Maggio 2012
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Maggio 2012
Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 5/2012 HATIKWA Unione Giovani Ebrei d’Italia MAGGIO CON L’UGEI VIVERE IL RINNOVO PAG. 8 Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 4 ‐ 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale) QUI PALMI - LE PENTOLE DEL RISVEGLIO TRIESTE EBRAICA Il Novecento sul palcoscenico di Miriam Camerini Sono qui da pochi giorni e ho già avuto occasione di andare al teatro Verdi, di vedere i più bei palazzi di Trieste, e ora di conoscere persone importanti come voi! Mi reputo assolutamente fortunato! Questa è l'opinione di Joseph Liedermann, studente viennese appena giunto a Trieste per scrivere la sua tesi di laurea proprio sulla città giuliana. L'esclama‐ zione di entusiasmo prorompe spontanea dalla sua bocca nel momento in cui, entrato casualmente nello splendido caffè Tommaseo, scorge ai tavolini nien‐ temeno che James Joyce, Italo Svevo ed Edoardo Weiss. Come dargli torto? Ma soprattutto: dove siamo finiti? Facciamo un passo indietro: è una radiosa mattina di inizio primavera a Trieste, mi sono svegliata prima del solito e sono salita al Parco di San Giovanni, dove, nel teatro dedicato a Franco e Franca Basaglia, sta per cominciare quella che mi è stata presentata come La Grande Mela saluta il chazan La musica sinagogale livornese: un patrimonio pre‐ zioso che ha attraversato i secoli e le generazioni. Personaggi, note, appunti che hanno fatto la storia in versi e pentagramma dell’Europa ebraica e che sono stati rievocati alla Shearith Israel, la più antica sinagoga d'America, dal chazan del Tempio di Livorno Daniele Bedarida (nella foto) e da suo figlio Raffaele, storico dell'arte. Lunghi applausi e commozione han‐ no salutato la performance, organizzata dal Centro Primo Levi di New York. BOLOGNA EBRAICA Jonah, i capelli e la barba del Rav di Avivit Hagby Arriva il compleanno di mio figlio Jonah e in occasione di questa lieta circostanza arriva anche il primo taglio di capelli, come insegna la Kabbalah. Cerco di spie‐ garlo a Jonah: “Figlio mio, fino ad oggi eri piccolo. An‐ che quando ti ho detto che eri grande, grandissimo, in realtà per la Torah eri an‐ cora piccolo. Adesso diven‐ ti grande grande come un albero maturo!”. All’albero dopo i tre anni possiamo tagliare la frutta. A te invece tagliamo i capelli. Andiamo dal Rabbi a farlo, e lui ti darà tante caramelle... a pag 4 Prima la Tevilat kelim (l’immersione rituale dei recipienti) in mare, poi la hag’alà (bollitura) degli stessi. La fotonotizia di questo mese ci porta a Palmi, nel cuore della Calabria, dove in molti hanno partecipato all’allestimento e alla celebrazione del Seder di Pesach. Analoghe iniziative si sono svolte a Barletta, Sannicandro, Brindisi, Palermo e Siracusa. Eventi che hanno riscosso notevole successo e che rappresentano un’ulteriore manifestazione del risveglio di interesse verso l’ebraismo che da alcuni anni interessa il Sud Italia. “Il lavoro prosegue con successo e un progetto più completo, anche con il supporto dell’UCEI e dell’Assemblea Rabbinica è in corso di realizzazione”, afferma soddisfatto rav Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli e del Meridione. TORINO EBRAICA Primo Levi e il rapporto con l’identità MERANO EBRAICA di Alice Fubini Vita e aneddoti dall’Alto Adige “Dai miei lettori e dalla critica, in Italia e all'estero, io vengo ormai considerato uno 'scrittore ebreo'. Ho accettato questa definizione di buon animo, ma non subito e non senza resistenze: in effetti, l'ho accettata nella sua interezza solo abbastanza avanti nella vita e nel mio itinerario di scrittore. Mi sono adattato alla condizione di ebreo solo come effetto delle leggi razziali, emanate in Italia nel 1938 quando avevo 19 anni, e dalla mia deportazione ad Auschwitz, av‐ venuta nel 1944. Mi sono adattato alla condizione di scrittore ancora più tardi, dopo i 45 anni, quando avevo già pubblicato due libri, e quando il mestiere di scrivere (che tuttavia non ho mai considerato un vero mestiere) ha cominciato a prevalere sul mio mestiere 'ufficiale' di chimico. Per entrambi gli scalini, si è trattato piuttosto di un intervento del destino che di una scelta deliberata e consapevole”. Queste le parole di Primo Levi tratte da Itinerario di uno segue a pag. 2 Il calendario è molto denso, ricco di eventi, stimoli e opportunità di confronto. Promossa dalla Provincia di Bolzano col patrocinio della Comunità ebraica di Merano, la rassegna cultu‐ rale Shalom aleichem. Sto‐ rie di vita ebraica in Tirolo prende il via sabato 4 maggio con l’ambizione di aprire più finestre di co‐ noscenza. “Un’occasione per approfondire scientificamente la presenza degli ebrei in Alto Adige e il loro ruolo nella società” spiega Federico Steinhaus, tra le anime dell’iniziativa. a pag. 6 una recita scolastica sui cent’nni dalla costruzione del Tempio di Trieste. La scuola ebraica I.S. Morpurgo ha deciso di coinvolgere gli alunni in un progetto di‐ dattico volto a far conoscere loro l'atmosfera della Trieste del primo Novecento e l'importante ruolo giocato dagli ebrei triestini nella vita della città. Han‐ no svolto un lungo lavoro e ora è giunto il momento di presentarne alla comunità il frutto. Le mie due anime confliggono: da un lato il mio mestiere di re‐ gista mi porta a desiderare di trovare in qualsiasi spettacolo una qualità purtroppo non sempre pos‐ sibile in una recita scolastica, dall'altro, come persona abituata a lavorare con bambini e ragazzi, mi inte‐ ressa moltissimo vederli alle prese con la scena. En‐ tro. Già dall'aspetto della sala si può intuire che ve‐ dremo qualcosa di buon livello: tre persone in regia audio, luci e proiezioni, programmi di sala contenenti l'intero copione corredato di note storiche distribuiti all'ingresso, dovizia di fari accuratamente puntati... Istintivamente mi preparo ad assistere a un vero spettacolo. Il primo personaggio a comparire sulla scena è ‐ di‐ cevamo ‐ lo studente Joseph Liedermann, un tenero e stralunato Angelo Mariani, quinta elementare. Immediatamente Liedermann viene risucchiato nel gorgo garbato della vorticosa vita triestina dei primi decenni del secolo scorso. Grazie a proiezioni video di grande effetto teatrale, nascono sotto i nostri occhi le redazioni di due giornali: Il Piccolo e Il Corriere Israelitico, alle prese con l'imminente inaugurazione del grande Tempio di Trieste, costruito nel 1912 per segue a pag. 6 Italia Ebraica pag. 2 maggio 2012 la voce delle Comunità TORINO EBRAICA Primo Levi e il rapporto con l’identità. Un convegno per fare chiarezza ----------------------I segue da pag. 1 I-------------------scrittore ebreo in cui emerge in modo lampante la sua difficoltà a definirsi con una sola 'etichetta': quella di ebreo o quella di scrittore o ancora quella di chimico. Sarebbe forse più corretto parlare di que‐ ste 'etichette' come di tre elementi che si sono in‐ trecciati in modi e quantità diverse nel corso della sua vita, ma mai l’uno senza l’altro. “In occasione del venticinquesimo anniversario della sua scomparsa, spiega Dario Disegni, consigliere del Centro Studi Primo Levi, «avvenuta l’11 aprile 1987 in seguito a una tragica caduta dalla tromba delle scale di casa sua, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi ha deciso di organizzare una serie di ini‐ ziative tese a riflettere sull’importanza di questa straordinaria figura e sulle diverse sfaccettature che ne hanno caratterizzato la personalità”. Sei incontri per ricordare e per pensare: questo il titolo dell’iniziativa, una sorta di viaggio teso a ri‐ percorrere la vita e gli interessi di Levi. Il primo in‐ contro, svoltosi il 26 marzo scorso, ha affrontato il tema di Auschwitz e della deportazione, presentando al Teatro Gobetti di Torino la nuova edizione di Se questo è un uomo a cura di Alberto Cavaglion. Il 3 e 4 aprile è stato poi messo in scena, presso le Fon‐ derie Limone di Moncalieri, lo spettacolo Il segno del chimico. Dialogo con Primo Levi, una pseudo in‐ tervista le cui risposte sono state attinte direttamente dalle sue stesse opere. Per indagare e approfondire il rapporto tra Levi e il mondo ebraico è stato quindi organizzato un con‐ vegno di studi che si svolgerà il prossimo 6 maggio presso la Comunità ebraica di Torino. A presiedere l’incontro Dario Disegni, chiamati a portare un con‐ tributo rav Eliahu Birnbaum, Stefano Levi della Torre, Amos Luzzato e David Meghnagi. L’intera opera di Levi risulta costellata di elementi tratti dalla cultura e tradizione ebraica, anche se è lui stesso a definirsi laico: “Io sono ebreo come ana‐ grafe, vale a dire che sono iscritto alla Comunità Israelitica di Torino, ma non sono praticante e nep‐ pure sono credente. Sono però consapevole di essere inserito in una tradizione e in una cultura. Io uso dire di sentirmi italiano per tre quarti o per quattro quinti, a seconda dei momenti, ma quella frazione che avanza, per me è piuttosto importante». Il contatto con la cultura ebraica si intensifica una volta tornato in Italia dopo la guerra: “Poiché i miei genitori sono ebrei – afferma Levi – mi sono costruito una cultura ebraica, ma molto tardi, dopo la guerra. Quando sono ritornato, mi sono trovato in possesso di una cultura supplementare e ho cercato di svi‐ lupparla»” Il richiamo alla tradizione ebraica emerge in modo più o meno esplicito: a volte è diretto, altre rimane celato. Anna Segre, in un articolo scritto per Ha Keil‐ lah, Da Ulisse a Lilit, si chiede come si debbano cer‐ care le influenze dell’identità ebraica in uno scrittore ebreo. Restringe il campo di ricerca a tre ambiti: l’ebraismo come condizione, come ambiente e come linguaggio. Nel caso di Primo Levi è possibile rin‐ tracciare riferimenti specifici alla cultura ebraica sotto forma di metafore e citazioni. A partire dalla prima pagina del suo primo libro, Se questo è un uomo, è presente un riferimento esplicito a due frasi dello Shemà, la prima pregheria che si impara e che si ripete ogni giorni alzandosi e coricandosi: costi‐ tuisce un ammonimento alle generazioni future af‐ finché l’orrore della Shoah non precipiti nell’oblio del tempo. In Argon, primo racconto della raccolta Il sistema periodico, Primo Levi approfondisce lo studio delle sue origini ebraico‐piemontesi e del dialetto parlato dai suoi familiari, che si contraddistingueva per l’iro‐ nia, l’amore per i giochi di parole e per i soprannomi, così da poter far capire al lettore il modo in cui par‐ lavano e pensavano gli ebrei dell’epoca. Il richiamo al mondo ebraico è costante e continuo in tutti i suoi scritti, dal racconto autobiografico, al saggio. Un altro tema caro all'au‐ tore, l’uomo e il lavoro, sarà ripreso l’11 maggio, in occasione del Salo‐ ne Internazionale del Libro, dove verrà presentato il volume Una te‐ lefonata con Primo Levi di Stefano Bartezzaghi. Gli ultimi due incontri si svolgeranno l’8 novembre, nel‐ l’aula magna della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali di Torino e il 20 novem‐ bre con una mattinata dedicata all’importan‐ za di raccontare, inse‐ gnare, imparare Au‐ schwitz, rivolta soprat‐ tutto ai giovani. La varietà dei temi che vengono affrontati met‐ te in risalto l’aspetto più significativo di Primo Levi: il suo essere polie‐ drico, che è ciò che gli ha permesso di instau‐ rare un rapporto origi‐ nalissimo tra la cultura ebraica, le discipline umanistiche e il sapere scientifico. Tutto questo ha contribuito a renderlo uno dei più stimabili in‐ tellettuali e testimoni del secolo scorso. Si riscoprono le strade del Ghetto Poche case addossate le une sulle altre, alcuni vicoletti e piazze come punto di ritrovo di una quotidianità difficile, due sinagoghe: una di rito italiano e l'altra di rito spagnolo. Dell'antico e centralissimo Ghetto in cui furono confinati gli ebrei di Torino per quasi due secoli, dal 1679 fino alla primavera del 1848, restano oggi poche tracce e per il visitatore inconsapevole è quindi impossibile contestualizzare quella lunga storia di ordinaria privazione senza un riferimento esplicito. Adesso quel riferimento esiste: una tar- ga informativa, posta all'angolo tra via Bogino e via Maria Vittoria, è stata infatti inaugurata al termine di una piccola ma significativa cerimonia. A scoprire la targa drappeggiata nel tricolore, scritta in inglese, francese e italiano, il consigliere comunale Piera Levi Montalcini, principale promotrice di questa iniziativa. All'inaugurazione erano presenti anche la collega di avventura politica Marta Levi, il presidente della Comunità ebraica torinese Beppe Segre e il rabbino capo rav Eliahu Birnbaum. PARMA EBRAICA Una primavera di grandi impegni. Aspettando l’Ugei Letteratura, teatro, identità, progetti per le scuole. C'è tanta carne al fuoco a Parma in questi mesi. La Comunità ebraica, attivissima su molti fronti, è infatti proiettata verso una seconda parte di primavera molto intensa che sollecita in particolare il Museo Fausto Levi e la sinagoga di Soragna, strutture in cui, dopo la performance teatrale di Miriam Camerini e Manuel Buda Un grembo due nazioni molte anime e un singolare ap‐ profondimento del professor Emilio Spedicato su alcuni passaggi biblici, si ospiterà a breve una conferenza sui ghetti italiani e la cultura ebraica tra Cinque e Seicento a cura di Stefano Patuzzi (20 maggio) e la cerimonia di premiazione del concorso Shevilim per le scuole (3 giugno) con gli interventi di Giuseppe Romanini, assessore della Provincia di Parma, Salvatore Iaconi Farina, sindaco di Soragna, e rav Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara (alla cerimonia seguirà un viaggio tra poesia e canzone che vedrà protagonista l'Associazione Culturale Equinozio). Sul finire del mese di aprile ha avuto inoltre inizio un ciclo in cinque lezioni tenuto dal rav Rodal, tema l'esegesi ebraica del Libro di Ruth, mentre dal 18 al 20 maggio è in programma uno Shabbaton organizzato in collaborazione con l'Unione Giovani Ebrei d'Italia. Un'occasione unica, sottolinea il pre‐ sidente Giorgio Yehuda Giavarini, per attrarre in Comunità molti ragazzi da tutta Italia e stimolare la partecipazione dei tanti studenti israeliani iscritti ai corsi dell'Università di Parma. maggio 2012 Italia Ebraica pag. 3 la voce delle Comunità CASALE Le Mitzvot dell'assistenza EBRAICA Moncalvo, il libretto in un sogno La Comunità ebraica di Casale Monferrato cura una collana di pubblicazioni di storia e cultura ebraica monferrina. Proponiamo ai lettori di Pagine Ebraiche la prefazione di Elio Carmi al volume “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti. Moncalvo gli ebrei, la Battaja” edito nel 2005 in tiratura limitata, con un disegno originale di Emanuele Luzzati, in occasione delle celebrazioni dei 300 anni dal conferimento delle patenti alla città di Moncalvo. di Marta Morello I tempi sono duri. Si alza la soglia della povertà, cresce la ne‐ cessità di sostegno per alcune categorie di persone. Il cosid‐ detto ceto medio perde rapidamente risorse, soprattutto eco‐ nomiche. C’è scarsità di lavoro. Chi non ce l’ha fatica a trovarlo e chi lo perde rischia di non potersi più ricollocare sul mer‐ cato. Accanto a queste difficili realtà si ritrovano situazioni di disagio psicologico di giovani e di anziani, famiglie in dif‐ ficoltà, malattie, ricoveri ospedalieri, anziani che in casa pro‐ pria o in casa di riposo hanno bisogno di assistenza continua; vi sono poi le necessità di aiuto a chi è colpito da un lutto. Gli ebrei italiani naturalmente non sfuggono a tutto ciò. Le Comunità ebraiche hanno una tradizione di Gemilut Chas‐ sadim consolidata e forte, ma ora l’autoreferenzialità non è più sufficiente. L’UCEI ha proposto una rete organizzativa unificata tra tutte le Comunità italiane che possa mettere in comune risorse per intervenire efficacemente in questo am‐ bito. Recentemente nei locali del Centro sociale si è svolto un incontro organizzato dal gruppo Anavim. Dopo un’ampia esposizione di rav Somekh, che ha descritto l’argomento alla luce del pensiero ebraico, è intervenuto Giorgio Mortara, consigliere dell’Unione addetto ai problemi dell’assistenza, che ha illustrato quanto il progetto dell’UCEI si propone di fare. Importante, sottolinea, è l’adesione e la condivisione di tutte le Comunità, e, soprattutto la formazione specifica di chi si occupa di questi temi. È poi intervenuta Olga Ceriani, assistente sociale itinerante per l’UCEI, che periodicamente si reca nelle Comunità piccole e medie per istruire, collaborare con gli addetti locali e sug‐ gerire strategie. Ha raccontato la lunga sua esperienza presso la Comunità di Milano, sottolineando quanto sia necessario che chi interviene possegga non solo capacità professionali ma sia in grado di operare con distacco emotivo mai però disgiunto da empatia e sensibilità verso chi è di fronte. Patrizia Sampietro, docente presso la scuola di infermieri dell’Università di Torino, ha fatto una rapida carrellata delle indicazioni norma‐ tive che, nell’ambito dell’assistenza ospeda‐ liera, vengono date agli operatori, sottoline‐ ando che occorre pensare al benessere del pa‐ ziente ricoverato non solo da un punto di vista medico ma tenendo conto nello stesso tempo anche delle sue esigenze spirituali e psicologiche. Come ospite esterno alla Comunità è intervenuto anche il dottor Caserta dell’ente ospedaliero Molinette, che ha de‐ scritto come molti ospedali piemontesi si siano organizzati formulando protocolli di comportamento per il personale medico e paramedico relativi alle esigenze spirituali e religiose dei ricoverati con il coinvolgimento dei ministri di culto delle diverse confessioni. È stato rilevato, anche negli interventi a fine incontro, quanta delicatezza sia necessaria nel trattare con chi ha bisogno di aiuto. Spesso i casi vengono portati a conoscenza delle strut‐ ture in modo indiretto; occorre saper manifestare rispetto, riservatezza e salvaguardia della dignità delle persone. Il presidente Beppe Segre, nell’evidenziare le strutture e le organizzazioni che tradizionalmente nella Comunità di Torino compiono con grande efficacia questa funzione – dalla Casa di Riposo all’Ufficio Rabbinico, alla scuola, alle diverse asso‐ ciazioni – ha anche rilevato come si sia ampliato l’arco e la tipologia degli interventi che vengono effettuati; è significativo, nei nostri nuovi difficili tempi che si affidino i curricola alla Comunità come canale alternativo per la ricerca di un’occu‐ pazione. Occorrono urgentemente forze nuove, volontarie, che si aggiungano a chi presta già la sua opera. Ho sognato che chiedevo a Lele il maestro di farmi un disegno per “ La Gran Battaja d’j abrei d’Mon‐ calv”. Lui mi ha chiesto che diavolo fosse la “battaglia degli ebrei di Moncalvo”. Mi ha detto che lui si sente un po’ di lì, perché sua non‐ na era di lì, e che non gliene aveva mai parlato e che comunque se ne aveva parlato lui non se lo ri‐ cordava, e che non poteva fare nulla se prima non ne sapeva un po’. Sempre là dentro il sogno ho quindi pensato di passargli una copia del testo. L’ho cercato in un libro nella biblioteca di mio padre, un libro che ricordavo trattasse della parlata giudaico‐piemontese, una sorta di yiddish locale, di lin‐ gua contaminata. Mentre aprivo il libro sentivo crescere un sospi‐ ro, un respiro, una neshimà. Sem‐ brava di ascoltare recitare le pa‐ role della “cantata” in dialetto, con una bellissima dizione, era strano e straniante, quasi un niggun in dialetto. Poi il libro l’ho chiuso e mentre cercavo la fotocopiatrice le parole mi continuavano a tornare e co‐ minciavano a tradursi, arrivavano all’italiano di oggi, ma avevo dei dubbi, sul senso, sulla mia inter‐ pretazione, sul significato che que‐ sta parlata giudaico‐monferrina poteva o voleva avere. Poi in una stanza, piena di luce, tra una finestra e un tavolo, era seduto Paolo di Asti. Era lì e mi indicava le parole giuste, ne tra‐ duceva il verso, quasi interpre‐ tandolo come fosse una pericope. Ero stupito dell’interesse che an‐ che lui aveva per quelle poche let‐ tere; e lo ero ancora di più pen‐ sandone una possibile lettura an‐ tiebraica, antigiudaica. Ed ero anche affascinato dall’idea che una città del Monferrato aves‐ se messo in piazza non solo una Sinagoga, fatto in se ur‐ banisticamente straordina‐ rio, ma anche una vicenda popolare, che coinvolgeva cittadini ebrei e non e che l’avesse fatto con tale so‐ stanza, con tale forza, da conservare una sua conoscenza ancor oggi. Poi, sempre in sogno mi son tro‐ vato con Piero e con altri che non conosco: Loro mi di‐ cevano che a Moncalvo, le battaglie sono state anche altre, più brutte, più pe‐ santi, più terribili e che non le volevano dimenti‐ care, non volevano che qualcuno potesse pensare di cancellare, di rimuove‐ re, di rivederne la verità. Poi il sogno è finito, con il sogno addosso ho telefo‐ nato a Lele gli ho detto che avevo pensato di fare un libretto sugli ebrei di Moncalvo anche in occasio‐ ne dei 300 anni della storia della Città di Moncalvo. Così gli ho chie‐ sto se mi faceva un disegnino, gno, un rotolo stretto e lungo, qua‐ si una meghillah, senza parole, con molto colore. Era la Battaja, era pronta, lì per il libro. Non restava altro da fare che fare il libro. Lì per lì l’abbiamo fatto. qualcosa per illustrare le pagi‐ ne, qualcosa di bello e buono, come lui sa fare. Poi, da un cassetto, ha preso un dise‐ Il poemetto “La Gran Battaja d’j abrei d’Moncalv”, scritto da Agostino della Sala Spada, descrive una rissa tra ebrei del ghetto di Moncalvo nella piazza principale del paese, davanti al negozio del parrucchiere, che è ancora oggi vicino alla Sinagoga. Alla rissa, per futili motivi, partecipano personaggi e famiglie evidentemente molto conosciuti a quel tempo: è probabile che il ghetto, dopo molti anni, ridesse ancora di questi eventi. Anche gli abitanti cattolici di Moncalvo parteciparono alla rissa, schierandosi con questa o quell'altra famiglia. Il piccolo poema è scritto nel rozzo dialetto di Moncalvo, con frequenti inclusioni di parole in giudaico piemontese. (c.d.b) Italia Ebraica pag. 4 maggio 2012 la voce delle Comunità FIRENZE EBRAICA Risorse e valori (al femminile) che non possiamo disperdere di Daniela Heimler Nel vasto panorama dei cosiddetti “enti ebraici”, a Firenze l’ADEI occupa un posto importante. Uno dei motivi è che storicamente dal dopo guerra in poi ha attirato nelle sue diverse sedi (prima via La Marmora e poi via Pascoli) un numero abbastanza elevato di donne che hanno ricamato, giocato a carte, parteci‐ pato a conferenze, fatto visite a mostre e musei, or‐ ganizzato piccoli viaggi, vendite e bazar, preparato cene con lo scopo di raccogliere offerte per le attività della WIZO in Israele soprattutto a favore di donne e bambini. SIENA Ciò ha reso l’ADEI a Firenze praticamente l’unico ente ebraico (al di fuori della Comunità) tuttora in piena attività. Due sono le novità che speriamo possano ri‐ lanciare al meglio l’associazione. La prima novità è di natura logistica: da alcuni mesi l’ADEI ha cambiato sede e si è trasferita in un locale della Comunità ebraica che era scarsamente utilizzato. La nuova sede ha le dimensioni adatte ed è stata ar‐ redata gradevolmente diventando un luogo assai pia‐ cevole da frequentare. Questo cambio di sede ha consentito un risparmio notevole (tutte le precedenti sedi erano in affitto) e pertanto gli scopi primari vengono in questo modo salvaguardati. L’altra novità riguarda il programma: alle consuete e tradizionali attività si è aggiunta la formazione di piccoli gruppi per seguire tematiche parti‐ colari e che speriamo possano coin‐ volgere un numero crescente di gio‐ vani donne. Per ora i gruppi proposti compren‐ dono un gruppo di letteratura con‐ temporanea, un gruppo di cucito (molto prosaicamente ci siamo rese conto che moltissime di noi non erano in grado di tenere un ago in mano, nonostante le ottime doti di ricamatrici delle nostre madri e nonne), un gruppo che studia tecniche di restauro, un gruppo di psi‐ cologia e un gruppo che si occupa di film israeliani. Per ora ne stiamo parlando ma con‐ tiamo di partire seriamente nel più breve tempo possibile. Quello a cui sia‐ mo soprattutto interessate è di non disperdere il patrimonio sociale e cul‐ turale che abbiamo trovato e che vo‐ gliamo tentare di adeguare ai tempi che cambiano. EBRAICA Il coraggio delle idee, l’impegno per la verità: a Pigi Battista il premio Italiani per Israele fenomeno del razzismo. La successiva testimonianza di Gadiel Gay Tachè, fratello del piccolo Stefano, è stata seguita con grande interesse e commozione. In particolare quando il giovane, miracolosamente scampato alla morte in occasione di quei tragici fatti, si è soffermato sull'attentato alla sinagoga di Roma che, un terribile 9 ottobre di 30 anni fa, si portò per sempre via la vita di Stefano. La cerimonia ha avuto luogo nella Sala Patrizi, con il patrocinio del Comune di Siena e di fronte ad un foltissimo pubblico, alla presenza tra gli altri del‐ l’assessore alla Cultura Lucia Cresti, del rappresentante dell’Ambasciata d’Israele in Italia Sara Gilad, del presidente della Federazione Nazio‐ nale Associazioni Italia‐Israele Carlo Benigni e di numerosi consiglieri comunali e giornalisti tra cui Emilio Giannelli, storico vignettista del quotidiano di via Solferino. L’Associazione Italia‐Israele di Siena onlus ha conferito a Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera, il Premio Italiani per Israele. Un riconoscimento, giunto alla sua seconda edizione, che viene attribuito a cittadini italiani illustri che si sono distinti per il loro impegno verso lo Stato d’Israele anche a costo di andare corag‐ giosamente controcorrente. “Il premio a Pierluigi Battista – si legge nella motivazione della giuria – ha voluto costituire un riconoscimento al suo impegno di lunga data verso valori culturali e civili contro l’in‐ tolleranza, e le prevaricazioni in favore degli ideali di rispetto dei diritti umani e della democrazia”. Nell'occasione il noto giornalista ha presentato il suo ultimo libro, Lettera ad un amico antisionista, ribadendo la sua convinzione che chi si proclama antisionista è in realtà antisemita ed esortando a non abbassare la guardia verso il BOLOGNA EBRAICA Frammenti di antica filantropia Presentato presso l’Aula Gambi del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche dell’Università di Bologna il volume “Le Confraternite ebraiche: Talmud Torà e Ghemilut Chasadim. Premesse storiche e attività agli inizi dell’età contemporanea”, testo a cura dell’Archivio Storico della Comunità ebraica di Roma. Numerosi gli spunti di interesse emersi dal dibattito tra gli oratori: il legame tra filantropia e Confraternite, che a volte costituivano anche “forme di sociabilità” (prof.ssa Giuliana Gemelli, Università di Bologna), l’importanza del materiale inedito, in particolare relativo alle Confraternite Talmud Torah e Ghemilut Chasadim, ritrovato durante il riordino dell’Archivio Storico (Silvia Haia Antonucci, ASCER), l’attività del Talmud Torah intesa come “resistenza contro la residenza coatta” (Gabriella Yael Franzone, Dipartimento Beni ed Attività Culturali della Comunità di Roma), la curiosa storia di alcuni documenti che sono stati salvati dalla furia nazista grazie al fatto di essere stati portati oltre oceano e l’importanza di saper leggere le fonti (prof. Mauro Perani, Università di Bologna) e le differenze tra le Confraternite nel mondo askenazita e in quello italiano, in particolare romano (prof. Valerio Marchetti, Università di Bologna). Il libro sulle Confraternite romane, hanno spiegato i diretti interessati, è il primo relativo a un progetto più ampio che vuole approfondire la storia di queste realtà sulla base della documentazione fino ad oggi reperita. Jonah e il primo taglio di capelli di Avivit Hagby Arriva il compleanno di mio figlio Jonah e in occasione di questa lieta circostanza arriva anche il primo taglio di capelli, come insegna la Kabbalah. Cerco di spie‐ garlo a Jonah: figlio mio, fino ad oggi eri piccolo. Anche quando ti ho detto che eri grande, grandissimo, in realtà per la Torah eri ancora piccolo. Adesso diventi grande grande come un albero maturo! All’albero dopo i tre anni possiamo tagliare la frutta. A te invece tagliamo i capelli. Andiamo dal Rabbi a farlo, e lui ti darà tante caramelle.. Aspettare fino ai tre anni per tagliare i capelli per la prima volta al bambino è un'usanza cabalistica co‐ minciata relativamente di recente, all'incerca nel se‐ dicesimo secolo. "Perché l'uomo è come l'albero del campo" dice il Deuteronomio, e mio figlio è un uomo... un uomo molto giovane, ma un uomo! Un piccolo Es‐ sav peloso di adorabili ricci che diventa Yaacov – pieno di Torah... Una testa piccola che si nasconde coi capelli dall'esterno, e col taglio di questi esce dal 'solo io esisto nel mondo' ed entra a far parte attiva della vità comunitaria. Secondo la Torah non man‐ giamo la frutta dell'albero i primi tre anni della sua vita. Così accade anche col bambino: i primi tre anni sono dedicati alla cura fisica molto di più di quella spirituale/educativa, visto che non parla ancora. Al quarto anno di vita, sia l'albero che il bambino di‐ ventano 'fruibili'. Si iniziano a mangiare i frutti del‐ l'albero e si iniziano a insegnare la Torah e le Mitzvot. Arriva il compleanno di Jonah e così andiamo a fe‐ steggiare a Venezia: per Jonah è un evento più im‐ portante della festa di compleanno celebrata poco prima con gli amichetti. Arriviamo là e i ragazzi della sinagoga iniziano a illustrare a Jonah le lettere ebrai‐ che, giusto per essere i primi a fare la mitzvà di in‐ segnare la Torah al bambino. Arriva il Rabbi, prende un pezzo dei capelli e mentre taglia dice una bene‐ dizione: “che cresca Jonah fino a essere grande nella Torah, a fare tante buone azioni e a rendere i suoi genitori fieri”. Poi pian piano arrivano i ragazzi e ta‐ gliano ciascuno delle ciocche di capelli, formulando un augurio. Il taglio rituale dei capelli del bambino a tre anni non maggio 2012 Italia Ebraica pag. 5 la voce delle Comunità Da Siena a Parma: celebrato l’eroismo di quattro nuovi Giusti Continuano ad emergere storie di coraggio sui cittadini italiani che, a rischio della loro stessa vita e senza intenzione di trarre beneficio materiale dalla loro azione, si adoperarono per mettere in salvo degli ebrei durante le persecuzioni nazifasciste. Come quella che ha per protagonisti i coniugi Vasco e Ada Borgogni, che negli anni della Shoah diedero un contributo decisivo per porre al sicuro dagli aguzzini l'ebreo senese Mario Cabibbe e i suoi cari e che per questo sono stati recentemente onorati nelle sale del Comune della città del Palio con l'attribuzione della medaglia alla memoria dei Giusti tra le Nazioni dello Yad Vashem. Presenti alla cerimonia (cui si riferiscono le foto in pagina) il vice ambasciatore dello Stato di Israele in Italia Lironne Bar Sadeh, discendenti delle famiglie sie dei Giusti che dei salvati, il sindaco di Siena Franco Ceccuzzi e il presidente della Comunità ebraica di Firenze Guidobaldo Passigli. Massimo riconoscimento ebraico di Memoria anche per i coniugi parmigiani Attilio e Jole Cornini, oggi scomparsi, che per due mesi nascosero nella loro casa cinque componenti della famiglia Basevi, ebrei triestini di origine fiumana. A consegnare la medaglia ai figli dei Giusti, nella sede della Prefettura di Parma e alla presenza tra gli altri del prefetto Luigi Viana e del commissario straordinario Mario Ciclosi, il funzionario dell'ambasciata israeliana Sara Gilad. Con lei il presidente della Comunità ebraica Giorgio Yehuda Giavarini e il rav Luciano Caro. LIVORNO EBRAICA Sara, la madre del Risorgimento È stata la suggestiva Sala degli Specchi di Villa Mimbelli a fare da cornice alla presentazione del libro Storia di una famiglia del Risorgimento: Sarina, Giuseppe, Ernesto Nathan. Scritto da Annamaria Isastia, socia romana del Soroptimist, professore di Storia contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma, il volume racconta la vita di una famiglia ebraica nel periodo del Risorgimento. In particolare si sofferma su Sara Levi Nathan, donna dal carattere forte, madre di dodici figli, principale protagonista della narrazione e, accanto a Giuseppe Mazzini, figura de‐ cisiva nella vita politica dell’Ottocento grazie a decisioni che si riveleranno fondamentali per il processo di unifi‐ cazione dell’Italia e successivamente alla sua organizza‐ zione politica. Sara visse la sua infanzia a Pesaro e Modena e poi tra Livorno, Londra, Pisa e Svizzera. La casa era co‐ stantemente frequentata dai protagonisti del Risorgimento, anche nei periodi di esilio. L’opera è stata presentata con un’analisi acuta dal professor Fabio Bertini, docente di Storia contemporanea dell’Uni‐ versità di Firenze, presidente del Comitato livornese per la promozione dei valori risorgimentali e autore di nume‐ rosi libri e pubblicazioni sul tema. Organizzato da due associazioni femminili – Soroptimist e Adei‐Wizo (Associazione Donne Ebree Italiane)– l'evento ha avuto un’altissima partecipazione di pubblico che, molto interessato, ha contribuito al successo dell’incontro con domande e spunti per ulteriori iniziative sull'argomento legate in particolare alla partecipazione delle donne alla costruzione di un'identità nazionale condivisa. Maria Calabrese De Feo, presidente del Soroptimist, ha aperto la serata con una introduzione sul ruolo centrale svolto della protagonista che, nonostante la bellezza di 12 figli, tutti cresciuti personalmente, è riuscita ad organizzare, coordinare e seguire, anche dal punto amministrativo, su richiesta dello Giuseppe Mazzini, la causa che ha portato all’Unità d’Italia. La presidente Adei‐Wizo di Livorno Silvia Ottolenghi Bedarida ha quindi reso omaggio nuovamente a questa straordinaria donna che fu capace di trasmettere ai propri figli gli ideali del Risorgimento, l’emancipazione femminile, la forte identità di donna italiana ed ebrea. In altre parole, ha spiegato Ot‐ tolenghi Bedarida, molti degli attuali ideali dell’Adei‐Wizo. Una trasferta al sapore di matzot di Gavriel Zarruk è una mitzvà e neppure Halakhah, cioè regola da se‐ guire. Il taglio dei capelli è un Minhag, una usanza. In quella domenica non abbiamo soltanto salutato capelli lunghi tre anni: abbiamo anche salutato, se‐ guendo l'usanza, il neonato che era con loro. Con l'ad‐ dio ai capelli abbiamo detto, speriamo, anche addio a notti insonni, addio a pannolini, addio allo svezza‐ mento, alla febbre, ai vaccini e a tanti tanti pianti... A Jonah è piaciuto molto il rituale, il taglio dei capelli, le caramelle e la coca cola a gogò, ma soprattutto ha apprezzato la barba del rabbino, tanto che da allora ogni bagnetto crea una barba di schiuma e urla: “Mamma dammi il Siddur, sono un rabbino, devo pre‐ gare...”. Mah! Tutto è iniziato con l’invito da parte di Giorgio Foa ai giovani della Comunità ebraica di Livorno per an‐ dare a produrre delle matzot a Ostia. L’entusiasmo e la voglia di partecipare a questa iniziativa non si è fatto attendere: in tempi veloci abbiamo deciso di partecipare sebbene la decisione di fare le maztot in un giorno feriale, il martedì, non fosse priva di pro‐ blematiche. Siamo così riusciti a for‐ mare un pic‐ colo gruppo per andare a compiere la mitzvà. Giunti, dopo alcune ore di treno, alla stazione di Roma Ostiense, abbiamo preso, insieme ad alcuni ragazzi della scuola ebraica, un pic‐ colo pulmino in direzione Ostia; durante il tragitto Rav Piperno ha fatto un piccolo dvar Torah riguardo le 4 categorie di figli di cui ci parla la Torah così come l’Haggadah di Pesach: il saggio, il malvagio, il semplice e colui che non è in grado di porre domande, con‐ centrandosi maggiormente sulla figura del figlio mal‐ vagio. Poco prima di giungere a destinazione Rav Pi‐ perno ci ha fatto osservare ciò che resta di Ostia an‐ tica, indicandoci anche le vestigia della più antica si‐ nagoga di cui pare siano stati trovati resti in Europa. Appena arrivati abbiamo preparato l’impasto con una farina specifica per maztot. L’impasto non deve essere lasciato lievitare, per ovvi motivi, più di 18 minuti. Una volta preparato il tutto abbiamo celer‐ mente steso e “bucherellato” l’impasto per poi met‐ terlo nel forno. Terminata l’operazione, abbiamo do‐ vuto pulire minuziosamente gli strumenti usati per poi riutilizzarli in seguito. Rav Piperno ha poi prov‐ veduto di persona ad esaminare gli esemplari pre‐ parati, scartando quelli che non erano ritenuti ido‐ nei. La giornata nel com‐ plesso si è rivelata di‐ vertente an‐ che per la presenza dei giovani delle scuole ebraiche romane e allo stesso tempo interessante poiché nessuno dei ragazzi di Livorno si era mai ci‐ mentato nella preparazione del pane azzimo. Al ter‐ mine del “duro” lavoro, poco prima di partire, ci è stato fatto dono di tre matzot da mangiare durante la prima sera del Seder. Dopo aver salutato tutti siamo rientrati a casa soddisfatti e divertiti per le belle ore trascorse. Tracciando un bilancio, posso senz’altro dire che si è stata un’esperienza positiva che difficilmente i par‐ tecipanti dimenticheranno. L'auspicio è che iniziative di questo tipo possano ripetersi con la stessa grinta e con lo stesso entusiasmo. Italia Ebraica pag. 6 maggio 2012 la voce delle Comunità TRIESTE A lezione di multiculturalità Trieste è da sempre la capitale della multicul‐ turalità, dell'incontro tra popoli, identità, reli‐ gioni. La parte del leone, in questo Lavoro di approfondimento e conoscenza, la svolge sen‐ z'altro il mondo della scuola. Ed è proprio tra le aule di una scuola pubblica, la Divisione Julia, che è in svolgimento ed avrà presto termine la prima parte di un innovativo progetto che guarda alla ricchezza di etnie e identità come a un valore da tutelare. L'iniziativa ha visto per molti mesi gli alunni della scuola, dai giova‐ nissimi della primaria fino agli adolescenti che si apprestano a lasciare le medie per il liceo, impegnati sul fronte dell'apprendi‐ mento delle principali realtà citta‐ dine attraverso più occasioni di dia‐ logo con i suoi protagonisti, lezioni, laboratori. Per la Comunità ebraica, il cui luogo di culto più noto – la si‐ nagoga di via San Francesco – dista singolarmente pochi metri in linea d'aria dall'istituto, hanno portato un contributo operatori in ambito pedagogico, insegnanti, artisti. Tanti i temi toccati, con particolare at‐ tenzione allo sviluppo di specifici progetti per ogni singolo segmento di scuola. L'ultimo ap‐ puntamento, per i più grandi, si avrà nella se‐ conda metà di maggio con l'incontro la soprav‐ vissuta Fulvia Levi. “Sono stati mesi molto intensi e impegnativi” conferma Elisabetta Kostoris (nella foto), in‐ segnante di seconda elementare e tra le anime di questa iniziativa. Il suo bilancio globale è positivo, anche se restano alcune note dolenti. Per quanto riguarda la parte di programma dedicata alla kehillah triestina, sottolinea infatti Kostoris, a fronte di uno sforzo significativo per far valorizzare i suoi volti, le sue vicende e le sue specificità, non sono mancati da parte di alcuni ragazzi semplificazioni più o meno acute. In vista di un probabile bis del progetto per il prossimo anno scolastico l'obiettivo, con‐ clude l'insegnante, deve essere quindi quello di vincere, giorno dopo giorno e con un lavoro costante nelle aule, “ogni forma di stereotipia”. EBRAICA In festa per i cent’anni della monumentale Sinagoga “Tra le cose più belle c’è la partecipa‐ zione, l'entusiasmo, la voglia di mettersi in gioco che molti stanno dimostrando in vista del grande appuntamento”. Gu‐ stato un primo e ben riuscito aperitivo con lo spettacolo portato in scena dai bambini della scuola, la Comunità trie‐ stina si prepara a festeggiare il secolo di vita della sua sinagoga con un secon‐ do momento di celebrazioni sul palco. L'appuntamento, come spiega l'artista Miriam Camerini, è per domenica 2 lu‐ glio quando con un suo testo, nel Beth Haknesset di via San Francesco, ver‐ ranno rievocati sotto forma di recita‐ zione alcuni tra i passaggi più signifi‐ cativi della storia del luogo di culto. Ful‐ cro della perfomance, ancora in fase di progettazione e arrangiamento, l'unio‐ ne tra materialità e immaterialità, tra i solidi muri di marmo del Tempio e le note dei canti triestini. “In questa Co‐ Sul palco celebrando personaggi mai dimenticati ----------------------I segue da pag. 1 I--------------------sostituire le quattro piccole sinagoghe precedenti e offrire alla Comunità un unico luogo di ritrovo e di culto per tutti, aschkenaziti e sefarditi. Scena dopo scena i giovani attori riportano in vita tutto il mondo ebraico e culturale dell'epoca, da Theodor Mayer, fondatore diciannovenne de Il Pic‐ colo, a Italo Svevo, allievo di Joyce assieme alla moglie Livia Veneziani, a Edoardo Weiss, padre della psica‐ nalisi italiana. I nostri personaggi si incontrano al teatro Verdi per un nuovo allestimento de Il Barbiere di Siviglia, mangiano gelato ai tavolini del Tommaseo e si riuniscono nei salotti per trascorrere piacevoli serate musicali. Vi è poi anche un momento più popolare quando “le corfiote” si trovano al mercato il venerdì mattina a comprare il pesce per la cena di Shabbat. Il pas‐ saggio dall'italiano al triestino e alla inflessione dei VENEZIA corfioti è padroneggiato dai bambini con la maestria di grandi professionisti della scena. I costumi sono belli, credibili e divertenti: gli attori li indossano con sorprendente disinvoltura e sanno giovarsene nella caratterizzazione dei personaggi. Finalmente arriva il gran giorno dell'inaugurazione del Tempio. Le signore sono tutte vestite di bianco e l'organo è pronto a suonare. La cerimonia vera e propria non viene però rappre‐ sentata: ci fermiamo davanti all'edificio; una raffinata scelta drammaturgica e registica che sottolinea come l'argomento centrale dello spettacolo sia il contesto culturale attorno alla nascita del Tempio, ancor più che il fatto in sé. Si passa direttamente al giorno dopo, con una scena a mio parere fra le più toccanti, oltre che ricca di inventiva e di una trovata geniale: i bambini di prima elementare sono i figli di coloro che sono stati al‐ EBRAICA Premio Letterario Adei Wizo, a novembre in Laguna Da Livorno a Venezia: c’è ancora il mare nel destino del concorso letterario Adelina Della Pergola, tradizionale occasione di incontro e divulgazione a cura dell’Associazione Donne Ebree d’Italia, che sbarca quest’anno in Laguna con un tris di libri che, pur molto diversi tra loro, hanno nello sguardo all’orizzonte, nei destini spesso sospesi, fluidi e complessi dell’identità ebraica, un riferimento comune. La decisione è arrivata nelle scorse ore: a contendersi il riconoscimento, sottoposto adesso al voto della Giuria Popolare, saranno Racconti intorno alla felicità ebraica (Anatolij Krym, Spirali), Il bambino del giovedì (Alison munità – sottolinea Miriam – c'è una cosa che mette davvero d'accordo tutti, dal religioso al laico, dello shomer shab‐ bat al kippur yid. Si tratta dell'impor‐ tanza di tutelare il proprio patrimonio musicale, un bene prezioso da traman‐ dare di generazione in generazione e sul quale si basa per l'appunto questa narrazione. Per il momento però di più non posso dire, ci risentiamo a breve per gli aggiornamenti...”. Pick, Frassinelli) e Stazioni intermedie (Vladimir Vertlib, Giuntina). Scelte anche le opere in lizza per il Premio Ragazzi, che verrà assegnato dai giovani di alcuni licei italiani e dagli studenti delle scuole ebraiche di Roma e Milano: si tratta di Per mare e per terra (Mitchell Kaplan, Neri Pozza) e di Un caso di ordinario coraggio (Pascale Roza, Guanda). L’appuntamento, con la fase conclusiva del concorso e con la concomitante assemblea nazionale delle delegate adeine, è per il prossimo 12 novembre. Restano ancora da definire alcuni passaggi logistici e organizzativi ma il viaggio verso Venezia, verso la dodicesima edizione di questa rassegna che molti scritti di valore ha contribuito a diffondere nel corso degli anni, sembra già ben impostato. l'inaugurazione e si lamentano di non essere stati portati perché troppo piccoli e quindi di non averla vissuta direttamente, un po' come è accaduto a noi spettatori. I bambini sono tra l'altro tutti personaggi destinati a diventare figure importanti della vita culturale italiana ed ebraica: scrittori come Giorgio Voghera, Alma Morpurgo e Bobi Bazlen, scopritore in Italia di Musil, Kafka, Freud e Jung, oltre che futuri archi‐ tetti, artisti, musicisti, galleristi e uomini politici. Vi è anche, fra i bambini seduti al Giardino pubblico, il futuro pediatra Bruno Pincherle, famoso fra le altre cose per aver riorganizzato dopo la guerra i Ricreatori di asburgica invenzione, centri cittadini aperti a tutti i bambini che possono svolgervi nu‐ merose attività ludiche, artistiche e, appunto, ri‐ creative. Uno degli scorsi giorni, camminando per la città, mi è stato additato uno di questi splendidi luoghi, così come quando la sera dopo Shabbat ci siamo riuniti al Caffè Tommaseo, i miei chanichim adolescenti e io, per discutere del significato che possono avere per noi oggi i sacrifici descritti nella Parashà della settimana. Durante la passeggiata seguente uno dei ragazzi con i quali sono lieta e fiera di svolgere le mie attività educative per conto dell'Ugn mi ha mo‐ strato (tipica parola dei triestini, forse convinti che le cose belle vadano condivise) la “nuova” pescheria, quella appunto che stava per essere costruita nel 1912. L'impressione più forte che mi rimane, tornando fuori al sole di questo luogo oggi distaccato e incan‐ tato ma che un tempo fu un manicomio, è che gli ebrei triestini continuino in qualche modo a vivere proprio come i loro grandi predecessori: immersi nella cultura e nella storia della loro città. Proprio come il viennese protagonista della piéce, anche io ‐ forestiera ‐ mi rendo più profondamente conto della straordinarietà di questa situazione, trop‐ po quotidiana per chi la vive da dentro. Posso quindi esclamare con Liedermann la mia for‐ tuna nell'aver conosciuto a Trieste persone tanto colte, sensibili e dotate di spirito artistico. Italia Ebraica maggio 2012 pag. 7 la voce delle Comunità MERANO EBRAICA Shalom aleichem, tra i monti del Tirolo Divertimento e formazione “Abbiamo colto al volo l'opportunità del Centenario del Tempio per preparare una rappresentazione un po’ diversa dal solito e aggiungere al valore didattico della recita annuale un percorso mirato alla scoperta di alcuni personaggi della Trieste ebraica dei primi del Novecento”. Così Tami Misan, direttice della scuola ebraica Morpurgo, sulla rappresentazione portata in scena dai 'suoi' ragazzi al Teatro Franco e Franca Basaglia. “È stata un'esperienza entusiasmante – dice Tami – grazie alla quale i nostri giovani, oltre a divertirsi, hanno avuto modo di apprendere tanti nomi che hanno fatto la storia di questa città e vedere con occhi diversi Trieste, i suoi palazzi e forse persino la sinagoga”. Un plauso Il calendario è molto denso, ricco di eventi, stimoli e occasioni di confronto. Dall'inaugurazione di mostre alla proiezione di documentari, da incontri con gli autori all'apertura di alcune tavole rotonde. “Un modo nuovo per approfondire scientificamente la presenza degli ebrei in Alto Adige e il loro ruolo nella società”, spiega Federico Steinhaus (nella foto) nel presentare Shalom aleichem. Storie di vita ebraica in Tirolo, serie di appuntamenti promossi dalla Provincia di Bolzano col patrocinio della Comunità ebraica di Merano (che per l'occasione ha messo a disposizione la propria documentazione storica), che prenderà presto il via con l'ambizione di essere un punto di riferimento per tutti quei cittadini altoatesini interessati a conoscere il mondo ebraico. L'avventura di Shalom aleichem parte il 4 maggio con l'inaugurazione della mostra Simone e Sarah a Castel Runkestein per proseguire con l'apertura, il 5 luglio, di due rasse- gne nel suggestivo scenario di Castel Tirolo: Zachor-Ebrei nel Tirolo meridionale tra Otto e Novecento e Hai mai visto le mie Alpi? Una storia d'amore ebraica. La stessa sede ospiterà poi due soiree musicali: Very Klezmer (19 luglio) e Songs from Jerusalem (2 agosto). La fine delle vacanze estive coinciderà invece, il 19 settembre, con la proiezione del documentario Al- bergatori kasher tra le Alpi da Merano a St.Moritz. Shachrit, Mincha, Maariv - the Story of the Edelweiss mentre in duplice appuntamento (1 e 2 ottobre) avrà sede presso il Museo ebraico meranese un corso di formazione per insegnanti seguito, in date ancora da definire, da alcune letture presso la biblioteca civica (ospite d'onore Ahron Appelfeld) e le scuole cittadine. Concluderà i lavori una tavola rotonda, sempre a Castel Tirolo, dove a metà del mese verrà presentata la pubblicazione di un convegno tenutosi nello scorso novembre. Quando comprare dagli Stutzel faceva tendenza per la buona riuscita dell'operazione, prosegue Tami, “va agli insegnanti della scuola che hanno lavorato alacremente da molti mesi per la ricerca, la stesura e la preparazione della recita, all’amico Livio Vasieri per averci fornito il materiale relativo all’inaugurazione del 1912 e alla nostra validissima ricercatrice Paola Pini”. Entusiasta anche Nathan Israel, assessore alla scuola della Comunità triestina. “È stata – afferma – una recita davvero intensa e ben contestualizzata che ha permesso agli spettatori di rivivere le atmosfere di quella Trieste che fu. Una Trieste popolata da uno straordinario numero di letterati, intellettuali e artisti di spessore. Una storia affascinante in cui si sono ritrovati tutti, ebrei e non ebrei. Personalmente mi sono emozionato quando è stata rievocata la vicenda degli ebrei di Corfu, un'identità da cui discendo e che tanto ha dato a questa Comunità. Quindi un plauso di cuore a tutti quanti: agli attori, agli insegnanti, a chiunque si sia impegnato per raggiungere questo importante risultato”. La mostra che aprirà i battenti il 5 luglio narrerà la quotidianità del nucleo ebraico tirolese fra Otto e Novecento dalle prime presenze nelle città di Merano e Bolzano – ricordando l’impegno profuso nello sviluppo turistico ed economico del territorio tirolese e in particolare delle due località menzionate – fino all’arrivo in regione di un numero sempre crescente di turisti di cura di religione ebraica fra i quali sono da sottolineare le presenze assidue di scienziati, intellettuali e scrittori. Se infatti per le altre minoranze religiose la formazione di una Comunità era dipesa essenzialmente dal cospicuo flusso turistico e dalle esigenze di una permanenza prolungata in città, la genesi dell’insediamento ebraico aveva avuto tempi, motivazioni e cause differenti. Spinti dalla necessità di espansione imprenditoriale, molti ebrei di Hohenems, nel Vorarlberg, avevano chiesto e ottenuto di potersi trasferire nel Tirolo Meridionale. I primi a stabilirsi a Merano nel 1832, quando ancora la città non aveva scoperto la propria vo- cazione turistica, furono i fratelli Daniel, Jacob e Moritz Biedermann. Essi iniziarono la loro attività lavorativa aprendo un negozio di coltelleria e generi misti nell’edificio della locanda “Zur Rose”, dove avevano sede anche le poste, l’attuale Palais Esplanade. Nel 1836, fondarono il primo ufficio di cambiavalute che, in capo a pochi anni, si ampliò fino a divenire uno dei più rispettabili e noti istituti bancari della provincia con sede in “Sandplatz 7”. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento numerosi medici e imprenditori ebrei vennero a stabilirsi a Merano, infoltendo il piccolo gruppo preesistente e dando notevole impulso allo sviluppo turistico in fieri. Essi costruirono infatti hotel e strutture d’accoglienza per un turismo ebraico d’élite proveniente da tutta Europa e dalla Russia contribuendo così ad ampliare sempre più la nomea di centro climatico che la città stava costruendosi. Il 27 marzo del 1901 fu inaugurata la sinagoga di via Schiller. Alla cerimonia presenziarono le autorità e un folto pubblico. Il cronista del Meraner Zeitung, presente l’aula. Anche il numero degli imprenditori, dei commercianti, degli artigiani, dei fotografi, dei medici ebrei che si trasferirono in città continuava ad aumentare. Nel 1899, ad esempio, apriva i battenti il negozio del fotografo Samuel David Wassermann. La famiglia Stützel aprì in via all’inaugurazione, ne diede una lunga, dettagliata ed entusiastica descrizione. Fu lo studio di architettura Musch e Lun, il più importante in città, a costruire l’edificio sotto la guida attenta dei membri della Comunità ebraica che ne indicarono le esigenze precipue, come ad esempio la necessita di un matroneo sopraelevato e affacciato sul- delle Corse un negozio di confezioni da donna dove si vendevano abiti di gran moda. Ben quattro negozi invece, tre situati sotto i Portici e uno sulla Passeggiata d’Inverno, accontentavano una clientela prettamente maschile: erano i due negozi degli Haber, quello dei Kohn e quello degli Adler. Per la biancheria intima ci si poteva rivolgere ai Weil in via Leonardo da Vinci. Vi era poi il bazar di Ludvig Feldschareck, l’orologiaio Josef Mandel in Corso Libertà e il negozio di alimentari dei Götz in via Mainardo, la bottega del tappezziere Imlauf in via delle Corse, per citarne solo alcuni. Sulla scia degli imprenditori e dei turisti di cura anche scrittori, intellettuali e scienziati ebrei fecero di Merano la meta della loro villeggiatura: fra loro Paul Heyse, Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Stefan Zweig, Chaim Weizmann. La mostra seguirà anche i destini dei cittadini ebrei attraverso la Prima guerra mondiale, il periodo fascista, le persecuzioni, la Shoah. Non sarà dimenticato il mesto rientro dei sopravvissuti – non meranesi – ai campi di sterminio e convogliati in città dagli uomini della Brich prima di andare in Eretz Israel. In esposizione saranno visibili oggetti rituali, fotografie, dipinti, documenti, legati fra loro da testi esplicativi e introduttivi agli usi e ai costumi del popolo ebraico. I curatori della mostra sono Federico Steinhaus e Rosanna Pruccoli. UN GIORNALE APERTO AL LIBERO CONFRONTO DELLE IDEE HATIKWA Unione Giovani Ebrei d’Italia direttore Rebecca Treves HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 5 - 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale) RISVEGLIARSI A PRIMAVERA Inizia maggio, finisce aprile. Il mese appena conclusosi è stato ricco, complesso, intenso, triste, struggente, gioioso, sacro. Abbiamo festeggiato Pesach, abbiamo seguito il popolo ebraico nel deserto, abbiamo mangiato la matzà, abbiamo celebrato il Seder con le nostre famiglie, momento importante nella vita di tutti, ma non possiamo non ricordare che abbiamo da poco pianto i morti di Tolosa. Vorrei ricordarlo ancora una volta, vorrei riportare la commozione e la tristezza di tutti gli iscritti all’UGEI. Questi episodi ci invadono il cuore e noi, giovani ebrei italiani, vogliamo condannare ogni tipo di violenza, di pregiudizio, di odio, di segregazione. Vogliamo condannare le paure e trovare invece, insieme, la forza. Comincia la primavera e con essa cercheremo di risvegliarci, di stendere i vecchi rami, di rispulire gli ingranaggi, di curare i boccioli e far fiorire i nuovi progetti, dal nostro sito ai nuovi eventi, dalle discussioni, alle iniziative del Consiglio. Rebecca Treves Un calendario ricco di eventi La domenica successiva invece cerchiamo di conciliare vita mondana e cultura: compito ar‐ duo ma non impossibile. In occasione di Yom Hatorah abbiamo in serbo per voi “RashiSU‐ SHI”. A Roma e Milano potrete partecipare a interessantissime lezioni di Torah e assistere a stimolanti confronti tra rabbanim senza do‐ ver per questo rinunciare alla vostra serata sushi settimanale. Infine, volendo essere un po’ banali potremmo dire “last but not least”, non perdetevi dal 18 al 20 maggio un epico shabbaton a Parma. Sarà un’ottima occasione, non solo per incontrare nuovi amici e rinverdire vecchie conoscenze, ma anche per trascorrere uno shabbat in un’at‐ mosfera speciale. Se tutto questo dovesse non essere abbastanza per voi… GIUGNO is work in progress! (Per qualsiasi info chiedete ai consiglieri, controllate sul gruppo UGEI su Facebook o leggete la newsletter) Sara Astrologo Se non siete mai stanchi di festeggiare, di sca‐ tenarvi ai nostri eventi su e giù per l’Italia, se avete sentito la nostra nostalgia in queste va‐ canze di Pesach…tranquilli la squadra del‐ l’UGEI non si ferma mai e sta lavorando per voi!!! Nonostante qualche pioggia inaspettata e qualche nuvola decisamente non gradita, la primavera è arrivata e maggio sarà un mese ricco di sorprese. Anzi, la prima arriva già a fine aprile. Mercoledì 25 aprile vi aspettiamo a Roma per festeggiare insieme Yom Hatzmaut: i consiglieri sono pronti ad accogliervi con birre e palloncini nel nostro stand al Portico d’Ottavia. Venite a trovarci e avrete l’opportunità di rivedervi in qualche foto e di acquistare alcuni gadget. Il 13 maggio invece l’Italia sarà unita per Lag Ba Omer: in molti dei più bei capoluoghi italiani ci apprestiamo a trascorrere con voi un’intensa domenica. Ovunque voi siate, Milano, Padova, Bologna, Torino,Roma, Napoli, vi sarà possibile raggiungerci per mangiare e divertirci tutti in‐ sieme. La brace si sta già riscaldando! Dare valore alle potenzialità del rinnovamento Uno dei valori principali dell’Ebraismo, è il rinnovarsi, il migliorare se stessi. Lo vedia‐ mo dalla prima mitzvà della Torah che viene comandata dopo l’uscita dall’Egitto, il Rosh Chodesh: Dio comanda al popolo ebraico di fare attenzione al ciclo lunare perchè il giorno della luna nuova sarà il primo giorno del mese ebraico. Nei testi siamo pieni di altri esempi di que‐ sto valore, abbiamo ben 4 capi dell’anno diversi, e pure nella vita di coppia, o meglio della donna, è presente il rinnovamento. Anche al giorno d’oggi, nella lingua ebraica, si usa spesso un verbo, “titchadesh”, quando si vuole fare i complimenti per un nuovo oggetto, o vestito, o taglio di capelli. Questo perché capiamo quanto sia impor‐ tante non rimanere sempre uguali, ma stare al passo coi tempi. Tutte fandonie quando si accusa l’ebraismo di essere una tra‐ dizione bloccata ai tempi antichi, si basti guardare tutte le halachot che riguardano l’elettricità, i computer e tutta la tecnologia moderna. Si faccia però attenzione a non ca‐ dere in errore: il verbo usato è rin‐ novare, apportare miglioramenti a una base ben solida, non cambiare completamente. È proprio con l’intento di arrichire che il Consiglio in carica ha deciso di indire un concorso per un nuovo logo e cambiare veste grafica, ma anche strutturale al sito ugei.it. Siamo molto felici di vedere i risul‐ tati con più di 40 loghi arrivati da tutta italia da grafici esperti e meno che hanno dedicato del tempo per contribuire Se accendete il vostro computer po‐ trete vedere anche il nuovo sito che porta la solida base degli articoli del vecchio, risttrutturata e perfezionata, con una nuova sezione dedicata agli articoli di Hatikwa in formato blog per dare la possibilità a tutti gli ugeini di commentare i nuovi contributi del‐ la redazione e perchè no, mandarne anche di propri. Ma i cambiamenti non finiscono qui. Ne vedrete delle belle anche nei pros‐ simi mesi, quindi fatevi sotto e scrive‐ teci delle idee che avete o dei cambia‐ menti che vorreste vedere, perché l’UGEI è sempre più 2.0, fatta dagli ugeini stessi. all’immagine dell’UGEI e che voglio qui rin‐ graziare. SEGUICI ANCHE SU WWW.UGEI.IT Gady Piazza