Rassegna stampa Genetica e Vite

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Rassegna stampa Genetica e Vite
Il CREA: Verso una nuova alleanza tra
genetica e vite
Il mondo del vino si confronta sulle nuove
prospettive della ricerca
A cura dell’Ufficio Stampa
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Vino: Crea, con genetica vite resistente a
cambiamenti clima
Parlato, vitigni resistenti nuova frontiera
Mantenere e persino incrementare la qualità del nostro vino, adeguando le viti ai nuovi scenari climatici
e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l'utilizzo degli agrofarmaci:
questi sono gli obiettivi della viticoltura italiana che richiedono grande impegno alla ricerca. E' quanto
emerso al convegno, oggi a Susegana (Treviso) presso la sede del Crea Viticoltura, al convegno che,
con la partecipazione del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e dell'Assessore
all'Agricoltura del Veneto Giuseppe Pan, ha messo insieme il gotha della ricerca in campo agronomico
e vitivinicolo.
Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i Paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il
modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al
catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del Paese.
Il cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti (più attenzione al
vitigno, al portinnesto, alla forma di allevamento) e di gestirli (benessere degli apparati radicali, gestione
della parete vegetativa, utilizzo di macchine sempre più precise) per tutelarsi dalle fitopatologie e
contenere i costi produttivi della gestione della vigna. Ma è la genetica, a detta degli esperti convenuti
nel trevigiano, che può giocare un ruolo essenziale: grazie agli strumenti di miglioramento genetico è
possibile accelerare i tempi imposti dalle tecniche tradizionali. Le prospettive della ricerca sono
talmente interessanti che il Ministero delle Politiche Agricole, con un notevole sforzo, ha messo a
disposizione un finanziamento specifico per il miglioramento genetico delle principali colture agrarie, tra
cui la vite. "Le ricerche che vogliamo intraprendere - ha affermato Salvatore Parlato, commissario Crea
- permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai principali patogeni. Non sarà un percorso
breve, ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più "naturale"
possibile. E' una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle
metodologie genetiche. L'obiettivo è la riduzione dell'impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche
questa fa parte della nuova via della viticoltura italiana".
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VINO: CREA, NUOVE PROSPETTIVE DI RICERCA A
SOSTEGNO PRODUZIONE
Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai
nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l'utilizzo
degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande
impegno alla ricerca. Di questo si è parlato nel corso di un incontro organizzato presso la sede del
CREA Viticoltura, a Susegana (Treviso), moderato da Alessandra Gentile, commissario delegato
CREA, proprio sulle nuove prospettive di ricerca per il miglioramento delle produzioni vitivinicole.
Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il
modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al
catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro
Paese. Il cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti e di
gestirli. Ma è la genetica che può giocare un ruolo essenziale. Infatti, grazie agli strumenti di
miglioramento genetico è possibile accelerare enormemente i tempi imposti dalle tecniche tradizionali.
Queste nuove acquisizioni consentono di affrontare il miglioramento varietale, mediante l'uso di
tecnologie che consentono di mimare quello che avviene attraverso l'incrocio o la mutagenesi, da
sempre applicati alla vite, ma con tempi ridotti ed efficienza elevata. (SEGUE).
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VINO: CREA, NUOVE PROSPETTIVE DI RICERCA A
SOSTEGNO PRODUZIONE -2Le prospettive della ricerca sono talmente interessanti che il ministero delle Politiche Agricole, con un
notevole sforzo, ha messo a disposizione un finanziamento specifico per il miglioramento genetico delle
principali colture agrarie, tra cui la vite. "Le ricerche che vogliamo intraprendere - ha affermato
Salvatore Parlato, commissario CREA - permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai
principali patogeni. Non sarà un percorso breve, ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si
vogliono usare nel modo più 'naturale' possibile. E' una nuova frontiera, che si differenzia dal passato
grazie ai recenti progressi delle metodologie genetiche. L'obiettivo è la riduzione dell'impatto
ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte della nuova via della viticoltura italiana".
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VINO: VERSO UNA NUOVA ALLEANZA TRA GENETICA
E VITE
Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai
nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l'utilizzo
degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande
impegno alla ricerca.
Il Crea, il più importante ente di ricerca agroalimentare italiano ha organizzato oggi presso la
sede del Crea Viticoltura, a Susegana (Treviso), un incontro in cui il mondo del vino (produttori,
istituzioni, ricercatori), si è confrontato proprio sulle nuove prospettive di ricerca per il miglioramento
delle produzioni vitivinicole. All'incontro, concluso dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina,
hanno partecipato, tra gli altri, Oscar Farinetti, Angelo Gaja, Domenico Zonin (Unione Italiana Vini),
l'assessore all'Agricoltura del Veneto Giuseppe Pan.
Dal convegno è emerso che la genetica può giocare un ruolo essenziale. Infatti, grazie agli strumenti di
miglioramento genetico è possibile accelerare enormemente i tempi imposti dalle tecniche tradizionali
quali incrocio, selezione e mutagenesi. Le prospettive della ricerca sono talmente interessanti che il
ministero delle Politiche Agricole, con un notevole sforzo, ha messo a disposizione un finanziamento
specifico per il miglioramento genetico delle principali colture agrarie, tra cui la vite.
"Le ricerche che vogliamo intraprendere - ha affermato Salvatore Parlato, commissario Crea permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai principali patogeni. Non sarà un percorso breve,
ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più 'naturale' possibile. E'
una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle metodologie
genetiche. L'obiettivo è la riduzione dell'impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte
della nuova via della viticoltura italiana".
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Vino e ricerca: “E’ nuova alleanza tra genetica e
vite”.
Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai
nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l’utilizzo
degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande
impegno alla ricerca, le cui prospettive sono talmente interessanti che il Ministero delle Politiche
Agricole, con un notevole sforzo, ha messo a disposizione un finanziamento specifico (circa 21 milioni
di euro) per il miglioramento genetico delle principali colture agrarie, tra cui la vite.
Gli esperti del vino (ri)uniti per la ricerca…
Il CREA, il più importante ente di ricerca agroalimentare italiano ha organizzato oggi nella sede del
CREA Viticoltura, a Susegana (Treviso), un incontro in cui il mondo del vino come produttori, istituzioni
e ricercatori, si è confrontato proprio sulle nuove prospettive di ricerca per il miglioramento delle
produzioni vitivinicole. Hanno partecipato Vasco Boatto – Università di Padova; Fabio Brescacin –
Presidente Ecornaturasì; Oscar Farinetti – Vino Libero; Angelo Gaja – Viticoltore; Stefano Masini –
Coldiretti; Mario Pezzotti – Vicepresidente Società Italiana Genetica Agraria; Cinzia Scaffidi – Slow
Food; Attilio Scienza – Università di Milano; Arturo Stocchetti – UVIVE; Domenico Zonin – Unione
Italiana Vini. A testimoniare l’attenzione delle Istituzioni locali e nazionali, l’intervento dell’Assessore
all’Agricoltura del Veneto Giuseppe Pan e le conclusioni del ministro delle Politiche Agricole Maurizio
Martina.
Il cambiamento climatico e la genetica…
Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il
modello viticolo italiano punta alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al catalogo
nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro Paese. Il
cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti (più attenzione al
vitigno, al portinnesto, alla forma di allevamento) e di gestirli (benessere degli apparati radicali, gestione
della parete vegetativa, utilizzo di macchine sempre più precise). E’ la genetica a giocare un ruolo
essenziale. Infatti, grazie agli strumenti di miglioramento genetico è possibile accelerare enormemente i
tempi imposti dalle tecniche tradizionali (incrocio, selezione e mutagenesi). Le nuove acquisizioni
consentono di affrontare il miglioramento varietale, mediante l’uso di tecnologie che consentono di
mimare quello che avviene attraverso l’incrocio o la mutagenesi, da sempre applicati alla vite, ma con
tempi ridotti ed efficienza elevata.
Si è parlato a favore della cisgenesi che a differenza della transgenesi, che con la tecnica del DNA
ricombinante introduce nelle piante geni provenienti da specie diverse, fa uso della medesima tecnica e
permette di ottenere piante geneticamente modificate che sono del tutto simili a quelle ottenute per via
riproduttiva sessuale. Questo perché il gene o i geni sono “familiari” alla pianta da trasformare, in
quanto derivano da una pianta donatrice dello stesso genere o specie; dunque, biologicamente
compatibile.
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L’obiettivo è la riduzione dell’impatto ambientale. Anche questa fa parte
della nuova via della viticoltura italiana…
«Le ricerche che vogliamo intraprendere permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai
principali patogeni» ha affermato Salvatore Parlato, commissario CREA. «Non sarà un percorso breve,
ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più naturale possibile. E’
una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle metodologie
genetiche. L’obiettivo è la riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte
della nuova via della viticoltura italiana».
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Genetica e vite. Un'alleanza da sostenere?
Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai
nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l’utilizzo
degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande
impegno alla ricerca.
Il CREA (ente di ricerca agroalimentare), si è confrontato a questo proposito con produttori, istituzioni,
ricercatori nel corso di un incontro che si è tenuto ieri presso la sede del CREA Viticoltura, a Susegana
(Treviso), moderato dalla prof.ssa Alessandra Gentile, commissario delegato CREA.
Al centro le nuove prospettive di ricerca per il miglioramento delle produzioni vitivinicole.
Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il
modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al
catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro
Paese. Il cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti (più
attenzione al vitigno, al portinnesto, alla forma di allevamento) e di gestirli (benessere degli apparati
radicali, gestione della parete vegetativa, utilizzo di macchine sempre più precise).
Ma è la genetica, sostiene il Crea, che può giocare un ruolo essenziale. "Grazie agli strumenti di
miglioramento genetico - spiega l'ente in un comunicato - è possibile accelerare enormemente i tempi
imposti dalle tecniche tradizionali (incrocio, selezione e mutagenesi). Queste nuove acquisizioni
consentono di affrontare il miglioramento varietale, mediante l’uso di tecnologie che consentono di
mimare quello che avviene attraverso l’incrocio o la mutagenesi , da sempre applicati alla vite, ma con
tempi ridotti ed efficienza elevata."
Per il miglioramento genetico delle principali colture agrarie, tra cui la vite, il Ministero delle Politiche
Agricole ha messo a disposizione un finanziamento specifico.
“Le ricerche che vogliamo intraprendere – ha affermato Salvatore Parlato, commissario CREA permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai principali patogeni. Non sarà un percorso breve,
ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più "naturale" possibile. E'
una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle metodologie
genetiche. L'obiettivo è la riduzione dell'impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte
della nuova via della viticoltura italiana”.
Al confronto hanno partecipato, tra gli altri, Vasco Boatto - Università di Padova; Fabio Brescacin Presidente Ecornaturasì; Oscar Farinetti - Vino Libero; Angelo Gaja – Viticoltore; Stefano Masini –
Coldiretti; Mario Pezzotti - Vicepresidente Società Italiana Genetica Agraria; Cinzia Scaffidi - Slow
Food; Attilio Scienza -Università di Milano; Arturo Stocchetti – UVIVE; Domenico Zonin - Unione
Italiana Vini; l'Assessore all’Agricoltura del Veneto Giuseppe Pan. Ha concluso i lavori il ministro delle
Politiche Agricole Maurizio Martina.
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SUSEGANA. Genetica e viticoltura, alleanza
possibile in barba alla chimica
Si è concluso con l’intervento del ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina l’incontro pubblico “Verso
una nuova alleanza tra genetica e vite”, organizzato questa mattina dal Crea (Centro di ricerca per la
viticoltura) presso la sede di Susegana (Treviso). Un lungo tavolo di relatori ha illustrato le diverse tesi
al pubblico che ha gremito la sala. L’incontro si inserisce nel finanziamento di 20 milioni di euro
stanziati dal Parlamento per la ricerca nell’ambito della genetica e della vite. “Discutere di ricerca oggi
non è come il dibattito sulla ricerca di qualche anno fa, le cose cambiano in maniera rapida e quindi
occorre trovare la nostra via per capirlo, i ricercatori italiani hanno fatto compiere all’Italia dei passi in
avanti. Voglio che l’Italia si faccia trovare pronta a individuare la via europea per contenere l’uso degli
agrofarmaci per rendere il settore vitivinicolo meno vincolato al loro uso. L’alleanza tra genetica e
viticoltura può costituire un modello produttivo che può aspirare a un riconoscimento internazionale,
europeo prima di tutto”, ha detto il ministro. “L’Italia deve trovare una propria via, alleata magari in
Europa con l’Olanda, presidente oggi di turno. Puntiamo all’innovazione genetica tra specie della
stessa famiglia, ma non dobbiamo riproporre la discussione che il Paese ha vissuto fin qui perché sul
piano scientifico ci sono delle novità che cambiano le cose. Quindi niente paura, e andiamo avanti,
partendo dalle colture del nostro Paese con la consapevolezza di non essere uguali agli altri”, ha detto
Martina.
Nel corso del dibattito, Cinzia Scaffidi di Slow Food ha ricordato che le etichette sugli alimenti erano
state pensate ad uso (e difesa) del consumatore, e invece non è così e scrivere oggi l’origine
geografica degli ingredienti vorrebbe dire rifare le linee produttive. Attilio Scienza, per esempio, ha
richiamato la questione dei fitofarmaci dicendo che non riguarda chi produce, ma chi vive nei vigneti.
“Basta chimica”, ha detto, “avessimo un vino senza chimica nessuno potrebbe competere al mondo con
noi. Occorre puntare sui vitigni italiani”. Grande nel mondo il business del vino, “vale 60 miliardi di
euro”, ha detto Oscar Farinetti, “la metà della Coca Cola che vale 120 miliardi di euro”. Occorre trovare
un nuovo equilibrio con gli elementi naturali, l’uomo ha capito che può provocare la fine del mondo.
Meno chimica meglio è.
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In attesa del pronunciamento di Bruxelles sul distinguo
tra transgenesi (Ogm), cisgenesi e genome editing - che
consentono trasferimenti di geni nell'ambito della stessa
specie - il settore vitivinicolo italiano si prepara ad
alleanza con la genetica
Tra gli Ogm e la "tradizione", spesso contrapposte in maniera ideologica, esiste una terza via, quella
aperta dalle nuove acquisizioni del miglioramento genetico, che è opportuno intraprendere per il futuro
del Belpaese enoico. Insomma l'"alleanza tra genetica e vite" s'ha da fare: ecco, in estrema sintesi, il
"verdetto", uscito dall'incontro organizzato dal Crea - Centro di Ricerca per la Viticoltura di Conegliano,
ieri (4 marzo), a Susegana (Treviso). Intorno al tavolo a discutere di questo tema cruciale, tutta la filiera
vitivinicola, dalla ricerca al consumatore, passando per le aziende e la distribuzione.
Per la prima volta oggi - ha detto in apertura Diego Tomasi, direttore del Crea-Vit di Conegliano diverse professionalità ed esperienze sono riunite per confrontarsi senza contrapposizioni su un tema
caldo. Non ci interessa avere viti più produttive, sappiamo e vogliamo continuare a valorizzare al meglio
le nostre varietà negli ambienti di coltivazione, ma per ridurre l'impatto della difesa e dei cambiamenti
climatici, ci servono cultivar praticamente uguali a quelle che coltiviamo già, ma resistenti. Una
prospettiva oggi possibile".
Una strada percorribile grazie alla cisgenesi, che consente di ottenere viti resistenti alle malattie
e agli effetti del cambiamento climatico attingendo ai geni della stessa specie. Le piante che ne
derivano sono quindi al 100% di Vitis vinifera, non equiparabili a quelle ottenibili per transgenesi - che
dà luogo a Ogm-Organismi Geneticamente Modificati come sono definiti nella legge del 2001 ricorrendo all'introduzione di geni da specie diverse e non sessualmente compatibili, come è il caso del
mais BT in cui sono stati inseriti i geni di un batterio. L'altra tecnica di "ultima generazione" è il
genome editing, che esegue modificazioni mirate e corregge le sequenze del genoma che
rendono la pianta suscettibile rendendola resistente.
Il CREA coordinerà il Piano di ricerca straordinario sul "miglioramento genetico attraverso le
biotecnologie sostenibili" per cui il Ministero delle Politiche Agricole ha stanziato, ad inizio anno, nella
Legge di Stabilità 21 milioni di euro.
"Il nostro sistema agroalimentare - ha affermato Salvatore Parlato, Commissario straordinario del
CREA - non potrà esimersi dall'implementare queste nuove tecnologie che possono dare impulso alle
produzioni italiane nel paradigma della sostenibilità e concorrere anche ad aumentare il reddito degli
agricoltori. Stiamo portando avanti una condivisione del Piano a partire dal settore vino che è una delle
nostre eccellenze".
Per valutare la potenzialità attuali del miglioramento genetico è necessario fare uno sforzo per
comprenderle e tenere sempre ben presente che sui 3,5 milioni di ettari di vigneti europei, pari soltanto
al 3,3% dei terreni agricoli, si utilizza il 65% dei fungicidi del totale di quelli irrorati in agricoltura per un
totale di 60 mila tonnellate (Eurostat Report, 2007).
"Il maggior contributo al progresso dell'agricoltura nell'ultimo secolo - ha spiegato Mario
Pezzotti, vice presidente della Società di Genetica Agraria e genetista dell'Università di Verona - si
deve alla genetica che ha avuto un ruolo determinante sulla produttività che è cresciuta del 50%".
Il miglioramento genetico da parte dell'uomo è iniziato dalla prima domesticazione delle piante
attraverso l'incrocio con piante non coltivate per ‘inserire' caratteristiche favorevoli in quelle domesticate
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per poi, con incroci successivi (reincrocio), ricostituirne il genoma. Tuttavia con questa tecnica nella
pianta coltivata rimane sempre un 3,5% del corredo genico del selvatico e i tempi sono lunghissimi: per
un ciclo di reincrocio sono necessarie decine di anni.
"In questo modo - ha proseguito Pezzotti - e alla luce delle conoscenze legate al sequenziamento del
genoma, ottenuto nel 2000, è stato raggiunto un grande risultato: la selezione di dieci nuove varietà di
vite da vino resistenti a peronospora e oidio ad opera dell'Iga - Università di Udine, che tuttavia
contengono una quota di patrimonio genetico del selvatico. Oggi si può fare di più anche perché le
conoscenze della ricerca italiana sulla genomica delle nostre specie agrarie sono molto vaste".
Il miglioramento genetico tradizionale è efficace, ma lento e produce varietà completamente nuove che
potrebbero soppiantare le varietà tradizionali a cui sono legate le nostre produzioni, viticoltura in primis.
La cisgenesi, invece, consente di ottenere modificazioni mirate analoghe a quelle spontanee
consentendo al contempo di preservare le varietà tradizionali in alcuni casi irrimediabilmente messe in
pericolo da patogeni.
"Erano 20 anni che non veniva finanziato - ha ricordato Alessandra Gentile, Commissario delegato
CREA e genetista dell'Università di Catania, che ha moderato la tavola rotonda - un progetto di
ricerca sul miglioramento genetico. Nel frattempo per poter continuare il lavoro i ricercatori si sono
arrangiati e ora c'è da capire come utilizzare le risorse disponibili al meglio perché ci sia un effettivo
ritorno sul mondo operativo. Partiremo con una ricognizione su ciò che è stato fatto finora, ed è molto,
per applicarci alla costituzione di varietà resistenti a malattie, ai cambiamenti climatici e con
caratteristiche nutraceutiche interessanti. L'ottica sarà quella dei prodotti ottenibili e non del metodo".
Insomma, come ha sottolineato Carlo Lorenzoni, genetista dell'Accademia Italiana della Vite e del
Vino, gli strumenti attuali consentono di ottenere risultati precisi in tempi rapidi e con sicurezza, cioè
senza i "sottoprodotti indesiderati" inevitabili con altri processi.
"Il consumatore di prodotti biologici - ha messo in evidenza Fabio Brescacin di EcorNaturasì - chiede
non solo prodotti salubri, ma una qualità a 360 gradi, che interessa la sostenibilità a tutti livelli non solo
ecologica, ma anche etica e sociale. Il consumo diviene un atto di sostegno e condivisione con
l'azienda che produce. Circa il miglioramento genetico ritengo ci sia da porre l'attenzione al risultato
finale. Abbiamo, per esempio,il dubbio che il contenuto elevato di glutine del frumento duro Creso,
selezionato nel 1974, sia responsabile della diffusione di intolleranze alimentari. Stiamo lavorando con
il CREA di Foggia, con l'Università di Palermo e con una società svizzera per sviluppare cultivar che
non diano questo problema".
"Sull'informazione ai consumatori - ha evidenziato Cinzia Scaffidi, vice presidente Slow Food - il
caso delle etichette è emblematico. Quando si parla di origine degli ingredienti e di informazione molti si
mettono di traverso. E anche in questo caso credo che i consumatori non potranno essere informati
perché non ci sarà tracciabilità. Non sono convinta che si debba guardare al prodotto e non al metodo:
ciò mi ricorda il detto "il fine giustifica i mezzi". A noi interessa la connessione tra le cose e, quindi, il
processo. Chi difendeva gli Ogm li proponeva come la soluzione ai problemi del mondo. Ora è il tempo
della cisgenesi, ma c'è un baratro normativo: ritengo che trattandosi di tecniche genomiche debbano
ricadere sotto la legge del 2001".
La normativa, tuttavia, è ormai superata dall'innovazione che è intervenuta nel frattempo, che
comunque non è per definizione "buona" e va vagliata.
"L'innovazione tecnologica - ha sostenuto Stefano Masini, responsabile Area Ambiente e Territorio
Coldiretti - va valutata in un contesto più ampio. Abbiamo un patrimonio da salvaguardare, non ci
fossilizziamo solo sul genoma".
"Orientati al piacere, siamo passati dal consumo al consumismo - ha dettoOscar Farinetti, nella sua
veste di fondatore dell'Associazione Vino Libero - e di colpo ci siamo accorti che la fine del mondo
è vicina e per scongiurarla stiamo passando dal consumare al "durare". Il centro della morale e
dell'etica diventerà business. Tenendo ben presente che il vino è la bevanda più buona del mondo, ma
che il suo giro d'affari vale la metà di quello della Coca-Cola, l'Europa deve interpretare il futuro oggi
possibile grazie alle nuove tecnologie per mantenere la leadership nella viticoltura mondiale".
"Il principio di precauzione che ci siamo dati come europei rispetto agli Ogm - ha commentato Vasco
Boatto, economista dell'Università di Padova - è stato una scelta che alla lunga si sta dimostrando
giusta. Il progresso scientifico corre più veloce dell'adeguamento della società civile. Ora siamo a uno
snodo: o prendiamo questa occasione o non ne avremo altre per preservare il nostro patrimonio
vitivinicolo e traghettarlo nel futuro".
"Se vogliamo ridurre l'impatto della viticoltura - ha detto uno dei nomi più prestigiosi dell'Italia del
vino, Angelo Gaja - dobbiamo perseguire tutte le strade possibili compreso l'impiego di biotecnologie,
che non sono equiparabili agli Ogm transgenici. L'abbattimento dei costi conseguente alla riduzione dei
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trattamenti potrebbe aiutare quella viticoltura che produce quel 50% di vino sfuso italiano esportato a
0,40-0,50 centesimi al litro".
"Considerando che le nostre produzioni a denominazione - ha commentato Arturo Stocchetti,
presidente di Uvive - Unione Consorzi Vini Veneti - si basano sull'origine territoriale e sui nostri
vitigni. La cisgenesi, non toccando l'identità del vitigno, ci permetterà di non modificare le caratteristiche
del prodotto, ma di proteggere le piante dalle malattie. Non si può che essere favorevoli".
"Non c'è altra via che la scienza e la conoscenza per stare sul mercato - ha sottolineato nel suo
messaggio il presidente Assoenologi Riccardo Cotarella, impossibilitato a partecipare. Il WineReserch-Team dà il massimo supporto all'utilizzo delle tecniche di miglioramento genetico più avanzate
oggi disponibili".
"Il mondo della produzione non può che trarre vantaggio da questa prospettiva - ha detto Domenico
Zonin, presidente Unione Italiana Vini (Uiv). Un vantaggio su uno scenario competitivo che ormai è
globale. È necessario spingere sulla collaborazione tra la ricerca, che a lungo è stata autoreferenziale,
e le aziende. Creare poli di ricerca superando la frammentazione aiuterà anche a specializzarsi e
coordinarsi".
"L'ottenimento di varietà resistenti - ha sostenuto, come fa da tempo, il professor Attilio Scienza,
ordinario di viticoltura all'Università di Milano(http://goo.gl/b8QsDc) - senza ricorrere agli Ogm, ma
semplicemente a tecniche che ricalcano ciò che avviene in natura velocizzandolo, è un'occasione che
l'Italia non può lasciarsi scappare. In Europa gli altri Paesi si stanno focalizzando su altre produzioni:
sul latte la Gran Bretagna e la Francia, sui suini la Germania in Baviera, gli spagnoli sull'ortofrutta. Noi
abbiamo la responsabilità di occuparci della vite e del vino. Non dobbiamo perdere altro tempo.
Inizialmente dovremo puntare su alcuni grandi autoctoni come il Nebbiolo, la Glera e l'Aglianico e su
denominazioni portabandiera all'estero per avere opportunità commerciali. Per fare fronte al
cambiamento climatico dovremo lavorare sui portinnesti più che sulle varietà perché hanno molte più
potenzialità nel contrasto di situazioni come la tolleranza allo stress idrico e alla salinità".
Ma quale è la posizione dell'Unione Europea al riguardo? "Stiamo lavorando - ha detto Paolo De
Castro, Coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento
Europeo - perché la Commissione ci aiuti a capire le basi giuridiche su cui muoverci. La legge del 2001
sugli Ogm, che li definisce come organismi in cui sono stati inseriti geni da altre specie, non comprende
le varietà che si possono ottenere con la cisgenesi e il genoma editing".
A fianco dell'Italia in questa iniziativa per chiarirne l'inquadramento giuridico c'è l'Olanda. La
Commissione ha indicato nei primi mesi di quest'anno l'arrivo di una risposta e il semestre di
presidenza olandese fa ben sperare.
"Rispetto alle traiettorie da seguire per preservare il patrimonio di biodiversità del Made in Italy - ha
detto il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina - il Ministero sta cercando di trovare la via
da intraprendere. Se l'Europa deciderà, come spero, che la cisgenica e il genome editing sono
distinguibili dalle "vecchie tecnologie" Ogm su basi scientifiche, dobbiamo prepararci ad affrontare
questa nuova frontiera. Ci sono novità che cambiano le cose. Il Piano di ricerca straordinario sul
miglioramento genetico attraverso le biotecnologie sostenibili che abbiamo inserito nella Legge di
Stabilità non è un contentino, anche perché trovare 21 milioni non è stato facile, ma una partenza
concreta su questo percorso. Senza discutere guardando indietro cominciamo a capire come, per
esempio in viticoltura, possiamo fare un passo in avanti. Abbiamo nuove tecnologie nel miglioramento
genetico, risorse, dobbiamo comprendere la sfida da affrontare e superare le discussioni e i contrasti
del passato sugli Ogm, per tracciare una strada consona all'Italia".
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Genetica, le viti del futuro nasceranno nei
laboratori
Sarà il Crea a gestire i 21 milioni stanziati dal Governo per la ricerca sul
miglioramento genetico e la valorizzazione delle colture tipiche italiane.
Un'opportunità di cui si è parlato a Treviso e che mette (quasi) tutti d'accordo: guarda
le videointerviste
Viti più resistenti alle malattie e ai cambiamenti climatici. Sono questi gli obiettivi principali che
guideranno il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) nel lavoro
di miglioramento genetico della vite. Piante più forti grazie alla ricerca, resa possibile dai 21 milioni di
euro che il Mipaaf ha stanziato ad inizio anno e che faranno finire sotto i microscopi le colture tipiche
italiane, vite in primis.
E proprio delle nuove frontiere della ricerca genetica si è parlato durante l'incontro organizzato dal Crea
nel suo centro di ricerca di Susegana (Treviso), dal titolo 'Verso una nuova alleanza tra genetica e vite'.
E' infatti la genetica lo strumento in cui scienziati e agricoltori ripongono le maggiori aspettative per
ottenere colture capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici e di resistere a malattie e parassiti.
Miglioramento genetico sì, ma attraverso quali tecniche? A spiegare le differenze tra i vari approcci al
dna ci ha pensato il professor Mario Pezzotti, vicepresidente della Società italiana di genetica agraria.
Secondo la legislazione del 2001, una varietà si dice transgenica quando è frutto dell'inserimento nel
genoma di un gene estraneo alla specie stessa. Ad esempio il gene di una medusa in una pianta di
mais. Questo tipo di organismi, detti appunto Ogm transgenici, in Italia non sono né sperimentabili in
campo né coltivabili.
“Altra cosa sono quegli organismi ottenuti con il genome editing e la cisgenesi”, spiega il professor
Pezzotti. E sono proprio queste le tecniche che saranno finanziate con i fondi sbloccati dalla legge di
stabilità. Tecniche che, ricorda il ministro Maurizio Martina, sono “assolutamente sostenibili ed efficaci”.
Con la cisgenesi e il genome editing è infatti possibile introdurre all'interno del dna di una pianta uno o
più geni di un altro organismo appartenente alla stessa specie. Non si tratta dunque di organismi
transgenici, ma di varietà ottenibili anche con l'incrocio naturale. Queste tecniche però sono molto più
precise nella selezione dei geni di interesse e hanno tempi estremamente più brevi rispetto ai classici
incroci.
“Esistono vitigni selvatici in Asia e Nord America che sono resistenti all'oidioe alla peronospera”, spiega
Pezzotti. “Sara dunque possibile inserire quei geni e trasferire la resistenza nella nostra vitis vinifera”.
Ma in linea di principio si potrà anche inserire un gene che riduce il fabbisogno di acqua o che rende
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una vite capace di crescere su terreni salini.
Il più grosso ostacolo attualmente sembra essere la legislazione. L'Unione europea non ha infatti
ancora chiarito se queste tecniche siano svincolate dai limiti imposti agli organismi transgenici. “Ci
aspettiamo che da Bruxelles arrivi un chiarimento al più presto”, spiega il ministro Martina. “Anche
l'Olanda, che è presidente di turno del Consiglio Ue, ha posto la nostra stessa questione”. Già,
perché come ha ricordato anche Roberto Defez del Cnr, senza le prove in campo il lavoro di
miglioramento genetico effettuato nei laboratori è inutile.
Ma in un Paese come l'Italia, in cui il dibattito sugli Ogm divide ferocemente l'opinione pubblica, che
cosa ne pensano agricoltori e consumatori?
“Sono una grande opportunità, l'importante è che non si stravolgano le nostre tipicità territoriali,”
spiega Arturo Stocchetti, presidente di Vini veneti. Favorevole è anche Angelo Gaja, viticoltore
piemontese: “Sono una buona opportunità per abbattere l'utilizzo di agrofarmaci nelle nostre
campagne”.
Qualche dubbio lo solleva Cinzia Scaffidi, vicepresidente di Slow Food. “Queste piante sono Ogm a tutti
gli effetti, non ci si può limitare a cambiare semplicemente le parole. Il consumatore vuole sapere che
cosa mette nel piatto e le etichette dovrebbero essere più chiare”.
“Il miglioramento genetico è l'unica strada per salvare i nostri vitigni autoctoni”, mette in guardia Attilio
Scienza, titolare della cattedra di vitivinicoltura all'Università Statale di Milano e tra i massimi studiosi al
mondo della vite e del vino. “Se non rendiamo le nostre viti resistenti alle malattie e ai cambiamenti
climatici rischiamo che gli agricoltori rinuncino a coltivarle in favore di altre varietà più forti”.
Su una cosa sono tutti d'accordo: serve ricerca e diffusione tra gli agricoltori dei risultati degli studi per
mantenere competitivo il settore. “Il mercato mondiale del vino vale 60 miliardi di euro, quello della
Coca Cola 110”, provoca Oscar Farinetti, nella sua veste di presidente di Vino libero. “Il mondo sta
scoprendo il vino e i consumi del futuro esploderanno. L'Italia si deve fare trovare preparata se vuole
cavalcare l'onda”.
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CREA: Verso una nuova alleanza tra genetica e
vite
Il mondo del vino si confronta sulle nuove prospettive della ricerca
Mantenere o magari incrementare i già elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai
nuovi scenari climatici e dotandole di resistenza genetica ai principali patogeni per ridurre così l’utilizzo
degli agrofarmaci: questi sono gli obiettivi prioritari della viticoltura italiana che richiedono grande
impegno alla ricerca.
Il CREA, il più importante ente di ricerca agroalimentare italiano ha organizzato oggi presso la sede del
CREA Viticoltura, a Susegana (Treviso), un incontro in cui il mondo del vino (produttori, istituzioni,
ricercatori), moderato dalla prof.ssa Alessandra Gentile, commissario delegato CREA, si è confrontato
proprio sulle nuove prospettive di ricerca per il miglioramento delle produzioni vitivinicole. Hanno
partecipato, tra gli altri, Vasco Boatto – Università di Padova; Fabio Brescacin – Presidente
Ecornaturasì; Oscar Farinetti – Vino Libero; Angelo Gaja – Viticoltore; Stefano Masini – Coldiretti; Mario
Pezzotti – Vicepresidente Società Italiana Genetica Agraria; Cinzia Scaffidi – Slow Food; Attilio Scienza
-Università di Milano; Arturo Stocchetti – UVIVE; Domenico Zonin – Unione Italiana Vini. E, a
testimoniare l’attenzione delle Istituzioni locali e nazionali, l’intervento dell’Assessore all’Agricoltura del
Veneto Giuseppe Pan e le conclusioni del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.
Mentre i francesi incentrano tutto sul terroir e i paesi emergenti si affidano al brand e ai costi ridotti, il
modello viticolo italiano punta invece alla diversificazione produttiva, con gli oltre 500 vitigni iscritti al
catalogo nazionale e coltivati grazie alla ricchissima variabilità di condizioni pedo/climatiche del nostro
Paese. Il cambiamento climatico ha spinto la ricerca a trovare un nuovo modo di fare i vigneti (più
attenzione al vitigno, al portinnesto, alla forma di allevamento) e di gestirli (benessere degli apparati
radicali, gestione della parete vegetativa, utilizzo di macchine sempre più precise).
Ma è la genetica che può giocare un ruolo essenziale. Infatti, grazie agli strumenti di miglioramento
genetico è possibile accelerare enormemente i tempi imposti dalle tecniche tradizionali (incrocio,
selezione e mutagenesi). Queste nuove acquisizioni consentono di affrontare il miglioramento varietale,
mediante l’uso di tecnologie che consentono di mimare quello che avviene attraverso l’incrocio o la
mutagenesi , da sempre applicati alla vite, ma con tempi ridotti ed efficienza elevata.
Le prospettive della ricerca sono talmente interessanti che il Ministero delle Politiche Agricole, con un
notevole sforzo, ha messo a disposizione un finanziamento specifico per il miglioramento genetico delle
principali colture agrarie, tra cui la vite.
“Le ricerche che vogliamo intraprendere – ha affermato Salvatore Parlato, commissario CREA –
permetteranno di rendere le attuali varietà resistenti ai principali patogeni. Non sarà un percorso breve,
ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare nel modo più “naturale” possibile. E’
una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle metodologie
genetiche. L’obiettivo è la riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte
della nuova via della viticoltura italiana”.
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CREA_Ricerca @CREA_Ricerca 4 mar
CREA: Verso una nuova alleanza tra genetica e vite. Il mondo del vino e le nuove prospettive della
ricerca http://www.crea.gov.it/crea-verso-una-nuova-alleanza-tra-genetica-e-vite-il-mondo-del-vino-siconfronta-sulle-nuove-prospettive-della-ricerca/ …
CREA_Ricerca @CREA_Ricerca 4 mar
Salvatore Parlato "Le ricerche che vogliamo intraprendere permetteranno di rendere le attuali varietà
resistenti ai principali patogeni"
CREA_Ricerca @CREA_Ricerca 4 mar
Salvatore Parlato:"Non sarà a breve, ma si conoscono già alcuni geni di resistenza e si vogliono usare
nel modo più "naturale" possibile".
CREA_Ricerca @CREA_Ricerca 4 mar
Parlato: E' una nuova frontiera, che si differenzia dal passato grazie ai recenti progressi delle
metodologie genetiche.
CREA_Ricerca @CREA_Ricerca 4 mar
Parlato: Obiettivo riduzione impatto ambientale dovuto ai trattamenti; anche questa fa parte della nuova
via della viticoltura italiana
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AgroNotizie @agronotizie 5 mar
Online nei prossimi giorni il servizio di @agronotizie su @CREA_Ricerca by @tommaso5mani cc
@ivalmori @MipaafSocial
Mimmo Vita @VitaMimmo 4 mar ha ritwittato:
Mimmo Vita @VitaMimmo 4 mar Padova, Veneto
Susegana Convegno @CREA_Ricerca Il ns modello viticolo punta alla diversificaz.produttiva con gli
oltre 500vitigni iscritti al catalogo naz.
AgroNotizie @agronotizie 4 mar ha ritwittato:
Salvatore Parlato "Le ricerche che vogliamo intraprendere permetteranno di rendere le attuali varietà
resistenti ai principali patogeni"
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“VERSO UNA NUOVA ALLEANZA TRA GENETICA E VITE”: È QUESTO,
SECONDO MOLTI, IL FUTURO DELLA VITICOLTURA ITALIANA E
MONDIALE. E NON VUOL DIRE OGM. IL 4 MARZO IL GOTHA DELLA
RICERCA, CON PRODUTTORI ED ISTITUZIONI, SI CONFRONTANO A
SUSEGANA (TREVISO)
Che la ricerca genetica sia il futuro della della viticoltura italiana e mondiale c’è chi lo sostiene da
tempo, come, tra gli altri, il professor Attilio Scienza, docente all’Università di Milano e tra i massimi
esperti al mondo della materia, che a più riprese, su WineNews, nei mesi scorsi, ha rilanciato
sull’importanza di studiare nuovi vitigni più resistenti alle malattie, “per arrivare ad un vino davvero “bio”
e di qualità”. Senza ricorrere agli Ogm, ma con la tecnica del “genoma editing, mutuata dalla medicina
umana - spiega Scienza - con la quale, in estrema sintesi, non si fa altro che accelerare il processo di
selezione naturale di varietà di uva più resistenti alle malattie e ai cambiamenti climatici, senza
alterarne le qualità organolettiche, che consentirebbero così un minor uso di agrofarmaci, trattamenti e
così via, con ricadute positive sull’ambiente, sulla salute di chi vive e lavora in vigna, e ovviamente
anche sull’economia delle aziende”.
Tematica fondamentale che sarà al centro di “Verso una nuova alleanza tra genetica e vite”, convegno
di scena a Susegana (Treviso), il 4 marzo, promosso dal Crea - Centro di Ricerca per la Viticoltura di
Conegliano e Valdobbiadene, dove si farà il punto della situazione, presentano i risultati di studi già
compiuti e di altri ancora in fase di sviluppo, con alcune delle personalità più importanti della ricerca e
della produzione del vino in Italia: dallo stesso Attilio Scienza a Vasco Boatto (Università di Padova), da
Mario Pezzotti (vicepresidente Società Italiana Genetica Agraria) a Riccardo Cotarella (presidente
Assoenologi), da Diego Tomasi a Salvatore Parlato (commissario straordinario Crea), passando per
Domenico Zonin (presidente Unione Italiana Vini) a Paolo De Castro (Commissione Agricoltura e
Sviluppo Rurale Parlamento Europeo), da Cinzia Scaffidi (Slow Food ) a Stefano Masini (Responsabile
Area Ambiente e Territorio Coldiretti), e a produttori del calibro di Angelo Gaja e Oscar Farinetti, che è
stato anche il promotore, qualche anno fa, del progetto “Vino Libero”, tra gli altri. E ci sarà anche il
Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, che nella Legge di Stabilità, ad inizio anno, ha
inserito uno stanziamento di 21 milioni di euro per quello che è stato definito “il più importante progetto
di ricerca pubblica mai fatto in Italia su un argomento tanto attuale quanto delicato, come il
miglioramento genetico attraverso biotecnologie sostenibili”, e che coinvolge tante filiere del nostro
agroalimentare, compresa quella della vite.
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VITICOLTURA: DALLA GENETICA NUOVE PROSPETTIVE
PER VINI DI QUALITA’- DOMANI CONVEGNO A SUSEGANA
CON MINISTRO MARTINA E ASSESSORE PAN
“Verso una nuova alleanza tra genetica e vite” è il tema dell’incontro pubblico promosso domani 4
marzo dal Crea di Conegliano, il centro di ricerca per la viticoltura, a Susegana, nella propria sede di
via Casoni 13. Un incontro al quale parteciperanno il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina
e l’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan e il commissario straordinario del Crea Salvatore
Parlato, per fare il punto sui risultati conseguiti dalla ricerca genetica in questi anni e le applicazioni per
il miglioramento della viticoltura in Italia.
Al confronto (inizio ore 10:30) parteciperanno, tra gli altri, Oscar Farinetti di Vino Libero, Domenico
Zonin dell’Unione italiana vini, l’europarlamentare Paolo De Castro della commissione Agricoltura del
Parlamento europeo, i docenti Vasco Boatto, Attilio Scienza e Mario Pezzotti, rispettivamente delle
Università di Padova, Verona e Milano, e Arturo Stocchetti dell’Unione Consorzi vini veneti.
“La ricerca genetica applicata alla viticoltura – sottolinea l’assessore Pan – ci consentirà, utilizzando
applicazioni estremamente interessanti, di rendere le piante della vite resistenti alle principali malattie,
conservando così l’ambiente in cui viviamo ed operiamo. L’Italia, e il Veneto in particolare, attraverso
l’alleanza tra viticoltura e genetica possono promuovere un nuovo modello produttivo a vantaggio della
competitività internazionale del ‘made in Italy’”.
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Il futuro della viticoltura tra ricerca genetica e
sostenibilità
ll futuro della viticoltura e della sostenibilità della filiera vitivinicola passano attraverso la ricerca
genetica, allo scopo di trovare una "ricetta" per creare viti più resistenti alle malattie senza utilizzare gli
OGM.
Il professor Attilio Scienza, docente all'Università di Milano e tra i massimi esperti della materiale,
sottolinea come la ricerca genetica rappresenti il futuro della viticoltura, e come oggi si concentri nel
tentativo di sperimentare nuove tecniche per ottenere viti più forti e resistenti alle malattie. Il tutto senza
fare ricorso agli OGM, ma tramite la tecnica del genoma editing, mutuata dalla medicina umana.
Attraverso di essa si accelera sostanzialmente il processo di selezione naturale di varietà più resistenti
alle malattie ed alle variazioni climatiche per arrivare ad ottenere un vino davvero bio e sostenibile.
L'utilizzo di queste tecniche dovrebbe servire ad utilizzare infatti un minor uso di agro farmaci,
fitofarmaci, trattamenti chimici, ottenendo cosi un'uva ed un vino dalle immutate qualità organolettiche,
ma che non vada a minacciare la salute di chi lavora le vigne, cosi come quella del consumatore finale.
Le aziende agricole beneficeranno di queste innovazioni, che saranno al centro del convegno "Verso
una nuova alleanza tra genetica e vite", che si terrà a Susegana (Treviso) il 4 marzo. Promosso dal
Crea, centro di Ricerca per la Viticoltura di Conegliano e Valdobbiadene, il convegno farà il punto della
situazione presentando i risultati degli studi già realizzati e di quelli in fase di realizzazione. Tra i relatori
e gli ospiti, lo stesso Attilio Scienza, Vasco Boatto (Università di Padova), Mario Pezzotti
(vicepresidente Società Italiana Genetica Agraria), Riccardo Cotarella (presidente Assoenologi),
Salvatore Parlato (commissario straordinario Crea), Domenico Zonin (presidente Unione Italiana Vini),
Paolo De Castro (Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale Parlamento Europeo), Cinzia Scaffidi
(Slow Food), Stefano Masini (Responsabile Area Ambiente e Territorio Coldiretti), produttori del calibro
di Angelo Gaja e Oscar Farinetti, che è stato anche il promotore, qualche anno fa, del progetto "Vino
Libero".
Infine interverrà anche il Ministro Maurizio Martina, che ha inserito nella legge di stabilità uno
stanziamento di 21 milioni di euro per il progetto più significativo di ricerca pubblica mai fatto in Italia su
un argomento così importante e cruciale per un ampio settore produttivo, quanto quello del
miglioramento genetico attraverso biotecnologie sostenibili.
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Convegno col ministro Martina si parla di
genetica e viticoltura
“Verso una nuova alleanza tra genetica e vite” è il tema dell’incontro pubblico promosso oggi dal Crea
di Conegliano, il centro di ricerca per la viticoltura, a Susegana, nella sede di via Casoni 13.
Un incontro al quale parteciperanno il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina e l’assessore
regionale all’agricoltura Giuseppe Pan e il commissario straordinario del Crea Salvatore Parlato, per
fare il punto sui risultati conseguiti dalla ricerca genetica. Al confronto (inizio 10.30) parteciperanno, tra
gli altri, Oscar Farinetti di Vino Libero, Domenico Zonin dell’Unione italiana vini, l’europarlamentare
Paolo De Castro, i docenti Vasco Boatto, Attilio Scienza e Mario Pezzotti, rispettivamente delle
Università di Padova, Verona e Milano, e Arturo Stocchetti dell’Unione Consorzi vini veneti.
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Convegno Crea a Susegana: venerdì fra gli ospiti il ministro
Maurizio Martina e Oscar Farinetti (Eataly)
Verrà chiuso dall’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan ed aperto dal ministro Maurizio
Martina (nella foto) il convegno di venerdì 4 marzo, organizzato dal Crea (Consiglio per la Ricerca in
Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) di Conegliano a Susegana, nella sala convegni del Centro
di Ricerca per la Viticoltura di via Casoni, dal titolo “Verso una nuova alleanza tra genetica e vite”.
La ricerca in viticoltura ha fatto progressi impensabili in armonia con la valorizzazione dell’ambiente, i
nuovi scenari climatici e un alto livello qualitativo. Lo sforzo va mirato ora al contenimento dell’uso degli
agrofarmaci, e rendere il settore viticolo meno vincolato al loro uso. Per la viticoltura italiana questa è
una nuova fase che vuole imporsi come modello produttivo a livello internazionale attraverso una nuova
alleanza tra genetica e viticoltura.
Tutto ciò verrà discusso nel corso del convegno coinvolgendo i principali attori: da Diego
Tomasi, diretto di Crea Conegliano, a Mario Pezzotti, vice presidente di Genetica Agraria, passando
per Paolo de Castro, membro della commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento
Europeo, Attilio Scienza, Università di Milano, Oscar Farinetti, patron di Eataly e Vino Libero,Vasco
Boatto, Università di Padova, Arturo Stocchetti, presidente di Uvive (Unione Consorzi Vini Veneti Doc
e Docg), e Salvatore Parlato, commissario straordinario di Crea.
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Nuova alleanza tra vite e genetica
Genetica non vuol dire Ogm. Parola di Attilio Scienza. Varietà di viti più resistenti alle malattie saranno
il futuro della viticoltura. Se ne parla molto, anche l'Università di Udine ha recentemente presentato il
frutto di anni di ricerca con l'IGA sulle viti resistenti e l'inserimento nel Registro Nazionale di 10 vitigni
resistenti a oidio e peronospora. Se ne parlerà nuovamente il 4 marzo 2016 a Susegana (Treviso) al
convegno "Verso una nuova alleanza tra genetica e vite”, promosso dal Crea - Centro di Ricerca per la
Viticoltura di Conegliano e Valdobbiadene. Anche qualche mese fa nell'incontro alla cantina Jermann,
Attilio Scienza, una delle massime autorità in materia ha accennato alla tecnica del “genoma editing",
mutuata dalla medicina umana, una tecnica che consente di accelerare il processo di selezione
naturale di varietà di uva più resistenti alle malattie e ai cambiamenti climatici, senza alterarne le qualità
organolettiche. Ciò consente un utilizzo ridotto di agrofarmaci e trattamenti.
Sarà presente anche il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, che nella Legge di Stabilità ha
fatto inserire uno stanziamento di 21 milioni di euro per “il più importante progetto di ricerca pubblica
mai fatto in Italia su un argomento tanto attuale quanto delicato, come il miglioramento genetico
attraverso biotecnologie sostenibili.
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NUOVA ALLEANZA TRA GENETICA E VITE?
Mantenere o addirittura incrementare gli elevati standard qualitativi del nostro vino, adeguando le viti ai
nuovi scenari climatici nel pieno rispetto della natura, è l’obiettivo della viticoltura italiana nel prossimo
futuro. Di questo si discuterà nell’incontro “Verso una nuova alleanza tra genetica e vite”, che si
svolgerà il prossimo Venerdì 4 marzo, a partire dalle ore 10, presso la sede del CREA Viticoltura, via
Casoni, n. 13/A, Susegana (TV).
In questi ultimi anni la ricerca in viticoltura ha sviluppato una intensa attività, raggiungendo progressi
impensabili sino a poco tempo fa. I risultati ottenuti si indirizzano verso il concreto raggiungimento di un
modello viticolo italiano pienamente in armonia con la valorizzazione dell’ambiente, con i nuovi scenari
climatici e con un alto livello qualitativo.
Nonostante questi risultati, altri si impongono al settore viticolo e tra questi lo sforzo va mirato
al contenimento dell’uso degli agrofarmaci, stante la necessità di rendere il settore viticolo meno
vincolato al loro uso. A questa necessità viene incontro la genetica che grazie a nuove acquisizioni,
contribuisce a rendere più attuali e celeri le tecniche tradizionali di miglioramento genetico (transgenesi,
mutazioni indotte, etc). Queste nuove acquisizioni consentono infatti di gestire in modo nuovo
l’approccio al miglioramento varietale, grazie ad una evoluzione corretta e mirata dei metodi genetici da
sempre applicati alla vite. Sul piano concreto l’obiettivo è di rendere le attuali varietà di uva da vino e da
tavola resistenti alle principali malattie (oidio e peronospora). Questo significa migliorare la qualità e la
salubrità del prodotto nel rispetto dell’ambiente. Da questo ne trarranno vantaggio il consumatore, i
produttori e gli abitanti delle aree produttive in generale.
Per la viticoltura italiana questa è una nuova fase che vuole imporsi come modello produttivo a livello
internazionale attraverso una nuova alleanza tra genetica e viticoltura. Questi nuovi strumenti ed
obiettivi verranno discussi nel corso del convegno, evidenziando non solo gli aspetti scientifici, ma
soprattutto coinvolgendo i principali attori del mondo del vino.
Su questo tema l'Associazione nazionale delle Città del Vino, che condivide da sempre le
preoccupazioni sulla coltivazione e l’impiego degli organismi geneticamente modificati, ha
pubblicato una sua riflessione che guarda con attenzione e prudenza al “genome editing” ma chiede
con fermezza che anche per le nuove pratiche di ingegneria genetica siano adottati principi di
precauzione e di valutazione dei rischi su salute e ambiente, massima trasparenza al consumatore e
tutela della sovranità alimentare dei popoli.
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La genetica e la vite. Ecco la terza via tra
OGM e classici incroci
Esistono biotecnologie sostenibili e innovative perla vite. E, sorpresa, l'Italia è
all'avanguardia. Se ne è parlato in un convegno dedicato alla viticoltura a Conegliano
Veneto.
“Continuare ad essere pro o contro (gli OGM) non è utile, iniziamo a fare un passo in più” ha detto il
Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, intervenendo la scorsa settimana al convegno Verso
una nuova alleanza tra genetica e vite che si è svolto nella sede del Crea, il (Consiglio per la ricerca in
agricoltura e l'analisi dell'economia agraria), di Conegliano Veneto.
Cisgenesi e genoma editing per migliorare le e produzioni vitivinicole
Il confronto ha riguardato le nuove possibilità create dall’impiego della cisgenesi e del genoma editing
per il miglioramento delle produzioni vitivinicole. Infatti grazie a queste tecniche innovative, è possibile
accelerare enormemente i tempi rispetto agli incroci, alle selezioni e alla mutagenesi - oltre 10 anni- ma
senza ricorrere agli OGM, cioè senza utilizzare geni provenienti da altre specie se non quelli della vite
stessa. Al convegno sono intervenuti personaggi ed esponenti dell’intera filiera vinicola italiana e della
ricerca.
Le voci del congresso
Ha aperto i lavori Diego Tomasi, direttore del Crea-Vit di Conegliano “Per la prima volta sono qui
riunite professionalità diverse per un confronto senza contrapposizioni su un tema caldo. Abbiamo
bisogno di acquisire conoscenze su basi scientifiche certe in modo di operare scelte sulla base della
sostenibilità. Non ci interessa avere viti più produttive ma per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici,
ci servono cultivar praticamente uguali a quelle che coltiviamo già, ma più resistenti”.
Attilio Scienza dell’Università di Milano ha spiegato che “L’ottenimento di varietà resistenti senza
ricorrere agli OGM, è un’occasione che l’Italia non può lasciarsi scappare” aggiungendo poi che “per
fare fronte al cambiamento climatico dovremmo lavorare anche sui portinnesti perché hanno molte più
potenzialità: basti pensare alla tolleranza nei confronti dello stress idrico oppure della salinità”.
Angelo Gaja, prestigiosa firma del vino piemontese, è intervenuto nel dibattito dicendo che “La recente
scoperta del sequenziamento del genoma della vite offre oggi alla ricerca nuove importanti opportunità:
di individuare le viti che ospitano il gene della resistenza (al patogeno) e trasferirlo nel genoma di viti
che non lo posseggono. Una pratica da avviare attraverso l’impiego di biotecnologie che non sono
equiparabili agli OGM transgenici”.
Stefano Masini, responsabile Area Ambiente e Territorio della Coldiretti ha evidenziato che
“l’innovazione tecnologica va valutata in un contesto più ampio. Abbiamo un patrimonio da
salvaguardare, non ci fossilizziamo solo sul genoma”.
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Ha espresso critiche Cinzia Scaffidi, vice presidente Slow Food: “anche in questo caso credo che i
consumatori non potranno essere informati perché non ci sarà tracciabilità. È necessario guardare al
prodotto e non al metodo: ora è il tempo della cisgenesi, ma c’è un baratro normativo e io ritengo che
trattandosi di tecniche genomichedebbano ricadere nell’ambito della legge del 28 marzo 2001 sulle
biotecnologie”.
Paolo De Castro, Coordinatore S&D della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento
Europeo, intervenuto in video, ha spiegato che “stiamo lavorando perché la Commissione Europea ci
aiuti a capire le basi giuridiche su cui muoverci. Infatti la legge del 2001 sugli OGM, che li definisce
come organismi in cui sono stati inseriti geni da altre specie, non comprende le varietà che si possono
ottenere con la cisgenesi e il genoma editing”.
La terza via della biogenetica
Allo stato attuale delle conoscenze e del dibattito non vi è la certezza se le biotecnologie quali la
cisgenesi e il genome editing, rientrino o meno all’interno dell’attuale legislazione europea per le colture
OGM. Per ora diversi documenti redatti da organizzazioni scientifiche europee indicano che i prodotti di
tali tecniche non rientrano nella casistica OGM dal momento che essi non sono diversi da quelli
ottenibili attraverso un miglioramento genetico convenzionale. Gli Stati Uniti hanno ad esempio già
dichiarato che le piante ottenute attraverso il genoma editing non sono da considerare OGM (Jones,
2015) ed è già stato redatto un parere dell’EFSA (European Food Safety Authority) nel 2012 su
richiesta dell’UE in cui si conclude che le piante ottenute per cisgenesi non presentano differenze in
termini di pericolosità rispetto a quelle costituite attraverso un normale processo di incrocio.
Infatti il tratto essenziale che caratterizza queste biotecnologie è dato dal risultato finale ottenuto: i
prodotti cisgenici o ottenuti per genome editing, non essendo realizzati con "inserimenti" estranei a
quelli propri della specie, sono del tutto simili a prodotti ottenuti per incrocio tradizionale. “È una nuova
frontiera” ha osservato Salvatore Parlato, commissario Crea “che si differenzia dal passato con
l'obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dovuto ai trattamenti: anche questa fa parte della nuova via
della viticoltura italiana”. Alessandra Gentile, Commissario delegato Crea e genetista dell’Università di
Catania, ha annunciato che “partiremo con una ricognizione su ciò che è stato fatto finora, ed è molto,
per applicarci alla costituzione di varietà resistenti a malattie, ai cambiamenti climatici e con
caratteristiche nutraceutiche interessanti. L’ottica sarà quella dei prodotti ottenibili e non del metodo”.
Le prospettive future della ricerca
Con l’ultimo piano di stabilità, il Mipaaf ha finanziato un piano di ricerca da 21 milioni di euro, articolato
su 3 anni, che sarà gestito dal Crea, il Centro di ricerca specializzato del Ministero delle politiche
agricole, che sarà interamente dedicato al miglioramento genetico attraverso le biotecnologie
sostenibili. Maurizio Martina, concludendo il convegno ha detto “non è il problema di chi arriva prima,
ma di andare avanti per capire dove potremmo arrivare”. Insomma, per una volta tanto potremmo
correre il rischio di essere noi, la lepre da rincorrere.
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