Maggio 2012

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Maggio 2012
Italia Ebraica
voci dalle Comunità
n. 5/2012
HATIKWA
Unione Giovani Ebrei d’Italia
MAGGIO CON L’UGEI
VIVERE IL RINNOVO
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Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 4 ‐ 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)
QUI PALMI - LE PENTOLE DEL RISVEGLIO
TRIESTE EBRAICA
Il Novecento
sul palcoscenico
di Miriam Camerini
Sono qui da pochi giorni e ho già avuto occasione
di andare al teatro Verdi, di vedere i più bei palazzi
di Trieste, e ora di conoscere persone importanti
come voi! Mi reputo assolutamente fortunato!
Questa è l'opinione di Joseph Liedermann, studente
viennese appena giunto a Trieste per scrivere la sua
tesi di laurea proprio sulla città giuliana. L'esclama‐
zione di entusiasmo prorompe spontanea dalla sua
bocca nel momento in cui, entrato casualmente nello
splendido caffè Tommaseo, scorge ai tavolini nien‐
temeno che James Joyce, Italo Svevo ed Edoardo
Weiss. Come dargli torto? Ma soprattutto: dove siamo
finiti?
Facciamo un passo indietro: è una radiosa mattina
di inizio primavera a Trieste, mi sono svegliata prima
del solito e sono salita al Parco di San Giovanni, dove,
nel teatro dedicato a Franco e Franca Basaglia, sta
per cominciare quella che mi è stata presentata come
La Grande Mela
saluta il chazan
La musica sinagogale livornese: un patrimonio pre‐
zioso che ha attraversato i secoli e le generazioni.
Personaggi, note, appunti che hanno fatto la storia
in versi e pentagramma dell’Europa ebraica e che
sono stati rievocati alla Shearith Israel, la più antica
sinagoga d'America, dal chazan del Tempio di Livorno
Daniele Bedarida (nella foto) e da suo figlio Raffaele,
storico dell'arte. Lunghi applausi e commozione han‐
no salutato la performance, organizzata dal Centro
Primo Levi di New York.
BOLOGNA EBRAICA
Jonah, i capelli
e la barba del Rav
di Avivit Hagby
Arriva il compleanno di mio figlio Jonah e in occasione
di questa lieta circostanza arriva anche il primo taglio
di capelli, come insegna la
Kabbalah. Cerco di spie‐
garlo a Jonah: “Figlio mio,
fino ad oggi eri piccolo. An‐
che quando ti ho detto che
eri grande, grandissimo, in
realtà per la Torah eri an‐
cora piccolo. Adesso diven‐
ti grande grande come un albero maturo!”.
All’albero dopo i tre anni possiamo tagliare la frutta.
A te invece tagliamo i capelli. Andiamo dal Rabbi a
farlo, e lui ti darà tante caramelle...
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Prima la Tevilat kelim (l’immersione rituale dei recipienti) in mare, poi la hag’alà (bollitura) degli stessi. La fotonotizia di questo mese ci porta a Palmi, nel cuore della Calabria,
dove in molti hanno partecipato all’allestimento e alla celebrazione del Seder di Pesach.
Analoghe iniziative si sono svolte a Barletta, Sannicandro, Brindisi, Palermo e Siracusa.
Eventi che hanno riscosso notevole successo e che rappresentano un’ulteriore manifestazione del risveglio di interesse verso l’ebraismo che da alcuni anni interessa il Sud
Italia. “Il lavoro prosegue con successo e un progetto più completo, anche con il supporto
dell’UCEI e dell’Assemblea Rabbinica è in corso di realizzazione”, afferma soddisfatto
rav Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli e del Meridione.
TORINO EBRAICA
Primo Levi e il rapporto con l’identità
MERANO EBRAICA
di Alice Fubini
Vita e aneddoti
dall’Alto Adige
“Dai miei lettori e dalla critica, in Italia e all'estero,
io vengo ormai considerato uno 'scrittore ebreo'. Ho
accettato questa definizione di buon animo, ma non
subito e non senza resistenze: in effetti, l'ho accettata
nella sua interezza solo abbastanza avanti nella vita
e nel mio itinerario di scrittore. Mi sono adattato
alla condizione di ebreo solo come effetto delle leggi
razziali, emanate in Italia nel 1938 quando avevo
19 anni, e dalla mia deportazione ad Auschwitz, av‐
venuta nel 1944. Mi sono adattato alla condizione
di scrittore ancora più tardi, dopo i 45 anni, quando
avevo già pubblicato due libri, e quando il mestiere
di scrivere (che tuttavia non ho mai considerato un
vero mestiere) ha cominciato a prevalere sul mio
mestiere 'ufficiale' di chimico. Per entrambi gli scalini,
si è trattato piuttosto di un intervento del destino
che di una scelta deliberata e consapevole”. Queste
le parole di Primo Levi tratte da Itinerario di uno
segue a pag. 2
Il calendario è molto denso, ricco di eventi, stimoli e
opportunità di confronto. Promossa dalla Provincia
di Bolzano col patrocinio della Comunità ebraica di
Merano, la rassegna cultu‐
rale Shalom aleichem. Sto‐
rie di vita ebraica in Tirolo
prende il via sabato 4
maggio con l’ambizione di
aprire più finestre di co‐
noscenza. “Un’occasione
per approfondire scientificamente la presenza degli
ebrei in Alto Adige e il loro ruolo nella società” spiega
Federico Steinhaus, tra le anime dell’iniziativa.
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una recita scolastica sui cent’nni dalla costruzione
del Tempio di Trieste. La scuola ebraica I.S. Morpurgo
ha deciso di coinvolgere gli alunni in un progetto di‐
dattico volto a far conoscere loro l'atmosfera della
Trieste del primo Novecento e l'importante ruolo
giocato dagli ebrei triestini nella vita della città. Han‐
no svolto un lungo lavoro e ora è giunto il momento
di presentarne alla comunità il frutto. Le mie due
anime confliggono: da un lato il mio mestiere di re‐
gista mi porta a desiderare di trovare in qualsiasi
spettacolo una qualità purtroppo non sempre pos‐
sibile in una recita scolastica, dall'altro, come persona
abituata a lavorare con bambini e ragazzi, mi inte‐
ressa moltissimo vederli alle prese con la scena. En‐
tro. Già dall'aspetto della sala si può intuire che ve‐
dremo qualcosa di buon livello: tre persone in regia
audio, luci e proiezioni, programmi di sala contenenti
l'intero copione corredato di note storiche distribuiti
all'ingresso, dovizia di fari accuratamente puntati...
Istintivamente mi preparo ad assistere a un vero
spettacolo.
Il primo personaggio a comparire sulla scena è ‐ di‐
cevamo ‐ lo studente Joseph Liedermann, un tenero
e stralunato Angelo Mariani, quinta elementare.
Immediatamente Liedermann viene risucchiato nel
gorgo garbato della vorticosa vita triestina dei primi
decenni del secolo scorso. Grazie a proiezioni video
di grande effetto teatrale, nascono sotto i nostri occhi
le redazioni di due giornali: Il Piccolo e Il Corriere
Israelitico, alle prese con l'imminente inaugurazione
del grande Tempio di Trieste, costruito nel 1912 per
segue a pag. 6
Italia Ebraica
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la voce delle Comunità
TORINO
EBRAICA
Primo Levi e il rapporto con l’identità. Un convegno per fare chiarezza
----------------------I segue da pag. 1 I-------------------scrittore ebreo in cui emerge in modo lampante la
sua difficoltà a definirsi con una sola 'etichetta':
quella di ebreo o quella di scrittore o ancora quella
di chimico. Sarebbe forse più corretto parlare di que‐
ste 'etichette' come di tre elementi che si sono in‐
trecciati in modi e quantità diverse nel corso della
sua vita, ma mai l’uno senza l’altro.
“In occasione del venticinquesimo anniversario della
sua scomparsa, spiega Dario Disegni, consigliere del
Centro Studi Primo Levi, «avvenuta l’11 aprile 1987
in seguito a una tragica caduta dalla tromba delle
scale di casa sua, il Centro Internazionale di Studi
Primo Levi ha deciso di organizzare una serie di ini‐
ziative tese a riflettere sull’importanza di questa
straordinaria figura e sulle diverse sfaccettature che
ne hanno caratterizzato la personalità”.
Sei incontri per ricordare e per pensare: questo il
titolo dell’iniziativa, una sorta di viaggio teso a ri‐
percorrere la vita e gli interessi di Levi. Il primo in‐
contro, svoltosi il 26 marzo scorso, ha affrontato il
tema di Auschwitz e della deportazione, presentando
al Teatro Gobetti di Torino la nuova edizione di Se
questo è un uomo a cura di Alberto Cavaglion. Il 3
e 4 aprile è stato poi messo in scena, presso le Fon‐
derie Limone di Moncalieri, lo spettacolo Il segno
del chimico. Dialogo con Primo Levi, una pseudo in‐
tervista le cui risposte sono state attinte direttamente
dalle sue stesse opere.
Per indagare e approfondire il rapporto tra Levi e il
mondo ebraico è stato quindi organizzato un con‐
vegno di studi che si svolgerà il prossimo 6 maggio
presso la Comunità ebraica di Torino. A presiedere
l’incontro Dario Disegni, chiamati a portare un con‐
tributo rav Eliahu Birnbaum, Stefano Levi della Torre,
Amos Luzzato e David Meghnagi.
L’intera opera di Levi risulta costellata di elementi
tratti dalla cultura e tradizione ebraica, anche se è
lui stesso a definirsi laico: “Io sono ebreo come ana‐
grafe, vale a dire che sono iscritto alla Comunità
Israelitica di Torino, ma non sono praticante e nep‐
pure sono credente. Sono però consapevole di essere
inserito in una tradizione e in una cultura. Io uso
dire di sentirmi italiano per tre quarti o per quattro
quinti, a seconda dei momenti, ma quella frazione
che avanza, per me è piuttosto importante».
Il contatto con la cultura ebraica si intensifica una
volta tornato in Italia dopo la guerra: “Poiché i miei
genitori sono ebrei – afferma Levi – mi sono costruito
una cultura ebraica, ma molto tardi, dopo la guerra.
Quando sono ritornato, mi sono trovato in possesso
di una cultura supplementare e ho cercato di svi‐
lupparla»”
Il richiamo alla tradizione ebraica emerge in modo
più o meno esplicito: a volte è diretto, altre rimane
celato. Anna Segre, in un articolo scritto per Ha Keil‐
lah, Da Ulisse a Lilit, si chiede come si debbano cer‐
care le influenze dell’identità ebraica in uno scrittore
ebreo. Restringe il campo di ricerca a tre ambiti:
l’ebraismo come condizione, come ambiente e come
linguaggio. Nel caso di Primo Levi è possibile rin‐
tracciare riferimenti specifici alla cultura ebraica
sotto forma di metafore e citazioni. A partire dalla
prima pagina del suo primo libro, Se questo è un
uomo, è presente un riferimento esplicito a due frasi
dello Shemà, la prima pregheria che si impara e che
si ripete ogni giorni alzandosi e coricandosi: costi‐
tuisce un ammonimento alle generazioni future af‐
finché l’orrore della Shoah non precipiti nell’oblio
del tempo.
In Argon, primo racconto della raccolta Il sistema
periodico, Primo Levi approfondisce lo studio delle
sue origini ebraico‐piemontesi e del dialetto parlato
dai suoi familiari, che si contraddistingueva per l’iro‐
nia, l’amore per i giochi di parole e per i soprannomi,
così da poter far capire al lettore il modo in cui par‐
lavano e pensavano gli ebrei dell’epoca.
Il richiamo al mondo ebraico è costante e continuo
in tutti i suoi scritti, dal racconto autobiografico, al
saggio. Un altro tema caro all'au‐
tore, l’uomo e il lavoro, sarà ripreso
l’11 maggio, in occasione del Salo‐
ne Internazionale del Libro, dove
verrà presentato il volume Una te‐
lefonata con Primo Levi di Stefano Bartezzaghi. Gli
ultimi due incontri si svolgeranno l’8 novembre, nel‐
l’aula magna della Facoltà di Scienze matematiche,
fisiche e naturali di
Torino e il 20 novem‐
bre con una mattinata
dedicata all’importan‐
za di raccontare, inse‐
gnare, imparare Au‐
schwitz, rivolta soprat‐
tutto ai giovani.
La varietà dei temi che
vengono affrontati met‐
te in risalto l’aspetto più
significativo di Primo
Levi: il suo essere polie‐
drico, che è ciò che gli
ha permesso di instau‐
rare un rapporto origi‐
nalissimo tra la cultura
ebraica, le discipline
umanistiche e il sapere
scientifico. Tutto questo
ha contribuito a renderlo uno dei più stimabili in‐
tellettuali e testimoni del secolo scorso.
Si riscoprono le strade del Ghetto
Poche case addossate le une sulle altre, alcuni
vicoletti e piazze come punto di ritrovo di una
quotidianità difficile, due sinagoghe: una di rito
italiano e l'altra di rito spagnolo. Dell'antico e
centralissimo Ghetto in cui furono confinati gli
ebrei di Torino per quasi due secoli, dal 1679
fino alla primavera del 1848, restano oggi poche
tracce e per il visitatore inconsapevole è quindi
impossibile contestualizzare quella lunga storia
di ordinaria privazione senza un riferimento
esplicito. Adesso quel riferimento esiste: una tar-
ga informativa, posta all'angolo tra via Bogino e
via Maria Vittoria, è stata infatti inaugurata al
termine di una piccola ma significativa cerimonia.
A scoprire la targa drappeggiata nel tricolore,
scritta in inglese, francese e italiano, il consigliere
comunale Piera Levi Montalcini, principale promotrice di questa iniziativa. All'inaugurazione
erano presenti anche la collega di avventura politica Marta Levi, il presidente della Comunità
ebraica torinese Beppe Segre e il rabbino capo
rav Eliahu Birnbaum.
PARMA
EBRAICA
Una primavera di grandi impegni. Aspettando l’Ugei
Letteratura, teatro, identità, progetti per le scuole. C'è tanta carne al
fuoco a Parma in questi mesi. La Comunità ebraica, attivissima su molti
fronti, è infatti proiettata verso una seconda parte di primavera molto
intensa che sollecita in particolare il Museo Fausto Levi e la sinagoga di
Soragna, strutture in cui, dopo la performance teatrale di Miriam Camerini
e Manuel Buda Un grembo due nazioni molte anime e un singolare ap‐
profondimento del professor Emilio Spedicato su alcuni passaggi biblici,
si ospiterà a breve una conferenza sui ghetti italiani e la cultura ebraica
tra Cinque e Seicento a cura di Stefano Patuzzi (20 maggio) e la cerimonia
di premiazione del concorso Shevilim per le scuole (3 giugno) con gli
interventi di Giuseppe Romanini, assessore della Provincia di Parma,
Salvatore Iaconi Farina, sindaco di Soragna, e rav Luciano Caro, rabbino
capo di Ferrara (alla cerimonia seguirà un viaggio tra poesia e canzone
che vedrà protagonista l'Associazione Culturale Equinozio). Sul finire
del mese di aprile ha avuto inoltre inizio un ciclo in cinque lezioni tenuto
dal rav Rodal, tema l'esegesi ebraica del Libro di Ruth, mentre dal 18 al
20 maggio è in programma uno Shabbaton organizzato in collaborazione
con l'Unione Giovani Ebrei d'Italia. Un'occasione unica, sottolinea il pre‐
sidente Giorgio Yehuda Giavarini, per attrarre in Comunità molti ragazzi
da tutta Italia e stimolare la partecipazione dei tanti studenti israeliani
iscritti ai corsi dell'Università di Parma.
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Italia Ebraica
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la voce delle Comunità
CASALE
Le Mitzvot
dell'assistenza
EBRAICA
Moncalvo, il libretto in un sogno
La Comunità ebraica di Casale Monferrato cura una collana di pubblicazioni di storia e cultura ebraica monferrina. Proponiamo ai lettori
di Pagine Ebraiche la prefazione di Elio Carmi al volume “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti. Moncalvo gli ebrei,
la Battaja” edito nel 2005 in tiratura limitata, con un disegno originale di Emanuele Luzzati, in occasione delle celebrazioni dei 300 anni
dal conferimento delle patenti alla città di Moncalvo.
di Marta Morello
I tempi sono duri. Si alza la soglia della povertà, cresce la ne‐
cessità di sostegno per alcune categorie di persone. Il cosid‐
detto ceto medio perde rapidamente risorse, soprattutto eco‐
nomiche. C’è scarsità di lavoro. Chi non ce l’ha fatica a trovarlo
e chi lo perde rischia di non potersi più ricollocare sul mer‐
cato. Accanto a queste difficili realtà si ritrovano situazioni
di disagio psicologico di giovani e di anziani, famiglie in dif‐
ficoltà, malattie, ricoveri ospedalieri, anziani che in casa pro‐
pria o in casa di riposo hanno bisogno di assistenza continua;
vi sono poi le necessità di aiuto a chi è colpito da un lutto.
Gli ebrei italiani naturalmente non sfuggono a tutto ciò.
Le Comunità ebraiche hanno una tradizione di Gemilut Chas‐
sadim consolidata e forte, ma ora l’autoreferenzialità non è
più sufficiente. L’UCEI ha proposto una rete organizzativa
unificata tra tutte le Comunità italiane che possa mettere in
comune risorse per intervenire efficacemente in questo am‐
bito. Recentemente nei locali del Centro sociale si è svolto
un incontro organizzato dal gruppo Anavim. Dopo un’ampia
esposizione di rav Somekh, che ha descritto l’argomento alla
luce del pensiero ebraico, è intervenuto Giorgio Mortara,
consigliere dell’Unione addetto ai problemi dell’assistenza,
che ha illustrato quanto il progetto dell’UCEI si propone di
fare. Importante, sottolinea, è l’adesione e la condivisione di
tutte le Comunità, e, soprattutto la formazione specifica di
chi si occupa di questi temi.
È poi intervenuta Olga Ceriani, assistente sociale itinerante
per l’UCEI, che periodicamente si reca nelle Comunità piccole
e medie per istruire, collaborare con gli addetti locali e sug‐
gerire strategie. Ha raccontato la lunga sua esperienza presso
la Comunità di Milano, sottolineando quanto sia necessario
che chi interviene possegga non solo capacità professionali
ma sia in grado di operare con distacco emotivo mai però
disgiunto da empatia e sensibilità verso chi è
di fronte.
Patrizia Sampietro, docente presso la scuola
di infermieri dell’Università di Torino, ha fatto
una rapida carrellata delle indicazioni norma‐
tive che, nell’ambito dell’assistenza ospeda‐
liera, vengono date agli operatori, sottoline‐
ando che occorre pensare al benessere del pa‐
ziente ricoverato non solo da un punto di vista medico ma
tenendo conto nello stesso tempo anche delle sue esigenze
spirituali e psicologiche.
Come ospite esterno alla Comunità è intervenuto anche il
dottor Caserta dell’ente ospedaliero Molinette, che ha de‐
scritto come molti ospedali piemontesi si siano organizzati
formulando protocolli di comportamento per il personale
medico e paramedico relativi alle esigenze spirituali e religiose
dei ricoverati con il coinvolgimento dei ministri di culto delle
diverse confessioni.
È stato rilevato, anche negli interventi a fine incontro, quanta
delicatezza sia necessaria nel trattare con chi ha bisogno di
aiuto. Spesso i casi vengono portati a conoscenza delle strut‐
ture in modo indiretto; occorre saper manifestare rispetto,
riservatezza e salvaguardia della dignità delle persone.
Il presidente Beppe Segre, nell’evidenziare le strutture e le
organizzazioni che tradizionalmente nella Comunità di Torino
compiono con grande efficacia questa funzione – dalla Casa
di Riposo all’Ufficio Rabbinico, alla scuola, alle diverse asso‐
ciazioni – ha anche rilevato come si sia ampliato l’arco e la
tipologia degli interventi che vengono effettuati; è significativo,
nei nostri nuovi difficili tempi che si affidino i curricola alla
Comunità come canale alternativo per la ricerca di un’occu‐
pazione. Occorrono urgentemente forze nuove, volontarie,
che si aggiungano a chi presta già la sua opera.
Ho sognato che chiedevo a Lele il
maestro di farmi un disegno per
“ La Gran Battaja d’j abrei d’Mon‐
calv”. Lui mi ha chiesto che diavolo
fosse la “battaglia degli ebrei di
Moncalvo”. Mi ha detto che lui si
sente un po’ di lì, perché sua non‐
na era di lì, e che non gliene aveva
mai parlato e che comunque se
ne aveva parlato lui non se lo ri‐
cordava, e che non poteva fare
nulla se prima non ne sapeva un
po’.
Sempre là dentro il sogno ho
quindi pensato di passargli una
copia del testo. L’ho cercato in un
libro nella biblioteca di mio padre,
un libro che ricordavo trattasse
della parlata giudaico‐piemontese,
una sorta di yiddish locale, di lin‐
gua contaminata. Mentre aprivo
il libro sentivo crescere un sospi‐
ro, un respiro, una neshimà. Sem‐
brava di ascoltare recitare le pa‐
role della “cantata” in dialetto, con
una bellissima dizione, era strano
e straniante, quasi un niggun in
dialetto.
Poi il libro l’ho chiuso e mentre
cercavo la fotocopiatrice le parole
mi continuavano a tornare e co‐
minciavano a tradursi, arrivavano
all’italiano di oggi, ma avevo dei
dubbi, sul senso, sulla mia inter‐
pretazione, sul significato che que‐
sta parlata giudaico‐monferrina
poteva o voleva avere.
Poi in una stanza, piena di luce,
tra una finestra e un tavolo, era
seduto Paolo di Asti. Era lì e mi
indicava le parole giuste, ne tra‐
duceva il verso, quasi interpre‐
tandolo come fosse una pericope.
Ero stupito dell’interesse che an‐
che lui aveva per quelle poche let‐
tere; e lo ero ancora di più pen‐
sandone una possibile lettura an‐
tiebraica, antigiudaica.
Ed ero anche affascinato dall’idea
che una città del Monferrato aves‐
se messo in piazza non solo
una Sinagoga, fatto in se ur‐
banisticamente straordina‐
rio, ma anche una vicenda
popolare, che coinvolgeva
cittadini ebrei e non e che
l’avesse fatto con tale so‐
stanza, con tale forza,
da conservare una sua
conoscenza ancor oggi.
Poi, sempre in sogno mi son tro‐
vato con Piero e con altri che
non conosco: Loro mi di‐
cevano che a Moncalvo, le
battaglie sono state anche
altre, più brutte, più pe‐
santi, più terribili e che
non le volevano dimenti‐
care, non volevano che
qualcuno potesse pensare
di cancellare, di rimuove‐
re, di rivederne la verità.
Poi il sogno è finito, con il
sogno addosso ho telefo‐
nato a Lele gli ho detto
che avevo pensato di fare
un libretto sugli ebrei di
Moncalvo anche in occasio‐
ne dei 300 anni della storia della
Città di Moncalvo. Così gli ho chie‐
sto se mi faceva un disegnino,
gno, un rotolo stretto e lungo, qua‐
si una meghillah, senza parole,
con molto colore. Era la Battaja,
era pronta, lì per il libro. Non
restava altro da fare che fare
il libro. Lì per lì l’abbiamo
fatto.
qualcosa per illustrare le pagi‐
ne, qualcosa di bello e buono,
come lui sa fare. Poi, da un
cassetto, ha preso un dise‐
Il poemetto “La Gran
Battaja d’j abrei d’Moncalv”, scritto da Agostino
della Sala Spada, descrive
una rissa tra ebrei del ghetto di Moncalvo nella piazza
principale del paese, davanti al negozio del parrucchiere, che è ancora oggi vicino
alla Sinagoga. Alla rissa, per futili
motivi, partecipano personaggi e
famiglie evidentemente molto conosciuti a quel tempo: è probabile
che il ghetto, dopo molti anni, ridesse ancora di questi eventi. Anche gli abitanti cattolici di Moncalvo parteciparono alla rissa,
schierandosi con questa o quell'altra famiglia. Il piccolo poema è scritto nel rozzo dialetto
di Moncalvo, con frequenti inclusioni di parole in giudaico
piemontese. (c.d.b)
Italia Ebraica
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la voce delle Comunità
FIRENZE
EBRAICA
Risorse e valori (al femminile) che non possiamo disperdere
di Daniela Heimler
Nel vasto panorama dei cosiddetti “enti ebraici”, a
Firenze l’ADEI occupa un posto importante. Uno dei
motivi è che storicamente dal dopo guerra in poi ha
attirato nelle sue diverse sedi (prima via La Marmora
e poi via Pascoli) un numero abbastanza elevato di
donne che hanno ricamato, giocato a carte, parteci‐
pato a conferenze, fatto visite a mostre e musei, or‐
ganizzato piccoli viaggi, vendite e bazar, preparato
cene con lo scopo di raccogliere offerte per le attività
della WIZO in Israele soprattutto a favore di donne
e bambini.
SIENA
Ciò ha reso l’ADEI a Firenze praticamente l’unico ente
ebraico (al di fuori della Comunità) tuttora in piena
attività. Due sono le novità che speriamo possano ri‐
lanciare al meglio l’associazione.
La prima novità è di natura logistica: da alcuni mesi
l’ADEI ha cambiato sede e si è trasferita in un locale
della Comunità ebraica che era scarsamente utilizzato.
La nuova sede ha le dimensioni adatte ed è stata ar‐
redata gradevolmente diventando un luogo assai pia‐
cevole da frequentare.
Questo cambio di sede ha consentito un risparmio
notevole (tutte le precedenti sedi erano in affitto) e
pertanto gli scopi primari vengono in questo modo
salvaguardati.
L’altra novità riguarda il programma:
alle consuete e tradizionali attività si
è aggiunta la formazione di piccoli
gruppi per seguire tematiche parti‐
colari e che speriamo possano coin‐
volgere un numero crescente di gio‐
vani donne.
Per ora i gruppi proposti compren‐
dono un gruppo di letteratura con‐
temporanea, un gruppo di cucito
(molto prosaicamente ci siamo rese
conto che moltissime di noi non erano in grado di
tenere un ago in mano, nonostante le
ottime doti di ricamatrici delle nostre
madri e nonne), un gruppo che studia
tecniche di restauro, un gruppo di psi‐
cologia e un gruppo che si occupa di
film israeliani.
Per ora ne stiamo parlando ma con‐
tiamo di partire seriamente nel più
breve tempo possibile. Quello a cui sia‐
mo soprattutto interessate è di non
disperdere il patrimonio sociale e cul‐
turale che abbiamo trovato e che vo‐
gliamo tentare di adeguare ai tempi che cambiano.
EBRAICA
Il coraggio delle idee, l’impegno per la verità: a Pigi Battista il premio Italiani per Israele
fenomeno del razzismo. La successiva testimonianza di Gadiel Gay
Tachè, fratello del piccolo Stefano, è stata seguita con grande interesse
e commozione. In particolare quando il giovane, miracolosamente
scampato alla morte in occasione di quei tragici fatti, si è soffermato
sull'attentato alla sinagoga di Roma che, un terribile 9 ottobre di 30
anni fa, si portò per sempre via la vita di Stefano. La cerimonia ha
avuto luogo nella Sala Patrizi, con il patrocinio del Comune di Siena
e di fronte ad un foltissimo pubblico, alla presenza tra gli altri del‐
l’assessore alla Cultura Lucia Cresti, del rappresentante dell’Ambasciata
d’Israele in Italia Sara Gilad, del presidente della Federazione Nazio‐
nale Associazioni Italia‐Israele Carlo Benigni e di numerosi consiglieri
comunali e giornalisti tra cui Emilio Giannelli, storico vignettista del
quotidiano di via Solferino.
L’Associazione Italia‐Israele di Siena onlus ha conferito a Pierluigi
Battista, editorialista del Corriere della Sera, il Premio Italiani per
Israele. Un riconoscimento, giunto alla sua seconda edizione, che
viene attribuito a cittadini italiani illustri che si sono distinti per il
loro impegno verso lo Stato d’Israele anche a costo di andare corag‐
giosamente controcorrente. “Il premio a Pierluigi Battista – si legge
nella motivazione della giuria – ha voluto costituire un riconoscimento
al suo impegno di lunga data verso valori culturali e civili contro l’in‐
tolleranza, e le prevaricazioni in favore degli ideali di rispetto dei
diritti umani e della democrazia”. Nell'occasione il noto giornalista
ha presentato il suo ultimo libro, Lettera ad un amico antisionista,
ribadendo la sua convinzione che chi si proclama antisionista è in
realtà antisemita ed esortando a non abbassare la guardia verso il
BOLOGNA
EBRAICA
Frammenti di antica filantropia
Presentato presso l’Aula Gambi del Dipartimento di
Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università di Bologna il volume “Le Confraternite
ebraiche: Talmud Torà e Ghemilut Chasadim. Premesse
storiche e attività agli inizi dell’età contemporanea”,
testo a cura dell’Archivio Storico della Comunità ebraica di Roma.
Numerosi gli spunti di
interesse emersi dal dibattito tra gli oratori:
il legame tra filantropia
e Confraternite, che a
volte costituivano anche “forme di sociabilità” (prof.ssa Giuliana
Gemelli, Università di
Bologna), l’importanza
del materiale inedito, in particolare relativo alle Confraternite Talmud Torah e Ghemilut Chasadim, ritrovato durante il riordino dell’Archivio Storico (Silvia
Haia Antonucci, ASCER), l’attività del Talmud Torah
intesa come “resistenza contro la residenza coatta”
(Gabriella Yael Franzone, Dipartimento Beni ed Attività
Culturali della Comunità di Roma), la curiosa storia
di alcuni documenti che sono stati salvati dalla furia
nazista grazie al fatto di essere stati portati oltre oceano e l’importanza di saper leggere le fonti
(prof. Mauro Perani,
Università di Bologna)
e le differenze tra le
Confraternite nel mondo askenazita e in quello italiano, in particolare romano (prof. Valerio Marchetti, Università di Bologna). Il libro
sulle Confraternite romane, hanno spiegato
i diretti interessati, è il primo relativo a un progetto
più ampio che vuole approfondire la storia di queste
realtà sulla base della documentazione fino ad oggi
reperita.
Jonah e il primo taglio di capelli
di Avivit Hagby
Arriva il compleanno di mio figlio Jonah e in occasione
di questa lieta circostanza arriva anche il primo taglio
di capelli, come insegna la Kabbalah. Cerco di spie‐
garlo a Jonah: figlio mio, fino ad oggi eri piccolo. Anche
quando ti ho detto che eri grande, grandissimo, in
realtà per la Torah eri ancora piccolo. Adesso diventi
grande grande come un albero maturo!
All’albero dopo i tre anni possiamo tagliare la frutta.
A te invece tagliamo i capelli. Andiamo dal Rabbi a
farlo, e lui ti darà tante caramelle..
Aspettare fino ai tre anni per tagliare i capelli per la
prima volta al bambino è un'usanza cabalistica co‐
minciata relativamente di recente, all'incerca nel se‐
dicesimo secolo. "Perché l'uomo è come l'albero del
campo" dice il Deuteronomio, e mio figlio è un uomo...
un uomo molto giovane, ma un uomo! Un piccolo Es‐
sav peloso di adorabili ricci che diventa Yaacov –
pieno di Torah... Una testa piccola che si nasconde
coi capelli dall'esterno, e col taglio di questi esce dal
'solo io esisto nel mondo' ed entra a far parte attiva
della vità comunitaria. Secondo la Torah non man‐
giamo la frutta dell'albero i primi tre anni della sua
vita. Così accade anche col bambino: i primi tre anni
sono dedicati alla cura fisica molto di più di quella
spirituale/educativa, visto che non parla ancora. Al
quarto anno di vita, sia l'albero che il bambino di‐
ventano 'fruibili'. Si iniziano a mangiare i frutti del‐
l'albero e si iniziano a insegnare la Torah e le Mitzvot.
Arriva il compleanno di Jonah e così andiamo a fe‐
steggiare a Venezia: per Jonah è un evento più im‐
portante della festa di compleanno celebrata poco
prima con gli amichetti. Arriviamo là e i ragazzi della
sinagoga iniziano a illustrare a Jonah le lettere ebrai‐
che, giusto per essere i primi a fare la mitzvà di in‐
segnare la Torah al bambino. Arriva il Rabbi, prende
un pezzo dei capelli e mentre taglia dice una bene‐
dizione: “che cresca Jonah fino a essere grande nella
Torah, a fare tante buone azioni e a rendere i suoi
genitori fieri”. Poi pian piano arrivano i ragazzi e ta‐
gliano ciascuno delle ciocche di capelli, formulando
un augurio.
Il taglio rituale dei capelli del bambino a tre anni non
maggio 2012
Italia Ebraica
pag. 5
la voce delle Comunità
Da Siena a Parma: celebrato
l’eroismo di quattro nuovi Giusti
Continuano ad emergere storie di coraggio sui cittadini italiani che, a rischio della loro
stessa vita e senza intenzione di trarre beneficio materiale dalla loro azione, si adoperarono
per mettere in salvo degli ebrei durante le persecuzioni nazifasciste. Come quella che ha
per protagonisti i coniugi Vasco e Ada Borgogni, che negli anni della Shoah diedero un
contributo decisivo per porre al sicuro dagli aguzzini l'ebreo senese Mario Cabibbe e i
suoi cari e che per questo sono stati recentemente onorati nelle sale
del Comune della città
del Palio con l'attribuzione della medaglia alla memoria dei Giusti
tra le Nazioni dello Yad
Vashem. Presenti alla
cerimonia (cui si riferiscono le foto in pagina)
il vice ambasciatore dello Stato di Israele in Italia Lironne Bar Sadeh,
discendenti delle famiglie sie dei Giusti che dei
salvati, il sindaco di Siena Franco Ceccuzzi e il
presidente della Comunità ebraica di Firenze
Guidobaldo Passigli.
Massimo riconoscimento ebraico di Memoria
anche per i coniugi parmigiani Attilio e Jole
Cornini, oggi scomparsi,
che per due mesi nascosero nella loro casa cinque componenti della
famiglia Basevi, ebrei
triestini di origine fiumana. A consegnare la medaglia ai figli dei Giusti, nella sede della Prefettura di Parma e
alla presenza tra gli altri del prefetto Luigi Viana e del commissario straordinario Mario
Ciclosi, il funzionario dell'ambasciata israeliana Sara Gilad. Con lei il presidente della
Comunità ebraica Giorgio Yehuda Giavarini e il rav Luciano Caro.
LIVORNO
EBRAICA
Sara, la madre del Risorgimento
È stata la suggestiva Sala degli Specchi di Villa Mimbelli a fare da cornice alla presentazione del libro
Storia di una famiglia del Risorgimento: Sarina, Giuseppe, Ernesto Nathan. Scritto da Annamaria Isastia,
socia romana del Soroptimist, professore di Storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di
Roma, il volume racconta la vita di una famiglia ebraica nel periodo del Risorgimento. In particolare
si sofferma su Sara Levi Nathan, donna dal carattere forte, madre di dodici figli, principale protagonista
della narrazione e, accanto a Giuseppe Mazzini, figura de‐
cisiva nella vita politica dell’Ottocento grazie a decisioni
che si riveleranno fondamentali per il processo di unifi‐
cazione dell’Italia e successivamente alla sua organizza‐
zione politica. Sara visse la sua infanzia a Pesaro e Modena
e poi tra Livorno, Londra, Pisa e Svizzera. La casa era co‐
stantemente frequentata dai protagonisti del Risorgimento,
anche nei periodi di esilio.
L’opera è stata presentata con un’analisi acuta dal professor
Fabio Bertini, docente di Storia contemporanea dell’Uni‐
versità di Firenze, presidente del Comitato livornese per
la promozione dei valori risorgimentali e autore di nume‐
rosi libri e pubblicazioni sul tema.
Organizzato da due associazioni femminili – Soroptimist
e Adei‐Wizo (Associazione Donne Ebree Italiane)– l'evento
ha avuto un’altissima partecipazione di pubblico che, molto
interessato, ha contribuito al successo dell’incontro con
domande e spunti per ulteriori iniziative sull'argomento
legate in particolare alla partecipazione delle donne alla
costruzione di un'identità nazionale condivisa.
Maria Calabrese De Feo, presidente del Soroptimist, ha
aperto la serata con una introduzione sul ruolo centrale
svolto della protagonista che, nonostante la bellezza di 12 figli, tutti cresciuti personalmente, è riuscita
ad organizzare, coordinare e seguire, anche dal punto amministrativo, su richiesta dello Giuseppe
Mazzini, la causa che ha portato all’Unità d’Italia.
La presidente Adei‐Wizo di Livorno Silvia Ottolenghi Bedarida ha quindi reso omaggio nuovamente a
questa straordinaria donna che fu capace di trasmettere ai propri figli gli ideali del Risorgimento,
l’emancipazione femminile, la forte identità di donna italiana ed ebrea. In altre parole, ha spiegato Ot‐
tolenghi Bedarida, molti degli attuali ideali dell’Adei‐Wizo.
Una trasferta al sapore di matzot
di Gavriel Zarruk
è una mitzvà e neppure Halakhah, cioè regola da se‐
guire. Il taglio dei capelli è un Minhag, una usanza.
In quella domenica non abbiamo soltanto salutato
capelli lunghi tre anni: abbiamo anche salutato, se‐
guendo l'usanza, il neonato che era con loro. Con l'ad‐
dio ai capelli abbiamo detto, speriamo, anche addio
a notti insonni, addio a pannolini, addio allo svezza‐
mento, alla febbre, ai vaccini e a tanti tanti pianti...
A Jonah è piaciuto molto il rituale, il taglio dei capelli,
le caramelle e la coca cola a gogò, ma soprattutto ha
apprezzato la barba del rabbino, tanto che da allora
ogni bagnetto crea una barba di schiuma e urla:
“Mamma dammi il Siddur, sono un rabbino, devo pre‐
gare...”. Mah!
Tutto è iniziato con l’invito da parte di Giorgio Foa
ai giovani della Comunità ebraica di Livorno per an‐
dare a produrre delle matzot a Ostia. L’entusiasmo
e la voglia di partecipare a questa iniziativa non si è
fatto attendere: in tempi veloci abbiamo deciso di
partecipare sebbene la decisione di fare le maztot in
un giorno feriale, il martedì, non fosse priva di pro‐
blematiche.
Siamo così
riusciti a for‐
mare un pic‐
colo gruppo
per andare a
compiere la
mitzvà.
Giunti, dopo
alcune ore di
treno, alla stazione di Roma Ostiense, abbiamo preso,
insieme ad alcuni ragazzi della scuola ebraica, un pic‐
colo pulmino in direzione Ostia; durante il tragitto
Rav Piperno ha fatto un piccolo dvar Torah riguardo
le 4 categorie di figli di cui ci parla la Torah così come
l’Haggadah di Pesach: il saggio, il malvagio, il semplice
e colui che non è in grado di porre domande, con‐
centrandosi maggiormente sulla figura del figlio mal‐
vagio. Poco prima di giungere a destinazione Rav Pi‐
perno ci ha fatto osservare ciò che resta di Ostia an‐
tica, indicandoci anche le vestigia della più antica si‐
nagoga di cui pare siano stati trovati resti in Europa.
Appena arrivati abbiamo preparato l’impasto con
una farina specifica per maztot. L’impasto non deve
essere lasciato lievitare, per ovvi motivi, più di 18
minuti. Una volta preparato il tutto abbiamo celer‐
mente steso e “bucherellato” l’impasto per poi met‐
terlo nel forno. Terminata l’operazione, abbiamo do‐
vuto pulire minuziosamente gli strumenti usati per
poi riutilizzarli in seguito. Rav Piperno ha poi prov‐
veduto di persona ad esaminare gli esemplari pre‐
parati, scartando quelli che non erano ritenuti ido‐
nei.
La giornata
nel com‐
plesso si è
rivelata di‐
vertente an‐
che per la
presenza
dei giovani
delle scuole
ebraiche romane e allo stesso tempo interessante
poiché nessuno dei ragazzi di Livorno si era mai ci‐
mentato nella preparazione del pane azzimo. Al ter‐
mine del “duro” lavoro, poco prima di partire, ci è
stato fatto dono di tre matzot da mangiare durante
la prima sera del Seder. Dopo aver salutato tutti siamo
rientrati a casa soddisfatti e divertiti per le belle ore
trascorse.
Tracciando un bilancio, posso senz’altro dire che si
è stata un’esperienza positiva che difficilmente i par‐
tecipanti dimenticheranno. L'auspicio è che iniziative
di questo tipo possano ripetersi con la stessa grinta
e con lo stesso entusiasmo.
Italia Ebraica
pag. 6
maggio 2012
la voce delle Comunità
TRIESTE
A lezione di multiculturalità
Trieste è da sempre la capitale della multicul‐
turalità, dell'incontro tra popoli, identità, reli‐
gioni. La parte del leone, in questo Lavoro di
approfondimento e conoscenza, la svolge sen‐
z'altro il mondo della scuola. Ed è proprio tra
le aule di una scuola pubblica, la Divisione Julia,
che è in svolgimento ed avrà presto termine
la prima parte di un innovativo progetto che
guarda alla ricchezza di etnie e identità come
a un valore da tutelare. L'iniziativa ha visto per
molti mesi gli alunni della scuola, dai giova‐
nissimi della primaria fino agli adolescenti che
si apprestano a lasciare le medie per il liceo,
impegnati sul fronte dell'apprendi‐
mento delle principali realtà citta‐
dine attraverso più occasioni di dia‐
logo con i suoi protagonisti, lezioni,
laboratori. Per la Comunità ebraica,
il cui luogo di culto più noto – la si‐
nagoga di via San Francesco – dista
singolarmente pochi metri in linea
d'aria dall'istituto, hanno portato un contributo
operatori in ambito pedagogico, insegnanti,
artisti. Tanti i temi toccati, con particolare at‐
tenzione allo sviluppo di specifici progetti per
ogni singolo segmento di scuola. L'ultimo ap‐
puntamento, per i più grandi, si avrà nella se‐
conda metà di maggio con l'incontro la soprav‐
vissuta Fulvia Levi.
“Sono stati mesi molto intensi e impegnativi”
conferma Elisabetta Kostoris (nella foto), in‐
segnante di seconda elementare e tra le anime
di questa iniziativa. Il suo bilancio globale è
positivo, anche se restano alcune note dolenti.
Per quanto riguarda la parte di programma
dedicata alla kehillah triestina, sottolinea infatti
Kostoris, a fronte di uno sforzo significativo
per far valorizzare i suoi volti, le sue vicende
e le sue specificità, non sono mancati da parte
di alcuni ragazzi semplificazioni più o meno
acute. In vista di un probabile bis del progetto
per il prossimo anno scolastico l'obiettivo, con‐
clude l'insegnante, deve essere quindi quello
di vincere, giorno dopo giorno e con un lavoro
costante nelle aule, “ogni forma di stereotipia”.
EBRAICA
In festa per i cent’anni della monumentale Sinagoga
“Tra le cose più belle c’è la partecipa‐
zione, l'entusiasmo, la voglia di mettersi
in gioco che molti stanno dimostrando
in vista del grande appuntamento”. Gu‐
stato un primo e ben riuscito aperitivo
con lo spettacolo portato in scena dai
bambini della scuola, la Comunità trie‐
stina si prepara a festeggiare il secolo
di vita della sua sinagoga con un secon‐
do momento di celebrazioni sul palco.
L'appuntamento, come spiega l'artista
Miriam Camerini, è per domenica 2 lu‐
glio quando con un suo testo, nel Beth
Haknesset di via San Francesco, ver‐
ranno rievocati sotto forma di recita‐
zione alcuni tra i passaggi più signifi‐
cativi della storia del luogo di culto. Ful‐
cro della perfomance, ancora in fase di
progettazione e arrangiamento, l'unio‐
ne tra materialità e immaterialità, tra
i solidi muri di marmo del Tempio e le
note dei canti triestini. “In questa Co‐
Sul palco celebrando personaggi mai dimenticati
----------------------I segue da pag. 1 I--------------------sostituire le quattro piccole sinagoghe precedenti e
offrire alla Comunità un unico luogo di ritrovo e di
culto per tutti, aschkenaziti e sefarditi.
Scena dopo scena i giovani attori riportano in vita
tutto il mondo ebraico e culturale dell'epoca, da
Theodor Mayer, fondatore diciannovenne de Il Pic‐
colo, a Italo Svevo, allievo di Joyce assieme alla moglie
Livia Veneziani, a Edoardo Weiss, padre della psica‐
nalisi italiana. I nostri personaggi si incontrano al
teatro Verdi per un nuovo allestimento de Il Barbiere
di Siviglia, mangiano gelato ai tavolini del Tommaseo
e si riuniscono nei salotti per trascorrere piacevoli
serate musicali.
Vi è poi anche un momento più popolare quando
“le corfiote” si trovano al mercato il venerdì mattina
a comprare il pesce per la cena di Shabbat. Il pas‐
saggio dall'italiano al triestino e alla inflessione dei
VENEZIA
corfioti è padroneggiato dai bambini con la maestria
di grandi professionisti della scena.
I costumi sono belli, credibili e divertenti: gli attori
li indossano con sorprendente disinvoltura e sanno
giovarsene nella caratterizzazione dei personaggi.
Finalmente arriva il gran giorno dell'inaugurazione
del Tempio. Le signore sono tutte vestite di bianco
e l'organo è pronto a suonare.
La cerimonia vera e propria non viene però rappre‐
sentata: ci fermiamo davanti all'edificio; una raffinata
scelta drammaturgica e registica che sottolinea come
l'argomento centrale dello spettacolo sia il contesto
culturale attorno alla nascita del Tempio, ancor più
che il fatto in sé.
Si passa direttamente al giorno dopo, con una scena
a mio parere fra le più toccanti, oltre che ricca di
inventiva e di una trovata geniale: i bambini di prima
elementare sono i figli di coloro che sono stati al‐
EBRAICA
Premio Letterario Adei Wizo, a novembre in Laguna
Da Livorno a Venezia: c’è ancora il mare nel
destino del concorso letterario Adelina Della
Pergola, tradizionale occasione di incontro
e divulgazione a cura dell’Associazione Donne Ebree d’Italia, che sbarca quest’anno in
Laguna con un tris di libri che, pur molto
diversi tra loro, hanno nello sguardo all’orizzonte, nei destini spesso sospesi, fluidi
e complessi dell’identità ebraica, un riferimento comune. La decisione è arrivata nelle
scorse ore: a contendersi il riconoscimento, sottoposto adesso al voto della Giuria Popolare, saranno Racconti intorno alla felicità ebraica (Anatolij Krym, Spirali), Il bambino del giovedì (Alison
munità – sottolinea Miriam – c'è una
cosa che mette davvero d'accordo tutti,
dal religioso al laico, dello shomer shab‐
bat al kippur yid. Si tratta dell'impor‐
tanza di tutelare il proprio patrimonio
musicale, un bene prezioso da traman‐
dare di generazione in generazione e
sul quale si basa per l'appunto questa
narrazione. Per il momento però di più
non posso dire, ci risentiamo a breve
per gli aggiornamenti...”.
Pick, Frassinelli) e Stazioni intermedie (Vladimir
Vertlib, Giuntina).
Scelte anche le opere in lizza per il Premio Ragazzi, che verrà assegnato dai giovani di alcuni
licei italiani e dagli studenti delle scuole
ebraiche di Roma e Milano: si tratta di Per
mare e per terra (Mitchell Kaplan, Neri Pozza) e di Un caso di ordinario coraggio (Pascale Roza, Guanda). L’appuntamento, con
la fase conclusiva del concorso e con la concomitante assemblea nazionale delle delegate adeine, è per il prossimo 12 novembre.
Restano ancora da definire alcuni passaggi
logistici e organizzativi ma il viaggio verso
Venezia, verso la dodicesima edizione di questa
rassegna che molti scritti di valore ha contribuito
a diffondere nel corso degli anni, sembra già ben
impostato.
l'inaugurazione e si lamentano di non essere stati
portati perché troppo piccoli e quindi di non averla
vissuta direttamente, un po' come è accaduto a noi
spettatori.
I bambini sono tra l'altro tutti personaggi destinati
a diventare figure importanti della vita culturale
italiana ed ebraica: scrittori come Giorgio Voghera,
Alma Morpurgo e Bobi Bazlen, scopritore in Italia
di Musil, Kafka, Freud e Jung, oltre che futuri archi‐
tetti, artisti, musicisti, galleristi e uomini politici. Vi
è anche, fra i bambini seduti al Giardino pubblico,
il futuro pediatra Bruno Pincherle, famoso fra le
altre cose per aver riorganizzato dopo la guerra i
Ricreatori di asburgica invenzione, centri cittadini
aperti a tutti i bambini che possono svolgervi nu‐
merose attività ludiche, artistiche e, appunto, ri‐
creative.
Uno degli scorsi giorni, camminando per la città, mi
è stato additato uno di questi splendidi luoghi, così
come quando la sera dopo Shabbat ci siamo riuniti
al Caffè Tommaseo, i miei chanichim adolescenti e
io, per discutere del significato che possono avere
per noi oggi i sacrifici descritti nella Parashà della
settimana. Durante la passeggiata seguente uno dei
ragazzi con i quali sono lieta e fiera di svolgere le
mie attività educative per conto dell'Ugn mi ha mo‐
strato (tipica parola dei triestini, forse convinti che
le cose belle vadano condivise) la “nuova” pescheria,
quella appunto che stava per essere costruita nel
1912.
L'impressione più forte che mi rimane, tornando
fuori al sole di questo luogo oggi distaccato e incan‐
tato ma che un tempo fu un manicomio, è che gli
ebrei triestini continuino in qualche modo a vivere
proprio come i loro grandi predecessori: immersi
nella cultura e nella storia della loro città.
Proprio come il viennese protagonista della piéce,
anche io ‐ forestiera ‐ mi rendo più profondamente
conto della straordinarietà di questa situazione, trop‐
po quotidiana per chi la vive da dentro.
Posso quindi esclamare con Liedermann la mia for‐
tuna nell'aver conosciuto a Trieste persone tanto
colte, sensibili e dotate di spirito artistico.
Italia Ebraica
maggio 2012
pag. 7
la voce delle Comunità
MERANO
EBRAICA
Shalom aleichem, tra i monti del Tirolo
Divertimento e formazione
“Abbiamo colto al volo l'opportunità del Centenario del Tempio per preparare una rappresentazione un po’ diversa dal solito e aggiungere al valore didattico della recita annuale un percorso mirato alla scoperta di alcuni personaggi della Trieste ebraica dei primi del Novecento”. Così Tami Misan, direttice
della scuola ebraica Morpurgo, sulla rappresentazione portata in scena dai 'suoi' ragazzi
al Teatro Franco e Franca Basaglia. “È stata
un'esperienza entusiasmante – dice Tami –
grazie alla quale i nostri giovani, oltre a divertirsi, hanno avuto modo di apprendere
tanti nomi che hanno fatto la storia di questa
città e vedere con occhi diversi Trieste, i suoi
palazzi e forse persino la sinagoga”. Un plauso
Il calendario è molto denso, ricco
di eventi, stimoli e occasioni di confronto. Dall'inaugurazione di mostre alla proiezione di documentari,
da incontri con gli autori all'apertura di alcune tavole rotonde. “Un
modo nuovo per approfondire
scientificamente la presenza degli
ebrei in Alto Adige e il loro ruolo
nella società”, spiega Federico Steinhaus (nella foto) nel presentare
Shalom aleichem. Storie di vita
ebraica in Tirolo, serie di appuntamenti promossi dalla Provincia di Bolzano col patrocinio della Comunità
ebraica di Merano (che
per l'occasione ha messo
a disposizione la propria
documentazione storica),
che prenderà presto il via
con l'ambizione di essere
un punto di riferimento per tutti
quei cittadini altoatesini interessati
a conoscere il mondo ebraico. L'avventura di Shalom aleichem parte
il 4 maggio con l'inaugurazione della mostra Simone e Sarah a Castel
Runkestein per proseguire con
l'apertura, il 5 luglio, di due rasse-
gne nel suggestivo scenario di Castel Tirolo: Zachor-Ebrei nel Tirolo meridionale tra Otto e Novecento e Hai mai visto le mie Alpi?
Una storia d'amore ebraica. La stessa sede ospiterà poi due soiree musicali: Very Klezmer (19 luglio) e
Songs from Jerusalem (2 agosto).
La fine delle vacanze estive coinciderà invece, il 19 settembre, con la
proiezione del documentario Al-
bergatori kasher tra le Alpi
da Merano a St.Moritz. Shachrit,
Mincha, Maariv - the Story of the
Edelweiss mentre in duplice appuntamento (1 e 2 ottobre) avrà
sede presso il Museo ebraico
meranese un corso di formazione
per insegnanti seguito, in date ancora da definire, da alcune letture
presso la biblioteca civica (ospite
d'onore Ahron Appelfeld) e le scuole cittadine. Concluderà i lavori una
tavola rotonda, sempre a Castel Tirolo, dove a metà del mese verrà
presentata la pubblicazione di un
convegno tenutosi nello scorso novembre.
Quando comprare dagli Stutzel faceva tendenza
per la buona riuscita dell'operazione, prosegue Tami, “va agli insegnanti della scuola che
hanno lavorato alacremente da molti mesi
per la ricerca, la stesura e la preparazione
della recita, all’amico Livio Vasieri per averci
fornito il materiale relativo all’inaugurazione
del 1912 e alla nostra validissima ricercatrice
Paola Pini”. Entusiasta anche Nathan Israel,
assessore alla scuola della Comunità triestina.
“È stata – afferma – una recita davvero intensa e ben contestualizzata che ha permesso
agli spettatori di rivivere le atmosfere di quella Trieste che fu. Una Trieste popolata da uno
straordinario numero di letterati, intellettuali
e artisti di spessore. Una storia affascinante
in cui si sono ritrovati tutti, ebrei e non ebrei.
Personalmente mi sono emozionato quando
è stata rievocata la vicenda degli ebrei di Corfu, un'identità da cui discendo e che tanto ha
dato a questa Comunità. Quindi un plauso di
cuore a tutti quanti: agli attori, agli insegnanti, a chiunque si sia impegnato per raggiungere questo importante risultato”.
La mostra che aprirà i battenti il 5 luglio narrerà la quotidianità del nucleo ebraico tirolese fra Otto e Novecento
dalle prime presenze nelle città di Merano e Bolzano – ricordando l’impegno profuso
nello sviluppo turistico ed economico del territorio tirolese
e in particolare delle due località menzionate – fino all’arrivo in regione di un numero sempre crescente di turisti di cura di religione ebraica fra i quali sono da sottolineare le presenze assidue di
scienziati, intellettuali e scrittori. Se infatti per le altre minoranze religiose la formazione di una Comunità era dipesa
essenzialmente dal cospicuo
flusso turistico e dalle esigenze
di una permanenza prolungata in città, la genesi dell’insediamento ebraico aveva avuto
tempi, motivazioni e cause differenti. Spinti dalla necessità
di espansione imprenditoriale,
molti ebrei di Hohenems, nel
Vorarlberg, avevano chiesto e
ottenuto di potersi trasferire
nel Tirolo Meridionale. I primi
a stabilirsi a Merano nel 1832,
quando ancora la città non
aveva scoperto la propria vo-
cazione turistica, furono i fratelli Daniel, Jacob e Moritz Biedermann. Essi iniziarono la
loro attività lavorativa aprendo un negozio di coltelleria e
generi misti nell’edificio della
locanda
“Zur Rose”,
dove avevano sede
anche le
poste, l’attuale Palais
Esplanade.
Nel 1836,
fondarono il primo ufficio di
cambiavalute che, in capo a
pochi anni, si ampliò fino a divenire uno dei più rispettabili
e noti istituti bancari della
provincia con sede in “Sandplatz 7”.
A partire dalla seconda metà
dell’Ottocento numerosi medici e imprenditori ebrei vennero a stabilirsi a Merano, infoltendo il piccolo gruppo
preesistente e dando notevole
impulso allo sviluppo turistico
in fieri. Essi costruirono infatti
hotel e strutture d’accoglienza
per un turismo ebraico d’élite
proveniente da tutta Europa
e dalla Russia contribuendo
così ad ampliare sempre più
la nomea di centro climatico
che la città stava costruendosi.
Il 27 marzo del 1901 fu inaugurata la sinagoga di via
Schiller. Alla cerimonia presenziarono le autorità e un
folto pubblico.
Il cronista del
Meraner Zeitung, presente
l’aula. Anche il numero degli
imprenditori, dei commercianti, degli artigiani, dei fotografi, dei medici ebrei che si
trasferirono in città continuava ad aumentare. Nel 1899,
ad esempio, apriva i battenti
il negozio del fotografo Samuel David Wassermann. La
famiglia Stützel aprì in via
all’inaugurazione, ne diede
una lunga, dettagliata ed entusiastica descrizione. Fu lo
studio di architettura Musch
e Lun, il più importante in città, a costruire l’edificio sotto
la guida attenta dei membri
della Comunità ebraica che ne
indicarono le esigenze precipue, come ad esempio la necessita di un matroneo sopraelevato e affacciato sul-
delle Corse un negozio di confezioni da donna dove si vendevano abiti di gran moda.
Ben quattro negozi invece, tre
situati sotto i Portici e uno sulla Passeggiata d’Inverno, accontentavano una clientela
prettamente maschile: erano
i due negozi degli Haber, quello dei Kohn e quello degli
Adler. Per la biancheria intima
ci si poteva rivolgere ai Weil
in via Leonardo da Vinci. Vi
era poi il bazar di Ludvig Feldschareck, l’orologiaio Josef
Mandel in Corso Libertà e il
negozio di alimentari dei Götz
in via Mainardo, la bottega
del tappezziere Imlauf in via
delle Corse, per citarne solo
alcuni. Sulla scia degli imprenditori e dei turisti di cura anche scrittori, intellettuali e
scienziati ebrei fecero di Merano la meta della loro villeggiatura: fra loro Paul Heyse,
Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Stefan Zweig, Chaim
Weizmann. La mostra seguirà
anche i destini dei cittadini
ebrei attraverso la Prima
guerra mondiale, il periodo
fascista, le persecuzioni, la
Shoah. Non sarà dimenticato
il mesto rientro dei sopravvissuti – non meranesi – ai campi
di sterminio e convogliati in
città dagli uomini della Brich
prima di andare in Eretz Israel. In esposizione saranno visibili oggetti rituali, fotografie,
dipinti, documenti, legati fra
loro da testi esplicativi e introduttivi agli usi e ai costumi
del popolo ebraico. I curatori
della mostra sono Federico
Steinhaus e Rosanna Pruccoli.
UN GIORNALE APERTO
AL LIBERO CONFRONTO
DELLE IDEE
HATIKWA
Unione Giovani Ebrei d’Italia
direttore Rebecca Treves
HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 5 - 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale)
RISVEGLIARSI
A PRIMAVERA
Inizia maggio, finisce
aprile. Il mese appena
conclusosi è stato ricco,
complesso, intenso, triste, struggente, gioioso,
sacro. Abbiamo festeggiato Pesach, abbiamo
seguito il popolo ebraico nel deserto, abbiamo mangiato la matzà, abbiamo celebrato
il Seder con le nostre
famiglie, momento importante nella vita di
tutti, ma non possiamo
non ricordare che abbiamo da poco pianto
i morti di Tolosa.
Vorrei ricordarlo ancora una volta, vorrei riportare la commozione e la tristezza di tutti
gli iscritti all’UGEI.
Questi episodi ci invadono il cuore e noi, giovani ebrei italiani, vogliamo condannare
ogni tipo di violenza, di
pregiudizio, di odio, di
segregazione. Vogliamo condannare le paure e trovare invece, insieme, la forza.
Comincia la primavera
e con essa cercheremo
di risvegliarci, di stendere i vecchi rami, di
rispulire gli ingranaggi, di curare i boccioli
e far fiorire i nuovi progetti, dal nostro sito ai
nuovi eventi, dalle discussioni, alle iniziative
del Consiglio.
Rebecca Treves
Un calendario ricco di eventi
La domenica successiva invece cerchiamo di
conciliare vita mondana e cultura: compito ar‐
duo ma non impossibile. In occasione di Yom
Hatorah abbiamo in serbo per voi “RashiSU‐
SHI”. A Roma e Milano potrete partecipare a
interessantissime lezioni di Torah e assistere
a stimolanti confronti tra rabbanim senza do‐
ver per questo rinunciare alla vostra serata
sushi settimanale.
Infine, volendo essere un po’ banali potremmo
dire “last but not least”, non perdetevi dal 18
al 20 maggio un epico shabbaton a Parma. Sarà
un’ottima occasione, non solo per incontrare
nuovi amici e rinverdire vecchie conoscenze,
ma anche per trascorrere uno shabbat in un’at‐
mosfera speciale.
Se tutto questo dovesse non essere abbastanza
per voi…
GIUGNO is work in progress!
(Per qualsiasi info chiedete ai consiglieri, controllate sul gruppo UGEI su Facebook o leggete
la newsletter)
Sara Astrologo
Se non siete mai stanchi di festeggiare, di sca‐
tenarvi ai nostri eventi su e giù per l’Italia, se
avete sentito la nostra nostalgia in queste va‐
canze di Pesach…tranquilli la squadra del‐
l’UGEI non si ferma mai e sta lavorando per
voi!!! Nonostante qualche pioggia inaspettata
e qualche nuvola decisamente non gradita, la
primavera è arrivata e maggio sarà un mese
ricco di sorprese. Anzi, la prima arriva già a
fine aprile.
Mercoledì 25 aprile vi aspettiamo a Roma per
festeggiare insieme Yom Hatzmaut: i consiglieri
sono pronti ad accogliervi con birre e palloncini
nel nostro stand al Portico d’Ottavia. Venite a
trovarci e avrete l’opportunità di rivedervi in
qualche foto e di acquistare alcuni gadget.
Il 13 maggio invece l’Italia sarà unita per Lag
Ba Omer: in molti dei più bei capoluoghi italiani
ci apprestiamo a trascorrere con voi un’intensa
domenica. Ovunque voi siate, Milano, Padova,
Bologna, Torino,Roma, Napoli, vi sarà possibile
raggiungerci per mangiare e divertirci tutti in‐
sieme. La brace si sta già riscaldando!
Dare valore alle potenzialità del rinnovamento
Uno dei valori principali dell’Ebraismo, è il
rinnovarsi, il migliorare se stessi. Lo vedia‐
mo dalla prima mitzvà della Torah che viene
comandata dopo l’uscita dall’Egitto, il Rosh
Chodesh: Dio comanda al popolo ebraico
di fare attenzione al ciclo lunare perchè il
giorno della luna nuova sarà il primo giorno
del mese ebraico.
Nei testi siamo pieni di altri esempi di que‐
sto valore, abbiamo ben 4 capi dell’anno
diversi, e pure nella vita di coppia, o meglio
della donna, è presente il rinnovamento.
Anche al giorno d’oggi, nella lingua ebraica,
si usa spesso un verbo, “titchadesh”, quando
si vuole fare i complimenti per un nuovo
oggetto, o vestito, o taglio di capelli.
Questo perché capiamo quanto sia impor‐
tante non rimanere sempre uguali, ma stare
al passo coi tempi. Tutte fandonie quando
si accusa l’ebraismo di essere una tra‐
dizione bloccata ai tempi antichi, si
basti guardare tutte le halachot che
riguardano l’elettricità, i computer e
tutta la tecnologia moderna.
Si faccia però attenzione a non ca‐
dere in errore: il verbo usato è rin‐
novare, apportare miglioramenti a
una base ben solida, non cambiare
completamente.
È proprio con l’intento di arrichire
che il Consiglio in carica ha deciso
di indire un concorso per un nuovo
logo e cambiare veste grafica, ma
anche strutturale al sito ugei.it.
Siamo molto felici di vedere i risul‐
tati con più di 40 loghi arrivati da
tutta italia da grafici esperti e meno che
hanno dedicato del tempo per contribuire
Se accendete il vostro computer po‐
trete vedere anche il nuovo sito che
porta la solida base degli articoli del
vecchio, risttrutturata e perfezionata,
con una nuova sezione dedicata agli
articoli di Hatikwa in formato blog
per dare la possibilità a tutti gli ugeini
di commentare i nuovi contributi del‐
la redazione e perchè no, mandarne
anche di propri.
Ma i cambiamenti non finiscono qui.
Ne vedrete delle belle anche nei pros‐
simi mesi, quindi fatevi sotto e scrive‐
teci delle idee che avete o dei cambia‐
menti che vorreste vedere, perché
l’UGEI è sempre più 2.0, fatta dagli
ugeini stessi.
all’immagine dell’UGEI e che voglio qui rin‐
graziare.
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