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A001917, 1 FONDAZIONE INSIEME onlus. A001917 Da l’espresso del 13/8/2010, pag. 140 <<E LA COPPIA NON SCOPPIA>> di Daniela Condorelli, giornalista. Per la lettura completa del pezzo si rimanda al settimanale citato. La domanda è di quelle che spiazzano: cosa rende solida una relazione? Esiste una “scienza del matrimonio”? L’ultima a porsela, autorevolmente, è stata una giornalista e blogger del “New York Times”, Tara Parker-Pope, con il suo “For better: the science of a good marriage”. Ma la questione da sempre affascina: quale alchimia fa funzionare una coppia per decenni? Un gene, rispondono i biologisti più agguerriti. La fedeltà, vogliono gli irriducibili romantici. Il sesso, sono convinti tutti. Conferma un”indagine del Pew Reasearch Center di Washington, organizzazione indipendente di ricerche sull’opinione pubblica internazionale: per oltre il 90 per cento degli intervistati a far funzionare un matrimonio è la fedeltà, per il 70 una relazione sessuale felice, per più del 60 la condivisione delle incombenze domestiche. Ma cos’altro ancora? Jane Austen, in “Orgoglio e Pregiudizio”, scriveva che la felicità nel matrimonio è solo questione di fortuna, ma psicologi e neuroricercatori non sono d”accordo. Cercano spiegazioni a crisi e solidità di coppia indagando i fattori biologici che potrebbero influenzare la stabilità di una relazione, studiando le radici psicologiche del tradimento. “L’amore solido si costruisce”, è convinto Giorgio Piccinino, terapeuta. Nel suo ultimo saggio per Erickson lo chiama “Amore limpido” e sottolinea come, sfumato l’innamoramento, deve cominciare un lento e costruttivo lavoro di manutenzione. “Sposarsi è la parte facile della questione, ma come si fa a essere felici in amore? Come si trasformano i “copioni affettivi” appresi nell’infanzia in una relazione adulta?”. Jorges Luis Borges parlava di offrire all’altro “quella sponda della propria vita che noi stessi non possediamo”. Per Arthur Aron, del Dipartimento di Psicologia della Stony Brook University di New York, che studia da anni la complessità delle relazioni dal punto di vista biologico (scannerizzando le attività cerebrali dei partner) e psicorelazionale, “la coppia che funziona è quella che consente a ciascun partner di ampliare il sé”. In inglese rende meglio. Si chiama teoria della selfexpansion: è felice la relazione che mi consente di potenziare le mie peculiarità, di arricchire la mia identità e le mie competenze, di espandermi facendo mie caratteristiche, interessi e risorse dell’altro. È il partner a stimolarmi al miglioramento. A001917, 2 Se, come scrive Cristina Comencini nella pièce teatrale “Due partite”, le donne non vogliono più spolverare il pianoforte ma suonarlo, in una coppia felice l’altro è quello le lascia il piano, anzi: che l’incentiva ad aprirlo. “L’altro è la mia possibilità evolutiva”, sintetizza Piccinino: “La vita di coppia è questo, un viaggio di due persone incomplete e differenti, con mete precise: migliorarsi, evolvere, insieme e come individui”. Per Saint-Exupéry era il viaggio di due persone che non si guardano l’un l’altra, ma guardano nella stessa direzione. “La condizione è la disponibilità a cedere all’altro alcune delle proprie caratteristiche positive”, continua Piccinino. Con due alleati: il bene e il sesso. La capacità di tifare per l”altro, assecondandone crescita e progetti, e la passione erotica. “La rinuncia a far bene l’amore è una delle cause più evidenti di aggressività, insoddisfazione e perdita di identità: un disastro per la natura umana”. E quando, dopo tre anni (il tempo necessario e sufficiente, garantiscono i neuroscienziati, ad assicurare il perpetuarsi della specie), l’innamoramento si affievolisce, allora deve cominciare il lavoro, faticoso, di costruzione del rapporto. “Choose well and then work like hell”, chiosa Andrew Christensen, docente di psicologia all’University of California di Los Angeles: prima scegli bene, poi lavora come un dannato. Tra le istruzioni per l’uso di un buon rapporto, secondo il professor Aron, c’è il lanciarsi in novità condivise. Pochi lo mettono in pratica. “Invece il calo di soddisfazione che colpisce i rapporti potrebbe essere arginato facendo insieme nuove attività”, argomenta lo studioso. Uno sport da fare insieme, qualche cena in ristoranti speciali. La biologia lo conferma, le coppie che condividono nuove esperienze stimolanti sono più felici: le novità alimentano il sistema dopaminergico, emulando la chimica cerebrale delle prime fasi dell’innamoramento. Non c’è bisogno di scomodare le neuroscienze, in ogni caso, per accorgersi se la nostra relazione si sta assopendo. Basta porsi qualche domanda: il mio partner è fonte di nuove esperienze? Conoscerlo mi ha reso migliore? Mi allarga gli orizzonti? Quante volte, negli ultimi tempi, ho pensato che il mio matrimonio davvero funziona? Nel suo “For better: the science of a good marriage”, Tara Parker-Pope sostiene che le coppie che durano a lungo hanno almeno cinque interazioni positive (accarezzarsi, sorridersi, farsi un complimento) contro una negativa (essere scostante o beffardo, manifestare insofferenza). Perfino il modo in cui si litiga influisce sulla possibilità di durata della relazione: “La maniera in cui ci si tratta durante i primi tre minuti di discussione determina le conseguenze che avrà sul rapporto: una critica è assai peggio di una lamentela”. A001917, 3 Cristina Comencini, in “Due partite”, porta in scena due generazioni di donne che si raccontano ansie, timori, gelosie e rancori della vita di coppia. Cita Silvia Plath e la sua idea di relazione: “Prima che il letto, il coltello, l’ago di spilla e il balsamo ci inchiodassero in questa parentesi”. Il matrimonio è solitudine, e una delle protagoniste dice: “Dobbiamo abituarci fin da adesso a fare esercizi ogni mattina quando i bambini sono a scuola. Vocalizzi: sono sola, sono sola, sono sola”. Succede quando non ci si prende cura del rapporto. Quando si smette di essere partner per diventare genitori. Succede anche se non si è stati chiari all’inizio: come vedi il futuro? Dove vuoi vivere? Vuoi bambini o no? Premesse fondamentali per un progetto di coppia. Ma se, nonostante tutto, il progetto si incaglia? C’è bisogno d’aiuto. Non a caso per salvare le unioni in crisi si moltiplicano le iniziative, da quelle poco credibili di reality come “Can this marriage be saved?”, a quelle istituzionali: negli Stati Uniti l’Healthy Marriage Initiative del Department of Health and Human Service spende addirittura 150 milioni di dollari l’anno in programmi di “riduzione dei divorzi”. E del resto non è forse vero, come ricorda Giorgio Piccinino, che nei caratteri cinesi la parola “crisi” è formata da due ideogrammi, “pericolo” e “opportunità”? A001917, 4 QUELLI CHE CE L’HANNO FATTA. Riccardo Tozzi e Cristina Comencini. «La famiglia mi erotizza. È una battuta contenuta nel film che sta scrivendo mia moglie, e devo dire che un po' mi ci riconosco». Riccardo Tozzi racconta sorridendo e senza timidezze del suo rapporto con Cristina Comencini. Si sono conosciuti negli anni '70, in un'epoca dì sperimentazione e confusione sentimentale da cui sono usciti rimanendo sempre insieme, cambiando il passo ma mantenendo la rotta: erano amici, sono diventati amanti, poi marito e moglie. «Iniziare un rapporto da amici è un buon presupposto: abbiamo avuto un periodo di conoscenza su un terreno in cui ci si scopre di più, si sa veramente come si è, già ci si sceglie per gusti e affinità. Considero questo tipo d'inizio un buon apprendistato, sono convinto che quel periodo ha creato le basi solide del nostro rapporto. Quando ci siamo conosciuti eravamo giovani ma entrambi già sposati: come accadeva allora, matrimoni fatti senza pensarci. Poi le nostre coppie sono andate in crisi: quando ci siamo messi insieme lei aveva già due figli, io vivevo da solo. Abbiamo avuto la fortuna di aver vissuto la libertà sessuale al momento giusto, da giovani. Quando siamo andati a vivere insieme a nessuno è venuto in mente <<A cosa mai rinuncio?>> Riccardo Tozzi è produttore, fondatore della casa di produzione Cattleya. Cristina Comencini è scrittrice, regista, sceneggiatrice. Strade professionali parallele che a volte s'incontrano: <<Il primo lavoro fatto insieme è arrivato dopo 15 anni, quando le rispettive carriere erano già solide». Ma il lavoro è un ingrediente in più, non l’unico collante, la comune ossessione. «Oggi che cosa ci lega? migliore compagnia. Il fatto che insieme ci divertiamo parecchio, ognuno per l’altro è la Cristina è molto divertente, insieme non ci annoiamo mai, anzi con il tempo abbiamo conquistato una maggiore libertà, più ironia. Ma questa complicità non cancella la passione, anzi, io dico che l'amicizia può essere erotica. Non tornerei mai a casa solo per i figli, per tenere in piedi "la ditta", non tornerei a casa la sera se non avessi il desiderio di stare con mia moglie. Il matrimonio senza desiderio è una follia». °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Angela Missoni e Bruno Ragazzi. «lo e Bruno siamo una coppia di fatto, da 16 anni. Ancora non so come chiamarlo: "compagno" fa tanto Sessantotto, "partner" mi fa pensare al lavoro, "fidanzato" mi ricorda "l Promessi Sposi", tanto poi !o so, non ci sposeremo mai. Il segreto della nostra unione? Non so veramente: forse che viviamo insieme ma in case separate. E che, come dico io, quando lo vedo è già "lavato e stirato". Ma poi non so se sia davvero questo il segreto, so che è andata così e che quando ci guardiamo ci diciamo, "Siamo stati fortunati": a trovarci, a stare insieme. lo quando mi sono separata, dopo 11 anni, mi sono detta: merito l'amore, mi aspetto qualcos'altro. Mi attende qualcos'altro. E lui è venuto. Anche se Bruno l'ho conosciuto che ero ragazzina, lui lavorava con mio padre, si occupa di tessuti, quando ci siamo messi insieme avevamo ciascuno già tre figli da compagni diversi. A001917, 5 Ecco, sicuramente questo ci unisce: abbiamo in comune questo senso della famiglia, abbiamo lavorato per mantenere un progetto familiare, insieme ai nostri figli, e abbiamo cercato di avere buoni rapporti con i nostri ex, per questo credo che ci sia serenità. Ci sono momenti in cui siamo tutti insieme, tutto il gruppo, la grande famiglia e altri, che noi ci appartiamo, ci ritagliamo un nostro spazio. Abbiamo tante cose da fare assieme. Una crisi c'è stata otto anni fa, un mio momento di nervosismo, mi ero allontanata anche per vedere se poi lui mi correva dietro. Ma poi mi sono guardata intorno e mi sono detta: io a quest'uomo ci tengo. L'importante è farsi vedere, da chi ci sta accanto, come si è. Altri momenti di crisi ci sono quando siamo in barca e dobbiamo decidere dove gettare l'ancora. Liti terribili. Ma superabili». °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Pietro Valsecchi e Camilla Nesbit. «"Valsecchi siediti qui". Forse con Camilla è cominciata in quel momento lì, seduti vicini in aereo verso la Sardegna, andando a un festival. Anche se lei prima diceva che tra noi era una storia impossibile, che con me mai nella vita. Poi siamo scesi e mentre gli altri andavano in gruppo sul pullman, noi ci siamo allontanati da soli in macchina. Sapevo corteggiare». Pietro Valsecchi e Camilla Nesbit, insieme da vent'anni. Uniti anche come produttori, fondatori di Taodue con cui hanno realizzato molte fiction televisive di successo e film di prestigio. Il lavoro come motore della coppia, patto indissolubile, santa alleanza. La professione può unire così tanto? «Unisce avere un obiettivo comune, unisce il lavoro inteso come progetto di vita. Abbiamo costruito qualcosa, progettato una casa insieme, una casa dei sogni, dei contenuti, dei valori. Abbiamo fatto insieme una certa ricerca dentro il cinema, cercando di fare prodotti di qualità. La nostra è stata una vita sempre in trincea, piena di interessi». Non è andato a discapito della vita intima? Il lavoro non può diventare un alibi per coprire le lacune di un rapporto e per continuare a stare insieme più soci che amanti? «No. Abbiamo la nostra intimità, il nostro è un rapporto sempre vivo, abbiamo due figli e mai avuto crisi serie. Una volta sola mi ricordo, a Taormina, gettai le valigie di mia moglie in mare, sono un istintivo, un irruento, lei invece è pura ragione. Poi, quando la vidi che le stava recuperando insieme a un marinaio, ebbi una crisi di gelosia. Sarà che Camilla è una donna molto intelligente, mi sopporta molto. Un segreto per un'unione stabile è sopportare i difetti dell'altro». Rimpianti? «Non aver dedicato abbastanza tempo ai figli. Noi che facciamo un lavoro che dà emozioni agli altri, poi non dedichiamo tempo alle nostre. Ma rifarei tutto Il segreto di un rapporto è la solidarietà. E buttare sempre carbone nella locomotiva». °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°