
Monti Iblei (olio)
Nocellara del Belice (oliva da tavola)
Val di Mazara (olio)
Valle del Belice (olio)
Zafferano di San Gimignano
Fagiolo di Sorana
Farina di Neccio della Garfagnana
Marrone del Mugello
Pane casareccio di Genzano
Spressa delle Giudicarie (formaggio)
Canestrato pugliese
Collina di Brindisi (olio)
Farro della Garfagnana
Miele della Lunigiana
Pane di Altamura
Aceto balsamico tradizionale di Modena
Brisighella (olio)
Colline di Romagna (olio)
Formai de Mut dell'alta Val Brembana
Pecorino Toscano
Quartirolo Lombardo
Ricotta Romana
Taleggio
Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006
Organismi di controllo
Certiquality
Prodotti
controllati
5
Check Fruit Srl
8
CSQA
24
Dipartimento Controllo Qualità Parmigiano Reggiano Scarl
ECEPA
1
3
Denominazione
Laghi Lombardi (olio)
Lucca (olio)
Salame d'oca di Mortara
Toscano (olio)
Uva da tavola di Mazzarone
Arancia Rossa di Sicilia
Asparago verde di Altedo
Ficodindia dell'Etna
Marrone di Castel del Rio
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel
Pera dell'Emilia Romagna
Pesca e Nettarina di Romagna
Scalogno di Romagna
Asiago
Asparago bianco di Cimadolmo
Bitto
Bresaola della Valtellina
Ciliegia di Marostica
Fagiolo di Lamon dell'Alta Vallata Bellunese
Fontina
Garda (olio)
Gorgonzola
Grana Padano
Marrone di San Zeno
Mela Val di Non
Montasio
Monte Veronese
Mozzarella di Bufala Campana
Pera Mantovana
Provolone Valpadana
Radicchio Rosso di Treviso
Radicchio Variegato di Castelfranco
Soprèssa Vicentina
Uva da tavola di Canicattì
Valle d’Aosta Fromadzo
Valtellina Casera
Veneto Valpolicella, Veneto Euganeo
e Berici, Veneto del Grappa (olio)
Parmigiano Reggiano
Coppa Piacentina
Pancetta Piacentina
Salame Piacentino
23
Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006
Organismi di controllo
I.M.C. Istituto mediterraneo di Certificazione S.r.l.
INEQ (Istituto Nord Est Qualità)
Prodotti
controllati
1
12
INOQ (Istituto Nord Ovest Qualità) Scarl
7
Ismecert (Istituto mediterraneo di certificazione agroalimentare) 14
24
Istituto Calabria Qualità
5
Istituto Parma Qualità
4
Denominazione
Castagna del Monte Amiata
Cotechino Modena
Mortadella Bologna
Prosciutto di Carpegna
Prosciutto di San Daniele
Prosciutto Toscano
Prosciutto Veneto Berico-euganeo
Salame Brianza
Salamini italiani alla cacciatora
Speck dell'Alto Adige
Valle d’Aosta Jambon de Bosses
Valle d’Aosta Lard d’Arnard
Zampone Modena
Bra
Castelmagno
Murazzano
Nocciola del Piemonte
Raschera
Robiola di Roccaverano
Toma Piemontese
Caciocavallo silano
Carciofo di Paestum
Castagna di Montella
Cilento (olio)
Clementine del Golfo di Taranto
Colline Salernitane (olio)
Fico bianco del Cilento
Limone Costa d'Amalfi
Limone di Sorrento
Melannurca Campana
Nocciola di Giffoni
Penisola Sorrentina (olio)
Peperone di Senise
Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese
Nocerino
Bruzio (olio)
Capocollo di Calabria
Pancetta di Calabria
Salsiccia di Calabria
Soppressata di Calabria
Culatello di Zibello
Prosciutto di Modena
Prosciutto di Parma
Salame di Varzi
Segue Tabella 1.2 - Organismi privati di controllo autorizzati dal MiPAAF alla fine di aprile 2006
Organismi di controllo
OCPA (Organismo di controllo delle produzioni animali)
Prodotti
controllati
4
PAI - Products Authentication Inspectorate Italia s.r.l.
pH
SoCert
Suolo e Salute
1
1
1
2
Denominazione
Agnello di Sardegna
Fiore Sardo
Pecorino Romano
Pecorino Sardo
Fungo di Borgotaro
Terre di Siena
Pomodoro di Pachino
Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia
Valdemone (olio)
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
Inoltre, risultano ancora Tabella 1.3 - Denominazioni in attesa di Organismo
2 denominazioni che, se pur di controllo autorizzato alla fine di aprile 2006
già riconosciute, ancora non
dispongono di Organismo di Denominazione
Riconoscimento
controllo specificatamente Coppia Ferrarese
IGP
Oliva ascolana del Piceno
DOP
autorizzato.
Analizzando i dati relativi agli organismi di control- Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
lo privati autorizzati, si può
notare come delle 130 denominazioni controllate, il 32% è costituito da produzioni appartenenti alla categoria degli ortofrutticoli e cereali (42 denominazioni), il
22,3% è costituito da 29 formaggi, il 21,5% da 28 preparazioni di carni, il 17% da
produzioni appartenenti alla categoria dei grassi e oli (23) e il rimanente 6% dalle
altre denominazioni (8).
1.5.2 Produzioni STG
Il paniere italiano conta ancora ad oggi quale prodotto STG soltanto la Mozzarella.
Per tale prodotto, alla fine dell’aprile 2006, risultano autorizzati 8 Organismi
di controllo privati autorizzati e 1 Autorità pubblica di controllo designata.
La situazione relativa agli Organismi deputati al controllo della mozzarella
STG si può considerare stabile: rispetto al 30 aprile 2005, non risultano, infatti, riconosciuti nuovi Organismi di controllo.
Nel 2004, dai dati forniti da 3 Organismi di controllo, si evidenzia che sono
state certificate 1.153,45 tonnellate, con un incremento del 16,7% rispetto al
2003.
Dei rimanenti 6 Organismi di controllo, 2 non hanno fornito alcun tipo di dato,
25
Tabella 1.4 - Mozzarella STG: Organismi di controllo autorizzati alla fine di aprile 2006
Organismi di controllo
SGS ICS
Certiquality
Agroqualità
CSQA
Socert Società di certificazione
INOQ
Ismecert
A.Q.A.
ASSAM
Decreto di autorizzazione
27-07-2001
27-07-2001
27-07-2001
27-07-2001
9-01-2002
28-02-2002
28-02-2002
23-10-2002
23-10-2002
GURI di pubblicazione
n. 214 del 14/9/01
n. 214 del 14/9/01
n. 214 del 14/9/01
n. 214 del 14/9/01
n. 17 del 21/1/02
n. 75 del 29/3/02
n. 75 del 29/3/02
n. 263 del 09/11/2002
n. 263 del 09/11/2002
Tipologia di Organismo
Privato
Privato
Privato
Privato
Privato
Privato
Privato
Privato
Autorità Pubblica
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
mentre 4 dichiarano che per l’anno in questione nessuna azienda è stata immessa
nel sistema di controllo.
1.6 I Consorzi di tutela
Alla fine di aprile 2006, risultano riconosciuti 55 Consorzi di tutela (+17,0%
rispetto alla fine di aprile 2005) su un totale di 155 prodotti a marchio comunitario.
Ai 55 Consorzi di tutela riconosciuti se ne aggiungono 57 attualmente in corso
di riconoscimento.
L’analisi per comparto, Tabella 1.5 - Numero di Consorzi di Tutela riconosciuti
alla fine di aprile 2006
evidenzia che quello dei formaggi è il comparto con il
Formaggi
21
maggior numero di Consorzi Grassi (oli)
13
di tutela riconosciuti (21 Preparazioni di carni
10
Consorzi di Tutela su 31 de- Ortofrutticoli e cereali non trasformati
8
Carni
fresche
2
nominazioni riconosciute,
1
pari al 68%), seguito da Altri prodotti
Aceti
diversi
dagli
aceti
di
vino
0
quello dei prodotti a base di
Oli essenziali
0
carne (36%) e degli oli exCaffè tè e spezie escluso il matè
0
travergini di oliva (35%).
Totale
55
Diversa la situazione per
il comparto degli ortofrutti- Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
coli e cereali: su un totale di
47 denominazioni, soltanto 8 Consorzi risultano ad oggi riconosciuti (17%). A tale comparto segue quello delle carni fresche, con entrambi i Consorzi di tutela
delle 2 carni a marchio europeo riconosciuti, e dei prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria (1).
26
I restanti comparti non Tabella 1.6 - Numero di Consorzi di Tutela in corso
presentano alcun Consorzio
di riconoscimento alla fine di aprile 2006
di Tutela riconosciuto.
18
Per quanto concerne i Grassi (oli)
17
Consorzi di tutela in attesa Ortofrutticoli e cereali non trasformati
Preparazioni di carni
9
del decreto di riconoscimenFormaggi
4
to del MiPAAF, la graduato- Aceti diversi dagli aceti di vino
3
ria è quello degli oli extra- Carni fresche
2
vergini di oliva il comparto Altri prodotti
2
più rappresentato con 18 Oli essenziali
1
1
Consorzi. A questo seguono Caffè tè e spezie escluso il matè
Totale
57
quello degli ortofrutticoli e
cereali (17), dei prodotti a
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
base di carne (9), dei formaggi e degli aceti diversi
dagli aceti di vino con rispettivamente 4 e 3 Consorzi in istruttoria.
Per i restanti comparti, sono complessivamente 6 i Consorzi in attesa di riconoscimento.
1) D’ora in avanti DOP.
2) D’ora in avanti IGP.
3) D’ora in avanti STG.
4) Reg (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006 “relativo alla protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 93 del 31.03.2006.
5) Reg (CE) n. 509/2006 del 20 marzo 2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 93 del 31.03.2006.
6) Nell’ambito dell’Organo di Appello del WTO, il Panel è il collegio giudicante composto da tre esperti indipendenti, che viene nominato dall’Organo per la risoluzione delle
dispute al fine di esaminare la controversia ed emettere un “verdetto”. Nel testo si fa riferimento al Panel che si è pronunciato sulle denunce mosse da USA e Australia all’UE
sulla validità del sistema europeo per le indicazioni geografiche.
7) In ultimo il Reg Ce n°692/2003 del Consiglio dell’8 aprile 2003, “relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricolil
ed alimentari”, pubblicato sulla GUCE L 99 del 17/04/2003.
8) Le condizioni in base alle quali una persona fisica o giuridica può essere equiparata
ad un’associazione, saranno definite dalla Commissione, ai sensi dell’art.16 del Reg CE
510/2006, nelle modalità di applicazione del Regolamento stesso.
9) Cfr art 13, § 4 Reg Ce 692/2003.
27
10) Per maggiori approfondimenti su questa tematica si rimanda all’Allegato al presente volume.
11) “…una modifica minore non può riguardare né le caratteristiche essenziali del prodotto né alterare il legame” (art 16, lettera h).
12) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai
controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi
e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
13) La richiesta di modifica al Disciplinare deve comprendere almento i seguenti elementi: il nome e l’indirizzo dell’associazione richiedente, il disciplinare e il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del
disciplinare, e i relativi compiti specifici.
14) Regolamento (Ce) 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, “che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare,
istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa le procedure nel campo
della sicurezza alimentare”, pubblicato su GUCE n. L31 del 01 febbraio 2002.
15) Regolamento (Ce) 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile
2004, “sull’igiene dei prodotti alimentari”, pubblicato su GUCE n. L 139/1 del 30 aprile 2004.
16) Regolamento (Ce) 853/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 aprile
2004, “che stabilisce norme specifiche in materia di igiene dei prodotti di origine animale”, pubblicato su GUCE n. L 139/1 del 30 aprile 2004.
17) Regolamento (Ce) 2074/2005 della Commissione, del 5 dicembre 2005, “recante le
modalità di attuazione relative a taluni prodotti di cui al regolamento (CE) n. 853/2004
del Parlamento europeo e del Consiglio e all’organizzazione di controlli ufficiali a norma dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE)
882/2004, deroga al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e modifica dei regolamenti (CE) n. 853/2004 e (CE) n. 854/2004”, pubblicato su
GUCE n. L 338/27 del 22 dicembre 2005.
18) Dati aggiornati alla fine di aprile 2006 di fonte Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali.
*) Per un dettaglio relativo agli estremi dei decreti che attribuiscono il riconoscimento
agli organismi di controllo, si veda l’appendice statistica (tabelle 1/A - 1/B)
28
2. I prodotti di qualità registrati19
2.1 Le denominazioni registrate in ambito comunitario
I
n poco meno di un anno20, al paniere europeo dei prodotti agroalimentari di
qualità si sono aggiunte 16 nuove denominazioni (+2,3%), per un totale di
709 prodotti riconosciuti.
Il 58,3% delle denominazioni registrate è rappresentato da DOP (413) e il restante 41,7% da 296 IGP.
Figura 2.1 - Denominazioni registrate in ambito europeo ad aprile 2006 e confronto con i dati
aggiornati alla fine di luglio 2005
160
140
120
100
80
60
Dop/Igp riconosciute
aprile 2006
Dop/Igp riconosciute
luglio 2005
40
20
Svezia
Regno Unito
Repubblica
Ceca
Spagna
Portogallo
Olanda
Lussemburgo
Italia
Irlanda
Grecia
Germania
Francia
Finlandia
Danimarca
Belgio
Austria
0
Fonte: Elaborazione Ismea su dati Ue.
Ancora una volta l’Italia si conferma leader in Europa per numero di denominazioni protette: nel corso degli ultimi mesi, ai 149 prodotti già registrati, si sono
aggiunti 6 nuovi riconoscimenti, per un totale di 155 denominazioni, che rappresentano il 21,9% del paniere comunitario tutelato.
Seguono la Francia, che vanta 5 nuovi riconoscimenti per un totale di 147 denominazioni (20,7%) e la Spagna, che con 5 nuovi prodotti è giunta quota 96 denominazioni (13,5%) e supera il Portogallo fermo a 93.
È da rilevare negli ultimi anni la performance registrata dalla Spagna che è
stata la nazione con il maggior incremento di riconoscimenti e che è riuscita a
guadagnare la terza posizione in graduatoria scavalcando il Portogallo.
29
Figura 2.2 - Ripartizione del numero di DOP e IGP europee riconosciute ad aprile 2006 (In %)
Altri
9,4%
Germania
9,4%
11,8%
Grecia
13,1%
Portogallo
13,5%
Spagna
20,7%
Francia
21,9%
Italia
0
5
10
%
15
20
25
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
I restanti Paesi UE non annoverano, al contrario, nuovi riconoscimenti e complessivamente vantano 218 riconoscimenti (30,7%).
Il 23,1% delle DOP e IGP è rappresentato dal comparto degli ortofrutticoli e
cereali (164 riconoscimenti), subito seguito da quello dei formaggi, con 155 denominazioni (21,9%). Appena dopo, le carni fresche (14,1%), gli oli e i grassi
(13,3%) e i prodotti a base di carne (10,9%).
A distanza seguono le acque minerali (31 riconoscimenti), gli altri prodotti di
origine animale (23), le birre e i prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e
biscotteria, rispettivamente 18 e 17 riconoscimenti.
Figura 2.3 - Ripartizione percentuale delle DOP e IGP europee per comparto
merceologico (aggiornamento ad aprile 2006)
Altri
16,8%
Ortofrutticoli
e cereali 23,1%
Preparazione
di carni
10,9%
Grassi
(burro, margarina,
oli, ecc.)
13,3%
Formaggi
21,9%
Carni fresche
14,1%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
30
Gli altri comparti rappresentano complessivamente il 4,2% del totale.
Nel comparto degli ortofrutticoli e cereali, l’Italia, con 47 riconoscimenti (+5
rispetto alla precedente indagine), conferma la sua posizione di leader, seguita
dalla Grecia e dalla Spagna, rispettivamente con 32 e 29 denominazioni.
Nel comparto dei formaggi, continua a dominare la Francia con 43 riconoscimenti, mentre l’Italia è a quota 31.
La Francia, con 49 denominazioni afferma la propria leadership nel settore
delle carni fresche, mentre nel comparto degli oli di oliva le protagoniste sono l’Italia e la Grecia con, rispettivamente, 37 e 25 prodotti riconosciuti.
Per quanto riguarda le preparazioni a base di carne, ancora una volta è l’Italia
che detiene il primato (28), seguita dal Portogallo (21).
Per quanto concerne gli altri comparti, la Germania fa la parte del leone nel
comparto delle acque minerali (100% dei riconoscimenti) e delle birre (12 riconoscimenti), mentre la Spagna, con 6 riconoscimenti, primeggia nel comparto della
panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria.
A conclusione dell’analisi, si evidenzia, ancora una volta, il ruolo di capofila
dei Paesi del Sud Europa e dell’area mediterranea nella classifica delle denominazioni registrate: Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna contano complessivamente 575 denominazioni, pari all’81,1% del totale. Per quanto riguarda il Centro
– Nord Europa, al contrario, solo la Germania con 67 denominazioni, presenta un
paniere consistente, anche se ben il 46% di esso è riconducibile alle acque minerali.
Alle DOP e IGP, si aggiungono le Specialità tradizionali garantite, ferme a
quota 15. Di queste, il 40% è rappresentato da birre e il 20% da prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria.
Capofila nella graduatoria della STG è il Belgio con 5 birre, seguito dalla Finlandia e dalla Spagna, rispettivamente con 3 riconoscimenti.
2.2 I prodotti italiani registrati
Alla fine di aprile 2006 il paniere tutelato italiano conta complessivamente
155 riconoscimenti, rappresentati da 105 DOP (67,7%) e 50 IGP (32,3%). Rispetto alla precedente indagine, si rileva la registrazione di 6 nuove denominazioni riconducibili a 5 ortofrutticoli e 1 olio extravergine di oliva.
Con questi numeri, l’Italia afferma nuovamente il suo primato nel panorama
agroalimentare europeo per la qualità e la notorietà delle sue produzioni.
Risulta interessante, tuttavia, rilevare il diverso andamento del numero di riconoscimenti ottenuti negli anni che vanno dal 1996 al 2006.
La figura 2.4 evidenzia che i riconoscimenti italiani sono più che raddoppiati
dal 1996 ad oggi e che nel 1997, 1998 e nel 2003 si sono registrati i maggiori incrementi da un anno all’altro.
31
Figura 2.4 - Evoluzione del numero di riconoscimenti DOP e IGP in Italia
160
140
120
100
n° DOP IGP per anno
n° DOP IGP totali
80
60
40
20
0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
Il 30,3% del paniere nazionale è rappresentato dalla categoria degli ortofrutticoli (47 riconoscimenti), seguita dagli oli di oliva (37), dai formaggi (31) e dai
prodotti a base di carne (28).
A questi si aggiungono 3 prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria, 2 aceti balsamici, 2 zafferani, 2 carni fresche, un miele, la ricotta romana e l’essenza di bergamotto.
La seguente tabella riepiloga, per comparto merceologico, le 155 denominazioni registrate. Il dettaglio è riportato nelle tabelle da 2-b a 2-f in allegato.
Tabella 2.1 - I prodotti italiani DOP e IGP riconosciuti alla fine di aprile 2006
(n° riconoscimenti)
Comparti
Formaggi
Grassi (oli)
Ortofrutticoli e cereali non trasformati
Preparazioni di carni
Aceti diversi dagli aceti di vino
Altri prodotti di origine animale
Caffè tè e spezie escluso il matè
Carni fresche
Oli essenziali
Prodotti panetteria
Totale
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
32
n° riconoscimenti
31
37
47
28
2
2
2
2
1
3
155
di cui DOP
31
36
10
20
2
2
2
1
1
105
di cui IGP
1
37
8
2
2
50
2.3 L’analisi territoriale21 delle denominazioni italiane registrate
I nuovi riconoscimenti hanno determinato una redistribuzione territoriale delle
DOP e IGP.
Coma mostra la figura 2.5, il 34,3% delle DOP e IGP è concentrato nel Nord
Italia e il 33,8% nel Centro.
Il restante 31,9% delle denominazioni si ripartisce tra il Sud e le Isole che rappresentano rispettivamente il 22,9% e il 9% del totale.
Rispetto alla precedente rilevazione, cresce in modo particolare il peso del
Centro ed in misura minore del Sud, a discapito soprattutto del Nord, mentre le
Isole rimangono pressoché stazionarie.
Figura 2.5 - Ripartizione territoriale DOP e IGP in Italia
(aggiornamento ad aprile 2006)
Isole
9,0%
Nord
34,3%
Sud
22,9%
Centro
33,8%
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
Figura 2.6 - Le prime 10 Regioni per DOP e IGP riconosciute
(aggiornamento ad aprile 2006, in n° di denominazioni)
25
14
5
10
10
7
5
2
1
1
7
8
10
9
9
Puglia
5
Calabria
12
9
Piemonte
14
6
Lazio
10
9
Campania
15
Sicilia
11
Toscana
20
DOP
IGP
Lombardia
Veneto
Emilia
Romagna
0
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
33
Per quanto riguarda la localizzazione territoriale degli areali di produzione
l’Emilia-Romagna, con 25 denominazioni registrate, si conferma nuovamente la
prima regione italiana per produzioni DOP e IGP. Seguono nella classifica, senza
evidenziare variazioni rispetto all’anno precedente, il Veneto fermo a 21 riconoscimenti, la Lombardia e la Toscana, rispettivamente a quota 20 e 19.
Fanalino di coda ancora una volta la Liguria che grazie al riconoscimento
DOP del “Basilico genovese” conta 2 denominazioni.
Rispetto alla precedente indagine contano 1 nuova denominazione ciascuna, il
Lazio (13), il Trentino Alto-Adige (9), le Marche (8) e l’Abruzzo (7).
Figura 2.7 - La mappa dei prodotti italiani DOP e IGP
(aggiornamento ad aprile 2006, in n° di denominazioni)
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
Passando ad analizzare la composizione del paniere DOP e IGP delle prime tre
Regioni in testa alla graduatoria, si rileva che l’Emilia Romagna, oltre che contare
il paniere più numeroso, presenta anche il maggior assortimento di prodotti tipici
di qualità.
Nel dettaglio, il 40% delle DOP e IGP emiliano-romagnole è rappresentato da
prodotti a base di carne (10) e il 24% da prodotti ortofrutticoli (6). Il restante
36,0% è rappresentato da 3 formaggi, 2 oli, 2 aceti balsamici, 1 carne fresca e 1
prodotto della panetteria.
34
Figura 2.8 - La ripartizione per comparto merceologico delle DOP e IGP delle prime tre regioni
italiane (aggiornamento ad aprile 2006)
16,7%
33,3%
42,9%
41,7%
50,0%
33,3%
33,3%
33,3%
7,1%
100,0%
33,3%
100,0%
Emilia
Romagna
100,0%
Lombardia
50,0%
25,0%
Prodotti
panetteria
Carni fresche
Aceti diversi
dagli
aceti di vino
Preparazioni
di carni
Ortofrutticoli
e cereali non
trasformati
Grassi (oli)
Veneto
Formaggi
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
Il Veneto, con 12 DOP e 9 IGP, primeggia, con 7 riconoscimenti nel comparto dell’ortofrutta, seguito da quello dei formaggi e delle preparazioni a base di carne (ciascuno 6 denominazioni registrate). A questi si aggiungono 2 oli extravergini di oliva.
Le 20 denominazioni registrate della Lombardia, sono rappresentate da 9 formaggi e 8 prodotti a base di carne. A questi si aggiungono 2 oli extravergini di oliva e la Pera mantovana.
A livello provinciale, l’analisi della ripartizione delle DOP e IGP evidenzia il
dominio dei “distretti” di Bologna e Bergamo, con 13 denominazioni ciascuno,
Figura 2.9 - La ripartizione provinciale delle DOP e IGP
(aggiornamento ad aprile 2006, numero di Dop e Igp)
7
LC-RM-RC-KR-CSAL-NO-MS-PI-TN-VE
8
GR-FI-VA-VT-CZ-LU
9
MO-PR-RE-VI-FE
10
SA-FC-PC-CO-CRMN-MI-CN-SI-PD-TV
11
RA-PV-VR
12
BS
13
BO-BG
0
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
3
6
9
12
15
35
seguiti da Brescia con 12 riconoscimenti e Ravenna, Pavia e Verona con 11 riconoscimenti.
A queste ne seguono altre undici (Como, Cremona, Cuneo, Forli-Cesenza,
Mantova, Milano, Padova, Piacenza, Salerno, Siena, e Treviso) a quota 10. La
graduatoria prosegue con altre 5 province a quota 9 (Ferrara, Modena, Prato, Reggio Emilia e Vicenza).
Solo due province (Barletta-Andria-Trani e Lecce) contano 1 solo prodotto registrato.
2.4 Le denominazioni italiane in attesa di registrazione
Accanto agli attuali 155 riconoscimenti, l’Italia presenta ad aprile 2006 ben
276 produzioni in attesa del riconoscimento comunitario, con un aumento, rispetto al luglio 2005, di 4 richieste.
In particolare, delle 276 produzioni, 52 sono all’esame presso gli Uffici della
Commissione UE. I restanti 224, invece, sono in fase di istruttoria nazionale presso il MIPAAF.
Tabella 2.2 - I prodotti italiani in attesa di riconoscimento
(aggiornamento a maggio 2006, n° prodotti)
Comparto
Aceti diversi dagli aceti di vino
Carni fresche
Formaggi
Grassi (olio)
Ortofrutticoli e cereali
Prodotti a base di carne
Prodotti della panetteria
Altri prodotti di origine animale
Caffè tè e spezie escluso il matè
Oli essenziali
Fiori e piante ornamentali
Prodotti ittici
Paste alimentari
Totale
Nazionale
15
30
17
89
27
26
4
1
1
5
7
2
224
Comunitario
1
2
7
9
27
4
1
1
52
Totale
1
17
37
26
116
31
27
4
2
1
5
7
2
276
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
36
I dati riportati in tabella, confermano il ruolo di capofila del comparto degli
ortofrutticoli e cereali nella graduatoria dei prodotti in attesa di riconoscimento.
Tale comparto conta infatti 116 domande di riconoscimento, di cui ben 27 già all’esame di Bruxelles.
Agli ortofrutticoli, seguono i formaggi, fermi a 37 richieste, e i prodotti a base
di carne con 31 domande, di cui 4 presso la Commissione Europea.
Seguono ancora nella graduatoria, i prodotti della panetteria, pasticceria, confetteria e biscotteria con 27 richieste di riconoscimento, di cui una sola in fase di
istruttoria comunitaria, e gli oli extravergini di oliva, con 26 richieste, di cui 9
presso Bruxelles.
A distanza, segue il comparto delle carni fresche, con 17 richieste, 4 in più rispetto al luglio 2005.
Inoltre, risultano già all’esame di Bruxelles le domande di riconoscimento di 1
aceto e di una spezia.
Sono, infine, in fase di istruttoria nazionale, 7 prodotti ittici, 5 fiori e piante
ornamentali, 4 prodotti di origine animale, 2 paste alimentari e 1 olio essenziale.
2.5 Le Specialità Tradizionali Garantite
Il nuovo Regolamento comunitario, definendo con maggior chiarezza l’espressione “Specialità Tradizionale Garantita”, intende rendere più esplicito l’oggetto
di tale riconoscimento agli occhi dei produttori e dei consumatori.
Attualmente, come già rilevato, in Italia la Mozzarella è ancora l’unica Specialità Tradizionale Garantita protetta in sede comunitaria ai sensi del Reg. CE
509/2006.
Tuttavia, attualmente risultano 3 prodotti in attesa di riconoscimento STG. Di
questi, 2 (1 appartenente alla categoria dei “Prodotti della panetteria” ed 1 a quella della “Cioccolata e altre preparazioni alimentari contenente cacao”) sono già all’esame della Commissione europea, mentre il terzo prodotto, appartenente alla
categoria dei “Condimenti” risulta ancora in fase di istruttoria nazionale.
Rispetto alla precedente indagine, i prodotti in attesa del riconoscimento STG
sono passati dai 5 ai 3 attuali. Nel dettaglio, si è passati dai 3 prodotti in attesa di
riconoscimento a livello comunitario agli attuali 2 e dai 2 a livello nazionale all’attuale 1.
I prodotti esclusi dall’iter di riconoscimento appartengono al comparto delle
“Carni fresche” e delle “Paste alimentari”.
19) Dati aggiornati alla fine di aprile 2006 di fonte Commissione Europea.
20) Da luglio 2006 ad aprile 2006.
21) Ai fini dell’analisi, per territorio geografico si è inteso l’areale nel quale è possibile
ottenere/elaborare il prodotto finito certificato secondo quanto previsto dal disciplinare
di produzione
37
3. La dimensione territoriale ed economica dei prodotti
registrati22
3.1 Introduzione
N
el 2004, il settore primario (agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca) ha
espresso un Valore Aggiunto (d’ora in avanti VA) ai prezzi base pari
all’3,8% del PIL (1.351 miliardi di euro).
Negli ultimi anni, l’incidenza del settore agricolo sul totale dell’economia si è avvicinata a quella degli altri paesi dell’Europa centro-settentrionale, anche se permane una
forte differenziazione territoriale tra le regioni del Centro – Nord e quelle del Sud.
In questo contesto le produzioni DOP e IGP, oltre a rappresentare la punta di
diamante dal punto di vista qualitativo nel panorama agroalimentare europeo,
hanno un discreto ruolo anche nell’economia del nostro Paese.
Figura 3.1 - Confronto tra il fatturato dell’industria alimentare e dei prodotti DOP e IGP in Italia
dal 2002 al 2004 (dati in milioni di euro)
120.000
100.000
103.037
99.540
15
101.660
10
80.000
60.000
%
40.000
20.000
0
5
3,8%
3.807
4,1%
2002
4.227
2003
Fatturato industria alimentare
4,4%
4.453
2004
0
Fatturato alla produzione DOP e IGP
Incidenza DOP e IGP su ind alimentare
Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT.
Infatti il valore alla produzione dei prodotti DOP e IGP, stimato nel 2004 in
4,4 miliardi di euro, rappresenta il 4,4% del valore ai prezzi correnti generato dall’industria alimentare. Tuttavia, il livello raggiunto attualmente risulta sottodimensionato rispetto alle reali potenzialità del settore, che sono notevoli soprattutto
nei comparti dei grassi e degli oli di oliva e dell’ortofrutta e cereali.
38
I segnali che giungono dal mercato inoltre, sembrano evidenziare comunque
favorevoli prospettive di crescita: nonostante la crisi dei consumi, l’apprezzamento e l’attenzione verso i prodotti DOP e IGP resta alto.
Inoltre, il valore di tali produzioni si apprezza maggiormente se, dal livello
nazionale si passa ad analizzare il ruolo svolto a livello locale: in alcuni contesti, infatti, la spinta economica impressa dai prodotti tutelati al sistema
agroalimentare è maggiore di quanto evidenziato per l’ambito produttivo nazionale.
Infine, non bisogna sottovalutare il ruolo svolto dalle DOP e IGP sui mercati
esteri: tali prodotti, infatti, sono gli ambasciatori del mix di qualità, cultura, valori
e “saper fare” che da sempre contraddistingue il made in Italy sul mercato mondiale.
Ai fini della completezza, nei due paragrafi successivi l’analisi si sofferma ad
evidenziare l’impatto produttivo ed economico delle DOP e IGP sull’intera produzione agroalimentare e il valore della produzione lorda vendibile (d’ora in avanti
PLV) del latte e della carne suina impiegati nella produzione dei formaggi DOP e
dei prodotti a base di carne DOP e IGP.
L’analisi, articolata per comparto, dei quantitativi certificati e dei fatturati delle 145 produzioni che nel 200423 possedevano la protezione comunitaria è riportata invece nei paragrafi 3.3 - 3.9.
3.2 L’impatto produttivo ed economico delle DOP e IGP
Obiettivo di tale paragrafo è quello di valutare l’impatto produttivo ed economico dei prodotti DOP e IGP sul settore agroalimentare nel 2004.
In particolare, oggetto dell’analisi è il confronto tra la produzione e il relativo
fatturato delle aziende operanti nella filiera di qualità rispetto alla produzione e al
fatturato complessivo.
Nel 2004, la produzione certificata delle DOP e IGP che erano state effettivamente immesse sul mercato ha oltrepassato le 741.000 tonnellate, con un’incremento del 26% rispetto all’anno precedente e un fatturato franco azienda pari a
4,4 miliardi di euro.
Tale produzione è stata ottenuta da oltre 6.000 operatori appartenenti alle diverse fasi della filiera.
Al contrario degli anni precedenti, per i quali si osservava una crescita costante della produzione certificata che era sostanzialmente attribuibile all’aumento
produttivo di DOP e IGP storiche e già da tempo presenti sul mercato, la variazione registrata nel 2004 è riferibile al notevole incremento registrato dal comparto
ortofrutticolo.
La produzione certificata relativa a quest’ultimo comparto passa infatti dalle
12.146 tonnellate del 2003 alle attuali 134.430 tonnellate; i quantitativi del 2003
39
Figura 3.2 - La produzione certificata dei prodotti DOP e IGP in Italia dal 2001 al 2004
(dati in migliaia di tonnellate)
800
140
700
120
600
500
400
300
588,1
741,4
80
539,1
499,5
100
60
40
200
100
20
0
0
2001
2002
2003
2004
Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT.
evidenziavano inoltre una contrazione produttiva del 17,5% rispetto all’anno precedente.
L’incremento registrato è riconducibile alla commercializzazione di notevoli
quantitativi di una relativamente nuova denominazione registrata (Mela Val di
Non DOP) e alla crescita di alcune produzioni DOP e IGP già presenti (Nocciola
del Piemonte e Pomodoro San Marzano dell’Agro – Sarnese Nocerino).
Figura 3.3 - Confronto tra il comparto a marchio DOP e IGP e i corrispondenti
comparti del settore agrolimentare nel 2004 (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
17,5%
1,0%
Aziende
2,4%
Quantità
Corrispondenti comparti settore agroalim.
Fonte: elaborazione Ismea su dati Organismi di controllo e ISTAT.
40
Fattturato alla
produzione
Comparto DOP e IGP
Nello stesso anno, la produzione nazionale complessiva, di qualità e non, relativa ai soli comparti in cui ricadono le Dop e le Igp, si è attestata sui 31 milioni di
tonnellate, per un controvalore superiore ai 25 miliardi di euro24.
Tale produzione è stata ottenuta da 615.492 operatori. Per misurare l’incidenza
delle DOP e IGP rispetto a tali valori, occorreva però effettuare un confronto
omogeneo. Rapportando quindi la sola produzione DOP e IGP relativa ai comparti dei formaggi, dei prodotti a base di carne e dell’ortofrutta (circa 736 mila tonnellate) ai valori sopra riportati si ha un’idea del peso complessivo delle DOP e
IGP sui corrispondenti comparti.
In questo caso le DOP e IGP rappresentano il 2,4% della produzione nazionale, mentre il fatturato delle stesse incide per il 17,5% sul totale nazionale, percentuale quindi ben più elevata di quella vista poco sopra nel raffronto con il valore
totale dell’industria alimentare nel complesso. Tali risultati sono principalmente
attribuibili ai comparti dei formaggi e dei prodotti a base di carne.
Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, i 1.434 caseifici coinvolti nella
produzione dei 31 formaggi DOP, hanno certificato 415.709 tonnellate, pari al
38,2% della produzione complessiva.
Figura 3.4 - Incidenza della produzione di formaggi DOP sulla produzione di formaggi
complessiva in Italia nel 2004 (dati in %)
Formaggi DOP
38%
Altri formaggi
62%
Fonte: elaborazione su dati Ismea e Organismi di controllo.
Il fatturato alla produzione registrato dai formaggi a denominazione d’origine
supera inoltre i 2,7 miliardi di euro e rappresenta ben il 38,7% del fatturato dell’intero comparto (pari a 7 miliardi di euro).
È per tale settore che si rileva la maggior incidenza dei quantitativi certificati e
dei relativi fatturati sui valori complessivi.
Per quanto riguarda il comparto dei prodotti a base di carne, in esso operano
671 aziende che concorrono alla produzione di 27 DOP e IGP e che pesano sul totale per il 16% circa.
Nel 2004, tali aziende hanno certificato 180.847 tonnellate, con un’incidenza
sulla produzione complessiva del 15,7%.
Il relativo valore alla produzione si è attestato su 1,5 miliardi di euro, a
fronte di 7,1 miliardi di euro registrati dall’intero settore, con un peso sul totale del 21,6%.
41
Figura 3.5 - Incidenza della produzione di prodotti a base di carne DOP e IGP
sulla produzione complessiva in Italia nel 2004 (dati in %)
Prodotti a base
di carne DOP e IGP
16%
Altri prodotti
a base di carne
84%
Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo.
Residuale al contrario il peso sul totale nazionale dei quantitativi e dei relativi
valori dei prodotti DOP e IGP appartenenti ai comparti degli ortofrutticoli e dei
cereali e dei grassi e degli oli di oliva (valori compresi tra lo 0,5% e l’1%).
Tale dato sottolinea ancora una volta le difficoltà delle produzioni di qualità di
tali comparti ad affermare le proprie potenzialità.
3.3 Aspetti generali
Nel 2004, le DOP e IGP hanno certificato quantitativi superiori alle 741 mila
tonnellate, registrando un incremento del 26,1% rispetto all’anno precedente; a tali quantitativi, si aggiungono inoltre i circa 10 mila litri dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena, che ha raddoppiato la produzione dell’anno precedente.
L’incremento della produzione certificata ha interessato tutti i comparti.
Tabella 3.1 - I quantitativi certificati di prodotti Dop e Igp per comparto merceologico
(dati in tonnellate)
Comparto
Formaggi
Grassi e oli
Ortofrutta
Prodotti a base di carne
Carni fresche
Totale
2004
415.708,56
5.005,45
134.426,61
180.847,67
5.416,67
741.404,96
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di Controllo.
42
2003
395.301,73
4.298,71
12.146,06
172.160,69
4.264,00
588.171,19
Var. % 04/03
5,2%
17,2%
1006,8%
5,0%
27,0%
26,1%
In particolare, assume rilievo l’aumento della produzione certificata registrata
dal comparto degli ortofrutticoli e cereali che raggiunge le 134.430 tonnellate
(+1006,8%) ed inizia così ad assumere un peso significativo nell’ambito delle
produzioni di qualità.
L’incremento registrato è riconducibile principalmente come già sottolineato
alla new entry Mela val di Non, che rappresenta l’82% della produzione ortofrutticola totale; tuttavia, anche i restanti prodotti vegetali evidenziano un tasso di crescita apprezzabile, il 99,4% in più rispetto al 2003.
Figura 3.6 - Incidenza sul totale della produzione certificata per comparto merceologico
in Italia nel 2004 (dati in %)
Carni fresche
1%
Prodotti a
base di carne
24%
Formaggi
56%
Ortofrutta
18%
Grassi e oli
1%
Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo.
Ben l’80,5% della produzione certificata è riconducibile al comparto dei formaggi e dei prodotti di carne. A tali comparti, segue quello dell’ortofrutta con un
peso pari al 18,1%.
Figura 3.7 - Ripartizione territoriale della produzione certificata in Italia nel 2004 (dati in %)
Sud
4,0%
Isole
5,7%
Centro
22,8%
Nord
67,5%
Fonte: elaborazione Ismea su dati degli Organismi di controllo.
43
Residuale l’incidenza dei comparti dei grassi e degli oli e delle carni fresche
(0,7% ciascuno).
L’analisi della ripartizione territoriale dei quantitativi certificati25, mostra che
il 67,5% delle DOP e IGP è concentrato nel Nord Italia e il 22,8% nel Centro. Le
Isole e il Sud rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,0%.
Nel corso del 2004, i prodotti DOP e IGP hanno registrato un valore alla produzione superiore ai 4,4 miliardi di euro (+5,4% rispetto all’anno precedente) ed
un fatturato al consumo di circa 7,7 miliardi (+ 6,7%).
Tabella 3.2 - I fatturati delle DOP e IGP nel 2004 in Italia e confronto con il 2003
(dati in milioni di euro)
Comparto
Formaggi
Grassi e oli
Ortofrutta
Prodotti a base di carne
Carni fresche
Aceti diversi dagli aceti di vino
Totale
Fatturato alla produzione
2004
2003 Var % 04/03
2.715,82 2.670,12
1,7%
50,82
44,29
14,8%
112,99
14,17
697,6%
1.540,38 1.474,12
4,5%
29,79
24,21
23,0%
3,48
0,12
2755,9%
4.453,28 4.227,03
5,4%
Fatturato al consumo
2004
2003 Var % 04/03
4.160,21 3.992,52
4,2%
63,56
57,78
10,0%
188,05
31,57
495,7%
3.219,92 3.097,36
4,0%
78,94
54,05
46,1%
7,40
0,27
2647,3%
7.718,08 7.233,55
6,7%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
In particolare, è per i comparti dell’ortofrutta e cereali, degli oli e delle carni fresche che si evidenzia un tasso di crescita del fatturato (alla produzione e al consumo) superiore all’incremento medio complessivo, sebbene associato a valori ancora
contenuti.
Coerentemente a quanto evidenziato sopra, l’analisi territoriale dei fatturati alla produzione conferma il ruolo di leadership delle regioni del Nord Italia.
Figura 3.8 - Ripartizione territoriale del fatturato alla produzione in Italia nel 2004
(dati in %)
Sud
3,8%
Centro
30,0%
Isole
4,4%
Nord
61,8%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
44
Il Nord concorre infatti alla
formazione del 61,8% del fatturato alla produzione, mentre le regioni del Centro detengono una
quota pari al 30%.
Il restante 8,2% del fatturato
alla produzione è rappresentato
dalle produzioni delle Isole e del
Sud, rispettivamente il 4,4% e il
3,8%.
Inoltre, l’analisi evidenzia
che ben l’88,1% del fatturato alla produzione è riconducibile alle produzioni ottenute in 6 Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige e Sardegna).
L’analisi territoriale condotta,
nella determinazione del quantitativo certificato e del relativo
fatturato attribuibile alla singola
area territoriale e regione ha tenuto conto della presenza di DOP e
IGP con areale di produzione
multiregionale26.
Tabella 3.3 - Il fatturato alla produzione
delle Dop e Igp per regione
nel 2004 (dati in milioni di euro)
Regione
Emilia Romagna
Lombardia
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Sardegna
Campania
Piemonte
Lazio
Toscana
Valle d'Aosta
Umbria
Marche
Puglia
Liguria
Sicilia
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Molise
Totale
Fatturato alla produzione
2.005,4
1.017,2
261,7
250,7
198,6
191,0
150,4
133,4
82,7
67,6
33,3
19,7
13,8
7,8
5,5
4,7
3,5
3,0
2,3
0,9
4.453,3
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di
Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione
Ismea.
Figura 3.9 - Ripartizione regionale del fatturato alla produzione delle Dop-Igp nel 2004
(dati in %)
45,0%
22,8%
11,9%
Restanti
13 regioni
4,3%
Sardegna
4,5%
Trentino A.A.
5,6%
Veneto
Friuli V.G.
Lombardia
5,9%
Emilia
Romagna
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
45
3.4 I formaggi
Il comparto dei formaggi con le sue 31 denominazioni registrate, rappresenta in termini di quantitativi certificati, quello più importante nell’ambito delle produzioni di qualità.
Negli ultimi tre anni, a parità di denominazioni registrate, la produzione di formaggi DOP è cresciuta in media del 6,9% ogni 12 mesi, soprattutto in relazione
alla crescita produttiva delle DOP più conosciute sia sul mercato nazionale che
estero.
Rispetto al 2001, nel corso del quale risultano certificate circa 341 mila tonnellate di formaggio a marchio, si rileva un incremento del 21,9%.
Figura 3.10 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di formaggi DOP
negli anni 2001 - 2004 (dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
30
401,4
30
31
31
386,8
395,3
415,7
30
25
20
15
10
5
2001
2002
2003
Produzione certificata
2004
Denominazioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue.
Figura 3.11 - Incidenza delle diverse tipologie di latte sulla PLV del latte destinata
alla produzione di formaggi DOP nel 2004 (dati in %)
Bufalino
10,9%
Misto
0,3%
Ovino
7,7%
Vaccino
81,1%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo e Consorzi di Tutela.
46
35
0
Tabella 3.4 - PLV del latte destinato alla produzione dei formaggi DOP nel 2004
(dati in tonnellate e milioni di euro)
Denominazione
Asiago
Bitto
Bra
Caciocavallo silano
Canestrato pugliese
Casciotta d' Urbino
Castelmagno
Fiore Sardo
Fontina
Formai de Mut dell'alta Val Brembana
Gorgonzola
Grana Padano
Montasio
Monte Veronese
Mozzarella di Bufala Campana
Murazzano
Parmigiano Reggiano
Pecorino Romano
Pecorino Sardo
Pecorino Siciliano
Pecorino Toscano
Provolone Valpadana
Quartirolo Lombardo
Ragusano
Raschera
Robiola di Roccaverano
Spressa delle Giudicarie
Taleggio
Toma Piemontese
Valle d’Aosta Fromadzo
Valtellina Casera
Totale
Quantità di latte
impiegato
213.928,79
2.548,22
5.822,48
9.637,86
718,27
2.043,54
1.340,51
4.000,60
35.229,69
570,10
363.637,96
1.791.036,83
74.073,82
4.705,94
132.634,24
274,51
1.780.820,62
232.920,23
9.759,41
74,17
12.058,52
64.983,86
28.906,37
1.397,38
4.214,16
535,46
954,98
80.893,53
11.656,55
32,99
18.367,40
4.889.778,99
PLV latte
5,9%
1,0%
-36,6%
-6,2%
26,1%
13,2%
-29,2%
83,6%
-3,0%
-7,4%
2,3%
5,2%
-5,4%
-3,2%
-2,2%
77,5%
5,6%
22,4%
12,0%
31,6%
43,2%
45,2%
2,7%
81,9%
-49,7%
38,2%
n.d.
-1,5%
-21,2%
-16,5%
15,9%
5,5%
74,88 2,9%
0,88 -18,0%
2,15 -36,6%
3,66 -6,2%
0,43 8,1%
1,91 13,2%
0,80 -29,2%
2,52 34,5%
16,21 -3,0%
0,22 -7,4%
122,07 -1,9%
605,91 4,6%
27,41 0,0%
1,58 -27,9%
232,11 42,6%
0,17 77,5%
801,37 0,7%
146,74 13,4%
5,86 34,4%
0,05 26,3%
9,04 37,7%
23,39 46,0%
10,12 2,7%
0,48 84,0%
2,62 -31,4%
0,30 -2,9%
0,34 n.d.
28,31 -1,5%
4,31 -21,2%
0,01 -16,5%
7,07 23,9%
2.132,93 6,3%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo e Consorzi di Tutela.
Nel 2004, la PLV del latte impiegato nella produzione dei formaggi DOP si è
attestata intorno ai 2,1 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 6% rispetto
all’anno precedente.
La crescita registrata è riconducibile all’aumento delle quantità di latte impiegato (+5,5%) sostenuta, in alcuni casi anche dall’incremento dei prezzi
unitari del latte.
Scendendo nel dettaglio, l’81,1% della PLV del latte è rappresentato dai
47
formaggi a base di latte vaccino; a questi seguono, quelli a base di latte di bufala e di pecora, con un peso rispettivamente pari al 10,9% e al 7,7%.
La produzione a marchio DOP, nel 2004, è stata di 415.708 tonnellate, con un
incremento del 5,2% rispetto all’anno precedente.
L’incremento registrato, seppure significativo, è insieme a quello evidenziatosi
per i prodotti a base di carne (+5,2%) il più esiguo rispetto agli altri comparti a
marchio DOP e IGP. Tale andamento, più basso rispetto a quello evidenziato negli
anni precedenti, non mette comunque in discussione il peso consolidato del comparto dei formaggi nell’ambito delle produzioni di qualità.
Tabella 3.5 - I quantitativi certificati dei principali formaggi DOP nel 2004 e confronto
con il 2003 (dati in tonnellate)
Denominazione
Quantità totale certificata
2004
2003
127.839,89
121.551,0
114.891,65
108.828,5
43.654,02
42.661,7
38.183,64
31.206,2
27.632,13
28.250,8
19.577,53
19.770,3
9.539,33
9.682,8
7.821,95
8.267,8
6.236,46
4.295,8
Grana Padano
Parmigiano Reggiano
Gorgonzola
Pecorino Romano
Mozzarella di Bufala Campana
Asiago (pressato)
Taleggio
Montasio
Provolone Valpadana
Var. % 04/03
5,2%
5,6%
2,3%
22,4%
-2,2%
-1,0%
-1,5%
-5,4%
45,2%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
Figura 3.12 - L’incidenza produttiva dei più importanti formaggi DOP sull’intero comparto nel 2004
(dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
30,8%
27,6%
15,3%
10,5%
Grana
Padano
Parmigiano Gorgonzola
Reggiano
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo.
48
9,2%
Pecorino
Romano
6,6%
Mozzarella
di Bufala
Campana
Restanti
26 DOP
L’analisi dei quantitativi certificati evidenzia una forte concentrazione della
produzione. Quasi l’85% della produzione certificata è, infatti, rappresentata da 5
formaggi: Grana Padano (30,8%), Parmigiano Reggiano (27,6%), Gorgonzola
(10,5%), Pecorino Romano (9,2%) e Mozzarella di Bufala Campana (6,6%).
Complessivamente, la crescita della produzione certificata è in larga misura
legata agli incrementi delle DOP Parmigiano Reggiano (5,6%), Grano Padano
(5,2%), Pecorino Romano (22,4%), i quali concentrano il 78,1% della produzione
complessiva di formaggi DOP. Di contro, la Mozzarella di Bufala Campana ha subito una contrazione del 2,2% rispetto al 2003.
Figura 3.13 - I quantitativi certificati dei principali formaggi DOP nel 2004
(dati in migliaia di tonnellate)
Pecorino Sardo
1,6
Pecorino Toscano
2,1
Quartirolo Lombardo
3,5
6,2
Provolone Valpadana
38,2
Pecorino Romano
43,7
Gorgonzola
114,9
Parmigiano Reggiano
127,8
Grana Padano
0
20
40
60
80
100
120
140
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo.
Figura 3.14 - Le variazioni della produzione certificata dei principali formaggi DOP
nel 2004 rispetto al 2003
25
+22,4%
20
15
10
+5,6%
5
+5,2%
0
Grana
Padano
Parmigiano
Reggiano
Pecorino
Romano
Mozzarella di
Bufala
Campana
-2,2%
-0,5
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Organismi di Controllo.
49
Tabella 3.6 - I fatturati dei principali formaggi DOP nel 2004 e confronto con il 2003
(dati milioni di euro)
Denominazione
Parmigiano Reggiano
Grana Padano
Mozzarella di Bufala Campana
Pecorino Romano
Gorgonzola
Asiago
Montasio
Taleggio
Fontina
Provolone Valpadana
Asiago
Pecorino Toscano
Quartirolo Lombardo
Valtellina Casera
Pecorino Sardo
Caciocavallo silano
2004
1.054,7
772,2
209,7
179,8
156,3
91,8
48,7
40,6
29,7
28,8
15,9
15,6
14,4
12,6
10,8
6,6
Fatturati all'Azienda
2003 Var. %04/03
1.044,8
1,0%
773,1
-0,1%
199,5
5,2%
169,4
6,1%
155,7
0,4%
81,7
12,5%
52,5
-7,3%
40,3
0,9%
30,3
-1,9%
20,5
40,6%
19,4
-17,7%
12,1
28,5%
13,6
5,8%
9,2
0,37
10,7
1,3%
7,6
-13,0%
2004
1.499,3
1.154,4
278,0
328,0
378,9
138,6
59,0
79,7
25,7
48,0
18,8
35,3
28,4
17,4
17,2
8,1
Fatturati al Consumo
2003 Var. %04/03
1.425,7
5,2%
1.118,3
3,2%
281,9
-1,4%
279,9
17,2%
371,2
2,1%
138,8
-0,1%
61,8
-4,5%
80,2
-0,5%
26,5
-2,9%
45,4
5,6%
25,0
-24,8%
15,3
130,3%
27,4
3,8%
20,9
-16,6%
15,4
12,0%
10,8
-25,0%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Il controvalore alla produzione dei formaggi DOP si attesta sui 2,7 miliardi di
euro, mentre quello al consumo raggiunge i 4,2 miliardi di euro. Per tali valori si
rileva un incremento, rispetto all’anno precedente rispettivamente dell’1,7% e del
4,2%.
Le prime 5 DOP per produzione certificata rappresentano inoltre l’87,5% del
fatturato al consumo, confermando la forte concentrazione che caratterizza il
comparto.
A livello territoriale, l’analisi della ripartizione regionale del fatturato alla produzione, evidenzia il peso che assumono l’Emilia Romagna e la Lombardia rispetto alle altre regioni: insieme sommano infatti il 67,6% del fatturato dei formaggi DOP.
L’analisi del potenziale produttivo dichiarato da 17 Consorzi di Tutela su 3227,
rappresentativi del 51,3% dell’intera produzione certificata, evidenzia che alcune
produzioni, a fronte dei quantitativi certificati, presentano tuttavia un notevole ulteriore quantitativo potenzialmente certificabile.
In particolare, mostrano un potenziale produttivo “importante” il Pecorino
Sardo, l’Asiago, il Canestrato Pugliese, il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana
e il Valle d’Aosta Fromadzo.
Diversamente per 8 produzioni (Bitto, Bra, Fiore Sardo, Gorgonzola, Grana,
50
Figura 3.15 - Formaggi DOP: ripartizione regionale del fatturato alla produzione
nel 2004 (dati in %)
29,7%
4,2%
2,5%
4,5%
Altre
regioni
5,4%
Lazio
7,0%
Piemonte
Veneto
Lombardia
Emilia
Romagna
8,8%
Campania
37,9%
Sardegna
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Quartirolo Lombardo, Taleggio e Toma Piemontese), si rileva che tutta la produzione potenzialmente ottenibile è attualmente certificata.
3.5 I prodotti a base di carne
Nel corso del 2004 alle DOP e IGP esistenti si sono aggiunte le IGP “Lardo di
Colonnata” e “Salame d’oca di Mortara”, per un totale di 28 denominazioni registrate.
Figura 3.16 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di denominazioni
dei prodotti a base di carne DOP e IGP negli anni 2001 - 2004
(dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
25
25
28
26
30
25
20
159,9
149,3
180,8
172,2
15
10
5
2001
2002
Produzione certificata
2003
2004
0
Denominazioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue.
51
Tabella 3.7 - I quantitativi certificati dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP
nel 2004 (dati in tonnellate)
Denominazione
Quantità totale certificata
2004
2003
90.051,9
87.899,9
30.088,0
29.922,5
23.004,6
22.070,1
13.129,3
10.401,9
9.998,3
10.535,2
2.750,7
2.370,0
2620,02
2384,197
1.998,4
1.566,0
1.642,6
1.580,4
Prosciutto di Parma
Mortadella Bologna
Prosciutto di San Daniele
Bresaola della Valtellina
Speck dell'Alto Adige
Cotechino Modena
Zampone Modena
Prosciutto Toscano
Prosciutto di Modena
Var. % 04/03
2,4%
0,6%
4,2%
26,2%
-5,1%
16,1%
9,9%
27,6%
3,9%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
Tale comparto negli ultimi tre anni è stato interessato da una considerevole
crescita della produzione certificata, passata dalle 142.892 tonnellate del 2001 alle
180.848 del 2004 ed evidenziando un tasso di crescita medio annuo dell’8,2%.
Beneficiando di tali quantitativi, quello dei prodotti a base di carne si conferma il secondo comparto a marchio DOP e IGP, preceduto solo da quello dei formaggi.
Il 49,8% della produzione certificata è rappresentato dal solo Prosciutto di
Parma (90.052 tonnellate), mentre il 42,1% è costituito da 4 DOP e IGP: Mortadella Bologna (30.088 tonnellate), Prosciutto San Daniele (23.055 tonnellate),
Bresaola della Valtellina (13.129 tonnellate) e Speck dell’Alto Adige (9.998 tonnellate).
Figura 3.17 - L’incidenza sul totale dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004
(dati in % della produzione certificata)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
49,8%
16,6%
Prosciutto
di Parma
Mortadella
Bologna
12,7%
Prosciutto di
San Daniele
7,3%
Bresaola
della
Valtellina
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
52
5,5%
Speck
dell'Alto Adige
8,1%
Restanti
prodotti
a base di carne
Rispetto al 2003, la Bresaola della Valtellina evidenzia il maggior incremento
produttivo, pari al 26,2%. Apprezzabile anche la crescita registrata dal Prosciutto
San Daniele (+4,2%) e del Prosciutto di Parma (+2,4%).
Diversamente, per lo Speck dell’Alto Adige si rileva una contrazione dei
quantitativi certificati del 5,1%.
Con riferimento al valore della produzione lorda vendibile della carne suina
utilizzata per ottenere sette prosciutti a marchio DOP, si rileva che nel 2004 tale
valore ha superato gli 1,2 miliardi di euro, con una crescita del 2% rispetto all’anno precedente e un’incidenza del 2,4% sul valore della produzione ai prezzi di base dell’agricoltura (comprese silvicoltura e pesca).
All’incremento di valore è corrisposto un aumento dei quantitativi certificati:
Figura 3.18 - I quantitativi certificati dei principali prodotti a base di carne DOPe IGPnel 2004
(dati in migliaia di tonnellate)
Speck
dell'Alto Adige
10,0
Bresaola
della Valtellina
13,1
Prosciutto di
San Daniele
23,0
30,09
Mortadella
Bologna
90,01
Prosciutto
di Parma
0
10
20
30
40
50
%
60
70
80
90
100
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
Figura 3.19 - Le variazioni della produzione certificata dei principali prodotti a base
di carne DOP e IGP rispetto al 2003 (dati in %)
+26,2
+4,2
+2,4
Speck
dell'Alto
Adige
Prosciutto di
Parma
Prosciuttodi
San Daniele
-5,1
Bresaola
della
Valtellina
30
25
20
15
% 10
5
0
-5
-10
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
53
Tabella 3.8 - PLV della carne suina destinata alla produzione dei prodotti a base
di carne DOP e IGP nel 2004
numero cosce certificato
numero suini
Prezzo medio del suino per kg (Euro)
prezzo medio del suino (160 kg) (Euro)
PLV (Milioni di Euro)
2000
11.342.117,0
5.671.058,5
1,2
199,1
1.128,8
2001
11.448.253,0
5.724.126,5
1,5
245,5
1.405,4
2002
11.283.526,0
5.641.763,0
1,2
199,7
1.126,8
2003
11.842.401,0
5.921.200,5
1,3
201,1
1.190,9
2004
12.252.493,0
6.126.246,5
1,2
198,3
1.214,9
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
la produzione di carne destinata alla DOP ha coinvolto 6,1 milioni di suini, con un
aumento di 205.000 capi rispetto all’anno precedente.
La produzione dei prosciutti e dei salumi a marchio DOP e IGP si basa sul circuito del suino pesante. Un maggiore impulso all’intero comparto dovrebbe derivare inoltre dal riconoscimento comunitario del Gran suino padano che già a livello nazionale ha ricevuto la protezione transitoria come DOP.
L’obiettivo del riconoscimento di tale denominazione è duplice: da un lato
abbattere il prezzo di vendita della coscia e dall’altro valorizzare l’intera carcassa.
Ad oggi, infatti, è la coscia l’elemento che maggiormente valorizza l’intera
carcassa.
La nuova DOP, inoltre, potrà rappresentare un plus anche per gli altri salumi
che non si fregiano del marchio comunitario ma che utilizzano come materia prima i tagli del Gran suino padano.
Nel 2004, gli allevamenti riconosciuti ai fini della produzione DOP sono risultati pari a 5.332, a cui se ne aggiungono 28 relativi alla produzione di materia prima destinata all’ottenimento delle quattro DOP calabresi (Capocollo, Pancetta,
Salsiccia e Soppressata). Inoltre, la produzione di prodotti a base di carne DOP e
IGP è certificata da 671 aziende tra trasformatori, stagionatori e confezionatori; è
da sottolineare inoltre che il 91,9% della produzione proviene da 312 imprese che
rappresentano il 46,5% del totale.
Quanto al giro d’affari delle carni trasformate DOP e IGP, il fatturato alla
produzione ha raggiunto nel 2004 gli 1,5 miliardi di euro (+4,5% rispetto al
2003) e quello al consumo supera i 3,2 miliardi di euro, evidenziando una crescita del 4%.
Analogamente a quanto sottolineato per il comparto dei formaggi, anche in tale comparto si rileva una forte concentrazione territoriale, sia produttiva (come
appena visto) che economica.
Il 92,8% del fatturato alla produzione e il 93,1% di quello al consumo sono infatti riconducibili alle prime 5 DOP e IGP che rappresentano anche il 91,9% delle
quantità certificate.
54
Tabella 3.9 - I fatturati dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 e confronto
con il 2003 (dati in milioni di euro)
Denominazione
Prosciutto di Parma
Prosciutto di San Daniele
Bresaola della Valtellina
Mortadella Bologna
Speck dell'Alto Adige
Cotechino Modena
Prosciutto Toscano
Prosciutto di Modena
Zampone Modena
Salamini italiani alla cacciatora
Prosciutto di Norcia
Culatello di Zibello
Prosciutto di Carpegna
2004
797,9
230,0
170,7
150,4
80,0
16,9
15,0
11,5
11,3
10,1
8,3
7,8
6,7
Fatturato all'Azienda
2003
Var. %04/03
773,5
3,1%
242,8
-5,2%
135,2
26,2%
149,6
0,6%
84,3
-5,1%
13,6
23,8%
12,2
22,7%
13,0
-11,8%
13,7
-17,6%
0,0
11,9
-30,6%
5,6
39,6%
0,0
-
2004
1.776,7
481,7
315,1
204,3
219,5
22,0
40,0
32,9
19,7
18,6
21,6
9,9
10,2
Fatturato al Consumo
2003
Var. %04/03
1.743,9
1,9%
462,6
4,1%
249,6
26,2%
269,3
-24,1%
219,6
0,0%
17,8
23,8%
19,6
104,2%
31,6
3,9%
23,8
-17,6%
0,0
14,3
51,1%
8,9
11,6%
0,0
-
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
A livello territoriale, la prima prima regione per fatturato alla produzione è
l’Emilia Romagna, che concentra il 62,6% del giro d’affari dell’intero comparto;
seguono il Friuli Venezia Giulia (14,9%) e la Lombardia (13,5%).
Figura 3.20 - Prodotti a base di carne DOP e IGP: ripartizione regionale del fatturato
alla produzione nel 2004 (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
62,6%
14,9%
Emilia
Romagna
Friuli
Venezia
Giulia
13,5%
Lombardia
5,2%
3,7%
Trentino
Alto Adige
Altre
regioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
Significativi anche i dati sui quantitativi potenzialmente certificabili dichiarati
da 11 Consorzi su 28, rappresentativi del 73% della produzione certificata dell’intero comparto.
In particolare, si rileva che per produzioni “storiche” quali Bresaola della Valtellina, Prosciutto San Daniele, Prosciutto Toscano, quasi tutta la produzione è
55
certificata. Di contro, tra le produzioni di “nicchia” mostra un elevato potenziale
produttivo il Prosciutto di Norcia che attualmente conta una produzione certificata
pari a 998 tonnellate.
3.6 Gli ortofrutticoli e i cereali
Il comparto dell’ortofrutta e dei cereali è quello che presenta il maggior numero di denominazioni registrate.
Nel corso del 2004, alle 39 denominazioni registrate si sono aggiunti 3 nuovi
prodotti: due IGP (Carciofo di Paestum e Kiwi di Latina) e una DOP (Farina di
Neccio della Garfagnana).
Figura 3.21 - Evoluzione del numero di denominazioni e della produzione certificata
dei prodotti ortofrutticoli e dei cereali DOP e IGP negli anni 2001 - 2004
(dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)
140
120
100
80
42
39
28
32
134,4
60
40
20
0
11,7
13,0
12,1
2001
2002
2003
Produzione certificata
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
2004
Denominazioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e MIPAAF.
Rispetto agli anni precedenti si rileva una crescita produttiva molto forte, essendo i quantitativi certificati passati dalle circa 12 mila tonnellate del 2003 alle
attuali 134.427 (+1006,8%), che collocano il comparto dopo quello dei formaggi
e dei prodotti a base di carne.
Il notevole incremento, come già sottolineato, è relativo in particolare alla
certificazione di rilevanti quantitativi della DOP Mela Val di Non: al primo
anno di certificazione, con 110.209 tonnellate, essa rappresenta l’82% dell’intera produzione certificata.
A tale denominazione seguono la Nocciola del Piemonte e il Pomodoro San
Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, rappresentativi del 6,9% e del 3,6% del totale.
Il trend positivo evidenziatosi in tale comparto, sembrerebbe lasciare intendere
un superamento di quelle difficoltà28 che ostacolavano l’affermarsi, sul mercato
56
Tabella 3.10 - I quantitativi certificati dei principali prodotti ortofrutticoli DOP e IGP
nel 2004 (dati in tonnellate)
Denominazione
Mela Val di Non
Nocciola del Piemonte
Pomodoro di San Marzano
dell'Agro Sarnese Nocerino
Arancia Rossa di Sicilia
Limone di Sorrento
Nettarina di Romagna
Pesca di Romagna
Pera dell'Emilia Romagna
Limone Costa d'Amalfi
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
2004
110.208,9
9.332,8
4.862,7
Quantità totale certificata
2003
Var. % 04/03
3.624,8
157,5%
1.461,0
232,8%
2.008,1
1.843,4
1.803,3
1.341,0
1.136,2
339,9
268,1
1.646,4
795,2
826,6
432,6
2.213,0
171,5
228,8
22,0%
131,8%
-100,0%
210,0%
-48,7%
98,2%
17,2%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
Figura 3.22 - L’incidenza delle maggiori produzioni di ortofrutticoli e cereali DOP
e IGP sul totale ortofrutta a marchio di origine nel 2004 (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
82,0%
6,9%
Mela
Val di Non
Nocciola del
Piemonte
3,6%
Pomodoro
di San Marzano
dell'Agro Sarnese Nocerino
7,5%
Restanti
prodotti
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
delle DOP e IGP, di uno dei settori più importanti dell’agricoltura italiana; tale risultato potrebbe quindi segnare l’inizio dell’affermarsi delle grandi potenzialità
del settore.
Tuttavia, i prodotti che segnano gli incrementi che hanno contribuito alla forte
crescita del 2004 sono ancora pochi, mentre per molti permangono le difficoltà che
ostacolano l’effettiva immissione sul mercato di adeguati quantitativi certificati.
Alla crescita della produzione certificata ha contribuito anche l’incremento del
233% registrato dal Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (4.863
57
Figura 3.23 - I quantitativi certificati delle principali produzioni ortofrutticole DOP e IGP nel 2004
(dati in tonnellate)
Arancia Rossa
di Sicilia
2.008
Pomodoro di San
Marzano dell'Agro
Sarnese Nocerino
4.863
Nocciola del
Piemonte
9.333
Mela Val
di Non
110.209
0
20
40
60
80
100
120
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
Figura 3.24 - Le variazioni della produzione certificata dei principali prodotti
ortofrutticoli e cereali DOP e IGP rispetto al 2003 (dati in %)
Arancia Rossa
di Sicilia
22,0%
Limone di
Sorrento
131,8%
Nocciola del
Piemonte
Pomodoro
di San Marzano
dell'Agro
Sarnese Nocerino
157,5%
232,8%
0
0,5
1
%
1,5
2
2,5
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
tonnellate) e quello del 157% della Nocciola del Piemonte (9.333 tonnellate).
Inoltre, si evidenzia che le potenzialità di sviluppo, rispetto ai quantitativi effettivamente certificati, sono state in parte sfruttate anche da alcune DOP e IGP
“minori”. È il caso dell’Arancia Rossa di Sicilia, la cui produzione è cresciuta del
22% (2.008 tonnellate) e il Limone di Sorrento che registra un + 131,8% (1.843
tonnellate).
58
Tabella 3.11 - Il valore della produzione dei principali prodotti ortofrutticoli DOP e IGP nel 2004
e confronto con il 2003 (dati in milioni di euro e %)
Denominazione
Mela Val di Non
Nocciola del Piemonte
Limone di Sorrento
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Pesca e Nettarina di Romagna
(sottotipologia nettarina)
Pomodoro di San Marzano dell'Agro
Sarnese Nocerino
Radicchio Rosso di Treviso (tardivo)
Pesca e Nettarina di Romagna
(sottotipologia pesca)
Pera dell'Emilia Romagna
Arancia Rossa di Sicilia
Marrone di Castel del Rio
2004
83,8
19,1
1,8
1,3
1,0
Fatturato Azienda
2003
Var. %04/03
6,8
180,6%
1,0
77,9%
1,4
-1,4%
0,9
17,8%
2004
132,3
3,3
2,7
2,5
Fatturato al Consumo
2003
Var. %04/03
1,7
97,2%
2,2
19,6%
1,5
63,4%
0,9
0,4
134,2%
1,9
1,2
66,4%
0,7
0,6
0,1
0,3
387,2%
67,4%
1,1
1,9
0,2
0,8
375,2%
132,2%
0,6
0,5
0,5
1,2
0,5
0,5
-52,8%
7,3%
-11,9%
2,0
1,9
0,7
4,1
1,6
1,2
-52,8%
18,4%
-44,7%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Riguardo al giro d’affari del comparto, il valore alla produzione dei prodotti
ortofrutticoli DOP e IGP ha raggiunto i 112,9 milioni di euro, mentre quello al
consumo è pari a 188,1 milioni di euro.
In testa alla graduatoria dei fatturati vi è la Mela Val di Non, con un’incidenza
sul fatturato al consumo pari al 70,3%. Segue a larga distanza la Nocciola del Piemonte, con una quota pari al 18%.
Alla concentrazione economica corrisponde anche un’elevata concentrazione
Figura 3.25 - Ortofrutticoli e cereali DOP e IGP: ripartizione regionale del fatturato
alla produzione (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
74,1%
16,9%
Trentino
Alto Adige
Piemonte
2,8%
2,5%
Campania
Emilia
Romagna
3,6%
Altre
regioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
59
territoriale: il 74,1% del fatturato alla produzione è infatti attribuibile al Trentino
Alto Adige.
Le ulteriori potenzialità produttive di tale comparto sono, inoltre, confermate
dai dati relativi alle quantità potenzialmente certificabili relativi a 22 su 42 Consorzi, rappresentativi di circa l’86,8% dell’intera produzione ortofrutticola certificata.
Diversi, infatti, i prodotti con un elevato potenziale produttivo: tra questi spicca la Castagna di Montella, la cui produzione potrebbe svilupparsi per ulteriori 9
mila tonnellate rispetto alle 60 tonnellate attualmente certificate.
Al contrario, 7 denominazioni (Ciliegia di Marostica, Fagiolo di Lamon dell’Alta Vallata Bellunese, Lenticchia di Castelluccio di Norcia, Marrone di Castel
del Rio, Pera Mantovana, Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino e
Radicchio rosso di Treviso), dichiarano di certificare pressoché tutta la produzione ottenibile.
3.7 I grassi e gli oli di oliva
Il comparto dei grassi e degli oli di oliva, benché conti complessivamente 35
denominazioni registrate (5 in più rispetto al 2003), rappresenta ancora una realtà
di nicchia sul piano della produzione certificata.
Tra le varie cause che ostacolano l’affermarsi delle piene potenzialità dell’olio
di qualità, accanto alla frammentazione della filiera, un ruolo importante è anche
svolto dalla concorrenza di prodotti esteri, spesso di qualità minore e offerti ad un
prezzo più basso o notevolmente più contenuto.
La disaggregazione della filiera dipende dalla forte polverizzazione che contraddistingue la realtà produttiva: si tratta infatti di piccole e piccolissime aziende
che solitamente, sul mercato locale, effettuano vendita diretta dell’olio sfuso, dopo aver accantonanto quello per autoconsumo.
Questi fenomeni si verificano soprattutto nel Sud Italia, che presenta grandi
potenzialità ma che allo stato attuale è di fatto marginalmente presente sul mercato dell’olio certificato.
Con una produzione pari a 5.040 tonnellate (+17,3%), tale comparto continua
nel 2004 ad avere un peso marginale sul settore agroalimentare di qualità: rappresenta infatti appena lo 0,7% dell’intera produzione DOP e IGP.
Il relativo fatturato franco azienda si attesta sui 5,2 milioni di euro, pari al
10,2% del giro d’affari alla produzione dell’intero comparto degli oli.
La denominazione più importante è il Toscano, la cui produzione certificata è
pari a 1.571 tonnellate, pari al 31,4% del totale.
A questa seguono le DOP Terra di Bari con 942 tonnellate (18,8%) e Umbria
con 557 tonnellate (11,1%).
Il Terra di Bari è inoltre la DOP che rileva la maggiore crescita produttiva
60
Figura 3.26 - Evoluzione della produzione certificata e del numero di denominazioni
dei grassi e degli oli di oliva DOP e IGP negli anni 2001 - 2004
(dati in migliaia di tonnellate e n° denominazioni)
6
35
5
30
4
25
3
3,8
2
4,9
5,0
25
20
15
10
1
0
35
30
25
4,3
40
5
2001
2002
2003
Produzione certificata
2004
0
Denominazioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Ue.
(+281,7%) rispetto all’anno precedente. Tuttavia, nel corso del 2003 la denominazione ha cambiato l’Organismo di controllo, e quindi i dati a disposizione
si riferiscono alla produzione certificata nel solo periodo luglio-dicembre
Tabella 3.12 - I quantitativi certificati dei principali oli di oliva DOP e IGP nel 2004
(dati in tonnellate)
Denominazione
Toscano
Terra di Bari
Umbria
Riviera Ligure
Valli Trapanesi
Garda
Dauno
Canino
Monti Iblei
Sabina
Bruzio
Chianti Classico
Val di Mazara
Aprutino Pescarese
2004
1.571,2
942,1
557,0
411,2
163,2
149,7
146,9
141,7
133,4
128,9
107,2
105,1
103,1
83,5
Quantità totale certificata
2003
Var. % 04/03
1.797,4
-13%
246,8
282%
585,5
-5%
615,8
-33%
141,9
5%
111,5
32%
82,4
72%
29,0
359%
83,8
54%
19,6
447%
105,4
0%
65,6
57%
33,9
146%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
61
Figura 3.27 - L’incidenza delle principali produzioni di oli d’oliva DOP e IGP
sull’intero comparto degli oli a marchio di origine (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
31,2%
30,9%
18,7%
Toscano
11,1%
Terra
di Bari
8,2%
Umbria
Riviera
Ligure
Restanti
prodotti
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
Figura 3.28 - I quantitativi certificati dei principali oli d’oliva DOP e IGP nel 2004
(dati in tonnellate)
Riviera Ligure
411,2
557,0
Umbria
942,1
Terra di Bari
1.571,2
Toscano
0
200
400
600
800
1.000
1.200 1400
1.600
1.800
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo.
2003; di qui il forte incremento.
Al contrario, mostrano una contrazione produttiva rispetto al 2003 il Toscano
e l’Umbria, rispettivamente del 12,6% e 4,9%.
Il valore del fatturato alla produzione del comparto è pari a 50,8 milioni di euro, mentre quello al consumo a 63,6 milioni di euro. Tali fatturati presentano, rispetto all’anno precedente, un incremento rispettivamente pari al 14,8% e al
10,0%.
La ripartizione regionale del fatturato alla produzione evidenzia il ruolo di capofila della Toscana, le cui produzioni oleicole rappresentano ben il 50,2% del
fatturato totale.
62
Tabella 3.13 - Il valore della produzione dei principali oli di oliva DOP e IGP nel 2004
(dati in milioni di euro)
Denominazione
2004
23,4
5,5
4,5
3,7
2,4
1,9
1,3
1,1
0,9
0,9
0,8
0,8
0,6
0,6
0,5
0,3
0,3
Toscano
Riviera Ligure
Umbria
Terra di Bari
Garda
Chianti Classico
Canino
Valli Trapanesi
Monti Iblei
Sabina
Bruzio
Colline Teatine
Aprutino Pescarese
Dauno
Val di Mazara
Collina di Brindisi
Terra d'Otranto
Fatturato all’Azienda
2003
Var. %04/03
23,5
-0,6%
4,6
19,4%
5,4
-17,5%
1,1
229,5%
1,8
30,0%
1,1
71,9%
0,9
46,8%
0,4
184,0%
0,2
381,1%
0,7
30,4%
0,1
513,0%
0,5
41,4%
0,2
175,7%
0,4
56,6%
1,0
-43,4%
0,1
144,1%
0,6
-51,8%
2004
23,4
7,1
7,2
6,4
3,1
2,3
1,5
1,2
1,9
1,2
1,2
0,8
0,7
1,5
0,9
0,6
0,4
Fatturato al Consumo
2003
Var. %04/03
23,5
-0,6%
11,1
-35,8%
7,4
-1,4%
1,3
412,5%
2,8
9,3%
2,3
-2,0%
0,9
80,2%
0,5
116,1%
0,5
255,7%
0,7
59,4%
0,2
467,0%
0,6
38,7%
0,3
155,0%
0,9
75,7%
1,0
-10,0%
0,3
115,3%
0,6
-38,4%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Seguono la Liguria (10,8%), la Puglia (9,6%) e l’Umbria (8,8%).
Risultano interessanti, inoltre, i dati relativi al potenziale produttivo forniti da
14 Consorzi e rappresentativi del 17% dell’intera produzione di olio certificata.
Figura 3.29 - Grassi e oli di oliva DOP e IGP: ripartizione regionale del fatturato
alla produzione (in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
50,2%
10,8%
Toscana Liguria
9,6%
Puglia
8,8%
Umbria
5,2%
4,9%
4,2%
Sicilia Lombardia Lazio
6,2%
Altre
regioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
63
Nel dettaglio, presentano un potenziale produttivo elevato le denominazioni
Canino e Colline Teatine, mentre più contenuto risulta per le DOP Laghi Lombardi e Dauno.
Viceversa, per l’olio Terre di Siena il potenziale produttivo è pari all’1% in più
rispetto a quello attualmente certificato (pari a 14,5 tonnellate).
3.8 Le carni fresche
Il comparto delle carni fresche presenta due denominazioni registrate, il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale e l’Agnello di Sardegna.
Per quest’ultimo nel 2004 non è stata certificata alcuna produzione.
Al contrario, per il Vitellone bianco dell’Appennino Centrale, si rileva una
produzione certificata pari a circa 5.416 tonnellate e un incremento del 27%, rispetto al dato 2003.
Tabella 3.14 - I quantitativi certificati e il valore della produzione del Vitellone bianco
dell’Appennino Centrale IGP nel 2004 (dati in tonnellate, milioni di euro)
Quantità totale certificata (tonnellate)
Fatturato all'Azienda
Fatturato al Consumo
2004
5.416,7
29,8
78,9
2003
4.264,0
24,2
54,0
Var. % 04/03
27,0%
23,0%
46,1%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo, dei Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
Il Vitellone bianco dell’Appennino Centrale presentava, nel 2004, un fatturato
alla produzione pari a 29,8 milioni di euro ed uno al consumo di 78,9 milioni di
euro. Rispetto all’anno precedente, si evidenzia una crescita rispettivamente pari
al 23% e al 46,1%.
Inoltre, il Consorzio di Tutela evidenzia che la produzione potenzialmente certificabile è pari ad un ulteriore 145% in più di quella attuale.
3.9 Gli altri prodotti italiani riconosciuti
Accanto alle denominazioni finora analizzate, il paniere agroalimentare tutelato conta ulteriori 7 prodotti29 appartenenti a diverse categorie: prodotti della panetteria, della pasticceria, della confetteria e della biscotteria, aceti diversi dagli
aceti di vino30, oli essenziali e altri prodotti di origine animale.
Nel 2004, l’Aceto balsamico tradizionale di Modena ha certificato 9.801
litri, con un incremento del 165,7% rispetto all’anno precedente. Inoltre, si rileva che tale denominazione presenta un forte potenziale produttivo rispetto
64
alla produzione certificata ad oggi.
A tale produzione è corrisposto un fatturato alla produzione pari a 3,5 milioni
di euro, mentre quello al consumo si attesta sui 7,4 milioni di euro.
22) Le fonti utilizzate per il presente capitolo della pubblicazione si riferiscono a:
- per le quantità prodotte: Organismi di controllo autorizzati e Autorità designate. Per gli anni antecedenti alla loro autorizzazione (1998-2000), ai Consorzi di Tutela incaricati;
- per i prezzi: rete di rilevazione Ismea e Ismea/AC-Nielsen. Per quelli non rilevati direttamente da Ismea: dichiarazioni fornite dagli Organismi di riferimento; ove tali Organismi non
sono presenti i prezzi sono stati forniti da Coldiretti e in mancanza ottenuti da stime Ismea.
23) Ultimo anno oggetto d’indagine.
24) Tale valore non considera il fatturato alla produzione registrato dal comparto degli oli di
oliva, in quanto non disponibile, come anche quello di altri comparti come le carni fresche,
quello del miele e dei prodotti della panetteria.
25) L’analisi della ripartizione territoriale si riferisce ai quantitativi certificati dei formaggi,
dei prodotti a base di carne, dei grassi e oli, degli ortofrutticoli e cereali e delle carni fresche.
Ai fini dell’analisi per territorio geografico si è considerato l’areale nel quale è possibile ottenere/elaborare il prodotto finito certificato come previsto dal disciplinare di produzione.
26) I prodotti con areale di produzione multiregionale sono i seguenti: Asiago, Caciocavallo
Silano, Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana, Montasio, Parmigiano
Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Garda, Cotechino di Modena, Mortadella Bologna, Salamini italiani alla Cacciatora, Zampone di Modena e Vitellone bianco dell’Appennino Centrale.
27) Nel questionario somministrato ai Consorzi di tutela è stato richiesto agli stessi di indicare la percentuale di produzione che è potenzialmente certificabile, oltre a quella certificata,
ma che per motivi economici, amministrativi, ecc. non è stata sottoposta al controllo per la
certificazione.
28) Cfr “I prodotti agroalimentari protetti in Italia”, dicembre 2005, Ismea.
29) Vedi § 2.2
30) L’organismo di controllo dell’Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia non ha fornito il dato relativo alla produzione certificata nel 2004.
31) La produzione destinata al mercato nazionale è stata determinata applicando, ai quantitativi.
65
4. Il mercato nazionale, l’export e i canali distributivi
4.1 Il mercato nazionale dei prodotti DOP e IGP
4.1.1 Aspetti generali
L
a produzione certificata destinata al mercato nazionale31 sfiora le 600 mila
tonnellate, con un’incidenza sul totale pari all’80,9%. Tale stima è stata determinata a partire dai dati forniti da 94 Consorzi di tutela che rappresentano il
99,9% della produzione complessiva.
Tabella 4.1 - I quantitativi certificati di prodotti Dop e Igp destinati al mercato nazionale
nel 2004 (dati in tonnellate)
Comparto
Formaggi
Grassi e oli
Ortofrutta
Prodotti a base di carne
Carni fresche
Totale
Quantità certificata
destinata al
mercato nazionale
330.430,85
3.506,56
105.702,27
154.739,49
5.416,67
599.795,84
% incidenza su totale
mercato nazionale
55,1%
0,6%
17,6%
25,8%
0,9%
100,0%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e Consorzi di tutela.
A tali quantitativi, si aggiungono i 4 mila litri di Aceto balsamico tradizionale
di Modena.
L’80,9% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale è rappresentato dai comparti dei formaggi e dei prodotti a base di carne (rispettivamente
55,1% e il 25,8%). I prodotti ortofrutticoli rappresentano invece il 17,6% della
produzione certificata.
Il restante 1,5% della produzione è rappresentato dalle carni fresche (Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale con lo 0,9%) e dai grassi e gli oli di oliva
(0,6%).
Scendendo nel dettaglio, si nota che il comparto che riserva la percentuale
maggiore di produzione certificata al mercato nazionale è quello dei prodotti a base di carne: tale quota32 rappresenta l’85,6% della produzione del comparto complessiva e sfiora le 155 mila tonnellate.
In particolare, le percentuali di produzione destinata al mercato nazionale si
66
Figura 4.1 - I quantitativi certificati di prodotti DOP e IGP destinati al mercato
nazionale e all’export nel 2004 (dati in %)
Carni fresche
100,0%
Aceti diversi
dagli aceti
di vino
Prodotti a
base di carne
Ortofrutta
58,3%
41,7%
14,4%
85,5%
21,4%
78,6%
Grassi e oli
Formaggi
20,5%
79,5%
0
10
20
30
40
Mercato
nazionale
30,4%
69,6%
50
%
60
70
80
90
Export
100
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
collocano in un intervallo compreso tra il 70% e il 100%. Si rileva inoltre che la
quota di produzione destinata al mercato nazionale scende sotto la soglia del 90%
solo per le produzioni “maggiori”: Prosciutto di Parma (83%), il Prosciutto San
Daniele (82%) e lo Speck dell’Alto – Adige (70%).
Figura 4.2 - La quota di produzione certificata destinata al mercato nazionale
delle principali DOP e IGP nel 2004 (dati in %)
85,6%
79,5%
78,6%
Chianti
Classico
Toscano
Totale olio
Nocciola del
Piemonte
Mela Val di Non
Totale ortofrutta
Speck
dell'Alto-Adige
Prosciutto
di Parma
Prosciutto
San Daniele
Totale prodotti
a base di carne
Parmigiano
Reggiano
Grana Padano
69,6%
Totale formaggi
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
Al comparto dei prodotti a base di carne segue quello dei formaggi con 330
mila tonnellate33, pari al 79,5% della relativa produzione certificata. Nella totalità
dei casi infatti, eccezion fatta per il Pecorino Romano, la quota di produzione certificata, destinata al territorio nazionale, è largamente superiore a quella esportata.
67
Tale trend si riscontra anche per denominazioni storiche e rappresentative del
made in Italy all’estero: Grana Padano e Parmigiano Reggiano, destinano al mercato interno, rispettivamente il 77,8% e l’87,0% del totale.
Seguono ancora il comparto dei prodotti ortofrutticoli e quello degli oli, rispettivamente con il 78,6%34 e il 69,6%35 della produzione complessiva.
È interessante notare che tra i prodotti ortofrutticoli la Bella della Daunia è il
prodotto che destina la quota minore di produzione al mercato nazionale, appena
il 14%, mentre nel comparto degli oli, solo tre Consorzi si collocano su quantitativi inferiori al 50% della produzione complessiva.
La produzione certificata delle DOP e IGP destinata al mercato nazionale vanta un fatturato alla produzione superiore ai 3,7 miliardi di euro e un fatturato al
consumo pari ai 6,3 miliardi di euro.
Tabella 4.2 - I fatturati delle DOP e IGP sul mercato nazionale nel 2004
(dati in .000 di euro)
Comparto
Fatturato
all'Azienda
Formaggi
Grassi e oli
Ortofrutta
Prodotti a base di carne
Carni fresche
Aceti diversi dagli aceti di vino
Totale
2.210.068,95
30.369,46
90.872,72
1.312.954,79
29.791,67
1.450,06
3.675.507,65
% incidenza
sul fatturato
all'azienda totale
60,1%
0,8%
2,5%
35,7%
0,8%
0,0%
100,0%
Fatturato
al Consumo
3.343.047,83
41.449,61
152.273,15
2.719.187,35
78.935,98
3.083,21
6.337.977,13
% incidenza
sul fatturato
al consumo totale
52,75%
0,7%
2,4%
42,90%
1,2%
0,0%
100,0%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
Figura 4.3 - L’incidenza del fatturato alla produzione registrato sul mercato nazionale
rispetto a quello totale nel 2004 (dati in %)
100,0%
85,2%
81,4%
80,4%
59,8%
Aceti
diversi
dagli aceti
di vino
Grassi
e oli
Ortofrutta
Formaggi
Prodotti a
base di
carne
41,7%
Carni
fresche
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
68
Il 95,7% del fatturato al consumo relativo al mercato nazionale è riconducibile
ai comparti dei formaggi e dei prodotti a base di carne; tali comparti rappresentano, rispettivamente, il 60,1% e il 35,7% del fatturato totale alla produzione e il
52,7% e il 42,9% del fatturato al consumo.
4.2 I flussi di export
4.2.1 Introduzione
Nel 2004 l’industria alimentare nazionale ha esportato, secondo i dati Istat,
circa 18 milioni di tonnellate (-1,1% rispetto al 2003) a cui è corrisposto un fatturato di 15,7 milioni di euro, in crescita del 5,3% rispetto all’anno precedente.
La presenza dei prodotti alimentari italiani sui mercati esteri risulta largamente
inferiore alle potenzialità. Le principali cause alla base di questo sotto-dimensionamento vanno ricercate nell’eccessiva polverizzazione produttiva, nella scarsità
e frammentazione delle risorse economiche necessarie alle attività promozionali e
soprattutto nella limitata presenza e organizzazione della grande distribuzione italiana all’estero, diversamente dalla concorrenza comunitaria che dispone di una
filiera più organica.
Accanto a tali cause “strutturali”, si aggiunge anche il fenomeno dell’agropirateria internazionale che, secondo stime della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori), ogni anno provoca all’agricoltura italiana un danno stimato intorno ai 2,5
miliardi di euro.
Il più imitato tra i prodotti DOP e IGP è il Parmigiano Reggiano: il suo “falso”
lo troviamo in Argentina, in Brasile, in Giappone, ma anche in Germania e nel
Regno Unito.
Seguono il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Grana Padano, la
Mozzarella di bufala, l’Asiago e, negli ultimi tempi, il Gorgonzola. Il mercato dei
“falsi” è maggiore in Usa e Canada (70%) e minore nell’Unione Europea (5%).
Il danno economico diventa ancora più elevato se dalla pura contraffazione si
passa al cosiddetto “Italian sounding”, minaccia più complessa e più recente che
è costituita dall’utilizzo di nomi, immagini, forme che si richiamano alla tradizione alimentare del nostro Paese, confondendo il consumatore e spingendolo, indirettamente, all’acquisto di un prodotto “non originale”. Un business che, secondo
stime della Federalimentare, raggiunge i 52,6 miliardi di euro.
Ancora più preoccupante è il dato secondo cui tale fenomeno è maggiormente
diffuso sul territorio europeo: in Europa il fatturato relativo ai prodotti “Italian
sounding tocca i 25 miliardi di euro a fronte dei 21 del mercato degli USA e del
Canada e i 6,6 miliardi degli altri Paesi.
In tale contesto assume importanza la ripartizione dell’export tra i Paesi dell’UE e quelli extra UE.
In particolare, l’analisi condotta evidenzia che, anche per i prodotti agroali-
69
mentari di qualità, così come per gli altri settori, è in atto lo spostamento del baricentro commerciale italiano al di fuori dell’Europa. Tuttavia, se tale trend rappresenta un’opportunità per alcuni prodotti DOP e IGP, per le denominazioni caratterizzate da elevati volumi di produzioni è una scelta obbligata dettata dalla maturità dei principali mercati europei.
I dati analizzati mostrano che ben il 40% dei quantitativi esportati di prodotti
DOP e IGP raggiunge mercati non appartenti all’Unione Europea, con incidenze
superiori a tale media nel caso degli oli di oliva (il 56,7% dei quantitativi certificati esportati), dei formaggi (48,5%) e degli aceti diversi dagli aceti di vino
(42,9%).
Figura 4.4 - Le esportazioni dei prodotti DOP e IGP nei mercati UE ed extra UE nel 2004
(dati in % dei volumi)
Aceti
57,1%
Prodotti a
base di carne
Ortofrutta
42,9%
71,9%
28,1%
79,2%
Grassi e oli
20,8%
43,3%
Formaggi
56,7%
51,1%
0
10
20
48,5%
30
40
UE
50
%
60
70
80
90
100
Extra UE
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
Di contro, si evidenzia che i Paesi dell’Unione Europea sono le destinazioni
principali per gli ortofrutticoli (79,2%) e per i prodotti a base di carne (71,9%).
Nel dettaglio, si rileva che i Paesi extra UE più importanti sono rappresentati
da Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia e Svizzera. Tra le principali “destinazioni“dell’area euro predominano invece la Germania e la Francia.
Nel 2004 sono state esportate 142 mila tonnellate36 di prodotti DOP e IGP con
un incremento, rispetto al 2003, superiore al 34,4%37.
A tali quantitativi è corrisposto un valore di poco superiore ai 900 milioni di
euro, pari all’8,4% in più rispetto all’anno precedente e rappresentativo di ben il
5,8% del valore totale delle esportazioni alimentari.
L’incremento del fatturato, minore rispetto all’aumento delle quantità esportate, è da attribuire al calo nei prezzi all’export che se da un lato ha permesso di incrementare le vendite all’estero, dall’altro ha comunque ridotto il margine di profitto ottenibile.
Nonostante ciò, le esportazioni dei prodotti DOP e IGP hanno comunque consentito di contenere il calo dei consumi nazionali: la quota di mercato di tali pro-
70
Figura 4.5 - I quantitativi esportati nel 2004 e nel 2003 nei principali comparti DOP-IGP
(dati in tonnellate)
90.000
80.000
70.000
60.000
50.000
40.000
30.000
20.000
10.000
0
75.091,2 85.277,7
28.727,6
27.716,1
26.108,2
1.192,4 1.533,7 1.365,9
Formaggi
Grassi e oli
Ortofrutta
2003
Prodotti a
base di carne
2004
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
Tabella 4.3 - Le esportazioni di prodotti DOP e IGP italiani nel 2004 (dati in tonnellate, .000 di euro)
Comparto
Formaggi
Grassi e oli
Ortofrutta
Prodotti a base di carne
Aceti diversi dagli aceti di vino
Totale
Quantità esportate
2004
2003 Var. % 04/03
85.277,7 75.091,2
13,6%
1.533,7
1.192,4
28,6%
28.727,6
1.365,9
2003,1%
26.108,2 27.716,1
-5,8%
5.718,4
n.d.
n.d.
147.365,6 105.365,6
34,4%
2004
618.331,1
20.179,9
19.158,4
243.851,0
2.640,2
904.160,7
Valore export
2003 Var. % 04/03
559.895,1
10,4%
13.978,3
44,4%
1.142,2
1577,3%
259.292,7
-6,0%
n.d.
n.d.
834.308,3
8,4%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
dotti è in aumento soprattutto nei Paesi dove la capacità di acquisto dei consumatori è in crescita.
La quota maggiore di export è detenuta dai formaggi DOP: il 60,2%, corrispondenti a circa 85.278 tonnellate, con un incremento, rispetto al 2003, del
13,6%. Il controvalore di tali quantità è stimato superiore ai 618 milioni di euro.
Inoltre, le quantità esportate di formaggi DOP rappresentano il 38,8% delle
vendite all’estero dell’intero comparto a livello nazionale, dimostrando ancora
una volta che tra i principali prodotti del made in Italy conosciuti all’estero figurano proprio le denominazioni d’origine.
Tra i formaggi DOP quelli maggiormenti export oriented sono il Grana Padano, che esporta il 22,2% della produzione certificata (pari a 28.351 tonnellate) e il
Pecorino Romano con il 55,6% (pari a 21.237 tonnellate).
Seguono il Parmigiano Reggiano (17,6%), il Gorgonzola (14,5%) e a lunga distanza la Mozzarella di Bufala Campana (4,9%).
I prodotti a base di carne hanno esportato 26.108 tonnellate, il 5,8% in meno
71
Figura 4.6 - La suddivisione per comparto delle esportazioni di prodotti DOP e IGP
nel 2004 (in % dei volumi)
Prodotti a base
di carne
18,4%
Formaggi
60,2%
Ortofrutta
20,3%
Grassi e oli
1,1%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
rispetto al 2003, per un valore pari a circa 244 milioni di euro (-6,0%).
Tra i prodotti a base di carne, il primato per i quantitativi esportati spetta allo
Speck dell’Alto Adige (30%), al Prosciutto San Daniele (18%) e al Prosciutto di
Parma (17%).
Un altro 20,3% dell’export dei prodotti DOP e IGP è rappresentato dagli ortofrutticoli (28.728 tonnellate) che rilevano l’incremento più consistente rispetto al
2003, e registrano un fatturato alla dogana superiore ai 19 milioni di euro.
Tra i prodotti ortofrutticoli, quelli che mostrano la maggiore incidenza dei
quantitativi esportati sul totale sono la Bella della Daunia (86%) e il Pomodoro
San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%).
Una quota marginale (pari all’1,1%) interessa invece gli oli extravergini di oliva che, rispetto al 2003, registrano un incremento di circa il 28,6%.
Figura 4.7 - I principali prodotti DOP e IGP export-oriented nel 2004
(incidenza export sul totale vendite, dati in % dei volumi)
83,3%
65,0%
60,0%
58,3%
55,6%
Speck
dell'Alto Adige
Pecorino
Romano
Aceto Balsamico
Tradizionale
di Modena
Pomodoro di
San Marzano
dell'Agro
Sarnese
Nocerino
Toscano
30,0%
Valli
Trapanesi
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati degli Organismi di Controllo e dei Consorzi di Tutela.
72
In tale comparto, i principali prodotti export oriented sono la DOP Valli Trapanesi e l’IGP Toscano, rispettivamente l’83,3% e il 65% della produzione certificata; a questi segue il Chianti Classico con il 57%.
Per quanto concerne gli altri comparti, si rileva che l’Aceto balsamico tradizionale di Modena ha esportato poco più di 5.700 litri, per un controvalore poco
superiore ai 2,6 milioni di euro.
L’analisi condotta evidenzia dunque che i prodotti DOP e IGP che mostrano
una maggiore vocazionalità all’export sono il Toscano (65%), il Pomodoro San
Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%), il Pecorino Romano (55,6%) e lo
Speck dell’Alto Adige (30%).
4.3 I canali distributivi
La scelta dei canali di vendita da parte dei produttori di DOP e IGP si differenzia a seconda delle dimensione delle aziende e della tipologia di prodotti offerti:
se per le produzioni caratterizzate da elevati quantitativi prodotti la distribuzione
moderna è una via obbligata, per le altre produzioni la scelta del canale di vendita
è indicata dal target di consumatore da raggiungere.
La diffusione della conoscenza e l’apprezzamento dei prodotti tipici da parte
dei consumatori ha avuto importanti riflessi sia sulla struttura distributiva, con la
creazione di negozi specializzati e siti Internet dedicati, sia sulle politiche di offerta della stessa.
In riferimento a quest’ultimo aspetto, una nota di rilievo è il successo raggiunto dalle linee di prodotti tipici lanciate dalle principali insegne della GDO, attive
nell’organizzazione di eventi promozionali diretti a presentare agli acquirenti il
plus dei prodotti DOP e IGP e “tipici”.
In tal modo, l’acquisto di tali prodotti non è più solo una prerogativa del consumatore che vive nella zona di produzione o del turista che vi si reca ma la GDO
Figura 4.8 - Destinazione delle vendite sul territorio nazionale dei prodotti DOP e IGP
nel 2004 (dati in %)
Mercato locale
1%
Mercato regionale
12%
Altre regioni
87%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
73
diventa, per il consumatore, il principale referente per i prodotti tipici.
Anche l’analisi dei dati comunicati dai Consorzi di tutela38 sulla diffusione
territoriale delle produzioni DOP e IGP evidenzia che ben l’87% dei prodotti
DOP e IGP è presente su tutto il territorio nazionale, mentre solo il 12,3% è disponibile nella regione di produzione o nelle aree strettamente contigue. Il restante
0,7% trova diffusione limitatamente al mercato locale di produzione; quest’ultimo
dato si riferisce a produzioni di nicchia strettamente legate al territorio, anche se
di grande qualità.
Altro aspetto da rilevare riguarda le numerose e differenti attività di valorizzazione e riconoscibilità dei prodotti tipici adottate dai Consorzi di Tutela, dirette da
un lato a consolidare la presenza nei tradizionali canali di vendita e dall’altro ad
ampliare la quota in altri, quali l’Horeca.
In tal senso, si moltiplicano le attività di promozione svolte in partnership con altri prodotti DOP e IGP e le azioni di co-marketing con altri comparti economici (turismo, artigianato e commercio). In particolare, negli ultimi tempi si è individuato nel
turismo “verde” ed “enogastronomico” il volano per “acquisire”, sia in riferimento al
mercato nazionale che estero, nuovi segmenti di mercato e canali di vendita.
Figura 4.9 - I canali di vendita di DOP e IGP nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi)
100
90
70
Formaggi
60
Grassi e oli
36,4
% 50
43,9
80
Totale
Dop e Igp
40
Ortofrutta
Prodotti a
base di carne
30
0
GDO
Grossisti
Dettaglio
trad.
Dettaglio
spec.
Vendita
in azienda
HoReCa
4,4
2,7
Aceti
0,8
10
4,2
6,4
20
Carne fresca
Altro
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
I dati rilevati presso i Consorzi di Tutela, confermano quanto evidenziato nell’indagine relativa all’anno precedente: la GDO con il 43,9% dei quantitativi certificati, è il principale canale a cui le aziende che commercializzano DOP e IGP
ricorrono per veicolare i loro prodotti, anche se con una diversa incidenza tra i diversi comparti.
A tale canale segue quello dei grossisti con il 36,4% e il dettaglio tradizio-
74
Figura 4.10 - I canali di vendita di DOP e IGP nel 2004 - mercato estero (dati in % dei volumi)
100
90
80
70
Totale
DOP IGP
60
% 50
Formaggi
40
30
Grassi e oli
20
Ortofrutta
10
Prodotti a
base di carne
0
GDO
Grossisti
Dettaglio
trad .
Dettaglio
spec.
Altro
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
nale e specializzato, che rappresenta il 10,6%.
Situazione evidentemente differente si rileva per i canali distributivi utilizzati
per commercializzare i prodotti tipici sui mercati esteri.
Dai dati dei Consorzi di Tutela39 emerge che ben il 56,6% dei prodotti a denominazione d’origine arriva sui mercati esteri attraverso i grossisti, mentre la GDO
veicola il 41,6% dei quantitativi esportati.
Il restante 1,7% è commercializzato attraverso gli altri canali di vendita (come
quelli del dettaglio tradizionale e specializzato).
4.3.1 I formaggi40
Il 46,3% della produzione di formaggi DOP destinati nel 2004 al mercato nazionale è commercializzato dalla GDO e il 30,7% dai grossisti.
Il restante 23% della produzione è commercializzata dagli altri canali tra i
quali assumono una maggiore incidenza la vendita diretta con il 7% e il dettaglio
specializzato con il 5,2% dei quantitativi certificati.
In particolare, l’analisi condotta evidenzia che sono le DOP, quantitativamente
più importanti, a rivolgersi prevalentemente alla GDO e ai grossisti; di contro, le
produzioni caratterizzate da minori quantitativi certificati si rivolgono ai punti
vendita del dettaglio (tradizionale e specializzato) e agli altri intermediari commerciali.
A livello di singola denominazione, si nota che la GDO è l’interlocutore privilegiato di Pecorino Sardo (80% della produzione certificata destinata al mercato
nazionale), Gorgonzola (69%), Fontina e Valtellina Casera (il 60% in entrambi i
casi).
75
Figura 4.11 - I canali di vendita dei formaggi DOP nel 2004 - mercato nazionale
(dati in % dei volumi)
HoReCa
3,7%
Vendita in
azienda 7,0%
Autoconsumo
0,1%
Altro
1,8%
Ambulanti
mercati rionali 1,4%
Dettaglio
specializzato 5,2%
Dettaglio
tradizionale 3,9%
GDO
46,3%
Grossisti
30,7%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Importante anche la quota di Parmigiano Reggiano commercializzata attraverso la GDO, pari al 56%, mentre il 17% è veicolato attraverso i grossisti. Il restante
27% della produzione è venduta attraverso gli altri canali, tra i quali prevalgono il
dettaglio tradizionale con il 9% e la vendita in azienda con l’8%.
Del tutto ribaltata la politica distributiva del Grana Padano che affida il 57% della produzione certificata al canale dei grossisti e il 32% alla GDO. Il restante 11%
della produzione è suddivisa tra la vendita in azienda (9%) e l’HORECA (2%).
I grossisti prevalgono sulla GDO anche nella commercializzazione di Fiore
Sardo (95%), Formai de Mut dell’Alta Val Brembana (70%) e Castelmagno
(60%).
Figura 4.12 - I canali di vendita dei principali formaggi DOP nel 2004 - mercato nazionale
(dati in % dei volumi)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
GDO
Grossisti
Dettaglio
tradizionale
Dettaglio
specializzato
Altri
Gorgonzola
Grana Padano
Mozzarella
di Bufala
Campana
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
76
Parmigiano
Reggiano
Pecorino
Romano
Figura 4.13 - I canali di vendita dei formaggi DOP nel 2004 - export
(dati in % dei volumi)
Dettaglio
specializzato
0,1%
Dettaglio
tradizionale
0,1%
GDO
19,6%
Grossisti
80,1%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Per quanto concerne gli altri canali distributivi, si evidenzia che i punti vendita
al dettaglio assumono un peso rilevante nella commercializzazione del Bitto (60%
in totale tra dettaglio tradizionale e specializzato), del Valle d’Aosta Fromadzo
(50% al dettaglio specializzato), del Canestrato Pugliese (30% rispettivamente al
dettaglio tradizionale e al dettaglio specializzato) e Formai de Mut dell’Alta Val
Brembana (30% al dettaglio specializzato).
Tra i restanti canali di vendita, si evidenzia il ruolo relativamente più importante assunto dagli ambulanti e i mercati rionali per il Castelmagno, il Murazzano
(rispettivamente il 20%), dal canale HORECA per il Monte Veronese (20%) e dalla vendita in azienda per la Mozzarella di Bufala Campana (12%).
Per quanto riguarda la politica distributiva adottata per veicolare i formaggi
DOP sui mercati esteri, l’analisi dei dati41 evidenzia la concentrazione del 99,8%
dei quantitativi esportati nelle mani dei grossisti e della GDO, rispettivamente con
l’80,1% e il 19,6% dei quantitativi esportati.
In particolare, i grossisti commercializzano il 100% dei quantitativi esportati
di Asiago, Canestrato Pugliese, Castelmagno e Pecorino Romano, il 65% di quelli
del Grana Padano e il 60% del Raschera.
Privilegiano la GDO il Monte Veronese (90%) e la Fontina (60%).
Per quanto concerne i punti vendita del dettaglio (tradizionale e specializzato),
questi sono utilizzati dalle DOP Bra e Toma Piemontese (nell’80% dei casi per
entrambi).
4.3.2 I prodotti a base di carne
L’analisi dei dati42 evidenzia il ruolo dominante della GDO nella commercializzazione dei prodotti a base di carne DOP e IGP: ben il 59,1% dei quantitativi
certificati destinati al mercato nazionale è infatti veicolato attraverso tale canale.
Accanto a tale risultato, si evidenzia comunque la concentrazione del restante
77
Figura 4.14 - I canali di vendita dei prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 - mercato
nazionale (dati in % dei volumi)
Dettaglio
specializzato 2%
HoReCa
1,9%
Vendita in azienda
0,1%
Dettaglio
tradizionale 18,5%
GDO
59,1%
Grossisti
18,5%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
36,9% presso i grossisti e il dettaglio tradizionale, con il 18,5% ciascuno dei
quantitativi commercializzati.
L’analisi della quota detenuta dal dettaglio tradizionale, conferma quanto già
evidenziato nella precedente indagine: per alcuni prodotti, soprattutto di nicchia o
ottenuti da piccole imprese artigianali, il ruolo della distribuzione moderna è più
ridimensionato e i negozi indipendenti coprono una quota delle vendite decisamente superiore alla media.
A livello di singola denominazione si evidenzia che la GDO assume un peso
rilevante nella commercializzazione del Salame Brianza (90%), del Salame di
Varzi (78%), del Prosciutto di Modena, del Prosciutto Toscano e della Soprèssa
Prosciutto
di Parma
Prosciutto di
San Daniele
10,0%
10,0%
20,0%
20,0%
20,0%
Prodotti a base
di carne
2,0%
2,0%
18,5%
18,5%
Grossisti
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
78
GDO
60,0%
59,1%
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
60,0%
Figura 4.15 - I canali di vendita dei principali prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 - mercato
nazionale (dati in % dei volumi)
Dettaglio
tradizionale
Dettaglio
specializzato
Altri
Vicentina, con un peso per questi ultimi tre prodotti del 70%.
In misura relativamente minore, privilegiano il canale della distribuzione moderna la Coppa Piacentina (61%), il Prosciutto di Norcia, il Prosciutto di Parma e
il Prosciutto San Daniele (60%) e il Salame e la Pancetta Piacentina (il 58% ciascuno).
Di contro, è limitato il peso dei grossisti con alcune eccezioni come il Valle
d’Aosta Jambon de Bosses che riserva a tale canale il 60% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale e la Bresaola della Valtellina (40%).
Il dettaglio tradizionale, inoltre, assume un peso importante nella commercializzazione del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, con una quota pari al 40% dei
quantitativi certificati, per il Lardo di Colonnata (26%) e per il Prosciutto di Norcia, il Prosciutto di Parma e il Prosciutto San Daniele con il 20% ciascuno.
Il dettaglio specializzato e l’HORECA assumono, come era lecito attendersi,
un peso relativamente maggiore nella commercializzazione del Culatello di Zibello, ciascuno con il 25% dei quantitativi certificati; residuale la quota degli altri
prodotti DOP e IGP che si rivolgono a tale canale.
L’analisi dei dati43 relativi ai canali distributivi utilizzati per l’export, evidenzia risultati in linea con la “politica” di distribuzione adottata a livello nazionale:
ben il 50,3% della produzione dei salumi DOP “arriva” sui mercati esteri attraverso la GDO, il 20,7% attraverso i grossisti e il 14,9% attraverso i punti vendita del
dettaglio tradizionale.
Figura 4.16 - I canali di vendita dei prodotti a base di carne DOP e IGP nel 2004 - export
(dati in % dei volumi)
Dettaglio
specializzato
4,7%
Altro
9,3%
Dettaglio
tradizionale
14,9%
GDO
50,3%
Grossisti
20,7%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Il restante 14% si suddivide sostanzialmente tra altri canali (9,3%), rappresentati principalmente da quello HORECA, e il dettaglio specializzato (4,7%).
Tali risultati evidenziano una politica distributiva estera differente da quella
adottata nel comparto dei formaggi, dove, come visto sopra, è il canale dei grossisti importatori ad accentrare la quota maggiore di quantità esportate.
79
Nel dettaglio, la GDO è attiva nella commercializzazione del 100% della produzione destinata all’export dal Prosciutto di Modena e del 52% del Prosciutto
San Daniele. Mentre si “affidano” ai grossisti il Prosciutto di Norcia e il Salame
Brianza (ciascuno il 100% dei quantitativi esportati), il Lardo di Colonnata (90%)
e il Prosciutto Toscano (80%).
4.3.3 Gli ortofrutticoli e i cereali
L’analisi dei dati comunicati dai Consorzi44 evidenzia che i grossisti svolgono
un ruolo importante nella commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli a marchio europeo. Ben l’80,3% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale è infatti commercializzato da questo tipo di intermediari commerciali, mentre la
distribuzione moderna detiene una quota del 17,9%.
I restanti canali di vendita rappresentano complessivamente l’1,8% dei quantitavi certificati destinati al mercato nazionale.
Figura 4.17 - I canali di vendita dei prodotti ortofrutticoli e cereali DOP e IGP nel 2004
- mercato nazionale (dati in % dei volumi)
Dettaglio
tradizionale 0,9%
Dettaglio
specializzato 0,7%
Vendite in azienda
0,1% Ambulanti
mercati rionali
0,1%
GDO
17,9%
Grossisti
80,4%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Tale distribuzione percentuale, tuttavia, è da attribuire sostanzialmente alla
quota detenuta nella commercializzazione dalla mela Val di Non: se si escludesse
tale denominazione si evidenzierebbe che il peso detenuto dalla GDO in tale comparto sarebbe pari al 69,3% e quello dei grossisti al 10,7%. Tale scenario, sarebbe
peraltro in linea con quello che emerge dal settore dell’ortofrutta nel suo complesso: la distribuzione moderna ha assunto ormai un ruolo centrale in tale settore con
il conseguente ridimensionamento degli altri canali di vendita.
Scendendo nel dettaglio dell’analisi, a livello di singola denominazione si evidenzia che la GDO è l’unico referente commerciale per il Limone di Sorrento
(100%).
Inoltre, assume un peso rilevante per la Pesca e Nettarina di Romagna (70%) e
il Pomodoro di San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino (60%).
80
Figura 4.18 - I canali di vendita dei principali prodotti ortofrutticoli DOP e IGP nel 2004 - mercato
nazionale (dati in % dei volumi)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
100,0%
87,2%
70,0%
60,0%
GDO
Grossisti
30,0%
20,0% 20,0%
12,8%
Limone
di Sorrento
Dettaglio
tradizionale
Altri
Mela
Val di Non
Pesca e Nettarina
Pomodoro di
di Romagna
San Marzano dell'agro
sarnese nocerino
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Per quanto riguarda i grossisti, se si esclude la Mela Val di Non (87% dei
quantitativi), l’analisi evidenzia che tale canale detiene quote importanti nella
commercializzazione delle sole produzioni che presentano un peso produttivo
marginale rispetto al totale.
Si evidenzia inoltre che la quota più importante detenuta dal dettaglio tradizionale è il 90% della Farina di Neccio della Garfagnana, mentre l’HORECA commercializza l’80% dei quantitativi del Fungo di Borgotaro. Differente la scelta del
Marrone di San Zeno che, anche in relazione agli esigui quantitativi certificati,
commercializza il 90% della produzione tramite la vendita diretta presso le aziende di produzione e il restante 10% attraverso l’HORECA.
Del tutto ribaltata la situazione che rileva l’analisi dei canali distributivi45uti-
Figura 4.19 - I canali di vendita dei prodotti ortofrutticoli e cereali DOP e IGP nel 2004 export (dati in % dei volumi)
Grossisti
18,8%
GDO
81,2%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
81
lizzati per collocare i prodotti ortofrutticoli DOP e IGP sui mercati esteri. Ben
l’81,2% dei quantitativi certificati è commercializzato dalla GDO e il restante
18,8% dai grossisti.
Nel dettaglio, come rilevato per il mercato nazionale, la GDO estera si conferma l’unico referente per il Limone di Sorrento e veicola, inoltre, il 91% dei quantitativi oltrefrontiera della Mela Val di Non, a fronte di una quota di appena il
13% detenuta sul mercato nazionale.
I grossisti commercializzano l’intera produzione destinata all’export della Ciliegia di Marostica, della Nocellara del Belice, della Pera Mantovana, del Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino, del Radicchio Rosso di Treviso
e del Radicchio Variegato di Castelfranco.
4.3.4 I grassi e oli di oliva
La distribuzione moderna assume una quota importante nel comparto degli oli
DOP e IGP: dai dati dei Consorzi di Tutela46 si evidenzia infatti che la GDO veicola ben il 56,9% dei quantitativi certificati destinati al mercato nazionale. Tale
comparto, per il peso assunto dalla GDO, è secondo solo a quello dei prodotti a
base di carne.
A distanza dalla GDO, solo il dettaglio specializzato assume una quota apprezzabile, pari al 13,1%, mentre l’incidenza degli altri canali è residuale.
Figura 4.20 - I canali di vendita dei grassi e oli di oliva DOP e IGP nel 2004 - mercato
nazionale (dati in % dei volumi)
Vendita in azienda
13,6%
HoReCa
4,7%
Ambulanti/mercati
rionali 0,2%
Autoconsumo
0,2%
Altro
4,1%
GDO
56,9%
Dettaglio
specializzato 13,1%
Dettaglio
tradizionale 4,7%
Grossisti 2,6%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
È opportuno comunque evidenziare che il 98,2% dei quantitativi veicolati dalla distribuzione moderna è riconducibile alla produzione ad essa destinata da 4
denominazioni che rappresentano complessivamente il 61,3% della produzione
complessiva di olio DOP e IGP. Tali produzioni sono il Terra di Bari, con l’80%
dei quantitativi certificati, il Toscano e il Valli Trapanesi, entrambi con il 60% e il
Riviera Ligure con il 50%.
82
I punti vendita del dettaglio specializzato sono la “via” preferenziale della
DOP Veneto Valpolicella, Veneto Euganei e Berici, Veneto del Grappa (70% dei
quantitativi certificati) e del Colline di Romagna (50%). Il restante 50% di quest’ultima DOP è veicolato attraverso il canale HORECA.
Tra le denominazioni che si rivolgono ai grossisti, le quote più importanti sono
quelle relative alle DOP Colline Teatine e Brisighella, rispettivamente il 60% e il
50%.
La vendita diretta in azienda è invece il canale cui destinano la maggior parte
di quantitativi certificati le DOP Laghi Lombardi (80%), Canino (60%) e Cartoceto (55%).
Per quanto concerne i quantitativi esportati47, il 95,9% dell’offerta è concentrata presso i grossisti e la GDO, rispettivamente il 50,8% e il 45,1%.
Tra gli altri canali, prevale il dettaglio specializzato con il 2,3%.
Figura 4.21 - I canali di vendita dei grassi e oli di oliva DOP e IGP nel 2004 - export
(dati in % dei volumi)
Dettaglio
tradizionale 0,9%
Dettaglio
specializzato 2,3%
Grossisti
50,8%
Altro
1,0%
GDO
45,1%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Nel dettaglio, le DOP Colline Teatine, Val di Mazara e Valli Trapanesi, collocano il 100% dei quantitativi esportati attraverso i grossisti; tale canale è anche
utilizzato per collocare l’80% della produzione esportata rispettivamente del Riviera Ligure e del Terre di Siena.
L’IGP Toscano, colloca il 60% dei quantitativi esportati attraverso la GDO,
mentre il restante 40% è veicolato attraverso i grossisti.
I punti vendita al dettaglio (tradizionale e specializzato) sono la destinazione
dell’80% delle vendite all’estero della DOP Collina di Brindisi e del 70% di quelle del Terra d’Otranto.
4.3.5 Gli altri prodotti
L’analisi dei dati comunicati dal Consorzio del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale evidenzia che ben il 64% della produzione destinata al mercato nazio-
83
nale è veicolato dalla distribuzione moderna.
Il 32% è commercializzato dai negozi del dettaglio specializzato, mentre il restante 4% alimenta il canale HORECA.
Figura 4.22 - I canali di vendita del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale IGP e dell’Aceto balsamico
tradizionale di Modena nel 2004 - mercato nazionale (dati in % dei volumi)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
GDO
Grossisti
64,0%
Dettaglio
tradizionale
32,0%
30,0%
4,0%
5,0%
Vitellone bianco
Dettaglio
specializzato
25,0%
10,0%
20,0%
10,0%
Aceto balsamico
tradizionale di Modena
HoReCa
Vendita
in azienda
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati dei Consorzi di Tutela.
Del tutto differente la politica distributiva del Consorzio dell’aceto balsamico
tradizionale di Modena che colloca ben il 75% della produzione attraverso i grossisti (30%), i punti vendita del dettaglio specializzato (25%) e la vendita in azienda (20%). Il restante 25% della produzione è veicolata attraverso il dettaglio tradizionale e l’HORECA (rispettivamente il 10%) e la GDO (il 5%).
Mentre per quanto concerne le esportazioni dell’Aceto balsamico tradizionale
di Modena, si evidenzia che l’intera produzione venduta all’estero presenta come
sbocco i punti vendita al dettaglio (70% specializzato e 30% tradizionale).
31) La produzione destinata al mercato nazionale è stata determinata applicando, ai quantitativi certificati dichiarati dagli Organismi di controllo, la percentuale della produzione certificata destinata al mercato nazionale desunta dai questionari somministrati ai Consorzi di tutela.
32) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 19 su 27 Consorzi, che rappresentano il 99,2% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto, poiché si trattava comunque di produzioni “minori”,
che tutta la produzione certificata sia destinata al mercato nazionale.
33) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 26 su 31 Consorzi, che rappresentano il 99,7% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al
mercato nazionale.
84
34) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 28 su 34 Consorzi, che rappresentano il 97,5% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al
mercato nazionale.
35) La percentuale di produzione certificata destinata al mercato nazionale è stata comunicata da 18 su 29 Consorzi, che rappresentano il 69,9% della produzione certificata complessiva. Per i restanti Consorzi si è assunto che tutta la produzione certificata sia destinata al
mercato nazionale.
36) I quantitativi destinati all’export sono stati determinati applicando, ai quantitativi certificati dichiarati dagli Organismi di Controllo, la percentuale della produzione certificata destinata all’export dichiarata da 68 Consorzi di Tutela, che rappresentano il 97,4% della produzione certificata complessiva.
37) Tali quantitativi non comprendono i 5.718 litri esportati di Aceto balsamico tradizionale
di Modena.
38) I dati utilizzati per l’analisi territoriale e i canali di vendita utilizzati sul mercato nazionale sono quelli rilevati presso 87 Consorzi di Tutela che rappresentano il 90,9% della produzione certificata complessiva.
39) Nel questionario si è chiesto ai Consorzi di tutela di indicare i canali di vendita utilizzati
per la commercializzazione delle DOP e IGP e i relativi quantitativi espressi in percentuale. È
opportuno evidenziare che l’analisi riportata in questo paragrafo evidenzia risultati differenti
da quelli rilevati dal Panel Ismea/ACNielsen, illustrati nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata., sia per il diverso orizzonte temporale considerato in esso (anno
2005) sia in relazione al fatto che il Panel non considera i consumi extradomestici.
40) I dati sui canali di vendita utilizzati per commercializzare i prodotti DOP e IGP sui mercati esteri sono quelli dichiarati da 36 Consorzi di Tutela che rappresentano 44,1% della produzione certificata.
41) Al quesito hanno fornito risposta 24 Consorzi di Tutela che rappresentano il 98,5% della
produzione certificata del comparto.
42) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 11 Consorzi
di Tutela che rappresentano il 47% della produzione certificata del comparto.
43) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta
16 Consorzi di Tutela che rappresentano il 73,6% della produzione certificata del comparto.
44) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 7 Consorzi
di Tutela che rappresentano il 15,7% della produzione certificata del comparto.
45) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta
28 Consorzi di Tutela che rappresentano il 88,2% della produzione certificata del comparto.
46) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 9 Consorzi
di Tutela che rappresentano il 92,3% della produzione certificata del comparto.
47) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per il mercato nazionale hanno fornito risposta
16 Consorzi di Tutela che rappresentano il 72,9% della produzione certificata del comparto.
48) Al quesito sui canali distributivi utilizzati per l’export hanno fornito risposta 9 Consorzi
di Tutela che rappresentano il 74,5% della produzione certificata del comparto.
85
5. I consumi domestici di prodotti DOP e IGP
5.1 Il quadro complessivo
L’
analisi dei consumi di prodotti Dop-Igp è stata realizzata utilizzando, come
di consueto, i dati del Panel continuativo Ismea/ACNielsen relativo agli acquisti domestici effettuati dalle famiglie nelle prime case. Sono esclusi quindi i
consumi extradomestici, quelli delle collettività e gli acquisti effettuati nelle seconde case e nei periodi di ferie.
I comparti rilevati dalla banca dati Ismea/AcNielsen relativamente ai prodotti
a marchio sono soltanto come negli scorsi anni i formaggi, le carni trasformate e
gli oli extravergini, che costituiscono comunque la stragrande maggioranza dei
consumi di prodotti Dop-Igp in Italia.
Nel 2005 la spesa degli italiani per consumi domestici di prodotti Dop-Igp è
risultata sostanzialmente stabile e appena superiore ai 2 miliardi di euro, corrispondenti in quantità a 199.499 tonnellate. Prosegue, dunque anche nel 2005 la
stabilità degli acquisti monetari (+0,3%) che si era registrata nell’anno precedente
(-0,04%) e che si configura come un risultato apprezzabile, se si considera il momento difficile per i consumi del nostro paese. Osservando, invece, il dato aggregato in tonnellate si riscontra per i Dop-Igp nel complesso una dinamica degli acquisti leggermente più favorevole rispetto alla spesa monetaria sia nel 2005
(+2,3%) che nel 2004 (+0,7%).
Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, i formaggi Dop che rappresentano in valore il 78,4% e in quantità l’86,4% degli alimenti marchiati rilevati, hanno
mostrato una lieve discesa negli acquisti monetari (-1,7%) nel 2005 dopo la crescita registrata nel 2004 (+1,1%). In termini quantitativi, invece, prosegue nel
2005 (+1,7%) l’incremento dei consumi già presente nel 2004 (+1,5%).
I prodotti a base di carne Dop-Igp costituiscono il 20,8% in valore e il 12,5%
in quantità degli acquisti di alimenti a denominazione d’origine presenti in banca
dati. Questo comparto presenta una marcata inversione di tendenza nella spesa
monetaria, evidenziando una crescita del 6,8% nel 2005 a seguito della contrazione del 2004 (-4,1%). Considerando inoltre gli acquisti in quantità si registra un fenomeno analogo (+4,2% nel 2005 e -3,2% nel 2004).
Infine gli oli extravergini Dop-Igp che rappresentano circa l’1% dei consumi in
quantità e valore dei prodotti marchiati monitorati, presentano una forte variabilità
degli acquisti a causa dei volumi di vendita ancora molto bassi . In particolare dopo il
calo delle vendite del 2004 (-11,5% in valore e -14,6% in quantità) i consumi sono
tornati a crescere nel 2005 sia in termini monetari (+48,5%) che reali (+36,6%).
86
L’incidenza degli acquisti di alimenti Dop-Igp su quelli dei rispettivi comparti
totali varia passando dal 32,4% dei formaggi, al 12,8% delle carni trasformate , al
2,8% degli oli extravergini. Queste percentuali mostrano come esistano ampi margini di crescita delle produzioni marchiate soprattutto tra i salumi e gli oli.
Un fenomeno abbastanza evidente nell’ambito delle produzioni marchiate è il
forte grado di concentrazione dei consumi su pochi prodotti leader. Infatti i primi
quattro prodotti per consumi in valore (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma , Mozzarella di Bufala Campana) costituiscono il 67,7% del mercato dei Dop-Igp rilevati. Come era facile aspettarsi, inoltre, l’andamento nel 2005 dei
loro consumi monetari (+0,1% nel complesso) non si discosta molto da quello dei
marchiati in generale (+0,3%).Riguardo alla suddivisione per macroarea geografica
Tabella 5.1 - Ripartizione per comparto dei consumi domestici di prodotti DOP-IGP
in Italia (tonnellate)
Formaggi
Prodotti a base di carne
Oli extravergini di oliva
Totale
2004
169.573
23.855
1642
195.070
2005
172.407
24.848
2244
199.499
Var. 05/04
1,7%
4,2%
36,6%
2,3%
% su totale
86,4%
12,5%
1,1%
100,0%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Tabella 5.2 - Ripartizione per comparto dei consumi domestici di prodotti DOP-IGP
in Italia (migliaia di euro)
Formaggi
Prodotti a base di carne
Oli extravergini di oliva
Totale
2004
1.653.239
402.956
11.911
2.068.106
2005
1.625.908
430.539
17.686
2.074.133
Var. 05/04
-1,7%
6,8%
48,5%
0,3%
% su totale
78,4%
20,8%
0,9%
100,0%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Tabella 5.3 - Confronto tra gli acquisti di prodotti DOP-IGP rispetto a quelli dei rispettivi
comparti in Italia nel 2005 (migliaia di euro)
Formaggi
Prodotti a base di carne
Oli extravergini di oliva
Totali
5.017.001
3.361.338
633.480
Dop-Igp
1.625.908
430.539
17.686
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
dei consumi monetari di Dop-Igp si registra una certa uniformità delle vendite su
tutto il territorio nazionale. In particolare gli acquisti si concentrano per il 29,8% nel
Nord Ovest e per il 27,5% nel Sud+Sicilia, mentre percentuali leggermente più basse si registrano nel Nord Est (22,2%) e nel Centro+Sardegna (20,4%).
87
Sebbene le principali denominazioni in termini di produzione si collochino in
prevalenza nelle aree settentrionali, il consumo di questi prodotti risulta diffuso,
come abbiamo visto, in tutto il paese il che dimostra, almeno per i prodotti più importanti, l’esistenza di una domanda nazionale di alimenti marchiati. Occorre tuttavia sottolineare che tra i prodotti più importanti rientrano formaggi e prodotti a
base di carne che vengono consumati in notevoli quantità a prescindere dalla denominazione in virtù della loro notorietà già presente prima dell’introduzione della normativa sulle Dop e le Igp.
Relativamente all’andamento nel 2005 delle vendite si riscontra come la stabilità degli acquisti a livello nazionale (+0,3%) sia il risultato di tendenze contrapposte. Se infatti il Nord Ovest (-0,7%) e il Sud+Sicilia (-1,4%) mostrano una tendenza al ribasso, segnali di ripresa vengono dal Nord Est (+2,8%) e dal
Centro+Sardegna (+1,6%).
Quanto alla suddivisione degli acquisti per canale di distribuzione, il principale per gli alimenti Dop-Igp risulta nel 2005 quello dei Super e Ipermercati che detengono una rilevante quota di mercato (64,2%), mentre gli altri canali di commercializzazione non superano ciascuno il 10% . In particolare i negozi tradizionali veicolano l’ 8,5% degli acquisti monetari per Dop-Igp, le Superette il 7,5%, i
negozi specializzati il 7,4%, i Discount il 6,6% mentre gli ambulanti e i mercati
rionali si fermano al 4,3%.
Riguardo all’andamento delle vendite nel 2005 si può notare che Super e Ipermercati mostrano una stabilità (+0,02%) che già caratterizzava gli acquisti del
2004 (-0,3%) e del 2003 (-0,4%). Tra i restanti canali crescono nel 2005 le Superette (+7,0%), i Discount (+1,2%), restano stabili i negozi tradizionali (+0,1%)
mentre in discesa risultano gli acquisti nei negozi specializzati (-0,8%) e negli
ambulanti/mercati rionali (-8,2%). Nell’ambito dei negozi specializzati, le gastronomie, contrariamente alla tendenza del canale di appartenenza, hanno mostrato
nel 2005 un tasso di crescita del +19,7% che, sebbene legato a volumi ancora modesti lascia intravedere come questi esercizi possano essere uno strumento interessante di veicolazione di tali prodotti.
Per quanto concerne la suddivisione degli acquisti per numerosità delle famiglie acquirenti si può notare che nei nuclei con due (29,1%) , tre (24,2%) e quattro (23,8%) componenti si concentri maggiormente la spesa monetaria per DopIgp, mentre in secondo piano appaiono gli acquisti in quelli con uno (12,4%) e
cinque o più membri (10,4%).
Dall’andamento delle vendite nel 2005 emerge una forte crescita per i nuclei
monocomponenti (+18,4%) e con due componenti (+7,1%), mentre si riducono
gli acquisti per le famiglie con tre (-3,2%), quattro (-3,0%) e soprattutto con cinque o più membri (-16,5%). Da queste tendenze sembra emergere come a fronte
di una stabilità dei consumi di Dop-Igp (0,3%) nel 2005 ai consumi delle famiglie
più numerose si siano sostituiti quelli dei nuclei più ristretti probabilmente perché
capaci maggiormente di sostenere i prezzi più elevati delle denominazioni, visto il
88
numero più contenuto dei componenti la famiglia.
Riguardo infine alla ripartizione dei consumi per età del responsabile d’acquisto,
si nota come al crescere di questa aumenti la quota di consumi detenuti. Questo dato
mette in evidenza come gli alimenti marchiati non siano un fenomeno giovanilistico, ma risultino ben radicati nelle tradizioni gastronomiche del nostro paese.
L’andamento delle vendite nel 2005 appare in calo per i responsabili d’acquisto fino a 34 anni (-5,1%), sostanzialmente stabile nelle classi 35-44 anni (+0,3%)
e 45-54 anni (-0,9%) e in crescita per le fasce 55-64 anni (+2,5%) e oltre 64 anni
(+1,9%). Anche in questo caso si può notare come nel 2005 ai consumi dei più
giovani sembrano sostituirsi quelli delle fasce di età più avanzate.
Volendo trarre un quadro sintetico delle variabili socioeconomiche trattate si
può ipotizzare che il consumatore di Dop-Igp nel 2005 abbia risentito del trasferimento di reddito dalle generazioni più giovani a quelle più anziane che può essere
attribuito all’attuale sistema previdenziale presente in Italia. Nel 2005 rispetto all’anno precedente l’acquirente tipo è meno giovane, vive in nuclei più ristretti e si
rifornisce, oltre che nei supermercati, maggiormente nelle Superette, tralasciando
i mercati rionali.
Tabella 5.4 - Gli acquisti domestici di prodotti DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005
(tonnellate)
Totale Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro + Sardegna
Sud + Sicilia
Super+ipermercati
Superette
Discount
Negozi tradizionali
Negozi specializzati
di cui Gastronomie
Ambulanti/Mercato rionale
Famiglie monocomponenti
Famiglie con 2 componenti
Famiglie con 3 componenti
Famiglie con 4 componenti
Famiglie con 5 o più componenti
Responsabile acquisti fino a 34 anni
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni
Responsabile acquisti oltre 64 anni
2004
195.070
57.627
43.196
37.878
56.366
123.890
12.453
17.053
15.553
13.451
186
9.856
19.464
52.018
48.722
49.334
25.527
25.123
36.973
39.992
40.087
52.901
2005
199.499
58.146
45.264
39.471
56.623
126.671
13.635
17.722
15.848
13.137
192
9.224
22.502
57.207
48.475
49.297
22.016
23.213
38.433
39.961
42.524
55.365
Var. 05/04
2,3%
0,9%
4,8%
4,2%
0,5%
2,2%
9,5%
3,9%
1,9%
-2,3%
3,2%
-6,4%
15,6%
10,0%
-0,5%
-0,1%
-13,8%
-7,6%
3,9%
-0,1%
6,1%
4,7%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
89
Tabella 5.5 - Gli acquisti domestici di prodotti DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005
(migliaia di euro)
Totale Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro + Sardegna
Sud + Sicilia
Super+ipermercati
Superette
Discount
Negozi tradizionali
Negozi specializzati
di cui Gastronomie
Ambulanti/Mercato rionale
Famiglie monocomponenti
Famiglie con 2 componenti
Famiglie con 3 componenti
Famiglie con 4 componenti
Famiglie con 5 o più componenti
Responsabile acquisti fino a 34 anni
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni
Responsabile acquisti oltre 64 anni
2004
2.068.106
623.572
448.832
416.504
579.198
1.332.221
146.232
134.590
176.398
154.331
2.564
96.302
217.666
564.326
518.339
509.284
258.490
255.875
395.304
412.800
419.960
584.162
2005
2.074.133
618.933
461.213
423.138
570.844
1.332.467
156.444
136.243
176.644
153.106
3.069
88.424
257.676
604.575
501.978
494.169
215.733
242.807
396.613
408.902
430.419
595.391
Var. 05/04
0,3%
-0,7%
2,8%
1,6%
-1,4%
0,0%
7,0%
1,2%
0,1%
-0,8%
19,7%
-8,2%
18,4%
7,1%
-3,2%
-3,0%
-16,5%
-5,1%
0,3%
-0,9%
2,5%
1,9%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Dunque la sostanziale stabilità degli acquisti del 2005 nasconde al suo interno
fenomeni che, sebbene ad effetto nullo, non vanno trascurati nella comprensione
del mercato degli alimenti marchiati.
5.2 I consumi domestici di formaggi DOP
Nel 2005 i consumi domestici di formaggi Dop in Italia si sono attestati oltre i
1.625 milioni di euro, per un ammontare in quantità pari a 172.407 tonnellate. Come già espresso, questo comparto ha mostrato una lieve discesa negli acquisti monetari (-1,7%) nel 2005 dopo la crescita registrata nel 2004 (+1,1%). In volume,
invece, persiste nel 2005 (+1,7%) l’incremento dei consumi già presente nel 2004
(+1,5%).
I formaggi Dop che rappresentano il 32,4% della spesa monetaria per formaggi in generale, hanno mostrato rispetto a questi ultimi, sempre nel 2005, una dinamica delle vendite peggiore in termini di valore (formaggi Dop -1,7%; totale formaggi +0,1%) e sostanzialmente simile in termini di quantità (formaggi Dop
90
+1,7%; formaggi totali +2,0%). Questi alimenti a marchio sembrano dunque crescere in termini reali in modo omogeneo al rispettivo comparto totale, ma risentono probabilmente in modo maggiore di un ridimensionamento della spesa monetaria che non traspare, invece, negli altri comparti Dop-Igp.
Il fenomeno di concentrazione degli acquisti intorno a poche denominazioni
leader è presente in forma abbastanza evidente anche nel comparto dei formaggi.
In particolare i primi due prodotti per consumi in valore (Parmigiano Reggiano,
Grana Padano) rappresentano il 53,1% del mercato dei formaggi Dop e hanno
mostrato nel complesso una dinamica delle vendite (-4,7%) peggiore rispetto a
questi ultimi (-1,7%). Sembra riscontrarsi, dunque una tendenza al ridimensionarento della spesa per i prodotti più importanti (soprattutto il Grana) a beneficio
delle denominazioni relativamente meno importanti.
Infatti è soprattutto il Grana Padano, che rappresenta il 26,1% della spesa monetaria per formaggi Dop, ad influenzare questo comparto con le sue difficoltà
nelle vendite del 2005 (-8,3% in valore; -4,1% in quantità). Questo prodotto presenta da alcuni anni un andamento altalenante dei consumi in valore facendo registrare un -1,2% nel 2003, un +4,3% nel 2004 fino al -8,3% del 2005.
Il Parmigiano Reggiano, che costituisce il 27,0% degli acquisti in valore dei formaggi Dop, ha mostrato nel 2005 un lieve calo dei consumi monetari (-0,8%) al
quale corrisponde però una decisa crescita dei volumi venduti (+9,0%). Anche per
questo prodotto si registrano negli ultimi anni oscillazioni dei consumi monetari che
fanno segnare un -8,5% nel 2003, un +2,2% nel 2004 e un -0,8% nel 2005.
I due Grana sembrano dunque aver saturato il mercato a loro disposizione,
connotandosi come prodotti più maturi le cui performance di vendita sono influenzate più da fenomeni congiunturali che da tendenze strutturali.
Dopo i due grana nella graduatoria dei Dop più consumati figura la Mozzarella di Bufala Campana, che rappresenta il15,9% degli acquisti in valore di formaggi marchiati e che ha fatto registrare nel 2005 una decisa crescita delle vendite monetarie (+7,9%) e reali (+5,9%). Dopo il calo dei consumi in valore del
2003 (-5,3%) gli acquisti sono quindi cresciuti sia nel 2004 (+2,1%) che nel 2005
(+7,9%).
Anche le vendite del Gorgonzola, che costituisce in valore l’ 8,4% dei formaggi Dop sembrano aver sostenuto nel 2005 sia in termini monetari (+7,0%) che reali (+8,3%) questo comparto. Appare dunque interrotta la tendenza al ribasso degli
acquisti in valore (-4,1% nel 2003 e -6,2% nel 2004) che aveva caratterizzato questo prodotto in passato.
I restanti formaggi marchiati detengono ciascuno una quota di mercato inferiore al 6% e presentano nel 2005 variazioni nei consumi non uniformi.
Se infatti l’Asiago cresce in valore delle vendite del 2,1%, il Pecorino Sardo
del 3,0% e il Quartirolo del 2,2% gli acquisti monetari si contraggono per il Pecorino Romano (-10,2%) e Toscano (-8,2%), per la Fontina (-8,0%), il Taleggio
(-5,0%) e il Montasio (-4,8%).
91
Tabella 5.6 - Gli acquisti domestici dei principali formaggi DOP in Italia nel 2004 e 2005
Totale Formaggi DOP
Grana Padano
Parmigiano Reggiano
Gorgonzola
Pecorino Romano
Pecorino Toscano
Pecorino Sardo
Asiago
Fontina
Taleggio
Quartirolo
Montasio
Mozzarella di Bufala Campana
Quantità (tonnellate)
2004
2005 Var. % 05/04
169.573
172.407
1,7%
51.204
49.080
-4,1%
33.892
36.956
9,0%
14.791
16.012
8,3%
5.553
5.335
-3,9%
4.336
3.941
-9,1%
5.482
5.784
5,5%
12.303
12.654
2,9%
8.487
7.918
-6,7%
3.818
3.771
-1,2%
1.403
1.484
5,8%
4.514
4.269
-5,4%
23.790
25.200
5,9%
Valore (migliaia di euro)
2004
2005 Var. % 05/04
1.653.239 1.625.908
-1,7%
462.544
424.074
-8,3%
442.412
438.733
-0,8%
128.320
137.324
7,0%
47.713
42.846
-10,2%
46.554
42.718
-8,2%
59.842
61.646
3,0%
87.058
88.866
2,1%
61.923
56.996
-8,0%
31.936
30.342
-5,0%
11.521
11.775
2,2%
34.025
32.403
-4,8%
239.339
258.183
7,9%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Tabella 5.7 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004
in Italia
Formaggi
Formaggi nel complesso
Formaggi Dop
Grana Padano
Parmigiano Reggiano
Gorgonzola
Pecorino Romano
Pecorino Toscano
Pecorino Sardo
Asiago
Fontina
Taleggio
Quartirolo
Montasio
Mozzarella di Bufala Campana
Var. % 05/04
-1,8%
-3,3%
-4,3%
-9,0%
-1,2%
-6,5%
0,9%
-2,4%
-0,8%
-1,4%
-3,7%
-3,4%
0,7%
1,9%
Var.% 04/03
-1,2%
-0,4%
-1,8%
-0,4%
-0,7%
-4,1%
1,0%
-0,2%
0,7%
-0,4%
0,8%
1,9%
0,7%
1,1%
*i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità.
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Riguardo alle dinamiche dei prezzi medi annui è continuata nel 2005 (-3,3%)
la flessione dei listini al consumo dei formaggi Dop già presente in forma lieve
nel 2004 (-0,4%). Questa tendenza si inquadra nell’ambito di un calo delle quotazioni dei formaggi in generale sia nel 2005 (-1,8%) che nel 2004 (-1,2%). In effetti i soli marchi che si presentano in crescita nei due anni considerati sono la Moz-
92
zarella di Bufala Campana, il Pecorino Toscano e il Montasio. Tutte le altre denominazioni vedono nel 2005 un ribasso delle variazioni dei prezzi al consumo che
già in gran parte si presentavano negative nel 2004. Ciò ha probabilmente favorito
la ripresa dei consumi in quantitàdei formaggi Dop sopra descritta. Tra i cali più
importanti spicca il Parmigiano Reggiano che nel 2005 mostra una diminuzione
del listino al consumo del 9%, ma contrazioni cospicue si registrano anche nel
Grana Padano (4,3%) nel Pecorino Romano (-6,5%) nel Taleggio (-3,7%) e Quartirolo (-3,4%).
Tornando all’aggregato dei formaggi Dop si può notare una certa uniformità
nella distribuzione dei consumi in valore sul territorio nazionale. In particolare il
Nord Ovest (28,8%) e il Sud+Sicilia (28,2%) nel 2005 prevalgono leggermente
sul Nord Est (22,1%) e il Centro+Sardegna (20,9%).
Riguardo alle dinamiche delle vendite nel 2005 si registra una crescita degli acquisti in valore solo nel Nord Est (+1,5%), mentre le vendite calano soprattutto nel Nord
Ovest (-4,3%) ma anche nel Sud+Sicilia (-2,3%) e nel Centro+Sardegna (-0,3%).
Riguardo ai canali distributivi i Super e Ipermercati commercializzano il
Tabella 5.8 - Gli acquisti domestici di formaggi DOP in Italia nel 2004 e 2005
Totale Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro + Sardegna
Sud + Sicilia
Super+ipermercati
Superette
Discount
Negozi tradizionali
Negozi specializzati
di cui Gastronomie
Ambulanti/Mercato rionale
Famiglie monocomponenti
Famiglie con 2 componenti
Famiglie con 3 componenti
Famiglie con 4 componenti
Famiglie con 5 o più componenti
Responsabile acquisti fino a 34 anni
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni
Responsabile acquisti oltre 64 anni
Quantità (tonnellate)
2004
2005 Var. 05/04
169.573 172.407
1,7%
50.349
49.913
-0,9%
36.868
38.567
4,6%
32.897
34.142
3,8%
49.458
49.788
0,7%
105.621 107.646
1,9%
10.437
11.430
9,5%
15.903
16.294
2,5%
13.590
13.762
1,3%
11.959
11.386
-4,8%
151
135
-10,6%
9.408
8.793
-6,5%
16.548
18.589
12,3%
44.842
49.479
10,3%
42.574
41.907
-1,6%
42.805
42.882
0,2%
22.799
19.547
-14,3%
21.894
19.490
-11,0%
31.521
33.154
5,2%
35.030
34.801
-0,7%
34.979
37.149
6,2%
46.150
47.807
3,6%
Valore (migliaia di euro)
2004
2005 Var. 05/04
1.653.239 1.625.908
-1,7%
488.571
467.462
-4,3%
353.350
358.798
1,5%
341.379
340.345
-0,3%
469.940
459.302
-2,3%
1.047.948 1.028.810
-1,8%
106.775
112.171
5,1%
122.038
121.183
-0,7%
140.726
139.934
-0,6%
121.895
114.360
-6,2%
1.654
1.632
-1,3%
87.836
80.391
-8,5%
169.783
187.088
10,2%
447.363
477.367
6,7%
415.552
393.278
-5,4%
404.779
391.099
-3,4%
215.764
177.077
-17,9%
209.047
180.609
-13,6%
306.538
311.114
1,5%
331.150
321.739
-2,8%
338.306
344.750
1,9%
468.197
467.692
-0,1%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
93
63,3% dei formaggi Dop in valore, mentre i restanti canali non superano ciascuno
la quota del 10% del mercato. In particolare i Negozi tradizionali veicolano
l’8,6% degli acquisti monetari, i Discount il 7,5%, i Negozi specializzati il 7,0%,
le Superette il 6,9% e gli ambulanti/mercati rionali il 4,9%.
Riguardo alle variazioni della spesa monetaria nel 2005 per formaggi Dop
si nota che i Super e Ipermercati registrano un calo (-1,8%) cosi come tutti gli
altri canali con l’eccezione delle Superette che crescono in maniera abbastanza
decisa (+5,1%). Le contrazioni più forti risultano tra gli ambulanti/mercati rionali (-8,5%) e i Negozi specializzati (-6,2%), mentre appaiono inferiori all’unità per Discount (-0,7%) e Negozi tradizionali (-0,6%).
5.3 I consumi domestici di prodotti a base di carne DOP-IGP
Nel 2005 i consumi domestici di prodotti a base di carne Dop-Igp in Italia
hanno superato i 430 milioni di euro per un ammontare in quantità di 24.848 tonnellate facendo registrare una crescita, sia in termini monetari (+6,8%) che reali
(+4,2%). Come gia descritto, questo comparto ha invertito cosi la tendenza al ribasso che si era manifestata nel 2004 (-4,1% in valore, -3,2% in quantità) e nel
2003 (-1,9% in valore e -2,6% in quantità) e ha controbilanciato le perdite monetarie del comparto dei formaggi a marchio.
L’andamento delle vendite in valore delle carni trasformate Dop-Igp, che rappresentano ancora solo il 12,8% dei salumi in generale, ha mostrato nel 2005 una
crescita (+6,8%) superiore a quella delle carni trasformate nel complesso (+2,1%)
dimostrando cosi le potenzialità ancora inespresse dei prodotti marchiati in questo
comparto.
Anche nei salumi a marchio si riscontra una forte concentrazione del mercato
intorno a poche denominazioni leader. Considerando solo i primi due prodotti per
consumi in valore (Prosciutto di Parma e San Daniele) si raggiunge quasi il 90%
degli acquisti di carni trasformate Dop-Igp. Questi due salumi insieme hanno evidenziato nel 2005 una crescita (+9,1%) delle vendite superiore a quella delle carni
trasformate Dop-Igp (+6,8%) nel complesso.
In particolare il Prosciutto di Parma che costituisce il 65,6% del mercato dei
salumi a marchio ha presentato nel 2005 una forte crescita delle vendite sia in termini monetari (+9,3%) che reali (+10,1%).
Per questa denominazione, dunque, sembra interrotta la tendenza al ribasso
della spesa monetaria registrata nel 2003 (-5,5%) e nel 2004 (-5,8%).
Anche l’altro principale prosciutto, il San Daniele, che detiene una quota di
mercato pari al 24% ha visto crescere nella stestessa misura nel 2005 le sue vendite sia in termini monetari che reali (+8,3%; +8,2%). Questo prodotto negli ultimi
anni ha presentato un andamento altalenante dei consumi in valore, facendo registrare tassi di variazione degli acquisti positivi nel 2003 (+6,9%), negativi nel
94
2004 (-3,2%) e quindi di nuovo positivi nel 2005 (+8,3%).
La Mortadella di Bologna rappresenta invece il 7,5% delle vendite di carni trasformate Dop-Igp e ha presentato nel 2005 una marcata contrazione nei consumi
sia in termini monetari (-16,9%) che reali (-13,2%). In passato questo salume aveva invece presentato una sostanziale stabilità negli acquisti in valore (+1,3% nel
2003 e +0,7% nel 2004).
Lo Speck dell’Alto Adige costituisce infine il 2,8% dei salumi a marchio e
presenta nel 2005 tassi elevati di crescita delle vendite monetarie (+20,5%) e reali
(+11,1%), sebbene legati a volumi ancora esigui.
Prosegue dunque la forte crescita dei consumi in valore di questo salume che
aveva fatto registrare variazioni decisamente positive sia nel 2003 (+13,3%) che
nel 2004 (+17,7%).
Tabella 5.9 - Gli acquisti domestici dei principali prodotti a base di carne DOP-IGP in Italia nel 2004
e 2005
Totale carni trasformate Dop-Igp
Prosciutto di Parma
Prosciutto San Daniele
Mortadella Bologna
Salame Brianza
Speck dell'Alto Adige
Quantità (tonnellate)
2004
2005 Var. % 05/04
23.855 24.848
4,2%
13.092 14.409
10,1%
4.567
4.940
8,2%
5.739
4.982
-13,2%
1
4
300,0%
459
510
11,1%
Valore (migliaia di euro)
2004
2005 Var. % 05/04
402.956 430.539
6,8%
258.256 282.373
9,3%
95.632 103.542
8,3%
38.969
32.375
-16,9%
28
94
235,7%
10.074
12.144
20,5%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Riguardo alle variazioni dei prezzi medi annui al consumo, si registra una
inversione di tendenza verso il rialzo per i listini dei salumi Dop-Igp che presentavano nel 2004 un tasso negativo (-0,9%), mentre nel 2005 le quotazioni
crescono del 2,6%. Questa inversione di tendenza si ritrova anche, in forma più
lieve, a livello dei salumi nel complesso (nel 2004 -0,3%; nel 2005 1,3%) ed
appare come il risultato di movimenti differenti dei prezzi delle singole denominazioni. Escludendo il Salame Brianza che ha consumi limitatissimi, si può
notare infatti che al lieve calo dei prezzi nei due anni del Parma (-0,7% nel
2005 ; -0,2% nel 2004) e a quello più sostenuto della Mortadella di Bologna (4,3% nel 2005 e -1,5% nel 2004) si contrappone la forte crescita dello Speck
dell’Alto Adige sia nel 2005 (8,5%) che nel 2004 (4,6%). Il San Daniele invece
nei due anni ha mostrato una sostanziale stabilità dei prezzi (0,1% nel 2005 e
0,8% nel 2004).
Considerando di nuovo l’aggregato salumi Dop-Igp, si nota una certa uniformità delle vendite in valore sul territorio nazionale. In particolare il Nord
Ovest (33,3%) e il Sud+Sicilia (25,8%) detengono le quote maggiori, mentre
leggermente minori risultano quelle del Nord Est (22,3%) e del Centro+Sarde-
95
Tabella 5.10 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004
in Italia
Carni trasformate
Carni trasformate nel complesso
Carni trasformate Dop-Igp
Prosciutto di Parma
Prosciutto San Daniele
Mortadella Bologna
Salame Brianza
Speck dell'Alto Adige
Var. % 05/04
1,3%
2,6%
-0,7%
0,1%
-4,3%
-16,1%
8,5%
Var.% 04/03
-0,3%
-0,9%
-0,2%
0,8%
-1,5%
20,4%
4,6%
*i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità.
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
gna (18,6%). Riguardo alle variazioni delle vendite monetarie nel 2005 si riscontrano tassi decisamente positivi in tutte le macroaree (Nord Ovest +9,4%;
Nord Est +7,2%; Centro+Sardegna +8,7%) con l’eccezione del Sud+Sicilia
(+2,2%) dove la crescità è stata più contenuta.
Tabella 5.11 - Gli acquisti domestici di prodotti a base di carne DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005
Totale Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro + Sardegna
Sud + Sicilia
Super+ipermercati
Superette
Discount
Negozi tradizionali
Negozi specializzati
di cui Gastronomie
Ambulanti/Mercato rionale
Famiglie monocomponenti
Famiglie con 2 componenti
Famiglie con 3 componenti
Famiglie con 4 componenti
Famiglie con 5 o più componenti
Responsabile acquisti fino a 34 anni
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni
Responsabile acquisti oltre 64 anni
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
96
Quantità (tonnellate)
2004
2005 Var. 05/04
23.855
24.848
4,2%
6.873
7.477
8,8%
5.262
5.689
8,1%
4.856
4.906
1,0%
6.863
6.776
-1,3%
16.871
17.111
1,4%
1.941
2.103
8,3%
1.068
1.261
18,1%
1.877
2.046
9,0%
1.492
1.751
17,4%
35
57
62,9%
448
430
-4,0%
2.632
3.504
33,1%
6.433
6.758
5,1%
5.782
6.036
4,4%
6.330
6.167
-2,6%
2.679
2.384
-11,0%
3.104
3.483
12,2%
5.192
5.023
-3,3%
4.673
4.814
3,0%
4.688
4.884
4,2%
6.200
6.646
7,2%
Valore (migliaia di euro)
2004
2005 Var. 05/04
402.956
430.539
6,8%
130.981
143.340
9,4%
89.453
95.929
7,2%
73.699
80.074
8,7%
108.823
111.195
2,2%
273.543
287.936
5,3%
39.202
43.627
11,3%
12.174
14.172
16,4%
35.135
36.474
3,8%
32.436
38.746
19,5%
910
1.437
57,9%
8.466
7.994
-5,6%
45.586
66.594
46,1%
111.718
120.442
7,8%
100.415
104.283
3,9%
102.955
101.321
-1,6%
42.282
37.897
-10,4%
45.893
59.879
30,5%
86.800
83.515
-3,8%
79.287
83.947
5,9%
79.137
81.918
3,5%
111.839
121.280
8,4%
Anche per i salumi Dop-Igp il canale di commercializzazione più importante è
quello dei Super e Ipermercati che veicolano il 66,9% delle vendite in valore
mentre gli altri canali si collocano a notevele distanza. Tra i principali le superette
detengono una quota degli acquisti pari al 10,1%, i negozi specializzati al 9,0% e
gli esercizi tradizionali all’8,5%.
Per quanto riguarda le dinamiche delle vendite nel 2005 tutti i canali con
l’eccezione degli ambulanti/mercati rionali (-5,6%) mostrano tassi di crescita
positivi e di discreto livello. Il canale principale, quello dei Super e Ipermercati,
fa registrare uno sviluppo discreto (+5,3%) ma inferiore a quello di altre forme
di distribuzione quali i Negozi specializzati (+19,5%), i Discount (+16,4%) e le
Superette (+11,3%), mentre gli esercizi tradizionali si fermano a +3,8%. Osservando il 2004 alla ricerca di tendenze strutturali si nota che solo i Discount
(+7,6% nel 2004; +16,4% nel 2005) continuano a presentare nel 2005 elevati
margini di crescita, controbilanciati dal perdurare delle difficoltà degli ambulanti/mercati rionali (-22,9% nel 2004 e -5,6% nel 2005). Tutti gli altri canali, invece, escludendo i negozi tradizionali che si sviluppano lievemente (+1,3% nel
2004; 3,8% nel 2005), presentano nel 2005 un’inversione di tendenza al rialzo
rispetto alle contrazioni registrate nel 2004 (Super e Iper -3,9%, Superette 3,1%, negozi specializzati -10,8%). Infine nell’ambito dei negozi specializzati
le gastronomie presentano in questo comparto gli incrementi più forti (+57,9%)
dimostrandosi un valido canale sia pur di nicchia nel futuro della distribuzione
di salumi Dop-Igp.
5.4 I consumi domestici di oli extravergini DOP-IGP
Nel 2005 i consumi domestici di oli extravergine Dop-Igp in Italia si sono attestati sui 17 milioni di euro, corrispondenti ad un’ammontare in quantità di 2244
tonnellate. Questo comparto è caratterizzato da una forte variabilità dei consumi
dovuta al non ancora avvenuto decollo di un settore in cui soltanto poche denominazioni hanno immesso sul mercato quantitativi accettabili di prodotto a marchio.
In particolare nel 2005 i consumi domestici sono cresciuti del +48,5% in valore e
del +36,6% in quantità. In passato invece questi alimenti avevano descritto dinamiche degli acquisti in valore negative nel 2004 (-11,5%) e positive nel 2003
(+19,4%). La crescita degli oli Dop-Igp in Italia nel 2005 (+48,5%) si contrappone alla lieve flessione degli extravergine nel complesso (-1,4%) senza tuttavia essere capace di influenzarne il mercato. Infatti analizzando il peso degli acquisti in
valore degli oli marchiati su quello degli extravergini nel complesso si notano a
partire dal 2002 valori limitati che oscillano intorno al 2% fino al 2004, per poi
crescere al 2,8% nel 2005.
Passando ad analizzare l’andamento dei listini si nota che il prezzo medio annuo degli oli extravergine Dop-Igp è cresciuto del +8,7% nel 2005 accentuando
97
l’incremento già registrato nel 2004 (+3,6%). Questo aumento sembra inquadrarsi
(in misura anche più decisa) nella tendenza alla crescita delle quotazioni degli extravergine nel complesso, che hanno fatto segnare un +3,7% nel 2005 e un +2,1%
nel 2004.
Tabella 5.12 - Variazioni % dei prezzi medi annui* al consumo nel 2005 e nel 2004
in Italia
Oli extra vergine
Olio extravergine nel complesso
Olio extravergine Dop-Igp
Var. % 05/04
3,7%
8,7%
Var.% 04/03
2,1%
3,6%
*i prezzi medi annui sono ottenuti come rapporto tra acquisti in valore e acquisti in quantità.
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Tabella 5.13 - Gli acquisti domestici di oli extra vergini DOP-IGP in Italia nel 2004 e 2005
Totale Italia
Nord Ovest
Nord Est
Centro + Sardegna
Sud + Sicilia
Super+ipermercati
Superette
Discount
Negozi tradizionali
Negozi specializzati
di cui Gastronomie
Ambulanti/Mercato rionale
Famiglie monocomponenti
Famiglie con 2 componenti
Famiglie con 3 componenti
Famiglie con 4 componenti
Famiglie con 5 o più componenti
Responsabile acquisti fino a 34 anni
Responsabile acquisti da 35 a 44 anni
Responsabile acquisti da 45 a 54 anni
Responsabile acquisti da 55 a 64 anni
Responsabile acquisti oltre 64 anni
Quantità (tonnellate)
2004
2005 Var. 05/04
1642
2244
36,6%
405
756
86,7%
1066
1008
-5,5%
125
423
237,2%
45
59
30,6%
1398
1914
37,0%
75
102
35,4%
82
167
102,2%
86
40
-53,2%
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
1
n.d.
284
409
44,2%
743
970
30,6%
366
532
45,3%
199
248
24,9%
49
85
72,2%
125
240
92,6%
260
256
-1,8%
289
346
19,6%
420
491
16,8%
551
912
65,7%
Valore (migliaia di euro)
2004
2005 Var. 05/04
11.911
17.686
48,5%
4.020
8.131
102,3%
6.029
6.486
7,6%
1.426
2.719
90,7%
435
347
-20,2%
10.730
15.721
46,5%
255
646
153,3%
378
888
134,9%
537
236
-56,1%
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
39
n.d.
2.297
3.994
73,9%
5.245
6.766
29,0%
2.372
4.417
86,2%
1.550
1.749
12,8%
444
759
70,9%
935
2.319
148,0%
1.966
1.984
0,9%
2.363
3.216
36,1%
2.517
3.751
49,0%
4.126
6.419
55,6%
Fonte: Ismea/Ac Nielsen.
Riguardo alla distribuzione degli acquisti monetari tra le varie aree geografiche si osserva una maggiore concentrazione dei consumi nel settentrione d’Italia
differentemente da quanto avveniva negli altri comparti Dop-Igp caratterizzati da
una certa omogeneità territoriale della spesa.
98
Nel Nord Ovest (46,0%) e nel Nord Est (36,7%) si effettua l’ 82,7% degli acquisti monetari di oli marchiati, mentre il Centro+Sardegna (15,4%) e il Sud+Sicilia (2,0%) si suddividono la restante quota.
Riguardo alle dinamiche delle vendite monetarie nel 2005 nelle quattro macroaree si nota una decisa crescita nel Nord Ovest (+102,3%) e nel Centro+Sardegna (+90,7%), un lieve sviluppo nel Nord Est (+7,6%) e un forte calo nel Sud+Sicilia (-20,2%).
Per quanto concerne i canali distributivi di questo comparto un ruolo dominante è da attribuire ai Super e Ipermercati che commercializzano l’88,9% degli
oli a marchio in valore, mentre negli altri comparti Dop-Igp (formaggi 63,3% e
salumi 66,9%) l’incidenza risulta decisamente minore.
Gli oli a denominazione trovano nella GDO uno sbocco preferito per la sua
capacità sia di contenere i prezzi più alti sia di tutelare l’immagine del prodotto
con un’adeguata esposizione.
Tra le altre forme di distribuzione, a distanza si collocano i Discount (5,0%),
le Superette (3,7%) e i negozi tradizionali (1,3%) con quote di mercato molto limitate.
Per quanto concerne le variazioni nel 2005 degli acquisti monetari si nota una
crescita per i Super e Ipermercati(+46,5%) cosi come per le Superette (+153,3%)
e i Discount (+134,9%) mentre i negozi tradizionali subiscono un calo delle vendite (-56,1%).
49) Occorre però ricordare che i prodotti a base di carne a marchio comunitario monitorati
dal Panel Ismea/ACNielsen sono soltanto pochi anche se tra di essi rientrano quelli che hanno un forte peso sul totale del mercato.
99
6. Le politiche e le denominazioni tutelate
in alcuni paesi europei
I
l presente capitolo si sofferma ad analizzare le politiche adottate per i prodotti a marchio comunitario in alcuni Paesi europei e l’andamento del mercato negli stessi.
In particolare, la ricerca rappresenta, da un lato, l’aggiornamento dei dati economici presentati nella precedente pubblicazione relativamente a Spagna e Francia e dall’altro, l’estensione della stessa indagine ad altri 4 nuovi Paesi. Quest’ultimi sono Germania, Gran Bretagna, Austria e Olanda.
6.1 La Spagna48
6.1.1 Il mercato delle DOP e IGP
La Spagna alla fine di giugno 2006 vantava un totale di 99 denominazioni tutelate a livello comunitario. Di queste 55 sono DOP, 41 IGP e 3 STG.
In poco meno di un anno49, alle denominazioni esistenti se ne sono aggiunte 7
e in futuro il numero delle denominazione crescerà ulteriormente considerando
che risultano avviate le procedure per ottenere il riconoscimento di altri 26 prodotti, tra cui 5 oli di oliva, 4 formaggi e altrettanti tipi di frutta.
I prodotti ortofrutticoli, i cereali e i legumi, rappresentati da 29 registrazioni,
costituiscono la categoria merceologica più numerosa, seguita da quella dei for-
Figura 6.1 - Le DOP, IGP e STG spagnole per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni)
Prodotti della
panetteria
6
Prodotti a base
di carne
10
Altri
6
Ortofrutticoli
e cereali
29
Carni fresche
13
Oli di oliva
16
Fonte: Elaborazione Ismea su dati UE.
100
Formaggi
19
maggi con 19 denominazioni. Il riconoscimento di 3 nuove denominazioni ha portato a 16 le DOP relative agli oli di oliva, mentre, con l’iscrizione di un nuovo
prodotto della salumeria, i prodotti a base di carne contano 10 riconoscimenti.
Il paniere della Spagna è completato da 13 denominazioni relative a carni fresche, 6 prodotti della pasticceria ed altrettanti prodotti di diversa natura, quali spezie, miele e bevande.
Dal 1999 al 2004 le denominazioni di origine - comprese quelle in attesa del
riconoscimento comunitario - sono quasi raddoppiate, passando da 58 a complessive 126. Nello stesso periodo il fatturato franco azienda è salito da 355 a 629 milioni di euro con un tasso di incremento annuo pari mediamente al 10%.
Figura 6.2 - Il fatturato alla produzione e l’evoluzione dei riconoscimenti dei prodotti DOP e IGP
in Spagna dal 1999 al 2004
(dati in milioni di euro e n° denominazioni, relativi anche a Dop e Igp in attesa di riconoscimento)
700
600
500
400
452
355
79
300
200
501
88
542
628
629
121
126
101
120
100
80
60
58
40
100
0
140
20
1999
2000
2001
2002
Fatturato alla produzione
2003
2004
0
Denominazioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
Tabella 6.1 - Fatturato alla produzione delle DOP e IGP in Spagna - 2002-2004 (dati in milioni di euro)
Formaggi
Carne fresca
Prodotti a base di carne
Prodotti della panetteria
Frutta
Olio di oliva
Ortaggi, legumi e cerali
Altri
Totale
2002
109,40
90,08
62,59
83,63
55,19
55,47
57,88
4,25
518,49
Peso %
21,1%
17,4%
12,1%
16,1%
10,6%
10,7%
11,2%
0,8%
100,0%
2003
133,77
102,12
81,10
109,07
64,52
47,35
51,07
3,83
592,83
Peso %
22,6%
17,2%
13,7%
18,4%
10,9%
8,0%
8,6%
0,6%
100,0%
2004
131,85
109,97
98,88
81,34
66,81
65,89
44,24
6,38
605,36
Peso %
21,8%
18,2%
16,3%
13,4%
11,0%
10,9%
7,3%
1,1%
100,0%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
101
Dai dati pubblicati dal Ministero spagnolo dell’agricoltura50 si evince che, nel
2004, il mercato dei prodotti con riconoscimento comunitario ha sviluppato fatturato alla produzione di 605 milioni di euro (questa volta riferito ai soli prodotti già
riconosciuti), di cui circa 81 milioni - pari al 13% del fatturato totale - dovuto alla
vendita sui mercati esteri.
Sul totale del fatturato alla produzione, i formaggi (132 milioni di euro nel
2004) hanno il peso più elevato, pari al 22%. La quota delle carni fresche, che ha
conosciuto negli ultimi anni un sensibile aumento, si aggira intorno al 18%, corrispondente a circa 110 milioni di euro, mentre quella dei prodotti a base di carne anch’essa in crescita rispetto ai due anni precedenti - è pari al 16% (99 milioni di
euro).
I prodotti della pasticceria, con un fatturato di 81 milioni di euro, rappresentano
il 13% dell’economia del circuito tutelato; seguono la frutta e gli oli di oliva, rispettivamente l’11%, corrispondenti ad un fatturato alla produzione compreso tra i 66,8
e i 65,9 milioni di euro. Al contrario si è ridotta l’incidenza degli ortaggi (7%).
Il mercato delle DOP e IGP in Spagna, seppure non sia così sviluppato come
quello consolidatosi in Italia o in Francia, si è caratterizzato negli ultimi anni per un
notevole dinamismo, come dimostra l’evoluzione del numero di denominazioni riconosciute, dei volumi dei prodotti certificati e del relativo fatturato all’origine.
A fronte di un aumento del 2% del fatturato dell’intera produzione DOP e IGP, il
valore delle esportazioni nel 2004 è cresciuto del 4% rispetto all’anno precedente.
Tabella 6.2 - Le esportazioni delle DOP e IGP spagnole - 2002-2004 (dati in milioni di euro)
Formaggi
Carne fresca
Prodotti a base di carne
Prodotti della panetteria
Frutta
Olio di oliva
Ortaggi, legumi e cereali
Altri
Totale generale
2002
22,21
0,45
0,43
9,83
21,50
16,03
1,12
0,18
71,75
Peso %
31,0%
0,6%
0,6%
13,7%
30,0%
22,3%
1,6%
0,3%
100,0%
2003
28,85
0,56
1,07
12,90
27,50
6,37
0,51
0,18
77,94
Peso %
37,0%
0,7%
1,4%
16,6%
35,3%
8,2%
0,7%
0,2%
100,0%
2004
30,77
0,59
1,43
8,25
28,43
10,69
0,63
0,17
80,96
Peso %
38,0%
0,7%
1,8%
10,2%
35,1%
13,2%
0,8%
0,2%
100,0%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
Tra le differenti categorie merceologiche, i prodotti che incidono maggiormente sul totale dell’export sono i formaggi, gli oli di oliva, e la frutta fresca: complessivamente tali prodotti rappresentano l’86% del fatturato all’export dei prodotti DOP e IGP.
Invece, i prodotti il cui peso dell’export risulta più elevato sul valore della produzione sono la frutta fresca, per la quale le esportazioni rappresentano il 42% del
fatturato all’origine, e gli oli di oliva (23%).
102
6.1.2 I formaggi
Negli ultimi anni i volumi commercializzati con il marchio di origine sono
cresciuti sia per l’aumento del numero delle denominazioni registrate sia per la
crescita produttiva delle DOP già riconosciute.
Figura 6.3 - La destinazione della produzione dei formaggi DOP e IGP in Spagna dal 1999 al 2004
(dati in tonnellate)
16.000
13.349,0
14.000
12.000
10.000
9.449,6
10.918,1
12.936,0
11.645,2
10.667,3
10.807,2
8.000
6.000
4.000
2.000
0
1.253,5
1998
2.243,2
1.776,9
1999
2000
Mercato interno
2.425,4
2001
2.720,2
2002
3.371,0
2003
3.518,0
2004
Esportazioni
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
Rispetto al 1999, durante il quale erano state commercializzate 12.700 tonnellate a marchio DOP, si rileva un aumento produttivo del 30%, mentre i flussi verso i mercati esteri nello stesso arco di tempo, sono più che raddoppiati.
Nel 2004, la produzione di formaggi a marchio DOP è stata di 16.445 tonnellate, pari a poco più del 5% della produzione totale del Paese, che nello stesso anno si è attestata sulle 304 mila tonnellate.
Complessivamente i volumi certificati nel 2004 registrano una contrazione
dell’1,6% che è in larga misura legata al calo del Queso Manchego (-10%) il quale concentra il 44% della produzione e la metà del fatturato dell’intero comparto
dei formaggi DOP e IGP.
Il calo produttivo del 2004 è seguito alla sensibile crescita evidenziatasi nel
2003 che aveva interessato la gran parte delle denominazioni.
Il 60% dei volumi a marchio di origine è costituito da 6 DOP ottenute da latte
ovino, le quali hanno raggiunto un fatturato di 95 milioni di euro, pari ad oltre il
70% dell’intero valore delle produzioni certificate. Le DOP ovine rappresentano
inoltre in quantità un quarto della produzione nazionale di formaggi da latte ovino, pari a 37 mila tonnellate.
Il peso delle quattro DOP di latte vaccino sulla produzione spagnola di que-
103
Tabella 6.3 - La produzione dei formaggi DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004 (dati in tonnellate)
Queso Manchego
Idiazabal
Roncal
Queso Zamorano
Torta del Casar
Queso de La Serena
Formaggi di latte ovino DOP
Mahon
Queso Tetilla
Queso de Cantabria
Queso d l’Alt Urgell
Formaggi di latte vaccino DOP
Queso Majorero
Queso de Murcia al vino
Queso de Murcia
Queso Ibores
Queso Palmero
Formaggi di latte caprino DOP
Cabrales
Picon Bejes-Tresviso
Quesucos de Liebana
Queso de Valdeon
Formaggi misti DOP e IGP*
Totale formaggi DOP e IGP
2002
6.408
1.090
491
302
158
175
8.625
2.224
1.819
285
168
4.496
337
203
14
86
6
647
516
35
48
0
598
14.365
2003
8.095
1.223
459
281
236
186
10.480
2.198
2.110
275
170
4.753
342
261
16
97
15
731
520
25
94
116
755
16.719
2004
7.276
1.298
437
313
290
190
9.804
2.256
2.520
293
165
5.234
232
306
14
103
22
677
486
27
134
83
730
16.445
Var. % 04/03
-10,1%
6,1%
-4,8%
11,4%
22,9%
2,2%
-6,5%
2,6%
19,4%
6,5%
-2,9%
10,1%
-32,2%
17,2%
-12,5%
6,2%
46,7%
-7,4%
-6,5%
8,0%
42,6%
-28,4%
-3,3%
-1,6%
*soltanto la denominazione Queso de Valdeon è registrata come IGP, le altre sono tutte DOP.
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
sti tipi di formaggio (130 mila tonnellate) è invece notevolmente inferiore, attestandosi attorno al 4%. Nell’ambito dei circuiti tutelati esse rappresentano il
30% in volume, a cui corrisponde un fatturato di 26,7 milioni di euro (20% del
totale).
La rimanente quota (1.400 tonnellate) si ripartisce pressoché ugualmente tra i
formaggi di latte caprino e quelli misti, rappresentativi di circa l’1% della relativa
produzione nazionale.
Al contrario della produzione, le esportazioni nel 2004 hanno continuato a crescere attestandosi sulle 3.500 tonnellate (+4,3%), di cui 2.700 costituite dal solo
Queso Manchego. Anche se è questa DOP a rappresentare in termini assoluti gran
parte del flusso delle esportazioni, l’orientamento verso i mercati esteri interessa
in realtà gran parte delle denominazioni.
104
Tabella 6.4 - Il fatturato alla produzione dei formaggi DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004
(dati in milioni di euro)
Queso Manchego
Idiazabal
Roncal
Queso Zamorano
Torta del Casar
Queso de La Serena
Formaggi di latte ovino DOP
Mahon
Queso Tetilla
Queso de Cantabria
Queso d l’Alt Urgell
Formaggi di latte vaccino DOP
Queso Majorero
Queso de Murcia al vino
Queso de Murcia
Queso Ibores
Queso Palmero
Formaggi di latte caprino DOP
Cabrales
Picon Bejes-Tresviso
Quesucos de Liebana
Queso de Valdeon
Formaggi misti DOP e IGP
Totale formaggi DOP e IGP
2002
53,89
11,99
4,67
3,00
2,40
1,84
77,79
12,77
7,97
1,27
0,96
22,96
1,82
1,64
0,12
0,67
0,04
4,29
3,66
0,36
0,32
n.d.
4,34
109,39
2003
72,86
13,76
4,68
2,86
3,59
1,95
99,70
12,61
9,24
1,20
0,97
24,02
1,85
2,04
0,14
0,85
0,11
4,99
3,75
0,20
0,62
0,49
5,06
133,77
2004
65,48
14,93
4,46
3,25
4,61
2,09
94,82
13,40
11,04
1,31
0,95
26,70
1,25
2,45
0,13
0,81
0,16
4,80
3,88
0,22
0,91
0,51
5,52
131,84
Var. % 04/03
-10,1%
8,5%
-4,7%
13,6%
28,4%
7,2%
-4,9%
6,3%
19,5%
9,2%
-2,1%
11,2%
-32,4%
20,1%
-7,1%
-4,7%
45,5%
-3,8%
3,5%
10,0%
46,8%
4,1%
9,1%
-1,4%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
6.1.3 Le carni fresche e i prodotti a base di carne
Rispetto agli altri comparti merceologici, le denominazioni relative a carni fresche e ai prodotti a base di carne hanno conosciuto negli ultimi anni lo sviluppo
più sostenuto in termini di volumi commercializzati e di fatturato.
Relativamente alle carni fresche, le 9 IGP di carni bovine, sulle 13 denominazioni fino ad oggi riconosciute, hanno registrato nel 2004 un incremento in volume del 30% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di oltre 28 mila
tonnellate.
Il notevole incremento è legato in particolare alla commercializzazione di
quantitativi certificati di alcune carni per le quali in precedenza non si era utilizzato il marchio IGP. E’ il caso ad esempio della Carne Vacuno de Pais Vasco, prodotta nella comunità autonoma dei Paesi Baschi, che al primo anno di
certificazione ha occupato, con oltre 4.400 tonnellate, una quota di mercato
105
inferiore solo a quella della Ternera de Gallega.
La produzione di quest’ultima denominazione, la prima per volumi produttivi,
nello stesso anno è aumentata dell’8,6% attestandosi a 14.540 tonnellate.
Le ampie potenzialità di sviluppo, rispetto ai volumi effettivamente marchiati
negli anni precedenti, sono state in parte sfruttate anche da alcune IGP minori, come la Ternera Asturiana, i cui volumi sono cresciuti del 37% (per un totale di
3.720 tonnellate) e la Carne de Extremadura (+95%).
Le tre IGP relative a carni di agnello diversamente hanno accusato una contrazione in volume pari al 2,7% a cui tuttavia è corrisposta una tenuta in termini di
fatturato che si è attestato sui 14,5 milioni di euro.
La principale IGP per volumi produttivi è il Ternasco de Aragon il cui fatturato alla produzione nel 2004 è sceso a 6,9 milioni di euro (-8,1%) a causa della diminuzione dei volumi marchiati. Nel 2004 si è assistito invece alla notevole crescita dell’IGP Cordero Manchego, rispetto ai volumi a marchio commercializzati
nei due anni precedenti.
Tabella 6.5 - Produzione e fatturato alla produzione delle carni fresche IGP in Spagna dal 2002 al 2004
(dati in tonnellate, milioni di euro)
Ternera Gallega
Ternera Asturiana
Ternera de Navarra
Carne de la Sierra de Guadarrama
Carne de Avila
Carne de Morucha de Salamanca
Carne de Exteremadura
Carne de Cantabria
Carne de Vacuno del Pais
Totale carni bovine IGP
Ternasco de Aragon
Lechazo de Castilla y Leon
Cordero Manchego
Totale carni ovine IGP
Polo y Capon del Prat
Totale carni fresche IGP
2002
10.979
3.425
2.198
1.853
645
276
19
0
0
19.395
1.335
477
442
2.254
10
21.659
Produzione
2003
13.386
2.717
2.473
1.852
662
261
374
0
0
21.725
1.252
531
588
2.371
24
24.120
2004
14.540
3.722
2.370
1.714
682
295
727
71
4.426
28.547
1.046
532
729
2.307
30
30.884
Var. %
2004/2003
8,6%
37,0%
-4,2%
-7,5%
3,0%
13,0%
94,4%
31,4%
-16,5%
0,2%
24,0%
-2,7%
25,0%
28,0%
Fatturato alla produzione
2002
2003
2004
44,47
56,22
59,61
16,65
13,07
17,20
7,56
8,63
8,08
6,24
6,11
5,14
1,9
1,91
1,92
0,83
0,76
0,86
0,06
1,13
2,16
0
0
0,28
0
0
n.d.
77,71
87,83
95,25
6,67
7,51
6,90
2,86
3,35
3,36
2,79
3,27
4,25
12,32
14,13
14,51
0,05
0,16
0,23
90,08
102,12 109,99
Var. %
2004/2003
6,0%
31,6%
-6,4%
-15,9%
0,5%
13,2%
91,2%
8,4%
-8,1%
0,3%
30,0%
2,7%
43,8%
7,7%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de
Calidad Diferenciada.
Riguardo ai prodotti a base di carne, i prosciutti e le spalle stagionate rappresentano la quota più rilevante del mercato: nel 2004, il valore alla produzione si è
attestato a 94,45 milioni di euro, in aumento del 51% rispetto all’anno precedente.
In volume il numero dei pezzi marchiati, pari 916 mila, è cresciuto invece del
42,6%.
106
Nel 2004 alle quattro DOP già esistenti si è aggiunta l’IGP Jamon de Trevelez,
di cui nello stesso anno sono stati commercializzati 63.700 pezzi.
La DOP più importante è il Jamon de Teruel del quale sono stati commercializzati 380 mila pezzi, l’11% in più rispetto al 2003.
La produzione di Guijelo, che si è attestata sui 256 mila prosciutti marchiati, è
invece cresciuta di oltre 110 mila pezzi, realizzando un aumento del 78,5%. Solo
nel 2002 la produzione certificata di questa DOP si aggirava a poco più di 83 mila
pezzi, corrispondenti a meno del 12% del potenziale delle aziende del circuito.
Il Jamon de Huelva è la denominazione che in termini relativi ha conosciuto la
crescita più consistente: la produzione a marchio di origine è infatti raddoppiata,
mentre il fatturato è passato da 6,4 a circa 17 milioni di euro. La DOP Dehesa de
Extremadura, con un incremento del 6,5% in quantità (pari a 120 mila pezzi), ha
confermato infine la tendenza già mostrata nei due anni precedenti.
Tabella 6.6 - Produzione e fatturato alla produzione dei prosciutti DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004
(dati in n°pezzi, milioni di euro)
Jamón de Teruel
Guijuelo
Dehesa de Extremadura
Jamón de Huelva
Jamoòn de Trevelez
Totale prosciutti DOP e IGP
2002
293.242
83.625
107.053
59.851
0
543.771
Produzione
2003
341.678
143.456
112.650
45.326
0
643.110
2004
379.832
256.081
119.966
97.225
63.720
916.824
Var. %
2004/2003
11,2%
78,5%
6,5%
114,5%
42,6%
Fatturato alla produzione
2002
2003
2004
17,62
20,53
22,82
11,32
16,74
30,90
14,35
18,94
20,38
6,20
6,38
16,98
0
0
3,37
49,49
62,59
94,45
Var. %
2004/2003
11,2%
84,6%
7,6%
166,1%
50,9%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de
Calidad Diferenciada.
Il paniere spagnolo dei prodotti tipici a base di carne è completato da 5 prodotti IGP, tre dei quali si riferiscono a insaccati di carni suine e i rimanenti a preparati
stagionati o affumicati ottenuti rispettivamente da carne suina (Lacon Gallego) e
bovina (Cecina de Leon).
Tabella 6.7 - Produzione e fatturato alla produzione dei prodotti a base di carne IGP in Spagna dal 2002 al 2004
(dati in tonnellate, milioni di euro)
2002
Sobrasada de Mallorca
2.641
Cecina de León
169
Salchichón de Vic o Llonganissa de Vic 103
Botillo del Bierzo
247
Lacón Gallego
24
Totale preparati a base di carne IGP 3.182,4
Produzione
2003
2.415
418
128
231
32
3.224
2004
2.494
472
124
250
18
3.358
Var. %
2004/2003
3,3%
12,9%
-3,1%
8,2%
-43,8%
4,2%
Fatturato alla produzione
2002
2003
2004
8,79
8,55
9,08
2,03
7,31
8,50
1,47
1,82
1,77
0,72
0,69
0,80
0,09
0,13
0,08
13,10
18,50
20,23
Var. %
2004/2003
6,2%
16,3%
-2,7%
15,9%
-38,5%
9,4%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de
Calidad Diferenciada.
107
Nello stesso anno il valore alla produzione di questi prodotti è cresciuto del
9,4% raggiungendo i 20,2 milioni di euro. Tra tutte le denominazioni la principale
è la Sobrasada de Mallorca, con una produzione pari a 2.494 tonnellate e un giro
di affari alla produzione di 9,1 milioni di euro, corrispondente a circa tre quarti
del fatturato alla produzione dei salumi IGP (esclusi i prosciutti).
6.1.4 Gli oli di oliva
In Spagna i comprensori di produzione delle DOP di oli di oliva vantano un
potenziale produttivo di oltre 310 mila ettari, su una superficie totale di 2,2 milioni di ettari, che tuttavia solo parzialmente sono dedicati alla produzione di oli
commercializzati con il marchio di origine.
Complessivamente nel 2004 sono state distribuite 19 mila tonnellate di olio
d’oliva con il marchio DOP relativo a 13 denominazioni registrate.
Rispetto alla produzione totale di olio di oliva della Spagna, che nel 2004 è
stata di 950 mila tonnellate, la produzione tutelata ha rappresentato quindi una
quota pari al 2%.
Figura 6.4 - La produzione degli oli di oliva DOP in Spagna dal 1999 al 2004 (dati in tonnellate)
18.000
16.000
14.000
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
0
16.054
12.658
12.020
10.612
10.640
8.421
5.742
4.084
2.767
1.646
1999
2000
2001
Esportazioni
1.906
2002
2003
2.895
2004
Mercato interno
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de
Sistemas de Calidad Diferenciada.
I quantitativi certificati hanno registrato un aumento del 30% (+4.380 tonnellate) che è seguito al sensibile calo subito nel 2003 da alcune delle principali denominazioni.
Il crollo accusato dai quantitativi certificati della DOP Les Garrigues, non pienamente recuperato nel 2004, ha determinato una ridistribuzione delle quote di
mercato a favore di altre denominazioni quali Siurana, Baena e Sierra de Cazorla.
Queste rappresentano il 43% dei quantitativi DOP e circa il 48% del fatturato al-
108
Tabella 6.8 - Produzione e fatturato alla produzione degli oli di oliva DOP in Spagna dal 2002 al 2004
(dati in tonnellate, milioni di euro)
Siurana
Baena
Sierra de Cazorla
Sierra Mágina
Les Garrigues
Priego de Córdoba
Montes de Granada
Aceite del Bajo Aragón
Montes de Toledo
Sierra de Segura
Aceite de Terra/Oli de Terra Alta
Sierra de Cádiz
Aceite de Mallorca
Antequera
Aceite de La Rioja
Totale oli di oliva DOP
2002
2.740
2.846
750
1.700
5.020
1.606
0
950
1.114
645
313
78
0
0
0
17.762
Produzione
2003
2571
2628
1500
1616
941
1580
0
1200
600
610
709
609
0
0
0
14.564
2004
3.233
2.945
2.000
1.833
1.624
1.601
1.596
1.500
750
720
635
491
21
0
0
18.949
Var. %
2004/2003
25,7%
12,1%
33,3%
13,4%
72,6%
1,3%
25,0%
25,0%
18,0%
-10,4%
-19,4%
30,1%
Fatturato alla produzione
2002
2003
2004
12,03
10,66
14,11
9,76
10,04
12,40
1,80
3,60
4,80
3,72
4,85
5,60
14,99
3,91
6,74
4,19
4,74
6,40
0,00
0,00
4,39
3,14
3,63
5,07
3,06
1,98
2,63
1,55
n.d.
n.d.
0,88
2,06
2,03
0,35
1,83
1,47
0,00
0,00
0,24
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
55,47
47,30
65,88
Var. %
2004/2003
32,4%
23,5%
33,3%
15,5%
72,4%
35,0%
39,7%
32,8%
-1,5%
-19,7%
39,3%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de
Calidad Diferenciada.
l’origine, passato da 47,3 a poco meno di 66 milioni di euro (+39%).
Nel 2004 i volumi destinati ai mercati esteri hanno rappresentato il 15% della
produzione certificata.
Fino al 2002 l’aumento della produzione era stata accompagnata da un sensibile incremento delle esportazioni, arrivate a rappresentare fino al 30% della produzione a marchio. Nel biennio successivo si è verificata una battuta di arresto,
con una riduzione dell’export a 2.900 tonnellate, che è dovuta però esclusivamente al calo dei quantitativi certificati della DOP Les Garrigues.
6.1.5 Gli ortofrutticoli e i cereali
Il circuito delle DOP e IGP nel settore ortofrutticolo della Spagna è per volumi
produttivi e fatturato uno dei più sviluppati in ambito comunitario.
Nel 2004 il giro di affari alla produzione risultava complessivamente di circa
110 milioni di euro, di cui 67 milioni attribuibili al solo comparto della frutta fresca.
La produzione di frutta commercializzata con il marchio comunitario è aumentata del 6,4%, attestandosi intorno alle 83 mila tonnellate, mentre il fatturato è
cresciuto del 3,5%.
Le DOP più importanti sono la Nisperos de Callosa (nespola), il cui valore al-
109
l’origine è stimato in 20,6 milioni di euro (+11,5%) e la Manzana de Girona (mela), che ha fatturato 17,3 milioni di euro (-0,9%).
Nello stesso anno, soltanto per due delle 11 denominazioni riconosciute, non è
stato commercializzato alcun quantitativo con il marchio di origine.
Tabella 6.9 - Produzione e fatturato alla produzione della frutta DOP e IGP in Spagna dal 2002 al 2004
(dati in tonnellate, milioni di euro)
Tipo
Produzione
Var. %
di prodotto 2002
2003
2004 2004/2003
Nísperos Callosa d’En Sarriá (DOP)
Nespola
14.102 12.341 17.634
42,9%
Manzana de Girona (IGP)
Mela
19.500 34.200 32.600
-4,7%
Kaki Ribera del Xuquer (DOP)
Cachi
1.879
6.815
6.159
-9,6%
Uva embolsada "Vinalopó" (DOP)
Uva
13.759 13.082 12.647
-3,3%
Cítricos Valencianos (IGP)
Agrumi
3.868
5.848
8.883
51,9%
Melocotón de Calanda (DOP)
Pesca
4.319
3.635
3.070
-15,5%
Peras de Rincón de Soto (DOP)
Pera
0
800
1.100
37,5%
Cerezas de la Montaña de Alicante (IGP) Ciliegia
1.179
1.004
605
-39,7%
Manzana Reineta del Bierzo (DOP)
Mela
560
121
162
33,9%
Clementinas de las Tierras del Ebro (IGP) Clementina
0
0
0
Pera de Jumilla (DOP)
Pera
0
0
0
Totale Frutta DOP e IGP
59.166 77.846 82.860
6,4%
Fatturato alla produzione
Var. %
2002 2003 2004 2004/2003
15,52 18,51 20,63
11,5%
9,36 17,44 17,28
-0,9%
2,26
7,5
7,08
-5,6%
13,45
5,76
6,45
12,0%
1,99
3,87
6,32
63,3%
4,66
7,27
6,14
-15,5%
0,00
0,88
1,32
50,0%
3,99
3,21
1,47
-54,2%
0,42
0,08
0,12
50,0%
0
0
0
0
0
0
51,65 64,52 66,81
3,5%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de
Calidad Diferenciada.
Il biennio 2003-2004 si è caratterizzato per una decisa ripresa della produzione sottoposta a certificazione. Nei due anni precedenti infatti, nonostante
l’aumento delle denominazioni riconosciute, la crescita dei quantitativi a marchio aveva accusato una battuta di arresto, dovuta alle difficoltà di molte filiere ad implementare il sistema di certificazione imposto dal regime comunitario.
Sul mercato della frutta DOP e IGP le esportazioni hanno un’incidenza superiore a quella di qualsiasi altro comparto, pari al 37% dell’intera produzione a
marchio. Per alcune denominazioni i volumi destinati direttamente ai mercati
esteri sono addirittura superiori a quelli distribuiti sul territorio nazionale come
nel caso delle DOP Nisperos Callosa e Kaki Ribera del Xuquer e dell’IGP Citricos Valencianos.
La produzione di ortaggi, cereali e legumi DOP e IGP nel 2004 si è attestata sulle 29.920 tonnellate per un valore all’origine di 44,3 milioni di euro.
Rispetto all’anno precedente si registra un calo del fatturato complessivo del
13,4% che si è distribuito equamente tra tutte le tre categorie merceologiche.
Per i soli ortaggi il valore all’origine, pari a 31,2 milioni di euro è diminui-
110
Tabella 6.10 - Produzione e fatturato alla produzione degli ortaggi DOP e IGP in Spagna dal 2003 al 2004
(dati in tonnellate, milioni di euro)
Espárrago de Navarra (IGP)
Berenjena de Almagro (IGP)
Chufa de Valencia (DOP)
Pimientos del Piquillo de Lodosa (DOP)
Alcachofa de Tudela (IGP)
Alcachofa de Benicarló (DOP)
Pimiento Asado del Bierzo (IGP)
Espárrago de Huétor-Tájar (IGP)
Calçot de Valls (IGP)
Pimiento Riojano (IGP)
Totale ortaggi DOP e IGP
Arroz del Delta del Ebro (IGP)
Arroz de Valencia (DOP)
Calasparra (DOP)
Totale cereali DOP e IGP
Faba Astruriana (IGP)
Judías de El Barco de Ávila (IGP)
Lenteja de La Armuña (IGP)
Totale legumi IGP
Totale ortaggi, legumi e cereali DOP e IGP
Tipo
di prodotto
Asparago
Melanzana
Nocciola
Peperone
Carciofo
Carciofo
Peperone
Asparago
Cipolla
Peperone
Riso
Riso
Riso
Fava
Fagiolo
Lenticchia
Produzione
2003
2004
4.874
3.279
1.091
1.342
3.935
3.046
1.035
1.041
247
483
1.302
1.494
36
91
172
142
315
273
0
234
13.007
11.425
13056
13014
3521
3758
1380
1347
17.957
18.119
75
67
52
74
400
235
527
376
31.491
29.920
Var. %
2004/2003
-32,7%
23,0%
-22,6%
0,6%
95,5%
14,7%
152,8%
-17,4%
-13,3%
-12,2%
-0,3%
6,7%
-2,4%
0,9%
-10,7%
42,3%
-41,3%
-28,7%
-5,0%
Fatturato alla produzione Var. %
2003
2004
2004/2003
21,93
13,07
-40,4%
3,14
5,23
66,6%
5,90
5,21
-11,7%
3,11
3,12
0,3%
0,94
1,64
74,5%
1,02
1,02
0,0%
0,22
0,57
159,1%
0,72
0,56
-22,2%
0,50
0,43
-14,0%
0,00
0,31
37,48
31,16
-16,9%
6,27
6,12
-2,4%
3,78
3,74
-1,1%
1,79
1,68
-6,1%
11,84
11,54
-2,5%
0,75
0,68
-9,3%
0,29
0,44
51,7%
0,72
0,42
-41,7%
1,76
1,54
-12,5%
51,08
44,24
-13,4%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentacion - Subdireccion General de Sistemas de
Calidad Diferenciada.
to del 17% a causa principalmente della forte contrazione dei quantitativi certificati della DOP Esparrago de Navarra che concentra quasi il 60% dell’intero
fatturato.
6.2 La Francia51
6.2.1 Il mercato delle DOP e IGP in Francia
Il paniere dei prodotti tipici della Francia, a fine luglio 2006, contava 148 denominazioni riconosciute a livello comunitario.
Di queste, 69 sono state registrate come DOP, mentre, allo stato attuale non figurano tra i prodotti tutelati denominazioni riconosciute come STG.
Il comparto merceologico maggiormente rappresentato è quello delle carni
111
Figura 6.5 - Le DOP e IGP francesi per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni)
Prodotti a base
di carne
4
Ortofrutticoli
e cereali
22
Oli di oliva
5
Carni fresche
50
Altri
24
Formaggi
43
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Ue.
fresche di cui, in assoluto, il Paese detiene il primato comunitario per numero di
registrazioni; tale comparto somma 50 denominazioni (il 50% del totale), di cui la
maggior parte registrate come IGP e ben 40 relative a carni avicole.
La Francia vanta in ambito Ue il maggior numero di riconoscimenti anche nel
comparto dei formaggi, sebbene lo scarto rispetto ad altri Paesi europei a più forte
vocazione sia inferiore. Le denominazioni tutelate relative ai formaggi sono in totale 43, di cui 39 iscritte come DOP.
Seguono i prodotti ortofrutticoli e i cereali con 22 denominazioni registrate, di
cui 14 come IGP.
Compongono ancora il paniere dei prodotti DOP e IGP francesi 5 oli di oliva, i
prodotti trasformati a base di carne (4 denominazioni) e 4 varietà di olive da tavola.
Nei seguenti paragrafi si analizzano, per i principali comparti merceologici i
dati economici (produzione, fatturato ed export) relativi al 2004.
Tuttavia, al momento della stesura della pubblicazione non erano ancora state
divulgate dall’INAO le statistiche aggiornate al 2004 relative alle IGP francesi.
Per questo motivo i dati di seguito analizzati si riferiscono ai soli prodotti DOP.
Gli ultimi dati disponibili per i prodotti IGP, riferiti al 2003, sono riportati nella
precedente pubblicazione ISMEA52.
6.2.2 I formaggi
I formaggi DOP in Francia rappresentano il comparto di maggior peso nell’economia complessiva dei circuiti tutelati del Paese e il più sviluppato a livello comunitario dopo quello italiano. La loro produzione muove mediamente un fatturato all’origine di due miliardi di euro all’anno e corrisponde all’11% della produzione nazionale di formaggi freschi e stagionati, pari nel 2004 a 1,84 milioni di tonnellate.
Le filiere certificate contano complessivamente circa 24.000 produttori di lat-
112
te, 1.400 caseifici aziendali, 250 caseifici privati, 227 caseifici di tipo cooperativo
e 154 imprese specializzate nella sola fase di stagionatura dei formaggi.
L’evoluzione delle quantità certificate degli ultimi 5 anni mostra complessivamente una generale tendenza alla crescita, interrotta solo in occasione del 2003
per ragioni di natura congiunturale.
Inoltre, per i prossimi anni è prevedibile un’ulteriore crescita dei volumi certificati DOP dovuta anche al riconoscimento di tre nuove denominazioni la cui
istruttoria è attualmente in corso, e che testimonia la continua attenzione degli
operatori francesi alla valorizzazione del legame tra prodotto e territorio.
Figura 6.6 - La produzione dei formaggi DOP in Francia dal 1999 al 2004 (tonnellate)
200.000
180.000
160.000
165.835
163.396
159.954
155.692
165.174
162.521
140.000
120.000
100.000
Formaggi di
latte vaccino Dop
80.000
60.000
40.000
20.000
0
20.820
5.016
1999
21.202
5.390
2000
22.236
5.844
2001
21.819
6.304
2002
22.063
5.965
2003
22.564
6.071
2004
Formaggi di
latte ovino Dop
Formaggi di
latte caprino Dop
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
Nel 2004 la produzione DOP di formaggi si è attestata intorno alle 193.810
tonnellate, in crescita dell’1,7% rispetto all’anno precedente e corrispondente
all’11% della produzione nazionale di formaggi freschi e stagionati (pari a 1,84
milioni di tonnellate).
L’incremento produttivo registratosi è dovuto in particolare alla forte progressione del Rocamadour (+21,8%) e alla crescita, seppure più contenuta (+3,6%),
del Saint-Maure de Touraine.
Tra le DOP interessate da incrementi produttivi rientra anche il Picodon Drome-Ardèche, originario degli omonimi dipartimenti della regione Rhone-Alpes, la
cui produzione nel 2004 è salita a 577 tonnellate (+15,4%). Il Crottin de Chavignol, invece, è stato interessato da un calo dell’1,9% che si aggiunge a quello più
sostenuto conosciuto nel 2003.
L’85,2% del totale della produzione certificata (pari a 165 mila tonnellate) è
rappresentata dai formaggi di latte vaccino che rilevano un incremento dell’1,6%.
Tali formaggi, oltre ad assumere il peso maggiore per numero di denominazioni e
per volumi produttivi, rappresentano anche il 9,5% del totale della produzione nazionale, percentuale che arriva al 16% se si considerano i soli formaggi stagionati.
113
Tabella 6.11 - La produzione di formaggi DOP in Francia dal 2002 al 2004 (tonnellate)
Denominazioni
Comte
Cantal
Reblochon
Saint-Nectaire
Camembert Normadie
Munster
Brie de Meaux
Blue d'Auvergne
Morbier
Altri
Formaggi di latte vaccino DOP
Roquefort
Ossau-Iraty
Brocciu Corse ou Brocciu
Formaggi di latte ovino DOP
Crottin de Chavignol ou Chavignol
Sainte-Maure de Touraine
Rocamadour
Selles-sur-Cher
Chabichou du Poitou
Picodon
Altri
Formaggi di latte caprino DOP
Totale formaggi DOP
2002
46.640
17.996
17.404
12.462
13.079
7.800
7.218
6.869
4.989
31.378
165.835
18.430
2.953
436
21.819
1.635
1.220
700
762
534
443
1.010
6.304
193.958
2003
44.717
17.974
16.987
12.715
12.541
7.239
6.774
6.434
5.519
31.621
162.521
18.510
3.067
486
22.063
1.160
1.065
808
788
555
500
1.080
5.956
190.540
2004
43.555
18.828
16.636
13.369
12.747
7.625
6.965
6.541
6.459
32.449
165.174
18.719
3.352
493
22.564
1.138
1.103
984
747
553
577
969
6.071
193.809
Var. % 04/03
-2,6
4,8
-2,1
5,1
1,6
5,3
2,8
1,7
17
2,6
1,6
1,1
9,3
1,4
2,3
-1,9
3,6
21,8
-5,2
-0,4
15,4
-10,3
1,9
1,7
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
Gli allevamenti bovini che conferiscono latte per produzioni DOP sono circa
16 mila, mentre le strutture di trasformazione sono oltre 1.200 tra cui rientrano
una grande quantità di piccoli caseifici aziendali.
La crescita produttiva rilevata dai formaggi di latte vaccino (+1,6%) è stata
determinata dall’espansione produttiva di tutte le denominazioni, ad eccezione del
Reblochon (-2,1%) e del Comté, il cui calo del 2,6% segue quello già registrato
nell’anno precedente.
Nel caso del Comté la contrazione della produzione è stata accompagnata da
una battuta di arresto di pari entità delle esportazioni. Negli anni precedenti, al
contrario, l’export di Comtè aveva conosciuto un’espansione del tutto simile a
quello del Roquefort.
I 3 formaggi di latte ovino DOP con 22.564 tonnellate rappresentano l’11,6% della
produzione totale di formaggi DOP e registrano un aumento del 2,3% rispetto al 2003.
Tra queste denominazioni, quella più importante è il Roquefort, che da solo
concorre alla produzione di più dell’80% del totale e rappresenta inoltre poco meno del 10% dell’intera produzione francese di formaggi DOP.
Tuttavia la crescita produttiva registrata è il risultato non solo dell’evoluzione
114
del Roquefort, il cui aumento nel 2004 è stato dell’1,1%, ma anche della forte ascesa dell’Ossau-Iraty, pecorino stagionato originario della zona dei Pirenei Atlantici la
cui produzione nel 2004 è aumentata del 9,3%, portandosi a 3.350 tonnellate. Questa DOP rientra però tra le denominazioni francesi che negli ultimi anni hanno conosciuto gli incrementi produttivi più elevati.
Inoltre, si rileva che l’incidenza dei formaggi ovini DOP sulla produzione nazionale
di tale tipologia di formaggi, pari nel 2004 a 56.600 tonnellate, è particolarmente elevata aggirandosi intorno al 40%, mentre il solo Roquefort ne rappresenta circa un terzo.
Il restante 3,1% (6.071 tonnellate) della produzione di formaggi DOP è rappresentato dalle 10 DOP di formaggi caprini, la cui produzione nel 2004 è cresciuta dell’1,9%. Tale crescita è risultata in linea con quella realizzata dai formaggi DOP di latte bovino e ovino, cresciuti, come già sottolineato, rispettivamente
dell’1,6% e del 2,3%.
I formaggi caprini DOP rappresentano, inoltre, l’8% delle 78.270 tonnellate di
formaggi caprini prodotte nel 2004 in Francia.
In generale, la DOP più importante in termini di volumi di produzione è il
Comté, formaggio di latte vaccino a pasta pressata la cui stagionatura non è inferiore ai 4 mesi.
Nel 2004 ne sono state prodotte 43.555 tonnellate, pari al 22% di tutta la produzione francese di formaggi DOP. La filiera del Comté è costituita da 3.200 allevamenti di bovini da latte, da 184 strutture di trasformazione, in gran parte cooperative, e da 20 magazzini di stagionatura.
Al Comtè seguono il Cantal e il Roquefort, rispettivamente con 18.828 e
18.719 tonnellate.
In particolare, per il Roquefort si evidenzia il trend di crescita regolare della
produzione, iniziato dal 1999, interrotto solo da un sensibile calo nel 2002, mentre
nello stesso periodo le esportazioni sono costantemente aumentate salendo, nel
2004, da 2.900 tonnellate ad oltre 3.600 tonnellate.
Tabella 6.12 - Le esportazioni dei principali formaggi DOP francesi dal 2002 al 2004
(tonnellate)
Denominazioni
Roquefort
Comté
Bleu d’Auvergne
Brie de Meaux
Munster ou Munster-Géromé
Epoisses de Bourgogne
Cantal
Crottin de Chavignol
Camembert de Normandie
2002
3.148
2.579
1.719
619
461
162
230
57
62
2003
3.509
2.683
1.418
714
340
207
187
66
74
2004
3.601
2.613
1.663
1.014
455
249
188
93
53
Var. % 04/03
2,6
-2,6
17,3
42
33,8
20,3
0,5
40,9
-28,4
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
115
Tra tutte le DOP francesi infatti il Roquefort è quello maggiormente richiesto sui mercati esteri, ai quali mediamente viene destinata una quota che si aggira intorno al 20% della produzione annua.
Negli ultimi dieci anni le esportazioni di questo formaggio sono cresciute ininterrottamente fino a raggiungere nel 2004 un totale di 3.600 tonnellate, il 2,6% in
più rispetto ai volumi dell’anno precedente. L’incidenza sul totale dell’export di
formaggi DOP del prodotto in questione nello stesso anno è salita dal 34 al 36%,
in ragione anche del calo subito dalla vendite all’estero del Comtè.
Tra i formaggi di latte caprino, le due principali denominazioni sono il Crottin
de Chavignol e il Sainte-Maure de Touraine: nel 2004 contano rispettivamente
una produzione certificata pari a 1.100 tonnellate.
Su volumi di non molto inferiori rispetto a tali produzioni, si posiziona il Rocamadour, di cui nel 2004 sono state prodotte 984 tonnellate.
La DOP Crottin de Chavignol concentra, inoltre, la quasi totalità delle esportazioni realizzate dal comparto, pari nel 2004 a 109 tonnellate.
Figura 6.7 - Le esportazioni francesi di formaggi DOP dal 1999 al 2004 (tonnellate)
8.000
7.046
7.000
6.000
6.753
6.461
5.280
5.550
5.229
5.000
6.312
4.000
3.000
2.902
2.993
2.959
3.133
3.148
3.526
3.601
Formaggi di
latte ovino Dop
2.000
1.000
0
Formaggi di
latte vaccino Dop
71
1998
59
1999
122
2000
124
2001
129
2002
110
2003
109
2004
Formaggi di
latte caprino Dop
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
6.2.3 Le carni fresche
Per numero di denominazioni e fatturato, le DOP e le IGP di carni avicole sono le più importanti tra quelle relative alle carni fresche. Queste contano infatti 34
designazioni, di cui 32 sono state registrate come IGP.
La Francia, inoltre attualmente è il solo Paese della Ue che ha ottenuto il riconoscimento di DOP relative a carni avicole.
Nel 2003 le sole carni avicole IGP hanno realizzato un fatturato alla produzione di circa 492,59 milioni di euro, corrispondenti all’84% dell’intero giro di affari
del mercato delle carni fresche francesi a marchio IGP, che si è attestato sui
588,61 milioni di euro.
116
Tabella 6.13 - Produzione e valore all’origine delle carni fresche IGP in Francia (2003)
Canard à foie gras du Sud-Ouest
Altre carni avicole
Totale carni avicole Igp
Veau de l'Aveyron
Veau du Limousin
Boeuf du Maine
Boeuf du Bourbonnais
Boeuf de Chalosse
Totale carni bovine Igp
Agneau du Limousin
Agneau de l'Aveyron
Agneau du Quercy
Agneau du Bourbonnais
Totale carni ovine Igp
Porc de la Sarthe
Porc du Limousin
Porc de Normandie
Porc de Vendée
Totale carni suine Igp
Totale carni Igp
Allevamenti
(n.)
1.255
5.199
6.454
831
3.177
1.270
113
371
5.762
1.122
437
408
58
2.025
52
132
183
83
450
14.691
Capi macellati
(n.)
16.234.757
95.494.929
111.729.686
15.710
19.750
4.679
2.356
2.162
44.657
150.000
48.982
44.997
6.045
250.024
40.088
39.133
8.000
5.324
92.545
112.116.912
Produzione
(ton)
n.d.
115.985
115.985
3.300
2.548
2.210
1.018
841
9.917
2.700
833
765
112
4.410
3.610
3.326
600
550
8.086
138.398
Fatturato
(mil.di euro)
254,57
238,02
492,59
20,36
15,42
9,86
3,45
4,49
53,58
16,46
5,25
4,82
0,65
27,18
6,82
6,15
1,08
1,21
15,26
588,61
%
43,2
40,4
83,7
3,5
2,6
1,7
0,6
0,8
9,1
2,8
0,9
0,8
0,1
4,6
1,2
1
0,2
0,2
2,6
100
Fonte: INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
Nello stesso anno il fatturato alla produzione realizzato dalle 5 IGP relative a
carni bovine è stato di 54 milioni di euro, pari al 9% dell’intero comparto delle
carni fresche ad indicazione geografica protetta.
Le principali sono le IGP Veau de l’Aveyron e Veau du Limousin relative a
carni di vitello che concentrano i due terzi del fatturato alla produzione del comparto bovino IGP.
Tra le carni ovine (27 milioni di euro di fatturato nel 2003) è da rilevare che
l’IGP Agneau de Limousin rappresenta circa il 60% del valore alla produzione di
dello stesso comparto ovino IGP e che il peso complessivo di quest’ultimo sul totale carni fresche IGP supera di poco il 4%.
Infine il peso delle 4 designazioni di carni suine con 15,3 milioni di euro è
complessivamente più basso, rappresentando meno del 3% del fatturato delle carni fresche a marchio IGP.
Tra le carni fresche dotate di marchio Dop, tra i principali prodotti del segmento più importante delle carni fresche che è quello avicolo, la stima della produzione della denominazione Volaille de Bresse per il 2004 è di 1.171 tonnellate,
corrispondenti ad oltre 932 mila capi macellati. Si tratta di volumi che corrispondono all’1% circa della produzione annua di carni di pollo di cui la Francia è tra i
117
primissimi produttori a livello comunitario. Rispetto all’anno precedente si registra una crescita dei volumi a marchio intorno all’1%. Nella stessa area di origine,
situata lungo i confini di tre regioni (Bourgogne, Franche-Comtè e Rhone-Alpes),
viene allevato il Dinde de Bresse, da cui nel 2004 sono state prodotte 87 tonnellate di carni (25 mila capi circa), un quantitativo che è inferiore all’1% della produzione francese di carni di tacchino.
Tabella 6.14 - La produzione di carni fresche DOP in Francia dal 2003 al 2004
Volaille de Bresse
Dinde de Bresse
Taureau de Camargue
Allevamenti
(n.)
281
35
92
Capi macellati
(n.)
932.461
24.730
-
Produzione DOP (ton)
2003
2004
1.161
1.171
84
87
260
310
Var. %
04/03
0,9
3,6
19,2
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
Tra i circuiti DOP di carni fresche è compresa infine anche la denominazione
Taureau de Camargue, istituita allo scopo di valorizzare le carni dei tori da combattimento selezionati per le tradizionali corride (course à la cocarde) che costituiscono una tipica attrazione turistica della regione. Si tratta anche per questo motivo di una produzione molto limitata, pari nel 2004 a 310 tonnellate, distribuita
prevalentemente presso i circuiti locali della ristorazione.
6.2.4 I prodotti ortofrutticoli e i cereali
La Francia conta un totale di 22 denominazioni di prodotti ortofrutticoli, 14
delle quali registrate come IGP.
Come evidenziato nella precedente pubblicazione ISMEA53, nel 2003, ultimo
anno disponibile, il valore all’origine della sola produzione commercializzata con
marchio IGP è stato di 131,2 milioni di euro; di questo, il 61,5% è stato realizzato
Tabella 6.15 - Produzione e valore all’origine degli ortofrutticoli e dei cereali IGP in Francia nel 2003
Pruneau d'Agen
Melon du Hau-Poitou
Pomme et Poire de Savoie
Mirabelle de Lorraine
Riz de Camargue
Mâche de Nantes
Altri
Totale ortofrutticoli
e cereali Igp
Tipo di prodotto Produttori (n.)
Prugna secca
1.666
Melone
19
Mela e pera
56
Prugna
97
Riso
185
Lattuga
30
299
2.352
Produzione (t.)
38.887
6.500
3.500
5.300
10.000
489
1.381
66.057
%
59
9,8
5
8
15,1
0,7
2,1
100
Fatturato (mil. €)
80,74
36,26
4,2
4
2,46
0,48
3,04
131,18
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
118
%
61,5
27,6
3,2
3
1,9
0,4
2,3
100
dalla Pruneau d’Agen (81,7 milioni di euro).
Alla Pruneau d’Agen segue, per fatturato, l’IGP Melon du Haut-Poitou, di cui
sono state commercializzate nello stesso anno circa 6.500 tonnellate per un fatturato di 36,6 milioni di euro.
Nel 2004, le 8 DOP che completano il paniere dei prodotti ortofrutticoli a marchio di origine hanno interessato una superficie produttiva di 18.800 ettari e coinvolto oltre 5.000 produttori agricoli, esclusi i trasformatori/confezionatori.
Tra tali DOP, va ricordata la DOP Noix de Grenoble, tra i primissimi prodotti
diversi da quelli lattiero - caseari, ad avere ottenuto in Francia il marchio AOC.
Tale denominazione nel 2004 contava una produzione certificata pari a 5.455
tonnellate (+21% rispetto all’anno precedente) e rappresenta ben il 21% della produzione nazionale di noci. Viene coltivata in un’area compresa in tre dipartimenti
(Isère, Drome e Savoie) della regione Rhone – Alpes e trova un importante sbocco commerciale sui mercati esteri: il 60% della produzione è esportato principalmente sul mercato tedesco, spagnolo ed italiano.
Tabella 6.16 - Produzione degli ortofrutticoli e dei legumi DOP in Francia dal 2003 al 2004
Tipo di prodotto Sup.(Ha) Produttori (n.)
Coco de Paimpol
Noix de Grenoble
Chasselas de Moissac
Lentille Verte du Puy
Pomme de Terre de l'Ile de Ré
Muscat du Ventoux
Noix du Périgord
Piment d'Espelette
Totale ortofrutticoli DOP
Fagiolo
Noce
Uva
Lenticchia
Patata
Uva
Noce
Peperoncino
1.395
6.950
1.047
4.735
159
450
4.020
66
18.822
547
1.576
468
1.078
30
110
1.248
88
5.145
Produzione (t.) Var. % 04/03
2003
2004
7.143
8.392
17,5
4.508
5.455
21
4.000
5.298
32,5
3.908
1.919
-50,9
2.923
2.734
-6,5
1.700
1.658
-2,5
1.622
2.204
35,9
120
-100
25.924
27.660
6,7
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
Su volumi inferiori, corrispondenti all’8% della produzione nazionale, si posiziona la Noix du Perigord di cui nella campagna 2004 - 2005 sono state commercializzate 2.200 tonnellate; rispetto ai quantitativi della campagna precedente
l’incremento produttivo è stato del 36% mentre le esportazioni, che assorbono circa metà della produzione, si sono mantenute pressoché sui medesimi volumi, intorno alle 1.250 tonnellate.
Le due DOP che fanno riferimento ad altrettante varietà di uva, una a bacca
bianca, Chasselas de Moissac, l’altra a bacca rossa, Muscat du Ventoux, rappresentano poco più del 9% della produzione francese di uva da tavola.
La più importante per volumi produttivi è la Chasselas de Moissac, coltivata
in un’area situata nella regione dei Pirenei Centrali divisa tra i dipartimenti Lot,
Tarn e Garonne su cui si distribuiscono i 1.047 ettari di vigneto ammessi alla
DOP. La produzione certificata nel 2004 è salita a 5.298 tonnellate, registrando un
119
incremento del 32,5% rispetto all’anno precedente.
Il Muscat de Ventoux viene prodotto all’interno della Provenza, in una area
più limitata posta alle pendici dell’omonimo monte che comprende 450 ettari di
vigneti DOP. La sua produzione nel 2004 è stata di 1.658 tonnellate, di poco inferiore a quella realizzata nella vendemmia precedente (-2,5%).
Per quanto riguarda le denominazioni francesi relative ai legumi, la Lentille
Verte du Puy, una particolare varietà di lenticchia originaria dell’Alta Loira, ha
subito nel 2004 un drastico calo nei volumi commercializzati con marchio DOP (50,9%). Al contrario, il Coco de Paimpol, varietà di fagioli che prende il nome da
un paese della Bretagna, ha conosciuto un deciso incremento confermandosi la
prima DOP per volumi produttivi (8.392 tonnellate) nel comparto dell’ortofrutta
(+17,5% rispetto al 2003).
6.2.5 Gli oli di oliva e le olive da tavola
L’olivicoltura in Francia si concentra prevalentemente nei dipartimenti meridionali che si affacciano sul Mediterraneo ed in particolare nella regione della Provenza, da cui proviene quasi il 60% della produzione nazionale di olio di oliva.
In questa regione sono comprese anche le aree di produzione di quattro DOP
relative ad oli di oliva, sul totale delle cinque fino ad oggi riconosciute a livello
comunitario (Aix-en-Provence, Haute-Provence, Vallèe des Beaux-de-Provence e
Nice). A queste, nel prossimo futuro si aggiungeranno altre due denominazioni
che già possono fregiarsi del marchio AOC, tutelato entro i confini nazionali, e
per le quali sono state avviate le procedure per l’iscrizione nel registro comunitario: si tratta dell’huile d’olive de Corse e dell’Huile d‘olive de Nimes, quest’ultimo prodotto anch’esso in Provenza.
Nel 2004, la produzione degli oli di oliva DOP, pari a 556 tonnellate, ha rappresentato circa l’11% della produzione nazionale.
Il calo produttivo (-11%) registratosi rispetto all’anno precedente è dovuto
principalmente alla contrazione della maggiore denominazione, l’Huile d’olive de
la Vallèe des Baux-de-Provence, di cui nel 2004 sono state prodotte 369 tonnellate
Tabella 6.17 - Produzione degli oli di oliva DOP in Francia nel 2004
Sup.(Ha)
Huile d'olive de la Vallée des Baux-de-Provence
Huile d'olive d'Aix-en-Provence
Huile d'olive de Haute-Provence
Huile d’olive de Nice
Huile d'olive de Nyons
Totale oli di oliva DOP
1.810
700
482
481
968
4.441
Produzione DOP (t.)
2003
2004
394
369
105
113
102
49
23
25
624
556
Var. % 04/03
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
120
-6,3
7,6
-52
8,7
-10,9
Tabella 6.18 - Produzione di olive da tavola DOP in Francia nel 2004
Sup.(Ha)
Olive noires e Olives cassèes
de la Vallée des Baux-de-Provence
Olive noires de Nyons
Olive e pate d’olive de Nice
Totale olive da tavola DOP
1.810
968
481
3.259
Produzione DOP (t.)
2003
2004
157
142
430
31
618
Var. % 04/03
285
43
470
-9,5
-33,7
38,7
-23,9
Fonte: elaborazione ISMEA su dati INAO - Institut National des Appellations d'Origine.
e alla riduzione della produzione dell’Huile de Haute-Provence, scesa a 49 tonnellate.
Con le denominazioni Baux-de-Provence, Nice e Nyons utilizzate per gli oli
di oliva, vengono commercializzate anche olive da tavola e paste di oliva provenienti dalle medesime aree di origine. La loro produzione, pari nel 2004 a 470
tonnellate, assume un peso in volume non trascurabile se confrontata con quella
dei rispettivi oli di oliva.
6.3 La Germania54
6.3.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari
In Germania, l’autorità competente per l’esame delle richieste di registrazione
e per la gestione delle procedure di riconoscimento delle denominazioni di origine
è l’Ufficio per le licenze e i marchi commerciali (Deutsches Patent - und Markenamt - d’ora in avanti DPMA).
Dopo il primo esame formale da parte del DPMA, la domanda con la relativa
documentazione viene trasmessa al Ministero dell’Agricoltura per la pubblicazione e il successivo invio alla Commissione Europea.
L’Ufficio per le licenze e i marchi commerciali ha predisposto un modulo per
la compilazione delle richieste di riconoscimento e ha fissato una tariffa per lo
svolgimento della procedura pari a 900 € per domanda.
Presso la DPMA è depositata anche la lista completa degli organismi autorizzati al controllo sulla produzione delle denominazioni registrate. Tra questi sono
comprese diverse istituzioni pubbliche che operano all’interno di ciascuno dei 16
Länder tedeschi mentre, attualmente, è stato accreditato un solo ente di certificazione privato.
Gli organismi pubblici di controllo hanno natura diversa a seconda che si tratta
di uffici dell’amministrazione centrale dei Lander, o organi delle amministrazioni
locali. Ad esempio, in Baviera, Baden-Württemberg, Brema, Turingia, Sassonia,
Schleswig-Holstein e Nord Reno-Westfalia i controlli sono eseguiti rispettivamen-
121
te da un unico ente che fa capo al singolo Land, mentre nella Bassa Sassonia e
nella Sassonia-Anhalt i controlli vengono eseguiti da diversi organismi che operano a livello di distretto rurale.
6.3.2 I prodotti DOP IGP e STG in Germania
Il paniere DOP e IGP della Germania somma un totale di 67 denominazioni.
Di queste, ben 31 sono relative ad acque minerali che ai sensi del Reg. CEE
692/03 verranno eliminate dall’elenco dei prodotti registrabili a partire dal 31 dicembre 2013.
Dopo le acque minerali, i comparti che vantano il maggior numero di registrazioni sono quelli della birra, con 12 IGP, e dei prodotti a base di carne, che conta
8 IGP. Nel paniere tedesco compaiono inoltre 4 DOP relative a formaggi e 3 denominazioni relative a carni fresche. L’elenco è completato da 4 IGP di prodotti
della panetteria, pasticceria e biscotteria, 2 denominazioni relative al comparto
degli ortofrutticoli e cereali e altrettante relativi al comparto della pesca.
Figura 6.8 - Le DOP e IGP tedesche per comparto - luglio 2006 (dati in n° denominazioni)
Carni fresche
3
Formaggi
4
Altri prodotti
7
Ortofrutticoli
e cereali
2
Acque
minerali
31
Prodotti a base
di carne
8
Birre
12
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
Poiché in Germania non sono disponibili statistiche, i dati relativi al fatturato
delle DOP e IGP sono stati raccolti tramite un’indagine diretta presso i Consorzi
di tutela condotta dall’Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktle
dell’Università di Hohenheim. Dalla ricerca sono escluse le acque minerali per
mancanza di dati relativi a questo comparto, che tra l’altro sarà tra qualche anno
soppresso del regime di tutela comunitario.
Il fatturato alla produzione delle DOP e IGP tedesche nel 2005 è stimato pari a
4,4 milioni di euro. Di questo il 62,4% è rappresentato dalle birre.
La birra IGP più importante per volumi di affari è la “Bayerisches Bier”, origi-
122
Tabella 6.19 - Fatturato alla produzione delle DOP e IGP tedesche (2005)
Birre
Prodotti a base di carne
Prodotti della panetteria
Formaggi
Carne fresca
Ortofrutticoli e cereali
Pesci
Grassi e oli
Totale*
n.
12
8
4
4
3
2
2
1
36
Fatturato alla produzione
2.771,50
952,2
500,1
93,5
82
33,2
6
1
4.439,50
%
62,4
21,4
11,3
2,1
1,8
0,7
0,1
0
100
*escluse le acque minerali.
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati 'Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktle Università di Hohenheim , 2006.
naria della Baviera ottenuta esclusivamente da malto, luppolo e acqua, senza l’aggiunta di alcun tipo di additivo.
La Baviera, con oltre 660 impianti che producono circa 23 milioni di ettolitri
all’anno, è la regione con la più elevata densità di fabbriche di birra (breweries) al
mondo.
Il fatturato complessivo di questa industria è di circa 4,3 miliardi di euro di cui
si stima che 2,7 miliardi derivino dal prodotto conforme al disciplinare di produzione. Tra i produttori esistono forti differenze in termini di dimensione, tecnologia degli impianti e accesso al mercato.
Oltre a marchi conosciuti e diffusi in tutti il mondo (Lowenbrau, Spatenbrau,
Paulaner, Erdinger e EKU) esiste una molteplicità di piccole aziende strettamente
legate al mercato locale. I marchi utilizzati per le diverse linee di prodotto sono
centinaia ed è piuttosto raro che in aggiunta a questi compaia sulle etichette anche
il logo comunitario. Il riferimento esplicito all’indicazione geografica, al contrario, è presente sulle etichette della maggior parte dei produttori. La richiesta di registrazione è stata promossa dall’associazione di produttori della Baviera (Bayerischer Brauerbund) principalmente su pressione delle grandi case produttrici locali
per impedire l’utilizzo della denominazione ai competitors danesi e olandesi, sui
mercati di esportazione comunitari.
I prodotti a base di carne che, con fatturato alla produzione pari a 952 milioni
di euro, rappresentano il 21,4% del volume d’affari delle DOP/IGP tedesche.
Tra i prodotti a base di carne, la denominazione più rilevante in termini di fatturato alla produzione è l’IGP “Nürnberger Bratwürste”, un tipo di salsiccia prodotta nei dintorni di Norimberga ottenuta da carne magra di suino e lardo, insaporita con maggiorana, zenzero, cardamomo o polvere di limone, secondo le differenti ricette utilizzate.
L’IGP “Nürnberger Bratwürste/Nürnberger Rostbratwürste” è stata registrata
nel 2003, dopo una lunga controversia legale con gruppi di produttori concorrenti
123
sulla genericità del nome. Stando alle informazioni fornite dal Consorzio, i produttori sono circa 80, ciascuno dei quali utilizza sia la denominazione che il marchio comunitario.
Ai prodotti a base di carne, seguono i prodotti della panetteria che con un fatturato stimato pari a 500 milioni di euro, rappresentano l’11,4% del volume d’affari del paniere a marchio DOP e IGP.
Le denominazioni relative a carni fresche, cosi come quelle dei formaggi costituiscono ciascuna circa il 2% del valore dell’intero paniere.
Tra le quattro DOP relative a formaggi la più importante è l’ “Allgäuer Emmentaler” prodotto nel distretto di montagna dell’ Oberallgau nella Baviera meridionale, secondo procedimenti molto simili a quelli utilizzati per il più conosciuto
Emmental svizzero.
Si tratta di un formaggio ottenuto da latte vaccino intero e stagionato non meno di quattro mesi, dal colore giallo intenso la cui pasta presenta i buchi tipici dei
formaggi emmental. Il formaggio viene prodotto da circa 10 caseifici che realizzano un fatturato di circa 80 milioni di euro.
Nella stessa zona viene prodotto un altro formaggio registrato con la medesima indicazione di origine, l’“Allgäuer Bergkäse”. Il giro di affari alla produzione
per questa IGP è di 10 milioni di euro. I produttori in totale sono 15 e di questi,
così come avviene tra i produttori dell’Allgäuer Emmentaler, pochissimi utilizzano il marchio comunitario o fanno esplicito riferimento allo status di DOP sulle
etichette del prodotto.
Il valore alla produzione del comparto delle carni fresche è pari a 82 milioni
di euro. Tra le 3 denominazioni registrate, il contributo più rilevante è portato dalla DOP Lüneburger Heidschnucke, una razza ovina allevata nei dintorni dell’omonima città della regione della Bassa Sassonia. Circa il 90% della produzione viene
venduta direttamente da 70 allevatori ad alcune macellerie della regione che non
usano la denominazione di origine, né il logo comunitario.
In graduatoria segue per fatturato l’IGP Schwäbisch-Hällische Landrasse.
Tale denominazione si riferisce ad un’antica razza suina allevata nei distretti rurali Rems-Murr, Hohenlohe, Ansbach, Ostalb e Tauberbischofsheim, che si trovano nella parte meridionale della Germania, nel Baden - Württemberg. Il circuito di distribuzione di questa carne, che realizza un giro di affari alla produzione di 30 milioni di euro, è rappresentato dai migliori ristoranti della regione,
dalle macellerie, molte delle quali sono anche membri del consorzio, e da aziende di catering.
Il comparto degli ortofrutticoli e dei cereali realizza una valore alla produzione pari a 33 milioni di euro. Tale valore è riconducibile principalmente all’IGP
Spreewälder Gurken, il cui prezzo medio è superiore del 30% rispetto a quello di
altri tipi di cetrioli sott’aceto. Tale IGP è prodotta e confezionata nella regione
dello Spreewald, nella parte meridionale del Brandeburgo e la maggior parte dei
produttori utilizzano l’indicazione geografica insieme al logo comunitario.
124
6.3.3 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le DOP
e IGP e i marchi regionali
In Germania l’Istituto per il marketing dei prodotti agricoli (d’ora in avanti
CMA) è l’autorità centrale che ha il compito di promuovere lo sviluppo del mercato dei prodotti alimentari di qualità attraverso strumenti di intervento diretto.
A livello regionale molti Länder tedeschi hanno creato proprie istituzioni che
svolgono la medesima attività sul proprio territorio. I fondi impegnati da questi
enti per sostenere il marketing dei prodotti regionali ammontano complessivamente a circa 30 milioni di euro l’anno, ma solo una quota del 3% è investita in
interventi specifici e mirati alla promozione delle DOP e IGP.
La stessa CMA, per molto tempo, ha mostrato uno scarso interesse nei confronti del sistema comunitario delle denominazioni di origine, disinteressandosi
alla realizzazione di interventi volti a favorire le iniziative dei produttori. Solo recentemente, grazie anche alle sovvenzioni erogate dall’UE, sono state condotte
delle campagne informative rivolte a produttori e consumatori sulle opportunità
offerte dalla certificazione DOP o IGP.
Inoltre, a livello dei singoli Lander esistono notevoli differenze nell’intensità e
nell’efficacia delle politiche di promozione delle DOP/IGP.
Ad esempio, nei due lander della Baviera e del Baden-Württemberg, si sono
compiuti notevoli sforzi per incoraggiare le richieste di riconoscimento da parte
dei produttori mediante la collaborazione dei Ministeri Federali dell’Agricoltura e
delle Università locali.
Anche negli Stati della Germania orientale c’è stato un forte impegno per promuovere la registrazione dei prodotti dopo la riunificazione; al contrario, in altre
regioni l’interesse delle amministrazioni federali verso organizzazioni di marketing collettivo è molto scarso.
In realtà, la protezione dell’origine geografica del prodotto in Germania ha una
lunga tradizione, anche se bisogna precisare che prima dell’avvento della disciplina
comunitaria, le indicazioni geografiche dei prodotti tedeschi facevano riferimento
prevalentemente ai singoli Lander e non ad aree più ristrette all’interno di questi.
Inoltre, anche dopo l’implementazione del Reg. CEE 2081/92, l’interesse delle istituzioni è rimasto focalizzato sulla certificazione di origine di tipo regionale
o statale.55
La Commissione Europea ha recentemente contestato l’ammissibilità dell’utilizzo di questi marchi perché ritenuti in contrasto con la disciplina comunitaria
sulle denominazioni di origine.
In particolare, la questione sollevata riguarda il riferimento esplicito alla qualità del prodotto e alla loro origine (per esempio “Qualità dalla Germania”; “Qualità dalla Baviera”) in essi riportato. L’UE li ha ritenuti inammissibili perché utilizzati anche per prodotti non riconosciuti come DOP o IGP.
Con decisione del 5 novembre 2002 (causa C-325/00) la Corte di Giustizia
125
Europea ha censurato la Repubblica Federale di Germania, per aver violato l’art.
28 del Trattato con la concessione del marchio di qualità “Markenqualität aus
deutschen Landen” (qualità di marca della campagna tedesca), in quanto il messaggio pubblicitario, sottolineando la provenienza tedesca dei prodotti interessati,
“può indurre i consumatori ad acquistare i prodotti che portano il marchio (…)
escludendo i prodotti importati”.
Per questo motivo negli ultimi anni le diciture riportate nei marchi di qualità
regionali sono state modificate56 . Ad esempio, “Markenqualität aus deutschen
Landen” è stato cambiato in “Geprüfte Markenqualität” (prodotto di qualità certificato), il marchio di qualità del Baden-Württemberg, con decisione dei produttori
è stato trasformato da “Herkunft und Qualität aus Baden-Württemberg” (Origine
e qualità dal Baden-Württemberg) in “Gesicherte Qualität” (qualità certificata).
I marchi così modificati sono tuttavia rimasti e continuano a svolgere un ruolo
importante nel mercato dei prodotti alimentari tedeschi di qualità certificata.
6.3.4 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP
L’autonomia di cui godono le amministrazioni dei Lander tedeschi, ha creato
una situazione di disomogeneità sul territorio rispetto allo sviluppo delle produzione a marchio di origine.
La maggior parte dei prodotti DOP/IGP sono originari della Baviera anche se
negli ultimi anni a questi si sono aggiunti molte specialità provenienti dal BadenWürttemberg, dalla Turingia, e dalla Sassonia, ovvero da Lander nei quali lo schema comunitario delle DOP e IGP è stato recepito come un’opportunità e dove si sono adottate misure volte a favorire la registrazione delle denominazioni prodotti.
Nei prossimi anni altri prodotti verranno inclusi nel registro dell’Unione Europea, quasi tutti provenienti da queste regioni, anche se difficilmente la certificazione
DOP/IGP acquisterà più importanza del sistema dei marchi di qualità statali. Tale sistema, preesistente a quello comunitario, gode, infatti, di una più lunga tradizione.
In tale contesto, è prevedibile che dovranno passare ancora molti anni prima
che le istituzioni e gli stessi produttori possano apprezzare appieno le opportunità
offerte dai marchi DOP e IGP più adatti, rispetto ai marchi statali, per valorizzare
i prodotti regionali.
6.4 La Gran Bretagna57
6.4.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari
In Gran Bretagna le procedure di registrazione delle DOP, IGP e STG sono coordinate dal Dipartimento per le politiche ambientali, alimentari e rurali (DEFRA)
attraverso l’Agenzia governativa “Food from Britain” (d’ora in poi FFB).
126
Da aprile 2006 il DEFRA ha infatti attribuito al FFB il ruolo di interlocutore
istituzionale dei produttori che richiedono il riconoscimento delle denominazioni
di origine. L’agenzia non solo presiede tutte le fasi di istruttoria della domanda,
ma svolge anche attività di consulenza e promozione rivolta alle associazioni di
produttori, alle autorità locali e a tutti i soggetti potenzialmente interessati alla registrazione delle denominazioni.
Durante la consultazione con il gruppo di produttori, la FFB fornisce l’assistenza necessaria all’adempimento delle procedure e alla redazione della domanda. Prima del passaggio al DEFRA per la pubblicazione, la richiesta viene sottoposta alla valutazione di tutte le parti interessate che hanno così l’opportunità di
sollevare obiezioni in merito alla legittimità della domanda. Durante questa fase,
l’opposizione di chiunque abbia un interesse legittimo viene presa in dovuta considerazione nel tentativo di trovare una composizione preventiva dei conflitti.
Quando non è possibile trovare una soluzione, la FFB richiede la consulenza e il
supporto specializzato del DEFRA. Al DEFRA spetta comunque la decisione finale di sottoporre la richiesta all’esame della Commissione Europea.
La funzione di vigilanza è svolta dalla Trading Standards, istituzione pubblica
incaricata di garantire la protezione dei prodotti DOP ed IGP dalle imitazioni e
dalle usurpazioni delle denominazioni. Attraverso gli uffici regionali essa svolge
temporaneamente anche il controllo sulla produzione di alcune delle denominazioni di più recente registrazione, in attesa del definitivo passaggio ad un sistema
di certificazione gestito da enti privati. La certificazione della produzione delle altre denominazioni è, invece, svolta dalle strutture di controllo, sia pubbliche che
private, tra le quali ad esempio, “Ian Millward Cheese Services” (alcuni formaggi), “Scottish Food Quality Certification Ltd” (tutte le carni fresche oltre che formaggi), “Product Authentication Inspectorate Ltd” (birre) e “Food Certification
Scotland Ltd” (prodotti ittici).
6.4.2 L’attività istituzionale di promozione delle indicazione geografiche: le DOP
e IGP e i marchi regionali
Una delle più importante iniziativa di valorizzazione delle produzioni alimentari di qualità è stata la creazione, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, di
una rete di associazioni regionali denominate “regional food groups”.
Le attività di queste associazioni, finanziati dal DEFRA tramite il Food from
Britain, hanno l’obiettivo di fornire opportunità di sviluppo al mercato dei prodotti
tipici regionali, favorendone la diffusione e la conoscenza nel resto del territorio.
Perseguendo questo scopo, i “regional food groups”svolgono campagne di
sensibilizzazione in tutto il Regno Unito, organizzano eventi e fiere, forniscono
servizi di marketing alle imprese e creano occasioni di contatto tra commercianti,
dettaglianti e produttori. I gruppi attualmente attivi sono 9 e svolgono la propria
attività in altrettante regioni britanniche:
127
• The Taste of the West (www.tasteofthewest.co.uk);
• North West Fine Foods (www.nwff.co.uk);
• Heart of England Fine Foods (www.heff.co.uk);
• East Midlands Fine Foods;
• Northumbria Larder (www.northumbria-larder.co.uk);
• Tastes of Anglia (www.tastesofanglia.com);
• Regional Food Group for Yorkshire and Humber (www.rfgyh.co.uk);
• South East Food Group Partnership;
• Scottish Food and Drink (www.scottishfoodanddrink.com).
Nessuna di queste associazioni ha promosso propri sistemi di certificazione legate ad etichette regionali, per cui ad oggi i marchi DOP e IGP sono le uniche attestazioni di origine certificata presenti in Gran Bretagna.
Nel 2006, il DEFRA ha investito l’agenzia Food From Britain del ruolo di interlocutore esclusivo dei produttori nella fase di istruttoria delle domande. Oltre a fornire consulenza ai produttori, l’agenzia svolge anche attività di divulgazione e promozione allo scopo di incoraggiare il riconoscimento di nuove DOP, IGP e STG.
Il DEFRA, ai fini della promozione delle richieste di riconoscimento di DOP,
IGP e STG ha avviato inoltre, nel 1999, la campagna di informazione denominata
“Safeguarding Britain’s Food Heritage” (Salvaguardia del patrimonio alimentare
britannico). Tale attività è stata mirata a diffondere la conoscenza dei marchi comunitari presso consumatori e produttori.
Tale iniziativa è stata nuovamente intrapresa nel 2002, dopo che la Commissione per le politiche sul Futuro dell’agro-alimentare britannico aveva sollecitato
nel suo rapporto annuale un maggiore impegno governativo per incoraggiare l’adesione ai sistemi di certificazione di origine. Nel testo si sottolineava il crescente
interesse dei consumatori per i prodotti di qualità con una chiara identità territoriale, e si enfatizzavano le opportunità offerte dal riconoscimento comunitario delle denominazioni di origine.
Nel corso di quest’ultima campagna, il DEFRA ha prodotto e diffuso un esaustivo manuale informativo che costituisce il vademecum per la compilazione di
una richiesta di riconoscimento DOP, IGP o STG.
6.4.3 I prodotti DOP, IGP e STG in Gran Bretagna
A giugno 2006 risultavano riconosciute 30 denominazioni, rappresentate da 13
DOP, 16 IGP e 1 STG.
Con 11 denominazioni i formaggi costituiscono la categoria maggiormente
rappresentata, seguita da quella delle carni fresche con un totale di 8 registrazioni,
tra le quali rientra anche l’unica STG (Traditional Farmfresh Turkey).
Nella categoria dei sidri, che conta 3 denominazioni, compaiono complessivamente tre indicazioni geografiche ciascuna delle quali (Gloucestershire; Herefordshire e Woorcestershire) fa riferimento a due tipi di prodotti differenti, l’uno
128
Figura 6.9 - Distribuzione per comparto delle DOP e IGP della Gran Bretagna
a giugno 2006 (dati in numero di denominazioni)
Altri
5
Formaggi
11
Birre
3
Sidro
3
Carni fresche
8
Fonte: elaborazione Ismea su dati Ue.
ricavato dalla fermentazione di mele (cider) l’altro ottenuto da pere (perry).
Chiudono l’elenco 6 IGP relative a 3 birre e 3 pesci e molluschi (eglefino; salmone e ostrica) e 2 DOP relative ai comparti degli altri prodotti di origine animale
e agli ortofrutticoli.
I volumi e valori di produzione dei prodotti DOP ed IGP britannici variano in
maniera significativa, ma complessivamente hanno uno scarso impatto sul settore
alimentare. Esistono tuttavia alcune eccezioni rappresentate, nel comparto dei formaggi, dal West Country Farmhouse Cheddar e dallo Stilton Cheese.
Relativamente a quest’ultimo, solo sei caseifici che si servono della ricetta originale sono certificati per l’utilizzo della DOP Stilton, attribuita a due versioni di
formaggio: lo Stilton Blue e lo Stilton White. Il volume annuo di produzione è di
circa 10.000 tonnellate di cui il 10% è esportato in tutto il mondo.
La produzione del Cheddar DOP si aggira intorno alle 4.000 tonnellate annue,
mentre il volume di produzione di formaggi generici “tipo Cheddar” corrisponde
a circa 190.000 tonnellate.
Tra i prodotti diversi dai formaggi ha un certo rilievo la Jersey Royal Potato
l’unica denominazione di origine del comparto degli ortofrutticoli. Secondo le
condizioni atmosferiche, il raccolto della Jersey Royal può variare dalle 36.000
alle 50.000 tonnellate annue. La produzione stagionale media è pari a circa 45.000
tonnellate, di cui il 99% viene esportato.
6.4.4 La percezione dei consumatori e le prospettive per il mercato dei prodotti
DOP e IGP
L’utilizzo di indicazioni geografiche nelle denominazioni dei prodotti alimentari è un fenomeno relativamente nuovo nel Regno Unito. Questo è in parte dovu-
129
to alla diffusione di stili alimentari che prediligono la facilità di preparazione, la
velocità e il prezzo contenuto, piuttosto che la qualità degli alimenti legata alla loro provenienza.
Inoltre, a differenza di quanto avviene nel Sud Europa, la percezione della
qualità da parte degli acquirenti britannici è legata ad aspetti che non vengono immediatamente associati all’origine (Morris et al., 2001).
Da alcuni studi condotti in passato sulle preferenze dei consumatori britannici
(Ilbery et al., 2000; Morris et al, 2001) emerge che la provenienza geografica è un
criterio di scelta meno rilevante rispetto ad altri fattori (marca, prezzo, sapore, salubrità) e di conseguenza anche il livello di comprensione del significato dei marchi DOP, IGP e STG è piuttosto basso.
Un altro motivo di questa scarsa consapevolezza, denunciato in alcune ricerche di mercato, è la proliferazione di marchi e di loghi sulle confezioni dei prodotti alimentari.
Una ricerca svolta dal Consiglio nazionale dei consumatori (National Consumers Council, 2003) ha mostrato che i consumatori britannici si sentono disorientati dalla quantità di informazioni presenti sulle confezioni dei prodotto, e trovano
difficoltà nel distinguere tra i marchi di certificazione e i semplici slogan e marchi
aziendali. La conseguenza è il mancato riconoscimento del reale significato della
certificazione di origine del prodotto.
Fino ad ora il motivo principale che ha spinto i produttori ad aderire allo schema comunitario è stata la protezione legale delle denominazioni dalle possibili
usurpazioni, mentre diverse ricerche di mercato mostrano che esistono ancora perplessità sui vantaggi derivanti dall’utilizzo dei marchi DOP ed IGP per attrarre
nuovi acquirenti.
La scarsa conoscenza dei consumatori sul loro reale significato è la ragione
principale che porta i produttori a non richiedere il riconoscimento o a non utilizzare i loghi comunitari (Brian Ilbery e Moya Kneafsey, 1999).
Indagini più recenti hanno però evidenziato che qualcosa sta cambiando nel
comportamento dei consumatori (Institute of Grocery Distribution 2005; ADAS
2003). Nonostante il basso livello di conoscenza, un numero sempre maggiore di
acquirenti comincia a considerare tra i criteri di scelta anche l’origine degli alimenti, auspicando un più ampio assortimento di prodotti regionali nei supermercati britannici. Molto spesso, tuttavia, il riferimento generico è al prodotto tipico
regionale indipendentemente dal fatto che goda o meno della certificazione di origine.
Per cavalcare questo interesse crescente, favorendo lo sviluppo del sistema
delle DOP/IGP, il DEFRA ha investito in campagne di sensibilizzazione rivolte ai
consumatori per diffondere il significato del marchio di origine comunitario e si è
attivata per facilitare l’accesso dei produttori allo schema comunitario, delegando
la gestione delle procedure nazionali di riconoscimento alla FFB.
Diversi consumatori britannici sono in grado di identificare vari prodotti DOP
130
ed IGP europei quali il prosciutto di Parma, il formaggio Feta, il Gorgonzola; e
Food from Britain sta usando questi esempi nelle proprie campagne di comunicazione per aumentare il livello di consapevolezza.
Altro elemento che frena lo sviluppo delle DOP e IGP è la scarsa conoscenza
del significato del marchio comunitario e dell’esistenza di prodotti britannici che
godono di questo status da parte di una forte percentuale di operatori del trade.
Da una ricerca effettuata dalla società di consulenza sull’ambiente e sullo sviluppo rurale ADAS, nel 2003 risulta che la maggioranza dei grandi distributori,
nonostante abbia in qualche modo sentito parlare di DOP e IGP, non ha ancora
una chiara percezione del loro significato e di cosa questi marchi comportano per
i produttori. Inoltre tra chi dichiara di conoscerli solo una piccola minoranza ha
preso in considerazione prodotti DOP di provenienza nazionale.
È interessante notare tuttavia che la stessa ricerca ha riscontrato da parte dei
commercianti una crescente richiesta di alimenti caratterizzati da particolarità regionali, che può essere considerato una novità incoraggiante in vista di un futuro
sviluppo del mercato dei prodotti DOP ed IGP nel Regno Unito.
Un esempio recente è costituito dalla decisione da parte della catena di supermercati Sainsbury’s, di vendere il formaggio Beacon Fell Traditional Lancashire
DOP invece del formaggio Lancashire non certificato.
La stessa FFB sta attualmente cercando di coinvolgere nel progetto di promozione delle denominazioni di origine alcune delle più importanti catene di distribuzione oltre che altri attori influenti nel campo dell’alimentazione (critici gastronomici, chef e ristoratori).
6.5 L’Austria58
6.5.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari
In Austria le autorità competenti per le registrazioni delle DOP/IGP sono l’Ufficio brevetti austriaco, che fa capo al Ministero federale per le infrastrutture e la
tecnologia, il Ministero federale per le politiche agricole e le Camere dell’Agricoltura e dell’Economia.
L’Ufficio brevetti è l’istituzione centrale, responsabile della selezione delle
domande di riconoscimento, mentre le Camere dell’Agricoltura e quelle dell’Economia sono gli organi decentrati sul territorio, che raccolgono le richieste dei
gruppo di produttori locali e le inviano all’Ufficio brevetti.
Nel 1995, immediatamente dopo l’adesione dell’Austria all’Unione Europea,
le Camere dell’Agricoltura hanno raccolto e trasmesso all’Ufficio brevetti le prime domande di registrazione DOP/IGP, agendo in vece dei consorzi di produttori
che all’epoca non erano ancora formalmente costituiti.
Negli anni successivi questi compiti sono stati rilevati direttamente dai con-
131
sorzi e dalle associazioni di produttori che hanno mantenuto la loro sede all’interno delle stesse Camere dell’agricoltura.
Analogamente alle Camere dell’Agricoltura, anche le Camere del commercio
sono coinvolte nel processo DOP/IGP in qualità di lobby delle aziende coinvolte
nella trasformazione e nel commercio dei prodotti certificati.
Attualmente, per quasi tutte le DOP e IGP, esiste una corrispondente associazione di produttori di cui fanno parte i produttori agricoli, i trasformatori e rappresentanti delle Camere dell’Agricoltura e dell’Economia.
Il Ministero federale delle politiche agricole non ricopre alcuna funzione specifica nell’iter nazionale di registrazione ma interviene in tutte le sedi internazionali nelle quali sorgono questioni inerenti la tutela delle indicazioni di origine.
Inoltre, il Ministero offre assistenza e supporto all‘Ufficio brevetti, cura gli
aspetti relativi alle politiche qualitative e può svolgere mansioni di assistenza e
consulenza a coloro che presentano richieste di registrazione DOP/IGP.
Attualmente i controlli di conformità delle DOP e IGP ai disciplinari di produzione sono svolti, gratuitamente, da autorità pubbliche.
Inoltre, diversamente da quanto prescritto dal Reg Ce 510/2006, l’Austria ha
deciso di adottare misure più restrittive anticipando il termine ultimo per l’accreditamento degli organismi di controllo al 2008.
A partire da tale data l’attuale sistema di controllo gestito da enti/autorità pubbliche sarà definitivamente sostituito da organismi privati accreditati alle norme
EN 45011.
6.5.2 Il mercato delle DOP e IGP in Austria
Il paniere di prodotti DOP e IGP austriaco conta 12 denominazioni.
I 6 formaggi DOP costituiscono la categoria merceologica più numerosa, se-
Figura 6.10 - Le DOP e IGP austriache per comparto nel 2006 (dati in n° denominazioni)
Prodotti a
base di carne
2
Ortofrutticoli
e cereali
3
Oli di oliva
1
Formaggi
6
Fonte: elaborazione ISMEA su dati Ue.
132
guita da quella dei prodotti ortofrutticoli e cereali con 2 DOP e 1 IGP.
Completano il paniere due speck IGP ed un’indicazione geografica relativa al
comparto dei grassi e degli oli.
La maggior parte dei prodotti DOP e IGP proviene da “aree svantaggiate: i 6
formaggi DOP e i 2 prodotti a base di carne provengono infatti da regioni montane; in particolare, 3 formaggi e 1 prodotto a base di carne si producono nella regione del Tirolo.
Rappresentano un’eccezione 2 prodotti appartenenti al comparto ortofrutticolo
(gli asparagi “Marchfeldspargel” e le albicocche “Wachauer Marille”) e l’olio di
semi di zucchine “Steirisches Kürbiskernöl“.
Data l’assenza di fonti statistiche ufficiali, al fine di analizzare il mercato delle
DOP e IGP austriache, si è effettuata una ricerca ad hoc59 condotta tramite interviste con esperti del Ministero delle Politiche Agricole e colloqui telefonici con i
responsabili dei 12 prodotti tutelati.
La ricerca condotta, tuttavia, fa riferimento ad 8 prodotti, perchè non è stato
possibile raccogliere i dati relativamente al “Tiroler Speck”60 e a 3 formaggi 61
(Tiroler Bergkäse”, “Tiroler Almkäse” e “Tiroler Graukäse”).
La produzione certificata di questi 8 prodotti DOP e IGP è stimata pari a 8.317
tonnellate; di queste, il 53% è rappresentato da 3 formaggi a marchio DOP (Gailtaler Almkäse, Vorarlberger Alpkäse e Vorarlberger Bergkäse).
Il Vorarlberger Bergkäse è il formaggio DOP che presenta i maggiori quantitativi certificati, pari a 4.000 tonnellate.
Figura 6.11 - L’incidenza di ciascun comparto DOP-IGP sulla produzione certificata
complessiva nel 2004 (dati in %)
Ortofrutticoli
e cereali
35%
Oli e grassi
12%
Formaggi
53%
Prodotti a
base di carne
0,1%
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006.
Seguono gli ortofrutticoli e i cereali, con un peso pari al 34,9%, e i grassi e gli
oli con un peso del 12%.
Il restante 0,1% della produzione certificata è rappresentato dal Gailtaler
Speck IGP.
133
L’analisi della dimensione produttiva, rileva la presenza di forti differenze tra
le DOP e IGP austriache.
Alcune denominazioni, come ad esempio l’asparago “Marchfeldspargel” e il
“Gailtaler Speck”, sono caratterizzate da una piccola realtà produttiva con un esiguo numero di produttori e di trasformatori che operano prevalentemente per il
mercato locale.
Tabella 6.20 - La produzione DOP e IGP in Austria nel 2004
Denominazione
Descrizione del prodotto
Wachauer Marille
Waldviertler Graumohn
Formaggio a pasta dura da
latte vaccino crudo
Formaggio a pasta dura
da latte vaccino crudo.
Allevamenti su pascolo
alpino
Formaggio misto latte
vaccino e latte di capra crudo
Formaggio a pasta dura da
latte vaccino crudo.
Allevamenti su pascolo
alpino
Formaggio a pasta dura da
latte vaccino crudo.
Formaggio magro di latte
crudo da vacche razza di
Tirolese
Salume affumicato e
stagionato ricavato dalla
cascia, dalla pancia o dal
cosato del suino
Salume affumicato
e stagionato
Olio di semi di zucchine
utilizzato come condimento
Albicocca proveniente dalla
regione Wachau
Semi di papavero
Marchfeldspargel
Asparago proveniente dalla
regione Mrarchfele
Vorarlberger Bergkäse
Vorarlberger Alpkäse
Gailtaler Almkäse
Tiroler Almkäse
Tiroler Bergkäse
Tiroler Graukäse
Gailtaler Speck
Tiroler Speck
Steirisches Kürbiskernöl
Produttori (n.) e/o
superficie iscritta
Trasformatori (n.)
Produzione
DOP/IGP
(tonn.)
2.000 allevamenti
31 caseifci
4.000
-
140 caseifici alpini
350
350 allevamenti
13 caseifici alpini
55
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
17 allevamenti
2 salumifici
7
1.500 coltivatori/ sup.
di 6.000 ha
-
-
30 oleifici
1.000
400 coltivatori/ sup. di 500 ha
350 coltivator/ sup. di 550 ha
2.500
1 impianto di essiccazione 400
e confezionamento
12 coltivatori/ superf.di 310 ha 5
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006.
134
Altre invece, sono caratterizzate da realtà produttive più significative: è il caso
dell’olio“Steirisches Kürbiskernöl”, del formaggio“Vorarlberger Bergkäse” e del
“Tiroler Speck”.
La produzione di quest’ultime si contraddistingue per la presenza di grandi
aziende di produzione e di trasformazione e per la distribuzione dei quantitativi
certificati sia a livello nazionale che internazionale.
Negli ultimi anni, la quasi totalità dei prodotti DOP e IGP è stata interessata da
una crescita dei volumi produttivi, accompagnata da un aumento del numero delle
aziende di produzione e di trasformazione.
L’unica eccezione è rappresentata dal formaggio “Vorarlberger Alpkäse”, la
cui produzione si mantiene stabile, nonostante le difficoltà di mantenimento dei
pascoli alpini ed il calo del numero dei bovini nelle aree montane.
La crescita produttiva è accompagnata inoltre da un incremento dei prezzi
che si attestano su un livello più alto rispetto a quelli per prodotti simili non certificati. Il “Gailtaler Speck”, ad esempio, registra un prezzo all’ingrosso che è
più alto mediamente del 20%, rispetto ad uno speck di media - alta qualità non
certificato.
I produttori di asparagi che rientrano nel circuito del “Marchfeldspargel”
realizzano il 10% in più rispetto ai produttori di asparagi privi di indicazione
di origine. Inoltre, la differenza di prezzo all’ingrosso tra prodotto certificato
e non, sale addiritura al 50% per i semi di papavero “Waldviertler Gramohn”.
In tale contesto si distingue il comparto dei formaggi: per alcuni di essi, infatti, non si registrano differenze tra il prodotto che rientra nel circuito DOP e lo
stesso prodotto non certificato. Ad esempio, il formaggio “Gailtaler Almkäse”
DOP è venduto allo stesso prezzo praticato dai tre casefici alpini, della stessa zona
di produzione (versanti delle cime dell’Alto Gailtal), che non aderiscono al sistema DOP.
In generale, il livello dei prezzi è influenzato dal canale distributivo utilizzato,
dal livello di lavorazione e dalla gamma di prodotti lavorati.
Passando ad analizzare i canali distributivi utilizzati, si rileva che la vendita
diretta riveste un ruolo importante per le DOP/IGP austriache.
Tale canale distributivo è favorito dalla presenza di un’agricoltura su scala ridotta che consente il mantenimento dei prezzi su livelli soddisfacenti per i produttori.
La percentuale della vendita diretta al dettaglio varia da un massimo del 90%
per il formaggio DOP “Gailtaler Almkäse” e per l’albicocca DOP “Waldviertler
Graumohn”, fino a raggiungere una quota non inferiore al 30% per gli altri formaggi DOP e per il “Gailtaler Speck”.
Per quanto riguarda la diffusione dei prodotti tutelati su scala internazionale, il
formaggio “Vorarlberger Bergkäse” è il principale export oriented: destina ben il
60% della produzione alla Germania.
135
6.5.3 Gli altri marchi di qualità istituzionali
In Austria la certificazione di prodotto tramite marchi regionali ha cominciato
a diffondersi a partire dalla fine degli anni ’70.
Oggi l’Austria vanta una gran numero di marchi di qualità istituiti dalle regioni, legati prevalentemente a metodi di produzione artigianale e biologici.
Particolarmente diffusi sono i loghi che, richiamando nell’immaginario del
consumatore paesaggi montani, garantiscono la conformità a sistemi di produzione biologica, di produzione integrata, a particolari disciplinari produttivi o compatibili col rispetto del benessere degli animali.
Nel campo delle produzioni biologiche esistono marchi regionali quali Bio
Hofmarke e Biolandwirtschaft Ennstal, utilizzati rispettivamente nelle regioni
Nordliche Kalkaloen e Ennstal.
Altri esempi di marchi ombrello per prodotti biologici tradizionali sono
“Mostviertler spezialitaten” e “Waldland” associati ad alcune specialità alimentari
realizzate, rispettivamente, nelle regioni di Mostviertel e Waldviertel.
Nell’ottica di fornire un ulteriore strumento di valorizzazione delle specialità
regionali, nel 2005 il Ministero Austriaco per le Politiche Agricole ha promosso
un programma di ampio respiro denominato “Genussregion”, concepito come
strumento di promozione dell’economia legata al territorio.
Lo scopo principale di tale programma è quello di rafforzare, mediante la valorizzazione dei prodotti tipici locali, lo sviluppo dell’agricoltura, del turismo e
del commercio regionale e promuovere campagne di informazione rivolte ai consumatori.
Tale programma prevede, per ciascuna regione, l’individuazione dei prodotti
maggiormente rappresentativi della tradizione e della cultura gastronomica dell’area, in vista della creazione di un marchio regionale.
Condizione necessaria per poter essere riconosciuto come tale è che la materia prima e le fasi di trasformazione avvengano all’interno dell’area di riferimento.
Per questo motivo una particolare priorità è riservata alle DOP e IGP che possono fregiarsi così anche di un marchio regionale. Inoltre, con il programma “Genussregion”, indirettamente si pubblicizzano anche le DOP e IGP: la certificazione delle DOP/IGP, infatti, viene esplicitamente menzionata all’interno del manifesto del “Genussregion”.
Attualmente i prodotti regionali certificati con il marchio protetto “Genussregion” sono 28 e tra questi, quattro specialità sono state già registrate come DOP o
IGP62.
Di conseguenza, alcuni Consorzi di produttori hanno suggerito di integrare la
certificazione DOP/IGP a quella del marchio “Genussregionen” in modo tale da
realizzare una sinergia tra la politica di sviluppo regionale e di informazione dei
consumatori con quella di tutela internazionale delle denominazioni.
136
6.5.4 La percezione dei consumatori
In Austria, nonostante le frequenti richieste dei produttori e dei rappresentanti
regionali, non esiste un’attività di informazione sistematica e capillare sui marchi
DOP e IGP.
I deboli segnali di risposta delle Istituzioni e le scarse risorse finanziarie delle
associazioni di produttori regionali, costituiscono un grave limite allo svolgimento delle attività necessarie ad aumentare la consapevolezza dei consumatori sul significato dei loghi comunitari.
Tabella 6.21 - Uso dei loghi DOP/IGP in Austria
DOP/IGP
È utilizzato il logo comunitario? Perché?
Steirisches Kürbiskernöl Sì; il logo comunitario è inserito
nel logo del consorzio.
Il logo comunitario non viene
utilizzato. Marchio privato.
Sigillo rosso per i trasformatori,
sigillo verde per gli allevatori
Sì; il logo comunitario
è utilizzato
Sì; il logo comunitario è utilizzato
(problema di etichettatura
di pezzi piccoli)
Gailtaler Speck
Marchfeldspargel
Gailtaler Almkäse
Vorarlberger Alpkäse
Sì; parzialmente
Vorarlberger Bergkäse
Sì; parzialmente
Wachauer Marille
Waldviertler Graumohn
No; il logo UE non viene
utilizzato.
Sì; particolarmente per
le materie prime (semi di
papavero);
Il significato del logo comunitario non è conosciuto dai consumatori.
Ad esempio alcune aree minori di produzione dello Steirisches
Kürbiskernöl si trovano nelle province di Burgenland e dell’Austria
meridionale ma gran parte dei consumatori è convinta che i semi di
zucca provengano esclusivamente dalla Stiria
Il marchio privato è ritenuto più efficace nel richiamare il luogo
di produzione
Gran parte dei consumatori conosce il logo
Il prodotto è famoso nella Carinzia e sta acquisendo notorietà in tutto
il paese. La DOP consente conservare i pascoli alpini e di mantenere
la lavorazione tradizionale del prodotto.
Il marchio DOP viene richiesto soprattutto dai 2 grandi distributori
(esportazione), ma non da piccoli distributori ed operatori di vendita
diretta
Il marchio DOP viene richiesto soprattutto dai 2 grandi distributori
(esportazione), ma non da piccoli distributori ed operatori di vendita
diretta
L’integrazione del logo UE nel logo del consorzio è al momento in
discussione.
Non tutti i membri del consorzio usano il logo UE (per gli operatori
minori il logo è troppo costoso e non necessario per la propria
clientela abituale)
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati BA für Bergbauernfragen, 2006.
Al contrario, le numerose etichette di prodotti biologici sono immediatamente
riconoscibili dai consumatori. Questo grazie all’impegno profuso dalle Istituzioni
nella promozione e diffusione della produzione biologica.
In genere i loghi DOP e IGP sono meno conosciuti al pubblico rispetto ai marchi regionali e anche per questo motivo non vengono sempre utilizzati.
137
In alcuni casi gli stessi produttori preferiscono utilizzare i marchi privati allo
scopo di promuovere la propria attività a livello regionale.
Ad esempio i produttori del Gaitaler Speck ritengono i propri marchi aziendali
più efficaci nell’identificare l’origine del prodotto e per questo motivo i loghi comunitari non compaiono mai nelle etichette.
Nel caso delle tre DOP relative ai formaggi tirolesi (“Tiroler Bergkäse”, “Tiroler Almkäse” e “Tiroler Graukäse”), i costi di certificazione sono considerati superiori rispetto ai possibili benefici, e per tale motivo fino ad oggi non è stato
commercializzato alcun quantitativo, né con il marchio di origine comunitario, né
tanto meno con il marchio dell’ente di certificazione.
Per quanto riguarda invece gli altri due formaggi, Voralberger Alpkase e Voralberger Bergkase, il logo DOP viene utilizzato solo su richiesta di alcuni grandi
grossisti che distribuiscono il prodotto marchiato sui mercati esteri.
I piccoli dettaglianti locali, così come i produttori che effettuano la vendita direttamente nei propri spacci aziendali, non sono interessati all’utilizzo del marchio comunitario.
Anche per l’albicocca DOP Wachauer Marille si utilizza generalmente il logo
del consorzio e la designazione di origine e non il marchio DOP. Tuttavia, attualmente i produttori stanno discutendo sull’opportunità di integrare quest’ultimo nel
marchio del consorzio.
6.5.5 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP
Le prospettive del mercato delle DOP ed IGP austriache sono legate in primo
luogo alla disponibilità delle Istituzioni ad investire risorse in campagne di informazione e di promozione dei loghi DOP e IGP.
Il programma austriaco di sviluppo rurale offrirà inoltre nuove possibilità di
sostegno finanziario ai produttori relativamente all’Asse I, relativo ai prodotti di
qualità. Questa fonte di finanziamento nello scorso periodo di programmazione
non è stata utilizzata in modo molto intensivo dai produttori, ma potrebbe, in futuro, imporre una spinta significativa al comparto delle denominazioni di origine.
Per alcune DOP e IGP ulteriori opportunità possono scaturire, come già anticipato, dalla sinergie con le politiche di valorizzazione del territorio promosse tramite i marchi “Genussregion”. Il doppio status di denominazione protetta a livello
comunitario e di prodotto riconosciuto come “Genussregion”, può garantire infatti
i vantaggi della maggiore conoscenza da parte dei consumatori dei marchi regionali e contemporaneamente quelli derivanti da una più efficace tutela della denominazione sia sul mercato interno sia su quello comunitario.
Tuttavia, per le DOP e IGP la cui distribuzione è prevalentemente di tipo locale non è da escludere che questa opportunità spinga alcune associazioni ad optare
solo per il solo riconoscimento del marchio regionale ed a rinunciare all’utilizzo
del marchio DOP e IGP.
138
Su questa decisione assumerà sicuramente un peso rilevante l’aumento dei costi di certificazione, che preoccupa soprattutto le piccole aziende, quale conseguenza del passaggio dal sistema di controllo gratuito gestito da organismi pubblici, a quello gestito da organismi privati.
Nella regione del Vorarlberg è addirittura in fase di discussione la decisione di
abbandono completo del sistema DOP per il ”Vorarlberger Alpkäse” e il “Vorarlberger Bergkäse”.
Anche i responsabili dell’Associazione della DOP “Marchfeldspargel” prevedono che il cambiamento della gestione dei controlli spingerà molti produttori ad
uscire dal circuito tutelato.
Contrariamente a queste posizioni, alcuni Consorzi sostengono la necessità di
controlli più rigorosi, lamentando una difformità di trattamento da parte delle diverse autorità provinciali. Il ricorso a un sistema privato accreditato che comporti
un aumento dei costi della certificazione concorrerrà a creare una selezione tra i
produttori veramente intenzionati a investire su una strategia di marketing centrata sullo status di denominazione di origine.
6.6 L’Olanda63
6.6.1 L’assetto istituzionale nella politica per la qualità dei prodotti agroalimentari
In Olanda la procedura di registrazione delle DOP e IGP fa capo al Consiglio
per i Prodotti Agricoli - Hoofdproductschap Akkerbouw (d’ora in avanti HPA), a
cui sono indirizzate tutte le domande di riconoscimento.
Tale organo, creato per decreto dallo stesso Ministero olandese dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Qualità dei prodotti alimentari, è strutturato come un’organizzazione interprofessionale e ricopre la funzione istituzionale di proporre e
applicare le normative in materia di produzione agroalimentare.
L’HPA è suddiviso al suo interno in consigli specifici di prodotto i cui rappresentanti sono membri anche del Comitato informativo sulle indicazioni geografiche e denominazioni di origine (d’ora in avanti AGOS), che ha il compito di valutare tutte le richieste di registrazione.
In particolare, l’AGOS, nel valutare le richieste di registrazione si concentra in
modo particolare sulla verifica del potenziale interesse economico della tutela del
prodotto e sulle eventuali obiezioni presentate da terzi.
Verificati questi ed altri requisiti, la richiesta viene inoltrata al Ministero per
l’Agricoltura con la raccomandazione di avviare la procedura di richiesta formale
a Bruxelles.
Una volta ottenuto il riconoscimento, il gruppo di produttori deve accordarsi
con l’ente incaricato alla certificazione di prodotto e all’attività di controllo della
produzione.
139
In Olanda, esistono tre organismi di certificazione pubblici che operano su tutto il territorio e rispondono ad un unico ente statale di accreditamento, l’Autorità
per la sicurezza dei prodotti alimentari.
Nel dettaglio, i controlli sui prodotti caseari sono affidati all’Autorità centrale
di controllo del latte e dei derivati (COKZ), quelli sulla patata “Opperdoezer” all’organismo di controllo ”Autorità nazionale per il controllo delle carni e del bestiame” e quelli sull’uva “Wesylandse” all’Ispettorato per la qualità dei prodotti
ortofrutticoli” (Kwaliteits Controle Bureau voor Groenten en Fruit-KCB).
6.6.2 Il mercato delle DOP e IGP in Olanda
Alla fine di giugno 2005, il paniere olandese delle DOP e IGP conta 6 denominazioni. Di queste 4 DOP sono relative al comparto dei formaggi e 1 DOP e 1 IGP
a quello degli ortofrutticoli e dei cereali.
Tabella 6.22 - La produzione DOP - IGP in Olanda nel 2004
Denominazione
Noord-Hollandse Gouda (DOP)
Noord-Hollandse Edam (DOP)
Kanterkaas / Kanternagelkaas /
Kanterkomijnekaas (DOP)
Boeren-Leidse kaas met sleutels (DOP)
Opperdoezer Ronde (DOP)
Westlandse Druif(IGP)
Totale
Tipo di prodotto
Formaggio
Formaggio
Formaggio
Produttori (n.)
2 cooperative
1 cooperativa
1 cooperativa
Formaggio
Patata
Uva
14 produttori
20 coltivatori
30 coltivatori
Produzione (t.) Fatturato (Mil. €)
35.000
128,6
900
3,31
1.600
6,4
366
3.750
95
41.711
1,74
1,86
0,57
142,48
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati H. S. van der Meulen, Università di Wageningen, 2006.
Nel 2004 sono state certificate complessivamente 41.711 tonnellate per un
corrispondente fatturato alla produzione pari a 142,48 milioni di euro.
I formaggi con 37.866 tonnellate (pari al 90,8% del totale) e un fatturato alla
produzione di poco superiore ai 140 milioni di euro (98,3%) rappresentano il
comparto più rilevante.
I prodotti ortofrutticoli, con 3.845 tonnellare, rappresentano l’1,7% (2,43 milioni di euro) del volume d’affari all’origine del comparto DOP e IGP.
6.6.3 Il comparto dei formaggi
Il comparto dei formaggi, per volumi produttivi e per numero di denominazioni registrate, è quello più sviluppato.
Nel 2004, il comparto dei formaggi ha certificato 37.866 tonnellate: al suo interno per volumi produttivi e giro d’affari, spicca la DOP Noord - Hollandse
Gouda.
140
Tale denominazione, con le sue 35.000 tonnellate, rappresenta il 92,4% della
produzione di formaggi DOP. Il fatturato alla produzione si attesta intorno ai 129
milioni di euro, pari al 91,8% del fatturato complessivo.
La DOP Noord - Hollandse Gouda appartiene alla categoria conosciuta in
tutto il Nord Europa con il nome generico di Gouda, di cui esistono differenti versioni.
In Olanda le caratteristiche del Gouda generico – relative ad esempio alla forma, al contenuto di grasso e a quello di umidità - sono definite dalla legislazione
vigente in materia di qualità dei formaggi, e differiscono dagli standard seguiti in
altri Paesi.
La regolamentazione olandese è stata recentemente modificata in modo tale da
renderla meno vincolante per i produttori olandesi e più allineata a quella seguita
dagli altri competitors europei, tra i quali il principale è la Germania.
Complessivamente la produzione di Gouda generico in Olanda si attesta sulle
410 mila tonnellate. Rispetto alla versione generica, la DOP Noord-Hollandse
Gouda viene preparata esclusivamente con latte proveniente dalla omonima provincia (Noord-Holland). Il processo produttivo è completamente industrializzato e
prevede la pastorizzazione del latte non scremato.
La richiesta di certificazione è stata inoltrata da Campina, una delle più grandi
cooperative lattiero-casearie olandesi: in uno dei suoi cinque stabilimenti, ogni
anno vengono lavorate circa 300 mila tonnellate di latte, delle quali 30 mila destinate alla DOP Noord-Hollandse.
Campina, inoltre, è attualmente l’unico produttore che riporta esplicitamente il
marchio di origine comunitario sul prodotto, enfatizzando quindi le caratteristiche
del formaggio in relazione al suo stato di DOP.
L’altro produttore della DOP Noord-Hollandse Gouda è la cooperativa Cono, che
per evitare la concorrenza diretta con Campina ha adottato una strategia basata esclusivamente sulla promozione dei propri marchi aziendali. Per questo motivo, la cooperativa non ha ancora utilizzato esplicitamente la denominazione Noord-Hollandse
e il logo comunitario, ma ha puntato su un proprio marchio “Beemster”, che richiama
il nome di una conosciuta località all’interno della provincia del Noord-Holland.
Il 4,2% della produzione certificata (1.600 tonnellate) dei formaggi DOP è riconducibile alle denominazioni Kanterkaas, Kanternagelkaas e Kanterkomijnekaas, che nel corso del 2004 hanno registrato un fatturato alla produzione di circa
6,4 milioni di euro.
Le diverse denominazioni si riferiscono ad altrettante versioni dello stesso tipo
di formaggio (Kanterkaas) che si differenziano per il tipo di spezie utilizzate per
aromatizzare il prodotto finito.
Accanto alla versione speziata con semi di cumino (Kanterkomijnekaas) ne
esiste infatti una aromatizzata anche con chiodi di garofano (Kanternagelkaas). Il
peso delle forme può variare dai 3 kg fino ad un massimo di 8 kg, mentre la stagionatura dura al massimo 1 anno.
141
La richiesta di certificazione DOP è stata avanzata dal gruppo cooperativo
Friesland Coberco Dairy Foods (Friesland Foods). Tale azienda, ha concentrato in
un unico stabilimento tutta la produzione di questo formaggio, che è ottenuto con
procedimenti industriali a partire dal latte pastorizzato.
La situazione di mercato di questa DOP è del tutto simile a quella già vista nel
caso del Noord-Hollandse Gouda.
Così come l’azienda Cono, anche la Friesland Food, unica produttrice della
DOP, non utilizza il nome e logo comunitario a scopi promozionali, bensì il proprio marchio privato.
Circa metà della produzione di Kanternagelkaas viene infatti venduta, con la
marca “Fryske Nagelaer”, alle catene di supermercati del Nord del paese; la restante parte viene ceduta, sprovvista di marchio, ai grossisti che si occupano dell’invecchiamento del prodotto e della successiva fornitura a negozi specializzati,
gastronomie e supermercati.
Il formaggio Kanterkomijnekaas viene venduto con un proprio marchio privato (“PanPan”) prevalentemente ai supermercati di tutto il paese.
Il motivo per il quale la Friesland Foods non si serve del logo DOP è dovuto
alle caratteristiche del mercato di questo formaggio; il consumo, infatti, è limitato
ad aree relativamente ristrette del Paese, dove la fedeltà dei consumatori ai marchi
privati dell’azienda è molto più elevata rispetto a quella dimostrata per il marchio
di origine. Tale situazione, tra l‘altro, è riconducibilie alla strategia di marketing
adottata dalla stessa Frico Cheese, ossia dalla divisione responsabile della commercializzazione dei latticini.
Il 2,4% della produzione certificata (900 tonnellate) è rappresentato dal formaggio DOP Noord-Hollandse Edam, che realizza un fatturato alla produzione
pari a 3,31 milioni di euro.
Così come per il Gouda, anche il termine generico Edam viene utilizzato in riferimento ad un formaggio ottenuto da latte pastorizzato parzialmente scremato e
prodotto da diverse aziende presenti in tutto il paese.
La produzione di Edam in Olanda è di circa 137 mila tonnellate di cui 42 mila
tonnellate realizzate nelle tradizionali forme sferiche, che è lo standard previsto
per la versione DOP di questo formaggio.
Per quanto riguarda la produzione della DOP, la cooperativa Cono è l’unica
produttrice di Noord-Hollandse Edam: la produzione DOP è di circa 900 tonnellate annue pari al 2% della produzione nazionale di Edam in forme sferiche.
Il disciplinare DOP prevede l’utilizzo di latte originario dell’omonima provincia ed un contenuto di sale lievemente inferiore rispetto all’Edam generico.
La distribuzione del Noord Hollandse è quasi esclusivamente limitata al mercato interno, a differenza dell’Edam prodotto in altre zone del Paese, la maggior
parte del quale è esportato (Spagna, Regno Unito e Caraibi).
Meno dell’1% della produzione casearia olandese è realizzata da circa trecento
aziende agricole che trasformano latte crudo in modo artigianale. Tra questi tipi di
142
formaggi rientra la DOP Boeren – Leidse. Nel 2004 le 14 aziende produttrici ne
hanno commercializzate circa 366 tonnellate, con un fatturato alla produzione pari
a 1,74 milioni di euro.
La DOP Boeren – Leidse è un formaggio a pasta semi-dura ottenuto da latte
crudo parzialmente scremato e aromatizzato con l’aggiunta di semi di cumino. La
zona di origine è compresa nella provincia di Zuid-Holland, nell’area che circonda la città di Leiden.
Gran parte di questo formaggio è venduto a grossisti dopo due settimane dal
termine della lavorazione, mentre quote inferiori sono vendute direttamente al
consumatore, tramite gli spacci aziendali.
A differenza del Gouda artigianale, che viene esportato in Germania e Belgio,
le esportazione di formaggio Boeren-Leidse sono del tutto trascurabili.
E’ interessante ricordare che, per tale DOP, i prezzi di vendita all’ingrosso
vengono stabiliti da una commissione composta da grossisti e produttori prendendo in considerazione le tendenze generali del mercato e la quantità di formaggio
disponibile nei magazzini.
Inoltre, esiste un sistema di autoregolamentazione dell’offerta, studiato per
evitare crisi da sovrapproduzione, che si basa su un regime di quote individuali
(non più di 40 tonnellate all’anno per azienda) e sull’imposizione di periodi di interruzione della produzione per un numero variabile di settimane lungo l’arco dell’anno (da 0 a circa 12 settimane).
All’interno del comparto dei formaggi olandesi, risulta in attesa del riconoscimento comunitario STG l’“Hollandse Boerenkaas” (cfr GUCE n°316 del
13/12/2005).
La richiesta per il riconoscimento è stata inoltrata dalla Dutch Bond van Boerderijzuivelbereiders, l’associazione alla quale aderiscono un gran numero di produttori di formaggi artigianali olandesi.
L’iniziativa è dovuta alla prospettiva di un’imminente abrogazione della normativa nazionale in materia di qualità dei formaggi (Landbouwkwaliteitsregeling), che avrebbe lasciato i produttori artigianali completamente indifesi dalla
concorrenza dei formaggi ottenuti industrialmente con latte pastorizzato.
La denominazione Boerenkaas, pur in attesa del riconoscimento STG, è in
realtà utilizzata per indicare un grande varietà di formaggi la cui caratteristica comune è quella di essere prodotti artigianalmente con latte crudo e per almeno il
50% con latte proveniente dall’allevamento dell’azienda produttrice.
Generalmente, al termine registrato Boerenkas viene aggiunta una seconda denominazione64 che individua le caratteristiche specifiche del formaggio.
6.6.4 Il comparto ortofrutticolo
In Olanda, la produzione ortofrutticola di qualità (3.845 tonnellate), con due
denominazioni registrate, rappresenta il 9,2% della produzione certificata com-
143
plessiva con un’incidenza dell’1,7% (2,43 milioni di euro) sull’intero fatturato alla produzione.
All’interno del comparto, con 3.750 tonnellate (pari al 97,5% del totale ortofrutta di qualità) e un fatturato alla produzione di 1,86 milioni di euro (pari al
76,5%) si distingue la DOP Opperdoezer Ronde (patata).
La zona di origine di tale DOP si estende su una superificie di 1.600 ettari - di
cui 1.100 di superficie agricola - situata attorno al comune di Opperdoes, a pochi
chilometri da Amsterdam.
La produzione totale di questa particolare varietà di patata varia tra le 350 e le
400 mila tonnellate l’anno, in funzione delle condizioni atmosferiche, mentre, la
resa massima per ettaro - di molto inferiore allo standard olandese - non supera
le 35 tonnellate.
Gli stessi produttori hanno creato una cooperativa che ha il diritto esclusivo
sulla distribuzione del materiale da riproduzione; a tale cooperativa, hanno l’obbligo di aderire tutti i produttori che vogliono operare nel circuito tutelato.
Per quanto riguarda i prezzi, essi subiscono sensibili fluttuazioni durante il periodo della raccolta, ossia da giugno a settembre.
Il prezzo minimo (0,20 €/kg) viene toccato in agosto quando la disponibilità
sul mercato raggiunge il picco massimo, mentre i prezzi più alti, fino ad alcuni
euro per kg, vengono spuntati nei primi mesi del raccolto sul prodotto novello.
Nel 2004 la quotazione media è stata di 50 centesimi di euro per chilo.
Nel corso degli ultimi dieci anni il valore della produzione si è mantenuto relativamente stabile; le fluttuazioni del fatturato sono in larga misura da imputare a
variazioni dei prezzi, piuttosto che delle quantità prodotte, a causa della ristrettezza del mercato al consumo e della rigidità della domanda. Del resto, la disponibilità di terreno potenzialmente coltivabile potrebbe garantire un aumento della produzione del 50%.
In passato tutta la vendita all’ingrosso di questo prodotto veniva gestita tramite un’asta cooperativa (Greenery di Zwaagdijk).
Attualmente, solo le patate novelle, che costituiscono una piccola parte della
produzione, sono ancora messe all’asta, mentre più del 90% del prodotto viene
venduto direttamente a supermercati (Albert Heijn, C1000) sulla base di contratti
di fornitura. Le catene di supermercati utilizzano packaging personalizzati sui
quali frequentemente compare anche il logo DOP.
Tuttavia, nonostante la drastica riduzione delle vendite all’asta, i produttori sono tenuti a versare alla cooperativa un contributo, proporzionale al quantitativo
prodotto, destinato ad attività di promozione (poster, fiere, ecc).
La produzione certificata dell’IGP Westlandse Druif (95 tonnellate) incide per
il 2,5% sull’intera produzione ortofrutticola olandese e per il 23,5% sul fatturato
alla produzione complessivo.
La Westlandse Druif è la denominazione di uve di serra di diverse varietà coltivate nell’area di Westland a sud dell’Aia.
144
In quest’area, la coltivazione della vite in serra si è sviluppata all’inizio del secolo scorso, sostituendo gradualmente la tradizionale pratica di piantare le viti a
ridosso dei muri.
Lo sviluppo della viticoltura nei Paesi maggiormente vocati dell’Europa Meridionale, ha determinato nel corso degli anni successivi un drastico calo della superficie vitata, che oggi è ridotta a soli 3,3 ettari, e ha contemporaneamente favorito la specializzazione di quest’area verso le produzioni orticole.
Nel 2004 la produzione di uva nell’area del Westland è stata di circa 95 tonnellate; la maggiore produttrice è la Fondazione “De Westlandse Druif”, che ha
anche promosso l’iniziativa per il riconoscimento della denominazione.
La stessa fondazione sta cercando di coinvolgere gli agricoltori della zona per
promuovere iniziative di marketing comuni sotto la stessa etichetta Westlandse
Druif.
6.6.5 I marchi di qualità non istituzionali
In Olanda, oltre alla registrazione dei marchi DOP e IGP, esistono altri strumenti di tutela e promozione dei prodotti tradizionali olandesi.
Per quanto riguarda le iniziative di tipo privato, dal 2002, Slow Food ha avviato, nell’ambito di un programma denominato Ark of Taste, alcune iniziative a livello locale (Presidia) coinvolgendo volontari e produttori, allo scopo di creare un
sistema di valorizzazione della produzione di alcuni prodotti alimentari tradizionali.
I produttori coinvolti non possono esporre, sul prodotto o sul relativo imballaggio, alcun marchio che faccia riferimento a Slow Food dato che l’associazione
non registra loghi o i nomi dei prodotti.
Tuttavia, queste iniziative possono servire da impulso ai gruppi di produttori
locali, spingendoli a registrare il nome o il logo identificativo della località di origine.
In genere, infatti, il risultato è la creazione di un associazione o di un consorzio tra produttori che detiene la proprietà del marchio.
In ambito istituzionale, dal 1999 la Stichting Streekeigen Producten Nederland
(d’ora in avnati SPN) rilascia a singoli produttori la licenza all’utilizzo di un marchio che riporta la dicitura “Erkend Streekproduct” (prodotto regionale riconosciuto).
Ai fini dell’utilizzo di tale marchio è effettuata la valutazione del legame con
il luogo di origine, la quale si basa su un criterio piuttosto generico: la produzione
di almeno il 50% delle materie prime e tutta la lavorazione finale devono avvenire
in una determinata zona geografica.
Molti dei produttori che utilizzano questo marchio aderiscono ad organizzazioni o consorzi di respiro regionale, create per la promozione, tramite marchi
ombrello, dei prodotti agroalimentari che fanno riferimento non ad una singola
145
specialità ma ad un ampio assortimento di prodotti alimentari provenienti dalla regione.
Alcune delle organizzazioni promotrici dei marchi ombrello regionali sono infatti le stesse co-fondatrici del SPN.
I marchi più conosciuti che riportano l’indicazione della regione di origine sono Waddengroep, Waterland, Groene Hart, Zeeuwse Vlegel, Limburgs Land, Gelderse Poort e Groote Peel Spessp.
6.6.6 L’attitudine dell’Olanda verso la protezione delle IG
L’impostazione anti-protezionistica e favorevole al libero commercio ha spesso caratterizzato la posizione del governo olandese in contrapposizione alla politica comunitaria di tutela delle indicazioni geografiche.
Questo orientamento liberale si è manifestato, ad esempio, nei frequenti tentativi di allargare la lista delle denominazioni considerate come generiche e quindi
non ammissibili ad alcun tipo di tutela.
Basti pensare che la stessa Olanda, ai sensi della Convenzione di Stresa, si è
battuta per la registrazione delle denominazioni Edam e Gouda come nomi di prodotti generici piuttosto che pensare ad una strategia di protezione a favore dei propri produttori.
Tuttavia gli orientamenti di alcuni Consorzi e Associazioni di produttori e di
recente l’industria lattiero casearia olandese hanno sposato una strategia opposta a
quella seguita dal governo olandese.
A Bruxelles ad esempio è pendente la richiesta per il riconoscimento delle IGP
Hollandse Gouda and Hollandse Edam; nella prospettiva dei proponenti, la denominazione di origine “Hollandse” garantirà, per questi formaggi, una maggiore attrattiva al prodotto nazionale che, in particolare sui mercati esteri, deve competere
con il Gouda e l’Edam generico.
In generale, da parte dei produttori permane comunque uno scarso interesse alla tutela delle denominazioni di origine.
Lo scarso interesse è dovuto alle caratteristiche del settore agroalimentare del
Paese, che è particolarmente orientato verso i mercati esteri e la cui competitività,
a livello internazionale, si basa essenzialmente sulle economie derivanti da produzioni di larga scala e sulla standardizzazione ed innovazione di prodotto.
Questo modello di sviluppo ha rafforzato tra gli operatori una cultura prevalentemente aziendalista, mirata al sostegno del marchio privato e al miglioramento delle capacità individuali, e meno attenta a considerare iniziative di
promozione di tipo collettivo. Di conseguenza, molti prodotti regionali tipici
o sono scomparsi, o sono del tutto sconosciuti al di fuori dei confini nazionali, mentre gran parte del mercato delle denominazioni registrate è in mano a
pochi grandi produttori (come nel caso di Noord-Hollandse Edam e Kanterkaas).
146
6.6.7 La percezione dei consumatori
A causa della scarsa promozione dei marchi DOP ed IGP i consumatori
olandesi sono quasi all’oscuro del loro significato e non conoscono i relativi
loghi.
Del resto, il marchio europeo è raramente visibile sui prodotti perché i produttori tendono prevalentemente a promuovere i loro prodotti tramite marchi
privati.
Inoltre, ad aumentare il disorientamento dei consumatori, concorre anche la
larga diffusione di denominazioni registrate con marchi privati che fanno fittiziamente riferimento ad indicazioni di origine, come nel caso dei formaggi Old Amsterdam e Leerdammer.
Il concetto di attestazione di conformità, o di certificazione di prodotto, è tuttavia percepito dai consumatori, grazie soprattutto alla crescente importazione di
vini da altri Paesi europei.
Inoltre, l’apprezzamento per i prodotti tipici regionali è in decisa crescita presso i consumatori, grazie alla consuetudine di trascorrere periodi di vacanze nei
paesi dell’Europa meridionale.
6.6.8 Le prospettive per il mercato dei prodotti DOP e IGP
La prospettive di crescita per il mercato delle DOP, IGP e STG olandesi già
esistenti e per quelle in via di riconoscimento dipende in larga misura dall’esito
della “battaglia sull’origine” del formaggio di tipo Gouda ed Edam.
Se verranno riconosciute le denominazioni Hollandse Gouda e Hollandse
Edam (in attesa di IGP) è probabile che si apriranno nuovi spazi sui mercati esteri
per questi tipi di formaggio le cui denominazione oggi vengono utilizzate da tantissime altre industrie del Nord Europa.
Questo sviluppo potrebbe inoltre avere effetti positivi sull’immagine delle
DOP olandesi, in particolare per i formaggi maggiormente presenti sui mercati
esteri. Ma molto dipenderà anche dalla capacità dei produttori olandesi di rendere
trasparente la differenza tra la versione nazionale del loro formaggio e le restanti
produzioni degli altri Paesi.
Questo aspetto, tra l’altro, tocca un problema di carattere più generale che riguarda gran parte delle DOP ed IGP olandesi, o almeno quelle che rivestono un
maggior peso sul mercato.
I vincoli imposti dai disciplinari ai processi di produzione sono in realtà molto
deboli, tanto che la produzione di formaggi come l’N-H Edam e il N-H Gouda
può essere gestita, così come attualmente avviene, in modo completamente industrializzato.
La mancanza di elementi oggettivi di specificità della produzione DOP rispetto quella industriale, limita le possibilità di riconoscimento da parte della UE per-
147
ché le peculiarità dei metodi di produzione diventano più difficili da dimostrare e
più semplici da contestare pubblicamente. Inoltre, una volta resa pubblica la debolezza degli elementi di tipicità attestati dalle certificazioni DOP e IGP, tra i produttori può sorgere una certa riluttanza al loro utilizzo.
D’altro canto, il fatto che la possibilità di fare pubblicità al prodotto, anche per
il suo status di DOP sia stato scarsamente sfruttato nel settore caseario,65 rende
auspicabile un maggiore uso, nel futuro, dello strumento pubblicitario prima sul
mercato olandese e successivamente anche all’estero.
148
50) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Luis Miguel Albisu dell’istituto Unidad Economia Agraria, Gobierno Aragòn di Zaragoza.
51) Da luglio 2005 a giugno 2006.
52) Subdireccion General de Sistemas de Calidad.
53) I dati si riferiscono alle 100 denominazioni attualmente iscritte nel registro comunitario delle DOP e IGP. Va tenuto presente che al 2004 alcune di queste denominazioni
rientravano solo nel regime di certificazione nazionale poiché la richiesta di riconoscimento non era stata ancora trasmessa alla Commissione europea o era in fase di esame.
54) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Bernard Lassaut dell’istituto INRA
di Nantes.
55) Cfr “I prodotti Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005.
56) Cfr “I prodotti Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005, pp 155157.
57) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Tilman Becker, Institute for Agricultural Policy and Marketing, Università Hohenheim di Stuttgart.
58) La ricerca i cui risultati sono di seguito riportati è stata coordinata nel 2006 dal
prof. Tilman Becker docente presso l’Università di Hohenheim. I questionari sono stati
inviati a tutti i Consorzi di tutela delle DOP e IGP tedesche, ad eccezione di quelle relative ad acque minerali. Al questionario hanno fornito risposta 22 consorzi su un totale
di 36.
59) Becker, T. und E. Benner: Zur Problematik der Herkunftsangabe im regionalen Marketing. Arbeitsbericht Nr. 1, Hohenheim 2000.
60) Becker, T.: Zur Bedeutung geschützter Herkunftsangaben. Hohenheimer Agrarökonomische Arbeitsberichte Nr. 12, Institut für Agrarpolitik und Landwirtschaftliche Marktlehre der Universität Hohenheim, Dicembre 2005.
61) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Michael Lough, Thought for Food
Marketing Ltd, Preston.
62) Rapporto svolto con la collaborazione del Dott. Michael Groier, Bundesanstalt für
Bergbauernfragen, Wien.
63) M. Groier, 2006.
64) Per tale prodotto non è stato possibile raccogliere alcuna informazione poiché il
presidente del Consorzio ha negato la propria disponibilità.
65) La mancanza di statistiche per i tre formaggi DOP provenienti dalla regione del Ti-
rolo, è dovuta all’assenza delle procedure di certificazione che permetterebbero di quantificare i volumi a marchio di origine. Infatti, nonostante il riconoscimento di queste denominazioni risalga al 1995, fino ad ora non è stato commercializzato alcun quantitativo con il marchio DOP.
66) Si tratta delle DOP e IGP Waldviertler Mohn, Gailtaler Speck, Gailtaler Almkäse,
Marchfelder Spargel.
67) Rapporto svolto con la collaborazione del Prof. Hielke van der Meulen, Institute for
Rural Sociology, Università Wageningen, Wageningen.
68) Goudse Boerenkaas, Goudse Boerenkaas met kruiden, Edammer Boerenkaas, Leidse
Boerenkaas, Boerenkaas van geitenmelk and Boerenkaas van schapenmelk.
69) Lo strumento pubblicitario è stato utilizzato solo per la DOP Noord-Hollandse Gouda, da parte dell’azienda Campina.
149
7. Case study: politiche distributive e consumo nei comparti
della carne fresca e dell’ortofrutta DOP-IGP
7.1 Obiettivi e metodologia
I
l presente capitolo illustra i principali risultati delle indagini quali-quantitative realizzate sul consumatore e sul trade, focalizzate sui settori “carne fresca” ed “ortofrutta” a marchio DOP e IGP. Le rilevazioni sono state finalizzate alla rilevazione del grado di conoscenza e della percezione del consumatore su tali
prodotti a Denominazione di Origine e alla comprensione delle strategie di assortimento e delle problematiche legate alla vendita di queste categorie di prodotti.
Per quanto riguarda il consumatore è stata realizzata sia una indagine di tipo
qualitativo che una di tipo quantitativo.
L’indagine qualitativa è stata svolta mediante la conduzione di 4 focus group, 2
inerenti al consumo di carne fresca IGP e 2 inerenti a quello di ortofrutta di qualità, nei
punti campione di Milano (2 focus group), Roma e Napoli, nel febbraio 2006. Questa
modalità di analisi, oltre ad assumere una funzione propedeutica alla realizzazione
della fase quantitativa, ha consentito di approfondire alcune tematiche specifiche.
L’indagine quantitativa è stata condotta su un campione complessivo di 1200
consumatori - 600 per l’argomento “carni” e 600 per l’argomento “ortofrutta” - e
stratificato per area geografica. Un’ampiezza campionaria di questo tipo ha permesso di ottenere risultati statisticamente significativi, a livello generale, con un
margine di errore del 3% e con un livello di fiducia pari al 95%. Per ottenere risultati più fedeli possibili al vissuto al momento dell’acquisto, si è utilizzato lo
strumento delle interviste face to face in store, realizzate all’interno dei reparti di
vari ipermercati a livello nazionale, nel mese di aprile 2006.
Per quanto riguarda il trade, è stata realizzata un’indagine mediante interviste face
to face, su un campione complessivo di 250 punti vendita stratificato per area geografica: il 60% delle interviste sono state rivolte a responsabili di reparto della GDO
(ipermercati, supermercati e superettes), mentre il rimanente 40% è stato realizzato
presso il dettaglio tradizionale66 (macellerie e negozi ortofrutticoli), intervistando i titolari o i responsabili di negozio. La rilevazione si è svolta nella seconda metà del mese di marzo 2006.
7.2 Principali evidenze emerse
Le indagini svolte consentono di mettere in evidenza numerose affinità, ed alcune differenze, nel vissuto del consumatore in fatto di carni da un lato e di pro-
150
Tabella 7.1 - Le principali evidenze emerse dall’indagine qualitativa e quantitativa sul consumatore
Settore carne fresca
Caratteristiche di consumo
in generale
- la frequenza di consumo rilevata è di 3-4 volte la settimana
- la carne bovina è considerata irrinunciabile, affidabile
e di qualità, come un "padre di famiglia", mentre la carne suina è associata ad un vissuto di allegria e simpatia;
per le carni avicole, infine, prevale il vissuto di praticità
e leggerezza
Settore ortofrutta
- il consumo è quasi sempre giornaliero e riguarda i prodotti di
stagione, soprattutto per la frutta
- la frutta è acquistata preferibilmente sfusa, mentre per la
verdura assume rilevanza il prodotto preconfezionato per la sua
praticità
- non emerge, dai focus group, un particolare orientamento all'acquisto di prodotti biologici
- ipermercato e supermercato: per ragioni legate alla maggiore
Luogo di acquisto principale - ipermercato e supermercato: per ragioni legate alla
convenienza (buon rapporto qualità / prezzo), alla co- rotazione e conservazione dei prodotti, alla comodità e all'abitumodità, all'abitudine, all'ampia varietà di offerta e ad una dine a frequentarlo per la spesa
maggiore controllo dei prodotti rispetto alla macelleria
- l'acquisto è meditato (lista della spesa). Possono essere
acquistate di impulso le carni in offerta o alcune specialità
- importanza all'aspetto organolettico, all'origine e alla
sicurezza
- l'origine italiana è importante, anche se può essere
apprezzata la provenienzai da paesi famosi per le carni
di qualità
- l'acquisto è programmato, anche se la valutazione visiva
del prodotto sul punto vendita può determinare cambiamenti
di programma ed acquisti d'impulso
- importanza all'aspetto estetico, all'origine e all'aspetto
organolettico
- il concetto di origine è focalizzato sull'origine italiana e/o locale
Percezione della qualità
- il concetto di qualità è complesso, e risulta da una
fusione di elementi polisensoriali, di aspetti legati
all'origine e di aspetti legati in modo diretto alla
sicurezza alimentare
- anche per l'ortofrutta, il concetto di qualità parte da un
appagamento polisensoriale per estendersi all'origine (italiana,
locale) e alla sicurezza. Anche il prezzo, se non troppo basso,
viene considerato un indicatore di qualità.
Conoscenza dei prodotti
DOP e IGP
- il 70,7% dei consumatori di carne fresca ha sentito
parlare dei prodotti DOP e IGP
- la conoscenza delle denominazioni non è approfondita,
nemmeno nella distinzione tra DOP e IGP
- solo il 19,5% ha dichiarato di conoscere delle carni
fresche DOP e IGP
- il 73% dei consumatori di ortofrutta ha sentito parlare dei
prodotii DOP-IGP
- la conoscenza delle denominazioni non è approfondita,
nemmeno nella distinzione tra DOP e IGP
- solo il 30,8% ha dichiarato di conoscere frutta e/o verdura
DOP-IGP
Il profilo del consumatore
- di sesso maschile, di età compresa tra 30-59 anni, in
possesso di un titolo di studio elevato
- di sesso maschile, di età compresa tra 40-49 anni, in possesso
di un titolo di studio elevato
Ricordo spontaneo
dei prodotti DOP e IGP
del comparto
- il ricordo spontaneo è attinente, ma ciò che viene
ricordato con maggiore facilità è la razza Chianina
- la maggioranza dimostra un ricordo spontaneo corretto, citando
soprattutto Pomodoro di Pachino, Arance rosse di Sicilia e Mela
Val di Non
Posizionamento dei marchi
DOP e IGP
- leggemente meno importante, tra i fattori decisionali
al momento dell'acquisto, della rintracciabilità e della
private label
- non si collocano tra i principali fattori che compongono
l'immagine di qualità
- leggermente meno importante, tra le determinanti d'acquisto,
della provenienza italiana, dell'aspetto estetico e della private
label
- non si collocano tra i principali fattori che compongono l'immagine di qualità
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
151
(Segue)
Processo di acquisto
e criteri di selezione
Tabella 7.1 - Le principali evidenze emerse dall’indagine qualitative e quantitativa sul consumatore
Settore carne fresca
Settore ortofrutta
La diffusione territoriale
dei prodotti DOP e IGP
- conoscenza leggermente più elevata nelle aree di
provenienza delle singole tipologie di carni
- il grado di conoscenza, circoscritto oppure diffuso, è, naturalmente, collegato alla diffusione nazionale o locale dei prodotti
I prodotti DOP e IGP
hanno più valore aggiunto
perchè...
- sono carni soggette ad un maggiore controllo
- sono carni 100% italiane
- sono carni di cui si conosce l'esatta provenienza
geografica
- danno maggiore garanzia di controllo
- sono prodotti di cui si conosce l'esatta provenienza geografica
- sono prodotti italiani
I prodotti DOP e IGP non
hanno più valore aggiunto
perchè...
- tutte le carni subiscono controlli
- è sufficiente sapere che sono carni italiane
- La carne è giudicata in base al sapore
- tutti i prodotti ortofrutticoli subiscono controlli
- è sufficiente sapere che sono prodotti italiani
- L'ortofrutta è giudicata in base agli aspetti organolettici
(sapore, freschezza)
Prezzo dei prodotti
a D.O.
- non sono emerse particolari indicazioni
- da un lato, il prezzo potrebbe essere leggermente superiore,
viste le maggiori garanzie di qualità, tuttavia, trattandosi di un
vantaggio anche per i produttori, per via della tutela contro
i falsi, il secondo i partecipanti ai focus group il prezzo
dovrebbe risultare invariato
Probabilità di acquisto
- buona propensione all'acquisto futuro
dei prodotti DOP e IGP in
futuro attese dei consumatori
Attese dei consumatori
- buona propensione all'acquisto futuro
- emerge, per entrambi i comparti, un forte bisogno informativo, che faccia chiarezza sulle caratteristiche dei singoli
marchi e dei prodotti ad essi correlati
- i partecipanti ai focus parlano di una campagna autorevole (Mipaf), con forte orientamento informativo, declinata
sui vari mezzi,
compresa la comunicazione in store, e continuativa nel tempo ("... la fiducia si conquista col tempo")
- esposizione in punto vendita che non "ghettizzi" i prodotti in
una zona isolata
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
dotti ortofrutticoli dall’altro. Si tratta, del resto, di prodotti entrambi appartenenti
al comparto del fresco, per i quali assumono particolare rilevanza le caratteristiche (come l’aspetto estetico) che consentono di valutare in modo rapido la buona
conservazione del prodotto.
Nel caso dell’ortofrutta, ad esempio, emerge dai focus group come la pianificazione di acquisto possa essere modificata qualora lo specifico prodotto desiderato non evidenzi, sul punto vendita, un aspetto compatibile con lo standard
atteso.
In linea generale, il consumatore riconosce un valore al marchio, ma vuole
comunque essere giudice ultimo di ciò che acquista, attribuendo, quindi, particolare importanza agli aspetti valutabili autonomamente (es: colore, freschezza,
sapore…). Nello stesso tempo, tuttavia, le crisi alimentari più recenti hanno pro-
152
Tabella 7.2 - Le principali evidenze emerse dall’indagine sul trade
Carne fresca
Presenza di prodotti italiani - i prodotti a filiera 100%
italiana costituiscono metà
dell'assortimento
- la carne di provenienza
100% estera svolge invece
un ruolo minore
Ortofrutta
Iper+Super
Tradizionali e Superette
- prevalenza di prodotti
italiani nell'assortimento
- dall'estero proviene
soprattutto l'ortofrutta
tropicale
- canale più orientato della
media all'offerta di prodotti
di provenienza estera
- politica assortimentale
indirizzata soprattutto
ai prodotti 100% Italiani
Presenza di prodotti DOP
e IGP
- il 56,8% dei punti vendita
ha in assortimento almeno
una delle due carni IGP
italiane
- l'85% dei punti vendita ha
in assortimento almeno un
prodotto ortofrutticolo DOPIGP
- la maggioranza dei punti
vendita ha in assortimento
almeno una delle due carni
IGP
- l'85% circa dei punti vendita ha in assortimento ortofrutta DOP-IGP
- la maggioranza dei punti
vendita ha in assortimento
almeno una delle due carni
IGP
- più dell'80% dei punti
vendita ha in assortimento
ortofrutta DOP-IGP
Modalità di esposizione dei
prodotti DOP e IGP
- esposizione in etichetta
del marchio DOP o IGP
- scarso ricorso a
differenziazioni espositive, a
volte marchio sul contenitore
(cesta o cassetta)
- carne: esposizione in
etichetta del marchio DOP
o IGP associata ad altri
strumenti di evidenziazione,
come la cartellonistica
- carne: esposizione in
etichetta del marchio DOP o
IGP. Per il dettaglio utilizzo
anche di espositori dedicati
Ostacoli alla vendita
di prodotti DOP e IGP
- price premium troppo
elevato
- scarsa conoscenza del
prodotto da parte del
consumatore
- price premium troppo
elevato
- scarsa conoscenza del
prodotto da parte del
consumatore
- scarsa notorietà e prezzi
troppo alti
- prezzi troppo alti
DOP e IGP: percezione
- 24% aumento, 14%
diminuzione, 54% stabiltà,
8% non so
- 34% aumento, 3%
diminuzione, 55% stabilità,
8% non so
- 25% aumento, 17%
diminuzione, 53 stabilità,
5 non so
- 30% aumento, 12%
diminuzione, 48% stabilità,
10% non so
- nel 2005 vendite
tendenzialmente stabili,
in leggera crescita per i
supermercati
- per il 2006 previsioni più
ottimistiche
- nel 2005 vendite
tendenzialmente stabili, con
più difficoltà per il dettaglio
- per il 2006 previsioni
tendenzialmente stabili
Altri prodotti di qualità
presenti nel punto vendita
- carne fresca a marchio
- altra ortofrutta "di qualità"
regionale
- ortofrutta a private label
- carne fresca private label
- ortofrutta biologica
- carne di provenienza locale
- carne fresca a private label
- assortimento di ortofrutta
biologica superiode alla
media nel formato
ipermercato
- carne fresca a marchio
regionale e di provenienza
locale
- quota elevata di altra
ortofrutta di qualità
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
vocato un aumento della sensibilità nei confronti della provenienza italiana dei
prodotti e dei controlli igienico-sanitari (cfr. figura 7.1.67)
Un altro elemento importante da prendere in considerazione è la relazione tra
i fattori “teorici” che caratterizzano la qualità dei prodotti e le concrete determinanti che innescano la decisione d’acquisto.
Ad esempio, la comodità dell’acquisto può comunque prevalere su alcuni ele-
153
menti della “perfezione” attesa del prodotto. Ciò emerge, ad esempio, nel caso
della verdura preconfezionata, per la quale i partecipanti ai focus group hanno
chiaramente indicato la propensione all’acquisto nonostante un vissuto qualitativo
inferiore a quello del prodotto sfuso68.
In altri casi, ad esempio in periodi di crisi dei consumi, il prodotto di qualità
può risultare concettualmente rilevante, ma l’importanza attribuita al prezzo tende, al momento dell’acquisto, a porre gli altri fattori nettamente in secondo piano.
Figura 7.1 - Determinanti di acquisto ed elementi del concetto di qualità a confronto (scala 0-10, media
delle risposte fornite)
Determinanti acquisto ortofrutta
Determinanti acquisto carne
Caratteristiche
organolettiche
8,911
Aspetto
estetico
9,183
Origine
8,763
Origine
9,008
Sicurezza
Prezzo
/Promozione
8,591 Caratteristiche
organolettiche
8,927
Prezzo
/Promozione
8,543
8,185
Aspetto
estetico
8,032
Marchi
Marchi
7,267
Sicurezza
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
n.d.
0
Elementi del concetto di “carne di qualità”
Sicurezza
6,537
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Elementi del concetto di “ortofrutta di qualità”
9,190
Caratteristiche
organolettiche
9,353
9,336
Caratteristiche
organolettiche
8,839
Sicurezza
Origine
8,620
Aspetto
estetico
9,030
Aspetto
estetico
8,264
Origine
8,765
7,140
Marchi
0
1
2
3
4
5
6
7
8
6,489
Marchi
9
10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
In generale, la mancanza di informazioni e di evidenziazioni sul punto vendita limita la possibilità per il consumatore di riscontrare l’effettiva presenza dei
parametri qualitativi desiderati al di là di quelli immediatamente percepibili, e lo
porta quindi a delegare, in tutto o in parte, la selezione all’insegna distributiva.
Comodità, controlli-garanzie di qualità e varietà dell’offerta, a cui si aggiunge
naturalmente la convenienza, sono le caratteristiche che concorrono a determinare
la scelta di ipermercati e supermercati come principali punti di acquisto.
154
Per quanto riguarda i prodotti a D.O., i risultati dell’indagine (consumatore e
trade) evidenziano ancora una conoscenza dei prodotti a marchio DOP e IGP
piuttosto superficiale: a fronte di un’elevata percentuale di consumatori che dichiara di avere sentito parlare di tali denominazioni, si riscontra a monte una carenza informativa sul significato e sul valore delle stesse.
Mediamente, i consumatori più “acculturati” sono di sesso maschile, di età
compresa tra 40 e 49 anni e in possesso di un elevato titolo di studio.
La conoscenza dei prodotti a marchio appare relativamente più diffusa, anche
al di là dei confini territoriali di origine, per l’ortofrutta: infatti, la percentuale di
chi ha dichiarato in maniera spontanea di conoscere ortofrutta a marchio è pari al
30,8% del campione, a fronte di un 19,5% rilevato per la carne a D.O. Tuttavia,
proprio per i prodotti ortofrutticoli, si riscontra un gap tra la conoscenza dei prodotti in quanto tali e la consapevolezza che si tratti di denominazioni di origine.
Sembra, pertanto, a livello generale, che la mancata acquisizione, da parte del
consumatore, di informazioni sufficienti e dettagliate tenda a relegare le denominazioni di origine ad un ruolo “teorico”, senza calarle organicamente nella realtà
effettiva delle concrete decisioni di acquisto, da un lato, e delle strategie di assortimento, dall’altro.
Nonostante una consapevolezza piuttosto nebulosa del significato dei marchi,
infatti, nella maggioranza dei casi il consumatore riconosce genericamente ai prodotti DOP e IGP un maggiore valore aggiunto, che si traduce in termini di maggiori controlli, rispetto di determinate modalità produttive, garanzie di filiera e di
origine italiana, mantenendo tuttavia una prospettiva “tecnica” che include solo in
misura minore gli altri elementi qualitativi, che caratterizzano in modo altrettanto
rilevante una D.O. (come il legame, anch’esso garantito, con le modalità produttive tradizionali, i “sapori di un tempo”, ecc.).
Le opinioni del trade confermano la scarsa competenza del consumatore in
fatto di DOP e IGP, aspetto che, insieme al prezzo, genera difficoltà nelle vendite.
Questi elementi si configurano, infatti, come le principali barriere allo sviluppo
del mercato, tanto da determinare in alcuni casi il mancato referenziamento del
prodotto da parte della distribuzione.
Va comunque osservato che, se da un lato i responsabili di negozio e di reparto
rilevano l’importanza dei prodotti a D.O. per valorizzare il made in Italy e per rispondere alle esigenze qualitative del consumatore, dall’altro lato rivelano essi
stessi ampie lacune informative al riguardo, che non possono non tradursi in una
difficoltà a valorizzare i prodotti nei confronti del consumatore. E’ indicativo infatti che, nell’ambito di una specifica domanda rivolta ai responsabili di reparto
della GDO, il 45,3% degli intervistati per le carni, ed il 50% per l’ortofrutta non
abbia saputo rispondere alla domanda sulla rispondenza tra i disciplinari di produzione delle D.O. ed i criteri di selezione della distribuzione, in buona parte attribuendo esplicitamente questo fatto alla propria scarsa o nulla conoscenza dei disciplinari.
155
La consapevolezza delle proprie carenze informative si traduce, per il consumatore, nell’esplicitazione di un bisogno di interventi significativi, sia attraverso i media
(soprattutto TV) che in store, volti a fornire indicazioni chiare, dettagliate e, soprattutto, autorevoli (esigenza particolarmente sentita in un contesto di forte “rumore di fondo” che rende difficile la selezione dei messaggi effettivamente attendibili).
Tabella 7.3 - Swot analysis
(in base a quanto emerso dai focus-group e dalle indagini quantitative su trade e consumatore)
MARCHIO DOP-IGP
Punti di forza
- il prodotto DOP-IGP è sicuro perché ci sono più controlli
- i marchi DOP e IGP garantiscono in merito all'origine 100%
italiana
Punti di debolezza
- nel consumatore c'è scarsa conoscenza in merito al significato dei
marchi e alle garanzie da essi offerte
- i consumatori conoscono il prodotto ma non come prodotto
a denominazione di origine (soprattutto nell'ortofrutta)
- i marchi DOP e IGP tutelano di più della rintracciabilità perché
garantistcono la provenienza italiana
- i marchi DOP e IGP non garantiscono sul sapore del prodotto
- i marchi DOP e IGP non svolgono un ruolo prioritario come
determinanti di acquisto o elementi del concetto di qualità
- il trade ritiene che possa essere utile un riconoscimento di nuove
carni e prodotti ortofrutticoli a marchio DOP o IGP
- i prezzi sono troppo elevati e costituiscono una barriera di acquisto
- nei punti vendita non si osserva ancora in modo diffuso una distintività dell'esposizione per l'ortofrutta a marchio DOP o IGP
Opportunità
- il prodotto a marchio DOP-IGP è ritenuto utile per valorizzare nel
punto vendita il prodotto italiano rispetto a quello estero
Minacce
- prevalere delle private label e dei singoli marchi aziendali come
"garanti" agli occhi del consumatore
- per la carne, la fornitura di maggiorni informazioni, e in particolare
il fatto di evidenziare il legame con produzioni nazionali di eccellenza incrementa la propensione di acquisto
- proliferazione delle garanzie "alternative" relative all'origine e alla
qualità, con il rischio di confondere il consumatore, svuotando i termini di significato e generando sfiducia
- destinare l'ortofrutta DOP-IGP al mercato del largo consumo permetterebbe di rendere il prodotto accessibile a tutti e consentirebbe
una maggiore diffusione nazionale
- destinare l'ortofrutta DOP-IGP al largo consumo potrebbe
provocare lo svilimento del prodotto
- destinare l'ortofrutta DOP-IGP al mercato di nicchia consentirebbe
di rivolgersi al segmento degli alto-spendenti
- destinare l'ortofrutta DOP-IGP al mercato di nicchia potrebbe provocare difficoltà di referenziamento nella GDO e vincolare in modo
marcato la crescita dei volumi
Fonte: indagine ISMEA su consumatore e su trade.
7.3 Il settore delle carni fresche: analisi dei risultati
7.3.1 La domanda di carne fresca: composizione e criteri di acquisto
I consumatori partecipanti ai focus group hanno dichiarato una frequenza di
consumo di carne pari a 3-4 volte a settimana. Tra le tipologie di carne più consumate, la preferenza è attribuita alla carne bovina, percepita come affidabile e sicura; seguono la carne suina, che si caratterizza per il sapore e il gusto intrigante, e
156
la carne avicola, vissuta positivamente in quanto leggera, ma senza una particolare personalità.
L’indagine quantitativa conferma questi risultati. Alla domanda su quali tipi di
carne sono appena stati acquistati, si rileva una frequenza di risposte del 66,8%
per la carne bovina, seguita, dal 36,5% della carne suina e dal 29,8% della carne
avicola. In particolare, si rileva una prevalenza della carne bovina al Centro
(79,1%) e al Nord Est (71,4%), e della carne suina al Sud (42,1%).
Figura 7.2 - Le determinanti di acquisto della carne fresca (scala 1 - 7, media delle risposte fornite)
Provenienza italiana
Colore della carne
Avere già assaggiato questo tipo di carne
Conoscenza tipo di allevamento animale
6,61
6,38
6,35
6,17
Conoscenza tipo di alimentazione animale
Presenza di offerte
Possibilità di rintracciare il percorso
dalla nascita dell’animale alla vendita
Prezzo
Presenza del marchio dellacatena distributiva
Presenza del marchio aziendale
6,14
5,93
5,91
5,89
5,86
5,74
La presenza del marchio DOP o IGP
Assenza di grasso
Assenza di sangue
Il fatto che sia biologica
5,68
5,57
5,52
4,17
0
Base: 600 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
1
2
3
4
5
6
7
I criteri che guidano la scelta della carne da acquistare fanno riferimento sia
alla provenienza del prodotto che all’aspetto estetico, ma viene data importanza
anche a precedenti esperienze di acquisto positive69. Le tre principali determinati
di acquisto emerse sono infatti la provenienza italiana, il colore della carne e il
fatto di avere già assaggiato il tipo di carne acquistato.
L’attenzione all’origine da parte del consumatore è chiaramente percepita anche dagli operatori del trade, i quali rilevano un’attenzione frequente alla provenienza non solo nazionale ma anche regionale delle carni fresche da parte dei loro
clienti (32%).
La provenienza della carne offerta influisce anche sulla scelta del luogo di acquisto. Tra i fattori, emersi dai focus group, che favoriscono la preferenza accordata al format supermercato per l’acquisto di carni, figurano infatti le maggiori
garanzie offerte dalle GDO in merito alla provenienza del prodotto, esplicitate
nella possibilità di leggere accuratamente l’etichetta e rafforzate dall’idea che la
catena distributiva subisca più controlli del negozio di vicinato.
157
La rilevanza dell’esperienza di consumo nel determinare la decisione di acquisto conferisce particolare valore non solo al livello qualitativo dei prodotti, ma
anche alla costanza di tale livello nel tempo.
Un’importanza leggermente minore, come determinanti della decisione di acquisto, rivestono invece i marchi: in particolare, la presenza del marchio DOP o IGP
appare leggermente più debole sia della presenza del marchio della catena che del
marchio aziendale, specialmente tra i consumatori del Nord Est e del Centro.
Figura 7.3 - Elementi che caratterizzano la carne di qualità (scala 1 – 5)
La carne di qualità:
È sicura dal punto di vista igienico sanitario
4,68
Ha un buon sapore
4,67
Ha un bel colore
4,57
È italiana
4,56
È una carne tenera
4,53
È una carne che non si restringe quando si cuoce
4,40
È una carne di cui si conoscono tutti i passaggi della filiera
4,34
Possiede il marchio della catena distributiva
4,28
È una carne proveniente da un animale allevato allo stato brado/pascolo
4,24
Possiede il marchio DOP o IGP
4,06
È una carne compatta con poco grasso
4,04
È quella biologica
Base: 600 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
3,23
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
4,5
5
Chiedendo al consumatore di attribuire un grado di rilevanza numerico ad una
serie di variabili proposte per delineare il concetto “teorico” di qualità per la carne70, si ottiene nuovamente la sintesi di tre valori, in ordine d’importanza: sicurezza (legata soprattutto agli aspetti igienici e ai controlli di routine), aspetti polisensoriali (sapore, colore, tenerezza) e origine (sia dal punto di vista dell’italianità che da quello della tracciabilità di filiera). Seguono, in ordine d’importanza, i
marchi.
7.3.2 Le caratteristiche dell’assortimento di carne fresca: tipologie, origine e marchi
L’indagine effettuata sul trade ha, in primo luogo, fotografato la composizione
dell’assortimento di carne fresca per tipi di carni. Si conferma la leadership delle
carni bovine, che mediamente rappresentano (in volume) il 52,9% dell’assortimento, a fronte del 22,4% osservato per le carni suine e dell’11,9% per le carni
avicole. Questa struttura dell’assortimento risulta simile sia nei punti vendita della
158
distribuzione moderna che nei punti vendita tradizionali.
Secondariamente, è stata valutata la ripartizione (sempre in volume) dell’assortimento tra carne italiana (carne proveniente da animali nati, allevati e macellati in Italia) e carne di provenienza estera. In media, più della metà dell’assortimento (53,2%) è costitutito da carne a filiera 100% italiana, coerentemente con la
richiesta da parte del consumatore di carne nazionale. Il restante 46,8% è costituito da carne “parzialmente” estera (40,1%), e in particolare da carne proveniente
da animali nati all’estero ma allevati e macellati in Italia (32,1%) e da carne a filiera 100% estera (6,7%).
Figura 7.4 - Presenza di carne italiana e di carne estera in assortimento
(% media su assortimento in volume)
Animali nati e
allevati all'estero
ma macellati in Italia
7,8%
Animali nati all'estero,
ma allevati e
macellati in Italia
32,1%
Animali nati, allevati e
macellati all'estero
(carni 100% straniere)
6,7%
Animali nati, allevati e
macellati in Italia
(carni 100% italiane)
53,2%
Base: 125 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
Per quanto riguarda l’origine della carne, emerge una chiara differenza di
orientamento tra la distribuzione “moderna” e la distribuzione “tradizionale”.
Presso gli ipermercati e i supermercati risulta infatti particolarmente significativa (40,5% negli ipermercati; 43,7% nei supermercati) la quota della carne proveniente da animali nati all’estero ed allevati e macellati in Italia e di quella a filiera
100% estera (14,2% negli ipermercati e 11,7% nei supermercati). Viceversa, il
dettaglio tradizionale e le piccole superfici di vendita della distribuzione organizzata (superettes) presentano un assortimento composto prevalentemente da carne
100% italiana (54% per le superettes, 74,5% per le macellerie).
Per quanto riguarda il ruolo dei marchi, si rileva, come prevedibile, un ruolo
significativo, presso la GDO, delle private label (45,3% dei punti vendita), che
capitalizzano la crescente fiducia del consumatore nel trade moderno quale garante del prodotto, soprattutto fresco.
I negozi specializzati, tradizionalmente veicolo di prodotto unbranded, rivela-
159
no una significativa penetrazione delle carni di qualità a marchio regionale (presente nel 50% dei punti vendita).
7.3.3 Il vissuto delle carni fresche a marchio DOP e IGP
Il 70,7% del campione di consumatori intervistati ha dichiarato di avere sentito parlare, in linea generale, dei marchi DOP e IGP. La percentuale si ridimensiona se si focalizza l’attenzione sulla specifica categoria della carne: infatti, la carne
a Denominazione di Origine è conosciuta solo dal 19,5% del campione, percentuale che sale al 27,6% se si assume come base il totale di coloro che hanno dichiarato di avere sentito parlare dei prodotti DOP e IGP.
Restringendo ulteriormente l’analisi ed esaminando il ricordo spontaneo di
specifici prodotti tra coloro che dichiarano di conoscere le carni DOP e IGP,
emerge che la maggioranza (63,2%) dimostra di possedere un ricordo attinente.
Figura 7.5 - Ricordo sollecitato di carni fresche DOP-IGP (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
2,2%
2,8%
61,5%
77,3%
2,8%
72,7%
Non so
36,3%
19,8%
Vitellone Bianco
dell'Appennino
Centrale IGP
Agnello di
Sardegna IGP
24,5%
Gran Suino
Padano DOP
(in via di riconoscimento)
No
Si
Base: 600 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Tuttavia, gran parte delle citazioni pertinenti fanno riferimento alla razza
Chianina più che alla Denominazione di Origine a cui questa razza fa riferimento.
La particolare notorietà della razza Chianina è confermata anche dai focus group.
Anche valutando la notorietà assistita, si rileva una scarsa diffusione della
conoscenza delle carni a Denominazione di Origine: l’Agnello di Sardegna IGP è
la carne più conosciuta (36,3%) seguita dal Gran Suino Padano DOP che tuttavia
presenta soltanto a livello nazionale una tutela transitoria con il 24,5% e dal Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP (19,8%).
A livello territoriale si registra una maggiore conoscenza dell’Agnello di Sardegna IGP al Nord Ovest (49,7%), del Gran Suino Padano DOP al Nord Est
160
Figura 7.6 - Conoscenza dei prodotti a Denominazione di Origine vs. conoscenza carni
a D.O. (dati in %)
% Conoscenza carni fresche DOP o IGP
40
50
45
40
35
30
25
20
15
10
Lic.elem.
5
0
50
60
70
80
90
100
consumatori
più acculturati
Centro
>5 c
4 c.
>70 anni
Inf
N-E 60-69
2 c
18-29
consumatori
meno acculturati
50-59
30-39 Sup
3c
M 40-49
F
Sud
Laurea
N-O
1c
% Conoscenza prodotti DOP o IGP
c = componenti
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
(35,7%) e del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP al Centro (27,0%).
Il target di consumatori con una maggiore conoscenza dei prodotti DOP e
IGP e delle carni a marchio è costituito da adulti di età compresa tra i 30 e i 59
anni, prevalentemente di sesso maschile, conviventi, con famiglie composte mediamente da 3 persone, e con un titolo di studio elevato.
In particolare, è proprio il titolo di studio a discriminare maggiormente il livello di conoscenza: sia in riferimento ai prodotti DOP e IGP in generale che in riferimento alle carni a marchio: sono sempre i consumatori in possesso di laurea a
registrare un maggior livello di competenza.
La conoscenza delle denominazioni DOP e IGP, tuttavia, non corrisponde necessariamente alla consapevolezza delle implicazioni, in termini di garanzie, dei
marchi stessi. Dall’analisi dei focus group, emerge infatti, come evidenziato anche
da precedenti indagini Ismea, poca chiarezza di informazione sia sul significato
degli acronimi DOP e IGP sia sugli aspetti che tali marchi tutelano.
In linea generale il marchio di origine viene prevalentemente percepito dal
consumatore come una sorta di “carta di identità” dell’animale, di cui si conosce
la provenienza e si presume sia soggetto a particolari controlli.
Nonostante la scarsa conoscenza dei dettagli, la percezione prevalente del consumatore sulla carne DOP-IGP è che questa possegga un maggiore valore aggiunto rispetto alle altre. Questa, infatti, è l’opinone espressa dal 70% del campione intervistato nell’indagine quantitativa, di nuovo con una maggiore intensità
presso i consumatori adulti (40-49 anni; 77%) ed i laureati (79,8%).
Si rileva una certa omogeneità, a livello geografico, tra le opinioni rilevate sul-
161
Figura 7.7 - Opinione su un eventuale maggiore valore aggiunto offerto delle carni DOP e IGP (dati in %)
Sono prodotti soggetti ad
un maggiore controllo
So che sono 100% italiani
Sono prodotti di cui si conosce
l'esatta provenienza geografica
La carne ha un sapore migliore
52,6%
41,4%
33,3%
18,1%
Sono allevati con maggiore cura
Grazie ai marchi DOP e IGP diventano
prodotti con una ritracciabilità garantita
Sono di qualità più elevata
So che sono prodotti autentici
e non contraffatti
Sono prodotti sicuri dal punto di vista
igienico sanitario
So che sono allevati nel rispetto di
un disciplinare di produzione
Altro
Non so/nr
16,7%
16,4%
14,5%
9,8%
9,3%
6,4%
5,7%
Motivazione SI
0,7%
0
Tutte le carni subiscono controlli indipendentemente
dal fatto che sono a marchio DOP-IGP o meno
Mi basta sapere che sono italiani e non mi
interessa conoscere l'esatta provenienza geografica
Giudico la carne in base al sapore e non
in base alla zona geografica di provenienza
Le garanzie efficaci sono quelle offerte
dal produttore e/o dal distributore
I marchi DOP e IGP non aggiungono
loro una maggiore qualità
Anche delle altre carni conosco la
zona geografica di provenienza
Sono prodotti che giudicavo di qualità anche
prima di sapre che erano prodotti DOP o IGP
Altro
10
20
30
40
50
60
46,7%
31,1%
26,7%
23,3%
22,2%
16,7%
5,6%
3,3%
Non so/nr
Motivazione NO
2,2%
0
10
20
30
40
50
Base: 420 casi per motivazioni SI; 90 casi per motivazioni NO.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
le determinanti di questo valore aggiunto, sebbene si possa comunque evidenziare
come i consumatori del Centro pongano maggiormente l’accento sull’italianità
del prodotto (63,4%) e sulla conoscenza dell’esatta provenienza geografica
(57,3%), piuttosto che sulla presenza di maggiori controlli (31,7%).
Solo un 15% degli intervistati non associa il marchio DOP-IGP ad un maggiore valore aggiunto. Tra questi prevalgono gli intervistati del Sud, quelli con età superiore ai 60 anni e quelli con un titolo di studio medio-basso.
Per questi consumatori gli unici parametri di giudizio rilevanti sono la provenienza italiana, ormai nota per tutte le carni e non solo per quelle a marchio (“mi
basta sapere che sono italiane e non mi interessa conoscere l’esatta provenienza
geografica”: 31,1%) e il sapore (“giudico la carne in base al sapore e non alla
provenienza geografica”: 26,7%), mentre considerano indifferente il fatto che le
carni DOP e IGP subiscano particolari controlli, dal momento che tutte le carni
sono controllate (opinione espressa dal 46,7% di quest’ultimo raggruppamento di
consumatori).
162
Figura 7.8 - Probabilità di acquisto futuro di carni fresche DOP-IGP (dati in %)
Non sono comunque
interessato
5,5%
Non so/nr
5,5%
Certo
17,2%
Poco probabile
8,2%
Molto probabile
26,8%
Abbastanza probabile
37,3%
Base: 600 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Figura 7.9 - Probabilità di acquisto futuro carne DOP-IGP - analisi per titolo di studio - (dati in %)
3,6%
22,6%
25,0%
38,1%
6,0%
4,8%
4,1%
19,6%
14,2%
7,1%
29,2%
34,7%
24,6%
28,6%
42,6%
32,1%
8,9%
8,2% 5,5%
3,7%
4,9%
10,7% 7,1% 14,3%
Base: 594 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
È stato successivamente chiesto ai consumatori con quale probabilità, in futuro, avrebbero acquistato carni DOP-IGP. L’81,3% del campione ha manifestato
una tendenziale propensione all’acquisto71. In particolare il 17,2% le acquisterebbe certamente, il 26,8% le acquisterebbe molto probabilmente e il 37,3% li acquisterebbe abbastanza probabilmente. Tra i restanti consumatori, l’8,2% manifesta
una bassa propensione all’acquisto, mentre il 5% dichiara che comunque non sarebbe interessato all’acquisto di queste tipologie di carni.
163
Figura 7.10 - Effetti della maggiore informazione sulla probabilità di acquisto (dati in %)
Effetti informazioni su probabilità acquisto
Vitellone bianco dell’Appennino centrale
Totale
49,3%
Acquisto futuro carne
DOP-IGP certo
0
10
52,7%
54,2%
65,0%
Acquisto futuro carne
DOP-IGP
molto probabile
Acquisto futuro carne
DOP-IGP
abbastanza probabile
Acquisto futuro carne
DOP-IGP 8,2%
poco probabile
Non acquisterà carne
DOP-IGP perché
non interessato
Effetti informazioni su probabilità acquisto
Gran suino padano DOP
34,0%
62,7%
35,4%
53,6%
66,0%
33,0%
68,3%
31,1%
55,4%
40,6%
83,7%
93,3%
93,3%
30
40
50
%
41,5%
14,3%
89,8%
20
43,7%
60
70
80
90 100
Aumenterebbe
0
10
20
30
40
50
%
60
70
80
90 100
Rimarrebbe stabile
Base: 600 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Sottoponendo ai consumatori l’ipotesi di un’eventuale fornitura di maggiori
informazioni in merito alle carni tutelate si ottiene un incremento della probabilità di acquisto. Nello specifico, si rileva che:
• la conoscenza delle razze comprese nella denominazione del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP determina un incremento della probabilità di acquisto del prodotto nel 49,3% dei casi; in particolare questa informazione aumenterebbe la probabilità di acquisto nell’8,2% dei consumatori che si sono dichiarati
poco propensi all’acquisto futuro delle carni DOP e IGP;
• sapere che i suini con cui si produce il Gran Suino Padano DOP sono gli
stessi le cui cosce sono destinate alla produzione tra gli altri del prosciutto di Parma e del prosciutto San Daniele determina un incremento della probabilità di acquisto nel 52,7% dei casi; in particolare questa informazione incrementerebbe la
probabilità di acquisto nel 14,3% di consumatori che si sono dichiarati poco propensi all’acquisto futuro delle carni DOP e IGP.
Significativi bisogni informativi sono emersi anche nell’ambito dei focus
group. La comunicazione attuale, secondo il consumatore, non valorizza ancora
appieno le carni a marchio. Si avverte infatti l’esigenza di un processo non solo
informativo, ma anche formativo, secondo un percorso che parte dal significato
dell’acronimo dei singoli marchi sino a giungere all’esplicitazione della loro valenza, (“al banco carni bisogna scrivere DOP e indicare cosa significa”).
164
7.3.4 Le carni DOP e IGP dal punto di vista del trade
Dall’indagine sul trade emerge che il 56,8% dei punti vendita ha inserito in
assortimento almeno una delle due carni fresche IGP (Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale o Agnello di Sardegna). Nello specifico il 45,6% dei punti vendita presentava in assortimento l’Agnello di Sardegna IGP72 e il 24% il Vitellone
Bianco.
L’Agnello di Sardegna risulta particolarmente presente nella GDO (48%) e soprattutto nel format ipermercato (53,8%), mentre il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale è più diffuso nelle macellerie (30%).
A livello territoriale, emerge una maggiore diffusione dell’Agnello di Sardegna nei punti vendita del Nord Ovest (57,6%) e del Vitellone Bianco nell’area
Centrale (40%), dato coerente con il diverso grado di notorietà riscontrata a livello geografico nell’indagine sul consumatore.
Figura 7.11 - Diffusione della carne fresca IGP nel trade (dati in %)
0,8%
54,4%
75,2%
45,6%
24,0%
Base: 125 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Il 54,9% dei responsabili di reparto che ha dichiarato di avere in assortimento
le carni fresche a DO ha scelto di adottare, per questi prodotti, una politica di differenziazione espositiva rispetto alle altri carni.
Ciò si osserva più di frequente presso i punti vendita della GDO (61%) che nel
dettaglio (46,7%) e si concretizza, tuttavia, soprattutto nell’esposizione in etichetta del marchio a Denominazione di Origine (82,1%).
La scelta della modalità espositiva varia, comunque, al variare della dimensione del punto vendita. Negli ipermercati si rileva infatti il ricorso a una pluralità di
modalità espositive (tra cui la cartellonistica), mentre nei negozi al dettaglio è elevata la quota di chi colloca i prodotti in espositori dedicati (50%).
165
Ai responsabili di reparto è stato successivamente chiesto se, secondo la loro
esperienza, sarebbe utile promuovere e riconoscere nuove tipologie di carne fresca italiana a Denominazione di Origine.
Figura 7.12 - Motivazioni a sostegno della valorizzazione di nuovi tipi di carne a denominazione
di origine (dati in %)
80
70
60
50
% 40
30
20
10
0
75%
74%
53%
51%
29%
3%
Per valorizzare Per soddisfare
Per far
Per rispondere Per valorizzare
al meglio la
le esigenze di conoscere
alle esigenze
la tipicità
carne italiana
qualità del le carni tipiche di sicurezza
di alcune
consumatore di un territorio alimentare
razze più rare
Altre
motivazioni
3%
Non so/nr
Base: 100 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
L’80% degli operatori del trade intervistati si è dichiarato favorevole a questa
eventualità, in quanto, secondo gli stessi, l’aumento della carne riconosciuta consentirebbe di valorizzare meglio la carne italiana (75%) e soddisferebbe le crescente esigenza di qualità del consumatore (74%).
Dopo aver sottoposto all’attenzione degli operatori l’elenco delle carni in
attesa di un riconoscimento, è stato chiesto loro per quali di esse sarebbe più
utile la Denominazione di Origine. Il 47,2% del campione vorrebbe vedere riconosciuto il bovino bianco e rosso del triveneto e il 44,8% il vitellone della
Maremma. Seguono il Gran Suino Padano (27,2%) e il suino Mora Romagnola (25,6%).
Come prevedibile, i responsabili dei punti vendita sono maggiormente inclini
a valorizzare e riconoscere le carni fresche locali. Infatti al Nord Ovest gli operatori del trade promuoverebbero soprattutto il bue grasso di Carrù e Moncalvo
(57,6%), al Nord Est il bovino bianco e rosso del triveneto (70%), al Centro il vitellone della Maremma (73,3%) e al Sud il suino nero siciliano dei Nebrodi
(46,9%).
Coloro che, al contrario, ritengono che non sia utile il riconoscimento di nuove
carni fresche italiane a Denominazione di Origine (15,2%) forniscono come motivazione la scarsa disponibilità del consumatore a sostenere prezzi più elevati (57,9%),
la limitata consistenza della domanda (21,1%) e il fatto che il consumatore attribui-
166
Figura 7.13 - Carni da valorizzare con marchio DOP-IGP – analisi per area geografica di insediamento
del punto vendita (dati in %)
80
70
60
Nord-Ovest
70,0%
73,3%
Centro
Sud e Isole
Totale
57,65
50,0%
50
%
Nord-Est
43,3%
39,4%
40
40,0%
46,9%
47,2%
37,5%
36,7%
30
44,8%
34,4%
27,2%
20
10
Gran Suino Padano
Vitellone della Maremma
Bovino bianco e rosso
del triveneto
Carne di bufalo campana
Carne bovina della
Murgia pugliese
Suino nero siciliano dei Nebrodi
Suino cinto senese
Bovino bianco e rosso
del triveneto
Vitellone della Maremma
Vitellone della Maremma
Suino mora romagnola
Gran Suino Padano
Bovino bianco e rosso
del triveneto
Vitellone della Maremma
Bovino bianco e rosso
del triveneto
Bue grasso di Carrù
e Moncalvo
0
Base: 125 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
sce importanza solo all’italianità e non alla specifica origine del prodotto (15,8%).
In generale, del resto, il prezzo elevato e la scarsa conoscenza da parte del
consumatore sono anche le principali motivazioni che, secondo gli operatori del
trade intervistati, rendono ancora ristretto il mercato di questi prodotti in Italia.
Nonostante siano stati sottolineati tali fattori di difficoltà, il 53,5% degli operatori intervistati ha rilevato, per il 2005, una stabilità delle vendite di carni fresche a D.O e tra coloro che hanno riscontrato variazioni prevale chi dichiara un
incremento delle vendite (23,9%). In particolare sono soprattutto i supermercati
ad avere sperimentato un buon andamento delle vendite di carni a marchio
(38,1%), mentre maggiori difficoltà sono state registrate nelle macellerie dove il
23,3% degli operatori ha osservato una diminuzione.
A livello geografico, vanno tuttavia segnalati giudizi piuttosto negativi fra gli
operatori del Sud, che per il 44,4% dichiarano un calo del venduto.
Le previsioni relative all’andamento delle vendite per l’anno 2006 rispecchiano un atteggiamento prudenziale da parte degli operatori, che nel 54,9% dei casi
prospettano una situazione di sostanziale stabilità.
Appare tuttavia significativa anche la quota di coloro che sono portatori di una
valutazione ottimistica. Infatti, il 33,8% dei punti vendita si aspetta un incremento
nelle vendite di carni fresche a D.O, a fronte di un esiguo 2,8% che prevede un calo.
Ai responsabili di reparto della GDO è stato chiesto, infine, se le regole dei
disciplinari di produzione delle carni a marchio DOP o IGP si rispecchino nei
criteri di selezione della grande distribuzione. Solo il 48% degli intervistati ha ri-
167
Figura 7.14 - Andamento delle vendite delle carni a marchio nel 2005 e previsioni di vendita per il 2006
(dati in %)
100
90
Andamento vendite carne fresca DOP-IGP nel 2005
8,5%
22,2%
9,5%
9,1%
47,6%
45,4%
3,3%
80
70
60
%
53,5%
50
66,7%
40
30
14,1%
0
100
90
33,1%
23,9%
Totale
Non so
18,2%
23,3%
20
10
4,8%
56,7%
27,3%
11,1%
Ipermercati
Supermercati
Superettes
Stabili
Diminuite
16,7%
Macellerie
Aumentate
Previsioni andamento vendite carne fresca DOP-IGP nel 2006
8,5%
11,1%
9,5%
54,9%
44,4%
57,1%
10,0%
80
70
60
%
54,5%
56,7%
50
40
30
20
10
0
33,8%
Totale
Non so
9,1%
2,8%
44,4%
Ipermercati
3,3%
Stabili
Diminuite
33,3%
36,4%
30,0%
Supermercati
Superettes
Macellerie
Aumentate
Base: 71 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
sposto affermativamente, a fronte di un 6,7% che ha risposto di no. La quota rimanente è costituita da coloro che dichiarano di non conoscere i disciplinari
(18,7%), da coloro che non hanno un’opinione al riguardo (20%) e da coloro che
non conoscono i criteri di selezione e di scelta della fornitura (6,7%).
7.3.5 L’etichettatura obbligatoria e il sistema di rintracciabilità
Le carni fresche sono soggette ad etichettatura obbligatoria. Tuttavia, dai risultati emersi nei focus group, emerge che l’etichettatura obbligatoria disciplinata
168
dai regolamenti comunitari non è ancora conosciuta dal consumatore. I partecipanti intuiscono che con questo termine si possano intendere le “norme comunitarie per le etichette dei prodotti”, che si abbia ache fare con “il simbolo CE “e ancora che si tratti di “una norma che impone di indicare in etichetta la provenienza, la rintracciabilità, l’età dell’animale e l’allevamento in cui è cresciuto”. Nella
mente del consumatore, quindi, il concetto risulta associato all’area della rintracciabilità.
Nella fase quantitativa dell’indagine sono state prese in considerazione le informazioni che attualmente devono essere apposte per legge in etichetta ed è stato
chiesto a consumatori e operatori del trade quali di quelle finora facoltative vorrebbero diventassero obbligatorie.
Figura 7.15 - Le informazioni da inserire obbligatoriamente in etichetta secondo le opinioni
dei consumatori e del trade (dati in %)
70,5%
73,6%
Il tipo di alimentazione adottata
La tecnica di allevamento
L'azienda di nascita
La razza
La categoria del tipo di carne
32,8%
29,3%
24,8%
Il nome dell'allevamento
52,8%
49,3%
48,8%
44,5%
44,0%
40,0%
64,5%
19,0%
13,6%
Il nome del macello
2,3%
0,8%
0,8%
0,8%
Non so/nr
Altro
0
10
20
30
Consumatore
40
%
50
60
70
80
Trade
Base: 125 casi per trade; 600 casi per consumatore.
Fonte: indagine ISMEA sul trade e sul consumatore.
Sia i consumatori che gli operatori del trade vorrebbero vedere apposte obbligatoriamente in etichetta soprattutto informazioni sul tipo di alimentazione dell’animale e sulla tecnica di allevamento.
Anche l’argomento “sistemi di rintracciabilità” trova i consumatori piuttosto impreparati. In fase di focus group si è indagato infatti sulla conoscenza
del consumatore riguardo alla differenza tra “rintracciabilità” e “tracciabilità”.
I risultati mostrano che, pur rimandando entrambi i concetti all’iter che dà ragione della vita dell’animale, i consumatori non riescono a percepirne le differenze, anche se, come emerge sia dai focus group che dall’indagine quantitativa, questo elemento rientra tra i principali fattori che compongono la percezione di qualità.
169
Figura 7.16 - Gli elementi che tutelano il consumatore (dati in %)
La presenza di un sistema
di rintracciabilità
La presenza di una
etichettatura obbligatoria
I consigli del negoziante
37,6%
16,8%
14,4%
Il marchio di garanzia
della catena distributiva
Altro
7,2%
L'italianità del prodotto
7,2%
9,6%
La conoscenza
dell'alimentazione dell'animale
La presenza del marchio a
Denominazione di Origine
La conoscenza della
metodologia di allevamento
4%
2,4%
0,8%
0
5
10
15
20
%
25
30
35
40
Base: 125 casi per trade; 600 casi per consumatore.
Fonte: indagine ISMEA sul trade e sul consumatore.
Il risultato è coerente con quanto emerso nell’indagine sul trade. Secondo il
37,6% degli operatori intervistati, infatti, il sistema di rintracciabilità costituisce
una tutela prioritaria per i consumatori.
Del resto, l’effetto percepito dell’introduzione dell’etichettatura obbligatoria
delle carni e del sistema di rintracciabilità è stato positivo anche in termini di volumi di vendita per una quota significativa di responsabili di reparto e di negozio
(etichettatura obbligatoria: 70,4%; rintracciabilità: 72%).
7.4 Il settore ortofrutta: analisi dei risultati
7.4.1 La domanda di prodotti ortofrutticoli
Dalle indagini effettuate sul settore ortofrutta emerge come il processo di acquisto di frutta e verdura da parte del consumatore sia in prevalenza di tipo programmato e guidato principalmente dalle seguenti variabili73:
- aspetto estetico (inteso in termini di freschezza, colore, compattezza e pulizia del prodotto),
- provenienza italiana,
- preesistente conoscenza del prodotto.
Tra questi, l’aspetto estetico di frutta e verdura ricopre un ruolo particolar-
170
Figura 7.17 - Le determinanti di acquisto di frutta e verdura (scala 1-7)
Determinanti Acquisto Frutta
7
conoscenza
pulizia
aspetto estetico
sfuso
italianità
prezzo
offerta/promoz.
6
DOP-IGP
5
marchio catena
marca azienda
pre-confez.
4
BIO
4
5
6
Determinanti Acquisto Verdura
7
Base: 480 casi per la frutta e 431 casi per la verdura.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Figura 7.18 - Elementi che caratterizzano l’ortofrutta di qualità (scala 1-5)
L‘ortofrutta di qualità:
È un prodotto fresco
4,8 5
Ha un buon sapore
4,74
È sicura dal punto di
vista igienico sanitario
4,73
4,5 1
È italiana
4,37
Ha un bel colore
Possiede il marchio della
catena distributiva
Possiede un marchio
DOP o IGP
3,82
3,78
3,18
È quella biologica
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
4,5
5
Base: 600 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
mente significativo anche per la capacità, analoga a quella delle offerte promozionali, di indurre il consumatore ad integrare o sostituire l’acquisto programmato
con scelte d’impulso.
In quest’ambito assume un ruolo importante anche l’indicazione della data di
171
confezionamento, collegata, naturalmente, al concetto di freschezza.
I marchi, invece, complessivamente intesi nella loro triplice accezione di private label, marchio a D.O. e marchio aziendale, assumono un peso relativamente
meno significativo, sia per la frutta che per la verdura, collocandosi, nella scala
quantitativa rilevata, dopo il prezzo e le offerte promozionali.
In particolare, il marchio a D.O. occupa solo la quart’ultima posizione, in ordine
di rilevanza tra le determinanti di acquisto proposte, con un’importanza relativa attribuita dai consumatori lievemente inferiore a quella assegnata alla private label.
Analizzando questo dato a livello disaggregato sul territorio, emerge una maggiore
importanza attribuita al marchio a D.O. dai consumatori del Sud e del Nord Est ed in
generale una maggiore attenzione al marchio complessivamente inteso (aziendale,
commerciale, a D.O. ed anche biologico) tra gli intervistati di sesso maschile.
Infine, la provenienza da coltivazione biologica occupa tra le determinanti
di acquisto di ortofrutta la posizione di minore importanza. Questo dato è confermato da una certa sfiducia nei confronti dell’ortofrutta biologica emersa nell’ambito dell’indagine qualitativa sul consumatore. Nei focus group infatti è stato sottolineato come i prodotti biologici siano acquistati sporadicamente ed in
occasione delle iniziative promozionali, non solo a causa dei prezzi ritenuti
troppo elevati, ma anche a fronte delle scarse certezze sul rispetto dei disciplinari di produzione.
7.4.1.1 Le informazioni più richieste agli operatori del commercio
Secondo la percezione degli operatori della distribuzione commerciale riguardo ai criteri di scelta (informazioni più richieste) del consumatore, al primo posto
si pone l’origine italiana del prodotto, seguita dal prezzo e dal binomio
bontà/freschezza.
Figura 7.19 - Le informazioni maggiormente richieste dal consumatore per l’ortofrutta (dati in %)
60
50
56,0%
52,0%
40
% 30
19,2%
8,8%
6,4%
8,8%
Base: 125 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
172
Se sono
utilizzati
pesticidi,
anticrittogamic
, etc.
La regione di
provenienza
del prodotto
Se il prodotto
è italiano
0
Se è un
prodotto
biologico
2,4% 0,8%
Frutta
0,8% 2,4%
Verdura
0,8%
Non so/nr
10
Altro
14,4%
Se il
prodotto è
OGM FREE
20
23,2%
4,0%
Dall’analisi dei dati per area si osserva un maggiore interesse per l’italianità al
Centro, mentre il Sud presenta, in corrispondenza di questo item, un interesse inferiore alla media del campione, controbilanciandolo con una maggiore attenzione, rispetto alle altre aree geografiche, verso l’eventuale presenza di OGM, l’utilizzo di pesticidi e l’adozione del metodo biologico.
7.4.2 L’offerta di prodotti ortofrutticoli
7.4.2.1 La risposta alla richiesta di italianità
A fronte della richiesta da parte del consumatore di prodotti ortofrutticoli
italiani, i punti vendita intervistati mostrano di adottare una politica assortimentale fortemente volta all’offerta di frutta (78,5%) e verdura (89,5%) proveniente dal
nostro Paese.
Questo orientamento caratterizza in particolare il dettaglio specializzato, che
presenta un’offerta di frutta e verdura di origine italiana pari in media, rispettivamente, all’84,9% e al 94,8% dell’assortimento in volume di reparto.
L’offerta di frutta estera è composta per una quota significativa di prodotti esotici e tropicali (banane ed ananas in primis), provenienti principalmente da Equador e Costarica, seguiti dalla categoria degli agrumi.
Tra gli ortaggi prevale l’importazione di insalata (belga soprattutto ma anche
brasiliana, indivia, “iceberg”), seguita da fagiolini, peperoni e pomodori, provenienti rispettivamente in prevalenza da Francia e Belgio, Marocco, Spagna.
La Spagna in particolare, per entrambe le categorie merceologiche, si prospetta come il principale competitor dei prodotti ortofrutticoli italiani, rappresentando
il Paese estero più citato dagli operatori del settore per frutta e verdura, se si
escludono i Paesi di provenienza dei prodotti tropicali. Complessivamente, i prodotti maggiormente importati dalla Spagna risultano essere le fragole, le arance, i
peperoni, i pomodori e l’insalata “iceberg”.
La Spagna inoltre si configura come interlocutore estero privilegiato della
GDO, che importa ortofrutta (soprattutto verdura) da questo Paese in misura superiore alla media del campione, mentre l’assortimento del dettaglio specializzato
per la frutta si concentra principalmente sui Paesi dell’area dell’America Latina e
per la verdura diversifica i mercati esteri di provenienza, comprendendo anche
Marocco ed Egitto e, in Europa, Francia e Olanda.
7.4.2.2 L’assortimento di prodotti biologici
Coerentemente con l’interesse relativamente modesto dei consumatori per l’origine biologica dell’ortofrutta emerso dalle indagini effettuate, i punti vendita che
referenziano prodotti biologici risultano essere meno della metà del campione per
quanto riguarda la frutta e un poco più di un terzo per la verdura. Sono le grandi
superfici di vendita che in percentuale maggiore dichiarano di avere un’offerta di
prodotti bio (78,6% per la frutta e 71,4% per la verdura), coerentemente con la
173
maggiore ampiezza assortimentale di questi esercizi commerciali.
Scendendo nello specifico a considerare l’insieme dei soli punti vendita che
hanno in assortimento ortofrutta biologica, si osserva come il peso medio di questa categoria di prodotti sul fatturato dell’intero reparto sia comunque ancora poco
significativo (8,3% per la frutta e 8,0% per la verdura).
Nonostante il maggiore interesse per i prodotti bio da parte del consumatore
del Sud, i punti vendita di quest’area geografica sono quelli che in minor percentuale dichiarano di avere in assortimento questi prodotti.
È invece al Nord Ovest che il biologico sembra rivestire un maggiore peso, rispetto alla media del campione sul fatturato di reparto (11,8% per la frutta e
13,7% per la verdura).
7.4.2.3 L’assortimento di prodotti a Denominazione di Origine
I prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine godono, alla luce dell’indagine condotta, di una copertura territoriale significativa: l’81% dei responsabili
di reparto o di negozio intervistati dichiara infatti di avere in assortimento frutta
e/o verdura a D.O.
Figura 7.20 - Presenza di prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine – analisi per canale
distributivo – (dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
6,7%
10,0%
18,7%
90,0%
74,7%
Non so
No
Si
GDO
Base: 125 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul trade.
Dettaglio specializzato
Questa politica assortimentale è adottata soprattutto dal dettaglio specializzato
(90,0%), probabilmente per l’esigenza di differenziare e qualificare la propria offerta rispetto alla GDO.
In termini di presenza ponderata74, in media i prodotti ortofrutticoli a D.O.
rappresentano il 25% dell’assortimento di frutta e verdura dei punti vendita che
hanno dichiarato di referenziarli, dato che aumenta nel caso del dettaglio specializzato con una presenza media di prodotti ortofrutticoli a D.O. pari al 33,2% dell’assortimento di reparto.
174
Sotto il profilo territoriale, i punti vendita che dichiarano di avere in assortimento prodotti a D.O. sono soprattutto localizzati al Nord Ovest, mentre il Sud
rappresenta un’eccezione interessante perché, pur registrando la numerica più
bassa di punti vendita trattanti, in questi il peso sull’assortimento di ortofrutta dei
prodotti a D.O. è maggiore rispetto al dato medio del campione.
7.4.3 I prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine
7.4.3.1 La conoscenza dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine
La conoscenza “generica” dei prodotti DOP-IGP risulta abbastanza diffusa tra i
consumatori, che in una percentuale pari al 73% dichiarano di averne già sentito parlare. La percentuale risulta massima al Nord Ovest (84,1%), e minima al Centro (59,1%).
Figura 7.21 - Conoscenza dei prodotti a Denominazione di Origine ed in particolare di ortofrutta a D.O.
(dati in %)
100
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
4,3%
9,8%
22,7%
47,9%
73,0%
Non so
42,2%
Conoscenza prodotti
DOP-IGP
Base: 438 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Conoscenza ortofrutta
DOP-IGP
No
Si
Tuttavia, quando è stata posta a questo 73% dei rispondenti una domanda più
circostanziata relativa alla conoscenza di prodotti ortofrutticoli a Denominazione
di Origine, meno della metà degli intervistati (42,2%) ha risposto affermativamente, con un dato inferiore alla media emerso proprio al Nord Ovest (23,5%). Quest’ultimo dato potrebbe essere attribuito ad una diffusa conoscenza in queste aree di
prodotti a Denominazione di Origine appartenenti a categorie merceologiche diverse dall’ortofrutta ed in particolare relative al settore salumi e formaggi.
Approfondendo l’analisi, è possibile individuare il profilo di coloro che possono essere definiti i maggiori conoscitori dei prodotti DOP-IGP in generale e contemporaneamente anche dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine:
analogamente a quanto emerso per le carni, si delinea in questo caso l’immagine
di un consumatore di età compresa tra i 40 e i 49 anni, di sesso maschile e con un
titolo di studio di livello elevato (laurea).
175
Figura 7.22 - Conoscenza dei prodotti a Denominazione di Origine vs conoscenza di ortofrutta a D.O.
(dati in %)
% conoscenza prodotti ortofrutticoli DOP o IGP
40,0
45,0
50,0
45,0
55,0
60,0
65,0
70,0
N-E
40,0
35,0
Centro
media 1 c
25,0
20,0
>70
18-29
30,0
4c
Sud
>5 c
75,0
40-49
80,0
M
85,0
90,0
laurea
consumatori
più acculturati
30-39 3 diploma
50-59
F
2c
Licenza Elem.
60-69
N-O
15,0
10,0
5,0
consumatori
meno acculturati
0,0
c = componenti
% conoscenza prodotti DOP o IGP
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
Tra coloro che dimostrano di conoscere in misura inferiore alla media del
campione i prodotti DOP-IGP, ed in particolare la categoria ortofrutta, vi sono i
consumatori con licenza elementare o media, le famiglie monocomponenti e i residenti nell’Italia centrale.
Va comunque sottolineato, come avveniva anche per le carni, che a fungere da
forte discriminante tra i conoscitori e i non conoscitori di prodotti ortofrutticoli a
D.O. sia il titolo di studio.
Figura 7.23 - Citazioni spontanee corrette dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine (dati in %)
Pomodori di Pachino
Arance Rosse di Sicilia
Mele Val di Non
Limone di Sorrento
Pomodori di San Marzano
Radicchio Trevigiano
Mele Alto Adige
Carciofi Romani
Basilico Genovese
Lenticchie di Castelluccio
Castagna di Montella
Cappero di Pantelleria
Asparagi di Altedo
Pesche di Romagna
Carciofo di Paestum
1,6%
1,1%
1,1%
1,1%
1,1%
0,5%
0,5%
0
0,02
Base: 185 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
176
3,8%
3,2%
3,2%
2,7%
0,04
9,2%
8,6%
4,9%
0,06
0,08
0,1
10,8%
0,12
Si è voluto quindi proseguire nell’indagine analizzando il ricordo spontaneo e
successivamente sollecitato da parte dei consumatori di specifici prodotti ortofrutticoli DOP-IGP.
Più della metà (55,7%) dei consumatori che avevano affermato di conoscere
frutta e/o verdura a D.O. ha saputo fornire una citazione spontanea corretta di un
prodotto ortofrutticolo a Denominazione di Origine.
In particolare il prodotto più citato è stato il pomodoro di Pachino (10,8%), seguito
da arance Rosse di Sicilia (9,2%) e mela Val di Non (8,6%), prodotti che tuttavia godono di una diffusione nazionale, anche preesistente al riconoscimento comunitario.
Sono in particolare i consumatori del Sud e delle Isole a dimostrare la maggio-
Figura 7.24 - Ricordo sollecitato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine (dati in %)
Arancia rossa Sicilia
Pomodoro di San Marzano
Radicchio rosso di Treviso
Mela Val di Non
Pomodoro di Pachino
Limone di Sorrento
Basilico Genovese
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel
Oliva ascolana del piceno
Clementine di Calabria
Carciofo romanesco del Lazio
Cappero di Pantelleria
Limone costa d'Amalfi
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Pesca nettarina di Romagna
Nocciola del Piemonte
Radicchio variegato di Castelfranco
Ciliegia di Marostica
Riso nano vialone Veronese
Fico d'India dell'Etna
Pera dell'Emilia Romagna
Scalogno di Romagna
Kiwi di Latina
Clementine del Golfo di Taranto
Uva da Tavola di Canicattì
Zafferano dell'Aquila
Farro della Garfagnana
Pera Mantovana
Carciofo di Paestum
Castagna di Montella
Asparago verde di Altedo
Fagiolo di lamon della vallata bellunese
Farina di Neccio della Garfagnana
Zafferano di San Geminiano
Uva da tavola di Mazzarrone
Nocciola di Giffoni
Castagna del Monte Amiata
Marrone del Mugello
Peperone di Senise
Fungo di Borgotaro
Fagiolo di Sorana
Asparago bianco di Cimadolmo
Marrone di Castel del Rio
Marrone di San Zeno
Fagiolo di Sarconi
La bella della Daunia
Nocellara del Belice
23,2%
22,2%
20,6%
20,6%
20,0%
16,9%
16,4%
14,4%
13,9%
12,5%
12,4%
11,5%
10,8%
9,8%
9,6%
9,6%
9,6%
8,1%
7,6%
7,6%
7,3%
6,8%
5,8%
5,1%
4,9%
4,7%
4,2%
0
10
Base: 591 casi.
Fonte: indagine ISMEA sul consumatore.
20
33,3%
31,3%
29,3%
27,6%
26,1%
25,0%
30
44,0%
43,3%
43,3%
40,6%
36,7%
40
48,6%
50
61,4%
59,2%
60
71,9%
70,4%
68,9%
67,7%
70
87,3%
77,5%
80
90
100
%
177
re padronanza in materia, con un ricordo spontaneo corretto nel 71,8% dei rispondenti che avevano dichiarato di conoscere ortofrutta a D.O., citando soprattutto
prodotti autoctoni come il pomodoro di Pachino e le arance rosse di Sicilia.
Ancora una volta, invece, i consumatori del Nord Ovest evidenziano la minore conoscenza di questi prodotti, registrando la percentuale più alta di citazioni errate o mancanti.
A livello sollecitato, invece, i prodotti ortofrutticoli a D.O. più conosciuti
sono risultati l’arancia rossa di Sicilia (87,3%), il pomodoro San Marzano
(77,5%) e il radicchio rosso di Treviso (71,9%), seguito a breve distanza dalla
mela Val di Non (70,4%), mentre tra i prodotti meno citati si rilevano la Nocel-
Figura 7.25 - Diffusione territoriale e conoscenza di ortofrutta DOP-IGP – analisi per area geografica –
(% di punti vendita; % di consumatori)
100
Diffusione nel trade
90
80
70
60
% 50
40
30
20
10
0
100
Conoscenza del consumatore
90
80
70
60
Nord ovest
% 50
40
Nord est
30
20
Centro
10
Sud e isole
178
Nocciola di Giffoni
Marrone del Mugello
lenticchia di Castellucchio
di Norcia
Farro della Garfagnana
Fagiolo di lamon della
vallata bellunese
Ciliegia di Marostica
Castagna di Montella
Castagna del Monte Amiata
Base: 106 casi per il trade, 591 per il consumatore.
Fonte: indagine Ismea sul consumatore e sul trade.
.
Asparago verde di Altedo
Radicchio rosso di Treviso
Pomodoro di San Marzano
Pomodoro di Pachino
Mela Val di Non
Mela Alto Adige
Cappero di Pantelleria
Basilico Genovese
Arancia rossa Sicilia
0
lara del Belice, la Bella della Daunia e il fagiolo di Sarconi.
Analizzando più approfonditamente il grado di conoscenza dei prodotti ortofrutticoli DOP-IGP per ciascuna area geografica, si osserva come vi siano sostanzialmente due categorie di prodotti ortofrutticoli a D.O.
Del primo gruppo fanno parte frutta e verdura a diffusione nazionale, come arance
rosse di Sicilia, pomodoro di Pachino e di San Marzano, mela Val di Non e Alto Adige, radicchio rosso di Treviso, cappero di Pantelleria, basilico genovese. Nel caso di
questi prodotti, il grado di conoscenza del consumatore e la composizione dell’assortimento dei punti vendita sono pressoché omogenei su tutto il territorio nazionale.
Un discorso a parte vale per i restanti prodotti, che sono per lo più conosciuti
dai consumatori residenti nelle aree geografiche di produzione e che sono referenziati principalmente nei punti vendita “locali”.
Ad esempio, ciliegia di Marostica, asparago verde di Altedo e fagiolo di Lamon
della vallata bellunese sono conosciuti soprattutto dai consumatori del Nord Est e presenti negli assortimenti della stessa area geografica e la stessa considerazione vale per
il Centro con riferimento a prodotti quali il farro della Garfagnana, il marrone del Mugello, la castagna del Monte Amiata e la lenticchia di Castelluccio di Norcia e per il
Sud riguardo alla castagna di Montella e la nocciola di Giffoni.
In generale, comunque, la conoscenza di questi prodotti, non è necessariamente correlata in modo diretto con la consapevolezza nel consumatore del loro riconoscimento quali marchi a Denominazione di Origine. Questo dato viene
evidenziato sia dall’indagine quantitativa che da quella qualitativa sui consumatori.
Dall’analisi dei dati incrociati tra la percentuale di coloro che affermano di
non conoscere i prodotti a Denominazione di Origine e la quota di coloro che sono stati in grado di indicare, a livello sollecitato, alcuni dei 47 prodotti a D.O., si
osserva come coloro che non avevano sentito parlare di prodotti DOP-IGP in realtà conoscevano questi prodotti, ma semplicemente non li associavano al concetto
di Denominazione di Origine.
A conferma di ciò, dai focus group, è emersa la difficoltà a collocare geograficamente questi prodotti - laddove manca nella denominazione un esplicito riferimento al territorio - e la generale scarsa conoscenza del marchio DOP-IGP che li
accompagna. Nella percezione dei partecipanti ai focus group, infatti, questi prodotti potrebbero essere indistintamente “prodotti tipici” o “prodotti con un marchio controllato e protetto, unici…” oppure prodotti soltanto identificabili per la
provenienza da un determinato territorio.
Tali evidenze fanno supporre un ruolo non particolarmente significativo della
D.O. nel rafforzare la notorietà e il vissuto positivo relativo a determinate tipologie di prodotto.
Del resto, i partecipanti ai focus group sembrano risultare abbastanza indifferenti alla presenza su frutta e verdura di marchi a D.O. – proprio perché ritengono
di non essere sufficientemente informati sul loro significato. Tuttavia, essi presentano una percezione di prodotto certificato abbastanza corretta e cioè quella di “un
179
Figura 7.26 - Opinione su un eventuale maggiore valore aggiunto offerto dall’ortofrutta DOP e IGP
(dati in %)
Motivazione SI
Sono prodotti più sicuri perché
hanno subito maggiori controlli
Sono prodotti di cui si conosce
l'esatta provenienza regionale
Sono prodotti 100% italiani
48,4%
44,1%
42,0%
Sono prodotti di maggiore qualità
38,8%
Sono prodotti coltivati nel rispetto
del disciplinare di produzione
Sono prodotti non
modificati geneticamente
Sono prodotti non contraffatti
18,7%
12,7%
10,8%
Altro
2,6%
Non so/nr
0,7%
0
10
20
%
30
40
50
Motivazione NO
Mi basta sapere che sono italiani e non mi interessa
conoscere l'esatta provenienza geografica
Giudico il prodotto dal sapore e non
dalla zona geografica di provenienza
Tutti i prodotti ortofrutticoli subiscono controlli
indipendentemente dal fatto che siano a marchio DOP o IGP o meno
Il marchio DOP o IGP non
aggiunge loro una maggiore qualità
Anche degli altri prodotti conosco
la zona geografica di provenienza
Le garanzie efficaci sono quelle offerte
dal produttore e/o dal distributore
Altro
Sono prodotti che giudicavo di qualità anche
prima di sapere che erano DOP o IGP
37,9%
30,6%
25,0%
24,2%
18,5%
16,1%
12,1%
9,7%
0,8%
Non so/nr
0
5
Base: 417 casi per motivazioni SI; 124 casi per motivazione NO.
10
15
20
%
25
30
35
40
prodotto controllato e di cui è sicura la provenienza territoriale”.
Un altro fattore rilevante, emerso sempre dai focus group, è quello che attiene
ad un concetto di “qualità a tutto tondo”, fatta di garanzie ma anche di aspetti
piacevoli, percepibili con i sensi. Sempre secondo quanto emerso dai focus group,
infatti, il fatto che il prodotto sia DOP-IGP, da solo, non è sufficiente ad indurre
all’acquisto il consumatore, che in ogni caso vuole essere il giudice ultimo, sul
piano organolettico e polisensoriale, della qualità di questi alimenti (“…deve piacermi, se mi dà fiducia lo prendo anche senza marchio…”). Come per la carne, si
conferma dunque anche in quest’ambito l’importanza di un’esperienza di acquisto e di consumo positiva e, naturalmente, costante nel tempo.
Sembra quasi che il marchio DOP/IGP, la cui esistenza è pur nota ai consumatori, rimanga un concetto ancora generico, che non è ancora stato “riempito” di
tutti i suoi significati specifici, tanto più importanti in quanto, in realtà, attinenti
proprio alle categorie che compongono il concetto di qualità dal punto di vista
180
del consumatore (provenienza, filiera, italianità, qualità organolettica legata al rispetto dei disciplinari di produzione).
Si è scelto, quindi, di chiedere specificamente al consumatore, nell’ambito
dell’indagine quantitativa, quale tipo di valore egli attribuisse spontaneamente ai
prodotti a D.O.
Il 69,5% dei consumatori intervistati ritiene che i prodotti a Denominazione di Origine siano caratterizzati da un maggiore valore aggiunto rispetto
ai prodotti che non sono oggetto di tutela.
In particolare – come si è già evidenziato in precedenza - per i consumatori sono
soprattutto la maggiore garanzia di controllo e l’esatta conoscenza della provenienza
del prodotto, in particolare italiana, a determinare il valore delle Denominazioni di Origine, mentre la presenza di un disciplinare di produzione si colloca in quinta posizione.
Di particolare interesse, inoltre, è il fatto che, mentre i consumatori con un minor
titolo di studio indicano principalmente come caratteristica principale la provenienza
italiana, al crescere del livello di istruzione il valore delle Denominazioni di Origine
viene associato alla conoscenza esatta della provenienza regionale, nel caso dei diplomati, e alla presenza di maggiori controlli, nel caso dei consumatori laureati.
Analizzando in modo comparato gli item che per il consumatore conferiscono
maggiore valore aggiunto ai prodotti ortofrutticoli DOP-IGP e la definizione di
ortofrutta di qualità data dagli intervistati, si ha inoltre una conferma del fatto che
un importante elemento che manca a questi prodotti tutelati per essere definiti “di
qualità” è un riconoscimento certo e condiviso da parte del consumatore delle loro
superiori caratteristiche organolettiche.
I consumatori che, al contrario, ritengono che i prodotti a D.O. non abbiano
nulla in più dei prodotti senza marchio DOP-IGP (20,7%) motivano la propria
convinzione sostenendo che il loro interesse va esclusivamente alla provenienza italiana del prodotto oppure alla valutazione personale degli aspetti organolettici. Una
sottogruppo significativo di questi sostiene inoltre che tutti i prodotti subiscono controlli, indipendentemente dalla presenza del marchio a Denominazione di Origine.
Del resto, secondo la percezione del trade, è genericamente la provenienza,
più del marchio di tutela, che sembra garantire i consumatori sulla qualità del prodotto, convinzione probabilmente generata anche dall’insistere su questo tema da
parte della GDO per le proprie private label di filiera.
7.4.3.2 Un limite alla valorizzazione: le modalità espositive
Il maggiore valore aggiunto che viene riconosciuto da una quota elevata di
consumatori ai prodotti ortofrutticoli DOP-IGP non sembra però trovare, in base
alle risposte ottenute dai responsabili di reparto intervistati, evidenza espositiva
nei punti vendita oggetto di indagine.
Il 71,4% degli operatori del commercio intervistati dichiara di non adottare particolari evidenziazioni espositive per l’ortofrutta a D.O. e anche tra i punti vendita che
operano una qualche differenziazione la modalità più ricorrente (60%) è la semplice
esposizione del marchio sul contenitore del prodotto (cesta o cassetta).
La differenziazione espositiva appare più frequente nei negozi al dettaglio e,
181
all’interno della GDO, nel format ipermercato.
Sul tema si sono confrontati anche i consumatori partecipanti ai focus group,
arrivando alla conclusione che i prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine dovrebbero essere disposti in modo da favorire confronti con i prodotti non a
marchio, oppure anche raggruppati in un’isola dedicata, ma in ogni caso non dovrebbero essere esposti in maniera troppo isolata, per evitare il rischio di generare
quella “ghettizzazione” che a loro parere si è già verificata per i prodotti biologici.
Gli stessi consumatori suggeriscono anche che i prodotti ortofrutticoli a D.O. siano
venduti prevalentemente sfusi, per richiamare l’idea di prodotti genuini, naturali, artigianali, eventualmente con l’evidenziazione di un bollino sul singolo prodotto.
Figura 7.27 - Ortofrutta DOP-IGP presente in assortimento (% di punti vendita)
Mela Val di Non
Pomodoro di Pachino
Radicchio rosso di Treviso
Arancia rossa di Sicilia
Pera dell'Emilia Romagna
Radicchio Variegato di Castelfranco
Clementine di Calabria
Pesca nettarina di Romagna
Mela Alto Adige
Pomodoro di San Marzano
Limone di Sorrento
Limone Costa d'Amalfi
Carciofo romanesco del Lazio
Basilico genovese
Fico d'India dell'Etna
Kiwi di Latina
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Scalogno di Romagna
Asparago verde di Altedo
Uva da tavola di Mazzarone
Castagna del Monte Amiata
Marrone di Castel del Rio
Uva da tavola di Canicattì
Fagiolo di lamon della vallata Bellunese
Ciliegia di Marostica
Pera Mantovana
Castagna di Montella
Clementine del golfo di Taranto
Nocciola del Piemonte
Asparago bianco di Cimadolm
Carciofo di Paestum
Nocciola di Giffoni
Marrone del Mugello
Cappero di Pantelleria
Oliva ascolana del piceno
Farro della Garfagnana
Riso Nano Vialone Veronese
Fungo di Borgotaro
Peperone di Senise
Zafferano dell'Aquila
Fagiolo di Sorana
Zafferano di San Giminiano
Nocellara del Belice
Farina di neccio della Garfagnana
Nessuno di questi
Marrone di San Zeno
La Bella della Daunia
Fagiolo di Sarconi
4,7%
3,8%
2,8%
1,9%
1,9%
1,9%
0,9%
0,0%
0,0%
0,0%
0
Base: 106 casi.
Fonte: indagine Ismea sul trade.
182
22,6%
17,0%
16,0%
15,1%
15,1%
15,1%
14,2%
14,2%
13,2%
10,4%
10,4%
9,4%
8,5%
8,5%
8,5%
7,5%
7,5%
6,6%
5,7%
10
20
33,0%
31,1%
30,2%
28,5%
30
42,5%
42,5%
41,5%
35,8%
34,0%
40
52,8%
50,0%
46,2%
50
%
76,5%
75,5%
74,5%
58,5%
57,5%
57,5%
60
70
80
86,8%
90
100
7.4.3.3 L’assortimento di prodotti a Denominazione di Origine
La composizione dell’assortimento dei punti vendita che referenziano ortofrutta a D.O. è coerente con le indicazioni di conoscenza fornite dai consumatori.
A godere della maggiore copertura territoriale sono, infatti, la mela Val di Non
(86,8%), il pomodoro di Pachino (76,4%), il radicchio rosso di Treviso (75,5%) e
le arance rosse di Sicilia (74,5%), mentre rimangono esclusi dagli assortimenti degli operatori intervistati la Bella della Daunia, il fagiolo di Sorana e il marrone di
San Zeno, che risultano essere anche i prodotti meno conosciuti dai consumatori.
I punti vendita che non presentano in assortimento prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine (15,2%) motivano tale decisione principalmente sostenendo che si tratta di prodotti troppo cari e poco o per niente richiesti dal consumatore.
7.4.4 L’evoluzione del mercato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione di Origine
Secondo la maggioranza degli operatori del settore (53%), le vendite di ortofrutta a D.O. sono rimaste stabili nel corso del 2005 rispetto all’anno precedente.
Considerando il dato disaggregato per tipologia di esercizio, si rileva come il
Figura 7.28 - Andamento delle vendite di ortofrutta DOP-IGP nel 2005 (dati in %)
Non so/nr
4,8%
Sono aumentate
24,8%
Sono rimaste
stabili
53,3%
Sono diminuite
17,1%
Base: 105 casi.
Fonte: indagine Ismea sul trade.
dettaglio specializzato abbia riscontrato le maggiori difficoltà nella commercializzazione di questi prodotti, con una percentuale più consistente rispetto alla GDO
di operatori che segnala una diminuzione delle vendite di frutta e verdura DOPIGP (28,9%, vs 8,3% della GDO).
Ancora una volta, tra le difficoltà maggiormente riscontrate dagli operatori
si segnala la presenza di prezzi troppo alti rispetto ai prodotti non DOP-IGP e
la scarsa conoscenza del prodotto da parte del consumatore. Questi elementi,
183
come emerge da varie sezioni dell’indagine, rappresentano quindi i vincoli
maggiori alla crescita di mercato dei prodotti ortofrutticoli a Denominazione
di Origine.
Occorre tuttavia sottolineare il fatto che circa un terzo dei rispondenti abbia
dichiarato di non incontrare alcuna particolare difficoltà nella vendita di questi
prodotti.
È inoltre elemento di interesse il fatto che quasi la metà degli operatori della
GDO intervistati non rilevino particolari discrepanze tra le regole imposte dai disciplinari di produzione delle DOP e IGP e i criteri di selezione delle insegne
commerciali, anche se è da sottolineare come un quota significativa dei rispondenti non abbia saputo prendere in merito una posizione perché per nulla o poco
informato sui contenuti dei disciplinari.
Figura 7.29 - Idoneità dei disciplinari delle DOP e IGP ai criteri di selezione della GDO
(dati in %)
Non conosco i criteri di
selezione della GDA
1%
NO
3%
Non so/ nr
24%
SI
47%
Non conosco le regole
dei disciplinari
25%
Base: 75 casi.
Fonte: indagine Ismea sul trade.
A proposito della prospettiva di introduzione di nuove Denominazioni di Origine nel settore ortofrutta, gli operatori della distribuzione si mostrano favorevoli
(68,8%) per la possibilità di valorizzare al meglio l’ortofrutta italiana rispetto a
quella estera (72,1%) e valorizzare al contempo le produzioni locali e regionali
(47,7%).
In ogni caso, secondo il 49,6% degli operatori del trade, le DOP-IGP del settore ortofrutta dovrebbero essere destinate al mercato del largo consumo.
Una diffusione a livello nazionale permetterebbe infatti a questi prodotti di aumentare la loro penetrazione sul territorio e di divenire accessibili a una fascia
ampia della popolazione.
D’altra parte, occorre considerare come un buon 36% dei rispondenti sostenga
che i prodotti ortofrutticoli a D.O. sono più adatti a un mercato di nicchia, proprio
per la loro natura di prodotti ricercati e quindi con un prezzo più alto.
184
7.4.4.1 Le aspettative di operatori della distribuzione e consumatori per il 2006
Le previsioni sull’andamento delle vendite per il 2006 degli operatori del settore sono prevalentemente prudenziali (il 47,6% prospetta infatti stabilità), anche
se una buona quota (29,5%) si rivela ottimista in proposito.
Figura 7.30 - Previsione sull’andamento delle vendite di ortofrutta DOP-IGP per il 2006
(dati in %)
Non so/nr
10,5%
Diminuiranno
12,4%
Rimarranno
stabili
47,6%
Aumenteranno
29,5%
Base: 105 casi.
Fonte: indagine Ismea sul trade.
Ancora una volta è il dettaglio specializzato ad assumere l’atteggiamento più pessimistico, coerentemente con le maggiori difficoltà riscontrate per l’anno 2005, mentre la GDO e in particolare gli ipermercati mostrano i maggiori segnali di ottimismo.
Figura 7.31 - Probabilità di acquisto futuro di ortofrutta a marchio DOP o IGP (dati in %)
Totale e campione
19,5%
Non ha sentito parlare
dei prodotti
DOP-IGP
15,4%
Ha sentito parlare
dei prodotti
DOP-IGP
21,8%
16,9%
21,2%
0
10
26,8%
29,4%
14,0%
23,7%
20
9,0%
30
25,6%
40
50
%
60
14,7%
11,0%
6,6%
70
6,2%
8,1% 5,1%
16,0%
80
2,0%
5,7% 1,1%
90
Certamente
Poco probabile
Molto probabile
Li acquisto già
Abbastanza probabile
Non sono comunque interessato
100
Non so/nr
Base: 600 casi.
Fonte: indagine Ismea sul consumatore.
185
I consumatori, del resto, manifestano per la maggior parte (82,8%) una tendenziale propensione all’acquisto futuro di ortofrutta DOP-IGP75,, che risulta più
elevata tra coloro che avevano dichiarato di aver già sentito parlare dei prodotti a
D.O. in generale, nelle aree centro-meridionali, tra gli intervistati di sesso maschile e tra quelli con un elevato titolo di studio.
Dai focus group emerge chiaramente come questa propensione all’acquisto
possa essere sostenuta da una campagna d’informazione, le cui caratteristiche sono state delineate dai partecipanti con un grado notevole di dettaglio.
Secondo gli stessi, infatti, l’obiettivo di questa campagna dovrebbe essere
quello di formare la consapevolezza dei consumatori circa il significato dei diversi marchi, il loro valore e la differenza tra essi. Ad essa dovrebbero essere affiancate una serie di iniziative che facciano conoscere i prodotti DOP e IGP di ogni
stagione attraverso assaggi presso i punti vendita, possibilmente con una caratterizzazione regionale, perché la valorizzazione sia diretta ed efficace, e volti a pubblicizzare il singolo prodotto piuttosto che il marchio in generale, in modo che il
consumatore possa conoscere – e riconoscere sul punto vendita – uno ad uno i
prodotti che godono di una D.O.
Gli strumenti proposti per questa campagna informativa sono stati individuati
da partecipanti in:
- spot tv
- comunicazioni su stampa
- brochure informative da spedire a casa o in distribuzione presso i punti vendita, alcune più dettagliate, altre più sintetiche,
- pubblicità sui mezzi pubblici.
È stata inoltre sottolineata l’importanza di utilizzare messaggi con un’unica
impostazione organica, in modo che sul punto vendita possano essere ritrovati gli
stessi elementi, anche in termini visivi, presenti nella campagna pubblicitaria sui
media, e impostati con un un linguaggio semplice, chiaro, immediato, informale.
L’esigenza di un maggiore impegno in comunicazione emerge peraltro anche
dalle dichiarazioni degli operatori del trade, che evidenziano come ulteriori diffuse iniziative di promozione e valorizzazione dei marchi possano rimuovere un
vincolo all’ampliamento del mercato dei prodotti ortofrutticoli DOP-IGP.
7.5 Sintesi e conclusioni
Per mettere a fuoco alcune problematiche relative al consumo e alla commercializzazione di alcuni comparti a D.O., si è scelto di concentrare l’analisi di mercato su due segmenti chiave del macrosettore degli alimentari freschi: le carni
fresche e l’ortofrutta.
L’analisi è stata condotta con tre diversi strumenti:
- 4 focus group, per l’approfondimento dei vissuti del consumatore
- 1.200 interviste sul punto vendita al momento dell’acquisto, per la “misura-
186
zione”, tramite un campione rappresentativo della popolazione, di alcuni elementi
chiave emersi nei focus group,
- 250 interviste a responsabili di reparto (per la GD) o di negozio (per la DO e
il dettaglio specializzato), per rilevare il vissuto, relativo ai prodotti a D.O., di
queste figure chiave che gestiscono il momento delicato di incontro del consumatore con il prodotto.
Ciò che accomuna i due comparti analizzati è soprattutto il ruolo ancora significativo, per quanto soggetto a progressiva erosione da parte di ipermercati e supermercati, del dettaglio tradizionale (volumi di vendita modesti e conseguente
difficoltà a differenziare la gamma verticalmente, scelta di posizionamento fortemente correlata alla localizzazione sul territorio, ...).
Ciò può costituire un vincolo alla visibilità, e quindi alla valorizzazione, delle
Denominazioni di Origine, tranne nei casi in cui il dettagliante tradizionale scelga
per il proprio punto vendita un posizionamento complessivo di fascia alta, mediante l’introduzione in assortimento, e l’evidenziazione, di prodotti di alto profilo qualitativo.
I risultati ottenuti dall’indagine si possono sintetizzare evidenziando, per i prodotti a Denominazione di Origine, una dicotomia tra “teoria” e “realtà”.
A livello teorico, si può affermare che il terreno per una crescente diffusione e
valorizzazione di questi prodotti è potenzialmente fertile: si avverte infatti, nel
consumatore, un “bisogno” di qualità da intendersi come somma di diverse componenti, la maggior parte delle quali (sicurezza, origine, aspetti organolettici)
corrisponde all’articolazione del plus offerto dai prodotti a DOP-IGP (legame col
territorio, materia prima, modalità di produzione che si traducono in differenze
percepibili anche con i sensi: sapore, profumo...).
A questi fattori rilevanti per le scelte se ne aggiungono tuttavia alcuni altri:
- la necessità di “verificare” la freschezza del prodotto, che comporta da un
lato l’importanza della valutazione visiva soggettiva sul luogo di acquisto e dall’altro il ruolo rilevante del punto vendita come garante della rotazione, della freschezza e della “bellezza” dei prodotti;
- l’importanza della comodità, che può implicare, nel passaggio dalle aspettative teoriche all’atto concreto di acquisto, l’accettazione di prodotti “second best”
(ad esempio, per le verdure confezionate);
- il ruolo del prezzo e delle iniziative promozionali, che entrano quali fattori
decisionali al momento della scelta. Il prezzo, se correttamente posizionato, può
comunque svolgere anche il ruolo di indicatore di qualità.
Sempre a livello teorico, inoltre, una quota molto elevata di consumatori “ha
sentito parlare” dei prodotti DOP-IGP, anche se poi, scendendo in particolare in
relazione ai due comparti d’interesse, risulta assai più contenuta la quota di coloro
che sono in grado di citare casi specifici.
Passando, infatti, dalla teoria alla concretezza delle determinanti d’acquisto, il quadro è in parte diverso:
187
- il consumatore conosce alcune denominazioni, ma spesso non le associa al
concetto di DOP-IGP, facendo quindi confusione tra razze, varietà e D.O. ad esse
collegate;
- la conoscenza degli stessi acronimi, e a maggior ragione del loro significato
in termini di garanzie, risulta nebulosa;
- in particolare, manca spesso, nel vissuto del consumatore sul prodotto a
D.O., la consapevolezza delle sue superiori caratteristiche organolettiche.
Questo quadro tende a ridimensionare il ruolo della D.O. come fattore di
scelta, rendendola facilmente sostituibile con altri marchi (private label, marchio
aziendale), con la garanzia offerta dal punto vendita e dall’insegna, con le normali
garanzie di legge (per es. i controlli di routine per le carni) e, per alcuni, con la capacità soggettiva di valutare la validità del prodotto.
Figura 7.32 - Il fattore informazione
QUALITA’
“TEORICA”
DENOMINAZIONE
DI ORIGINE
- origine
- sicurezza
- sapore
- aspetto estetico
DETERMINANTI
D’ACQUISTO
- origine
- sicurezza
- ..............
- ..............
- origine
- sicurezza
- sapore
- prezzo
- comodità
Fonte: indagine Ismea.
Il fattore chiave per il superamento della dicotomia evidenziata risulta essere
l’informazione. In realtà, gli intervistati del trade citano quali ostacoli all’ampliamento delle vendite di prodotti a D.O. non solo la scarsa competenza del consumatore, ma anche il differenziale di prezzo rispetto alla media. I due fattori sono
tuttavia necessariamente correlati: è infatti la scarsa conoscenza dei plus associati
ad un prodotto che rende difficile accettarne l’eventuale price premium.
Il fattore “informazione” emerge, del resto, come cruciale in tutti e tre i livelli
d’indagine:
- nei focus group, nei quali i partecipanti sono giunti a delineare le caratteristiche desiderate di una campagna formativa / informativa ideale (canali: TV, mezzi
classici e comunicazione in store; tono: informativo e autorevole; stile: coordina-
188
to, in modo che i messaggi si rinforzino tra un canale di comunicazione e l’altro,
ad esempio incontrando sul punto vendita i messaggi visti in televisione);
- nelle interviste face to face rivolte ai consumatori, da cui emerge come la
somministrazione di informazioni possa determinare un aumento significativo
della propensione all’acquisto di specifici prodotti a D.O.;
- nelle interviste al trade, perché:
• gli operatori contattati sottolineano come limite alla crescita delle D.O.
la mancanza di cultura specifica da parte del consumatore;
• specie nelle superfici medio-piccole, non risulta particolarmente intensa
e /o creativa l’attivazione di strumenti di evidenziazione attualmente messi in atto per le D.O.
Chiaramente, in un momento in cui la tipicità è molto utilizzata come fattore
di differenziazione, il consumatore si trova esposto ad una pluralità di messaggi,
riguardanti sia prodotti genericamente evidenziati come “di qualità” (per origine,
tracciabilità, ecc.), sia denominazioni effettivamente controllate e certificate secondo i dettami di normative specifiche. In questo quadro, dato anche il numero
elevato e in continua crescita delle denominazioni esistenti, il rischio di confusione è molto alto.
Le iniziative di informazione mirate e, soprattutto, coordinate, sul significato, a tutto tondo, della DOP e della IGP, potrebbero quindi svolgere un ruolo
fondamentale di chiarificazione e semplificazione, ma anche di arricchimento (ad
esempio, riguardo alle garanzie di qualità organolettica) riportando il processo di
selezione condotto dal consumatore sul binario corretto che va dal “logo” “ombrello” (DOP-IGP) alle sue molteplici declinazioni (valorizzando, quindi, in profondità anche le singole denominazioni).
70) Si sottolinea che un’ampiezza campionaria di questo tipo non permette di analizzare
i risultati in base ad una significatività di tipo statistico, ma solo di individuare, con
buona visione critica, i principali orientamenti ed i possibili scenari dei segmenti della
distribuzione indagati.
71) Per la lettura dei risultati emersi dall’indagine sul trade occorre tenere presente che
si è deciso di classificare i punti vendita tra distribuzione moderna (intesa come
iper+super) e distribuzione tradizionale (intesa come negozi tradizionali+superettes)
privilegiando il criterio di aggregazione per affinità gestionali anzichè applicare la definizione classica di GDO.
72) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza
di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto e di fornire una valutazione, su
una scala “per niente d’accordo - molto d’accordo” per un’altra serie di elementi quali
componenti della definizione di “carne di qualità”.
È quindi stato calcolato, riproporzionandolo su una scala 0-10 (per motivi di confronta-
189
bilità), il “voto” medio ottenuto da ciascun driver di acquisto / elemento qualitativo proposto.
1-valutazione
punteggio=
10
valutazione_max-valutazione_min
Successivamente, i fattori sono stati raggruppati in macrocategorie concettuali, così costruite:
a. aspetto estetico = colore, assenza di grasso e di sangue per la carne; aspetto estetico,
colore, pulizia e freschezza per l’ortofrutta
b. aspetto organolettico = conoscere già il prodotto, sapore. Per la carne anche tenerezza e fatto che non si restringe
c. sicurezza = sicurezza igienica; per la carne anche conoscenza allevamente e alimentazione animale
d. origine = italianità; per la carne anche rintracciabilità
e. marchi = DOP-IGP, BIO, marchio aziendale, marchio della catena distributiva
f. prezzo/promozione = prezzo e presenza di promozioni
73) Il prodotto sfuso è vissuto, secondo quanto emerge dai focus group, come più fresco,
più saporito, più profumato, più genuino, più economico. Elemento non irrilevante a favore della frutta e verdura sfuse è anche la possibilità per l’acquirente di scegliere da
solo, selezionando al momento i prodotti migliori.
74) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza
di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto. E’ quindi stato calcolato, mantenendo la scala 1-7, il “voto” medio ottenuto da ciascuna determinante di acquisto proposta.
75) Al consumatore è stato chiesto di fornire una valutazione, su una scala “per niente
d’accordo - molto d’accordo” composta di 5 livelli, di una serie di elementi quali possibili componenti della definizione di “carne di qualità”.
È quindi stato calcolato, su una scala 1-5, il “voto” medio ottenuto da ciascun elemento
qualitativo.
76) Per “propensione all’acquisto” viene intesa la somma delle risposte fornite agli
item “acquisto certo”, “acquisto molto probabile” e “acquisto abbastanza probabile”.
77) Il dato potrebbe essere sovrastimato per via della vicinanza della realizzazione dell’indagine al periodo pasquale.
78) Al consumatore è stato chiesto di valutare, con un punteggio da 1 a 7, l’importanza
di una serie di fattori per la propria scelta di acquisto per la frutta e per la verdura. E’
quindi stato calcolato, mantenendo la scala 1-7, il “voto” medio ottenuto da ciascuna
determinante di acquisto.
79) Per presenza ponderata si intende il peso medio di frutta e verdura DOP/IGP sull’assortimento di ortofrutta dei punti vendita oggetto di indagine.
80) Per “propensione all’acquisto” si intende la somma delle risposte fornite agli item
“li acquisto già”, “acquisto certo”, “acquisto molto probabile” e “acquisto abbastanza
probabile”.
190
8. Conclusioni
I
l presente Rapporto dell’Osservatorio prodotti tipici, incentrato sui prodotti
agroalimentari protetti (DOP, IGP e STG), aggiorna ed integra la precedente
pubblicazione Ismea81, con una disamina dei vincoli e delle opportunità generati
dalla riforma del quadro normativo (Reg CE 510/2006 e Reg CE 509/2006), un’analisi della situazione di mercato in Italia e in altri sei paesi europei82, ed una nuova
verifica diretta dell’atteggiamento del consumatore italiano, focalizzata quest’anno
sui comparti delle carni fresche e dell’ortofrutta a marchio comunitario.
L’universo di riferimento è rilevante e in espansione: 709 denominazioni riconosciute in ambito europeo (+2,3% rispetto al 2005), di cui 155 (68% DOP e 32%
IGP) sono italiane.
Nel nostro paese nel 2004 le quantità complessive certificate hanno superato
le 741mila tonnellate (+26,1% rispetto al 2003), generando un valore della produzione di 4,4 miliardi di euro (+5,4% sull’anno precedente), corrispondente al
4,4% circa del valore dell’industria alimentare nel complesso. Il fatturato stimato
al consumo è risultato invece di poco inferiore agli 8 miliardi di euro con un incremento del 6,7% rispetto al 2003.
Il Nord Italia, che ospita la maggior parte delle denominazioni più consolidate,
detiene una quota prossima al 70% del fatturato complessivo alla produzione,
l’88% del quale è concentrato in sole 6 regioni83.
I comparti principali (formaggi, 56,1% della produzione totale e prodotti a base di carne, 24,4%) sono caratterizzati da un numero relativamente elevato di denominazioni (31 e 28 rispettivamente) e in entrambi i casi suddivisibili in un primo gruppo di 4-5 predominanti e un secondo gruppo caratterizzato da quantitativi
certificati non troppo elevati84.
Nel suo complesso, l’analisi sviluppata ha fatto emergere le seguenti questioni
principali:
• l’introduzione di nuovi elementi, derivanti dall’evoluzione normativa, che
potrebbero intensificare la competizione a livello nazionale e internazionale;
• la persistenza, in Italia e all’estero, di criticità nel raccordo tra il tessuto produttivo, i soggetti preposti alla tutela e alla promozione dei marchi, i canali distributivi e i mercati al consumo;
• la necessità, in particolare in Italia, di un’evoluzione del mondo produttivo
verso un’ottica spiccatamente market oriented, per garantire un solido e rapido
sviluppo non solo ai leader ma anche alle denominazioni “minori”.
Tra le varie novità introdotte dalla riforma normativa in adeguamento ai dettami WTO, vanno evidenziate l’abrogazione del requisito della reciprocità ed equi-
191
valenza della protezione precedentemente imposto ai Paesi terzi e la possibilità,
per gli operatori di tali Paesi, di presentare le domande di riconoscimento ed
eventuali opposizioni direttamente alla Commissione Europea, senza il tramite dei
loro governi.
Altre novità principali sono rappresentate dall’accettazione della coesistenza
tra marchi industriali e denominazioni d’origine, non più limitata, com’era in precedenza, ad un periodo di 5 anni e dall’introduzione dell’obbligo per tutti gli Organismi di controllo di essere accreditati in base alla normativa EN 45011 a partire dal 1°maggio 2010.
Tali novità, pur molto diverse tra loro, concorrono, insieme con il continuo aumento del numero di denominazioni riconosciute e del numero di paesi europei
impegnati nella valorizzazione dei propri prodotti, ad un quadro di potenziale accentuazione competitiva sia per l’aumento del numero dei prodotti “concorrenti”
sia per le conseguenze in termini di costi che potrebbe generare l’accreditamento.
Diviene pertanto indispensabile, ancor più che nel recente passato, definire ed attuare politiche di valorizzazione delle denominazioni attraverso una maggiore e diffusa esplicitazione dei plus legati alla loro natura di “marchi collettivi istituzionali”.
Il secondo aspetto principale emerge dal confronto tra le analisi svolte per le
produzioni nazionali e i risultati di quelle delle politiche comunitarie, dal quale
emerge un quadro assai eterogeneo relativamente ai seguenti aspetti:
- il rapporto tra marchi di tutela comunitari e marchi locali tradizionali;
- le modalità adottate per la valorizzazione delle DOP e IGP;
- il sistema dei canali distributivi al consumo;
- i parametri di qualità, ed i soggetti garanti, su cui si basano le scelte del consumatore.
Tuttavia, i vari sistemi nazionali hanno in comune, anche se con modalità differenti, un grado di competenza del consumatore ancora relativamente modesto80
in merito al mix di garanzie offerte dai prodotti a D.O., e quindi al reale valore attribuibile ai relativi marchi.
Ciò tende a tradursi, naturalmente, in un rilevante elemento di fragilità per i
produttori, sia nella competizione col prodotto “non marchiato”, sia nei rapporti
con i canali distributivi.
Tale fragilità, con i suoi effetti negativi sulla redditività delle aziende produttrici, rischia da un lato di ridimensionare le risorse disponibili per politiche di valorizzazione, dall’altro di minare la coesione interna ai singoli consorzi, orientando le decisioni strategiche degli operatori verso le iniziative individuali e la promozione dei marchi aziendali, piuttosto che verso le azioni congiunte sotto l’”ombrello” del marchio istituzionale.
Infine il terzo aspetto meritevole di considerazione è quello della polarizzazione dell’offerta italiana caratterizzata da una dicotomia tra il comportamento strategico dei grandi Consorzi di tutela e quello delle realtà medio-piccole.
I primi sono impegnati da tempo in politiche di rafforzamento sul mercato na-
192
zionale e in iniziative di crescita sui mercati esteri, finalizzate ad assicurare la collocazione degli elevati volumi prodotti.
Per le seconde, al contrario, vincoli culturali (nel passaggio da un’ottica product-oriented ad una visione market oriented) e dimensionali (per la difficoltà degli operatori a raggiungere il necessario grado di coordinamento in vista di un
obiettivo comune) ostacolano la crescita, perseguibile solo attraverso un salto di
qualità nell’approccio ai mercati.
Pertanto, a fronte di una proliferazione delle denominazioni (con 276 nuove
denominazioni in attesa di riconoscimento), consumatori ed operatori appaiono in
parte impreparati a coglierne appieno le opportunità.
In conclusione, a oltre 10 anni dall’applicazione della normativa sui prodotti
tutelati, possiamo ritenere terminata la fase iniziale di promozione di tali denominazioni; ora è il momento giusto per dare il via ad una fase di “rafforzamento” di
tali produzioni presso il mercato.
Le rilevazioni effettuate evidenziano un’attenzione sempre alta del consumatore verso le questioni della sicurezza alimentare, dell’origine e della tipicità, oltre
che, naturalmente, un immutato interesse per gli aspetti organolettici degli alimenti. Le istituzioni possono continuare a svolgere un ruolo determinante nel favorire, attraverso la diffusione di informazioni autorevoli, l’incrocio tra questi elementi della domanda e la risposta corrispondente offerta dai prodotti a D.O.
Parallelamente, è opportuna un’analisi e una rivisitazione del ruolo delle Istituzioni e dei Consorzi di tutela nel promuovere e sostenere tutte le iniziative volte da
un lato a tutelare i valori della “piccola dimensione” (artigianalità, originalità, varietà, tradizione, ecc.) e dall’altro a favorire un orientamento degli operatori all’aggregazione per migliorare l’approccio ai mercati e le capacità di internazionalizzazione.
81) “I prodotti Agroalimentari protetti in Italia” ISMEA, Dicembre 2005
82) Aggiornamento dei dati economici presentati nella precedente pubblicazione relativamente a Spagna e Francia ed estensione della stessa indagine a Germania,
Gran Bretagna, Austria e Olanda.
83) Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige,
Sardegna.
84) Per i formaggi, 5 denominazioni (Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola, Pecorino Romano e Mozzarella di Bufala Campana) costituiscono l’85%
circa della produzione certificata, di cui il 60% circa ascrivibile a Grana Padano e
Parmigiano Reggiano). Nel comparto dei prodotti a base di carne le prime 5 denominazioni (Prosciutto di Parma, Mortadella Bologna, Prosciutto di San Daniele,
Bresaola della Valtellina, Speck Alto Adige) coprono il 92% della produzione totale
(il 50% attribuibile al solo Prosciutto di Parma).
85) In alcuni paesi, come la Francia, la Germania e l’Austria, si rileva una forte
competizione tra il concetto, relativamente recente, di DOP e IGP, e gli “storici”
marchi nazionali e regionali.
193
Appendice statistica
Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006
Prodotti controllati, decreti ministeriali di autorizzazione o di rinnovo e relativa pubblicazione
Agroqualità
N. prodotti
controllati
5
14
AIAB
4
AQA
Bioagricoop
1
5
Cermet
3
Certiprodop
5
Certiquality
5
196
Prodotti controllati
DM
GURI
Alto Crotonese
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Prosciutto di Norcia
Umbria
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale
Carciofo romanesco del Lazio
Cartoceto
Clementine di Calabria
Dauno
Fagiolo di Sarconi
La Bella della Daunia
Lametia
Lardo di Colonnata
Monte Etna
Monti Iblei
Nocellara del Belice
Val di Ma zara
Valle del Belice
Zafferano di San Gimignano
Fagiolo di Sorana
Farina di neccio della Garfagnana
Marrone del Mugello
Pane Casereccio di Genzano
Spressa delle Giudicarie
Canestrato pugliese
Collina di Brindisi
Farro della Garfagnana
Miele della Lunigiana
Pane di Altamura
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena
Brisighella
Colline di Romagna
Formai de Mut dell'alta Val Brembana
Pecorino Toscano
Quartirolo Lombardo
Ricotta Romana
Taleggio
Laghi Lombardi
Lucca
Salame d'oca di Mortara
Toscano
Uva da tavola di Mazzarone
4-11-2003
28-01-1999
14-12-1998
29-09-2005
18-10-1999
18-12-2002
24-02-2005
11-07-2005
12-12-2003
21-03-2001
8-06-2005
4-02-2004
11-11-2004
16-10-2003
29-09-2004
6-07-2001
25-11-2002
29-09-2004
15-02-2005
4-02-2004
3-06-2004
10-09-1999
12-04-2005
12-01-2004
18-11-2005
15-11-2005
27-02-2004
24-02-2005
4-03-2004
15-01-2001
30-11-1998
27-01-2004
1-09-2005
30-06-2005
30-06-2005
21-09-2005
30-06-2005
4-10-1999
28-12-2004
7-07-2004
30-11-1998
21-06-2005
n. 272 del 22/11/03
n. 28 del 04/02/99
n. 297 del 21/12/98
n. 247 del 22/10/05
n. 250 del 23/10/99
n. 5 del 8/01/03
n. 60 del 14/03/05
n. 191 del 18/08/05
n. 298 del 24/12/03
n. 85 dell'11/04/01
n. 142 del 21/06/05
n. 77 del 01/04/04
n. 305 del 30/12/04
n. 265 del 14/11/03
n. 250 del 23/10/04
n. 179 del 03/08/01
n. 290 del 11/12/02
n. 250 del 23/10/04
n. 51 del 03/03/05
n. 45 del 24/02/04
n. 139 del 16/06/04
n. 231 del 1/10/99
n. 94 del 23/04/05
n. 22 del 28/01/04
n. 286 del 09/12/05
n. 280 del 01/12/05
n. 127 del 01/06/04
n. 61 del 15/03/05
n. 77 del 01/04/04
n. 21 del 26/01/01
n. 297 del 21/12/98
n. 34 del 11/02/04
n. 212 del 12/09/05
n. 163 del 15/07/05
n. 163 del 15/07/05
n. 227 del 29/09/05
n. 163 del 15/07/05
n. 243 del 15/10/99
n. 14 del 19/01/05
n. 171 del 23/07/04
n. 297 del 21/12/98
n. 161 del 13/07/05
(Segue)
Organismi di controllo
privati
3 A Parco Tecnologico
Agroalimentare
dell'Umbria
Segue Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006
CSQA
Dipartimento controllo qualità
Parmigiano Reggiano
ECEPA Ente di certificazione
prodotti agroalimentari
IMC
INEQ Istituto
Nord Est Qualità
Nr prodotti
controllati
8
24
1
3
1
12
Prodotti controllati
DM
GURI
Arancia Rossa di Sicilia
Asparago Verde di Altedo
Ficodindia dell'Etna
Marrone di Castel del Rio
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel
Pera Emilia Romagna
Pesca e nettarina di Romagna
Scalogno di Romagna
Asiago
Asparago bianco di Cimadolmo
Bitto
Bresaola della Valtellina
Ciliegia di Marostica
Fagiolo Lamon dell'Alta Vallata Bellunese
Fontina
Garda
Gorgonzola
Grana Padano
Marrone di San Zeno
Mela Val di Non
Montasio
Monte Veronese
Mozzarella di Bufala Campana
Pera Mantovana
Provolone Valpadana
Radicchio Rosso di Treviso
Radicchio variegato di Castelfranco
Soppressa Vicentina
Uva da tavola di Canicattì
Valle d’Aosta Fromadzo
Valtellina Casera
Veneto Valpolicella, Veneto Euganei
e Berici, Veneto del Grappa
Parmigiano Reggiano
12-12-2002
6-06-2003
16-10-2003
1-04-2004
21-12-2005
28-01-1999
28-01-1999
29-09-2004
29-04-2004
1-04-2004
13-12-2002
30-05-2002
9-05-2002
19-04-2002
27-12-2001
12-12-2005
27-07-1999
11-01-2002
29-09-2004
16-10-2003
29-12-1999
23-06-2004
14-02-2006
23-04-2001
18-11-2005
13-06-2003
6-06-2003
4-04-2003
1-08-2005
27-12-2001
13-11-2002
1-09-2005
n. 302 del 27/12/02
n. 150 del 01/07/03
n. 265 del 14/11/03
n. 197 del 23/08/00
n. 1 del 02/01/06
n. 29 del 05/02/99
n. 29 del 05/02/99
n. 257 del 02/11/04
n. 124 del 28/05/04
n. 86 del 13/04/04
n. 2 del 03/01/03
n. 145 del 22/06/02
n. 129 del 04/06/02
n. 143 del 20/06/02
n. 8 del 10/01/02
n. 301 del 28/12/05
n. 187 del 11/08/99
n. 25 del 30/01/02
n. 250 del 23/10/04
n. 272 del 22/11/03
n. 5 del 08/01/00
n. 158 del 08/07/04
n. 46 del 24/02/06
n. 106 del 09/05/01
n. 286 del 09/12/05
n. 151 del 02/07/03
n. 150 del 01/07/03
n. 86 del 12/04/03
n. 190 del 17/08/05
n. 8 del 10/01/02
n. 297 del 19/12/02
n. 212 del 12/09/05
4-04-2006
n. 88 del 14/04/06
Coppa piacentina
Pancetta piacentina
Salame piacentino
Castagna del Monte Amiata
Cotechino Modena
Mortadella Bologna
Prosciutto di Carpegna
Prosciutto San Daniele
Prosciutto Toscano
Prosciutto Veneto Berico-Euganeo
Salame di Brianza
12-03-1999
12-03-1999
12-03-1999
31-07-2002
1-09-2005
1-09-2005
16-10-2003
11-03-2002
11-07-2005
19-04-2002
16-10-2003
n. 68 del 23/03/99
n. 68 del 23/03/99
n. 68 del 23/03/99
n. 194 del 20/08/02
n. 212 del 12/09/05
n. 212 del 12/09/05
n. 265 del 14/11/03
n. 83 del 09/04/02
n. 191 del 18/08/05
n. 144 del 21/06/02
n. 265 del 14/11/03
(Segue)
Organismi di controllo
privati
Check Fruit
197
Segue Tabella 1/a - Organismi di controllo privati autorizzati dal MIPAAF ad aprile 2006
Organismi di controllo
privati
INEQ Istituto
Nord Est Qualità
INOQ - Istituto Nord Ovest Qualità
Ismecert - Istituto mediterraneo
di certificazione agroalimentare
N. prodotti
controllati
7
14
Istituto Calabria Qualità
5
Istituto Parma Qualità
4
OCPA - Organismo di controllo
delle produzioni animali
4
P.A.I. Ltd per P.A.I. Italia
Ph
SoCert
Suolo e Salute
1
1
1
2
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
198
Prodotti controllati
DM
GURI
Salamini Italiani alla Cacciatora
Speck dell’Alto Adige
Valle d’Aosta Jambon de Bosses
Valle d’Aosta Lardo d’Arnad
Zampone Modena
Bra
Castelmagno
Murazzano
Nocciola del Piemonte
Raschera
Robiola di Roccaverano
Toma Piemontese
Caciocavallo Silano
Carciofo di Paestum
Castagna di Montella
Cilento
Clementine del Golfo di Taranto
Colline Salernitane
Fico Bianco del Cilento
Limone Costa d’Amalfi
Limone di Sorrento
Melannurca Campana
Nocciola di Giffoni
Penisola Sorrentina
Peperone di Senise
Pomodoro San Marzano dell’Agro
Sarnese Nocerino
Bruzio
Capocollo di Calabria
Pancetta di Calabria
Salsiccia di Calabria
Soppressata di Calabria
Culatello di Zibello
Prosciutto di Modena
Prosciutto di Parma
Salame di Varzi
Agnello di Sardegna
Fiore Sardo
Pecorino Romano
Pecorino Sardo
Fungo di Borgotaro
Terre di Siena
Pomodoro di Pachino
Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia
Valdemone
29-12-2003
10-09-1999
22-01-2003
2-12-2004
1-09-2005
2-06-1999
2-06-1999
2-06-1999
26-03-1999
2-06-1999
2-06-1999
2-06-1999
21-12-2005
8-07-2004
1-04-2004
8-06-2005
16-10-2003
29-09-2005
10-04-2006
28-07-2000
28-07-2000
10-04-2006
29-04-2004
20-09-2005
29-12-2003
20-09-2005
n. 16 del 21/01/04
n. 220 del 18/09/99
n. 30 del 07/02/03
n. 28 del 04/02/05
n. 212 del 12/09/05
n. 139 del 16/06/99
n. 136 del 12/06/99
n. 139 del 16/06/99
n. 81 del 08/04/99
n. 136 del 12/06/99
n. 136 del 12/06/99
n. 139 del 16/06/99
n. 20 del 25/01/06
n. 158 del 08/07/04
n. 158 del 08/07/04
n. 143 del 22/06/05
n. 265 del 14/11/03
n. 240 del 14/10/05
n. 97 del 27/04/06
n. 184 del 08/08/00
n. 184 del 08/08/00
n. 97 del 27/04/06
n. 127 del 01/04/04
n. 227 del 29/09/05
n. 34 del 11/02/04
n. 229 del 01/10/05
19-09-2003
7-06-2002
7-06-2002
7-06-2002
7-06-2002
23-04-1999
19-04-2002
11-03-2002
29-07-2004
24-02-2005
3-07-2001
27-07-1999
27-07-1999
12-05-2000
29-09-2004
8-06-2005
8-03-2006
15-02-2005
n. 234 del 08/10/03
n. 144 del 21/06/02
n. 145 del 22/06/02
n.145 del 22/06/02
n. 145 del 22/06/02
n. 101 del 03/05/99
n. 143 del 20/06/02
n. 83 del 09/04/02
n. 196 del 24/08/04
n. 60 del 14/03/05
n. 161 del 13/07/01
n. 187 del 11/08/99
n. 187 del 11/08/99
n. 125 del 31/05/00
n. 257 del 02/11/04
n. 143 del 22/06/05
n. 71 del 25/03/06
n. 51 del 03/03/05
Tabella 1/b Autorità pubbliche designate ad aprile 2006
Prodotti controllati, decreti ministeriali di autorizzazione o di rinnovo e relativa pubblicazione
Organismi di controllo
N. prodotti
privati
controllati
ARSIAM - Agenzia Regionale
1
per lo Sviluppo e l'Innovazione
dell'Agricoltura nel Molise "G. Sedati"
Assam
1
CCIAA Bari
1
CCIAA Chieti
1
CCIAA dell’Aquila
1
CCIAA di Lecce
1
CCIAA Firenze
1
CCIAA GE – SV – IM - SP
2
CCIAA Latina
CCIAA Pescara
CCIAA Roma
CCIAA Taranto
CCIAA Teramo
CCIAA Trapani
1
1
1
1
1
2
CCIAA Trieste
CCIAA Viterbo
1
2
Consorzio Ricerca Filiera
lattiero - caseario
Ente Nazionale Risi
Stazione Sper. per le Ind.
delle Essenze
2
Fonte: elaborazioni Ismea su dati MIPAAF.
1
1
Prodotti controllati
DM
GURI
Molise
15-11-2005
n. 78 del 29/11/2005
Casciotta d’Urbino
Terra di Bari
Colline Teatine
Zafferano dell’Aquila
Terra d’Otranto
Chianti Calssico
Basilico genovese
Riviera Ligure
Kiwi di Latina
Aprutino Pescarese
Sabina
Terre Tarantine
Petruziano delle Colline teramane
Cappero di Pantelleria
Valli Trapanesi
Tergeste
Canino
Tuscia
Pecorino Siciliano
Ragusano
Riso Nano Vialone Veronese
Bergamotto di Reggio Calabria
– olio essenziale
1-09-2005
28-07-2003
13-07-2000
15-02-2005
6-05-2004
16-10-2003
14-02-2006
8-09-2005
10-03-2005
21-07-2005
29-11-2005
12-12-2005
15-06-2005
10-06-2003
10-10-2005
25-07-2005
8-10-1999
4-11-2005
13-06-2001
13-06-2000
8-06-2005
15-11-2005
n. 212 del 12/09/05
n. 203 del 2/9/03
n. 178 del 1/08/00
n. 51 del 03/03/05
n. 171 del 23/07/04
n. 273 del 24/11/03
n. 50 del 01/03/06
n. 219 del 20/09/05
n. 76 del 02/04/05
n. 181 del 05/08/05
n. 290 del 14/12/05
n. 5 del 07/01/06
n. 153 del 04/07/05
n. 149 del 30/06/03
n. 248 del 24/10/05
n. 181 del 05/08/05
n. 248 del 21/10/99
n. 269 del 18/11/05
n. 147 del 27/06/01
n. 144 del 22/06/00
n. 142 del 21/06/05
n. 278 del 29/11/05
199
Tabella 2/a - Ripartizione delle denominazioni DOP e IGP per stato membro e comparto
(aggiornamento ad aprile 2006)
Austria
Belgio Danimarca
Finlandia
Francia Germania Grecia
Prodotti allegato II del Trattato
destinati all’alimentazione umana
Carni fresche
Preparazione di carni
2
2
Formaggi
6
1
2
Altri prodotti di origine animale
49
3
4
8
43
4
6
20
1
(uova, miele, escluso il burro, ecc.)
Grassi (burro, margarina, oli, ecc.)
1
Ortofrutticoli e cereali
3
1
1
1
Pesci, molluschi, ecc.
7
1
25
26
2
32
2
2
1
Altri prodotti (spezie, ecc.)
Parziale
1
12
4
3
1
137
20
80
Prodotti alimentari compresi
nell'allegato I del Reg. CE 510/2006
Sidri
4
Aceti diversi dagli aceti di vino
Altri prodotti allegato I (altro)
1
Birra
12
Acque minerali
31
Prodotti della panetteria, della pasticceria, ecc.
2
4
Gomme naturali e resine
2
Paste alimentari
Parziale
1
1
-
-
-
-
8
47
3
Prodotti agricoli compresi
nell'allegato II del Reg. CE 510/2006
Fieno
1
Oli essenziali
1
Parziale
Totale
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
200
1
-
-
-
-
2
-
1
12
4
3
1
147
67
84
Irlanda
Italia Lussemburgo
Olanda
Portogallo
Regno Unito
7
2
1
25
1
28
1
21
1
31
4
13
100
10
77
2
23
16
94
29
164
37
1
5
20
1
1
9
3
2
4
1
4
6
155
1
10
149
Totale
19
1
3
Svezia
11
1
2
Spagna
12
2
47
Rep. Ceca
93
23
-
90
1
626
7
3
2
2
1
3
18
3
31
3
6
1
17
2
1
-
5
-
-
-
6
3
6
1
79
1
3
1
-
1
-
-
-
-
-
-
-
4
3
155
4
6
93
29
3
96
2
709
201
Tabella 2/b - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 31 Formaggi (aggiornamento ad aprile 2006)
Formaggi
Asiago
Bitto
Bra
Caciocavallo silano
Regolamento CE
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Canestrato pugliese
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Castelmagno
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Casciotta d' Urbino
Fiore Sardo
DOP
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Fontina
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Gorgonzola
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Montasio
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Formai de Mut dell'alta Val Brembana
Grana Padano
DOP
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Monte Veronese
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Murazzano
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Pecorino Romano
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Pecorino Siciliano
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Provolone Valpadana
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Mozzarella di Bufala Campana
Parmigiano Reggiano
Pecorino Sardo
Pecorino Toscano
DOP
DOP
DOP
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Quartirolo Lombardo
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Raschera
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Ragusano
Ricotta Romana
Robiola di Roccaverano
DOP
DOP
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 737/2005 del 13/5/05
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Spressa delle Giudicarie
DOP
Reg. CE 2275/93 del 22/12/03
Toma Piemontese
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Valtellina Casera
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Taleggio
Valle d’Aosta Fromadzo
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
202
Riconoscimento
comunitario
DOP
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Tabella 2/c - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 37 Ortofrutticoli e cereali (aggiornamento ad aprile 2006)
Ortofrutticoli e cereali
allo stato naturale o trasformati
Arancia Rossa di Sicilia
Asparago bianco di Cimadolmo
Asparago verde di Altedo
Basilico genovese
Cappero di Pantelleria
Carciofo di Paestum
Carciofo romanesco del lazio
Castagna del Monte Amiata
Castagna di Montella
Ciliegia di Marostica
Clementine del Golfo di Taranto
Clementine di Calabria
Fagiolo di Lamon dell'Alta Vallata Bellunese
Fagiolo di Sarconi
Fagiolo di Sorana
Farina di Neccio della Garfagnana
Farro della Garfagnana
Fico bianco del Cilento
Ficodindia dell'Etna
Fungo di Borgotaro
Kiwi di Latina
La Bella della Daunia
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Limone Costa d'Amalfi
Limone di Sorrento
Marrone del Mugello
Marrone di Castel del Rio
Marrone di San Zeno
Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel
Mela Val di Non
Melannurca Campana
Nocciola del Piemonte
Nocciola di Giffoni
Nocellara del Belice
Oliva ascolana del piceno
Peperone di Senise
Pera dell'Emilia Romagna
Pera Mantovana
Pesca e Nettarina di Romagna
Pomodoro di Pachino
Pomodoro di San Marzano dell'Agro Sarnese Nocerino
Radicchio Rosso di Treviso
Radicchio Variegato di Castelfranco
Riso Nano Vialone Veronese
Scalogno di Romagna
Uva da tavola di Canicattì
Uva da tavola di Mazzarone
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
Riconoscimento
comunitario
IGP
IGP
IGP
DOP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
DOP
IGP
DOP
DOP
IGP
IGP
DOP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
DOP
IGP
DOP
IGP
IGP
IGP
DOP
DOP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
DOP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
IGP
Regolamento CE
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg CE 245/02 del 8/2/02
Reg. CE 492/03 del 18/03/03
Reg. CE 1623/05 del 4/10/05
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 465/04 del 13/03/04
Reg. CE 2066/02 del 21/11/02
Reg. CE 1904/00 del 7/9/00
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg CE 245/02 del 8/2/02
Reg CE 1665/2003 del 22/09/03
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg.CE 1018/02 del 13/06/02
Reg. CE 465/04 del 13/03/04
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 417/06 del 10/03/06
Reg. CE 1491/2003 del 25/08/03
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 1486/04 del 20/08/04
Reg. CE 1904/00 del 7/9/00
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 1356/01 del 4/7/01
Reg. CE 2446/00 del 6/11/00
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg CE 1979/03 del 11//11/03
Reg. CE 1855/05 del 14/11/05
Reg CE 1665/2003 del 22/09/03
Reg. CE 417/06 del 10/03/06
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Reg. CE 1855/05 del 14/11/05
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Reg. CE 617/03 del 04/04/03
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 2/7/96
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 617/03 del 04/04/03
203
Tabella 2/d - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 28 Preparazioni a base di carne
(aggiornamento ad aprile 2006)
Preparazioni di carne
Riconoscimento
comunitario
Regolamento CE
Bresaola della Valtellina
IGP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Capocollo di Calabria
DOP
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Coppa Piacentina
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Cotechino Modena
IGP
Reg. CE 590/99 del 18/3/99
Culatello di Zibello
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Lardo di Colonnata
IGP
Reg. CE n. 1568 del 26/10/04
Mortadella Bologna
IGP
Reg. CE 1549/98 del 17/7/98
Pancetta di Calabria
DOP
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Pancetta Piacentina
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Prosciutto di Carpegna
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Prosciutto di Modena
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Prosciutto di Norcia
IGP
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Prosciutto di Parma
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Prosciutto di San Daniele
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Prosciutto Toscano
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Prosciutto Veneto Berico-euganeo
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Salame Brianza
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Salame di Varzi
DOP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Salame d'oca di Mortara
IGP
Reg. CE 1165/04 del 24/06/04
Salame Piacentino
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Salamini italiani alla cacciatora
DOP
Reg. CE 1778/01 del 7/9/01
Salsiccia di Calabria
DOP
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Soppressata di Calabria
DOP
Reg. CE 134/98 del 20/1/98
Soprèssa Vicentina
DOP
Reg. CE 492/03 del 18/03/03
Speck dell'Alto Adige
IGP
Reg. CE 1107/96 del 12/6/96
Valle d’Aosta Jambon de Bosses
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Valle d’Aosta Lard d’Arnard
DOP
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Zampone Modena
IGP
Reg. CE 590/99 del 18/3/99
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
204
Tabella 2/e - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 37 Grassi e oli extravergini di oliva
(aggiornamento ad aprile 2006)
Grassi e oli extravergini di oliva
Alto Crotonese
Aprutino Pescarese
Brisighella
Bruzio
Canino
Cartoceto
Chianti Classico
Cilento
Collina di Brindisi
Colline di Romagna
Colline Salernitane
Colline Teatine
Dauno
Garda
Laghi Lombardi
Lametia
Lucca
Molise
Monte Etna
Monti Iblei
Penisola Sorrentina
Petruziano delle Colline teramane
Riviera Ligure
Sabina
Tergeste
Terra di Bari
Terra d'Otranto
Terre di Siena
Terre Tarantine
Toscano
Tuscia
Umbria
Val di Mazara
Valdemone
Valle del Belice
Valli Trapanesi
Veneto Valpolicella, Veneto Euganeo
e Berici, Veneto del Grappa
Riconoscimento
comunitario
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
IGP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
DOP
Regolamento CE
Reg CE 1257/03 del 15/7/03
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1897/04 del 29/10/04
Reg. CE 2446/00 del 6/11/00
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg CE 1491/03 del 25/08/03
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 2107/99 del 5/10/99
Reg. CE 1845/04 del 22/10/04
Reg CE 1257/03 del 15/7/03
Reg. CE 1491/03 28/08/2003
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 1491/03 28/08/2003
Reg. CE 123/97 del 23/1/97
Reg. CE 1263/96 del 1/7/96
Reg. CE 1845/04 del 22/10/04
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 1065/97 del 12/6/97
Reg. CE 2446/00 del 6/11/00
Reg. CE 1898 del 29/10/04
Reg. CE 644/98 del 20/3/98
Reg. CE 1623/05 del 4/10/05
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 138/01 del 24/01/01
Reg. CE n. 205/2005 del 04/02/2005
Reg. CE 1486 del 20/08/04
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 2036/01 del 17/10/01
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
205
Tabella 2/f - Prodotti DOP e IGP italiani riconosciuti: 12 Altri prodotti
(aggiornamento ad aprile 2006)
Altri prodotti
Riconoscimento
comunitario
Regolamento CE
Coppia ferrarese
Igp
Reg. CE 2036/01 del 17/10/01
Pane di Altamura
Dop
Reg. CE 1291/03 del 18/07/03
Agnello di Sardegna
Igp
Reg. CE 138/01 del 24/01/01
Dop
Reg. CE 813/00 del 17/04/00
Bergamotto di Reggio Calabria - olio essenziale
Dop
Reg. CE 509/01 del 25/03/01
Miele della Lunigiana
Dop
Reg. CE n. 1845/04 del 22/10/04
Prodotti della panetteria, della pasticceria,
della confetteria e della biscotteria
Pane casareccio di Genzano
Carni (e frattaglie) fresche
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale
Aceti (diversi dagli aceti di vino)
Aceto balsamico tradizionale di Modena
Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia
Oli essenziali
Altri prodotti di origine animale
Igp
Dop
Reg. CE 2325/97 del 24/11/97
Reg. CE 134/98 del 20/01/98
Reg. CE 813/00 del 17/04/00
Ricotta romana
Dop
Reg. CE 737/2005 del 13/5/05
Zafferano dell'Aquila
Dop
Reg. CE n. 205/05 del 04/02/2005
Altri prodotti dell'allegato II - Spezie
Zafferano di San Gimignano
Fonte: elaborazioni Ismea su dati UE.
206
Igp
Dop
Reg. CE n. 205/05 del 04/02/2005
Tabella 3/a - Formaggi: numero di aziende e quantità certificate 2000 – 2004*
Prodotto
2000
Az. Tonnellate
Az.
Asiago
54 21.558,00
54
Bitto
53
159,00
45
Bra
8
801,00
8
Caciocavallo Silano
18
240,00
22
Canestrato Pugliese
1
Casciotta d’Urbino
3
Castelmagno
10
48,00
11
Fiore Sardo
Fontina
192 3.507,00
204
Formai Mut Alta Valle Brembana 10
32,00
11
Gorgonzola
45 37.995,00
45
Grana Padano
207 131.579,00
207
Montasio
50 8.231,00
50
Monte Veronese
11
548,00
8
Mozzarella di Bufala Campana
98 19.256,00
108
Murazzano
9
36,00
11
Parmigiano Reggiano
597 99.952,00
581
Pecorino Romano
49 32.963,00
49
Pecorino Sardo
15
359,00
17
Pecorino Siciliano
Pecorino Toscano
16 1.805,00
16
Provolone Valpadana
20 21.931,00
19
Quartirolo Lombardo
56 3.386,00
31
Ragusano
5
Raschera
19
531,00
19
Robiola di Roccaverano
21
103,00
23
Spressa delle Giudicarie
Taleggio
71 10.076,00
86
Toma Piemontese
29 1.177,00
30
Valle d’Aosta Fromadzo
15
6,00
4
Valtellina Casera
25 1.436,00
22
Totale
1.698 397.715,00 1.690
2001
Tonnellate
22.601,00
174,00
889,00
1.817,97
369,00
57,00
3.571,00
36,43
36.632,00
128.421,00
8.692,00
382,00
24.068,71
36,00
98.701,00
34.561,00
614,87
1.807,00
21.400,00
3.559,00
10,30
460,00
61,00
9.448,00
1.495,00
8,80
1.603,00
401.476,09
Az.
52
85
8
27
2
3
15
n.d.
14
43
231
n.d.
n.d.
121
8
563
43
17
5
15
16
23
10
16
25
67
24
n.d.
19
1.452
2002
Tonnellate
22.786,56
260,00
1.258,03
968,66
63,36
255,39
74,77
n.d.
3.405,70
51,97
37.323,20
131.532,00
8.024,65
465,00
26.680,00
28,93
100.113,00
32.288,00
1.176,20
1.877,00
860,60
3.436,00
15,94
713,31
51,56
10.121,00
1.482,00
8,00
1.551,29
386.872,11
Az.
52
71
9
29
2
3
17
32
167
14
38
223
49
10
136
7
547
44
24
6
16
12
22
11
15
27
67
24
1
17
1.692
2003
Tonnellate
Az.
23.338,20
48
240,36
8
828,56
10
1.081,57
32
102,45
2
225,63
3
189,36
18
282,27
50
3.632,74
177
61,56
n.d.
42.661,66
40
121.551,01
n.d.
8.267,80
64
486,07
13
28.250,76
155
12,89
8
108.828,49
536
31.206,22
40
1.410,32
24
10,64
22
1.451,80
n.d.
4.295,83
14
3.370,56
76,84
40
838,29
18
51,65
25
3
9.682,80
33
1.193,63
28
3,49
2
1.668,28
21
395.301,73 1.434
2004
Tonnellate
22.237,92
242,69
525,50
1.014,51
129,19
255,44
134,05
518,21
3.522,97
57,01
43.654,02
127.839,89
7.821,95
470,59
27.632,13
22,88
114.891,65
38.183,64
1.579,19
13,99
2.079,06
6.236,46
3.461,84
139,74
480,56
71,39
76,40
9.539,33
940,04
2,91
1.933,41
415.708,56
* i trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in
corso d’anno. Per i prodotti per i quali il quantitativo certificato era espresso in forme si è stimato un peso medio di ciascuna forma per esprimere il quantitativo in tonnellate.
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.
207
Tabella 3/b - Formaggi: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004 (milioni di euro)
Prodotto
Asiago
Bitto
Bra
Caciocavallo Silano
Canestrato Pugliese
Casciotta d’Urbino
Castelmagno
2000
2001
Fatturato stimato Fatturato stimato
2002
Fatturato stimato
2003
Fatturato stimato
2004
Fatturato stimato
94,64
155,87
96,96
152,10
101,03
159,73
101,03
163,83
107,75
157,44
5,79
10,76
5,08
8,72
7,23
11,95
4,94
5,80
3,15
5,52
-
-
0,48
0,64
0,77
0,92
1,27
1,74
Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo
1,44
1,74
-
2,46
1,57
3,15
2,23
11,27
33,80
-
-
-
3,14
4,06
2,42
7,14
1,84
4,70
9,20
2,76
2,28
5,41
7,57
10,82
1,62
2,26
2,26
6,58
1,92
4,49
8,11
2,57
0,43
1,24
0,78
1,37
1,06
1,79
2,62
5,30
1,43
4,49
21,19
36,22
29,64
38,75
28,40
36,95
30,30
26,48
29,73
25,72
160,42
313,96
119,05
312,10
117,57
328,44
155,72
371,16
156,28
378,92
49,74
68,02
50,07
65,36
46,26
61,23
52,50
61,76
48,65
58,98
Mozzarella di Bufala Campana 131,53
154,51
173,05
227,21
192,90
260,93
199,45
281,94
209,73
277,98
Fiore Sardo
Fontina
-
Formai Mut Alta Valle Brembana 0,20
Gorgonzola
Grana Padano
Montasio
Monte Veronese
Murazzano
Parmigiano Reggiano
-
0,33
829,05 1.427,05
2,39
0,23
4,23
0,27
733,02 1.238,90
-
0,41
-
0,47
816,76 1.155,79
1,83
0,34
3,25
0,41
854,75 1.152,83
-
0,59
-
0,67
778,67 1.187,73
2,20
0,28
4,05
0,43
2,40
0,46
4,38
0,89
773,06 1.118,27
2,39
0,12
4,18
0,20
3,89
0,44
7,00
0,48
772,15 1.154,39
2,34
0,22
4,27
0,40
858,97 1.233,39 1.044,75 1.425,65 1.054,71 1.499,34
Pecorino Romano
178,75
306,43
199,07
297,57
187,27
296,40
169,45
279,92
179,84
328,00
Pecorino Siciliano
-
-
-
-
-
-
0,06
0,07
0,07
0,09
Pecorino Sardo
Pecorino Toscano
Provolone Valpadana
Quartirolo Lombardo
Ragusano
Raschera
Robiola di Roccaverano
Spressa delle Giudicarie
Taleggio
Toma Piemontese
Valle d’Aosta Fromadzo
Valtellina Casera
Totale
2,23
11,19
3,34
21,44
4,06
13,10
6,01
15,59
35,34
28,22
13,85
27,56
13,58
27,37
14,37
28,42
3,02
5,05
-
-
0,06
0,13
4,15
0,10
9,10
0,22
20,49
0,57
45,41
1,11
3,57
6,17
2,81
4,75
4,42
7,00
5,20
5,87
-
-
-
-
-
-
-
-
1,06
0,62
17,24
15,35
254,51
0,69
10,83
12,14
0,69
0,55
0,59
0,57
0,60
28,81
1,36
0,83
0,64
47,97
2,20
0,88
0,83
32,26
91,07
38,64
74,54
41,09
85,02
40,28
80,17
40,64
79,75
0,04
0,06
0,06
0,08
0,07
0,08
0,02
0,04
0,01
0,02
7,29
9,27
15,20
12,98
7,48
10,68
12,35
14,81
7,35
10,33
13,77
14,43
5,91
9,18
11,10
20,85
4,73
12,57
5,17
17,40
2.378,71 4.086,93 2.563,80 3.870,14 2.439,22 3.790,49 2.670,12 3.992,52 2.715,82 4.160,21
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
208
15,40
19,28
108,31
14,20
10,69
15,02
186,88
26,23
12,44
17,09
90,61
11,02
8,00
209
Quant. certific.
Pezzi
Ton.
1.583.973,00 4.685,00
73.129,00
124,00
10.348,00
37,00
2000
n.d.
27.562,00
133.850,00
42.922,00
9.018.202,00
2.110.366,00
133.890,00
51.945,00
n.d.
414.487,00
1.906.793,00
32.496,00
n.d.
16.180.459,00
Az.
16
18
20
15
22
18
11
6
195
27
20
9
12
16
30
2
20
457
20.079,66
138,00
1.244,80
369,00
86.672,00
20.202,00
1.138,00
495,00
265,21
180,00
8.581,00
41,12
1.663,86
149.330,12
Quant. certific.
Pezzi
Ton.
2.176.230,00 6.437,00
108.485,00
184,70
n.d. 1.550,17
23.231,00
88,60
2001
30
2
16
11
7
189
27
19
9
11
15
4
2
22
3
24
466
Az.
15
2
18
24
16
n.d. 27.775,80
n.d.
n.d.
36.142,00
180,00
136.956,00 1.273,93
73.096,00
628,63
8.746.652,00 83.958,27
2.204.903,00 21.231,97
144.528,00 1.228,49
50.487,00
479,05
n.d.
272,90
240,30
n.d.
2,28
n.d.
n.d.
2.156.790,00 9.705,00
214,41
2.099,62
16.672.465,00 159.989,61
Quant. certific.
Pezzi
Ton.
2.930.276,00 8.147,84
n.d.
n.d.
160.892,00
273,52
n.d. 2.157,00
31.743,00
120,62
2002
2004
Quant. certific.
Quant. certific.
Az.
Pezzi
Ton. Az.
Pezzi
Ton.
15
10.401,87 16
13.129,35
10
3.018,00
8,09 24
10,35
17
315,25 18
317,76
27
2.370,05 29
2.750,74
18
186,99 21
198,32
7
36,33
35
29.922,46 43
30.088,05
10
3.475,00
10,95 23
11,32
12
206,78 16
277,18
- 1
47.380,00
450,11
14 170.053,00 1.580,37 12 176.658,00 1.642,63
8 110.546,00
950,70 10 116.021,00
997,78
204 9.159.620,00 87.899,88 203 9.383.872,00 90.051,91
33 2.269.157,00 22.070,13 28 2.349.992,00 23.004,57
18 184.238,00 1.566,02 19 235.102,00 1.998,37
5 58.801,00
562,85 11
58.351,00
563,94
11
457,53 11
340,36
12
41.649,00
27,80
14
285,20 16
367,00
39
1.489,84
11 26.858,00
23,62 24
29,23
11 78.809,00
29,96 24
38,22
64.563,00
108,82 9
63.947,00
108,08
22
10.535,16 22
9.998,28
1
532,00
4,04 1
1.138,00
8,66
3
279,78 3
291,50
27
2.384,20 29
2.620,02
526 12.129.670,00 172.160,69 671 12.474.110,00 180.847,67
2003
* I trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso d’anno. Per i prodotti per i quali
il quantitativo certificato era espresso in pezzi si è stimato un peso medio di ciascun pezzo per esprimere il quantitativo in tonnellate.
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.
Az.
Bresaola Valtellina
13
Capocollo di Calabria
Coppa Piacentina
15
Cotechino Modena
Culatello di Zibello
15
Lardo di Colonnata
Mortadella Bologna
Pancetta di Calabria
Pancetta Piacentina
14
12.994,00
65,00
Prosciutto di Carpegna
Prosciutto di Modena
11 125.529,00 1.160,00
Prosciutto di Norcia
6
16.032,00
138,00
Prosciutto di Parma
195 9.061.379,00 87.021,00
Prosciutto San Daniele
26 1.968.221,00 18.685,00
Prosciutto Toscano
20 129.940,00 1.104,00
Prosciutto Veneto Berico-Euganeo 8
57.048,00
528,00
Salame Brianza
12
n.d.
155,00
Salame di Varzi
Salame d'oca di Mortara
Salame Piacentino
12 238.310,00
167,00
Salamini italiani alla cacciatora
Salsiccia di Calabria
Soppressata di Calabria
Soprèssa Vicentina
Speck dell’Alto Adige
30 1.742.669,00 7.842,00
Valle Aosta Jambon de Bosses
Valle Aosta Lard d’Arnad
Zampone Modena
Totale
377 15.019.572,00 121.711,00
Prodotto
Tabella 3/c - Prodotti a base di carne: numero di aziende e quantità certificate in Italia nel 2000-2004*
Tabella 3/d - Prodotti a base di carne: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004
(milioni di euro)
Prodotto
Bresaola Valtellina
2000
2001
Fatturato stimato Fatturato stimato
2002
Fatturato stimato
2003
Fatturato stimato
2004
Fatturato stimato
Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo
54,44
84,69
77,24
141,61
97,77
203,70
135,22
249,64
170,68
315,10
Coppa Piacentina
0,58
2,31
1,53
2,77
2,26
4,38
2,60
5,65
3,54
7,59
Culatello di Zibello
1,15
2,31
Mortadella Bologna
-
-
127,51
200,80
138,88
277,76
149,61
269,30
150,44
204,30
Pancetta Piacentina
0,28
0,62
0,63
1,28
0,81
1,68
0,93
1,93
2,08
3,83
Prosciutto di Modena
8,39
20,97
11,83
24,27
14,01
20,38
Capocollo di Calabria
Cotechino Modena
Lardo di Colonnata
Pancetta di Calabria
Prosciutto di Carpegna
Prosciutto di Norcia
Prosciutto di Parma
Prosciutto San Daniele
Prosciutto Toscano
Prosciutto Veneto
Berico-Euganeo
Salame Brianza
Salame di Varzi
Salame d'Oca di Mortara
Salame Piacentino
Salamini italiani alla cacciatora
Salsiccia di Calabria
Soppressata di Calabria
Sopprèssa Vicentina
Speck dell’Alto Adige
Valle Aosta Jambon de Bosses
Valle Aosta Lard d’Arnad
Zampone Modena
Totale
-
-
1,12
-
-
2,54
710,09 1.438,16
173,70
434,25
5,45
14,18
1,60
2,40
9,12
-
17,11
-
-
11,63
3,89
-
3,14
-
15,50
4,12
-
7,15
723,71 1.645,04
212,12
410,71
4,60
13,81
7,63
5,04
-
22,76
7,43
-
-
10,79
5,55
-
5,52
-
21,57
5,79
-
12,95
726,24 1.634,02
191,09
441,27
3,84
13,41
8,23
5,19
-
25,17
6,28
-
0,04
0,10
17,78
16,87
22,01
-
-
0,56
0,83
5,61
0,05
8,88
0,10
-
-
13,04
31,61
11,88
14,26
773,52 1.743,93
242,77
462,59
5,63
13,51
12,21
19,58
5,03
7,32
-
-
-
1,74
3,10
2,06
3,68
-
-
-
-
0,03
0,04
0,11
0,26
-
-
-
-
-
-
52,65
93,15
68,65
151,20
-
-
0,16
0,32
-
-
-
-
-
14,14
-
16,64
-
-
-
-
11,50
8,25
9,92
0,11
10,16
32,85
21,55
797,86 1.776,72
230,05
481,72
6,20
13,53
14,99
39,97
2,65
9,53
-
-
0,70
4,77
-
10,13
18,62
0,39
0,22
0,51
0,28
0,37
-
0,17
77,64
193,69
84,28
219,55
79,99
219,46
1,29
2,25
1,96
3,36
3,50
4,08
-
10,50
-
21,00
0,04
13,71
0,09
23,84
0,97
0,03
11,30
1,73
0,16
19,65
1.019,50 2.114,50 1.274,55 2.667,53 1.301,35 2.888,44 1.474,12 3.097,36 1.540,38 3.219,92
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
210
6,68
3,38
2,14
-
0,05
0,22
1,11
-
7,83
-
1,81
-
0,15
13,63
0,92
-
0,12
Tabella 3/e - Grassi e oli extravergini di oliva: numero di aziende e quantità certificate in Italia nel 2000-2004*
Prodotto
Alto Crotonese
Aprutino Pescarese
Brisighella
Bruzio
Canino
Chianti Classico
Cilento
Colline di Brindisi
Colline di Romagna
Colline Salernitane
Colline Teatine
Dauno
Garda
Laghi Lombardi
Lametia
Molise
Monte Etna
Monti Iblei
Penisola Sorrentina
Riviera Ligure
Sabina
Terra di Bari**
Terra d’Otranto
Terre di Siena
Toscano
Umbria
Val di Mazara
Valle del Belice
Valli Trapanesi
Veneto Valpolicella,
Veneto Euganei e Berici,
Veneto del Grappa
Totale
Az.
39
n.d.
5
9
2
16
7
4
38
238
9
2
1
4
n.d.
n.d.
59
3
8
66
49
3
-
2000
Tonnellate
108,40
5,60
78,70
60,60
17,50
0,80
37,70
193,30
86,60
0,70
38,00
4,40
8,40
n.d.
n.d.
694,20
10,90
6,30
1.665,00
526,40
57,30
-
Az.
36
25
8
6
15
2
8
10
n.d.
6
298
n.d.
3
8
4
n.d.
22
16
2
21
n.d.
63
5
-
2001
Tonnellate
61,65
29,72
109,46
96,09
2,06
22,49
7,60
15,96
121,61
2,82
68,50
69,01
3,45
275,85
26,66
522,43
9,48
27,30
1.664,99
584,08
160,85
-
562
3.600,80
558
3.882,08
2002
Az. Tonnellate
26
131,08
n.d.
1,81
9
68,63
8
115,91
47
350,12
2
12,63
18
44,44
14
6,51
26
86,62
15
15,96
11
127,91
n.d.
n.d.
1
81,05
31
55,57
8
7,48
n.d.
628,70
41
128,80
175
817,03
2
6,69
36
19,07
n.d.
1.500,00
66
624,60
n.d.
n.d.
5
135,77
-
541
Az.
39
1
1
9
162
3
10
n.d.
10
16
59
378
5
2
22
5
n.d.
78
n.d.
n.d.
46
39
25
19
n.d.
116
2003
Tonnellate
33,92
13,42
19,59
82,39
105,42
18,27
37,87
1,59
32,43
58,08
111,49
141,90
3,36
14,47
29,05
15,02
615,79
83,79
246,83
44,55
47,12
1.797,40
585,49
65,58
82,44
11,46
4.966,37 1.045
4.298,71
2004
Az. Tonnellate
n.d.
5,33
n.d.
83,49
1
8,61
20
107,21
n.d.
141,66
254
105,13
140
32,23
88
63,51
4
3,24
224
22,35
26
50,14
24
146,89
572
149,67
n.d.
3,31
4
11,00
14
5,35
3
13,15
35
133,41
27
11,50
55
411,17
n.d.
128,95
390
942,07
n.d.
n.d.
224
14,50
n.d. 1.571,20
123
557,01
53
103,08
n.d.
n.d.
6
163,22
15
17,06
2.302
5.005,45
* I trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in
corso d’anno.
**Nella precedente rilevazione relativa al 2003, l'Organismo di controllo, aveva erroneamente indicato il numero di etichette autorizzate anziché le tonnellate certificate.
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.
211
Tabella 3/f - Grassi e oli extravergini di oliva: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004
(milioni di euro)
Prodotto
Alto Crotonese
2000
2001
2002
2003
2004
Fatturati stimati
Fatturati stimati
Fatturati stimati
Fatturati stimati
Fatturati stimati
Produzione Consumo Produzione Consumo Produzione Consumo Produzione ConsumoProduzione Consumo
Aprutino Pescarese
-
-
-
-
-
-
n.d.
n.d.
0,84
0,36
0,41
1,47
1,89
0,22
0,26
0,61
0,66
-
-
0,20
0,25
0,38
0,67
0,14
0,21
0,83
1,21
2,05
2,68
0,07
Canino
0,53
0,65
1,08
Cilento
-
-
n.d.
Chianti Classico
-
0,50
Brisighella
Bruzio
-
1,05
0,12
1,38
-
-
0,39
0,38
0,25
0,30
0,21
0,21
1,08
1,10
1,10
0,86
0,86
1,26
1,55
-
0,05
0,13
0,07
0,15
0,17
0,25
1,30
1,70
1,09
2,30
1,88
2,26
Colline di Brindisi
0,07
0,10
0,08
0,11
0,14
0,24
0,14
0,28
0,35
0,60
Colline Salernitane
0,01
0,01
0,10
0,16
0,13
0,24
0,12
0,51
0,10
0,37
Dauno
0,80
1,50
0,65
0,99
0,06
0,12
0,38
0,85
0,60
1,50
Laghi Lombardi
0,02
0,02
0,03
0,04
n.d.
n.d.
0,09
0,11
0,10
0,12
Colline di Romagna
Colline Teatine
Garda
Lametia
Molise
Monte Etna
Monti Iblei
Penisola Sorrentina
Riviera Ligure
Sabina
-
0,20
2,49
0,16
-
-
0,26
3,30
0,20
-
-
-
1,41
0,34
-
-
-
1,58
-
n.d.
1,43
-
0,50
1,53
0,44
0,06
0,09
-
-
-
-
-
-
-
-
0,03
0,04
0,09
0,10
0,53
0,91
1,89
-
-
n.d.
n.d.
5,12
11,33
4,59
11,07
5,48
7,11
1,11
1,26
3,66
0,03
n.d.
0,07
n.d.
0,03
0,22
0,07
0,25
0,05
0,79
0,16
1,09
Terre di Siena
0,05
0,09
0,96
1,67
0,27
0,52
0,05
0,08
0,04
0,06
0,03
0,05
0,11
0,69
0,55
0,67
0,23
0,73
0,62
1,29
0,10
0,18
0,89
1,17
0,27
0,38
0,21
6,45
0,40
10,75
18,92
21,45
22,54
21,45
21,45
23,55
23,55
23,41
23,41
-
-
-
-
n.d.
n.d.
0,95
1,05
0,54
0,95
3,26
-
4,35
-
5,71
-
7,24
-
6,14
-
7,73
-
5,43
-
7,35
-
4,48
-
7,24
-
0,50
-
0,78
-
2,02
-
2,42
-
1,04
-
1,33
-
0,39
0,23
0,54
0,20
1,12
0,24
1,17
0,28
23,42
36,49
38,76
45,97
44,45
57,86
44,29
57,78
50,82
63,56
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
212
0,06
0,19
4,60
Totale
-
-
0,03
1,03
2,66
Valli Trapanesi
Veneto Valpolicella,
Veneto Euganei e Berici,
Veneto del Grappa
0,08
3,10
0,41
2,80
Valle del Belice
0,04
2,40
0,82
1,20
1,56
Val di Mazara
2,84
0,78
0,07
0,49
3,77
Umbria
1,85
0,59
0,05
0,07
2,87
Toscano
0,55
0,03
0,03
Terra di Bari
Terra d’Otranto
0,02
Tabella 3/g - Ortofrutticoli e cereali: numero di aziende e quantità certificata 2000 - 2004*
Prodotto
Arancia Rossa di Sicilia
Asparago Bianco di Cimadolmo
Asparago verde di Altedo
Cappero di Pantelleria
Carciofo di Paestum
Carciofo romanesco del Lazio
Castagna del Monte Amiata
Castagna di Montella
Ciliegia di Marostica
Clementina di Calabria
Clementine del Golfo di Taranto
Fagiolo di Lamon
dell’Alta Vallata Bellunese
Fagiolo di Sarconi
Fagiolo di Sorana
Farina di Neccio della Garfagnana
Farro della Garfagnana
Fungo di Borgotaro
La Bella della Daunia
Lenticchia di Castelluccio di Norcia
Limone Costa d'Amalfi
Limone di Sorrento
Marrone del Mugello
Marrone di Castel del Rio
Marrone di San Zeno
Mela Val di Non
Nocciola del Piemonte
Nocciola di Giffoni
Nocellara del Belice
Peperone di Senise
Pera dell’Emilia Romagna
Pera Mantovana
Pesca e Nettarina di Romagna
Pomodoro di Pachino
Pomodoro S. Marzano
dell’Agro Sarnese – Nocerino
Radicchio Rosso di Treviso
Radicchio Variegato di Castelfranco
Riso Vialone Nano Veronese
Scalogno di Romagna
Uva da tavola di Canicattì
Uva da tavola di Mazzarone
Totale**
2000
Az. Tonnellate
2
47,20
1
221,30
44
4,80
2001
Az. Tonnellate
1
109,20
11 1.715,30
n.d.
-
2002
Az. Tonnellate
23
40,02
1
39,88
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
46
2,26
2003
Az. Tonnellate
16 1.646,42
35
1,25
5
33,03
5
0,74
4
21,26
1
1,19
n.d.
n.d.
1
176,73
21
0,86
2004
Az. Tonnellate
219 2.008,05
1
14,39
5
32,93
n.d.
n.d.
12
47,09
9
0,15
4
59,94
1
3,37
n.d.
n.d.
1
141,37
125
2,37
41
3
17
16
6
690
12
19
10
90,00
0,40
213,00
58,70
102,70
5.592,90
505,90
1.091,00
1.793,00
1
49
3
15
1
1
14
6
861
1
5
7
1
9
11
45,43
23,03
95,30
1.754,00
1
56
n.d.
8
25
3
1
5
5
893
2
8
12
n.d.
19
12
3
10
n.d.
19
2
1
6
5
n.d.
2
14
15
1
20
11
2.213,01
6,70
1.259,14
n.d.
1.461,00
2
n.d.
15
5,74
9
2,61
5
80,98
n.d.
n.d.
5
105,11
21
268,10
3
339,87
2 1.843,37
163
47,82
6
130,45
13
2,90
2 110.208,94
842 9.332,84
5
39,57
3
19,31
n.d.
30 1.136,18
2
54,06
20 3.144,29
13
81,10
12 4.862,71
34
5
27
7
934
178,80
42
23,60
7
24
6,40
7
9.929,70 1.077
184,89
7,32
16,00
4,56
11.723,79
8
50,69
4
5,52
2
45,00
7
2,73
218 12.146,06
22
257,28
9
93,56
6
56,60
12
3,60
1.599 134.426,61
10,04
87,00
2,03
164,00
554,80
93,85
159,40
6.655,71
41,93
10,04
88,30
n.d.
n.d.
188,00
85,00
880,68
78,25
115,96
7.651,00
2,80
12,41
623,01
n.d.
1.270,02
1.468,00
47
259,00
10
138,71
14
44,40
7
2,58
1.198 13.000,31
16,03
151,89
n.d.
228,83
171,46
795,20
33,86
180,49
3.624,84
5,60
12,60
* I trattini si riferiscono a prodotti per i quali o non è stato ancora riconosciuto un Organismo di controllo o è stato riconosciuto in corso
d’anno. Per i prodotti per i quali il quantitativo certificato era espresso in confezioni, pezzi o sacchi si è stimato un peso medio per ognuno
di essi per esprimere il quantitativo in tonnellate.
**La differenza sul totale tra l'anno 2002 e 2003 delle aziende controllate (circa -82%) è dovuto principalmente alla impossibilità di reperire dati del numero delle aziende controllate riferiti alla Nocciola del Piemonte; ciò è causato dal fatto che gli agricoltori controllati appartengono per lo più ad una unica Associazione di Produttori comprendente circa 539 agricoltori che vengono controllati a campione dall'Organismo di Controllo.
Fonte: elaborazioni Ismea su dati degli Organismi di controllo.
213
Tabella 3/h - Ortofrutticoli e cereali: stima dei fatturati alla produzione e al consumo in Italia nel 2000-2004
(milioni di euro)
2000
2001
2002
2003
2004
Fatturato stimato Fatturato stimato Fatturato stimato
Fatturato stimato Fatturato stimato
Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo Azienda Consumo
Arancia Rossa di Sicilia
0,46
1,65
0,49
1,95
Asparago Bianco di Cimadolmo
0,12
0,17
Asparago verde di Altedo
0,12
0,12
Cappero di Pantelleria
0,01
0,02
Carciofo di Paestum
Carciofo Romanesco del Lazio
0,01
0,12
0,02
0,16
Castagna del Monte Amiata
0,09
0,20
0,00
0,00
0,00
0,00
Castagna di Montella
0,04
0,10
0,11
0,28
0,04
0,10
0,06
0,07
0,12
0,19
Ciliegia di Marostica
0,00
0,00
0,01
0,01
Clementina di Calabria
0,11
0,21
0,63
1,15
n d.
n.d.
Clementine del Golfo di Taranto
0,12
0,44
Fagiolo di Lamon
0,02
0,04
0,01
0,02
0,01
0,01
0,02
0,02
della Vallata Bellunese
Fagiolo di Sorana
0,11
0,13
Fagiolo di Sarconi
0,04
0,08
0,04
0,09
0,10
0,14
Farina di Neccio della Garfagnana
0,03
0,03
Farro della Garfagnana
0,04
0,20
0,20
0,36
0,27
0,37
0,47
0,63
0,21
0,40
Fungo di Borgotaro
0,01
0,01
0,03
0,05
n.d.
n.d.
0,05
0,05
La Bella della Daunia
n.d.
n.d.
0,38
0,69
Lenticchia di Castelluccio di Norcia 0,94
1,98
1,10
1,61
1,26
1,84
1,36
2,24
1,34
2,68
Limone Costa d'Amalfi
0,07
0,11
0,10
0,26
0,24
0,54
Limone di Sorrento
0,54
0,98
1,00
1,70
1,04
1,68
1,84
3,32
Marrone del Mugello
0,11
0,24
0,17
0,29
0,14
0,39
0,06
0,27
0,09
0,20
Marrone di Castel Rio
0,26
0,56
0,44
0,49
0,33
0,52
0,52
1,18
0,46
0,65
Marrone di San Zeno
0,00
0,01
Mela Val di Non
83,76 132,25
Nocciola del Piemonte1
11,55
28,89 13,29
23,90
15,23
29,53
6,81
14,72
19,12
33,84
Nocciola di Giffoni
0,00
n.d.
0,01
0,04
0,06
0,28
Nocellara del Belice
0,01
0,07
0,01
0,07
0,02
0,05
0,03
0,03
Peperone di Senise
Pera dell’Emilia Romagna
0,19
0,34
0,03
0,05
0,50
0,69
1,22
4,15
0,57
1,96
Pera Mantovana
0,01
0,03
n.d.
n.d.
0,00
0,01
0,04
0,09
Pesca e Nettarina di Romagna
0,40
0,73
0,04
0,07
0,53
1,05
1,20
2,32
1,58
4,35
Pomodoro di Pachino
0,13
0,15
Pomodoro S. Marzano
1,46
1,71
1,44
2,58
2,20
2,39
0,39
1,17
0,92
1,95
dell’Agro Sarnese – Nocerino
Radicchio Rosso di Treviso
0,69
1,11
0,59
1,06
1,01
1,73
0,03
0,27
0,84
1,37
Radicchio Variegato
0,06
0,12
0,02
0,03
0,42
0,57
0,14
0,02
0,20
0,33
di Castelfranco
Riso Vialone Nano Veronese
0,02
0,04
0,04
0,10
0,02
0,08
0,05
0,10
Scalogno di Romagna
0,01
0,02
0,01
0,02
0,01
0,01
0,01
0,02
0,02
0,02
Uva da tavola di Canicattì
Uva da tavola di Mazzarone
Totale
15,89
36,24 18,72
33,14
23,18
41,49
14,17
31,57 112,99 188,05
Prodotto
1) Il dato del fatturato al consumo è stato ottenuto, così come per tutti gli altri prodotti, moltiplicando il prezzo al consumo per le quantità di prodotto certificato, anche se in realtà questa produzione, una volta subita la prima trasformazione, viene destinata principalmente all'industria dolciaria.
Fonte: elaborazioni Ismea su dati Organismi di Controllo, Consorzi di Tutela e rete di rilevazione Ismea.
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Allegato
Procedure da seguire: • da parte di produttori di paesi terzi
per la registrazione di DOP e IGP;
• da parte di cittadini di paesi terzi
per sollevare eventuali obiezioni a
tali domande.
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