I poteri ei compiti dell`agente di riscossione

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I poteri ei compiti dell`agente di riscossione
Il sistema della riscossione dei tributi
I poteri e i compiti dell’agente di riscossione
SOMMARIO: 1.Introduzione - 2. L’accesso nei pubblici uffici. - 3. L’attività
dell’agente di riscossione. - 4. L’espropriazione mobiliare.
1. Introduzione
In queste brevi note ci si sofferma sui poteri dell’agente della riscossione dei
tributi.
Questi, come prevede il d.lgs. n. 112/1999, art. 18, può accedere nei pubblici uffici,
al fine di esaminare ed estrarre copia di atti relativi ai beni dei debitori e dei
coobbligati, nonché accedere direttamente al sistema dell’anagrafe tributaria e ai
sistemi informativi di altri soggetti creditori (il decreto ministeriale del 16
novembre 2000, ha, poi, stabilito le modalità per l’accesso telematico ai dati in
possesso dell’Amministrazione finanziaria). Infine esercita un ruolo importante
nella riscossione coattiva dei tributi, fase conclusiva di tutte le attività dirette al
prelievo tributario.
2. L’accesso nei pubblici uffici
Il citato art. 18, in particolare, integra quanto già previsto dall’art. 17 della
legge n. 413/1991, secondo cui i concessionari potevano accedere a qualsiasi
ufficio o centro dell’Amministrazione finanziaria, alle conservatorie dei registri
mobiliari e immobiliari e alle camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, al fine di prendere visione degli atti riguardanti i debitori nei confronti
dei quali si procedeva.
L’art. 17 della legge n. 413/1991, si presentava molto restrittivo, tanto è vero che,
la facoltà d’accesso veniva esercitata, unicamente, per quei ruoli dichiarati
inesigibili dai precedenti esattori. Per di più, tale articolo consentiva solo un
accesso materiale del concessionario ai menzionati uffici pubblici.
Di converso, l’art. 18 del d.lgs. n. 112/1999, riconosce, all’agente della riscossione,
un accesso che può essere esercitato nello svolgimento della sua ordinaria attività e
consente anche l’accesso telematico e non solo quello materiale.
L’accesso al sistema dell’anagrafe tributaria1 rappresenta un importante strumento
per l’agente della riscossione e insieme anche una rilevante garanzia per l’ente
impositore, per cui ne va affermata, in ogni caso, l’obbligatorietà, a prescindere dal
fatto che il concessionario già disponga di informazioni sul debitore. La mancata
dimostrazione dell’accesso all’anagrafe tributaria è stata ritenuta una causa di
perdita del diritto al discarico, da parte del concessionario, in quanto segno di
un’inadeguata azione esecutiva.
Con il d.m. del 16 novembre 2000, è stato emanato un codice deontologico, che
impone ai concessionari il dovere di segretezza e riservatezza sugli elementi
conosciuti nell’ambito dell’attività da loro svolte2. A tutela della riservatezza delle
informazioni contenute nell’anagrafe tributaria, la procedura informatica che ne
1
CARRIROLO F., Tutto Accertamento, Gruppo 24 ore, 2011, 81.
BUSCEMA A. - LOCCHI P., Riscossione coattiva e tutela del contribuente, Maggioli
Editore 2010, 45.
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1
consente l’accesso, denominata A.R.CO., ausilio alla riscossione coattiva,
garantisce un accesso parziale.
A disposizione dei concessionari, sono state raccolte tutte le informazioni
riconducibili a tutti gli atti registrati come, i conferimenti per costituzione di
società, i conferimenti per aumenti di capitale sociale, l’assegnazione ai soci e
associati, le compravendite, le donazioni, le locazioni dal lato attivo. Inoltre per
sostenere il pignoramento mobiliare presso terzi, sono state rese disponibili
all’agente della riscossione, le informazioni relative ai rapporti di lavoro e di
partecipazione.
L’intento della riforma del 1999 è stato quello agevolare la riscossione coattiva,
poiché l’attività dei precedenti concessionari non aveva dato i frutti sperati. Le
ragioni del mancato successo erano da ricercare in un sistema di remunerazione
svincolato da criteri di efficienza e produttività, tanto che spettava, anche, nel caso
di versamenti spontanei, che i contribuenti eseguivano presso gli sportelli dei
concessionari, il tutto aveva spinto questi ultimi a prediligere quest’attività,
decisamente meno onerosa e più redditizia rispetto alla riscossione coattiva. La
soluzione si è trovata con d.l. n. 203/2005, che ha portato all’istituzione della
Riscossione s.p.a., che poi ha acquisito la denominazione di Equitalia s.p.a., una
società per azioni, alla quale partecipa per il 51% l’Agenzia delle Entrate e, per il
restante 49% l’INPS.
Con l’acquisizione, da parte di Equitalia s.p.a., di tutte le società concessionarie è
venuta meno quella separazione fra governo dell’accertamento e quello della
riscossione. L’art. 3 del d.l. n°203/2005, ha novellato, inoltre, l’art. 19 del d.lgs. n.
112/1999, riconoscendo all’agente della riscossione la possibilità di accedere,
gratuitamente, a tutti i dati rilevanti per l’attività di riscossione detenuti da qualsiasi
ufficio pubblico e senza che, per la trattazione degli stessi, fosse necessaria
l’informativa sulla privacy.
In particolare, l’art. 47 bis del d.p.r. n.602/1973, prevede la gratuità delle visure
catastali e ipotecarie, nonché la possibilità di poter richiedere l’attribuzione della
rendita catastale o la perizia del bene immobile. Al fine di rendere più incisiva
l’attività di riscossione, il comma 25 dell’art. 35 d.l. n. 223/2006 ha riconosciuto, a
Equitalia s.p.a., la possibilità di accedere all’Anagrafe dei dati bancari e finanziari3
istituita presso l’Anagrafe tributaria e di cui l’Agenzia delle Entrate dispone, ai
sensi dell’art. 7, comma 6, d.p.r. n. 605/1973.
Si tratta di dati trasmessi da istituti di credito, da poste italiane s.p.a., da imprese di
investimento, da intermediari finanziari, dagli organi di investimento collettivo di
risparmio, nello svolgimento di operazioni di carattere finanziario.
Nell’ambito delle norme sul discarico delle somme iscritte a ruolo per inesigibilità
del contribuente moroso, il d.l. n. 185/2008, ha previsto che, dal momento della
richiesta di discarico al momento in cui il discarico diventa effettivo, l’Agenzia
delle Entrate può comunicare, all’agente della riscossione, nuovi beni da sottoporre
ad esecuzione, nonché segnalare azioni cautelative ed esecutive a garanzia del
credito. A tal fine, l’Agenzia delle Entrate si avvale dei poteri previsti dall’art. 32
d.p.r. n. 600/1973 e dall’art 51, primo comma n°7, d.p.r. n. 633/1972.
3
CARRIROLO F., Tutto Accertamento, Gruppo 24 ore, 2011, 83.
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3. L’attività dell’agente di riscossione
I poteri di cui dispone l’agente della riscossione non si limitano alla
interrogazione informatica delle banche dati, come previsto dall’art. 35 del d.l. n.
223/2006, commi 25 e 26.
L’art. 35, così come integrato dal d.l. n. 262/2006,ne prevede altri di
notevole rilievo.
E’ previsto, infatti, che, in caso di morosità, nel pagamento di importi superiori ai
venticinquemila euro, gli agenti della riscossione, previa autorizzazione del
direttore generale e al fine di acquisire documentazione utile all’individuazione di
crediti vantati nei confronti di terzi, possono procedere all’esercizio di tutti quei
compiti previsti dall’art. 33 del d.p.r. n. 600/1973 e dall’art. 52 del d.p.r. n.
633/1972.
Quel sistema di unitarietà tra attività impositiva e attività di riscossione ha esteso a
Equitalia s.p.a., compiti che possono essere esercitati dall’Agenzia delle Entrate, ai
fini dell’accertamento dei tributi. Si tratta di attività di intelligence e di analisi
specificamente dirette ad acquisire, mediante l’esercizio di potestà ispettive
particolarmente incisive, elementi utili per la ricostruire del patrimonio effettivo del
contribuente, con lo scopo di tutelare un interesse pubblico, secondo criteri di
legalità, economicità, efficacia, efficienza e trasparenza, nel rispetto dei diritti e
delle garanzie riconosciute al contribuente sottoposto a controllo.
Tali poteri soggiacciono, non soltanto al limite oggettivo stabilito dalla
disposizione in argomento del 2006, soglia minima di morosità del debitore, ma
anche a quelli previsti dalle disposizioni sulle ispezioni.
In materia di accessi, infatti, allorquando essi vengano eseguiti in locali diversi da
banche e uffici pubblici, le citate norme pongono limiti soggettivi, nel senso che
destinatari del controllo potranno essere, esclusivamente, coloro che esercitano
attività commerciali, agricole e professionali; tuttavia, l’accesso ai suddetti locali
deve essere previamente autorizzato.
Sempre riguardo gli accessi, bisogna fare attente considerazioni.
L’accesso in locali adibiti all’esercizio di attività economiche presuppone un ordine
scritto rilasciato, dal capo dell’ufficio o dal comandante di reparto della Guardia di
Finanza, ai verificatori. L’ordine deve essere redatto e sottoscritto prima
dell’accesso e contenere l’ordine circostanziato dell’operazione di servizio da
svolgere, i funzionari incaricati all’attività di verifica, i soggetti nei confronti dei
quali si procede, i luoghi da sottoporre ad accesso, lo scopo dell’intervento e la
normativa legittimante l’esecuzione di tale attività. Al soggetto, nei confronti dei
quali si sta procedendo, verrà rilasciata una copia. È bene precisare, che non si
deve confondere la finalità dei poteri istruttori dalle motivazioni, che hanno portato
l’organo procedente a richiedere l’autorizzazione e, conseguentemente, il direttore
a concederla.
Qualora, ad esercitare i poteri in esame sia l’agente della riscossione è la stessa
norma ad indicare il fine dell’attività ispettiva.
Questa, infatti, è orientata ad acquisire tutta la documentazione utile per
individuare eventuali crediti vantati dai debitori morosi, nei confronti di soggetti
terzi. Sotto il profilo delle ragioni, le attività in esame saranno giustificate dal fatto
che, dalle ricerche effettuate, il contribuente non risulta proprietario di beni mobili
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e immobili o che questi ultimi sono insufficienti a soddisfare le pretese vantate.
Nel caso in cui i locali siano adibiti, anche, ad abitazione, è necessaria
l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica4. Cioè, ove sia contestualmente
individuata la sede di esercizio dell’attività commerciale, agricola o professionale e
l’abitazione, intesa come centro effettivo della vita domestica delle persone. In caso
di accesso nei suddetti locali, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica
non necessita, a differenza di quanto previsto per l’accesso in locali adibiti
esclusivamente ad abitazione, di alcun presupposto legittimante, essendo
sufficiente la necessità di eseguire ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e
ogni altra rilevazione, considerata utile.
La Cassazione, Sez. I, con sentenza 8 luglio 1995 n. 4071, ha affermato che al fine
di stabilire se un locale sia adibito ad abitazione, è necessario che lo stesso sia
effettivamente utilizzato per tale scopo non essendo sufficiente la mera
dichiarazione in tal senso del contribuente. La Cassazione Civile, Sez. I, con
sentenza del 27 ottobre 1998 n. 10664, ha disposto che se è possibile distinguere
nettamente tra locali adibiti esclusivamente ad abitazione e quelli adibiti
all’attività economica, anche se inseriti nel medesimo complesso immobiliare, per
accedere nella prima tipologia di ambienti è necessaria l’autorizzazione del
Procuratore della Repubblica che, in questo caso, può essere rilasciata solo in
presenza di gravi indizi di violazioni di norme tributarie. Il Procuratore della
Repubblica, nella fase antecedente al rilascio di tale atto, è tenuto, innanzitutto, a
prendere visione degli elementi, che l’organo richiedente porta a suffragio della
richiesta, nonché, verificare la sussistenza degli elementi che legittimano il rilascio
dell’autorizzazione in esame. La mancanza dell’autorizzazione porta l’illegittimità
della procedura, con conseguente inutilizzabilità degli elementi eventualmente
acquisiti, pena la nullità dei consequenziali atti amministrativi. In mancanza
dell’autorizzazione, infatti, viene meno la prevalenza dell’interesse fiscale sul
diritto del contribuente all’inviolabilità del domicilio.
Trasponendo i suddetti principi nel campo della riscossione, nel quale si trovano ad
operare, in forza del precetto contenuto nell’art. 35, comma 25 bis, del d.l. n.
223/2006, appare che l’illegittima acquisizione di elementi che portino a
dimostrare crediti vantati dal debitore moroso nei confronti di terzi, non potranno
essere utilizzati, pena la nullità dei consequenziali atti amministrativi5. Ai sensi
dell’art. 57 del d.p.r. 602/1973, la stessa tutela è prevista, anche, in caso di
pignoramento esperito con il procedimento speciale previsto dall’ 72 bis del d.p.r.
n. 602/1973.
La mancata manifestazione di un dissenso non equivale a consenso e non permette
di sanare l’illegittimità del procedimento. Viceversa, il consenso spontaneamente
prestato consente di sanare il vizio di forma, in difetto di autorizzazione, purché,
come ha stabilito la Cassazione Civile, sezione I, con sentenza del 2 febbraio n.
1036, si tratti di un valido consenso, il consenso prestato dopo l’illegittima
acquisizione, infatti, non è idoneo a sanare la nullità originaria.
Affinché, il contribuente abbia la possibilità di manifestare sia negativamente sia
4
COSCARELLI M. - MONFREDA N., Come comportarsi in caso di ispezioni tributarie,
Nuova Giuridica, 2010, 11.
5
Cassazione civile, sezione Tributaria, 02-04-2007, n.8181.
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positivamente la propria volontà, quale soggetto nei confronti del quale si sta
procedendo, in mancanza di autorizzazioni, deve essere informato del diritto di
opporsi alla procedura. Ai sensi della legge 8 agosto 1994, n. 489, la tenuta di
qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici è considerata regolare,
anche in mancanza della trascrizione su supporti cartacei.
In questo caso, gli impiegati sono tenuti ad individuare i supporti magnetici esterni
al computer, che contengono i dati memorizzati e ad elaborarli con apposite
apparecchiature, gli stessi, inoltre, possono richiedere la stampa di tutte le
operazioni avvenute nei sessanta giorni precedenti all’accesso. Il 25 bis, in merito
ai poteri istruttori di cui sopra, non contiene nessun riferimento alla qualifica dei
soggetti chiamati a eseguire, in concreto, accessi, ispezioni e verifiche. La
domanda sorge spontanea e cioè, se le attività in esame possano essere esercitate da
semplici dipendenti o se occorrano, invece, soggetti dotati di particolare qualifiche
soggettive, quali per esempio gli ufficiali della riscossione.
La dottrina si è pronunciata sulla vicenda sostenendo, che i poteri di accesso,
ispezione e verifiche possono essere esercitati, anche, da dipendenti che non
possiedono la qualifica di ufficiali della riscossione. Lo scopo ultimo delle attività
in esame, infatti, è principalmente quello di individuare soggetti che risultano
essere debitori del soggetto sottoposto ad esecuzione forzata.
Il soggetto, nei confronti del quale si procede, viene informato delle garanzie
previste dall’art. 12 della legge n. 212 del 2000, Statuto dei diritti del contribuente
e cioè, della possibilità di farsi assistere da un professionista, il diritto di essere
informato delle ragioni di tali atti, la possibilità di rivolgersi al Garante del
contribuente, qualora gli stessi verificatori procedano con modalità non conformi
alla legge. La permanenza dei verificatori non può superare i trenta giorni,
prorogabili di ulteriori trenta, in casi particolari. Le attività in esame devono essere
effettuate durante gli orari di svolgimento dell’attività lavorativa, in maniera tale da
arrecare la minor turbativa allo svolgimento della stessa, nonché alle sue relazioni
commerciali e professionali.
Tuttavia, è assai dubbia la possibilità di estendere al contribuente moroso quanto
previsto dal comma 7, art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente. La
disposizione in esame andrebbe ad assicurargli la concessione di un termine di
sessanta giorni, per formulare le proprie osservazioni, in merito al processo verbale
di verifica, con conseguente pregiudizio per l’attività esecutiva. In tale periodo di
tempo, l’esecutato conserverebbe la piena disponibilità dei beni, nel caso in esame
dei propri crediti, con conseguente danno per l’agente della riscossione che, in
assenza di vincolo di pignoramento, risulterebbe non tutelato da eventuali azioni
poste in essere dall’esecutato e lesive delle sue pretese.
Ritenere che l’atto di pignoramento, alla stregua dell’avviso di accertamento, non
possa essere emesso prima della scadenza del termine di cui comma 7, art. 12,
contrasterebbe palesemente, proprio con la ratio sottesa alla procedura di
pignoramento presso terzi. La disposizione in esame contiene, inoltre, una sorta di
clausola a tutela dell’agente della riscossione, cioè che un provvedimento
impositivo può, in casi di particolare e motivata urgenza, essere emesso prima
della scadenza dei sessanta giorni.
Nel caso di procedure espropriative, la particolare urgenza è in re ipsa.
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Su richiesta del contribuente, l’esame dei documenti può essere effettuato
nell’ufficio dei verificatori o del professionista che lo assiste o lo rappresenta.
Ciò nonostante, i verificatori non sono obbligati a soddisfare tale istanza, anche se,
nell’ottica di dare attuazione ai principi di collaborazione e buona fede, è,
comunque, richiesto, agli stessi, di motivare l’eventuale contraria soluzione
intrapresa; risulta, dunque, meritevole di tutela l’equilibrio tra interesse pubblico e
privato. L’accesso viene messo in atto, dai verificatori, con il principale scopo di
acquisire documentazione contabile ed extracontabile utile ad individuare elementi
necessari per la riscossione coattiva.
L’accesso consiste nell’entrare e nel trattenersi nei locali in cui il contribuente
esercita una qualsiasi attività fiscalmente rilevante, al fine di condurvi le operazioni
necessarie per porre in essere un’attività ispettiva. I verificatori, al momento
dell’accesso, consegnano al soggetto moroso una copia dell’ordine di accesso,
sottoscritto dal dirigente dell’ufficio che lo ha autorizzato, informandolo dei suoi
diritti e doveri, così, come sanciti dall’art. 12 legge n. 212 del 2000, Statuto dei
diritti del contribuente.
Inoltre, viene descritta l’attività svolta quotidianamente e provvedono a
documentarla nel verbale di verifica; gli stessi compilano separato processo verbale
di accesso nelle ipotesi in cui questo sia stato autorizzato dal Procuratore della
Repubblica. Al soggetto nei confronti del quale si sta procedendo, è richiesta
l’esibizione dei registri fiscali obbligatori, l’ultimo bilancio o consuntivo
disponibile, i conti di mastro aggiornati e i documenti fiscali registrati, ma anche il
conteggio dei valori di cassa, la ricostruzione delle giacenze di magazzino e
l’individuazione dei beni strumentali.
La documentazione acquisita è fondamentale, per valutare la consistenza delle
poste attive patrimoniali e cioè:
1. I crediti vantati e non ancora riscossi dall’impresa o dal lavoratore
autonomo verso propri clienti, eventuali soci o associati, imprese
controllate e/o collegate ed ogni altra persona fisica o giuridica, con
identificazione completa dei soggetti debitori e delle casuali delle somme
dovute.
2. Le immobilizzazioni immateriali, con specifico riferimento ai diritti di
brevetto industriale e di utilizzazione delle opere di ingegno, alle
concessioni, licenze, marchi e simili.
3. Le immobilizzazioni materiali, vale a dire terreni, fabbricati, impianti e
macchinari, attrezzature industriali e commerciali ed ogni altro bene
utilizzato, per lo svolgimento dell’attività.
4. Le immobilizzazioni finanziarie, rappresentate da partecipazioni, titoli a
reddito fisso, strumenti finanziari similari alle azioni.
5. Le rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo, prodotti in corso
di lavorazione, prodotti finiti e merci.
6. Le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni,
partecipazioni ed altri titoli.
7. Le disponibilità liquide, ossia depositi bancari, postali, denaro e valori in
cassa.
8. Le riserve statuarie.
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Contemporaneamente all’ispezione documentale, i verificatori eseguono la
valutazione dei beni e dei valori assoggettabili a pignoramento, con particolare
attenzione al conteggio dei valori di cassa, alla ricostruzione delle giacenze di
magazzino delle materie prime, sussidiarie e di consumo dei prodotti in corso di
lavorazione, dei prodotti finiti e delle merci, nonché all’individuazione dei beni
strumentali riconducibili all’impresa o all’attività di lavoro autonomo ispezionata.
L’identificazione delle disponibilità liquide, operazione particolarmente delicata,
deve essere effettuata con la partecipazione della parte sottoposta alle procedure in
esame o di persone appositamente delegate dalla stessa. Non necessariamente,
l’inventario delle merci dovrà essere completo e analitico, in quanto, su indicazione
del funzionario Equitalia procedente, ai sensi dell’art. 517 c.p.c, le rilevazioni
potranno essere interrotte quando il presumibile valore di realizzo dei beni
individuati risulti corrispondente al credito vantato dall’Erario aumentato della
metà.
Il personale di Equitalia s.p.a. partecipa alle operazioni sia in qualità di agente della
riscossione art. 35, comma 25, d.l. n. 223/2006, sia in qualità di ufficiale
giudiziario art. 49, comma 3, d.p.r. n. 602/1973. Lo stesso agente della riscossione
può, tempestivamente, adottare i provvedimenti di recupero coattivo da far valere
sulle disponibilità individuate, nel corso dei controlli, evitando eventuali tentativi
di occultamento dei beni individuati, nel corso delle attività in esame.
Nel caso in cui la cartella sia stata impugnata in Commissione Tributaria e sia stata
accolta eventuale istanza di sospensione, l’esercizio dei poteri di accesso, ispezione
e verifica non devono essere autorizzati. L’esercizio dei poteri istruttori in esame si
ritiene precluso, nell’ipotesi in cui, decorso un anno dalla notifica della cartella di
pagamento, l’agente della riscossione sia rimasto inattivo.
Anche le forme di collaborazione tra l’agente della riscossione e il corpo della
Guardia di Finanza, rivestono una grande rilevanza, per una serie di interventi.
L’individuazione dei grandi evasori da riscossione, soggetti morosi per importi
superiori ai cinquecentomila euro; l’intervento è rivolto, soprattutto, ad individuare
il patrimonio effettivo di tali soggetti. Interventi di supporto agli ufficiali della
riscossione, nelle fase di pignoramento; l’intervento è diretto a garantire la
sicurezza delle operazioni e la correttezza delle stesse.
Nella maggior parte dei casi, si tratta di interventi finalizzati a ricostruire le attività
patrimoniali esistenti al momento di intervento, con particolare riguardo alle
disponibilità liquide, ai crediti ed alle attività finanziarie, alle rimanenze ed ai beni
mobili, immobili e alle immobilizzazioni immateriali e finanziarie.
La collaborazione si è dimostrata una scelta strategica azzeccata, efficace e
concreta, che ha contribuito, nel tempo, a garantire il positivo andamento della
complessa attività di riscossione. L’esecuzione di accertamenti patrimoniali da
parte della Guardia di Finanza, viene effettuata nel rispetto delle norme in essa
contenute.
L’art. 3, comma 5, del d.l. n. 203/2005, ai fini dell’esercizio delle attività di
riscossione mediante ruolo il Corpo della Guardia di Finanza, con i poteri e le
facoltà previsti dall’art. 2, comma 4, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68
attua forme di collaborazione con Equitalia s.p.a., secondo le modalità stabilite con
decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
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L’art. 1, del decreto ministeriale del 18 luglio 2007, la società Equitalia può
rivolgere al Corpo della Guardia di Finanza richieste di collaborazione per lo
sviluppo di attività di ricerca, elaborazione e fornitura di dati e notizie utili, ai fini
della riscossione mediante ruolo, anche, con riferimento al compimento di atti
fraudolenti idonei a rendere inefficace la procedura coattiva.
Diversamente a quanto avveniva in passato, una volta pervenute, tramite i comandi
provinciali, le richieste di accertamenti patrimoniali, i reparti della Guardia di
Finanza non devono più procedere alla preventiva interrogazione degli archivi
dell’Anagrafe tributaria e dei database camerali. Al fine di eliminare eventuali
duplicazioni di lavoro, infatti, le suddette attività verranno espletate, prima
dell’invio delle richieste, direttamente dagli agenti della riscossione, che sono
legittimati, ai sensi dell’art. 18, comma 2, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 ed
all’art. 35, comma 26, del d.l. n. 223/2006, ad accedere al sistema informativo del
Ministero dell’Economia e delle Finanze e alle informazioni detenute da soggetti
pubblici e privati che possono essere utili alla riscossione coattiva.
Tali dati verranno riepilogati, dalla stessa Equitalia s.p.a., nelle singole richieste
inoltrate al Corpo, in modo tale da fornire, al Comando operante, tutti gli elementi
risultanti dalle banche dati ufficiali. In preparazione dell’intervento, i reparti
dovranno soltanto completare il quadro informativo, tracciato dall’ente di
riscossione, con ogni altro elemento utile. Ultimata la preparazione, il reparto dovrà
prendere contatti con il responsabile della società richiedente del gruppo Equitalia,
al fine di dare avvio alla fase operativa. Salvo i casi di particolare complessità, gli
accertamenti in forma congiunta devono essere effettuati entro quaranta giorni
dalla ricezione della richiesta, alla scopo di creare le condizioni per un’efficace
azione di riscossione coattiva.
Gli accertamenti patrimoniali in esame vengono effettuati, con la collaborazione
del personale dipendente della società Equitalia. In qualità di agente della
riscossione e di ufficiale giudiziario, gli stessi possono, tempestivamente, adottare i
provvedimenti di recupero coattivo da far valere sulle disponibilità individuate nel
corso dei controlli, evitando, sul nascere, eventuali azioni distrattive o tentativi di
occultamento sui beni da pignorare.
Le operazioni di accesso, ispezione e verifica vengono effettuate sotto la
responsabilità del capo pattuglia designato; il personale di Equitalia partecipa alle
operazioni coadiuvando i militari nelle fasi di acquisizione e ispezione della
contabilità. Allo stesso modo, la responsabilità per l’effettuazione dei pignoramenti
dei beni immobili e mobili, di somme di denaro e crediti individuati nel corso degli
interventi compete, sempre, in via esclusiva ai funzionari di Equitalia procedenti.
Qualora durante le attività in esame emergano possibili irregolarità fiscali, il
comandante del reparto operante valuterà la necessità di avviare, separatamente,
un’attività di verifica mirata autonoma.
4. L’espropriazione mobiliare
Una volta decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento,
o cinque giorni dalla notifica dell’avviso di intimazione, quando non si procede ad
espropriazione entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’agente
della riscossione procede coattivamente alla riscossione delle somme iscritte a
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ruolo. Ai sensi dell’art. 513 c.p.c. L’ufficiale giudiziario, munito del titolo
esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore
e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del
debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. All’ufficiale
giudiziario o ufficiale della riscossione, è riconosciuta la possibilità di richiedere
l’assistenza della forza pubblica, nei casi in cui è necessario aprire porte, ripostigli
o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare
persone che disturbano l’esecuzione del pignoramento.
Il principio di letterarietà e di rappresentatività del documento comporta, che il
titolo esecutivo può essere fatto valere, soltanto nei confronti del destinatario del
comando in esso contenuto6. Salve le eccezioni previste dall’art. 477 c.p.c., che
riconosce la possibilità di procedere nei confronti degli eredi, e dalle singole norme
che prevedono responsabilità in capo a terzi soggetti, l’ufficiale della riscossione è
tenuto ad astenersi dall’azione, laddove emerga, che l’esecutato sia estraneo alla
pretesa in relazione alla quale si sta procedendo. All’ufficiale della riscossione è,
altresì, preclusa la possibilità di procedere nei casi in cui il luogo è diverso dalla
casa di abitazione del debitore o altro luogo a lui appartenente, in assenza di
autorizzazione o del consenso del terzo.
L’ufficiale della riscossione non procede al pignoramento quando emerge che i beni
da pignorare appartengono a terzi. Tuttavia, non sembra che tale organo abbia il
compito di accertarne l’appartenenza, essendo decisamente più ragionevole
procedere al pignoramento in qualsiasi caso, salva la possibilità da parte del
proprietario di esercitare le azioni di cui all’art. 619 c.p.c.. Il pignoramento
mobiliare prevede la redazione del processo verbale che ha carattere costitutivo del
vincolo e non di mera documentazione. Il verbale sottoscritto dall’ufficiale della
riscossione, contiene la descrizione precisa delle cose pignorate e del loro valore, le
disposizioni circa la custodia, l’ingiunzione al debitore o, se questi non è presente,
a persona di famiglia o addetta alla casa, di astenersi dal compiere qualsiasi atto
diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati.
L’art. 513 c.p.c. prevede tre diverse forme di pignoramento diretto a seconda del
luogo in cui si trova l’oggetto. La disposizione in esame distingue, infatti, i casi in
cui il bene oggetto si trova nella casa del debitore o in luoghi a lui appartenenti, i
casi in cui il bene del quale il debitore può direttamente disporre si trova in luoghi
appartenenti a terzi e, infine, quelli in cui il bene si trovi presso il terzo e, il
debitore non ne abbia la disponibilità diretta, tuttavia, il terzo acconsente di esibirlo
all’ufficiale giudiziario, come bene appartenente al debitore.
La norma per casa del debitore intende il luogo di attuale dimora dello stesso,
anche, se questi non è titolare di diritti reali o personali su di essa, essendo
sufficiente un mero rapporto di fatto, purché non precario, ma connotato da
stabilità, con esclusione quindi di quei rapporti di ospitalità occasionali. Sono
luoghi appartenenti al debitore, quelli in cui egli esercita un’attività professionale
o commerciale o altra attività continuativa, indipendentemente dal fatto che ne sia
proprietario, locatario, comodatario o titolare di altri diritti su di essi; rientrano,
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CACACE V., L' esecuzione mobiliare, espropriazione presso il debitore, espropriazione
presso terzi, Giuffre, 2011, 6.
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dunque, nel concetto in esame lo studio professionale, l’azienda o l’ufficio del
debitore.
L’ufficiale della riscossione deve astenersi dal pignoramento, nei casi in cui il
luogo indicato, come casa del debitore o luogo a lui appartenente, si riveli di
pertinenza di terzi soggetti estranei all’esecuzione. In questa ipotesi, per procedere
al pignoramento del bene è indispensabile l’autorizzazione giudiziaria.
Oggetto dell’espropriazione è il diritto di proprietà dei mobili.
In merito alla pignorabilità di diritti reali diversi, in base a principi generali, si può
confermare la pignorabilità del diritto di usufrutto e la non pignorabilità del diritto
reale di uso, di servitù e di abitazione, diritti estranei ai beni mobili. Le universalità
di cose mobili corporali devono essere pignorate, mediante un unico atto e non con
riferimento alle loro singole parti di cui sono composte, dal momento che la loro
destinazione unitaria porta ad escluderne una pignorabilità separata; difatti, si dice
di inespropriabilità parziale. Le universalità di cose incorporali devono essere
pignorate, invece, con riferimento a ciascuna loro singola parte, come ad esempio
un’azienda.
L’ufficiale della riscossione provvede, così, all’individuazione dei beni da
assoggettare ad esecuzione, nonché dei mezzi più opportuni per procedere al
pignoramento e la possibilità di avvalersi della forza pubblica. Ovviamente, la
scelta del mezzo è subordinata a valutazioni che l’ufficiale della riscossione deve
compiere tenendo conto della natura dei luoghi e di altre circostanze ricorrenti nel
caso concreto.
L’ufficiale della riscossione redige il verbale di pignoramento negativo, nei casi in
cui i beni da pignorare sono privi di valore o perché, nel luogo indicato, per il
pignoramento non esistono beni pignorabili o circostanze verificate non hanno
consentito l’ingresso nell’abitazione nel caso in cui sia necessario ricercare cose da
pignorare sulla persona del debitore, l’ufficiale deve adottare opportune cautele
per rispettarne il decoro, ex art. 513 c.p.c..
Derogando al principio generale della responsabilità patrimoniale del debitore, di
cui ex art. 2740 c.c., l’art. 514 c.p.c., così come altre norme contenute nel codice di
rito o speciali, prevedono l’impignorabilità assoluta di determinati beni. Si tratta di
disposizioni di stretta interpretazione e non suscettibili di analogia, vista la
tassatività dell’elencazione, il legislatore del 1971, ha incluso nell’elenco alcuni
elettrodomestici divenuti, nella coscienza sociale, indispensabili.
Al fine di scongiurare eventuali rischi, ai quali potrebbe essere esposto il debitore,
la norma in esame impone all’ufficiale giudiziario di astenersi dal pignoramento
ogni volta che si trovi in presenza dei beni mobili impignorabili per legge. L’art.
514 c.p.c. distingue i beni elencati in sei categorie, da un lato vi sono i beni
impignorabili per natura, dall’altro i beni impignorabili per destinazione.
L’impignorabilità è giustificata, da motivi religiosi ed umanitari.
Si è ritenuto che le pretese del creditore non possono prevalere sulle fondamentali
esigenze di vita del debitore e dei componenti del suo nucleo familiare. In
concreto, è necessario sottrarre al pignoramento beni che sono indispensabili per le
esigenze della vita quotidiana o per l’esercizio dell'attività lavorativa da cui si
traggono i redditi per vivere. Ai sensi dell’art. 514 c.p.c. le cose, che il proprietario
di un fondo utilizza per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono essere
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pignorate separatamente dall’immobile soltanto in mancanza di altri beni mobili.
Tuttavia, il giudice dell’esecuzione, su istanza del debitore e sentito il creditore,
può escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose
su indicate, che sono di uso necessario per la coltura del fondo o può anche
permetterne l’uso sebbene pignorate. Le stesse disposizioni sono state estese alle
attrezzature che servono al debitore per l’esercizio della professione, dell’arte o del
mestiere.
La pignorabilità di questi beni è relativa, perché è subordinata ad alcune
condizioni.
La giurisprudenza, originariamente, ha manifestato una posizione rigorosa, il
concetto di bene indispensabile limitato sotto il profilo soggettivo o oggettivo
portava ad una applicazione restrittiva del disposto normativo. In particolare, si
consideravano impignorabili solo quei beni indispensabili, nel senso più stretto del
termine. Sotto un profilo soggettivo la disposizione sembrava, nella sua originaria
formulazione, assicurarne i benefici alle sole persone fisiche. Sotto un profilo
oggettivo, la giurisprudenza ha provveduto ad allargarne l’interpretazione
affermando che beni impignorabili, in quanto indispensabili, potessero essere anche
quelli non legati ad alcuna attività manuale del debitore. L’evoluzione
giurisprudenziale ha portato, in seguito, ad ampliare la sfera dei beneficiari nei casi
in cui il fattore umano prevale nell’impresa su quello capitale.
La norma non si applica alle società di capitali; il suo scopo, infatti, è quello di
evitare che il debitore sia privato della possibilità di vivere con il suo lavoro. Ciò,
non può certo verificarsi per questo tipo di società, in quanto la loro sostanziale
caratteristica è, appunto, la personalità giuridica dell’ente. Ai sensi dell’art. 517
c.p.c., il pignoramento deve essere eseguito sulle cose che l’ufficiale giudiziario
ritiene di più facile e pronta liquidazione, nel limite, però, di un presumibile valore
di realizzo pari all’importo del credito precettato aumentato della metà. In ogni
caso l'ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i
titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione. Il testo
anteriore dell’articolo in esame, prima delle modifiche introdotte dall’art. 5 della
legge 24 febbraio 2006, n. 52, prevedeva che il pignoramento quando non c’era
pregiudizio per il creditore, doveva essere eseguito preferibilmente sulle cose
indicate dal debitore. In ogni caso l’ufficiale doveva preferire il denaro contante,
gli oggetti preziosi e i titoli di credito che riteneva di sicura realizzazione. L’art.
518 c.p.c. recita l’ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale
nel quale dà atto dell’ingiunzione di cui all’art. 492 e descrive le cose pignorate,
nonché il loro stato, mediante rappresentazione fotografica ovvero altro mezzo di
ripresa audiovisiva, determinandone, approssimativamente, il presumibile valore
di realizzo con l'assistenza, se ritenuta utile di un esperto stimatore da lui scelto. Se
il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o separati dal suolo, l'ufficiale
giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l'ubicazione. Quando ritiene
opportuno differire le operazioni di stima, l'ufficiale giudiziario redige un primo
verbale di pignoramento, procedendo senza indugio e comunque entro il termine
perentorio di trenta giorni alla definitiva individuazione dei beni da assoggettare
al pignoramento sulla base dei valori indicati dall'esperto, al quale è consentito in
ogni caso accedere al luogo in cui i beni si trovano. L’art. 519 c.p.c. prevede,
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inoltre, che il pignoramento non può essere eseguito nei giorni festivi, né fuori
dalle ore indicate nell’art. 1477, salvo i casi in cui ne sia stata data autorizzazione
dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Il pignoramento
iniziato nelle ore prescritte può essere proseguito fino al suo compimento.
La disposizione trova la sua ratio, nell’intento di evitare, che il pignoramento
assuma un carattere, esageratamente, invasivo.
Filippo Rau,
Ricercatore di diritto tributario nella Università di Cagliari
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Art 147, Le notificazioni non possono farsi dal 1° ottobre al 31 marzo prima delle
ore 7 e dopo le ore 19, dal 1° aprile al 30 settembre prima delle ore 6 e dalle ore 20.
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