la rivista di slo w food birra verdura frutta n° 2/4 2015 il
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la rivista di slo w food birra verdura frutta n° 2/4 2015 il
birra verdura il nostro cibo quotidiano frutta la rivista di slow food n° 2/4 2015 latte i Classici PER EDUCARE BIRRA / BIRRA 2 (IL BELGIO E IL REGNO UNITO) EDUCAZIONE SENSORIALE / FORMAGGIO / OLIO / SALUMI SERATA SLOW WINE / TECNICHE DI CUCINA 1 TECNICHE DI CUCINA 2 / VINO Buono, pulito e giusto PER IMPARARE CARNE / CEREALI E PANE / MIELE / ORTICOLTURA PASTA E RISO / PESCE / SPESA: ORTOFRUTTA / SPESA Una tira l’altra PER INCURIOSIRE ACETI / CAFFÈ / CIOCCOLATO / CUCINE ETNICHE DISTILLATI / DOLCI / ERBE / SPEZIE STORIA E CULTURA DELLA GASTRONOMIA / TÉ PER INFORMAZIONI [email protected] www.slowfood.it/educazione slow Per inserzioni pubblicitarie Slow Food Promozione srl Enrico Bonardo, Sara Ferraiolo tel. 0172 419611-606 fax 0172 413640 [email protected] Prezzo a copia Italia 6,20 euro Europa 9,50 euro Usa e Canada 14 dollari Centro e Sudamerica, Asia Africa, Oceania 17 dollari Australia 18 dollari australiani Direttore editoriale Carlo Bogliotti Caporedattore Camilla Micheletti Fotolito Imagoit.com Marene (Cn) Stampa G. Canale & C. SpA Borgaro Torinese (To) Coordinamento editoriale Chiara Cauda Redazione Giancarlo Gariglio Eugenio Signoroni Art direction e progetto grafico Undesign — Slow Food Editore srl via della Mendicità Istruita, 45 12042 Bra (Cn) tel. 0172 419611 fax 0172 411218 www.slowfood.it [email protected] Presidente Roberto Burdese Amministratore delegato Carlo Bogliotti — 04 Amministrazione via della Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (Cn) tel. 0172 419611 fax 0172 411299 c.c.p. 17519125 ISSN 1722 7852 ISBN 9788884993779 Copyright Il materiale scritto dalla redazione e dall’associazione Slow Food e pubblicato su questa rivista è disponibile sotto licenza Creative Commons – Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Slow La rivista di Slow Food, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Registrazione Slow 73/2015 Periodico di informazione iscritto al Tribunale di Alba (Cn) Registrazione n. 2/96 Direttore responsabile Grazia Novellini Chiuso in redazione 18/06/2015 L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dai destinatari di Slow. La rivista di Slow Food e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a Slow Food-Centro servizi via della Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (Cn) Hanno collaborato Silvia Ceriani Collaboratrice Slow Food Internazionale — Agnese Del Canto Consulente alimentare — Michele Antonio Fino Docente Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo — Carmelo Maiorca Giornalista — Francesco Martino Redattore osservatorio sui Balcani e Caucaso — Marta Messa Collaboratrice Slow Food internazionale — Carlo Petrini Presidente Slow Food — Micheal Pollan Scrittore — Raffaella Ponzio Collaboratrice fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus Antonio Puzzi Project manager Slow Food Campania — Rinaldo Rava Collaboratore Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo — Noemi Reina Collaboratrice Slow Food Ufficio stampa — Ludovico Roccatello Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus — Francesca Rocchi Vicepresidente Slow Food Italia — Gabriele Rosso Giornalista enogastronomico — Salvatore Taronno Fiduciario Slow Food Condotta Foggia e Monti Dauni — Paolo Tosco Collaboratore Slow Food Ufficio stampa PP. 13-31 01. expo 2015 p. 14 p. 18 p. 28 PP. 33-45 Biodiversity Park, padiglione Slow Food Mangiare è un atto agricolo Contro lo spreco. I cuochi tra mode e sostanza p. 54 p. 58 p. 64 04. mondo slow p. 70 p. 72 p. 76 p. 80 p. 85 p. 90 p. 96 p. 102 p. 108 Agenda La Campania del Grand Tour Papille gustative istituzionali Terra e mare Le novità di Slow Food Editore L’importanza di chiamarsi Bukovo Sul lago di Prespa a pesca di biodiversità Pillole di Slow Fish La biodiversità del golfo di Napoli ai tempi del Guarracino Lettera ai contadini Terra Madre Giovani — We Feed the Planet Dentro Terra Madre Giovani We Feed the Planet 03. il nostro cibo quotidiano p. 48 p. 50 06 PP. 69-112 02. terra madre giovani p. 34 p. 36 p. 40 PP. 47-67 sommario slow Sommario PP. 115-127 05. programma cheese 2015 Birra e cibo. L’abbinamento quotidiano Frutta e verdura quotidiane: cosa c’è dietro lo scaffale? Bere biodiversità. La varietà dei latti dalla vacca alla caldaia Il punto sulle quote latte. Quanti danni e quali prospettive? Sull’olio: la situazione e il futuro 07 intro slow Intro di Carlo Bogliotti La nuova enciclica di Papa Francesco denuncia ciò che il nostro mondo slow cerca di portare sotto i riflettori da anni 08 Mentre ci accingiamo ad andare in stampa con questo numero di Slow, esce l’enciclica di Papa Francesco intitolata Laudato si’ – Enciclica sulla cura della casa comune. È per due motivi importantissimi che poniamo un fatto d’attualità nell’introduzione di questa edizione. Il primo è che si tratta di un testo rivoluzionario nel suo lanciare un messaggio universale a tutta l’umanità (indistintamente alle diverse fedi e anche ai non credenti): è di una potenza dirompente nel suo denunciare ciò che il nostro mondo slow cerca di portare sotto i riflettori da anni, insieme a tutti i movimenti ambientalisti e alla società civile. Stiamo distruggendo la Terra, depredando risorse in maniera dissennata, costringiamo alla fame un milione di nostri simili, perpetriamo ingiustizie alla parte povera dell’umanità e al pianeta. La denuncia è lucida e completa, l’enciclica non fa sconti e scende nei particolari: acqua, biodiversità, suo- 09 slow 10 La Guida alla lettura è stata affidata a Carlo Petrini: un fatto rivoluzionario e di una forza incredibile lo, cibo, multinazionali delle sementi, ogm… Tutto ciò che è parte dei nostri discorsi da decenni e che trova nelle parole di Francesco una sintonia quasi perfetta, per certi versi sorprendente. L’elemento ancora più forte è che alla denuncia segue un richiamo all’azione, anche questo preciso, concreto e circostanziato, sia per i singoli – nelle proprie scelte quotidiane – che per il mondo della politica: locale, nazionale e sovranazionale. Un richiamo che non può lasciare indifferenti coloro che si battono da tempo e che trova un nuovo importante alleato. Si tratta di uno dei messaggi politici più forti dei nostri giorni e, seppur calato nel contesto delle Scritture e della fede in Dio, disegna un nuovo umanesimo che è molto simile a quello che sogniamo e cerchiamo di costruire da anni. Un’umanità pienamente consapevole di essere parte della natura e di non poterla dominare senza scrupoli, un uomo che cerca di costruire un futuro per il pianeta in cui iniquità e ingiustizie siano debellate e la qualità della vita sia un diritto fondamentale e pienamente condiviso. Il mondo laico non può restare indifferente e ci sono davvero le basi per costruire, nella diversità, un’alleanza planetaria tra coloro che a vario titolo lavorano per ciò che noi chiamiamo buono, pulito e giusto. Un secondo motivo di importanza di quest’enciclica è che nell’edizione uscita in Italia a cura di Edizioni San Paolo la Guida alla lettura è stata affidata a Carlo Petrini, il nostro presidente. Un fatto rivoluzionario per Slow Food e, anche in questo caso, di una forza incredibile: un noto agnostico viene chiamato a commentare un testo del Papa. Vista l’affinità del messaggio dei due personaggi in questione, a posteriori la cosa non stupisce più di tanto, e non fa che rafforzare il messaggio comune. È strano che sulle pagine di un periodico di Slow Food si chieda ai lettori di procurarsi il testo di un’enciclica (ovviamente consigliamo quello introdotto da Petrini), ma dopo averlo letto non abbiamo dubbi nel sostenere che quelle pagine danno un nuovo e più grande significato a ciò che, laicamente, stiamo costruendo da tempo. Ne siamo felici e per questo volevamo condividerlo con voi sul nostro house organ. Laura, oggi ha pagato casa dove crescerà sua figlia Martina. SIAMO CON CHI METTE PASSIONE IN OGNI COSA, CON CHI CREDE CHE IL LAVORO SIA UN MODO PER REALIZZARSI. SIAMO L’ITALIA CHE LAVORA. L’ITALIA CHE LAVORA La prima multinazionale italiana del lavoro Lavoro temporaneo, permanent staffing, ricerca e selezione, executive search, formazione, supporto alla ricollocazione, amministrazione HR, outsourcing, consulenza HR: scopri in che modo possiamo aiutare aziende e candidati su www.gigroup.com 01 expo 2015 la prima rata della Expo 2015 Esiste una politica del cibo che, come qualsiasi politica, chiama in causa la nostra libertà. Certe volte siamo ancora consapevoli del fatto che non possiamo essere liberi se qualcuno controlla la nostra mente e la nostra voce. Ma abbiamo dimenticato che non possiamo neppure essere liberi se qualcuno controlla il nostro cibo e le sue fonti Wendell Berry, Il piacere di mangiare, 1989 13 di Silvia Ceriani foto di Marco Del Comune e Claudia Saglietti A due mesi dall’apertura, i media continuano a parlarne proponendo classifiche e liste dei motivi per cui visitarla. Stiamo parlando dell’Expo e del nostro essere in quel contesto, che La Stampa, per esempio, ha descritto con queste parole: «Sta all’estremo est di Expo e in tanti – chi arriva in metro ed entra da ovest – magari non ci arrivano neppure. Fanno male, perché quella è una vera oasi che celebra la biodiversità e informa, in modo concreto, esteticamente piacevole e accessibile a tutti». Ecco, in quattro righe, sintetizzato il senso della nostra area e, contemporaneamente, quali difficoltà deve superare per fare arrivare Nell’area Slow Cheese e Slow Wine la biodiversità la si “tocca con mano”. Quattro formaggi a latte crudo, a rotazione settimanale, e i vini in abbinamento. Detta così sembra semplice, eppure non smetteremo mai di sorprenderci per come, da tre soli ingredienti – latte, caglio e sale –, possa originarsi un’incredibile varietà, che racconta la diversità del territorio e dei pascoli, del tipo di latte, delle razze, dell’alimentazione degli animali, della tecnica di produzione, la manualità dei pastori e dei casari. Volete qualche esempio? Fra quelli che abbiamo provato, possiamo citare il bitto in tutte le sue forme, lo stracchino all’antica delle valli orobiche, lo stawley, l’arribes de Salamanca, il bleu d’Auvergne… biodiversity park, padiglione slow food slow Biodiversity Park, padiglione Slow Food so della mostra alterna tanti diversi livelli di esperienza. Fra i suoi tavoli, la gente si sofferma per mettere alla prova il tatto e l’olfatto, per creare piccole opere d’arte disegnando coi semi o per attaccare un messaggio all’albero del cibo o scriverlo su un grosso librone, che sta raccogliendo i suggerimenti di tutti sulla tutela della biodiversità. E poi per leggere e per guardare: di esempi di buona e di cattiva produzione ne portiamo moltissimi, ed è possibile farsi un’idea anche solo confrontando due immagini. Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori, dei contadini, dei pescatori, dei cuochi. Ma anche di registi, attivisti, scrittori, di tutti quelli che, con il loro lavoro, stanno provando a comunicare un’idea precisa di come “Nutrire il pianeta”, prendendosi cura delle sue risorse. Abbiamo ospitato le produttrici di sale e di bottarga della Mauritania, parlando di come una filiera tutta locale possa valoriz- Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei 14 la gente fin lì, dopo oltre un chilometro e mezzo di marcia. Su queste pagine, però, le difficoltà logistiche proviamo a superarle e a proporvi le nostre motivazioni per visitare, e per vivere, il nostro spazio. Nella mostra Scopri la biodiversità si gioca con cinque sensi e si approfondisce l’“evoluzione” recente dell’agricoltura mondiale. Il percor- zare il territorio e dare reddito alle comunità; i produttori del bitto storico e quelli del castelmagno d'alpeggio che ci hanno trasmesso la voglia di conoscere le nostre montagne; e poi abbiamo affrontato moltissimi argomenti: il land grabbing, il consumo di suolo, il diritto al cibo proponendo ogni giorno qualcosa di diverso. 15 Il nostro spazio è, davvero, un’oasi di bellezza. Partiamo da cosa intendiamo per bellezza, esattamente, e lo facciamo prendendo spunto dalle parole di Jacques Herzog, che ha progettato l’area di Slow Food dando sostanza alle nostre idee. Herzog si è interrogato sul valore che, nel 2015, può avere un’Expo impostata come a fine Ottocento o inizio Novecento, quando l’architettura doveva assolvere alla funzione di suscitare lo stupore dello spettatore, di meravigliarlo e – anche – di essere in qualche modo ricordata (un caso per tutti, la Tour Eiffel, realizzata per l’Esposizione Universale del 1889). Ma oggi l’architettura non è più in grado di esprimere vere e proprie novità e, per quanto avveniristici siano, padiglioni e strutture ipermoderne finiscono comunque con l’essere dimenticati. Su quale bellezza puntare, dunque? biodiversity park, padiglione slow food slow La nostra Expo è a portata di bambino. Ogni giorno le scolaresche e le famiglie possono partecipare ai laboratori sugli sprechi alimentari e sulle api ideati per il pubblico dei giovani e dei giovanissimi e modulati sulle diverse fasce d’età. Ma molte altre cose possono impararle semplicemente passeggiando tra le grandi vasche del nostro orto e imparando a realizzarne uno sul balcone di casa, giocando con i semi, leggendo i libri che abbiamo pensato e preparato per loro. Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare 16 Quello di cui Herzog ha parlato era un sogno in cui i vari Stati avrebbero dovuto esprimere le diversità dei loro paesaggi, piuttosto che affidarsi agli effetti speciali di un’architettura fondata sull’idea della sorpresa. E abbiamo immaginato cosa avrebbe potuto essere un insieme di tanti paesaggi diversi, tutti a disposizione, tutti sotto i nostri occhi. Ecco, Slow Food a questa idea di bellezza prova ad avvicinarsi, proponendo una struttura semplice, lineare, legata al territorio e che prova a stupire con un qualcosa che non esaurirà mai questa funzione: la diversità e la ricchezza di una natura che, anche in un contesto urbano, è in grado di crescere rigogliosa. 17 di Michael Pollan 18 A marzo 2009, poche settimane dopo che Michelle Obama aveva inaugurato il suo orto di verdure biologiche nel giardino a sud della Casa Bianca, la sezione economica domenicale del New York Times ha pubblicato una cover story intitolata “La rivoluzione alimentare prossima ventura?”. L’articolo, scritto dal giornalista del quotidiano che si occupa di agricoltura, dichiarava che «i sostenitori del cibo organico e prodotto a livello locale, dopo essere stati ignorati per anni da Washington, hanno trovato un orecchio attento alla Casa Bianca». Si tratta certo di un momento esaltante per le persone che hanno cercato di contribuire a modificare il modo in cui gli americani coltivano e si nutrono – il «movimento del cibo», come si chiama oggi. Fioriscono i mercati di cibo di provenienza alternativa – di origine locale, biologico, da allevamento a terra –, spuntano come funghi i mercati dei contadini e, per la prima volta da più di un secolo, il numero di agricoltori censito dal Dipartimento dell’Agricoltura aumenta anziché diminuire. Il nuovo Segretario di Stato all’Agricoltura ha dedicato il lavoro del Dipartimento alla «sostenibilità», e oggi tiene riunioni con il genere di agricoltori e attivisti che non molti anni fa stazionavano con cartelli di protesta e bloccavano il traffico con i trattori davanti alla sede del Dipartimento. Le parole costano poco, direte voi, e per la verità finora si sono visti più discorsi che fatti. Ma alcuni di quei discorsi sono stupefacenti. Poco dopo la sua elezione, Barack Obama ha dichiarato a un giornalista di Time che «tutto il nostro sistema agricolo si fonda sul petrolio a basso prezzo», ed è persino arrivato a collegare la diffusione delle enormi monocolture industriali con la crisi energetica e quella dell’assistenza sanitaria. Non so se Barack Obama abbia mai letto Wendell Berry. Di certo mangiare è un atto agricolo slow Mangiare è un atto agricolo 19 mo inglese il cui pensiero ha profondamente influenzato Berry fin dal momento in cui questi l’ha scoperto nel 1964. Anzi, buona parte della riflessione di Berry sull’agricoltura può essere vista come un’estesa elaborazione dell’idea-base di Howard, secondo cui l’agricoltura dovrebbe imitare i processi naturali delle foreste e delle praterie, e scienziati, agricoltori e medici dovrebbero riconsiderare «il problema del benessere del suolo, delle piante, degli animali e dell’uomo come un unico grande tema». Nessun’altra citazione compare con più frequenza negli scritti di Berry, e a ragione. In primo luogo essa appare palesemente vera (e mangiare è un atto agricolo slow però il pensiero di Berry è arrivato fino alle labbra del Presidente. Oggi in America esiste un dibattito nazionale su cibo e agricoltura che soltanto pochi anni fa sarebbe stato impensabile. Molti americani probabilmente trovano del tutto nuovi i discorsi esemplari sui costi altissimi del cibo a buon mercato, sul rapporto tra terra e salute, sull’impossibilità che una società possa al tempo stesso mangiare bene e mantenersi in salute senza una corretta agricoltura. I saggi di questa spumeggiante antologia, molti dei quali scritti negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, ci ricordano però che Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità gran parte di ciò che oggi noi diciamo e sentiamo è stato già scritto prima, e in modo assolutamente stimolante, da Wendell Berry. E tra questi “noi” devo sicuramente includere me stesso, e non senza un certo imbarazzo. Sfido chiunque a trovare un’idea o un’intuizione contenute nei miei recenti scritti su cibo e agricoltura che non siano già prefigurate (per dirla in maniera benevola) nei saggi di Berry. Può anche darsi che nei miei scritti ci sia qualche idea originale, ma devo riconoscere che la lettura e rilettura dei saggi di Berry mi hanno profondamente ridimensionato. 20 Sono anche servite a rendermi consapevole che l’attuale dibattito americano sul tema del cibo e dell’agricoltura in realtà è nato negli anni Settanta dal lavoro di Berry e di un manipolo di suoi contemporanei come Frances Moore Lappé, Barry Commoner e Joan Gussow. Si tratta di quattro autori abilissimi nel mettere in evidenza le connessioni, profondamente scettici nei confronti del riduzionismo scientifico e molto avanzati non soltanto nella loro conoscenza dell’ecologia, ma anche nella capacità di pensare in modo ecologico: nel tracciare, per esempio, collegamenti tra hamburger e prezzo del petrolio, oppure tra il brulichio della vita nel suolo e il benessere di piante, animali e uomini che traggono nutrimento da esso. Ritengo che tale dibattito abbia realmente avuto inizio nel 1971, quando Berry ha pubblicato su The Last Whole Earth Catalog un articolo che presentava agli americani il lavoro di sir Albert Howard, agrono- anche gli scienziati più riduttivisti cominciano a riconoscerlo), e in secondo luogo costituisce un’inesauribile guida di pensiero nei confronti di parecchi dei nostri problemi. In quello stesso anno la Lappé pubblicò Diet for a Small Planet, che collegava la moderna produzione di carne (e in particolare l’uso di cereali per nutrire il bestiame) ai problemi dell’ambiente e della fame nel mondo. Durante lo stesso decennio, Commoner ha poi messo in relazione l’agricoltura industriale con la crisi energetica, mostrando quanto petrolio mangiavamo quando utilizzavamo cibo proveniente dalla filiera alimentare industriale. E la Gussow ha spiegato ai colleghi nutrizionisti che il problema di una dieta sana non può essere separato da quello dell’agricoltura. Riflettere su quest’importante e fertile corpo di opere, che spiegano tutto ciò che è necessario sapere sul vero costo del cibo a buon mercato e sull’importanza di una buona agricoltura, per me significa registrare due generi di rimpianto, di tipo uno personale e l’altro politico: primo, come giovane scrittore avvicinatosi a quei temi due decenni più tardi, ero assai meno originale di quanto credessi; secondo, come società presa nel suo insieme, non abbiamo prestato sufficiente attenzione a un monito che poteva evitare o perlomeno mitigare la situazione terribile in cui ci troviamo adesso. E infatti, che cosa daremmo oggi per tornare alla «crisi ambientale» di cui Berry scriveva in modo tanto profetico negli anni Settanta, epoca ancora ignara del problema dei mutamenti climatici? O alle questioni 21 Berry, anzi, con avidità, perché trovavo risposte ai problemi pratici con cui mi scontravo nell’orto. Avevo cominciato a coltivare da solo una certa quantità di cibo, non in una fattoria, ma nel prato di una seconda casa in una zona residenziale alla periferia di New York, ed ero completamente impreparato alle sfide poste da animali ed erbacce. Seguace fedele di Thoreau ed Emerson (entrambi i quali, sbagliando, consideravano le erbacce come simboli della natura e gli orti come una sua degenerazione), manifestavo un sacro rispetto per la natura ed evitavo di recintare le verdure di fronte all’intrusione del bosco. Non c’è bisogno che mi dilunghi su com’è andata a finire. Thoreau aveva seminato un campo di fagioli a Walden, ma non era riuscito a conciliare il suo amore per la natura con la necessità di difendere le colture da erbacce e uccelli e alla fine aveva abbandonato del tutto l’agricoltura. Era arrivato a dichiarare che «se qualcuno mi proponesse di risiedere nelle vicinanze del più bel giardino che l’arte umana abbia mai creato, oppure di una lugubre palude, sceglierei di certo la seconda». Con questa dichiarazione alquanto sgradevole, la letteratura americana sulla natura ha voltato quasi del tutto le spalle al paesaggio domestico. Non sorprende perciò che gli americani siano più bravi a preservare la natura che a praticare agricoltura e allevamento. Wendell Berry mi ha permesso di risolvere il dilemma posto da Thoreau, fornendomi un solido ponte per sanare la profonda frattura americana tra natura e cultura. Utilizzando la fattoria come testo, e non la natura, Berry mi ha fatto capire che la mia era una disputa legittima con la natura – una lite da innamorati – e mi ha indicato come affrontarla senza ricorrere all’artiglieria pesante. Ha trasferito mangiare è un atto agricolo slow relativamente più trattabili che riguardavano la salute pubblica di quel periodo, prima che l’obesità e il diabete di tipo 2 diventassero «epidemici»? (La maggior parte degli esperti data l’origine dell’epidemia di obesità ai primi anni Ottanta.) La Storia tuttavia dimostrerà che abbiamo evitato di accogliere l’invito a pensare in termini ecologici. Appena il prezzo del petrolio è sceso e Jimmy Carter è ritornato a vivere nelle campagne della Georgia col suo cardigan, il suo termostato e i suoi pannelli solari, l’America è tornata al solito (agri)business, lasciando cadere con indifferenza il filo del discorso che Berry aveva contribuito a tessere. A metà degli anni Ottanta Ronald Reagan ha fatto rimuovere i pannelli solari di Carter dal tetto della Casa Bianca, e i problemi sollevati da Berry e dagli altri sono finiti ai margini della politica e della cultura nazionale. Negli anni Ottanta lavoravo come editor da Harper’s Magazine e ho pubblicato occasionalmente discorsi e saggi di Berry. Durante gli anni di Reagan, perlomeno nell’ambiente dei media di Manhattan cui appartenevo, Berry era spesso visto come un luddista e un eccentrico, e in generale una specie di pezzo d’antiquariato letterario e filosofico. Nel momento in cui tutti sostituivano la macchina da scrivere con il personal computer, pubblicai un breve saggio in cui Berry spiegava il suo rifiuto di usare la macchina da scrivere che fu deriso da un gran numero di lettori. All’epoca persino la parola “agricoltura” sembrava irrimediabilmente fuori moda, del tutto inutile per una cultura corrosa dall’idea del post-moderno. In effetti, quando alla fine degli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta ho cominciato a scrivere di agricoltura, ho subito pensato che l’argomento non fosse attuale e degno di attenzione per gli editor di La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola 22 Manhattan: avrei perciò fatto meglio a evitare del tutto il termine e a scrivere di cibo, qualcosa che anche allora la gente consumava e a cui si interessava. Eppure, stranamente, non ho mai pensato di stabilire un collegamento con il suolo o con il lavoro degli agricoltori. È stato allora che ho cominciato a leggere con attenzione l’opera di la natura dai boschi «laggiù» (oltre il recinto) a una manciata di terra o al germoglio di un pisello dell’orto, trasformandola in qualcosa che può non soltanto essere protetto, ma anche coltivato. Ha tracciato un sentiero che ci ha ricondotti alla natura non più come spettatori, ma come partecipanti a pieno titolo. Ho divorato tutti gli scritti di 23 Conservazionista e agricoltore, 2002 “Perché un conservazionista, ad esempio, dovrebbe interessarsi attivamente di agricoltura? Le ragioni possono essere tante, ma la più ovvia è che anche un conservazionista mangia. Preoccuparsi soltanto del cibo ma non della sua produzione è una palese assurdità. I conservazionisti che vivono in città, magari, crederanno di potersi permettere d’ignorare i problemi della produzione alimentare perché non sono agricoltori. Ma non possono cavarsela così a buon mercato, perché anche loro fanno gli agricoltori per interposta persona. Sono in grado di mangiare soltanto se qualcuno, in qualche modo e da qualche parte, coltiva la terra per conto loro. Se decideranno di assumersi di nuovo la responsabilità dei propri bisogni alimentari, scopriranno che questa li ricondurrà molto velocemente alle precedenti preoccupazioni per il benessere della natura.” La consapevolezza che siamo tutti coinvolti nell’agricoltura – secondo la celebre formulazione, che «mangiare è un atto agricolo» – costituisce forse il suo contributo più esemplare all’attuale ripensamento del rapporto tra cibo e agricoltura, e rappresenta una tipica idea alla Berry, dal punto di vista del contenuto come della forma: al tempo stesso ovvia e del tutto sconcertante. Leggere i saggi di questo libro significa avvertire questa tensione, trovarsi di continuo il passo sbarrato da verità assolutamente evidenti. Ecco un piccolo saggio delle idee che troverete nelle pagine del volume: Assurdità concentrata, 2002 24 “Vorrei perciò proporre qui una definizione di «agricoltura sostenibile». A mio modo di vedere, quest’espressione si riferisce a un modo di coltivare la terra che può essere portato avanti all’infinito, perché rispetta i limiti che le vengono imposti dalla natura dei luoghi e delle persone.” “Eccoci dunque al nocciolo del problema: il totale divorzio dell’economia industriale da qualsiasi ideale e principio al di fuori di sé.” In difesa della piccola fattoria, 1986 “L’agricoltura fondata sull’energia del sole era radicalmente estranea all’economia industriale, che era in grado di ricavarne scarsi profitti. Perché l’industria potesse sfruttare appieno l’attività agricola era necessario, per dirla con Barry Commoner, indebolire «i legami tra fattoria e sole» e trasformare le terre coltivabili in colonia delle grandi società. Occorreva persuadere i coltivatori a rinunciare all’energia gratuita del sole e comprare a caro prezzo l’energia prodotta dalle macchine alimentate da combustibili fossili. Da un punto di vista culturale è accaduto così che le macchine hanno sostituito gli agricoltori e l’energia ha preso il posto della perizia contadina. Mano a mano che gli agricoltori diventavano sempre più dipendenti dall’energia prodotta da combustibili fossili, nella loro mente si produceva una radicale trasformazione. Mentre in precedenza il loro modo di pensare era centrato sulla biologia, sulla vita e sul benessere degli esseri viventi, ora si focalizzava su tecnologia ed economia. Una volta che gli agricoltori hanno imboccato la strada a senso unico dell’indebitamento, ad esempio, il credito è diventato per loro una preoccupazione pressante quanto il maltempo.” Energia e agricoltura, 1979 “Davvero la concentrazione della produzione nelle mani di un numero sempre più ristretto di grandi operatori giova agli interessi della pulizia e dell’igiene? O non rende forse più frequenti e lucrose le occasioni di collusione tra produttori irresponsabili e ispettori corrotti?” Norme igieniche per agricoltori, 1977 “Esiste poi una politica del cibo che, come qualsiasi politica, chiama in causa la nostra libertà. Certe volte siamo ancora consapevoli del fatto che non possiamo essere liberi se qualcuno controlla la nostra mente e la nostra voce. Ma abbiamo dimenticato che non possiamo neppure essere liberi se qualcuno controlla il nostro cibo e le sue fonti. […] Mangiare in modo responsabile significa anche essere liberi.” Il piacere di mangiare, 1989 L’opera saggistica di Berry viene spesso etichettata come «profetica». Capisco le ragioni che stanno alla base dell’uso di questo termine: da quarant’anni Berry ci indica con assoluta chiarezza dove porteranno i nostri errori. In realtà, però, la sua prosa non alza mai la voce né si altera mangiare è un atto agricolo slow Berry che ho potuto trovare e devo dire che mi sono sembrati tutt’altro che antiquati, anzi, li ho trovati assolutamente utili e penetranti. Ovviamente in gioco qui c’è molto più del recinto di un orto. Il mio problema con Thoreau riformula il dilemma storico dell’ambientalismo americano, che si è occupato assai più della necessità di lasciare in pace la natura che di come usarla al meglio. Se oggi si comincia ad assistere a un dialogo nuovo tra ambientalisti e agricoltori americani, e anche tra consumatori urbani e produttori rurali, gran parte del merito spetta a Berry e a passi come questo: 25 slow _ Ringraziamo Edizioni Lindau per la gentile concessione della prefazione al volume Mangiare è un atto agricolo di Wendell Berry. in preda al furore. Al contrario appare sempre paziente e razionale, precisa, ordinata e scrupolosa, come un lavoro di falegnameria ben organizzato. Dalla costruzione delle frasi di Berry ho appreso tanto quanto ho imparato dalle sue idee. Nel mio studio, i suoi libri stanno sul piccolo scaffale che tengo sempre a portata di mano, e di cui mi servo ogni volta che scrivo e non riesco ad andare avanti: leggere poche righe a caso spesso fa il miracolo e mi permette di superare l’ostacolo. Nella mia testa, l’inconfondibile voce di Berry produce l’effetto di un tonico capace di dare forza a forma e contenuto, e nei casi migliori di eliminare la patina di luoghi comuni che riveste il nostro irrazionale pensiero quotidiano. Permettetemi di concludere quest’introduzione con una citazione di Berry nella sua forma migliore, tratta da un editoriale pubblicato insieme al suo vecchio amico e collaboratore Wes Jackson*, poco dopo la crisi finanziaria dell’autunno del 2008: Per 50 o 60 anni ci siamo cullati nell’illusione che finché avremo denaro avremo cibo. Ci siamo sbagliati. Se continueremo a offendere la terra e il lavoro che ci consentono di nutrirci, le scorte alimentari diminuiranno e ci ritroveremo con un problema molto più grave del crollo di quest’economia di carta. Il Governo non sarà in grado di produrre cibo semplicemente regalando centinaia di miliardi di dollari alle società di agribusiness. Questo passo mi piace per l’idea che esprime – da solo, il termine «economia di carta» vale più di un milione di parole sulla crisi finanziaria –, ma ancor più per la bella notizia che annuncia. Che la voce indispensabile di Berry continuerà a farci da guida in questo momento difficile, provocatoria e stimolante come non mai. VISITE AI CASEIFICI TOURS OF DAIRIES Vieni a visitare il mondo del Parmigiano Reggiano, potrai scoprire le bellezze del suo territorio, incontrare i casari e acquistare direttamente dai produttori il Re dei Formaggi. Vai sulla pagina www.parmigianoreggiano.it e prenota la tua visita! Don’t miss the chance to enter the world of Parmigiano Reggiano, discover the place of origin, meet the cheese masters at work and buy the King of Cheeses directly from the producer. 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Non lo è perché a pronunciare questo concetto è Brett Graham, cuoco di The Ledbury, celebrato ristorante londinese che conta 2 stelle Michelin e prezzi non propriamente alla portata di tutte le tasche. Graham ben rappresenta una generazione di cuochi che ha dovuto fare (e ancora sta facendo) i conti con un mondo che sta cambiando: allo sviluppo galoppante della fine dello scorso secolo si sono sostituite la crisi, l'incertezza, la precarietà. E niente più della stringente necessità riesce a far cambiare mentalità e prospet- contro lo spreco. i cuochi tra mode e sostanza slow Contro lo spreco I cuochi tra mode e sostanza 29 scarto diventa un'operazione di facciata che produce altri scarti e altri sprechi, siamo daccapo. E, purtroppo, a volte succede. La sostanza, quella vera, sta nel maiale, più precisamente nel detto secondo cui «del maiale non si butta via niente». Se la cucina – alta, media o bassa – accoglie questo saggio insegnamento, il tema della lotta allo spreco alimentare, ben più ampio e complesso rispetto al limitato mondo della ristorazione, non potrà che giovarne. Facendo del cuoco, che sia da copertina o meno, un esempio da seguire nel quotidiano. Perché sia così lo scarto, l'ingrediente non considerato, il taglio meno pregiato non dovrebbero far parte di un discorso del tipo «guarda che grande piatto riesco a fare con una materia prima povera». Dovrebbero, semmai, essere il caposaldo su cui si basa il concetto stesso di rispetto del cibo. Un concetto che si ritrova nell'idea di cucina di Antonia Klugmann, talentuosa cuoca dell'Argine a Vencò, in provincia di Gorizia: una cucina, la sua, basata sulla necessità di una relazione profonda con ogni ingrediente, sia esso di origine animale o vegetale, e di un cuoco a impatto zero, in grado di reperire prodotti e materie prime senza diventare un peso in termini “energetici”. Per non diventarlo, è quasi scontato, va utilizzata ogni parte dell'ingrediente di turno, limitando al massimo contro lo spreco. i cuochi tra mode e sostanza slow tive: dove non c'è spazio per voli pindarici ci si arrabatta come si può, ci si ingegna, si rimesta nel baule dei vecchi costumi alla ricerca di soluzioni sagge e, perché no, coraggiose. Tutto ciò vale anche per la cucina. Da un lato quella povera o popolare, nutritasi nell'esigenza di trovare la quadratura del cerchio; dall'altro l'alta cucina, che per definizione non si pone limiti e non ha cerchi in cui stare. Estremizzazioni, certo, ma aiutano a rendere l'idea. E aiutano a considerare ciò che sta succedendo negli ultimi anni sotto un'ottica diversa. Il tema della lotta allo spreco del cibo, infatti, è diventato via via più popolare e diffuso, portando sotto lo stesso tetto sia chi la pratica per necessità sia chi la pratica come buona abitudine e principio etico da seguire, pur non essendovi costretto da particolari “catene” sociali ed economiche. E lo stesso è successo alla ristorazione: con coloro che percorrono le strade della cucina popolare, che portano avanti e arricchiscono giorno dopo giorno la tradizione del riutilizzo, della valorizzazione dello scarto, dell'uso di ingredienti poveri e del quinto quarto, anche perché è elemento centrale nella nostra cultura gastronomica, e quelli che percorrono la strada dell'alta cucina che sempre più spesso ragionano sugli stessi temi e sugli stessi principi, ma partendo Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastro 30 da un punto di vista diverso. Insomma, a sentir parlare i cuochi di oggi la cucina degli scarti e la lotta allo spreco alimentare sembrano essere diventati la conditio sine qua non di qualsiasi ragionamento gastronomico. Soprattutto nell'anno dell'Expo: non a caso l'ultima edizione di Identità Golose, il congresso internazionale di cucina che ogni anno a Milano riunisce alcuni dei più grandi cuochi italiani e del resto del mondo, non s'è parlato quasi d'altro. La domanda che dobbiamo porci, quindi, è: quanta sostanza e quanto rincorrere una moda o un tema popolare c'è in tutto questo? Non tutto è oro quel che luccica, infatti. Se cucinare ingredienti poveri o di o addirittura azzerando lo scarto. Che poi, in un certo senso, ci si rispecchia nella filosofia dei fratelli Damini. Il loro ristorante, fresco di stella Michelin, si trova ad Arzignano, in provincia di Vicenza. Più che un ristorante vero e proprio è una macelleria e bottega con annesso ristorante. E la saggezza del macellaio Gian Pietro Damini, il suo rispetto per il cibo, si ritrova tutto nel rapporto con il fratello (e cuoco) Giorgio, espresso in maniera esemplare proprio sul palco dell'ultima edizione di Identità Golose: «Se Giorgio mi chiede un particolare taglio di carne prima di aver finito l'intera “bestia” che gli avevo fornito, non glielo do. Quando ha utilizzato tutto, gli do un'altra “bestia”». 31 Terra Madre Giovani terra madre giovani 02 Voi, giovani contadini di ogni angolo del globo, siete la speranza per il futuro di questa terra che calpestiamo, una possibilità di riscatto per chi patisce fame e malnutrizione, i primi in grado di sovvertire un sistema economico mondiale che sta distruggendo la casa che abitiamo in nome di una concezione che confonde lo sviluppo col profitto Carlo Petrini, Lettera ai contadini, 2015 33 di Carlo Petrini 34 Ai giovani contadini, artigiani del cibo, pescatori, nomadi, indigeni che producono il nostro cibo quotidiano. A Milano abbiamo bisogno di voi, il mondo ha bisogno di voi. Dobbiamo imparare da voi, che avete deciso di dedicare la vita, o la state già dedicando, a custodire e coltivare il pianeta. Voi, che siete vicini alla terra, ci potete insegnare come fare per proteggere la varietà dei semi, le piante, le razze animali, l’acqua, il suolo, le fonti insostituibili del nostro nutrimento. Voi ci potete insegnare come il lavoro che fate ogni giorno sia lontano da ogni forma di avidità, di egoismo, di guerra. Da tutti quei mali generati da un progresso che nulla ha più a che fare con la gioia di vivere, con la felicità che deriva dalle cose belle e buone, dalla condivisione, dalla saggezza che preserva la terra per consegnarla migliore alle generazioni future. Perché voi non fate le guerre, le subite; non inquinate, ma siete vittime dell’inquinamento; non vi arricchite, ma siete sotto scacco da parte degli arricchiti alle vostre spalle; avete fame, e paradossalmente chi vi affama sono coloro per cui lavorate, per cui producete il cibo quotidiano. L’uso del tempo, il significato del lavoro, il valore del cibo, il senso del limite, l’intimo rapporto con la natura e con l’ambiente sono caratteristiche profondamente umane, ma la nostra specie oggi le sta perdendo per strada. Il mondo ha bisogno di voi, del vostro esempio, dei vostri saperi, della vostra gioventù ed energia. Venite a Milano a ottobre, sul finire della grande Esposizione Universale dedicata a “nutrire il pianeta”: chi meglio di voi, che nutrite il mondo con il vostro lavoro quotidiano, può essere il protagonista di una mobilitazione che finalmente lancerà un messaggio inequivocabile di speranza e di pace, di prospettiva futura, che traccerà le rotte di un nuovo umanesimo? Voi, giovani contadini di ogni angolo del globo, siete la speranza per il futuro di questa terra che calpestiamo, una possibilità di riscatto per chi patisce fame e malnutrizione, i primi in grado di sovvertire un sistema economico mondiale che sta distruggendo la casa che abitiamo in nome di una concezione che confonde lo sviluppo col profitto, la crescita con la competizione. Voi portate avanti una storia millenaria scritta da ogni zappa, ogni aratro, ogni falce, ogni rete da pesca, ogni pentola e cucchiaio, ogni fatica spesa per la terra e per il cibo: siete coloro che praticano e propagano il “lento contagio dell’esempio”. Lasciate per qualche giorno i vostri campi, le vostre barche, le vostre cucine, le vostre botteghe, venite a Milano per riunirvi, condividere le vostre idee, far sentire a tutti le risposte che il mondo sta cercando e che mai troverà senza ascoltarvi. Noi vi aspettiamo, Milano vi aspetta. lettera ai contadini slow Lettera ai contadini 35 EDIE MUKIIBI Agronomo MAT THEW NEUFELD Agricoltore / Cuoco di Rinaldo Rava Young People Terra Madre Giovani We Feed the Planet è un evento che riunisce migliaia di artigiani del cibo under 40 da tutto il mondo SKA MIRRIAM MOTEANE Chef 36 terra madre giovani — we feed the planet slow ANTOINE BAURAIN Agricoltore Terra Madre Giovani We Feed the Planet Essere giovani non è facile, in qualunque epoca della storia è stato così. I giovani sono coloro che devono disegnare il futuro, coloro ai quali è richiesto di cambiare le storture del mondo, di immaginarne uno più bello, più giusto, più accogliente e più piacevole. Ma c’è una categoria di giovani che in questo momento storico è ancora più in difficoltà, e sono i giovani contadini, pescatori, allevatori, pastori, nomadi, indigeni, artigiani del cibo, ai quali la partecipazione al disegno del mondo che verrà è in massima parte preclusa. Mai come in questi tempi confusi è stato così difficile abitare la terra, coltivarla per produrre il cibo quotidiano e cercare dignità attraverso questo lavoro. E 37 Dal 3 al 6 ottobre questi giovani che credono nel lavoro della terra saranno convocati a Milano per un grande evento mondiale: Terra Madre Giovani We Feed the Planet Planet 38 mercato e competizione esasperata, sfruttamento del lavoro e mercificazione del cibo. Occorre che chi detiene le leve del potere sia pronto ad ascoltarlo. Per questo lo Sfyn, la rete dei giovani di Slow Food, sta lavorando per consentire al maggior numero possibile di loro coetanei di raggiungere Milano dai quattro angoli del pianeta, e sta chiamando all’azione tutto il nostro movimento, tutta la società civile, tutti coloro che credono che senza la voce forte, chiara e globale dei giovani contadini di tutto il mondo non si possa in alcun modo chiudere il semestre dell’Expo. È online sul sito www.wefeedtheplanet. com una campagna di raccolta fondi per fare fronte alle spese di viaggio di coloro che verranno dal Sud del mondo, e l’invito a donare è rivolto davvero a tutti, per consentire anche a chi sta patendo le ingiustizie di un sistema alimentare iniquo e aggressivo di esserci, di poter dire che così non va, per reagire. Il diritto al viaggio è stato sempre uno dei valori fondativi di Terra Madre, e in questo evento vogliamo ribadirlo con forza e determinazione. Coinvolgiamo i nostri amici, mobilitiamo le nostre comunità, diffondiamo il messaggio sui nostri social network, facciamo in modo di rendere possibile un evento che avrà una ricaduta politica potentissima per tutto il nostro movimento e che potrà essere un ulteriore grande trampolino per quella rivoluzione lenta e gioiosa che auspichiamo e inseguiamo quotidianamente. Ma l’impegno per questo evento non si limiterà al garantire i viaggi ai delegati, perché come da tradizione anche l’ospitalità sarà garantita a tutti. Un grande coinvolgimento dei milanesi farà da contorno all’appuntamento di inizio ottobre, con le Università, le associazioni, le istituzioni e i singoli cittadini in prima linea per dimostrare ancora una volta che le buone idee generano comunità, aggregazione e solidarietà. In quattro giorni di conferenze tematiche, workshop, laboratori, eat-in, seminari, concerti, proiezioni di film e molto altro, Terra Madre Giovani sarà l’occasione per sperimentare sul campo una larghissima partecipazione del territorio che si riappropria di uno spazio di discussione e di interazione democratico e positivo, di un nuovo modo di intendere la politica e l’attivismo in modo allegro e gioioso ma impegnato come non mai. Possiamo mancare? terra madre giovani — we feed the planet slow d’altra parte da qui bisogna ripartire, se pensiamo che mangiare sarà ancora un bisogno primario ineludibile in un futuro prossimo in cui la popolazione del pianeta raggiungerà i nove miliardi di individui. Dal 3 al 6 ottobre questi giovani che credono nel lavoro della terra, che credono abbia senso operare per produrre un cibo buono, che non impatta sulle risorse ambientali e culturali del pianeta, che non mortifica ma valorizza le specificità territoriali, saranno convocati a Milano per un grande evento mondiale: Terra Madre Giovani – We Feed the Planet. Sarà un’edizione straordinaria dell’appuntamento che normalmente si svolge ogni due anni a Torino e sarà interamente dedicato a produttori sotto i quarant’anni di età. Nell’anno dell’Esposizione Universale e nella città dell’Esposizione Universale, questo meeting vuole essere un momento di riflessione e di affermazione che un modello diverso non solo è possibile ma già esiste, che non c’è bisogno di appiattire la discussione sul futuro del nostro cibo in un dialogo tra governi e grandi imprese. Perché chi davvero nutre il pianeta è già all’opera, è già al largo sulle proprie barche da pesca, è già chino sui propri filari, è già al lavoro nei propri forni, è già sulla strada dei pascoli con le propre greggi. E soprattutto ha le idee molto chiare su ciò che nell’attuale sistema alimentare non funziona: malnutrizione e obesità, ogm e chimica di sintesi, NICOLA DEL VECCHIO Agricoltore RAMAZ NIKOLADZE Vitivinicoltore Feed 39 dentro terra madre giovani — we feed the planet slow Dentro Terra Madre Giovani We Feed the Planet di Camilla Micheletti Intervista a Francesco Scaglia, coordinatore internazionale di Slow Food Young Network, membro del comitato organizzativo del grande evento che dal 3 al 6 ottobre animerà Milano 40 Come nasce Terra Madre Giovani? Il tema di Expo 2015 è “Nutrire il Pianeta”, ma forse la domanda più giusta, quella che da sempre dentro Slow Food ci facciamo, è «Come vogliamo che il mondo venga nutrito?». Come sarà il mondo del futuro, se contadini e pescatori sono destinati a scomparire? I piccoli produttori, gli Small Scale Producers, sono i veri eroi moderni perché sono coloro che portano avanti un modello di agricoltura alternativo, e lo fanno senza alcuna garanzia. Quest’evento è dedicato a tutti ma in particolare a loro. Con Terra Madre Giovani vogliamo mostrare al mondo il ruolo strategico che hanno queste persone, e che avranno sempre di più in futuro. 41 slow dentro terra madre giovani — we feed the planet 42 43 Quali sono gli obiettivi da raggiungere? Metteremo in contatto migliaia di contadini, produttori e giovani professionisti del cibo. Durante i giorni dell’evento abbiamo in programma di mostrare 100 video che spieghino 100 differenti visioni dell’agricoltura del futuro. Anche le start up innovative saranno coinvolte, da chi si occupa della distribuzione e della promozione ai designer del cibo e agli architetti, tutti sotto i 40 anni. Si potrà partecipare ai workshop e alle academy, ascoltare la voce dei protagonisti del mondo del cibo e, una volta tornati a casa, riproporre sul proprio territorio l’esperienza. L’obiettivo è creare una comunità aperta e recettiva, capace di far fronte alle grandi sfide che ci troveremo ad affrontare nei prossimi anni. Siamo l’unica grande associazione che poteva realizzare un evento del genere, grazie alla rete che negli anni abbiamo creato. Per questo la parola “We” nel logo di We Feed the Planet è la più importante. Il nostro logo ha stili, caratteri e colori diversi perché la diversità è la nostra risorsa più grande. Come riuscirete a portare contadini e produttori a Milano? Per riuscire a far arrivare più persone possibili abbiamo realizzato una campagna di crowdfunding: il ricavato servirà a pagare le spese di viaggio dei contadini. La campagna ha avuto il sostegno di personalità del mondo dello spettacolo, della cultura, dello sport e delle istituzioni; da qualche mese, inoltre, piccole miniature di contadini realizzate dai maestri presepai napoletani hanno iniziato a invadere pacificamente alcuni luoghi simbolo di Milano, come la moltitudine di contadini che arriverà durante Terra Madre Giovani. Vuoi fare un appello ai giovani italiani? Vorrei che i giovani italiani venissero a vedere che cos’è Terra Madre Giovani e in che modo stiamo costruendo lo Slow Food del futuro. Abbiamo la possibilità di diventare più influenti mantenendo il nostro livello culturale ed espandendo un messaggio importante: che l’Italia sia presente e possa guidare questa rivoluzione a fianco dei contadini di tutto il mondo. Sostieni Terra Madre Giovani We Feed the Planet Slow Food Youth Network, Slow Food e Terra Madre hanno bisogno del tuo sostegno per dare una possibilità unica agli Small Scale Producers, piccoli produttori che lottano ogni giorno per dare una speranza al futuro del cibo. Con l’evento Terra Madre Giovani – We Feed the Planet vogliamo portare giovani contadini under 40, provenienti da tutto il mondo, sul palcoscenico internazionale di Milano dal 3 al 6 ottobre. Saranno tre giorni di incontri, scambi, confronti e divertimento, all’insegna della sostenibilità e della speranza. La campagna di crowdfunding ha l'obiettivo di raccogliere fondi per sostenere i costi del viaggio di questi piccoli produttori, dai loro paesi fino in Italia. Nella campagna i produttori sono rappresentati da statuette create dai presepai napoletani, che invadono pacificamente Milano in occasione dell’evento. Sono questi produttori locali, solo apparentemente piccoli, a nutrire il pianeta. A ogni donazione fatta corrisponde un reward: le più generose riceveranno le esclusive statuette di Terra Madre Giovani – We Feed the Planet, e l'invito a partecipare all'evento da protagonisti. Il traguardo è ambizioso, e per raggiungerlo abbiamo davvero bisogno dell’aiuto di tutti voi. Solo insieme riusciremo a dare una speranza al futuro del cibo. Dona su www.wefeedtheplanet.com dentro terra madre giovani — we feed the planet slow 44 Perché proprio a Milano? Terra Madre Giovani–We Feed the Planet sarà un evento che coinvolgerà tutta la città subito dopo l’Expo: porteremo i nostri incontri e le nostre conferenze nel cuore di Milano. Ringraziamo l’amministrazione di Pisapia che ha mostrato una grande disponibilità, fornendoci strutture in cui accoglieremo contadini e attivisti che arriveranno da tutto il mondo. Sarà una grande festa, un evento diffuso e in gran parte aperto a tutti. Molti giovani saranno ospitati dalle famiglie milanesi: ne siamo molto orgogliosi perché l’ospitalità genera connessioni, aumentando la conoscenza e la vicinanza di mondi e stili di vita apparentemente lontanissimi. 45 since 1825 03 Il nostro cibo quotidiano il nostro cibo quotidiano Italian quality glass Si pretende di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un simile consumo. Inoltre, sappiamo che si spreca approssimativamente un terzo degli alimenti che si producono, e «il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero» Bormioli Rocco porta l’eleganza e lo stile italiano sulla vostra tavola, in ogni momento della giornata, con design e prodotti innovativi. bormioliroccocasa.com Papa Francesco, Laudato si’ – Enciclica sulla cura della casa comune, 2015 47 Uno dei caratteri gustativi più spesso collegati alla birra è la sua componente amara. In effetti, per molte birre l'amaro è una sensazione ben evidente. Esistono nella birra almeno due tipologie di amaro: quello dato dal luppolo e quello apportato dai malti tostati. Nel primo caso si tratta di note facilmente riconducibili alle componenti amare del carciofo, Qualcuno potrebbe storcere il naso pensando alla birra acida. Potrebbe pensare a un prodotto andato a male e quindi da buttare. E invece, come già spesso raccontato anche su queste pagine, le birre acide sono un patrimonio importantissimo della cultura brassicola mondiale. Come per l'amaro, anche per l'acidità esistono diverse sfumature e intensità. Si va dalle acidità Abbiamo solo iniziato. Con due sapori spesso difficili. Nel prossimo numero vedremo esempi più rari da incontrare come le birre affumicate, quelle speziate e quelle dalla grande dolcezza. Il viaggio è solo a metà. Non vorrete perdere la fine. 48 Le mille sfaccettature della birra consentono di abbinarla praticamente con ogni piatto — Continua nel prossimo numero. birra e cibo. l’abbinamento quotidiano quasi impercettibili delle weizen e delle blanche, alle acidità più importanti delle göse (rarissimo stile tedesco che prevede la fermentazione con acidi lattici e un'aggiunta di sale che dà alla birra anche uno spiccato carattere salato) fino alle appuntite note acide delle birre a fermentazione mista e spontanea. Al primo caso appartengono per esempio le red flemish ale, spesso segnate da vivaci note di acido acetico mitigate dalla dolcezza dei malti. Il secondo caso è invece quello di lambic e gueuze, birre dal profilo molto complesso in cui si va dalla morbida acidità lattica (che ricorda un po' lo yogurt) alla pungente acidità acetica o citrica. Il tutto reso ancora più tagliente da una secchezza estrema. Qui l'abbinamento è davvero molto ampio. Si va dal pesce, da proporre con le birre dall'acidità più sottile (provate un pesce bianco con una blanche), ai fritti di pesce e verdure che sono perfettamente a loro agio in compagnia di gueuze e red flemish. Birre, queste ultime, che danno il meglio di sé quando abbinate a cucine speziate o esotiche come la cinese. Amaro di Eugenio Signoroni delle radici (si pensi al rabarbaro), di alcune erbe di campo o della scorza di agrume. Si trovano soprattutto nelle India pale ale (stile anglosassone che fa ampio uso di luppolo) e in alcune versioni di pils. Queste sono molto adatte ad accompagnarsi con piatti anch'essi amari (è questa una tendenza molto in voga nella cucina creativa) o con preparazioni in cui verdure amare ed erbe hanno un ruolo preponderante, che sarebbe altrimenti difficile accompagnare con qualcosa. Nel secondo caso, invece, si tratta di una sensazione amara più morbida, che ricorda il caffè non zuccherato, il cioccolato con importanti percentuali di cacao o la parte bruciata del pane. Queste birre vanno sotto il gruppo delle stout e delle porter, per stare in ambito anglosassone, o delle schwarz spostando lo sguardo sulla Germania. Qui l'abbinamento è invece ottimo con dolci a base di cioccolato (ed ecco un altro dei prodotti considerati difficili da abbinare) o con formaggi a pasta molle, piuttosto dolci e grassi. Acido slow Birra e cibo L’abbinamento quotidiano Come promesso, torniamo sul tema dell'abbinamento cibo-birra, questa volta non tanto per analizzare quanto stia avvenendo sulla scena italiana e internazionale – sebbene da poco l'industria abbia sferrato il suo ultimo attacco a suon di chef stellati presenti sull'etichetta (vedi l'articolo “I grandi chef celebrano la Moretti, alla prossima tocca al Tavernello”, su slowine.it) – ma per cogliere invece quali immense opportunità la birra offra a cuochi, sommelier e osti nell'accompagnamento dei loro piatti. La birra, a differenza di quanto si sia comunemente abituati a pensare, è una bevanda dalle mille sfaccettature. Si possono avere birre estremamente dolci o intensamente amare, birre acide o profumate come un campo di fiori. Birre dall'elevato calore alcolico o birre leggere e scorrevoli. Questa grande variabilità consente di abbinare la birra praticamente con ogni piatto a seconda del risultato che si vuole ottenere. Proviamo a entrare più nel dettaglio. 49 di Agnese Del Canto Sergio Fessia è un selezionatore di frutta e verdura per i negozi Eataly del Nord Italia ed è titolare dell’azienda all’ingrosso a Bra (Cuneo) Ortobra. L’abbiamo intervistato per cercare di scoprire le storie che stanno dietro alla frutta e alla verdura che arrivano sulle nostre tavole 50 Quali regole seguire per mangiare frutta e verdura sane? Credo che la regola aurea sia mangiare cibo locale e di stagione. Attenzione però: dobbiamo sempre domandarci se frutta e verdura siano di stagione, ma dobbiamo considerare anche il luogo di produzione. L’Italia, essendo un paese molto “lungo”, ha tre tipi diversi di stagionalità: Nord, Centro e Sud. Le fragole italiane sono di stagione da febbraio, a Marsala in Sicilia, a luglio, a Vipiteno in Trentino. La stagionalità è come una catena: si inizia a produrre al Sud, nelle zone più calde, e man mano ci si sposta verso Nord, e la distribuzione segue questo percorso. Allo stesso tempo, che significato ha la parola “locale”? L’Italia, la regione, il Comune? Nel mio lavoro faccio rientrare nell’aggettivo “locale” un raggio di 200-500 chilometri dal luogo di acquisto, anche perché in alcune regioni, come in Campania, è possibile rifornirsi di frutta e verdura davvero locali, mentre in altre è molto più difficile. frutta e verdura quotidiane: cosa c’è dietro lo scaffale? slow Frutta e verdura quotidiane: cosa c’è dietro lo scaffale? 51 Nella grande distribuzione si dà troppa importanza all’aspetto esteriore e al cosiddetto “long life”, la durata di un prodotto ortofrutticolo che lo zucchero fuoriesce dalla buccia e si deposita fuori formando la classica patina. Ecco, quella mela non può essere esportata, quindi verrà prodotta sempre meno, e piano piano la vedremo scomparire anche dalle nostre tavole. Quando compriamo un frutto, il prezzo che paghiamo è davvero quello giusto? Assolutamente no: la maggior parte del costo di un frutto sta nel trasporto, quindi potete immaginare quanto poco guadagni il produttore. La questione dei trasporti è un altro grande problema del sistema ortofrutticolo italiano. I trasporti sono organizzati tramite camion, la rete ferroviaria non viene sfruttata, eppure sarebbe molto più conveniente. I treni merci non intasano il traffico, non distruggono le strade e inquinano di meno. Anche in questo caso, però, la politica industriale coinvolge interessi grossi e difficili da smuovere. Il prezzo di frutta e verdura alla fonte è incomparabile con quello che include il trasporto: se per esempio un produttore si trova in Liguria e deve far arrivare la propria merce a Torino, il sistema impone di trasportare quei prodotti prima a Milano. Questo perché i canali della grande distribuzione sono pochi e con un grande fatturato. Avremmo bisogno di regole più flessibili. Bastano le certificazioni – Igp, Dop – per assicurarci che un cibo sia buono, pulito e giusto? Il problema delle certificazioni è che tutelano e certificano il prodotto – spesso attraverso procedimenti burocratici complicati – ma non il contesto produttivo che spesso si svolge nell’illegalità, coinvolgendo il mercato nero. Dobbiamo cominciare a porci domande sul caporalato e sui metodi illegali di produzione. I prodotti a marchio Igp possono tranquillamente sfruttare “schiavi” per la coltivazione. Esistono alcuni esempi di marchi virtuosi, come “Caporalato Free” e “No Pizzo”, ma generalmente ci troviamo di fronte a un diffuso disinteresse, soprattutto da parte delle istituzioni. vogliono nascondere il produttore, per poter avere più diritti sul prodotto stesso. Capire il perché è semplice: se produco un certo tipo di olive che piacciono molto ai consumatori, ho un potere rispetto a chi vende il mio prodotto. Posso alzare i prezzi oppure rivolgermi a un altro distributore. La grande distribuzione cancella i nomi dei produttori applicando il proprio marchio, in modo che il produttore, se non si trova più d’accordo con le regole del distributore, non avrà alcuna possibilità di imporsi sul mercato perché nessuno riconoscerà i suoi prodotti. In pratica la grande distribuzione “ruba” il valore aggiunto. Che cosa fare, quindi? La qualità deve essere pagata, e questo concetto deve essere ben chiaro anche ai selezionatori che frequentano i mercati generali. Conoscere i produttori, pagare loro il giusto prezzo per i prodotti più buoni, è il solo metodo per garantirsi la qualità e i prodotti migliori. Inoltre, un’educazione al gusto è fondamentale: si dovrebbe partire già con i bambini piccoli, perché il loro gusto è ancora intatto e molto sviluppato. Al Salone del Gusto abbiamo fatto vari esperimenti in questo senso, facendo scegliere ai bambini il frutto più buono: quelli che non erano ancora stati influenzati dalle pubblicità sceglievaNel sistema della distribuzione no la frutta dal gusto migliore, mentre quale ruolo hanno i produttori? quelli un po’ più grandi si facevano conLe catene della grande distribuzione dizionare anche dall’aspetto. frutta e verdura quotidiane: cosa c’è dietro lo scaffale? slow 52 Quali sono i problemi legati al sistema della distribuzione? L’Italia è da sempre una grande produttrice di frutta e verdura, al pari della Spagna, per fare un paragone con la nazione europea che detiene la maggior parte del mercato ortofrutticolo. Con la differenza che da noi il sistema produttivo non si è mai organizzato e questo vuoto è stato colmato dalla grande distribuzione (Gdo). Che significa: standardizzazione, produzioni estese e monocolturali, prezzi bassi, totale disinteresse per il gusto. Del resto per i grandi buyer che riforniscono i supermercati è un vantaggio acquistare da un solo fornitore. Molto più complesso è, invece, un sistema che vede una miriade di piccoli produttori che fanno capo a una serie di compratori diversi. Nella grande distribuzione si dà troppa importanza all’aspetto esteriore e alla cosiddetta “long life”, la durata di un prodotto ortofrutticolo. Un esempio è quello degli asparagi: il mercato richiede asparagi grandi e grossi, senza considerare che quelli dal sapore migliore sono piccoli e sottili. E questo influenza la nostra vita più di quello che pensiamo. Sembra un paradosso, ma non possiamo esportare la frutta più buona a causa del suo aspetto. È il caso delle mele: avete presente i frutti che hanno una patina scura e ruvida sulla buccia? In gergo quella patina si chiama “ruggine”, e sta a indicare che ci troviamo di fronte a una mela molto dolce e succosa, talmente dolce 53 di Raffaella Ponzio e Ludovico Roccatello 54 In Europa ci nutriamo di oltre 200 litri annui pro capite di latte. Gran parte di questo arriva da un’unica razza, la frisona, selezionata dall’uomo per trasformarsi in una “macchina da latte”; a regime di produzione intensiva arriva a produrre fino a 50, 60 litri di latte al giorno, vivendo pochi anni, reclusa spesso in condizioni di mobilità limitata e alimentata con mangimi e integratori per massimizzare la resa anche a scapito della qualità. L’allevamento di questi animali è oggi sempre più serializzato per rispondere alle norme igieniste, alla volontà di aumentare velocità e volumi di produzione, ma anche alla richiesta di un mercato abituatosi da tempo a gusti costanti e uniformi nel corso delle stagioni. Un processo standardizzato implica che anche il prodotto risulti standardizzato, presentando ovunque lo stesso sa- Eppure il latte andrebbe declinato al plurale. Il latte è infatti un universo ricco e vario di cui animale, alimentazione, metodo di allevamento, possibili trattamenti rappresentano solo le principali di molteplici variabili. L'uomo è l'unica specie a nutrirsi di latte anche dopo la prima infanzia e che si nutre di latte appartenente a specie diverse. A seconda dell'area (più o meno arida o ospitale), del contesto (economico, culturale) beviamo latte di vacca, pecora, capra, ma anche cammella, asina, yak, renna e bufala (la quarta grande specie lattifera in Italia e la seconda per produzione a livello mondiale). Il latte prodotto nel nostro Paese e nel mondo oggi è però soprattutto quello bovino (85%), prima ancora che per cultura, per produttività: la vacca unisce infatti la capacità di produrre in grandi quantità uno dei latti più ricchi dal punto di vista nutrizionale a una grande adattabilità a contesti ambientali diversi (dai pascoli di montagna alle grandi pianure). Al fine di adattarle a condizioni ed esigenze diverse (esistono razze da lavoro, da carne e, appunto, da latte, e razze che uniscono più di una di queste caratteristiche), l'uomo ha contribuito alla selezione di razze diverse all’interno della stessa specie, generando popolazioni animali connotate da attributi specifici. Caratteristiche che le rendono riconoscibili e adatte ai territori di origine, quali la forza o le dimensioni tipiche delle razze alpine (bruna, grigio alpina, rendena o le razze valdostane, per citare le più celebri), o la rusticità e frugalità, nelle aree aride del Meridione (modicana, cinisana o le razze podoliche) dove è necessario accontentarsi di pascoli magri e poca acqua. Una biodiversità straordinaria oggi a serio rischio di estinzione: basti pensare che in Europa cinquant’anni fa si contavano 180 razze bovine ma un terzo di queste è stato sacrificato in nome della resa e dell’omologazione dei sistemi produttivi. Negli ultimi trent’anni la produzione mondiale di latte è aumentata del 43%, eppure gran parte delle razze sopravvissute fino a oggi rischiano di estinguersi in poche generazioni. Razze e adattabilità incidono significativamente anche sul tipo di allevamento praticabile: non tutte le vacche possono reggere mesi di alpeggi o terreni scoscesi, così come non tutte sono adatte a fornire produzioni stabili e costanti o sono sufficientemente mansuete da convivere in stalle o su pascoli limitati. I metodi di allevamento variano quindi notevolmente e, con essi, il cibo che gli animali hanno a disposizione. L’alimentazione con erba fresca donerà al latte aromi particolari e intensi che si possono riconoscere all’assaggio e sfumature giallastre conferite dalla parte grassa. La composizione delle erbe del pascolo può variare sensibilmente, così come può variare quella dei foraggi di bere biodiversità. la varietà dei latti dalla vacca alla caldaia slow Bere biodiversità La varietà dei latti dalla vacca alla caldaia pore, indifferente all'eterogeneità dei sistemi produttivi. 55 slow 56 cui si nutrono gli animali. Un’alimentazione ricca, varia ed equilibrata garantisce la qualità del prodotto finale, che altrimenti risulta pallido e dolciastro, quasi insapore. Quando il foraggio fresco non è disponibile, la vacca può essere nutrita a fieno, ma più spesso viene nutrita con insilati, ovvero mais o altri vegetali acidificati in assenza di ossigeno (il metodo più comune è quello delle balle di fieno fasciate in plastica o dei silos), o ancora con mangimi standard. Oltre a questi fattori, anche la fase della lattazione, le condizioni di salute degli animali, la tecnica e i tempi di mungitura, il clima sono importanti, ma uno dei passaggi chiave è successivo alla produzione in sé: la conservazione. La grande deperibilità del latte ha fatto sì che l’uomo si sia sempre posto il problema di conservarlo. Le tecniche più antiche hanno portato ai tanti latti fermentati e alle produzione casearie. Oggi i metodi più diffusi sono i trattamenti termici. Trattare termicamente il latte significa – per avere un’idea – scaldarlo per 15 secondi a una temperatura tra 57 e 68°C (termizzazione) oppure per 15 secondi a 72°C (pastorizzazione) o per un secondo a 135°C (sterilizzazione). Ma perché è così importante se il latte è trattato o meno? Perché la temperatura, oltre a variare sensibilmente il profilo nutrizionale del latte che beviamo, incide moltissimo sulla qualità del formaggio. Perché è così importante se il latte è trattato o meno? Perché la temperatura, oltre a variare sensibilmente il profilo nutrizionale del latte che beviamo, incide moltissimo sulla qualità del formaggio C M Y CM MY I trattamenti termici impattano – seppur in misure diverse – sulla microflora presente nel latte, sostituita con fermenti industriali che eliminano le differenze e omologano i sapori, privando i prodotti artigianali della loro unicità e quindi del legame con il territorio che consente di garantire continuità alle produzioni di aree marginali come quelle montane, altrimenti non competitive con le quantità prodotte in pianura. A Cheese vi racconteremo il percorso del latte, dalla terra che produce l’erba di cui si nutrono gli animali, alle molte forme e sapori del latte diventato formaggio: visitate il percorso presso la Casa della Biodiversità in via Marconi. CY CMY K di Michele Antonio Fino Da aprile 2015 l’Unione Europea ha detto addio alle quote latte, il sistema pensato per garantire l’aggiustamento del mercato 58 Il 31 marzo 2015 è finito il sistema delle quote latte che per trentun’anni aveva determinato il più imponente contingentamento della produzione di un settore zootecnico europeo della storia. La rivoluzione era stata introdotta nel 1984, quando per l'agricoltura continentale arrivò un sistema destinato a garantire l’aggiustamento del mercato, (uno dei cinque strumenti a disposizione dell’Ue per perseguire i suoi obiettivi di favore per i consumatori interni con contestuale protezione del reddito degli agricoltori/allevatori. Prima del 1984 c’erano stati vent'anni di sostegno diretto al prezzo del latte, il cosiddetto aiuto accoppiato: più producevi, più la Cee ti premiava con un’integrazione al prezzo pagato dal caseificio. Adesso, il punto sulle quote latte. quanti danni e quali prospettive? slow Il punto sulle quote latte Quanti danni e quali prospettive? 59 sivamente ridotte a pochi tipi, con la frisona-holstein a farla da padrona in tutti gli areali dove l'allevamento da latte è sopravvissuto · diffusione a tutte le latitudini europee di un modello intensivo di conduzione dell'azienda lattiera, basata su unifeed (generalmente insilati mescolati a fieno o paglia) uguali tutto l’anno, allo scopo di omogeneizzare i parametri di cui sopra nel latte · impiego di un numero sempre più ampio di integrazioni alimentari (dalla soia Misurare il meglio solo sulla base di quantità, capi in stalla, controlli di un minimo numero di parametri chimici del latte è oggi semplicemente inaccettabile 60 zootecnia migliore da latte trent’anni fa non lo è più, indiscutibilmente, oggi. Misurare il meglio solo sulla base di quantità, capi in stalla, controlli di un minimo numero di parametri chimici del latte è oggi semplicemente inaccettabile, ma la visione del 1984 ha prodotto un bel po’ di conseguenza comunque. Abbiamo avuto in eredità: · stalle mediamente sempre meno numerose e più grandi · razze bovine da mungitura progres- ai semi di lino, dai semi di cotone ad alcuni residui di lavorazione industriale), con l’unico fine di produrre, senza alcuna sensibilità per le qualità organolettiche del prodotto tal quale e dei formaggi che ne derivano. Abbiamo perso in trent’anni una varietà di sapori che solo la nostra corta memoria ci impedisce di rimpiangere oggi, mentre, d’altra parte, le stesse leggi dell’economia, che trent’anni fa consigliavano concentrazione e massificazione, oggi supportano la scelta di far rivivere formaggi fatti con il latte di vacche divenute rare e per questo preziose: emblematici i casi dei parmigiano reggiano Dop prodotti a partire da latte di bianca modenese o di vacca rossa reggiana. In una micidiale roulette russa, abbiamo via via escluso le vie di una contemporanea biodiversità alimentare e oggi ci rammarichiamo di questa perdita. Il discorso fa riflettere, perché di scelte “migliorative” pressoché sempre secondo logiche industriali di grandi numeri ne vediamo suggerite in ogni campo dell’agroalimentare, non certo solo in quello lattiero caseario: penso ai vitigni “migliorativi” così come a tutte le cultivar frutticole “migliorate” che vengono proposte all’agricoltura costantemente. Le quote sono state un freno alla produzione che l’Ue ha pagato carissimo. Gli allevatori che non potevano crescere sono stati sovvenzionati, attraverso un sostegno al prezzo del latte tale da mantenere artificialmente (in termini economici) alto il differenziale tra il prodotto di diversi Stati membri. I giovani agricoltori che hanno inteso intraprendere la zootecnia bovina da latte, per trent’anni, sono stati limitati fortemente dal fatto di dover disporre anche delle quote di produzione, oltre che del know-how e dei costosissimi mezzi di produzione (stalle, terreni, macchinari e ovviamente bovini). Certo: il sistema, che era nato per dare all'Europa autosufficienza alimentare, ha svolto la propria funzione: i prezzi del latte, come quelli dei cereali, sono stati tenuti alti dall'artificiale supporto del denaro pubblico. Nei fatti, il sistema ha spinto a una crescita produttiva ben oltre le necessità interne europee, impossibile da assorbire per il mercato mondiale in una logica di libero scambio (sia per ragioni strutturali, poiché latte e derivati non si conservano a lungo, sia per ragioni politiche, poiché tutti i Paesi sviluppati tendono a proteggere il proprio comparto lattiero-caseario e gli accordi Wto in vigore impediscono di fare all’estero azioni di dumping o comunque turbative dei mercati interni) e alla fine profondamente contraddittoria. La contraddizione è bidirezionale: per decenni l’Ue ha speso per ritirare dal mercato ingenti quantità di burro e latte in polvere, allo scopo di tenere prezzi alti (la forma più moderna di aiuto diretto) e così facendo ha spinto il sistema di allevamento a produrre sempre di più. D’altra parte, le quote sono state fissate nel 1984, sulla base di consumi e produzioni nazionali poco o nulla aggiornati dopo, quindi con tensioni che in Italia hanno visto protagonisti gli splafonatori: quelli con le bandiere della vacca Ercolina. Un numero significativo di medie e grandi aziende interessate a produrre fuori quota, per approfittare dei prezzi alti garantiti… dal sistema basato sulle quote. Nel 2005 - ripeto: 2005 - in un convegno organizzato proprio dagli splafonatori italiani sentii dire loro che con la fine del regime delle quote il latte sarebbe andato ai prezzi dei Paesi più competitivi: non oltre i 27 cents. Dieci anni dopo, eccoci. Con la fine delle quote latte, il soste- il punto sulle quote latte. quanti danni e quali prospettive? slow l'Organizzazione Comune del Mercato, per garantire continuità a quel modello di aiuti, imponeva un limite alla libertà imprenditoriale, con l'obiettivo al contempo di far crescere e migliorare il sistema dell'allevamento europeo. Naturalmente, la teoria appare asettica e indubitabilmente positiva. I fatti invece sono governati da altre sensazioni. In primo luogo, che cosa sia una zootecnia migliore può certamente essere discusso. E quella che sembrava “la” 61 gno è ormai impensabile nelle forme che ha avuto finora e il mercato, si dice, troverà la propria regolamentazione. Con buona pace delle vittime, non solo metaforiche, del processo di "autoregolamentazione". Come nei Paesi ex-sovietici, abbiamo abituato il nostro sistema a un contesto drogato ed è quindi durissima adesso. Gli allevatori che escono dal regime delle quote, infatti, sono stati (da due generazioni) abituati a pensare in termini quantitativi e poco altro. Hanno avuto per decenni un modello di qualità a uso e consumo dell'industria lattiero-casearia che ne ha livellato capacità e specificità. L’indomani della fine delle quote, il ministro Martina ha avviato l’applicazione delle misure del “Fondo latte di qualità”, finanziato con 8 milioni di euro nel 2015 e 50 all’anno nei successivi due. Le azioni in obiettivo sono diverse: 1. miglioramento della qualità del latte 2. campagna di educazione alimentare per invertire il calo dei consumi del fresco 3. promozione su mercati esteri dei grandi formaggi italiani 4. revisione della normativa sui prodot- ti trasformati in modo da valorizzare la qualità dei prodotti italiani 5. richiesta alla Commissione europea di accelerare l'attuazione del regolamento sull'etichettatura, in modo da indicare il luogo di trasformazione e quello di mungitura del latte commercializzato. Il quadro è chiaramente composto di misure attive per promuovere e aumentare i consumi di latte e derivati italiani, sul mercato interno ed estero. Questo, a prescindere da ogni considerazione sull’efficacia teorica del sostegno presentato, pone due severi problemi al consumatore consapevole. Il livello di consumo di latticini, nelle culture occidentali, è il più alto della nostra storia di sapiens sapiens. Non tutti, nella comunità scientifica, sostengono acriticamente l’opportunità di aumentare ancora tale consumo, soprattutto indiscriminatamente: ciò che fa certamente bene a un’età giovanissima o avanzata, non necessariamente fa bene a tutti gli individui nella piena maturità. In secondo luogo, il modello appare ancora una volta un po’ stantio: invece di preferire un aumento della qualità basato non solo su parametri chimico-fisici, ma anche su valori immateriali, ambientali, organolettici del latte e dei suoi derivati, si predilige la logica dell’aumento della domanda al fine di sostenere i prezzi che premiano l’offerta. Nel mondo finito, ipercompetitivo e interconnesso di oggi, sembra davvero difficile che una simile ricetta possa portare i benefici attesi. Foto: © Federica Bolla slow 62 Abbiamo abituato il nostro sistema a un contesto drogato ed è quindi durissima adesso Salva la biodiversità. Salva il pianeta 5 per mille aiutarci non costa nulla Quando compilerai la dichiarazione dei redditi, ricordati dei nostri progetti Lo sai che sul mercato ci sono appena 4 o 5 varietà di mele? Eppure nel mondo ne esistono migliaia, diverse per forma, colore e gusto. Grazie al tuo 5x1000 la Fondazione Slow Food tutela tante comunità di contadini in tutto il mondo e li aiuta a coltivare e promuovere le loro piccole produzioni. Cosa aspetti? Unisciti a noi! w w w . f o n d a z i o n e s l o w f o o d . i t sull’olio: la situazione e il futuro slow Sull’olio: la situazione e il futuro* di Francesca Rocchi Parte seconda Cominciamo la sessione di degustazione consapevoli che in un’annata come quella del 2014 è necessaria una certa maturità per degustare tra le pieghe di sentori leggeri: non sarà l’intensità del fruttato a farsi ricordare, ma dovremo riconoscere il lavoro di chi è riuscito a produrre un buon extravergine in un ambito assopito, con sprazzi di autenticità nel gusto e nella tipicità. La chiacchierata tra noi aveva già evidenziato una situazione di produzione dimezzata, dovuta principalmente al clima umido e ai parassiti. Qualcuno è riuscito a raccogliere in tempi utili per evitare la mosca olearia, la famigerata bactrocera oleae, il parassita di cui si è parlato diffusamente in questo periodo ma di cui il co-produttore sa ancora poco. Ne parliamo con Francesco Sottile, docente di Coltivazioni arboree nel Dipartimento di Scienze agrarie e fore- 64 *continua dl numero precedente stali dell’Università di Palermo e collaboratore della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. i Come si sviluppa la mosca? «La mosca dell’olivo, dal nome complicato bactrocera oleae, si posa sulla drupa, fa un piccolo forellino deponendo le uova e poi vola via. Dalle uova si sviluppano le larve che si nutrono della polpa scavando delle piccolissime gallerie fino a completare il ciclo verso l’esterno da dove poi sfarfalla via l’adulto. E così il ciclo ricomincia. In presenza di temperature ed umidità ideali la mosca può fare molte generazioni in un’unica stagione.» i Questo parassita è sempre presente in modo latente nell’oliveto? «Le larve della mosca rimangono nelle drupe anche per molti mesi se queste non vengono raccolte e quando poi ca- 65 i Quale clima favorisce lo sviluppo della mosca? «La temperatura è il fattore climatico determinante. Tra 20 e 30 gradi la mosca fa i danni maggiori, soprattutto in presenza di olive già nella fase di distensione delle cellule. Al di sotto dei 10 gradi la mosca rimane inattiva, così come a temperature superiori a 32-33 gradi. Questo spiega perché in alcune aree particolarmente calde la mosca non sia in grado di svolgere un’azione deleteria. L’umidità è importante perché contribuisce alla contrazione dei tempi di sviluppo dei cicli generazionali dell’insetto. In sostanza, più il clima è umido e più si riproduce.» 66 i La situazione climatica di questa annata è casuale o potrebbe ripetersi? «Nessuno può dirlo. Il problema dell’ultima annata olivicola nasce da una concorrenza di fattori che hanno raggiunto il culmine con il forte attacco della mosca. Le piogge in fioritura che hanno influito nella bassa percentuale di allegagione, la siccità nel periodo di accrescimento delle drupe, il clima umido sono condizioni simultanee non frequenti ma non c’è dubbio che il lento cambiamento che il nostro clima sta manifestando debba farci temere che certe condizioni possano diventare meno eccezionali.» i Quali sono le misure da adottare nell’oliveto? «In agricoltura qualsiasi prevenzione passa per le buone pratiche agricole. L’adozione delle cultivar più idonee rappresenta un metodo di prevenzione: quelle autoctone hanno sviluppato la capacità di entrare in equilibrio con l’ambiente e con gli stress biotici e abiotici che può determinare. È fondamentale anche l’applicazione di tecniche come la corretta gestione del suolo in cui sverna l’insetto o la rimozione di drupe abbandonate. Sono state recentemente evidenziate alcune relazioni con l’irrigazione che ridurrebbe l’oleuropeina, sostanza antipatica per la mosca. Le scelte colturali devono essere oculate perché qualunque azione dell’agricoltore corrisponde a una reazione dell’albero. Altre azioni per intervenire contro la mosca, oggi disponibili nella chimica ma anche in agricoltura biologica, vengono solo dopo che l’agricoltore si è impegnato in tal senso.» i Una cura costante dell’oliveto è necessaria anche per la prevenzione della diffusione del parassita? «Le cure costanti rientrano nelle buone pratiche agricole perché rendono l’albero equilibrato all’interno dell’ambiente. Un suggerimento è che l’agricoltore sia sempre vigile: il monitoraggio e il controllo dell’evoluzione quantitativa e qualitativa della presenza dell’insetto, come di altre problematiche biotiche, sta in relazione a un intervento rapido e efficace. Esistono oggi tanti metodi per effettuare un monitoraggio accurato e l’assistenza tecnica diffusa sul territorio è spesso molto efficiente nel sostenere gli agricoltori in questa pratica, molto meno complessa di quanto si possa immaginare.» i Dal punto di vista arboreo il parassita rovina anche l’albero o solo le drupe? «Non ci sono evidenze di attacchi sull’albero se non, talvolta, indirette. Per svolgere il proprio ciclo la mosca ha bisogno delle drupe e delle condizioni climatiche favorevoli.» Condizioni climatiche favorevoli: le parole di Francesco si vanno a inserire in riflessioni più ampie che riguardano il futuro del pianeta e dei cambiamenti climatici. I governi di tutto il mondo si incontreranno nel prossimo dicembre a Parigi per Cop21, conferenza sul clima che dovrà segnare una tappa decisiva nei negoziati del futuro accordo internazionale per il dopo 2020 e che si prefigge lo scopo che tutti i Paesi, fra cui quelli con maggiori emissioni di gas a effetto serra, si impegnino in un accordo universale costruttivo per cercare di bloccare l’innalzamento della temperatura globale. Un’ennesima sensazione di impoten- Le scelte colturali devono essere oculate perché qualunque azione dell’agricoltore corrisponde a una reazione dell’albero sull’olio: la situazione e il futuro slow dono per terra possono svernare nel terreno mantenendosi pronti e vitali per nuove scorribande nell’anno successivo. Negli ambienti mediterranei non si parla mai di assenza della mosca ma solo di una scarsa presenza; è una specie diffusa e parte integrante della nostra entomofauna.»* za rimane nell’aria, al pensiero di come il futuro dell’agricoltura che amiamo, quello che appartiene anche ai piccoli olivicoltori, possa essere fatalmente compromesso per colpa di scelte dissennate portate avanti a favore di una modernità che lascia molti dubbi. Nel mondo dell’olio italiano, fatto di microaziende familiari, le prime drastiche conseguenze sono diventate evidenti nell’annata 2014. Per questo ringraziamo tutte le 380 aziende che con tanta fatica sono riuscite a proporci, per questa edizione della guida, 571 oli di qualità che diventano una vera alternativa alla marea di olio “costruito” – e tollerato dalla legge italiana – che riempie gli scaffali della grande distrubuzione. Nel piccolo c’è la forza del futuro, nella nostra guida uno strumento per la scelta del vero cibo quotidiano. (*)Insieme degli insetti di una data zona. 67 Della Tavola mondo slow 04 Mondo slow “Biodiversità, tutela delle produzioni locali, educazione delle nuove generazioni a un consumo consapevole per favorire la creazione di modelli di produzione del cibo più sostenibili dal punto di vista ambientale: come sempre queste sono le priorità fondamentali su cui Slow Food Italia si concentrerà nei prossimi mesi, rafforzando e coinvolgendo direttamente la rete e l’associazione sul territorio” Nino Pascale, Presidente di Slow Food Italia 69 agenda slow Agenda luglio - settembre 2015 Eventi, incontri, manifestazioni, presentazioni di libri: il mondo slow giorno per giorno 70 6, 13 e 20 luglio Mercato della Terra – Edizione serale — Fabbrica del Vapore via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano ore 18.30-22.30 Aperitivo e spesa al Mercato della Terra di Milano con i produttori del Parco Agricolo Sud Milano e il meglio della provincia di Milano e dalla Lombardia. Street Food, frutta e verdura stagionali, pane con lievito madre, formaggi al latte crudo, salumi di cascina, vino, gelati artigianali e tanta birra. 10-12 luglio Cala Lenta, profumi e sapori della Costa dei trabocchi — San Vito Chietino (Ch) Il grande evento itinerante anima la costa teatina con mercati, laboratori del gusto, cene tematiche, cene sui trabocchi, spettacoli, pescaturismo. L'organizzazione è a cura di Slow Food Lanciano con il contributo di Assessorato all'Agricoltura dell’Abruzzo, Arssa, Provincia di Chieti, Camera di Commercio di Chieti, Comune di San Vito Chietino. 16 luglio Aspettando Cheese – Francia — Giardino Expo, Palazzo Mathis piazza Caduti per la Libertà, Bra (Cn) ore 19 Per conoscere meglio il mondo della filiera lattiero-casearia incontriamo produttori dei Paesi ospiti a Cheese 2015 e scopriamo i loro formaggi, accompagnati dai vini del Consorzio del Roero. L’ingresso è gratuito. 16 luglio 2015 Caput Gusti - La Festa delle Osterie di Roma e del Lazio — Ara Pacis, Roma Per i 25 anni della guida Osterie d'Italia, una serata dedicata al racconto della gastronomia romana e delle sue contaminazioni, con i prodotti e i produttori, i vini e i vignaioli, gli osti laziali. In una delle più belle e suggestive location del mondo, con gli artigiani del cibo per nutrire il pianeta e sostenere il progetto We Feed the Planet. Serata a inviti e riservata ai soci. 13 settembre Cantine a Nord Ovest – Andar per Gavi — Gavi (Al) Nell’ambito di Cantine a Nord Ovest i visitatori potranno costruire un percorso tra le aziende produttrici di Gavi coinvolte. Per info e prenotazioni: [email protected] Slow Food @ Expo 2015 Venite a trovarci nel padiglione Slow Food a Expo 2015! Ogni giorno tanti appuntamenti diversi e tante attività per le famiglie e per le scuole. Scoprili sul sito www.slowfood.com/expo2015 27 agosto Aspettando Cheese – Regno Unito — Giardino Expo, Palazzo Mathis piazza Caduti per la Libertà, Bra (Cn) ore 19 Per conoscere meglio il mondo della fi- Appuntamenti Unisg liera lattiero-casearia incontriamo produttori dei Paesi ospiti a Cheese 2015 8 luglio e scopriamo i loro formaggi, accompa- Chiusura preiscrizioni Master in Cucina gnati dai vini del Consorzio del Roero. Popolare Italiana di Qualità e Master in L’ingresso è gratuito. Food Culture & Communications 28 agosto Fratelli in Italia. Stati generali di Slowfolk — Villa San Lorenzo al Prato Sesto Fiorentino (Fi) Settima edizione dell’evento che unisce musica e cibo, nato a Scandicci in collaborazione con l’Istituto Ernesto De Martino, diffuso ormai in numerosi territori della Toscana. Per info e programma: www.slowfolk.it 31 agosto-5 settembre Festa della Rete Locale — Parco del Castello dell’Acciaiolo Scandicci (Fi) In occasione del ventennale della condotta Slow Food Scandicci, le associazioni aderenti al forum Cittadinanzattiva propongono una festa nel Parco con spettacoli musicali, dibattiti, iniziative per i bambini e, naturalmente, cibo. 17 luglio Open day Unisg Università degli Studi di Scienze Gastronomiche — Pollenzo, Bra (Cn) 30 luglio Apertura preiscrizioni Corsi di Alto Apprendistato Mastri Birrai, Panettieri e Pizzaioli 26 agosto Chiusura preiscrizioni Laurea Triennale in Scienze Gastronomiche 1 settembre Apertura preiscrizioni Master in Cultura del Vino Italiano 15 settembre Chiusura preiscrizioni Laurea Magistrale in Promozione e Gestione del Patrimonio Gastronomico e Turistico 71 la campania del grand tour slow La Campania del Grand Tour di Antonio Puzzi 72 «Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate… Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi!» Scriveva così Johann Wolfgang von Goethe al tempo del suo Grand Tour, il viaggio che gli intellettuali europei erano soliti intraprendere in Italia tra fine Settecento e metà Ottocento, rimanendo affascinati dal Belpaese. Oggi, a circa due secoli e mezzo di distanza, l’Assessorato al Turismo e ai Beni Culturali della Regione Campania, in collaborazione con Scabec, suo braccio operativo per i progetti di promozione e valorizzazione dei beni culturali, ha deciso di ridare vita al viaggio in Campania, ripercorrendo sulle orme del Grand Tour i luoghi che conquistarono la borghesia ottocentesca. 73 «Slow Food è un partner importante per il Grand Tour in quanto foriero di competenze e professionalità nel racconto e nella valorizzazione del settore agroalimentare – sostiene Rosanna Romano, direttore generale per le Politiche sociali e culturali della Regione Campania –. Siamo certi che l’associazione fondata da Carlo Petrini sarà in grado di condurre tutti alla scoperta del cibo buono, pulito e giusto della Campania Felix». Per rispondere alle attese, Slow Food Campania ha messo in campo la sua formazione migliore: dal carciofo violetto di Castellammare che concluderà la visita a Villa San Marco (9 maggio), alla cipolla alifana (10 ottobre), passando per la colatura tradizionale di alici di Cetara raccontata nella Villa Romana Marittima di Minori (16 maggio), gli antichi grani delle colline beneventane ospitati al Museo del Sannio e al Palazzo Paolo V di Benevento (20 giugno) e gli antichi pomodori di Napoli che saranno presenti alla Certosa di San Martino (4 luglio) e alla Reggia di Capodimonte (5 settembre). Tappe anche in Irpinia per conoscere il broccolo aprilatico di Paternopoli (16 maggio) e in Cilento, dove – tra gli altri appuntamenti – a Pollica (8 agosto) si presenterà il Presidio Slow Food dell’oliva salella visitando il Museo della Dieta Mediterranea. Come ogni Grand Tour che si rispetti non si poteva però trascurare il Vesuvio: a fine agosto dunque la papaccella napoletana sarà ospite alla Villa di Augusto di Somma Vesuviana e un mese dopo il pomodorino del piennolo sarà protagonista all’Antiquarium di Boscoreale. A completamento del percorso, Slow Food Campania ha poi coinvolto i principali Consorzi di tutela della regione, in primis quello della mozzarella di bufala che sarà protagonista il 13 giugno a Sant’Angelo in Formis (frazione di Capua). E non mancheranno appuntamenti con la pizza napoletana e la pasta di Gragnano. Per partecipare agli eventi sono di- sponibili cinque card, una per ciascun tema. La Grand Tour Card, nelle sue versioni, è acquistabile nei punti vendita Artecard (Capodichino, Stazione Centrale, principali musei) e online su www.campaniartecard.it al costo di 12 € per le card Musica, Sapori, Vini e Artigianato e 16 € per la card degli eventi notturni a Ercolano e Paestum. torio campano la possibilità di scoprire le tipicità agroalimentari e vivere l’esperienza dell’incontro con i produttori. «Slow Food Campania e Scabec vogliono restituire al cibo la sua valenza di bene culturale – afferma Giuseppe Orefice, presidente Slow Food Campania e Basilicata – ponendolo su un piano di equivalenza sia rispetto alle risorse storico- la campania del grand tour slow 74 Nato nel 2014, il progetto “Viaggio in Campania – Sulle orme del Grand Tour” ha l’obiettivo di diffondere, grazie a una serie di iniziative, la ricchezza storica, artistica, culturale e ambientale della Terra Felix. In questa seconda edizione, in programma da maggio 2015 a marzo 2016, il Grand Tour si declina in cinque percorsi tematici (musica, artigianato, vini, sapori e percorsi notturni) con 110 appuntamenti in 80 siti culturali. In particolare, per la sezione “La Campania dei Sapori”, Regione e Scabec (Società campana beni culturali) hanno chiesto a Slow Food Campania di definire un calendario di appuntamenti che, insieme a visite guidate nei luoghi dell’arte e della cultura, porti alla scoperta dei Presìdi Slow Food. Sono nati così 23 incontri che vedono protagonisti, ogni sabato dal 9 maggio a fine ottobre, le Condotte campane e i produttori dell’agroalimentare d’eccellenza presenti sul territorio regionale. In questa seconda edizione il Grand Tour si declina in 5 percorsi tematici (musica, artigianato, vini, sapori e percorsi notturni) con 110 appuntamenti in 80 siti culturali campani Le prime quattro prevedono l’ingresso gratuito per i più giovani. L’attività condotta da Slow Food Campania si inserisce nel programma quadriennale dell’associazione regionale che pone tra i suoi obiettivi il progetto Slow Tour, con il quale si intende offrire ai flussi turistici che giungono nel terri- artistiche sia rispetto alle potenzialità di grande attrattore che possiede. Il fine ultimo è dunque restituire dignità ai tanti artigiani, agricoltori, gastronomi che hanno conservato intatti i patrimoni di biodiversità, sapere e conoscenze e che devono avere la possibilità di vedere riconosciuto il valore del loro lavoro e del loro impegno». 75 Da marzo a giugno 2015 siamo entrati nella mensa del Parlamento europeo per spiegare la nostra idea di biodiversità 76 Cosa succede se 18 formaggi a latte crudo riescono a varcare le soglie del Parlamento europeo a Bruxelles? Succede che le papille gustative di parlamentari europei, assistenti, consiglieri e funzionari scoprono un ventaglio di sapori. Ma soprattutto scoprono che la biodiversità alimentare europea è spesso messa a repentaglio dall’agricoltura industriale e dalle stesse politiche europee, che avrebbero al contrario il potenziale di promuovere un sistema alimentare sostenibile. Scoprono che esiste un patrimonio di biodiversità protetto ogni giorno da contadini, allevatori e artigiani, esempi concreti che un sistema alimentare sostenibile è possibile ed è la vera chiave di volta per nutrire il pianeta. formaggi a latte crudo europei. C’erano alcuni sconosciuti al grande pubblico, come il tcherni vit bulgaro, esempio di resistenza casearia incarnata dal sindaco del Comune omonimo del formaggio, che ha ripreso la produzione quando l’ultimo casaro ha gettato la spugna, ormai anziano. Oppure l’oscypek, un formaggio unico al mondo per la sua forma affusolata e i disegni geometrici impressi con stampi in legno sulla crosta, esempio dell’unione fra tradizione casearia e grazia estetica. Ma c’erano anche formaggi conosciuti come il gouda: il gouda del Presidio ha lasciato di stucco più persone, vista la differenza così evidente e abissale con la sua versione industriale. Tre tavoli carichi di formaggi davanti all’entrata del ristorante del Parlamento e poco più di due ore di degustazione (giusto il tempo della pausa pranzo) sono bastati per far conoscere Slow Food a più di 500 persone – persone che ogni giorno dibattono con la Commissione e il Consiglio dell’Unione Europea le proposte legislative, anche quelle che riguardano agricoltura e cibo. A questa degustazione hanno fatto seguito altre due: ad aprile, con pani e confetture a base di varietà tradizionali di cereali e frutta, e mieli di api a rischio di estinzione, e a maggio, con salumi di razze tradizionali europee allevate nel massimo rispetto dell’ambiente e del benessere animale. Intanto, i cuochi del ristorante del Parlamento si sono impegnati assieme a papille gustative istituzionali slow Papille gustative istituzionali di Marta Messa Mentre la lobby industriale spinge nei corridori delle istituzioni europee per più ogm, a favore di una sempre maggiore produzione di cibo (nonostante a oggi già si produca cibo per 12 miliardi di persone per un pianeta dove siamo in 7 miliardi e dove circa un terzo del cibo è sprecato), Slow Food si piazza negli stessi corridoi per dare un esempio concreto della sua visione di sostenibilità con una degustazione di prodotti dell’Arca del Gusto, per parlare di biodiversità, agricoltura sostenibile su piccola scala, agroecologia, benessere animale, produzioni artigianali, filiera corta, trasparenza in etichetta. E chiede che questo patrimonio di saperi e sapori sia salvato e promosso da politiche che non schiaccino i piccoli produttori con regole adatte alla produzione industriale e che riconoscano il valore – sociale, culturale, ambientale, economico – delle produzioni tradizionali. Questa primavera Slow Food ha messo in pratica il lobbying a modo suo: per tre mesi ha collaborato con i servizi di catering del Parlamento europeo, proponendo tre degustazioni di prodotti recensiti sull’Arca del Gusto e piatti in linea con i valori Slow Food nel menù del ristorante del Parlamento, che serve ogni giorno una media di 2500 portate. I suoi clienti principali sono i deputati europei e i loro consiglieri. Una semplice degustazione e un buon piatto in questo contesto risultano strategici. Protagonisti della prima degustazione, organizzata a fine marzo, sono stati 18 77 slow Slow Food a preparare piatti a base di prodotti locali, di stagione e di qualità: per esempio pollo di Bastogne a crescita lenta, asparagi di Malines, verdure locali, di stagione e biologiche. Non è stata una passeggiata: gli accordi contrattuali della gara di appalto danno indicazioni severe rispetto ai distributori accreditati da cui si possono acquistare gli ingredienti, e spesso le informazioni sulle qualità dei prodotti (intese alla Slow Food: tipologia di allevamento e coltivazione) sono difficilmente reperibili. Ma i cuochi del ristorante del Parlamento si sono impegnati per ga- Ogni mercoledì sono state scelte più di 350 porzioni di ogni piatto Slow Food 78 rantire l’autenticità dei piatti e la collaborazione con i servizi di catering è stata un successo. In media, più di 350 porzioni di ogni piatto Slow Food sono state scelte ogni mercoledì tra i piatti offerti dal ristorante del Parlamento. I nostri deputati europei legifereranno diversamente dopo queste degustazioni e dopo i piatti Slow Food? Chissà. In ogni caso avere la pancia piena di cibo genuino e buono rende felici e aiuta a ragionare meglio. E alcuni deputati hanno già contattato Slow Food per saperne di più sui nostri progetti e sulle nostre proposte. di Salvatore Taronno Pubblichiamo la versione estesa dell’introduzione a Ricette di Puglia, in cui abbiamo raccontato la cucina tipica pugliese 80 La Puglia riassume in sé territori diversi ed esprime abitudini gastronomiche policrome, influenzate dalle culture del mare e dell’entroterra che spesso si incontrano nelle ricette tradizionali. È la regione più orientale d'Italia, un lembo di terra lungo oltre 400 chilometri, con ben 784 chilometri di costa. Nell'ordinamento del Regno di Napoli, il territorio pugliese, chiamato anche le Puglie, era diviso in tre province: Capitanata, Terra di Bari e Terra d'Otranto. Una regione vasta e complessa, con un’anima comune, l'accoglienza, e con i valori tipici della civiltà contadina: senso profondo della famiglia, laboriosità, grande spirito di adattamento, sobrietà, attaccamento alla terra. Una terra meravigliosa, modellata dalla natura e dall’uomo, che vi risiede da tre millenni prima di Cristo. Partendo da nord incontriamo l’arcipelago delle isole Tremiti, parco marino protetto, dalle acque cristalline e con ricche varietà di pesci. Di fronte alle Tremiti, sulla terraferma, si estendono i laghi di Lesina e di Varano, pescosi di anguille e cefali, molto apprezzati da Federico II. Documenti del IX secolo attestano la produzione di ottime bottarghe di muggine dal sapore delicato. Il piatto simbolo di Lesina Molfetta, si incontrano ancora importanti marinerie e edifici in stile romanico, come la cattedrale di Trani. Tra l’incanto dei trulli della valle d'Itria e l'oscurità ipogea delle grotte di Castellana si mantiene intatta la tradizione del fornello, macellerie che, nelle giornate in cui è disponibile un vasto assortimento di carni fresche, espongono all’esterno il cartello «fornello pronto», a indicare che nel retrobottega il fornello è acceso, e chi vuole può farsi arrostire le carni scelte e consumarle direttamente nel negozio. Il candore di Ostuni lascia il posto all’oasi di Torre Guaceto, dove grazie al lavoro di Slow Food ora c’è una cooperativa di pescatori che fa della sostenibilità il suo faro. E ancora lo splendore della Magna Grecia a Taranto e i bei giardini di agrumi di Palagiano. Il colore turchese del mare del Salento, il nobile barocco leccese e la splendida Gallipoli con i suoi prelibati gamberi rossi. La cucina casalinga tradizionale è ricca di paste fresche, verdure ed erbe spontanee, olio extravergine di oliva, pomodori; fonte principale di proteine sono (o erano) i legumi, seguiti da pesci e molluschi, specialmente crudi, e carni ovine, equine e suine. Una cucina lineare, senza fronzoli, con sapori decisi e ben riconoscibili, nonché facilmente adattabile alle diete vegetariane, visto il grande uso di verdure, legumi e cereali. Il frumento principalmente, nelle tipologie grano duro (usato, come in tutto il terra e mare slow Terra e mare è la minestra d’anguilla, una preparazione legata alla necessità dei pescatori di vivere per mesi in rudimentali capanne di canne costruite sulla laguna (pagliai) mangiando quanto c'era sul posto. Nient'altro che anguille, a colazione, pranzo e cena. Ancora oggi la minestra si fa con quel che offre il bosco: cicorie, lattughe selvatiche (poi, secondo la ricetta, si possono aggiungere sedano, peperone, patate, melanzane) e un’erba spontanea che cresce in questa zona, la salicornia. Il Gargano, con il suo splendido mare, è una terra selvaggia con una delle biodiversità più alte in Europa. Ci regala innumerevoli varietà di erbe spontanee, funghi e tartufi, oltre agli agrumi e alle fave di Carpino. Percorrendo queste strade è facile imbattersi in mandrie di mucche podoliche e capre garganiche che pascolano allo stato brado. Il Tavoliere è la seconda pianura italiana per estensione dopo la pianura padana: qui immensi campi di grano e di pomodori si perdono a vista d’occhio, mentre sui Monti Dauni, tra dolci colline e piccoli borghi immacolati, si conserva la tradizione del soffritto di maiale, il piatto che celebrava il passaggio a miglior vita dell’animale allevato in famiglia. La Murgia, con le erbe spontanee e i funghi cardoncelli, è dominata dall'austero e magico Castel del Monte: si assaggia qui l’ottimo pane di Altamura e si porta avanti la produzione di eccellenti grani duri. Spostandosi sulla costa, da Barletta a 81 sale e quando era raffermo lo si bolliva in brodo vegetale ottenendo il pancotto: piatto poverissimo, di recupero, diremmo oggi. La pasta fresca (strascenate, recchie, làgane, capunti, cavatelli, minchiarieddi, troccoli, stacchjodde) si abbinava e si abbina molto spesso – oltre che a pesci, crostacei, molluschi – a verdure o legumi: notissime le orecchiette alle cime di rapa, un unicum i salentini ciceri e tria, dal termine arabo itriya ossia vermicelli secchi, tagliatelle di farina e acqua in parte fritte e in parte lessate nel brodo di ceci. Solo la domenica si condiva la pasta con il classico ragù del macellaio (di cavallo, manzo, maiale) comprensivo di brasciola, involtino condito con aglio prezzemolo e pecorino, cotto lentamente sin dalle prime ore del mattino. Un interessante uso di cereali tal quali, non ridotti a farina, è la tiella di riso (o di grano o orzo), patate e cozze. Peculiari sono poi le verdure, in particolare quelle di campo, cui possiamo assimilare altri prodotti spontanei come i funghi: il preferito è il cardoncello. Cicorielle, cimamarell, marasciul, cime dolci, cascigni, senapi, rucola, salicornia, finocchi selvatici, lampascioni si lessano e si condiscono con olio. A crudo si gustano alcuni ortaggi: sedani, cime di cicoria, finocchi, carote, cipolle, pomodori. Sulla tipologia da salsa di questi ultimi, coltivata perlopiù intensivamente, si regge una florida industria conserviera; ma persiste l’abitudine di seminare i pomodori nell’orto di casa e di raccoglierli per preparare la conserva, bollendoli o Riguardo al pescato, oltre all’incidenza – quelli di varietà adatta – essiccandoli. del consumo crudo soprattutto di molLe verdure recitano da protagoniste nei luschi e crostacei, è da sottolineare l’imprimi piatti, cotte da sole per corrobo- piego di molte specie cosiddette povere, ranti minestre oppure assieme alla pa- in particolare di pesce azzurro. Un vasta o ai legumi, tra i quali svetta la fava. riegato plateau di frutti di mare – cozze, L’accoppiata di cicorielle e fave è un piat- cozze pelose, ostriche di Taranto, mussoto delizioso, che è d’obbligo rifinire con li, cannolicchi, polpi di scoglio arricciati, un ottimo extravergine. seppioline, ricci e altri – apre ogni pranColpisce chiunque attraversi l’agro pu- zo importante. Tra le preparazioni cotte gliese la presenza massiccia e costante merita citare le cozze ripiene, il sugo di degli olivi. Esemplari secolari, addirit- polpi per la pasta e a ciambotte, zuppa tura millenari, si alternano ad alberi di pesce povero. di impianto anche molto recente: gli I piatti di carne sono legati alla cultura uni e gli altri assicurano alla regione della transumanza per gli ovicaprini e il primato nelall’allevamento in la produzione famiglia per i suini; I pecorini e caprini italiana (quinsi consumano con sono legati alla di mondiale) di una certa frequentransumanza: servivano za carni di cavallo, olio. Le cultivar più rappresentaai pastori come merce raramente di mantive sono la pezo. Abbiamo già ridi scambio ranzana, l’ogliacordato la cultura rola (garganica, del fornello in valle barese – o cima di Bitonto –, salentina), d’Itria, in Salento e in Murgia, dove la la coratina, la cellina di Nardò. Cinque sera, alla chiusura del banco di macellele Dop di extravergine: Dauno, Collina ria, si preparano bocconi a base di cardi Brindisi, Terra di Bari, Terra d’Otran- ne di agnello, capretto e maiale. to, Terre Tarentine. Altrettanto interessante l’uso che si fa Nella vitivinicoltura la Puglia eccelle di budella e frattaglie, soprattutto ovida sempre per quantità e, da qualche ne, trasformandole in torcinelli, marre, tempo, anche per qualità, attestata da cazzemarre, ’mbotu, gnummeridde. In una fitta schiera di prodotti Docg, Doc e continuità con la tradizione dell’allevaIgp. Tre le varietà principali della pian- mento per autoconsumo del maiale, si ta che, assieme all’olivo e al grano, dà è sviluppato un artigianato norcino di al paesaggio della regione un’impron- alto livello di cui è leader Martina Franta irripetibile: a nord l’uva di Troia, a ca, dove si producono capicollo (Presisud i vitigni negroamaro e primitivo. dio Slow Food), soppressate, pancette e terra e mare slow 82 Sud, anche per la panificazione), semiduro e tenero, e in subordine l’orzo e il farro sono una presenza saliente, attestata sia dall’estensione delle colture sia dagli innumerevoli mulini, diffusi un tempo in tutti i centri abitati della regione. Un mulino ad acqua ancora funzionante si trova nel comune di Bovino in provincia di Foggia e solo a Cerignola, agli inizi del Novecento, se ne potevano contare 87: oggi è possibile visitare le fosse granarie dove venivano conservati i cereali. Inoltre, il Foggiano può considerarsi la culla della pregiata varietà di grano duro senatore Cappelli, selezionata nel Centro Ricerche per la Cerealicoltura di Foggia agli inizi del Novecento dal genetista Nazareno Strampelli. Questa tipologia si diffuse per la sua rusticità e per l’eccellente qualità della sua semola; entrata in crisi negli anni Sessanta per la concorrenza di nuove varietà più produttive, in tempi recenti è stata fortemente rivalutata. Così come si è riscoperto il grano arso, i chicchi rimasti a terra dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie, che l’estrema povertà induceva a raccogliere, macinare e unire alla farina bianca. Oggi lo stesso effetto, un sapore gradevolmente affumicato, si ottiene con la tostatura. Elencare le innumerevoli forme di pane e di pasta citate dallo storico Luigi Sada nel suo volume sulla cucina pugliese in questa sede sarebbe impossibile: il pane accompagnava anche la frutta, ci si schiacciava a merenda un pomodoro condito con olio e 83 altri salumi. Ottimi prosciutti crudi si trovano a Faeto, comune in provincia di Foggia a 800 metri di altitudine sopra il livello del mare. Sono legati alla transumanza anche i formaggi pecorini e caprini che servivano ai pastori come merce di scambio: quello che ha fatto più strada, ottenendo la Dop, è il canestrato, da latte crudo ovino (razze gentile di Puglia e altamurana), ma è doveroso citare almeno le scamorze, il cacioricotta e l’ascquante, ricotta ovicaprina fermentata. I pugliesi mangiano di rado carni di vitello ma producono e apprezzano i formaggi vaccini, specie se a pasta filata. Molto ricercato è il caciocavallo podolico del Gargano, la cui versione originaria (da latte crudo di mucche podoliche allo stato brado) è protetta da un Presi- sumendo in poche righe l’importante capitolo dei dolci delle ricorrenze. Alcune preparazioni sono legate alle feste comandate, alle cerimonie importanti e al culto dei defunti. Il 2 novembre si celebra con un’usanza ereditata dai cristiani di rito greco, il grano dei Morti – grano bollito con melagrana, noci tritate, scaglie di cioccolato amaro, cedro candito e mosto cotto –, e con un’autentica bomba calorica, la pizza sette sfoglie, inframmezzate da una farcitura di frutta secca e cioccolato. Il dolce natalizio per antonomasia sono le cartellate (crustoli, frinzele, scarole, ’ncartiddati, scartagghiate, carangi...), frittelle condite con mosto cotto o cotto di fichi oppure miele e mandorle tritate. A Pasqua, oltre a specialità a base di ricotta si prepara la scarcella (cuddhura), pasta variamente sagomata a forma di canestro, galletto, cuore o donna impettita, guarnita da uova sode con il guscio. Il dolce del fidanzamento e del matrimonio è il peperato (puprete, prupate ), un grosso tarallo speziato: se ne dava uno a ogni invitato, che ne faceva un bracciale da esporre con orgoglio. Le novità di Slow Food Editore le novità di slow food editore dio Slow Food, così come un suo parente, il pallone di Gravina. Sono da consumare freschissime la giuncata leccese e la burrata di Andria (Igp), sacchetto di pasta filata riempito con crema di siero e ritagli di mozzarella. Ragioni di spazio ci impongono di rinviare la trattazione della frutta (agrumi, uva, mandorle, fichi...), rias- Ricette di Puglia 9,90 € slow 84 Le verdure sono protagoniste nei primi piatti, da sole per corroboranti minestre oppure assieme alla pasta o ai legumi Il volume che racconta la cucina casalinga della tradizione pugliese In questo libro troverete i consigli per preparare i piatti simbolo di un ricchissimo patrimonio gastronomico In Puglia tante culture gastronomiche si traducono in gustose ricette tradizionali, espressione di territori diversi. Il vantaggio di poter fare un’accurata selezione di ottime materie prime locali – verdure, farine, olio extravergine di oliva, pesci – rende unici i grandi classici delle tavole pugliesi come le orecchiette con le cime di rapa, i salentini ciceri e tria o i tanti dolci delle ricorrenze. 85 Un libro orientato a chi fa la spesa e deve quotidianamente scegliere il proprio cibo 86 le novità di slow food editore Biodiversi 10,00 € Fare la spesa con Slow Food 19,90 € slow → In libreria e in offerta sullo store di slowfood.it A casa nostra o in viaggio, una guida per l’acquisto di cose buone e sostenibili Fare la spesa con Slow Food è la guida che raccoglie gli indirizzi dei produttori, degli artigiani, delle botteghe e dei mercati di tutta Italia dove è possibile acquistare generi alimentari di qualità e di stagione. Per comprare dove fare la spesa è un piacere. Un dialogo che ci esorta a far interagire l'intelligenza umana e quella vegetale Con un fertile scambio di idee gli autori tracciano scenari da cui ripensare la vita sul pianeta Biodiversi nasce dall’incontro tra Stefano Mancuso, professore di neurobiologia vegetale, e Carlo Petrini. Dal loro dialogo, il dialogo tra scienze gastronomiche e scienze botaniche, emergono nuove idee per mettere il cibo e l’agricoltura al centro di un progetto di difesa dell’umanità. 87 → In libreria e in offerta sullo store di slowfood.it Ricette dell’Alto Adige 9,90 € slow difendi il cibo vero. 88 Da una parte la realtà contadina, dall’altra la necessità di rispondere ai bisogni, anche alimentari, del gran numero di forestieri in transito Il ricettario che racconta la cucina tipica della tradizione altoatesina La cucina altoatesina ha indubbiamente una matrice austriaca, principalmente tirolese con alcune influenze viennesi; poche, e relativamente recenti, le contaminazioni mediterranee (solo negli ultimi anni pastasciutte e risotti hanno fatto capolino tra le minestre brodose, tuttora dominanti) o tedesche in senso stretto (crauti, würstel, Brezel). coi denti. Con Slow Food SOSTIENI la buona agricoltura, la biodiversità alimentare, il paesaggio e i prodotti buoni, puliti e giusti. Diventa SOCIO SOSTENITORE, riceverai: • tessera Slow Food, sconti e vantaggi; • Osterie d’Italia 2015 • Slow Wine 2015 • due Presìdi Slow Food, simboli di eccellenza gastronomica e tutela della biodiversità. ISCRIVITI O RINNOVA • Rivolgiti in Condotta • Vai su store.slowfood.it Riso di GRumolo delle AbbAdesse A Grumolo delle Abbadesse, un piccolo comune a metà strada tra Vicenza e Padova, il riso, introdotto dalle monache dell’abbazia benedettina di San Pietro di Vicenza, si coltiva dal Cinquecento. Il vialone nano di Grumolo ha chicchi medio-piccoli, ma la qualità, grazie alle caratteristiche del terreno e delle acque, è eccellente. Il vialone si gonfia molto con la cottura e assorbe molto bene i condimenti. I risotti sono eccezionali: dal tradizionale risi e bisi (una minestra densa di riso e piselli) al risotto con i fegatini – il classico piatto dei pranzi di nozze in campagna. FAGiolo cosARuciARu di scicli A Scicli, nella parte sudoccidentale della Sicilia, un gruppo di agricoltori sciclitani ha custodito un fagiolo: il cosaruciaru (in dialetto “cosa dolce”) che si riconosce per via del suo colore bianco-panna con piccole screziature marroni intorno all’ilo. Coltivato fin dai primi anni del ‘900 si vendeva in grandi sacchi presenti in tutti i negozi di alimentari della città. Poi è quasi scomparso e solo alcuni affezionati contadini lo hanno coltivato nei propri orti per non perdere la possibilità di mangiarlo in una buona zuppa di verdure, o con le cotiche. scopri tutti i presìdi su www.presidislowfood.it l’importanza di chiamarsi bukovo slow L’importanza di chiamarsi Bukovo Foto di Ivo Danchev Reportage fotografico da Bukovo, in Macedonia, la patria di un’eccezionale varietà di peperoni, oggi soggetta a diverse imitazioni. Un Presidio Slow Food ne tutela l’autenticità 90 91 slow l’importanza di chiamarsi bukovo 92 93 slow l’importanza di chiamarsi bukovo 94 95 di Francesco Martino Foto di Ivo Danchev «Da noi si dice che la belvica è nata per nuotare tre volte: la prima nell'acqua, la seconda nel burro e la terza... nel vino» 96 Vanco Vasilevski, o meglio Koki, come lo chiamano tutti in paese, è il pescatore proprio così come te lo aspetti. Sotto il berretto rosso calcato fin sopra le orecchie, gli occhi color nocciola, di un caldo profondo, si muovono sornioni. Solo di tanto in tanto, quando racconta di vita e fatica sull'acqua, s'accendono improvvisi e gli illuminano il volto, intagliato da interminabili giornate di vento, di lago e di sole. Da quasi cinquant'anni, da quando era un bambino o poco più, Koki getta le reti e un pezzo di cuore nel lago di Prespa, specchio d'acqua misterioso e poco conosciuto nel cuore della penisola balcanica, oggi attraversato dai confini che dividono Macedonia, Albania e Grecia. sul lago di prespa a pesca di biodiversità slow Sul lago di Prespa a pesca di biodiversità 97 «Pescare è mestiere duro, ma il nostro lago è generoso. Qui si pescano la mrena (barbo di Prespa), l'anguilla, il naso, la trota, il som (pesce siluro)» pesci, li raccoglie in un grosso catino colmo fino all'orlo d'acqua bollente. «Un tempo però si usava il pezol, una rete circolare perlata di biglie di piombo, che poi è stata vietata, perché troppo impattante sui pesci, soprattutto nella stagione della riproduzione. Col pezol, se hai la mano e l'occhio allenato, di belvica ne prendi una tonnellata al giorno. Davvero» conclude Koki con un'espressione vaga che non riesce a nascondere un filo di nostalgia. Intanto però i cironki, dopo la scottatura (che serve ad ammorbidirli) e l'ammollo (che elimina il sale in eccesso) sono pronti per la cottura. Koki li pulisce con cura, eliminando interiora e scaglie, e li adagia in un grosso tegame, dove iniziano a rosolarsi nel burro. Poi ecco cipolla, nane (menta piperita) e peperoncino dolce, che regala al piatto riflessi color porpora. «Da noi si dice che la belvica è nata per nuotare tre volte: la prima nell'acqua, la seconda nel burro e la terza...nel vino.» E il volto di Koki si allarga in un malizioso sorriso d'intesa. Usciamo a fare due passi in paese con Vanco Stojanovski, rappresentante della comunità del cibo di Stenje. Anche lui ha iniziato a pescare da bambino, sotto gli occhi attenti del padre, per poi lavorare per anni nelle strutture turistiche sviluppate nell'area a partire dagli anni settanta. Il rapporto col lago e con la tradizione dei cironki, però, è rimasto vivo e forte. «Oggi il patrimonio ittico del lago di Prespa è ancora vitale. Molte varietà, belvica compresa, si pescano in abbondanza, anche se alcune, come la mrena sono visibilmente diminuite» ci dice Vanco mentre camminiamo sulla spiaggia sabbiosa che, digradando dolcemente, porta dalle ultime case di Stenje alle rive del lago. «La questione, però, è come gestire queste risorse. Negli ultimi sette anni la situazione è fuori controllo, visto che il lago non ha avuto un concessionario in grado di controllare le quantità di pescato. Da pochi mesi ne è stato nominato uno nuovo, ma è ancora presto per vedere le conseguenze a lungo termine». Ma non è solo la pesca incontrollata a mettere a rischio il lago e i suoi tesori, cironki compresi. Negli ultimi anni, per esempio, si è registrato un forte aumento degli agenti inquinanti nelle acque di Prespa: soprattutto pesticidi usati nella coltivazione dei frutteti, impiantati sempre più numerosi sulle rive del lago. Ancora più preoccupante, però, è l'emorragia di giovani, spinti all'emigrazione da una condizione economica, quella della Macedonia, che resta difficile. «Molti pescatori non arrivano a guadagnare più di duecento euro al mese. È un miracolo che a Stenje ci siano ancora alcune decine di persone che si dedicano al mestiere. Fino a oggi, il paese è stato in parte salvato dalla presenza di una piccola fabbrica tessile, che dà lavoro alle donne – è lo stringato punto della situazione di Vanco –. “La situazione resta però complicata e molti continuano a emigrare, anche perché le strutture turistiche ereditate dalla Jugoslavia, purtroppo, sono in gran parte abbandonate e in rovina». Motivo per cui, se oggi a Stenje e nella vicina Konjsko c'è ancora chi è in grado di pescare e produrre cironki, nei villaggi circostanti – come Dolno Dupeni e Ljubojno – questa antica tradizione è andata ormai perduta. «Oggi i cironki, come altri prodotti tipici del lago, hanno un buon potenziale di sviluppo, indispensabile per sopravvivere nel lungo periodo. Sempre più persone li conoscono e li apprezzano, e sono quindi potenziali acquirenti. Quello che manca però è un riconoscimento formale dei pescatori come piccoli produttori tradizionali – argomenta Vanco –. La mancanza di autorizzazioni, soprattutto da parte delle autorità sanitarie, rende la vendita diretta un esercizio spesso complicato». sul lago di prespa a pesca di biodiversità slow 98 Mentre parla, Koki muove appena gli angoli della bocca carnosa, nascosta sotto corti baffi spioventi, da dove pende eternamente accesa una sigaretta. Ci sediamo a parlare nel basso locale della sua cantina: con le mani forti e rugose, il pescatore volta e rivolta le sagome argentee e snelle di piccoli pesci essiccati sulla cucina economica, mentre il basso locale si riempie d'un odore intenso, aspro e fragrante. «Pescare è mestiere duro, ma il nostro lago è generoso. Qui si pescano la mrena [barbo di Prespa, NdA], l'anguilla, il naso, la trota, il som [pesce siluro]. E poi, naturalmente, la belvica, che ha un posto tutto speciale. Soprattutto qui a Stenje che insieme a Konjsko, è da sempre famosa per la produzione di cironki». Cironki. È questo il nome bizzarro e dall'etimologia incerta (che sembra però provenire da un'antica parola macedone che significa “piccolo”) che indica appunto la forma essiccata della belvica o nivicka (Alburnus alburnus belvica), minuto e gustoso pesce autoctono del lago di Prespa. La tradizione dei cironki, racconta Koki, mentre continua a rosolare pesci sulla stufa arroventata, è qui così antica da perdersi nel tempo. La belvica si pesca da primavera inoltrata, quando si accosta alla riva per depositare le uova, fino al tardo autunno. «Oggi la pesca avviene attraverso basse e lunghe reti che gettiamo nel lago la sera, per raccoglierle la mattina successiva» dice ancora Koki mentre, dopo aver finito di scottare i 99 dieci giorni in una botte di legno, coperti di foglie di loboda [un'erba locale, NdA] e schiacciati da un peso. Quando sono pronti, allora si legano in nisi [corone] da circa tre chili, e si stendono ad asciugare al sole». L'essiccamento dipende dalle condizioni atmosferiche, ma in genere va da una settimana a quindici giorni. I cironki, poi, vengono riposti in un luogo asciutto e ombreggiato, dove possono conservarsi per uno o due anni. «Qui a Stenje, i cironki fanno parte della vita, della tradizione, è impossibile farne senza – dice convinta baba Sota mentre continua a riannodare con pazienza i fili della rete –. L'esistenza in riva al lago può essere dura. Anche gli inverni più freddi, però, sembrano più brevi quando la casa è piena di ospiti e nel camino scoppietta un bel fuoco. Ma soprattutto, quando in cantina pendono fitte fitte tante corone di cironki profumati». “Pur non essendo profondo, il lago di Prespa può essere molto insidioso: quando le raffiche di vento si fanno più intense, raramente i pescatori hanno l'ardire di mettere i loro chamec in acqua” sul lago di prespa a pesca di biodiversità slow 100 Sulla spiaggia, spazzata da un vento freddo, una decina di barche dai colori vivaci giacciono sulla sabbia come grosse testuggini rovesciate. Sono i chamec, imbarcazioni tipiche dei pescatori di Prespa. Intorno, il paesaggio ricorda vagamente quello di un fiordo norvegese: da una parte i monti della Baba Planina, con l'alta vetta del Pelister ancora coperta di neve, dall'altra il profilo scuro e ingombrante del massiccio della Galičica, che separa Prespa dal più famoso e frequentato lago di Ohrid. Pur non essendo profondo, il lago di Prespa può essere molto insidioso: quando le raffiche si fanno più intense, raramente i pescatori hanno l'ardire di mettere i loro chamec in acqua. Torniamo verso casa la di Koki, non lontano dal basso campanile quadrato della chiesetta dei santi Cirillo e Metodio. All'ingresso del cortile, un'anziana seduta su un basso sgabello di legno, con in testa il tradizionale fazzoletto legato sotto al collo, è tutta intenta a rammendare l'intrico di una rete da pesca. È baba (nonna) Sota, la madre di Koki. Sediamo a farle compagnia, sorseggiando lentamente un caffè turco, denso e dall'odore robusto. «In casa, sono io che preparo i cironki. Ogni anno, da più di settantacinque anni. La procedura non è complicata, ma solo con l'esperienza si affina il risultato e si evitano errori – racconta baba Sota, senza nascondere un pizzico orgoglio –. “La belvica deve essere prima salata. Poi bisogna che i pesci passino dai sette ai 101 a cura di Noemi Reina e Paolo Tosco 102 Si è chiusa l’edizione 2015 di Slow Fish, l’appuntamento che ogni due anni punta l’obiettivo sul ruolo fondamentale di mari, fiumi, laghi e oceani. Vi offriamo qualche spunto sugli argomenti e sui temi che abbiamo provato ad affrontare insieme nelle nostre conferenze, nei Laboratori e nelle Scuole di Cucina con i Master of Food, con l’aiuto di chef, biologi e operatori della filiera ittica provenienti da tutto il mondo. 01 02 03 04 Tra gli effetti di un mercato impazzito che ha sempre meno attenzione per la qualità rispetto alla quantità ci sono innumerevoli occasioni e tipi di truffa, ai danni dei consumatori ma anche dell’ambiente. Conseguenza della crisi economica, ma anche di una regolamentazione non equilibrata del mercato che sfavorisce sempre e solo la pesca artigianale. Pietro Parisi è ambasciatore di una cucina coraggiosa che punta su tradizione e territorialità. Ha fatto inserire la sua Terra dei fuochi negli itinerari della buona tavola, sperimentando la tecnica della vasocottura con i classici della gastronomia campana e nazionale. Lo stato d’inquinamento dei nostri mari è ormai protagonista nelle discussioni in Europa. Sono diverse e articolate le idee confluite nell’ultima direttiva sulla Marine Strategy da adottare a livello nazionale per l’ambiente marino: al centro del dibattito il raggiungimento del buono stato ambientale delle acque marine entro il 2020. Creare sinergia tra cibo, vino, arte, cultura e tradizioni: è questo l’obiettivo di Descu Rundu, un’associazione di amici ristoratori liguri nata per organizzare occasioni conviviali e offrire l’immagine di un tessuto sociale compatto, fatto di reti dalle maglie strette e alleanze forti. «Se non cambiamo le regole dominanti del libero mercato provocheremo effetti negativi sui contadini, i pescatori, gli operatori di tutte le realtà che producono cibo curando la qualità, la sostenibilità e la legalità. Se non si fa qualcosa vedremo la scomparsa di piccole realtà virtuose. È come liberare volpi in un pollaio». (Tavola rotonda Le frodi: dal mare alla tavola, giovedì 14 maggio) «Rivalutare il proprio territorio, porlo sempre al centro della propria vita e nei propri piatti per dare il giusto valore alle tradizioni, ai produttori e alle materie prime». (A Scuola di Cucina con i Master of Food, Boccaccielli di mare, giovedì 14 maggio) «La Strategia Marina rappresenta un’opportunità, un punto di partenza fondamentale per raggiungere l’obiettivo della salvaguardia dei nostri mari. Purtroppo il mare nostrum è parecchio bistrattato: sono 100 000 i frammenti di microplastiche per kmq, 38 ml gli idrocarburi per kmq, e per di più il Mediterraneo raccoglie il 30% del traffico navale e il 60% delle petroliere». (Laboratorio dell’acqua La pesca strategica, giovedì 14 maggio) pillole di slow fish slow Pillole di Slow Fish «Il cappon magro è una composizione fantasiosa, barocca, ricca di strati, sapori e profumi. Questo piatto è testimonial di una cucina povera solo nell’apparenza». (Laboratorio del Gusto I cavalieri di Descu Rundu, giovedì 14 maggio) 04 02 01 03 04 103 06 07 09 Gianfranco Bruno è un giovane e talentuoso chef lucano. Ci ha accompagnati in un viaggio nel mondo della conservazione del pesce con metodi tradizionali, come l’affumicatura a caldo e a freddo, da realizzare tranquillamente in casa, senza bisogno di strumentazioni professionali. Ognuno di noi mangia 12 chili di sostanze chimiche ogni anno: medicine, metalli pesanti, microplastiche e tossine che periodicamente invadono i nostri mari. Abbiamo fatto il punto sulla situazione del Mediterraneo e degli altri mari grazie alla testimonianza di pescatori e biologi, presentando un sondaggio per verificare quanta consapevolezza ci sia tra le persone sullo stato di salute dell’acqua. L’ultimo rapporto redatto da Ministero dell’Ambiente e Unioncamere e i primi risultati del progetto FishMpaBlue curato da Federparchi hanno evidenziato come le aree marine protette siano un modello produttivo più efficiente, oltre che più sostenibile. Un esempio di eccellenza da sviluppare ed esportare, che abbiamo illustrato attraverso l’esperienza di Torre Guaceto, in Puglia. Il cianciolo è la pesca tradizionale delle isole Pelagie, un’arte tramandata oralmente di generazione in generazione che rischia di scomparire: oggi solo una famiglia si occupa di pescare alacce, sgombri e acciughe per circuizione. «L’affumicatura è uno dei metodi di conservazione più antichi, utilizzato fin dalla preistoria: tuttavia non è sempre salutare, bisogna farlo bene. Il segreto è scegliere i giusti tipi di legno e di erbe, e stare attenti ai tempi». (A Scuola di Cucina con i Master of Food, L’affumicato e il confit, giovedì 14 maggio) «Con questa iniziativa vogliamo da un lato verificare la percezione che le persone hanno di rischi e benefici legati al consumo del pesce in diversi Paesi europei, dall’altro dimostrare che incentivare la ricerca è il primo passo di qualsiasi percorso positivo su questa materia». (Laboratorio dell’acqua La pesca avvelenata, venerdì 15 maggio) «Le risorse naturali non si possono pensare secondo le logiche economiche tradizionali: esiste un limite portante, oltre il quale la produzione non solo non crea più ricchezza, ma causa danni spesso irreversibili». (Laboratorio dell’acqua La pesca protetta, sabato 16 maggio) 09 pillole di slow fish slow 05 «Vogliamo sensibilizzare il grande pubblico e la politica nazionale ed europea affinché i pescatori dell’isola, seppur in numero esiguo, siano davvero supportati e tutelati. Vorremmo anche che questa realtà diventasse un Presidio». (Convegno Slow Food Sicilia L’unicità della pesca di Lampedusa, domenica 17 maggio) 08 07 06 08 Angelo Pumilia, carismatico chef siciliano, è riuscito a creare una cucina fusion fra Trinacria e Sol Levante. Ai partecipanti alla Scuola di Cucina ha proposto un viaggio cosmopolita in cui le più celebri salse giapponesi hanno sposato gli ingredienti più classici della cucina siciliana. 05 104 «Ci sono molte più analogie tra le due cucine di quelle che si possano pensare, come il meraviglioso accostamento di sapori agri e dolci che esalta la freschezza degli ingredienti scelti nel rispetto dei tempi della natura». (A Scuola di Cucina con i Master of Food, Salse di mare, sabato 16 maggio) 08 105 slow 10 L’incontro tra il marsigliese Pierre Giannetti e il vietnamita Christian Qui ha dato nuova identità ai piatti simbolo della cucina francese, tra cui la bouillabaisse, zuppa di mare, profumata con finocchio e zafferano, in cui si accostano il pescato cotto e crudo. 10 10 Scopri il mondo Scopri il mondo con Slow Food con Slow Food Scopri il mondo attraverso le sue tradizioni iScopri suoi prodotti, gusti. le sue tradizioni il mondoi suoi attraverso Scopri il mondoi suoi con gusti. Slow Food Planet. i suoi prodotti, Scopri il mondo con Slow Food Planet. Slow Food Planet è il compagno di viaggio ideale per vivere ogni meta. Slow Food Planetappieno è il compagno di viaggio Con tempo. Con ogni il giusto spirito. idealeil giusto per vivere appieno meta. Quello di Slow Food. Con il giusto tempo. Con il giusto spirito. Quello di Slow Food. 11 106 «Nel mio ristorante servo solo ciò che il mare offre in giornata. Sono molto pignolo negli acquisti, non prendo tutto da un solo pescatore, ma scelgo in base a quello che decido di cucinare. In giapponese esiste addirittura un termine preciso per le scelte dello chef, omakase. È il consiglio che mi sento di dare a chi va al mercato ittico». (Laboratorio del Gusto Pierre Giannetti e Christian Qui: bouillabaisse 2.0, domenica 17 maggio) A Slow Fish abbiamo presentato le ultime tre novità di Slow Food Editore: innanzitutto Il pesce, un percorso per imparare a conoscere e amare i protagonisti dei nostri mari, scritto da di Silvio Greco e illustrato da Sergio Staino. Inoltre Fare la spesa con Slow Food, che con quasi tremila indirizzi tra cui scegliere, intende aumentare la consapevolezza nella spesa di tutti i giorni, obiettivo cui punta anche – terza novità – la nuova Guida agli extravergini 2015. planet.slowfood.com | [email protected] 11 planet.slowfood.com | [email protected] di Carmelo Maiorca 108 Considerata una delle prime e più celebri tarantelle napoletane, la canzone “Lo Guarracino” include un numero davvero straordinario di pesci e di altre creature marine. Un variegato e incalzante elenco in versi e musica scritto da un evidente conoscitore della fauna ittica nella lingua napoletana di oltre due secoli fa, come tutto il testo che riproduciamo integralmente, seguito dai nomi in italiano delle specie citate. L’originario canto di estrazione popolare e di autore ignoto, risalente secondo alcune fonti al 1768, fu più volte trascritto e arrangiato melodicamente da musicisti locali e forestieri a partire dai primi decenni dell’Ottocento, nell'ambito del crescente interesse al narratore non rimane più fiato per cantare ed egli si congeda dai presenti bevendo un bicchiere di vino. In un vecchio e interessante articolo che abbiamo scovato, pubblicato sulla rivista «Didattica delle Scienze» nel febbraio 2003 col titolo “Una finestra sulla biodiversità di un ecosistema marino”, il professore Vincenzo Boc- re interpretato da molti artisti. Tra le esecuzioni più note sono da ricordare quella solista di Roberto Murolo e la stupenda versione polistrumentale della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Ispirato alla canzone c’è pure un cortometraggio di buon livello realizzato qualche anno fa dal regista Michelangelo Fornaro. Il personaggio del Guarracino, che dà il nome alla vicenda ambientata nel golfo di Napoli, è un piccolo pesce della famiglia dei pomacentridi. Il nome scientifico attribuitogli da Linneo è Chromis chromis, mentre in italiano è detto castagnola (niente a che vedere con il pesce castagna). Nel Mare in pentola di Alan Davidson, ampia e dettagliata guida di pesci, crostacei e molluschi commestibili del Mediterraneo pubblicato la prima volta nel 1972 e tuttora di utile consultazione, l’autore gli dedicò appena due righe, non ritenendolo sufficientemente interessante dal punto di vista gastronomico. In effetti, a causa delle sue carni troppo ricche di spine a fronte delle ridotte dimensioni, è difficile trovare a Napoli estimatori del guarracino. Che invece, tanto parte per cercare d’impossessar- cardi scriveva, tra l’altro: «Lo guarrasi del primo centesimo portafortuna cino è un canto che può essere considi Paperon de’ Paperoni). derato come un originale inventario della fauna marina che popolava il Nella canzone non si parla di po- Golfo di Napoli nel XVIII secolo, e ha zioni e filtri magici; al Guarracino, valore come testimonianza storica andando per mare, era venuta vo- della biodiversità di un ecosistema glia di sposarsi: la scintilla d’amo- marino del passato (…). Da qui si può re scatta appena vede la Sardella che passare alla considerazione di una gorgheggia affacciata al balcone. Il pe- serie di problematiche di tipo ecologiscetto innamorato si rivolge alla vec- co, legate da un lato all’inquinamento chia e maliziosa Bavosa affinché porti delle acque costiere e dall’altro allo l’ambasciata alla Sardella la quale, su- sfruttamento irrazionale delle risorse perata l’iniziale vergogna, fa capire al ittiche come il problema delle specie Guarracino che il suo interesse è cor- in rarefazione e di quelle minacciate risposto. Appostata da quelle parti c’è di estinzione.» però la Patella ficcanaso che avverte il Per molto tempo biologi e naturalitonnetto Alletterato, precedente cor- sti si sono cimentati nel tentativo di teggiatore della Sardella. L’Alletterato far corrispondere l’esatta definizione s’infuria, si arma di tutto punto, esce scientifica a ognuno degli organismi a cercare il Guarracino, e, una volta riportati nel canto con nomi in napotrovato, lo riempie di botte. La lite in- letano. Il lavoro d’identificazione più nesca il coinvolgimento di parenti e preciso è stato quello della biologa amici dell’uno e dell’altro spasimante- marina e ricercatrice del Cnr di Ischia contendente, «pisce gruosse e picceril- Maria Cristina Gambi, che raccolse le d’ogni ceto e nazione», che arrivano dalla viva voce dei pescatori ischitani numerosi trasformando la rissa in una molte notizie riportate nel volume Gli travolgente guerra sottomarina. Il lun- organismi marini ne Lo Guarracino, go racconto finisce soltanto perché Benincasa Editore, Napoli. la biodiversità del golfo di napoli ai tempi del guarracino racconta il bravo e divertente cantastorie Stefano Serino – performance visibile su You Tube – era utilizzato dalle fattucchiere della zona di Mariannella per la preparazione di fatture d’amore (da suggerire agli autori Disney di Amelia «la fattucchiera che ammalia», che giusto alle pendici del Vesuvio ha la sua base da dove ogni La storia slow La biodiversità del golfo di Napoli ai tempi del Guarracino verso la musica e la canzone popolare che si diffuse nella città partenopea. La trascrizione più conosciuta arrivata fino ai giorni nostri è attribuita al compositore ed editore Guglielmo Cottrau (1797-1847), nato a Parigi e vissuto sin dall’adolescenza a Napoli. Diventato un classico senza tempo, “Lo guarracino” è stato e continua a esse- 109 Lo Guarracino Lo Guarracino ’nche la guardaje de la Sardella s’annammoraje; se ne jette da na Vavosa la cchiù vecchia maleziosa; l’ebbe bona rialata pe’ mmannarle la mmasciata; la Vavosa pisse pisse chiatto e tunno nce lo disse. Tu mme lieve la nnammorata e pigliatella sta mazziata». Tuffete e taffete a miliune Lle deva paccare a secazzune, schiaffe, ponie e perepesse, scoppolune, fecozze e connesse, scerevecchiune e sicutennosse e l’ammacca osse e pilosse. Capitune, sàure e anguille, pisce gruosse e piccèrille, d’ogne ceto e nazione, tantille, tante cchiù tante e tantone! Quanta botte, mamma mia! Che se dèvano, arrassosia! A centenare le barrate! A meliune le petrate! La Sardella ’nch’a sentette rossa rossa se facette pe’ lo scuorno che se pigliaje sotto a no scuoglio se ’mpizzaje; ma la vecchia de la Vavosa subeto disse: «Ah, schefenzosa! De sta manera nun truove partito ncanna te resta lo marito. Venimmocenne ch’a lo rommore pariente e ammice ascettera fore, chi co’ mazze, cortielle e cortelle, chi co’ spate, spatune e spatelle, chiste co’ barre, chille co’ spite, chi co’ ammennole e chi co’ antrite, chi co’ tenaglie e chi co’ martielle, chi co’ torrone e sosamielle. Muorze e pìzzeche a beliune! A delluvio le secuzzune! Non ve dico che bivo fuoco se faceva per ogne luoco! Te, tte, tte, ccà pistulate! Ttà, ttà, ttà, llà scoppettate! Ttù, ttù, ttù, ccà li pistune! Bù, bù, bù, llà li cannune! Lo Guarracino che jeva pe‘ mmare lle venne voglia de se nzorare se facette no bello vestito de scarde de spine pulito pulito co na perrucca tutta ngrifata de ziarelle mbrasciolata co lo sciabò scolla e puzine de ponte angrese fine fine. Se aje voglia de t’allocà tante smorfie non aje da fà; fore le zeze e fora lo scuorno, anema e core faccia de cuorno». Ciò sentenno la Sardella s’affacciaje a la fenestella, fece n’uocchio a zennariello a lo speruto nnammoratiello. Patre, figlie, marite e mogliere s’azzuffajeno comm’a fere. A meliune correvano a strisce de sto partito e de chillo li pisce. Che bediste de sarde e d’alose! De palaje e raje petrose! Sarache, dienteche e achiate, scurme, tunne e alletterate! Ma de cantà sò già stracquato e me manca mo lo sciato; sicchè dateme licienza, graziosa e bella audienzia, nfì che sorchio na meza de seje, co’ salute de luje e de leje, ca se secca lo cannarone sbacantànnosse lo premmone. Cu li cazune de rezza de funno scarpe e cazette de pelle de tunno, e sciammeria e sciammerino d’aleche e pile de voje marino, cu buttune e buttunera d’uocchie de purpo, secce ’e fera, fibbia, spata e schiocche ndorate de niro de secce e fele d’achiata. Ma la Patella che steva de posta la chiammaje faccia tosta, tradetora, sbrevognata senza parola, male nata, ch’avea nchiantato l’Alletterato, primmo e antico nnammorato, de carrera da chisto jette, e ogne cose lle dicette. Pisce palumme e piscatrice, scuorfene, cernie e alice, mucchie, ricciole, musdee e mazzune, stelle, aluzze e storiune, merluzze, ruòngole e murene, capodoglie, orche e vallene, capitune, aùglie e arenghe, ciefere, cuocce, tràccene e tenghe. Ddoje belle cateniglie de premmone de conchiglie, no cappiello aggallonato de codarino d’aluzzo salato tutto posema e steratiello jeva fecenno lo sbafantiello, gerava da ccà e da lla la nnamorata pe’ se trovà. Quanno lo ntise lo poveriello, se lo pigliaje Farfariello; jette a la casa, s’armaje a rasulo se carraje comm’a no mulo de scoppette e de spingarde, pòvere, palle, stoppa e scarde, quattro pistole e tre bajonette dint’’a la sacca se mettette. Treglie, trèmmole, trotte e tunne, fiche, cepolle, laùne e retunne, purpe, secce e calamare, pisce spate e stelle de mare, pisce palumme e pisce martielle, voccadoro e cecenielle, capochiuve e guarracine, cannolicchie, ostreche e ancine. La Sardella a lo barcone steva sonanno lo calascione; e a suone de trommetta jeva cantanno st’arietta: «E llare’ lo mare e lena e la figlia de la zi’ Lena ha lassato lo nnammorato pocca niente l’à rialato». ’Ncopp’a li spalle sittanta pistune, ottanta bomme e novanta cannune; e comm’a guappo Pallarino jeva trovando lo Guarracino. La disgrazia a chisto portaje che mmiez’a la chiazza te lo ncontraje… Se l’afferra po’ cravattino e po’ lle dice: «Ah malandrino! Vongole, còcciole e patelle, pisce cane e grancetielle, marvizze, màrmure e vavose, vope prene, vedove e spose, spìnole, spuònole, sierpe e sarpe, scàuze, ’nzuòccole e cò le scarpe, sconciglie, gàmmere e ragoste, vennero nfino cò le poste. canto popolare napoletano, testo di autore anonimo della seconda metà del Settecento → I nomi in italiano delle specie elencate nel canto Castagnola, tonno, alghe, foca monaca, polpo, seppia, delfino, occhiata, luccio di mare/barracuda, sardina, bavosa, patella, tonnetto alletterato, alosa/ cheppia, sogliola, razza, sarago, dentice, sgombro, pesce palombo, rana pescatrice, scorfano, cernia, alice/acciuga, trigone (o pastinaca?), ricciola, musdea, motella, ghiozzo, leccia stella, storione, nasello, grongo, murena, capodoglio, orca, balena, anguilla/capitone, aguglia, alaccia, cefalo, capone coccio, tracina, tinca, triglia, torpedine, trota, merluzzetto, cepola, latterino, zerro, calamaro, pesce spada, stella di mare, pesce martello, bocca d’oro, bianchetto, seppiola, cannolicchio, ostrica, riccio di mare, vongola, cuore edule/cocciola, pescecane, granchio, tordo, marmora, boga, spigola, spondilo, pesce serpente (o pesce sciabola?), salpa, murice, gambero, aragosta, sauro/suro. slow Da 15 anni a questa parte Slow Fish con le sue campagne permanenti promuove il consumo del pesce locale, quello che impropriamente viene definito “povero” e che, in realtà, annovera specie di indubbio valore organolettico e dai tanti possibili usi culinari. Pesci spesso sconosciuti, comunque trascurati da ricordati dal biologo marino e dirigente di ricerca Ispra Silvio Greco nel suo ultimo libro pubblicato da Slow Food Editore e presentato a Slow Fish: Il pesce, sottotitolo come conoscerlo, amarlo, pescarlo e cucinarlo senza guasti per le specie ittiche, per noi e per l’ambiente. Si tratta di un utile almanacco PER LA PRIMA VOLTA ECCO LA NEWSLETTER DI SLOW FOOD EDITORE VISITA IL NOSTRO SHOP SU STORE.SLOWFOOD.IT SEGUICI SU FACEBOOK: SLOW FOOD EDITORE 112 un mercato che li ritiene di scarso interesse commerciale, e che vede la maggior parte dei consumi limitata a poche varietà. In Italia la richiesta è orientata su una decina di specie di pesci, crostacei e molluschi, nonostante i nostri mari ci offrano oltre 250 specie consumabili. Concetti e numeri che vengono di divulgazione scientifica – e non solo – arricchito dai disegni di Sergio Staino e da belle foto che fanno da corredo a ricordi, schede, ricette, curiosità, versi di poesie e di canzoni sul tema, fra cui l’incipit di “Lo guarracino”, un canto popolare napoletano del Settecento di cui scriviamo nelle pagine precedenti. Ogni quindici giorni approfondimenti tematici dedicati ai libri, alle novità e alle offerte della settimana sullo store di slowfood.it. Potrai sfogliare gratuitamente le prime pagine del libro in vetrina. Seguici per restare aggiornato sugli sconti per chi compra online. Guarda tutte le offerte della settimana. Un evento di OM . C VI CITTÀ DI BRA N I T A LY CHEESE 18-21 s e t te m b re 2015 Bra (Cn) ALLE SORGENTI DEL LATTE A Worldwide Passion IL PI A VERONA 10-13 APRILE 2016 PE R N U TR IR E VINITALY 50° EDIZIONE N ET A 1967 > 2016 Programma ITION 6 2 01 H EX IB together with VERONA, 9 APRILE 2016 www.slowfood.it Premier Event at Vinitaly operawine.it organized by follow us Official Partner VINITALY.COM Venerdì 18 alle sorgenti del latte Cheese torna a Bra (Cuneo), dal 18 al 21 settembre, organizzato da Slow Food Italia e dalla Città di Bra, in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Focus dell’edizione 2015 è la montagna nella filiera del latte, con le storie dei giovani che hanno scelto di vivere e lavorare tra le vette, le valli e gli alpeggi. Li incontreremo tra le centinaia di stand nel Mercato dei Formaggi, assieme ai tanti Presìdi Slow Food e agli affinatori da tutto il mondo che ogni due anni si danno appuntamento a Bra. Ma anche nelle proposte della Gran Sala dei Formaggi, dove ospite sarà la produzione lattiero-casearia della Spagna, a cui abbinare i calici dell’Enoteca, con centinaia di etichette italiane scelte dalla Banca del Vino di Pollenzo. Non mancano i punti ristoro con le Cucine di Strada, i Food Truck, la Piazza della Birra e quella della Pizza. 116 Tornano le degustazioni guidate nei Laboratori del Gusto, 35 imperdibili appuntamenti attraverso il mondo della biodiversità casearia e non solo; gli Appuntamenti a Tavola, occasione unica per incontrare alcuni tra i migliori chef del panorama nazionale e internazionale e assaggiare le loro specialità; gli incontri curati da Slow Food Educazione, con i consueti appuntamenti per scuole e famiglie e un Master of Food dedicato ai giovani under 30 per scoprire gli abbinamenti tra formaggi e birre artigianali. Non mancano gli approfondimenti, grazie alle Conferenze sulla filiera lattiero-casearia, alle presentazioni dei libri firmati dalla Chiocciola e alla lettura quotidiana dei giornali. Torna anche la Casa della Biodiversità, che oltre agli incontri con i produttori propo- Laboratori del Gusto ne un’esposizione di prodotti che ci aiuterà a conoscere meglio gli ecosistemi montani e la loro influenza diretta e indiretta sulla nostra vita. Un programma ricchissimo che vi terrà impegnati dall’alba al tramonto, anzi anche oltre: quando cala il sole, infatti, scende in campo Cheese on stage, con proiezioni e appuntamenti musicali. Stay tuned su www.slowfood.it per tutte le novità! Info utili Bra (Cuneo) dal 18 al 21 settembre Cheese è una manifestazione a ingresso libero tra le vie e le piazze del centro storico di Bra dove si trovano il Mercato, spazi incontri e momenti ludici. Sono a pagamento i buoni per la Gran Sala dei Formaggi e l’Enoteca, i Laboratori del Gusto, gli Appuntamenti a Tavola e i Master of Food. Per contattarci: Slow Food via Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (Cuneo), Italia tel +39 0 172 419611 fax +39 0 172 421293 mail: [email protected] Gli appuntamenti contrassegnati vedono la partecipazione rispettivamente dei Presídi Slow Food e dei prodotti dell'Arca del Gusto. Per saperne di più sul progetto: www.fondazioneslowfood.it CHB01 L’allevatore di formaggi ore 16 - Banca del Vino, Pollenzo 20 € Qual è precisamente il lavoro dell’affinatore? Quali sono le conoscenze necessarie per questo mestiere? L’affinatore deve saper selezionare i formaggi sul luogo di produzione, individuando quelli rispettosi della tradizione. Poi dovrà prendersene cura continuamente, ripetendo gesti manuali per il tempo necessario, come un vero e proprio allevatore. Ne parlerà Giovanni Fiori della Guffanti di Arona attraverso la degustazione di diversi formaggi da lui affinati. In abbinamento una selezione di vini Borgogno & Figli di Barolo (Cn), Brandini di La Morra (Cn), Fontanafredda di Serralunga d'Alba (Cn) e Le Vigne di Zamò di Manzano (Ud). CHLB01 Young boys, old school ore 16 - Sala Liceo Scientifico 25 € Il Rinascimento dei formaggi britannici, iniziato negli anni Ottanta grazie a Randolph Hodgson di Neal’s Yard Dairy, continua ancora oggi. Il laboratorio riunirà tre dei migliori giovani produttori britannici che hanno iniziato la loro attività nello scorso decennio. Durante la degustazione guidata da Bronwen Percival, buyer e technical manager di Neal’s Yard Dairy, si discuterà di come questi giovani produttori siano andati oltre il semplice uso del latte crudo, esplorando tecniche di produzione volte a valorizzare le qualità specifiche del latte della loro fattoria. Unitevi a noi in questa discussione sul promettente futuro del mondo caseario artigianale britannico. CHLB02 Dal fiore al formaggio: formaggi e mieli dai prati di montagna ore 16 - Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 25 € Dai buoni pascoli si ottengono buon latte e buon miele: un assaggio di territorio per capire al meglio la biodiversità vegetale dietro questi prodotti e il legame tra api, pascoli, pastori e formaggio. Il canestrato di Castel del Monte incontra il miele di santoreggia aquilano, il macagn si sposa con il miele di rododendro dalle montagne piemontesi e il bitto storico con il millefiori di alta montagna. E dai pascoli siciliani arrivano la provola dei Nebrodi e il miele di astragalo da ape nera sicula. CHLB03 Sweet home Erbusco ore 16 – Istituto Velso Mucci 20 € Nel cuore della Franciacorta, a Erbusco (Bs), una delle capitali italiane degli spumanti, opera uno dei più grandi pasticcieri italiani, Giovanni Cavalleri. Nell’accogliente pasticceria Roberto (Accademia Maestri Pasticcieri Italiani) si possono assaggiare le specialità che Giovanni sforna ogni giorno, per la delizia degli appassionati. Cheese 2015 ospita questo talento della pasticceria italiana affidandogli un tema non semplicissimo, il formaggio in pasticceria. Giovanni risponde con alcune ricette uniche, come la torta ai tre formaggi, una sorta di cheesecake all’italiana. Si prosegue con alcune novità: per l’occasione verrà preparato un dolce dedicato all’evento. In degustazione il Moscato d’Asti Docg in più versioni (tappo raso, Asti e passito). CHLB04 Whiskey e formaggi dall’Irlanda… la nuova era! ore 19 – Sala Liceo Scientifico 30 € Alla scoperta di due prodotti irlandesi che stanno vivendo un periodo di rinascita: whiskey e formaggio a latte crudo. Il whiskey irlandese, dopo aver rischiato l’estinzione, sta vivendo un periodo di gloria: esportazioni in impennata e nuovi produttori, tra cui i progetti di nuove microdistillerie, che stanno riportando questo distillato ai fasti dell’Ottocento. In questo Laboratorio avremo l’occasione di degustare quattro formaggi irlandesi selezionati dai fratelli Seamus e Kevin Sheridan – fondatori di Sheridans Cheesemongers – in abbinamento a quattro versioni di whiskey, dal blended all’irish pot still, passando per il single malt. In collaborazione con il WhiskyClub Italia. CHLB05 Le forme della pasta filata ore 19 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 20 € Un viaggio nel Sud Italia alla scoperta dei formaggi a pasta filata: dal classico caciocavallo podolico della Basilicata, realizzato con il latte vaccino, alla vastedda del Belice in Sicilia, che è l’unico formaggio italiano a pasta filata ottenuto da latte ovino, entrambi tutelati da un Presidio Slow Food. Assaggeremo anche il caciocavallo a due teste di Ciminà e il burrino, in cui la pasta filata avvolge e conserva un cuore di burro, per arrivare infine alla mozzarella di bufala campana e al pallone di Gravina, Presidio Slow Food. In abbinamento una selezione di birre artigianali di microbirrifici del Sud. CHLB06 I formaggi delle Asturie, un tesoro nascosto ore 19 – Istituto Velso Mucci 30 € La regione spagnola delle Asturie è da sempre una zona di grandi formaggi artigianali a latte crudo, ma l’isolamento geografico ha contribuito alla scarsa diffusione di questi eccellenti prodotti nel resto della penisola iberica, riservando a pochi eletti la possibilità di assaggiare decine di incredibili formaggi. Grazie al lavoro di persone come Enrique Ojanguren, appassionato conoscitore del settore e presentatore di questo Laboratorio, i formaggi asturiani stanno acquisendo un posto di primo piano nelle carte dei ristoranti e nelle cantine degli affinatori più sensibili. Ne assaggerete diversi, tra cui il casín – da poco salito a bordo dell’Arca del Gusto di Slow Food – abbinati a sidro secco e dolce e a vini asturiani. CHSG01 Un viaggio in Veneto in compagnia di un Toscano ore 21 – Stand Sigaro Toscano 15 € La Capreria e la Distilleria Fratelli Brunello di Montegalda, in collaborazione con il Club Amici del Toscano, animeranno questo incontro dedicato alla grappa, ai formaggi e all’immancabile sigaro toscano. Il fumo del Toscano Pastrengo vi accompagnerà in un abbinamento spregiudicato e intrigante, tra grappe giovani e formaggi di capra, alla scoperta di tradizioni agricole e artigiane che rappresentano il territorio dinamico e vivace della provincia di Vicenza. La degustazione è riservata ai maggiori di 18 anni. cheese 2015 slow Cheese 2015 117 Master of Food Laboratori del Latte Sabato 19 Appuntamenti a Tavola Formaggi e birre, in tutti i sensi Special edition under 30 ore 18 – Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora e mezza 10 € / gratuito soci Ttip: il Trattato Transatlantico e il nostro cibo quotidiano ore 10 – Palco di Cheese Laboratori del Gusto CHAP01 Tre storiche Chiocciole “alleate” con l’Albergo dell’Agenzia di Pollenzo ore 20.30 – Albergo dell’Agenzia, Pollenzo 60 € / 50 € soci L’Albergo dell’Agenzia di Pollenzo ospita, nelle storiche sale carloalbertine, tre osterie del progetto dell’Alleanza tra cuochi e contadini. La Locanda delle Tre Chiavi del Trentino, Amerigo dal 1934 dell’Emilia-Romagna e Dispensa Pani e Vini della Lombardia sono osterie storiche, da sempre insignite della Chiocciola, il simbolo che distingue le migliori realtà della guida. Una cena a base di piatti tipici dei territori di provenienza degli osti, impreziositi da ricette a base di formaggio rivisitate e perfezionate dagli chef. Un ricco buffet di prodotti dei Presìdi, curato dall’Albergo dell’Agenzia, aprirà le danze. Bollicine Franciacorta a tutto pasto. Per le scuole I mestieri del latte ore 9.30 / 11 / 12.30 / 14 Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora 20 € a classe 118 Ogni giorno, dalla mattina alla sera, qualcuno lavora affinché il latte possa conservarsi più a lungo, assumendo forme e sapori diversi: yogurt, formaggi, gelati, latticini. Ma conosciamo davvero chi trasforma il latte in tutte queste saporite forme? Le classi saranno coinvolte in un divertente laboratorio didattico, in cui si potranno conoscere tutti i personaggi, le attività e gli ingredienti utili a declinare il latte in mille consistenze e sfumature di bianco. Riuscireste a riconoscere un formaggio solo dall'aroma o dalla consistenza, rintracciando stile, territorio, stagionatura o affinamento? Mettetevi alla prova indovinando le tipologie di formaggi a occhi chiusi e proponendo il miglior abbinamento con le birre in assaggio. I palati più talentuosi riceveranno in premio una selezione di birre! Casa della Biodiversità Aperitivo ad alta quota ore 12 – Casa della Biodiversità Vi raccontiamo la biodiversità delle montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza, abbinandola a un vino locale. Il formaggio e la terra ore 15 – Casa della Biodiversità Cosa c’entra la terra con il formaggio? La vita che si svolge sotto i nostri piedi garantisce varietà e qualità ai pascoli, e quindi al latte. Ci vogliono 2000 anni per creare 10 centimetri di terreno fertile, e bastano pochi decenni per ucciderlo con pesticidi, fertilizzanti chimici e dilavamento. Per fare un buon formaggio ci vuole anche rispetto per la salute della terra e dei suoi abitanti. Alle cinque della sera… Ore 17 – Casa della Biodiversità Conversazione sul viaggio e la montagna in compagnia dell’associazione Dislivelli e rete sostenibile Sweet Mountains e di Willy Fassio di Tucano Viaggi. I cittadini europei hanno detto un chiaro no al Trattato Transatlantico commerciale con gli Usa. Le ragioni per opporsi al trattato toccano il cuore della democrazia e della sostenibilità. L'accordo vuole favorire il commercio armonizzando i regolamenti europei e statunitensi, molto diversi tra loro. Quali sono i possibili impatti sul cibo quotidiano? Sfumature di Giallo: latti, prezzi e fieno ore 14 – Cortile Palazzo Garrone La biodiversità dei prati, ricchissimi di erbe diverse, apporta pigmenti e sostanze aromatiche e nutritive che modificano composizione e aspetto del latte. Questa ricchezza si ritrova anche nei prodotti come burro, yogurt e formaggio. Non sempre la qualità è ripagata da un prezzo equo: il latte perfettamente bianco viene preferito da consumatori poco informati. Come far prevalere le ragioni della qualità su quelle della semplificazione? Latte sì, latte no ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone Il latte è il primo alimento assunto alla nascita e molti continuano ad assumerlo in ogni fase della vita. Altri ritengono che, come gli altri mammiferi, anche gli umani dovrebbero nutrirsi di latte solo nella primissima infanzia. Il dibattito è aperto tra chi ritiene che il latte non sia un alimento adatto agli adulti e chi invece sostiene che sia una risorsa base della nutrizione. CHLB07 I formaggi transfrontalieri: a est dell’arco alpino ore 13 – Sala Liceo Scientifico 25 € Una degustazione dedicata ai prodotti dei territori transfrontalieri del Nordest italiano, dell’Austria e della Slovenia. Nel laboratorio metteremo a confronto alcune produzioni virtuose che valorizzano l’economia di montagna ed evitano lo spopolamento delle aree alpine. In assaggio troverete il formadi frant del Friuli Venezia Giulia, il Graukäse della Valle Aurina in Trentino Alto Adige e il morlacco del Grappa di malga del Veneto, Presìdi Slow Food. Degusteremo anche il tolminc della Valle Soca-Isonzo in Slovenia, prodotto dell’Arca del Gusto, e il Bergkäse Vorarlberg austriaco di Hermann Berchtold. CHLB08 Giovani casari italiani crescono ore 13 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 20 € Sono giovani e hanno scelto di vivere una vita in piena sintonia con la natura. Amano e accudiscono i loro animali, dai quali ricavano formaggi di ottima qualità. Quello del casaro è un mestiere duro, ma questi ragazzi riescono ad affrontare in maniera positiva le criticità, con il savoir faire tipico di un trentenne dei nostri giorni. Ruben Lazzoni di La Chèvre Hereuse, azienda agricola di Saint-Marcel (Ao) a 1350 metri di altitudine, e Agitu Ideo Gudeta, ragazza di origine etiope che in Trentino ha iniziato ad allevare una razza in via d’estinzione, la capra pezzata mochena, sono due delle quattro storie che assaggerete. CHLB09 Le forme della pasta Di Martino incontrano le forme del latte ore 13 – Istituto Velso Mucci 30 € Lisci, rigati, concavi e bucati, i formati di pasta di Gragnano Igp sposeranno le differenti forme del latte, disegnando una mappa con le varianti dei maccheroni con il cacio. Partendo dalla “cacio e pepe” scopriremo gli abbinamenti della pasta di Gragnano Igp, con le indicazioni del pastificio Di Martino e di chef stellati italiani. CHB02 Superciuk: storie di formaggi ubriachi ore 16 – Banca del Vino, Pollenzo 20 € Secondo la tradizione, il metodo dell’ubriacatura ha avuto origine durante la ritirata di Caporetto, quando, per nascondere i formaggi ai soldati austroungarici, i contadini li avrebbero coperti con vinacce. Vi condurremo tra i formaggi più ubriachi d’Italia tra Veneto, Piemonte e Campania, abbinati ai loro vini di affinamento. CHLB10 I formaggi catalani diventano indipendenti ore 16 – Sala Liceo Scientifico 30 € La Catalogna è stata per anni produttrice di formaggi senza uno stile e una personalità marcati. Da un po’ di tempo le cose sono cambiate: i formaggi catalani stanno diventando un punto di riferimento in Spagna. Ce lo racconterà Francesc Portet, di Caseus Affinadors. In abbinamento una selezione di vini naturali catalani, a cura del bistrot vegetariano barcellonese Rasoterra. CHLB11 Naturale rEsistenza ore 16 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 25 € Cellulari, macchine, tecnologia, rumore… la nostra quotidiana frenesia. Eppure ci sono persone che hanno naturalmente scelto – non è stato loro imposto o tramandato – un’esistenza differente. Hanno i loro animali, vivono in posti isolati, mungono manualmente, si sostengono con ciò che producono. Quattro casari con storie affascinanti sono i protagonisti di questo Laboratorio: Silvio Pistone di Cascina Pistone a Borgomale (Cn) e il suo pecorino, Luca Grasselli di Cascina Lago Scuro a Stagno Lombardo (Cr) con il suo formaggio vaccino, Enrico Rossello di Roccaverano (At) e il suo caprino, Sara Moscariello della Cooperativa Agricola del Pecorino Bagnolese a Bagnoli Irpino (Av). CHLB12 Le donne del latte ore 16 – Istituto Velso Mucci 20 € Donne e latte: il legame con il più alto valore reale e simbolico che la natura ci possa offrire. In questa degustazione sei produttrici di formaggio dal Nord al Sud del Paese vi condurranno alla scoperta delle loro storie. Partendo dal Nord con il macagn di Manuela Ceruti, ci fermeremo in Toscana per il pecorino di Angela Sargentoni e nel Lazio per un altro pecorino, quello di Maria Pia, per giungere al Sud con il cacioricotta del Cilento di Filomena Merola. Non mancheranno neanche il provolone delle Madonie di Grazia Invidiata e il caciocavallo di Agnone di Serena Di Nucci. Un incontro per conoscere il ruolo femminile nella produzione casearia, con il suo bagaglio territoriale e culturale. cheese 2015 slow Venerdì 18 119 CHSG02 Un assaggio di… analisi sensoriale ore 18 – Stand Sigaro Toscano 15 € Un viaggio di piacere per riscoprire le caratteristiche di ciò che ci circonda, risvegliando la nostra sopita memoria gusto-olfattiva. Un’esperienza sensoriale unica dove il Sigaro Toscano Antica Tradizione incontra il formaggio castelmagno d’alpeggio Dop dell’azienda La Bruna, il Barbaresco di Paitin e il miele di Dario Pozzolo. Sarete accompagnati in questo percorso da Gianni Basso per il sigaro toscano, da Dario Pozzolo, esponente dell’Albo nazionale degli esperti in analisi sensoriale del miele, e da Maria Cristina Crucitti di The Cheese Storyteller, cantastorie di formaggi e territori. La degustazione è riservata ai maggiori di 18 anni. 120 CHLB13 In blu, tra formaggi e distillati made in Italy ore 19 – Sala Liceo Scientifico 30 € In Italia stiamo assistendo alla crescita dell’interesse verso il mondo dei distillati, frutto della curiosità e della costante ricerca di prodotti stranieri da parte di barman – più o meno famosi – che li propongono in carta lisci o interpretati in cocktail classici e innovativi. Basta pensare a quanto è aumentata l’offerta di bottiglie di gin nei bar nel giro di qualche anno. Tuttavia, non tutti sanno che anche nello Stivale si producono distillati eccellenti. Assaggerete un gin, una vodka, una grappa e addirittura un rum bianco made in Italy, abbinati a una selezione di formaggi erborinati. CHLB14 Formaggi di razza: Presìdi a latte ovino e caprino ore 19 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 20 € Che cosa lega una razza presidiata da Slow Food a una tipologia di formaggio? Lo scopriremo incontrando i produttori di formagin e matuscin, i formaggi ricavati dal atte di capra orobica in Lombardia, oltre ai casari che producono il saras di pecora frabosana in Piemonte e le tome di pecora brigasca in Liguria. Dalla Toscana arriva il formaggio di pecora garfagnina, razza a rischio di estinzione segnalata nell’Arca del Gusto. E poi ci dirigeremo al Sud per degustare i formaggi di capra girgentana in Sicilia e di garganica in Puglia. CHLB15 Riso in fermento, dalle birre al piatto ore 19 – Istituto Velso Mucci 25€ Il riso può essere un ingrediente fondamentale per dare un’intrigante caratterizzazione alle birre, che si possono accompagnare a piatti o prodotti del territorio. Ovviamente è compito del birraio scegliere un riso di qualità e utilizzarlo nel modo migliore all’interno della ricetta. Attraverso l’assaggio di quattro birre prodotte da Croce di Malto (Trecate, No), Birrificio Sant’Andrea (Vercelli) e Le Baladin (Piozzo, Cn) analizzeremo questa micronicchia. Le birre saranno accompagnate da formaggi, da prodotti locali e da un risotto “taleggio e liquirizia” preparato da uno chef d’eccezione: Eugenio Signoroni, curatore della Guida alle Birre d’Italia. CHSG03 Facciamo un... Contratto con il Sigaro Toscano ore 21 – Stand Sigaro Toscano 15 € Le grandi tradizioni toscane e quelle piemontesi si incontrano attraverso tre storiche eccellenze: la cantina Contratto di Canelli fondata nel 1867, il Sigaro Toscano datato 1815 e il Caffè Converso, a Bra dal 1838. Lo spumante For England pas dosé 2010, il vermut rosso e il fernet in versione cocktail vi accompagneranno durante la fumata del Toscano Originale. Dulcis in fundo le creazioni del Caffè Converso. Giorgio Rivetti, Stefano Fanticelli e Federico Boglione vi condurranno in questa sorprendente degustazione, riservata ai maggiori di 18 anni. Appuntamenti a tavola CHAP02 Fran Heras: il principe delle Asturie ore 20.30 – Albergo dell’Agenzia, Pollenzo 70 € / soci 60 € Francisco “Fran” Heras rappresenta senza dubbio il futuro della cucina asturiana, una bellissima regione nel Nord della Spagna. Nativo di Avilés, con un passato in molte cucine blasonate – da Ferran Adrià a Ramon Freixa –, propone piatti tradizionali rivisitati e alleggeriti, in cui le materie prime sono protagoniste assolute. Lo sanno bene i clienti che ogni giorno affollano il Llamber, taverna gastronomica aperta e gestita da Fran sia nella sua città natale sia a Barcellona. In questa cena assaggerete piatti “classici”, nei quali non mancherà il formaggio prodotto nel Principato. Per le famiglie Casa della Biodiversità Laboratori del Latte I mastri trasformatori del latte ore 11.30 / 14.30 / 16 Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora adulti 10 € / soci 5 € bambini 5 € / gratuito per i soci Aperitivo ad alta quota ore 12 – Casa della Biodiversità Si dice che tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare. Lo stesso vale anche per chi, ogni giorno, lavora il latte: è necessario un mare di saperi e di azioni per trasformare la materia prima da liquida a solida o semi-solida. Ogni giorno tre appuntamenti si susseguiranno per insegnare – muniti di caglio – come lavorare il latte per farlo diventare formaggio, mozzarella, yogurt o gelato. Il nostro latte quotidiano ore 18 – Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora e mezza 10 € / soci 5 € Il latte è un alimento sano e consigliabile oppure no? In un momento di forte demonizzazione di tutte le proteine di origine animale, anche il latte sta subendo un calo di popolarità sulle nostre tavole. È necessario, quindi, fare un po’ di chiarezza in merito, con l’aiuto di esperti nutrizionisti. Assumerne? Se sì, quanto? Prodotto in che modo? Adulti e bambini saranno divisi in due gruppi e, a suon di cucchiai, si cimenteranno in preparazioni, degustazioni, lettura delle etichette. A fine laboratorio grandi e piccini metteranno alla prova le loro capacità, affrontandosi in un quiz. Vi raccontiamo la biodiversità delle montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza, abbinandola a un vino locale. C’è fermento! ore 15 – Casa della Biodiversità I fermenti industriali appiattiscono la qualità dei formaggi, ma la soluzione esiste: ogni casaro può produrre in casa i propri fermenti, partendo dal proprio latte. Giampaolo Gaiarin ci presenta la prima fermentiera pensata per le esigenze dei piccoli produttori. Alle cinque della sera… ore 17 – Casa della Biodiversità Un incontro con produttori di formaggi a latte crudo che arrivano dal Brasile e dall’Argentina. Un viaggio alla scoperta delle tradizioni artigianali, dei saperi e dei territori legati alla produzione casearia d’eccellenza di oltreoceano. Quale patto per il futuro degli alpeggi ore 10 – Sala CRB cheese 2015 slow Sabato 19 Come sarebbero le Alpi senza gli alpeggi? Qual è il futuro di un territorio così legato all’allevamento e ai suoi prodotti? È possibile immaginare un patto tra istituzioni, territori e malgari per superare gli ostacoli? Ne parliamo con sindaci, allevatori e l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero. Quote latte addio! Ma con quali prospettive? ore 14 – Cortile Palazzo Garrone Dal 1° aprile, nell’Ue, il regime delle quote latte ha lasciato il posto al libero mercato. Per i piccoli produttori si apre una nuova sfida, perché devono far fronte alla concorrenza di realtà con enormi capacità produttive. La qualità, il recupero della filiera locale e l’indicazione di origine possono essere una risorsa per distinguersi? Cosa ne pensano gli addetti del settore? Animali e alpeggi. La libertà è il criterio più efficace per giudicare il benessere animale? ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone Nell’immaginario del consumatore gli animali al pascolo e in libertà vivono in condizioni ottimali di benessere. Ma libertà è sinonimo di benessere animale? Gli animali allo stato selvatico e al pascolo hanno una qualità della vita migliore rispetto agli animali di allevamento? Quanto può incidere l’uomo sul benessere della vita degli animali? Durante l’incontro cercheremo di rispondere a queste e a molte altre domande. 121 Laboratori del Gusto CHB03 I principi delle Orobie e i grandi rossi della Valtellina ore 11 – Banca del Vino, Pollenzo 25 € Le storiche cantine dell’Agenzia di Pollenzo, nate per volontà del re Carlo Alberto e riportate agli splendori dalla Banca del Vino, non possono che ospitare formaggi reali, come i principi delle Orobie. Cinque straordinari formaggi di montagna – stracchino delle valli orobiche, bitto storico, agrì di Valtorta (tutti Presìdi Slow Food), strachitund (pasta del taleggio erborinata) e branzi – sono gli interpreti di una nuova agricoltura di montagna, sostenibile e di alta qualità. Anche i vini non saranno da meno, completando la degustazione con le migliori denominazioni della Valtellina. CHL16 Giovani casari dal mondo ore 13 – Sala Liceo Scientifico 25 € 122 La professione del casaro rischia di scomparire e con essa rischiano di svanire per sempre sapori e tecniche che fanno parte delle culture e delle identità di intere comunità, dalle malghe dei Balcani ai pastori delle Alpi, dagli alpeggi baschi al Caucaso. Una volta dimenticati i gesti necessari per produrre formaggi e latticini, nessuno potrà mai più recuperarli. Per questo vi proponiamo un appuntamento con i giovani casari della rete di Terra Madre, alla scoperta di sapori, immagini e racconti che narrano la storia di chi presidia questo antico mestiere. CHLB17 Formaggi di razza: Presìdi a latte vaccino dalle Alpi alla Sicilia ore 13 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 20 € Sono razze rustiche dal manto bruno, grigio oppure bianco. Offrono poco latte ma dalle ottime qualità organolettiche, come potrete verificare in questo percorso. Un viaggio tra prodotti d’eccellenza e poco conosciuti: dai formaggi d’alpeggio di vacca grigio alpina del Trentino Alto Adige al caciocavallo di razza cinisara in Sicilia, passando per i formaggi freschi di cabannina in Liguria, il parmigiano reggiano di vacca bianca modenese e il caciocavallo di vacca podolica del Gargano. CHLB18 Il latte fa il suo giro in Ciociaria ore 13 – Istituto Velso Mucci 20 € Viaggio nella storica produzione casearia ciociara, capace di raccontare la generosa tipicità di un territorio in cui si fa largo uso di latte ovino, caprino, vaccino e bufalino per dare vita a eccellenti formaggi a latte crudo. Ogni prodotto è legato ad antiche e sapienti lavorazioni: dalla marzolina (Presidio Slow Food) al conciato di San Vittore, dal cacio di Morolo alla rosina. A partire dalla degustazione di quattro latti assaggerete altrettanti formaggi in abbinamento a due rossi ciociari, Cabernet di Atina e Cesanese del Piglio. CHB04 La riscossa del burro ore 16 – Banca del Vino, Pollenzo 20 € Tradizionalmente molto utilizzato in cucina e altrettanto bistrattato dalle diete moderne, il burro resta un prodotto di grande identità e interesse culinario. I fratelli Brazzale, con il marchio “Alpi” datato 1784, hanno inaugurato un percorso di qualità del famoso panetto e oggi scendono in campo con il “manifesto per la riscossa del burro”. Ne assaggerete diversi tipi, da quello naturale a quello salato, accompagnati da altrettanti pani, preparati dallo staff delle Tavole Accademiche di Pollenzo. In abbinamento una selezione di vini della cantina Masciarelli di San Martino sulla Marrucina (Ch). CHLB19 La Compagnia dell’Auvergne ore 16 – Sala Liceo Scientifico 30 € L’Auvergne, nel Massiccio Centrale, è patria di alcuni tra i più famosi formaggi francesi, quali il saintnectaire, il salers e il cantal. Nonostante le tradizioni e le tecniche casearie tramandate nei secoli, le maglie larghe dei disciplinari hanno intaccato sensibilmente la qualità dei formaggi. Nel 2013 Hervé Mons – miglior affinatore di Francia – installa proprio qui una cave d’affinage, per tutelare e sostenere i produttori tradizionali. È nata, così, la Compagnie d’Affinage des Arvenes (gli antichi abitanti della regione), che lavora nel rispetto di un disciplinare attento: all’agricoltura, all’alimentazione delle vacche, all’utilizzo del latte. Venite ad assaggiare gli eccezionali saintnectaire, salers e cantal, prodotti al 100% con latte di vacca salers. CHLB20 Non di sola Campania vive la bufala ore 16 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 25 € Al di fuori della Campania, negli ultimi tempi operano allevatori e produttori di mozzarelle di bufala di tutto rispetto, che puntano sulla qualità del prodotto e sulla sostenibilità dell’allevamento. Dal Piemonte alla Lombardia, dal Lazio alla Sicilia, assaggerete cinque mozzarelle di bufala e altrettante storie virtuose di produttori che hanno saputo realizzare piccoli capolavori caseari. In abbinamento vini e birre artigianali dei territori di appartenenza. CHLB21 Valle d’Aosta sola andata ore 16 – Istituto Velso Mucci 20 € Viaggio di sola andata tra i pascoli e i pendii della Valle d’Aosta. Vi immergerete negli odori e nelle immagini di una natura incontaminata, dalla valle di Gressoney agli alpeggi del Parco Nazionale del Gran Paradiso, con le tome che profumano di biodiversità vegetale; dalle interessanti produzioni caprine a pasta pressata di una piccola azienda vicino ad Aosta che stagiona i suoi formaggi a Pila, allo yogurt magro prodotto ai piedi del Monte Bianco. In chiusura un confronto tra una fontina d’alpeggio di due mesi e una risalente al 2014. CHSG04 Pizza jam session ore 16 – Stand Sigaro Toscano 15 € Una serie di grandi attori per un incontro di gusto, al sapore di fumo, nello spazio del Club Amici del Toscano. Gennaro Esposito, la famosa pizzeria, con le sue meravigliose creazioni, Beppino Occelli con i suoi formaggi, fra cui quello introvabile al tabacco Kentucky, e la Compagnia dei Caraibi con straordinari cocktail, saranno i protagonisti di un appassionante viaggio assieme al Sigaro Toscano Originale. La degustazione è riservata ai maggiori di 18 anni. CHLB22 Frizzanti accordi: il Comté e le bollicine ore 19 – Sala Liceo Scientifico 35 € Il comté è un formaggio vaccino a latte crudo del Nordest della Francia i cui aromi variano in funzione della stagione (estate o inverno), del luogo di produzione (ubicazione delle fruitières, i caseifici cooperativi) e della durata dell’affinamento. In questo Laboratorio ne assaggerete diversi abbinati a un sidro della Normandia, a una birra arigianale della Franche-Comté e a tre Champagne della Maison Steinbrück. Incontri sorprendenti ed esplosivi vi aspettano. CHLB23 Alti incontri: il parmigiano reggiano di montagna e il Barolo ore 19 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 35 € Dalla prima metà del ventesimo secolo, i tentativi di diffondere la produzione del parmigiano reggiano nelle zone dell’Appenino emiliano hanno dato risultati eccellenti, grazie ai prati e ai pascoli situati fino a 700-800 metri di altitudine e alle condizioni ottimali per l’allevamento dei bovini. Guidati dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, degusterete alcuni parmigiani prodotti in montagna in diverse stagionature che incontreranno altrettanti Baroli, di produttori e annate differenti. cheese 2015 slow Domenica 20 CHLB24 Le (nuove) birre trappiste del mondo! ore 19 – Istituto Velso Mucci 25 € Tutti conoscono le birre trappiste del Belgio, ma forse non tutti sanno che oggi possiamo assaggiare anche birre trappiste austriache, americane e, dulcis in fundo, italiane! Andremo alla scoperta delle nuove trappiste di Engelszell (Austria), Zundert (Olanda), Spencer (Usa), Tre Fontane (Roma), senza dimenticare di riassaggiare qualche grande classico belga, da Achel a Westmalle. Accompagneranno le grandi birre trappiste altrettanti formaggi delle rispettive zone. 123 Tavole Accademiche Per le famiglie Casa delle Biodiversità Laboratori del Latte CHSG05 Cheese, si ride… ore 21 – Stand Sigaro Toscano 15 € Teo Musso di Le Baladin vi presenterà le sue birre da meditazione – Xyauyù, Barrel, Fumè e Kentucky – abbinate alle creazioni di Andrea Magi, grande affinatore di formaggi: dalla riserva numerata del pecorino fatto in onore del Club Maledetto Toscano, affumicato con foglie di tabacco Kentucky, a un formaggio erborinato, il briacacio. Il sigaro toscano Antica Tradizione accompagnerà la degustazione, guidata da Stefano Fanticelli. La partecipazione è riservata ai maggiori di 18 anni. Le Tavole Accademiche sono la mensa dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Una mensa unica nel suo genere, che coniuga educazione, alta cucina, costi equi e prodotti locali e che per l’occasione si trasformerà in un temporary restaurant giovane e informale. I mastri trasformatori del latte ore 11.30 / 14.30 / 16 Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora Adulti 10 € / soci 5 € – bambini 5 € / gratuito per i soci Aperitivo ad alta quota ore 12 – Casa della Biodiversità Storie di montagna: prodotti e progetti per rilanciare le terre “altre” ore 14 – Cortile Palazzo Garrone CHAP04 Swiss pest from East London ore 20.30 Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Pollenzo 60 € / soci 50 € Giorgio Ravelli, 31 anni, origine svizzero-italiana. Dopo varie esperienze in giro per l’Europa, tra le quali spicca il 2 stelle londinese The Ledbury, dal giugno 2012 fino a poco tempo fa ha capitanato la cucina del Ten Bells, gastropub storico dell’East London, zona Spitalfields; si dice che le vittime di Jack lo squartatore fossero clienti abituali del pub. Giorgio ha da poco intrapreso una nuova avventura, aprendo il Brooksby’s Walk, a Clapton, Londra, in un ex bagno pubblico. Sicuramente è un tipo dalle scelte stravaganti, e da buon svizzero sostiene che il formaggio, per lui, non ha segreti. Si dice che tra il dire e il fare vi sia di mezzo il mare. Lo stesso vale anche per chi, ogni giorno, lavora il latte: un mare di saperi e di azioni è necessario per trasformare la materia prima da liquida a solida o semi-solida. Ogni giorno tre appuntamenti si susseguiranno per insegnare – muniti di caglio – come lavorare il latte per farlo diventare formaggio, mozzarella, yogurt o gelato. Il nostro latte quotidiano ore 18 Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora e mezza 10 € / soci 5 € Il latte è un alimento sano e consigliabile oppure no? In un momento di forte demonizzazione di tutte le proteine di origine animale, anche il latte sta subendo un calo di popolarità sulle nostre tavole. È necessario quindi fare un po’ di chiarezza in merito, con l’aiuto di esperti nutrizionisti. Assumerne? Se sì, quanto? Prodotto in che modo? Adulti e bambini saranno divisi in due gruppi e, a suon di cucchiai, si cimenteranno in preparazioni, degustazioni, lettura delle etichette. A fine laboratorio grandi e piccini metteranno alla prova le loro capacità, affrontandosi in un quiz. Vi raccontiamo la biodiversità delle montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza, abbinandola a un vino locale. Pecore addio ore 15 – Casa della Biodiversità Che cosa sarebbe il paesaggio senza le greggi di pecore? E che cosa sarebbe l’universo caseario senza i pecorini? L’allarme nasce dalla consapevolezza che il mondo della pastorizia è in crisi, non solo in Italia. Cala il numero degli animali, sempre meno pastori mungono, la lana delle razze non specializzate è considerata un rifiuto e diminuisce il consumo di agnelli. Il mondo ovino vive dunque un lento, tragico declino. Che fare? Ne parliamo con vari protagonisti della filiera, degustando alcuni pecorini d’eccellenza. Al termine, degustazione. Alle cinque della sera… ore 17 – Casa della Biodiversità Alla scoperta del caffè dei Presìdi: in Etiopia, Uganda, Mozambico, São Tomé, Guatemala e Honduras. I Presìdi Slow Food regalano caffè unici, diversi per specie e varietà, territori di origine (dall’alta montagna alle isole), tecniche di lavorazione e tostatura. Al termine, degustazione. cheese 2015 slow 124 Domenica 20 Le Alpi e gli Appennini conservano uno straordinario patrimonio di culture e produzioni, ma chi vive in queste zone deve affrontare quotidianamente molte difficoltà. Quali sono gli strumenti per tutelare i contadini che scelgono di restare in montagna e promuovere il lavoro delle nuove generazioni che investono sul futuro in questi territori? “Resistenza casearia” difende i casari e i pastori che lavorano in malga, tutela i pascoli e le razze locali, mette in rete i piccoli caseifici di montagna. Quesos? Duecento modi per dire formaggio in Spagna ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone Dai prati asturiani ai paesaggi vulcanici delle isole Canarie, i formaggi spagnoli sono figli del proprio territorio: una tradizione che conta circa duecento varianti, a testimonianza della sapienza casearia iberica e delle tante identità e culture di quella terra. Una biodiversità insidiata dalla spinta alla standardizzazione, per un malinteso concetto di salubrità e igiene. La Spagna è il Paese ospite di Cheese 2015: piccoli produttori, allevatori, veterinari ed esperti del settore ci aiuteranno a conoscere il panorama caseario spagnolo di oggi e le sfide che devono essere affrontate. Per i soci Slow Food sconti su tutti gli appuntamenti a pagamento e molti altri vantaggi. Per tutte le info: www.slowfood.it 125 Laboratori del Gusto CHLB25 Wanted: formaggi a latte crudo cercasi ore 13 – Sala Liceo Scientifico 25 € Per quale ragione è così importante preservare i formaggi a latte crudo? Il latte crudo trasferisce aromi, profumi e sapori tipici di un territorio; racconta le erbe e i fiori dei pascoli; rende i formaggi più buoni, complessi e interessanti. Ma che succede se la lavorazione a latte crudo viene bandita? Le legislazioni di molti Paesi come Stati Uniti, Canada, Australia limitano o vietano in toto la commercializzazione di prodotti a latte crudo. In questo Laboratorio potrete incontrare casari che combattono ogni giorno per poter proporre ai loro connazionali un prodotto di qualità. CHLB26 Con la birra di montagna il gusto ci guadagna! ore 13 – Scuola Primaria Rita Levi Montalcini 25 € Parafrasando una vecchia réclame del caffè, andremo a scoprire sette birrifici “di montagna”. A ogni birraio chiederemo di parlarci del suo territorio, portandoci una birra da assaggiare e scegliendo un formaggio locale da abbinare. Ci racconteranno la loro idea di montagna i birrifici Aleghe di Coazze, Beba di Villar Perosa, Birra del Borgo di Borgorose, Elvo di Graglia, Foglie d’Erba di Forni di Sopra, Troll di Vernante e Kauss di Piasco. 126 CHLB27 La fondue chez Hervé Mons ore 13 – Istituto Velso Mucci 30 € Un inno alla convivialità e un arrivederci alla prossima edizione di Cheese con un evento imperdibile, a metà tra il ludico e l’educativo. Hervé Mons, miglior affinatore di Francia, vi preparerà una fonduta speciale, fatta con formaggi di altissima qualità e di stagionature diverse, scelte per trovare nel prodotto finale il gusto migliore. La fondue sarà accompagnata da pani artigianali e da verdure di stagione dei Presìdi Slow Food. In apertura una degustazione dei formaggi che finiranno in pentola. Il tutto sarà abbinato a vini bianchi di alcune cantine chiocciolate sulla guida Slow Wine. Tavole Accademiche Le Tavole Accademiche sono la mensa dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Una mensa unica nel suo genere, che coniuga educazione, alta cucina, costi equi e prodotti locali e che per l’occasione si trasformerà in un temporary restaurant giovane e informale. CHAP05 Paolo Griffa: verso l’infinito e oltre ore 20.30 Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Pollenzo 60 € / soci 50 € Segnatevi questo nome: Paolo Griffa. A soli 24 anni è il sous chef di Marco Sacco al ristorante Piccolo Lago di Verbania (2 stelle Michelin) e ha recentemente vinto il contest che lo ha decretato migliore chef italiano under 30. Ambizioso, determinato e dal talento non comune, è una delle grandi promesse dell’alta cucina italiana. Ahinoi, con un difetto: non mangia formaggio. Tuttavia questo non è un problema bensì uno stimolo per lui, che vi accompagnerà in un curioso viaggio tra le molteplici forme del latte. Per le scuole I mestieri del latte ore 9.30 / 11 / 12.30 / 14 Stand Slow Food Educazione Durata 1 ora 20 € a classe Ogni giorno, dalla mattina alla sera, qualcuno lavora affinché il latte possa conservarsi più a lungo, assumendo forme e sapori diversi: yogurt, formaggi, gelati, latticini. Ma conosciamo davvero chi trasforma il latte in tutte queste saporite forme? Le classi saranno coinvolte in un divertente laboratorio didattico, in cui si potranno conoscere tutti i personaggi, le attività e gli ingredienti utili a declinare il latte in mille consistenze e sfumature di bianco. Casa delle Biodiversità Laboratori del Latte Orari Aperitivo ad alta quota ore 12 – Casa della Biodiversità I migranti nella filiera del latte e del formaggio ore 14 – Cortile Palazzo Garrone Venerdì 18 • Mercato dei Formaggi 10 – 22 • Gran Sala dei Formaggi ed Enoteca 12.30 – 23 • Piazza della Birra 11 – 23 • Cucine di Strada 11 – 23 • Piazza della Pizza 11 – 23 Vi raccontiamo la biodiversità delle montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza, abbinandola a un vino locale. Le piccole produzioni casearie e l’Europa ore 15 – Casa della Biodiversità Cosa accomuna due vecchi Paesi dell’Unione Europea e due suoi futuri membri? Tutti devono affrontare sfide importanti per produrre e commercializzare i propri formaggi. Nell’ambito del progetto Erasmus Plus, Slow Food Italia collabora con Spagna, Turchia e Macedonia per promuovere le piccole produzioni casearie e far sì che i custodi delle tradizioni possano continuare a produrre formaggi sicuri ed economicamente sostenibili per i consumatori, senza comprometterne l’artigianalità. Al termine, degustazione. I migranti danno un contributo importante al settore lattiero-caseario italiano perché conoscono mestieri che richiedono un’elevata specializzazione, come la cura degli animali, la gestione della stalla e la mungitura. Negli alpeggi, dove è difficile trovare manodopera per via delle condizioni di lavoro disagevoli, la loro presenza permette di mantenere in vita tradizioni che altrimenti scomparirebbero. La parola ai protagonisti, che ci racconteranno storie, esperienze e difficoltà. Diamoci un taglio: scegliamo una carne buona, pulita e giusta ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone cheese 2015 slow Lunedì 21 Sabato 19 e domenica 20 • Mercato dei Formaggi 10 – 22 • Gran Sala dei Formaggi ed Enoteca 11 – 23 • Piazza della Birra 11 – 23 • Cucine di Strada 11 – 23 • Piazza della Pizza 11 – 23 Lunedì 21 • Mercato dei Formaggi 10 – 20 • Gran Sala dei Formaggi ed Enoteca 11 – 20 • Piazza della Birra 11 – 20 • Cucine di Strada 11 – 20 • Piazza della Pizza 11 – 20 Le cifre sono inesorabili: continuare a mangiare carne ai livelli attuali è insostenibile. La produzione veloce ed economica di carne va a scapito dell’ambiente, della salute, del benessere animale e del gusto. La campagna Slow Meat invita a cambiare rotta, consumando meno carne e di migliore qualità e rivalutando i tagli meno noti, per non sprecare nulla. Seguici su: SlowFoodItalia #Cheese SlowFoodItalia Per Cheese 2015 Progetto grafico BODÀ - www.boda.it Per la rivista Slow Grafica Undesign - www.undesign.it 127 settembre - novembre 2015 corrente di pagina slow 128 Nel prossimo numero — Cheese 2015 alle porte: vi racconteremo tutte le novità di questa edizione dedicata alla montagna e ai giovani. Continueremo a parlare di Expo, giunto ormai alla fine, ma sopratutto entreremo nel vivo dei preparativi per Terra Madre Giovani - We Feed the Planet, a Milano dal 3 al 6 ottobre. E ancora la sezione cibo quotidiano, questa volta dedicata a formaggio, gelati, legumi e aceto. 129 130 corrente di pagina