Leggi l`intervento di Micossi

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Leggi l`intervento di Micossi
Il ruolo dell’analisi economica
nella nuova disciplina delle operazioni di
concentrazione
Rischi di degenerazione regolatoria
nel diritto comunitario della concorrenza
Stefano Micossi
Convegno “Le nuove regole della concorrenza”
Tavola rotonda
Roma, 3 luglio 2003
NOTE E STUDI n. 47
2003
Assonime – Il ruolo dell’analisi economica nella nuova disciplina……
NOTE E STUDI n.47 2003
1. L’articolo 82
La storia del diritto comunitario della concorrenza è attraversata sin dall’inizio da tentazioni di
stampo regolatorio. Nel suo volume del 1998 intitolato “Il potere e l’antitrust”, Giuliano Amato
notava che l’articolo 82, che vieta non la posizione dominante in sé, ma il suo abuso,
contiene già in nuce il problema. Infatti, questa disposizione prefigura una speciale
responsabilità delle imprese in posizione dominante nei confronti dei concorrenti di piccole
dimensioni. L’applicazione dell’articolo 82 si risolve pertanto in prescrizioni spesso volte non
alla tutela dei consumatori, ma “alla tutela della concorrenza debole nei confronti dei
concorrenti più forti”. Facilmente, su questa strada l’Autorità si può trovare a cercare di
decidere chi debbano essere i concorrenti su un particolare mercato.
Nel sistema americano, invece, l’illegalità del comportamento (attempt to monopolise)
emerge quando, oltre all’esclusione dei concorrenti, vi sia anche un danno dei consumatori.
2. Due diverse visioni del controllo delle concentrazioni
La tentazione regolatoria riemerge nella disciplina delle concentrazioni. Vi sono due visioni
alternative del controllo preventivo delle operazioni di concentrazione. Non si tratta però della
visione dell’economista contrapposta a quella del giurista. Si tratta della visione
dell’economista/giurista consapevole delle imperfezioni dell’intervento pubblico contrapposta
alla visione dell’economista/giurista pianificatore, nel nome di mal definiti interessi di public
policy.
Nella prima visione, le fusioni e le acquisizioni non sono una patologia, ma fanno parte del
normale funzionamento del mercato. Non vi è alcuna presunzione di illiceità delle
concentrazioni. Il limite posto dall’ordinamento è volto a impedire che, in presenza di
particolari condizioni, siano realizzate concentrazioni che comportano un danno per i
consumatori. Spetta all’Autorità dimostrare l’esistenza delle condizioni che giustificano il
divieto.
Nella visione del pianificatore, invece, le concentrazioni, riducendo il numero degli operatori,
comportano già di per sé un’alterazione della concorrenza, quindi vanno guardate con
sospetto. Poiché, esse comportano generalmente un aumento del potere di mercato delle
imprese che si concentrano, spetta a queste ultime dimostrare che dalla concentrazione
deriva un beneficio per i consumatori.
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3. La progressiva estensione della portata del divieto. Il Tribunale di Primo Grado
pone un freno
Il Regolamento Concentrazioni (n. 4064 del 1989) individua all’articolo 2 i presupposti per
dichiarare una concentrazione incompatibile con il mercato comune: l’operazione deve
creare o rafforzare una posizione dominante, e da essa deve risultare un “ostacolo
significativo a una concorrenza effettiva”.
Nell’applicazione del regolamento, l’accento è stato posta sull’aspetto strutturale – la
creazione o il rafforzamento della posizione dominante; tipicamente, gli effetti negativi sulla
concorrenza sono stati presunti, quelli sui consumatori sono stati trascurati.
Inoltre, la nozione di posizione dominante è stata progressivamente ampliata. Nei primi anni,
attenendosi a un’interpretazione letterale della norma, la nozione veniva riferita solo
all’operatore principale nel mercato. In seguito, la Commissione ha iniziato a sostenere che
l’articolo 2 del regolamento consente di colpire anche la posizione dominante detenuta
collettivamente da più imprese.
Questa tesi già all’epoca suscitò perplessità, sia perché la posizione dominante collettiva non
era espressamente prevista dal regolamento concentrazioni (mentre è prevista dall’articolo
82), sia per la maggior incertezza giuridica sull’effettiva portata del divieto.
Nel 1998 la Corte di Giustizia ha accolto la tesi della Commissione con la sentenza Kali und
Salz, affermando che il Regolamento copre anche la “posizione dominante collettiva”.
Questa è stata definita come la situazione in cui le imprese coinvolte nella concentrazione, e
una o più altre imprese, sono in grado di comportarsi come un cartello, pur in assenza di un
accordo esplicito (oligopolio collusivo).
Più recentemente, nel caso Airtours-First Choice, la Commissione è andata ancora oltre,
applicando la nozione di posizione dominante collettiva anche a situazioni di oligopolio non
collusivo. Secondo questa linea interpretativa, viene colpito come comportamento
anticoncorrenziale l’aumento di potere di mercato che deriva dalla semplice riduzione del
numero degli operatori, a prescindere dall’esistenza di un coordinamento tacito.
La decisione della Commissione sul caso Airtours-First Choice è stata annullata dal
Tribunale di Primo Grado. La tesi della Commissione è stata respinta, anche se essa non lo
riconosce.
Ciò risulta chiaro dall’elenco delle condizioni che il Tribunale ha individuato come necessarie
per dimostrare l’esistenza di una posizione dominante collettiva. Tali condizioni sono: (a) che
ogni impresa sia in grado di conoscere il comportamento delle altre, così da poter verificare
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se esse seguono effettivamente i comportamenti concordati (monitoring); e (b) che vi siano
adeguati meccanismi di punizione nel caso di deviazione dall’equilibrio di uno dei
partecipanti all’intesa (retaliation), cosicché eventuali terzi concorrenti presenti e futuri non
siano in grado di turbare l’equilibrio. Queste sono precisamente le condizioni che nella teoria
economica identificano l’oligopolio collusivo.
Comunque, le decisioni del Tribunale hanno posto un freno all’estensione della nozione
dominanza collettiva alle situazioni di oligopolio non collusivo.
La progressiva estensione della portata del divieto di concentrazione non riguarda solo la
posizione dominante collettiva. A un primo periodo di applicazione prudente, è seguito un
secondo periodo di applicazione più aggressiva dei divieti e delle misure correttive.1
Particolarmente controversa è risultata la politica della Commissione in materia di
concentrazioni cosiddette “conglomerali”, cioè tra imprese operanti in mercati diversi
(Guinness/Grand Met; Tetra Laval/Sidel; General Electric/Honeywell). L’analisi dei potenziali
effetti anticoncorrenziali in questi casi si è estesa alla considerazione di possibili effetti di
“leva”, derivanti dallo sfruttamento del potere detenuto in un mercato per indurre l’uscita dei
concorrenti da un altro mercato.
Anche in questo campo, il Tribunale di Primo Grado ha frenato la Commissione. Nella
sentenza con cui ha annullato la decisione della Commissione nel caso Tetra Laval-Sidel
(molto simile nell’impianto, al caso GE-Honeywell), il Tribunale ha affermato che le
concentrazioni conglomerali sono generalmente neutrali o benefiche per la concorrenza.
Quindi, secondo il Tribunale, la presunzione di compatibilità con il diritto della concorrenza è
particolarmente forte.
Pertanto, le due sentenze, oltre a sottolineare le carenze probatorie delle decisioni della
Commissione, hanno messo in luce importanti aspetti sostanziali riguardo alla portata del
divieto.
4. La risposta della Commissione
Dopo queste sentenze, la Commissione ha sciolto la Merger Task Force e ha presentato
proposte per migliorare la disciplina comunitaria delle concentrazioni. Tali proposte
riguardano sia gli aspetti procedurali sia gli aspetti sostanziali.
1
Per una sintesi efficace rinvio a un recente articolo di Nicholas Levy su “EU Merger Control: from Birth to
Adolescency” (World Competition, 2003).
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Procedure interne e controllo del giudice
Tra le modifiche procedurali, è prevista l’istituzione di un ufficio di capo-economista,
autonomo rispetto agli uffici specializzati per settore della Direzione concorrenza, al fine di
ottenere una verifica interna indipendente del fondamento economico delle proposte di
decisione nella fase istruttoria.
In realtà, gli accorgimenti procedurali interni (hearing officer, capo economista e così via)
servono ad attenuare la pressione al cambiamento che viene dall’esterno, ma forniscono
solo deboli garanzie del miglioramento delle decisioni. Il problema centrale resta la
coincidenza di chi conduce l’istruttoria e chi assume la decisione.
Un ruolo di vero garante può essere svolto solo dal Tribunale. Da questo punto di vista è
positivo che, a partire dal 2001, siano stati introdotti vari accorgimenti per accelerare le
sentenze in materia di concentrazioni. Ma i poteri del Tribunale dovrebbero essere estesi alla
sospensione cautelare delle decisioni della Commissione, senza la quale la capacità delle
imprese di resistere alle richieste di misure correttive, pur se infondate, è pressoché nulla. In
generale, le decisioni del Tribunale dovrebbero giungere con la massima tempestività, dato
gli effetti altrimenti irreversibili di una decisione di divieto.
Il ruolo dell’analisi economica
Bisogna anche non riporre eccessive speranze nell’analisi economica. L’economista può
aiutare a comprendere i legami tra le variabili, fornendo un contributo sul piano teoricoconcettuale. Può anche contribuire a raccogliere e analizzare in modo sofisticato l’evidenza
empirica.
Ma l’approccio economico non assicura, di per sè, che le decisioni nell’applicazione della
normativa siano ragionevoli e proporzionate. L’economista può forzare l’applicazione delle
norme in base a un modello teorico senza corrispondenza con la realtà. Anche gli
economisti, come i giuristi, possono proporre un’estensione ingiustificata dell’intervento
pubblico, troppo presumendo di conoscere, e di saper correggere, le imperfezioni del
mercato.
Aspetti sostanziali
Sul piano sostanziale, dopo le sentenze del Tribunale la Commissione aveva l’alternativa di
modificare l’applicazione del Regolamento informalmente, oppure di proporne la modifica
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formalmente. Ha scelto la seconda via. Ma, invece di circoscrivere l’ambito dei suoi divieti,
sta cercando di estenderlo.
In particolare, essa ha proposto di specificare nell’articolo 2 del regolamento (CEE) n.
4064/89 che la nozione di posizione dominante include anche il potere di mercato “sensibile
e duraturo” per il caso degli oligopoli non collusivi in cui nessuna impresa sia
significativamente più grande delle altre. Non risulta, al momento, alcuna evidenza empirica
a sostegno di tale impostazione.
L’argomentazione utilizzata è che in altri ordinamenti – nei quali non viene utilizzata la
nozione di posizione dominante ma quella di “substantial lessening of competition” – le
autorità non sono vincolate a intervenire solo sul potere di mercato dell’operatore principale o
delle imprese in oligopoli collusivi, ma possono vietare qualsiasi “riduzione sostanziale della
concorrenza” (anche in oligopoli non collusivi).
Se la proposta verrà accettata dal Consiglio, in futuro la Commissione potrà vietare
operazioni di concentrazione in base a previsioni sui futuri equilibri di mercati oligopolistici
non collusivi. Ciò creerebbe rilevanti problemi di prevedibilità dei criteri di valutazione delle
concentrazioni. L’infezione regolatoria e pianificatoria si aggraverebbe.
Ciò che più preoccupa è il rischio di approccio sostanzialmente strutturalista, in base al quale
la riduzione del numero degli operatori, “modificando gli incentivi alla massimizzazione nel
breve periodo”, sempre comporta una presunzione di illiceità dell’operazione. L’onere della
prova di dimostrare che l’operazione comporta benefici in termini di efficienza e di vantaggi
per i consumatori ricadrebbe sempre sull’impresa.
Lo scenario preferito dall’economista regolatore pianificatore.
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