Gli amici degli amici? Stanno tutti nel web
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Gli amici degli amici? Stanno tutti nel web
GIOVEDÌ 9 SETTEMBRE 2004 27 DI STEFANO GULMANELLI d aprire la strada sono stati "chat" e "forum"; poi sono arrivati i w"eblog", spesso definiti un po’ impropriamente i "diari online". Ora è la volta dei "social network", le "reti relazionali" create da persone che si connettono fra loro per interessi comuni o motivi professionali e alle quali si è ammessi in genere su invito personale di uno dei membri che già ne fanno parte. L’idea di fondo è la stessa alla base degli altri strumenti di "social software" – come vengono chiamate le applicazioni informatiche pensate per amplificare e sfruttare appieno la capacità propria della Rete di creare relazione ed interazione fra persone lontane e sconosciute fra loro. La novità in questo caso è che il principio ispiratore è la famosa teoria dei sei gradi di separazione, secondo cui con cinque passaggi è possibile mettersi in contatto con qualsiasi persona al mondo (vedi box). Una catena relazionale quindi, i cui anelli però si intrecciano sulla base delle cosiddette "trusted relationship", ovvero relazioni fidate: chiunque all’interno del network ha la personale e garantita fiducia di almeno un altro membro, quello che lo ha invitato nella cerchia e che, per certi aspetti, garantisce per lui verso il resto della comunità. È, semplificando un po’, la versione informatizzata – quindi ben più efficiente nell’uso del contatto – del modello relazionale tipicamente "mediterraneo", quello per intenderci secondo il quale "gli amici degli amici sono anche i miei amici". Nulla di nuovo dal punto di vista concettuale quindi, si dirà; e con ragione. Ma resta il fatto che un social network fra i più noti, "Linked In", consente – è un caso concreto – di partire da sole 15 connessioni al primo grado di separazione (cioè 15 persone direttamente invitate o da cui si è ricevuto l’invito a partecipare al network) – ed avere accesso a 900 connessioni al secondo grado, 27mila al terzo e 217mila al quarto. In altre parole con soli tre passaggi A Gli amici degli amici? Stanno tutti nel web le tendenze della rete di là della battuta del guru della Rete Clay Shirky – «Se tutti quelli a sei gradi di separazione da noi fossero in grado di porsi alla nostra attenzione saremmo finiti!» – c’è chi fa notare che non è per nulla scontato che nella costruzione del network ciascuno dei partecipanti metta in gioco – invitandoli – tutti i suoi migliori contatti; né che questi, una volta invitati, accettino. Il che, se diviene comportamento generalizzato, mina alle fondamenta il meccanismo stesso del network. Ma, soprattutto – dice Alex Pentland, del Media Laboratory del MIT di Boston – «l’80% di ciò che è importante in un’interazione è fisico; se è così, cosa resta di ’buono’ in questi network?» Intanto però il trend dei social network sta conoscendo un vero e proprio boom. Attraendo persino l’attenzione e i finanziamenti del venture capital, che pure non ha dimenticato lo scotto pagato alla "dotcom economy" e tuttora diffida di tutto quanto sappia di "comunità virtuale". Forse è un segnale di rilevanza del fenomeno. O forse è la conferma che non sempre si impara dagli errori. È il boom del social network: ci si entra per invito e il numero di contatti a portata di tastiera cresce in modo impressionante intermedi un membro ha l’opportunità di contattare 217mila persone rilevanti per interesse, settore o professione. D’altronde, mentre nella dimensione reale si ha coscienza tutt’al più delle proprie conoscenze e di alcune delle conoscenze delle proprie conoscenze, in un network virtuale come "Linked In" – ed altri che operano con lo stesso meccanismo (vedi box) – si diviene consapevoli di tutte le possibili connessioni – dirette ed indirette – delle persone con cui si è, a propria volta, connessi. Poterle visualizzare può peraltro dare adito a intrecci imprevisti e impensati. È chiaro che non sono tutte rose e fiori: in un meccanismo dove, per definizione, è trasparente e visibile – e persino tracciabile – il numero degli anelli della propria catena relazionale, è possibile che i membri entrino in una sorta di competizione. Facendo a gara per avere un alto numero di contatti di primo livello, magari non andando troppo per il sottile sugli inviti emessi, impoverendo così il network proprio di quella fiducia e di quella reputazione che ne giustifica l’esistenza stessa. Un certo scetticismo riguarda anche l’effettiva capacità di creare contatti di qualità: al I SITI TANTI INDIRIZZI PER LE «FAMIGLIE» DEL CYBERSPAZIO Friendster (www.friendster.com) – Fondato da un "fallito" della new economy, Jonathan Abrams, il sito ha aperto i battenti a marzo del 2003 e in brevissimo tempo è diventato il modello delle applicazioni di social networking sul Web. Focalizzato sulle relazioni personali. Tribe (www.tribe.net) – Si definisce un posto "dove incontrare amici e gente che condivide le tue passioni". Come lascia intuire il nome, i suoi membri si auto-suddividono in tribù a seconda dei più svariati interessi; così per esempio ci sono la tribù della "teoria della cospirazione" (351 membri), quella della "fisica quantistica" (623 iscritti) e quella della "onestà estrema" (488 adepti). E così via per 2443 tribù. LinkedIn (www.linkedin.com) – Basato soprattutto sulla ricerca di opportunità professionali, conta oltre mezzo milione di iscritti di cui 13mila italiani. Gratuito, offre la possibilità di visualizzare anche graficamente le connessioni al proprio network professionale. Ecademy (www.theecademy.com) – Orientato alla "business people", è un connettore che suddivide i membri sulla base di macroregioni, fra cui l’India e l’Asia Pacifica. I soci dispongono di un weblog e di una sezione "Eventi", in cui vengono segnalati tutti gli incontri e i meeting organizzati fra i vari membri nel mondo reale. Orkut (www.orkut.com) – Altro social network ad ampio spettro; anche in questo caso c’è la possibilità di inserire, oltre alla propria biografia, immagini e altre informazioni che aiutino a completare la propria identità. (S.Gulm.) Bastano sei passi per girare il mondo Il principio dei sei gradi di separazione – per il quale, grazie a persone legate fra loro da conoscenza reciproca, è possibile contattare chiunque al mondo con non più di cinque passaggi ’intermedi’ – viene fatto risalire nella sua originaria formulazione al sociologo americano Stanley Milgram. A onor del vero la teoria fu proposta per la prima volta nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy che la presentò in una storia intitolata "Catene." In effetti Milgram fu colui che per primo ne provò la consistenza con il famoso "esperimento del piccolo mondo" del 1967, durante il quale chiese a sessanta volontari di Wichita, Kansas, di far giungere una missiva a un certo destinatario – a loro sconosciuto – di Cambridge, Massachusetts. I volontari potevano passare il plico soltanto a mano a propri conoscenti che essi reputavano potessero – direttamente o tramite "amici di amici" – farlo giungere a destinazione. Il numero medio dei passaggi che riguardarono le lettere andate a buon fine fu sei. Una conferma "digitale" delle conclusioni di Milgram si è avuta in un test condotto nel 2001 da ricercatori della Columbia University, che chiesero ad utenti della Rete di andare alla ricerca di diciotto persone – a loro sconosciute – di tredici diverse nazioni utilizzando solo le loro connessioni online. Fra questi "ricercati" c’erano un consulente tecnologico indiano, un poliziotto australiano, un ispettore estone e un veterinario norvegese. In media ci sono voluti dai cinque ai sette passaggi per arrivare alla meta. a cultura in cui viviamo ha radici molteplici, è il frutto di intrecci e mescolanze. Siamo tutti meticci, anche quando crediamo di avere alle spalle una tradizione lineare e omogenea. Che sia ieri o nella notte dei tempi, questa tradizione ha assorbito influssi diversi, li ha assimilati, rielaborati, ritrasmessi. Chiunque si interroghi sul proprio passato si trova a dipanare un groviglio di fili. È questa la nostra ricchezza. Pensieri che mi tornano alla mente in occasione della L giornata europea della cultura ebraica, celebratasi il 5 settembre. Un’iniziativa recente, che si propone di far conoscere ai non ebrei i tratti fondamentali di una cultura, quella ebraica, vivace e vitale e troppo spesso sconosciuta anche a chi degli ebrei conosce invece persecuzioni e lutti. Riflettere sui tratti distintivi di una cultura vuol però dire FOTOGRAFIE A FIRENZE ◆ Dieci artisti, differenti per formazione e per età ma tutti legati alla città di Firenze e alla Toscana, hanno prodotto le opere presentate da oggi al 17 ottobre nelle Sale del Fiorino e della Musica di Palazzo Pitti a Firenze, nella mostra «Col segno di poi. Fotografie in Toscana 1980/2004». SOCIETÀ E CULTURA Il colpo di fulmine vale anche per l’amicizia A Venezia ponti e frontiere luoghi di incontro Si tiene oggi all’Ateneo Veneto, nella città lagunare, una Giornata interdisciplinare di studi dal titolo «Ponti e frontiere», organizzata dalla Biblioteca Marciana e dallo stesso Ateneo Veneto. Si evidenziano i legami storici tra Venezia e i Balcani e l’attuale dimensione di «ponte» tra le culture che Venezia ancora conserva. Si parla dei luoghi di incontro tra le culture mediterranee. Secondo Filippo Secchieri, dell’Università di Ferrara, «Tra i luoghi che costituiscono la geografia elementare dell’essere nel mondo, il ponte e la frontiera rivestono il ruolo di scambiatori di esperienza, poli primari del confronto dialogico e dell’integrazione». La Giornata si propone di indagare le plurime valenze artistiche e sociali di tali luoghi, nella prospettiva della promozione del dialogo. S. Gulm. di Anna Foa LE MADRI DI ANNE GEDDES ◆ «Miracle, prodigio di una nuova vita» è il nuovo volume di Anne Geddes in collaborazione con Celine Dion. Sono immagini e musica che descrivono il tenero legame che unisce la madre al figlio. L’opera è presentata oggi, alle ore 18,00 presso il Fnac, via Torino angolo via della Palla, Milano. Per informazioni, tel. 0297293322. L’amicizia, un buon rapporto di lavoro, un’alleanza stretta, oppure una semplice conoscenza superficiale: tra le persone tutto si decide in un colpo di fulmine, come nell’amore. L’ha dedotto il team di Artemio Ramirez della Ohio State University dai risultati di un esperimento di cui dà notizia il «Journal of Social and Personal Relationships». Nella ricerca gli esperti hanno coinvolto un gruppo di studenti del primo anno di college che non si conoscevano tra loro. La profondità e il valore del rapporto che si è instaurato tra le giovani «cavie» si sono stabilite nei primi minuti dell’incontro, secondo criteri individuati che pertanto consentono di formulare previsioni, ha spiegato Ramirez. L’esperimento ha coinvolto oltre 160 ragazzi. I ricercatori hanno formato delle coppie casuali al primo giorno di college, composte solo da individui dello stesso sesso. Hanno chiesto loro di presentarsi reciprocamente in tre, sei e dieci minuti. Poi gli hanno fatto compilare dei questionari, i cui risultati sono stati raffrontati con l’evoluzione del rapporto dopo nove settimane. È stato constatato che il miglior valore predittivo del rapporto è dato dalla prima impressione. LA TEORIA Sfumature APPUNTAMENTI Dal divieto al compromesso sull’immagine sacra anche confrontarla con quelli di altre culture, metterne in rilievo differenze, somiglianze, intrecci: un’occasione per interrogarsi non solo sulla cultura ebraica, ma anche, nello stesso tempo, sui caratteri di quell’Europa cristiana in cui, nel bene o nel male, la diaspora ebraica ha vissuto. Tra i tratti più specifici della cultura ebraica è il suo rifiuto delle immagini, un rifiuto che assume un rilievo particolare se si pensa che esso si esplica e si mantiene nel contesto cristiano, che ha fatto fin dall’inizio della scelta delle immagini uno dei suoi tratti identitari più forti. "Non ti farai nessuna immagine" recita il Decalogo, e questo divieto si applica non solo all’immagine di Dio, ma a quella di tutte le cose create, sulla terra, nel mare e nel cielo. Un divieto che ha lasciato spazio ad eccezioni e che è stato, inoltre, ignorato in alcuni contesti storici, ammorbidito in altri. Questa proibizione ha, tuttavia, reso la cultura ebraica sostanzialmente aniconica, cioè priva di immagini. Lo stessa assenza di immagini, anche se su motivazioni diverse, è propria della cultura islamica. Delle tre reli- gioni monoteiste, il cristianesimo è rimasta la sola ad accettare l’immagine, perché è l’unica in cui il Dio si fa uomo e assume un volto umano nell’incarnazione. Ma il dubbio sull’immagine attraversa in profondità la cultura cristiana, prima con la lotta iconoclastica, che tra VIII e IX secolo dilania l’Impero bizantino, poi con la Riforma, promotrice di un rinnovato rifiuto delle immagini, a cui la Controriforma risponde con un’esaltazione della stessa immagine: il libro degli indotti, come scrive nel tardo Cinquecento il cardinal Paleotti, proponendo un’im- magine sacra che dalle pareti delle Chiese illustra dogmi ed etica agli illetterati. Nelle due scelte si esprimono caratteri originari dell’esperienza di sé e del mondo oltre che di Dio. L’ebraismo privilegia il tempo sullo spazio, il mutamento sulla forma statica, come sottolineava Bruno Zevi indagando il rapporto tra ebraismo e architettura. E l’arte è strettamente imparentata con lo spazio. Tra i cinque sensi che mettono in rapporto l’uomo con il mondo, il cristianesimo privilegia la vista, l’ebraismo l’udito, spiega Riccardo Di Segni. La tradizione ebraica è infatti tutta fondata sul prevalere della parola. L’immagine stessa è prima di tutto parola che diventa segno, scritto nero su bianco. L’udito, il suono: come non pensare alla sostituzione dell’arte figurativa con la musica sacra, attuata dalla Riforma nel suo ritorno all’antico Testamento? Sono diversità radicali, basilari. Eppure, anche queste diversità si sono incontrate. E se la tensione aniconica ha attraversato l’intera storia culturale cristiana, il mondo ebraico, ad un certo punto della sua storia, nel suo incontro con la moder- nità, si è aperto alle immagini e ha infranto la proibizione. Il mondo esterno, come una sirena, avrebbe così affascinato e piegato la tradizione aniconica, la vista sopraffatto l’udito? Più che di un’assimilazione dell’ebraismo nella cultura delle immagini, direi che possiamo parlare di incontro e compromesso tra i due mondi, di nuove esperienze e di nuove soluzioni. Nel Novecento, la rivoluzione dell’arte, con la morte dell’immagine, è anche il frutto di questo incontro, di questa contaminazione di culture e di modi diversi di guardare a Dio e al mondo.