la rivista di slo w food birra verdura frutta n° 2/4 2015 il

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la rivista di slo w food birra verdura frutta n° 2/4 2015 il
birra
verdura
il nostro cibo quotidiano
frutta
la rivista di slow food
n° 2/4 2015
latte
i Classici
PER EDUCARE
BIRRA / BIRRA 2 (IL BELGIO E IL REGNO UNITO)
EDUCAZIONE SENSORIALE / FORMAGGIO / OLIO / SALUMI
SERATA SLOW WINE / TECNICHE DI CUCINA 1
TECNICHE DI CUCINA 2 / VINO
Buono, pulito e giusto
PER IMPARARE
CARNE / CEREALI E PANE / MIELE / ORTICOLTURA
PASTA E RISO / PESCE / SPESA: ORTOFRUTTA / SPESA
Una tira l’altra
PER INCURIOSIRE
ACETI / CAFFÈ / CIOCCOLATO / CUCINE ETNICHE
DISTILLATI / DOLCI / ERBE / SPEZIE
STORIA E CULTURA DELLA GASTRONOMIA / TÉ
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Foggia e Monti Dauni
—
Paolo Tosco
Collaboratore Slow Food
Ufficio stampa
PP. 13-31
01. expo 2015
p. 14
p. 18
p. 28
PP. 33-45
Biodiversity Park, padiglione Slow Food
Mangiare è un atto agricolo
Contro lo spreco. I cuochi tra mode e sostanza
p. 54
p. 58
p. 64
04. mondo slow
p. 70
p. 72
p. 76
p. 80
p. 85
p. 90
p. 96
p. 102
p. 108
Agenda
La Campania del Grand Tour
Papille gustative istituzionali
Terra e mare
Le novità di Slow Food Editore
L’importanza di chiamarsi Bukovo
Sul lago di Prespa a pesca di biodiversità
Pillole di Slow Fish
La biodiversità del golfo
di Napoli ai tempi del Guarracino
Lettera ai contadini
Terra Madre Giovani — We Feed the Planet
Dentro Terra Madre Giovani
We Feed the Planet
03. il nostro cibo quotidiano
p. 48
p. 50
06
PP. 69-112
02. terra madre giovani
p. 34
p. 36
p. 40
PP. 47-67
sommario
slow
Sommario
PP. 115-127
05. programma cheese 2015
Birra e cibo. L’abbinamento quotidiano
Frutta e verdura quotidiane:
cosa c’è dietro lo scaffale?
Bere biodiversità. La varietà
dei latti dalla vacca alla caldaia
Il punto sulle quote latte.
Quanti danni e quali prospettive?
Sull’olio: la situazione e il futuro
07
intro
slow
Intro
di Carlo Bogliotti
La nuova enciclica
di Papa Francesco
denuncia ciò che
il nostro mondo slow
cerca di portare sotto
i riflettori da anni
08
Mentre ci accingiamo ad andare in
stampa con questo numero di Slow,
esce l’enciclica di Papa Francesco intitolata Laudato si’ – Enciclica sulla cura
della casa comune.
È per due motivi importantissimi che
poniamo un fatto d’attualità nell’introduzione di questa edizione. Il primo è
che si tratta di un testo rivoluzionario
nel suo lanciare un messaggio universale a tutta l’umanità (indistintamente alle
diverse fedi e anche ai non credenti): è
di una potenza dirompente nel suo denunciare ciò che il nostro mondo slow
cerca di portare sotto i riflettori da anni,
insieme a tutti i movimenti ambientalisti
e alla società civile. Stiamo distruggendo la Terra, depredando risorse in maniera dissennata, costringiamo alla fame
un milione di nostri simili, perpetriamo
ingiustizie alla parte povera dell’umanità
e al pianeta. La denuncia è lucida e completa, l’enciclica non fa sconti e scende
nei particolari: acqua, biodiversità, suo-
09
slow
10
La Guida alla lettura
è stata affidata
a Carlo Petrini: un
fatto rivoluzionario
e di una forza
incredibile
lo, cibo, multinazionali delle sementi,
ogm… Tutto ciò che è parte dei nostri
discorsi da decenni e che trova nelle parole di Francesco una sintonia quasi perfetta, per certi versi sorprendente.
L’elemento ancora più forte è che alla
denuncia segue un richiamo all’azione, anche questo preciso, concreto e
circostanziato, sia per i singoli – nelle
proprie scelte quotidiane – che per il
mondo della politica: locale, nazionale
e sovranazionale. Un richiamo che non
può lasciare indifferenti coloro che si
battono da tempo e che trova un nuovo importante alleato. Si tratta di uno
dei messaggi politici più forti dei nostri
giorni e, seppur calato nel contesto delle Scritture e della fede in Dio, disegna
un nuovo umanesimo che è molto simile a quello che sogniamo e cerchiamo
di costruire da anni. Un’umanità pienamente consapevole di essere parte
della natura e di non poterla dominare
senza scrupoli, un uomo che cerca di
costruire un futuro per il pianeta in cui
iniquità e ingiustizie siano debellate e
la qualità della vita sia un diritto fondamentale e pienamente condiviso.
Il mondo laico non può restare indifferente e ci sono davvero le basi per
costruire, nella diversità, un’alleanza
planetaria tra coloro che a vario titolo lavorano per ciò che noi chiamiamo
buono, pulito e giusto.
Un secondo motivo di importanza di
quest’enciclica è che nell’edizione uscita in Italia a cura di Edizioni San Paolo la
Guida alla lettura è stata affidata a Carlo
Petrini, il nostro presidente. Un fatto rivoluzionario per Slow Food e, anche in
questo caso, di una forza incredibile: un
noto agnostico viene chiamato a commentare un testo del Papa. Vista l’affinità del messaggio dei due personaggi in
questione, a posteriori la cosa non stupisce più di tanto, e non fa che rafforzare il
messaggio comune.
È strano che sulle pagine di un periodico
di Slow Food si chieda ai lettori di procurarsi il testo di un’enciclica (ovviamente
consigliamo quello introdotto da Petrini), ma dopo averlo letto non abbiamo
dubbi nel sostenere che quelle pagine
danno un nuovo e più grande significato
a ciò che, laicamente, stiamo costruendo da tempo. Ne siamo felici e per questo volevamo condividerlo con voi sul
nostro house organ.
Laura, oggi ha pagato
casa dove crescerà
sua figlia Martina.
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01
expo 2015
la prima rata della
Expo
2015
Esiste una politica del cibo che, come qualsiasi
politica, chiama in causa la nostra libertà.
Certe volte siamo ancora consapevoli del fatto
che non possiamo essere liberi se qualcuno
controlla la nostra mente e la nostra voce.
Ma abbiamo dimenticato che non possiamo
neppure essere liberi se qualcuno controlla
il nostro cibo e le sue fonti
Wendell Berry, Il piacere di mangiare, 1989
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di Silvia Ceriani
foto di Marco Del Comune e Claudia Saglietti
A due mesi dall’apertura, i media continuano a parlarne proponendo
classifiche e liste dei motivi per cui visitarla. Stiamo parlando dell’Expo e del nostro essere in quel contesto, che La Stampa, per esempio, ha
descritto con queste parole: «Sta all’estremo est di Expo e in tanti – chi
arriva in metro ed entra da ovest – magari non ci arrivano neppure.
Fanno male, perché quella è una vera oasi che celebra la biodiversità
e informa, in modo concreto, esteticamente piacevole e accessibile a
tutti». Ecco, in quattro righe, sintetizzato il senso della nostra area e,
contemporaneamente, quali difficoltà deve superare per fare arrivare
Nell’area Slow Cheese e Slow Wine la biodiversità la si “tocca con
mano”. Quattro formaggi a latte crudo, a rotazione settimanale, e i
vini in abbinamento. Detta così sembra semplice, eppure non smetteremo mai di sorprenderci per come, da tre soli ingredienti – latte,
caglio e sale –, possa originarsi un’incredibile varietà, che racconta
la diversità del territorio e dei pascoli, del tipo di latte, delle razze,
dell’alimentazione degli animali, della tecnica di produzione, la manualità dei pastori e dei casari. Volete qualche esempio? Fra quelli
che abbiamo provato, possiamo citare il bitto in tutte le sue forme, lo
stracchino all’antica delle valli orobiche, lo stawley, l’arribes de Salamanca, il bleu d’Auvergne…
biodiversity park, padiglione slow food
slow
Biodiversity Park,
padiglione
Slow Food
so della mostra alterna tanti diversi livelli di esperienza. Fra i suoi
tavoli, la gente si sofferma per mettere alla prova il tatto e l’olfatto,
per creare piccole opere d’arte disegnando coi semi o per attaccare
un messaggio all’albero del cibo o scriverlo su un grosso librone,
che sta raccogliendo i suggerimenti di tutti sulla tutela della biodiversità. E poi per leggere e per guardare: di esempi di buona e di cattiva produzione ne portiamo moltissimi, ed è possibile farsi un’idea
anche solo confrontando due immagini.
Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori, dei contadini, dei pescatori, dei cuochi. Ma anche di registi, attivisti, scrittori,
di tutti quelli che, con il loro lavoro, stanno provando a comunicare
un’idea precisa di come “Nutrire il pianeta”, prendendosi cura delle
sue risorse. Abbiamo ospitato le produttrici di sale e di bottarga della
Mauritania, parlando di come una filiera tutta locale possa valoriz-
Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater
si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei produttori / Nello Slow Food Theater si ascoltano le voci dei
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la gente fin lì, dopo oltre un chilometro e mezzo di marcia. Su queste
pagine, però, le difficoltà logistiche proviamo a superarle e a proporvi
le nostre motivazioni per visitare, e per vivere, il nostro spazio.
Nella mostra Scopri la biodiversità si gioca con cinque sensi e si approfondisce l’“evoluzione” recente dell’agricoltura mondiale. Il percor-
zare il territorio e dare reddito alle comunità; i produttori del bitto
storico e quelli del castelmagno d'alpeggio che ci hanno trasmesso
la voglia di conoscere le nostre montagne; e poi abbiamo affrontato
moltissimi argomenti: il land grabbing, il consumo di suolo, il diritto
al cibo proponendo ogni giorno qualcosa di diverso.
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Il nostro spazio è, davvero, un’oasi di bellezza. Partiamo da cosa intendiamo per bellezza, esattamente, e lo facciamo prendendo spunto
dalle parole di Jacques Herzog, che ha progettato l’area di Slow Food
dando sostanza alle nostre idee. Herzog si è interrogato sul valore
che, nel 2015, può avere un’Expo impostata come a fine Ottocento o
inizio Novecento, quando l’architettura doveva assolvere alla funzione di suscitare lo stupore dello spettatore, di meravigliarlo e – anche – di essere in qualche modo ricordata (un caso per tutti, la Tour
Eiffel, realizzata per l’Esposizione Universale del 1889).
Ma oggi l’architettura non è più in grado di esprimere vere e proprie
novità e, per quanto avveniristici siano, padiglioni e strutture ipermoderne finiscono comunque con l’essere dimenticati. Su quale
bellezza puntare, dunque?
biodiversity park, padiglione slow food
slow
La nostra Expo è a portata di bambino. Ogni giorno le scolaresche e
le famiglie possono partecipare ai laboratori sugli sprechi alimentari
e sulle api ideati per il pubblico dei giovani e dei giovanissimi e modulati sulle diverse fasce d’età. Ma molte altre cose possono impararle semplicemente passeggiando tra le grandi vasche del nostro orto e
imparando a realizzarne uno sul balcone di casa, giocando con i semi,
leggendo i libri che abbiamo pensato e preparato per loro.
Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al
territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare, legata al territorio / Una struttura semplice, lineare
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Quello di cui Herzog ha parlato era un sogno in cui i vari Stati
avrebbero dovuto esprimere le diversità dei loro paesaggi, piuttosto che affidarsi agli effetti speciali di un’architettura fondata sull’idea della sorpresa. E abbiamo immaginato cosa avrebbe
potuto essere un insieme di tanti paesaggi diversi, tutti a disposizione, tutti sotto i nostri occhi. Ecco, Slow Food a questa idea
di bellezza prova ad avvicinarsi, proponendo una struttura semplice, lineare, legata al territorio e che prova a stupire con un
qualcosa che non esaurirà mai questa funzione: la diversità e la
ricchezza di una natura che, anche in un contesto urbano, è in
grado di crescere rigogliosa.
17
di Michael Pollan
18
A marzo 2009, poche settimane dopo che Michelle Obama aveva inaugurato il suo orto di verdure biologiche nel giardino a sud della Casa
Bianca, la sezione economica domenicale del New York Times ha pubblicato una cover story intitolata “La rivoluzione alimentare prossima
ventura?”. L’articolo, scritto dal giornalista del quotidiano che si occupa
di agricoltura, dichiarava che «i sostenitori del cibo organico e prodotto
a livello locale, dopo essere stati ignorati per anni da Washington, hanno trovato un orecchio attento alla Casa Bianca».
Si tratta certo di un momento esaltante per le persone che hanno cercato di contribuire a modificare il modo in cui gli americani coltivano e
si nutrono – il «movimento del cibo», come si chiama oggi. Fioriscono i
mercati di cibo di provenienza alternativa – di origine locale, biologico,
da allevamento a terra –, spuntano come funghi i mercati dei contadini
e, per la prima volta da più di un secolo, il numero di agricoltori censito
dal Dipartimento dell’Agricoltura aumenta anziché diminuire. Il nuovo
Segretario di Stato all’Agricoltura ha dedicato il lavoro del Dipartimento
alla «sostenibilità», e oggi tiene riunioni con il genere di agricoltori e attivisti che non molti anni fa stazionavano con cartelli di protesta e bloccavano il traffico con i trattori davanti alla sede del Dipartimento. Le
parole costano poco, direte voi, e per la verità finora si sono visti più discorsi che fatti. Ma alcuni di quei discorsi sono stupefacenti. Poco dopo
la sua elezione, Barack Obama ha dichiarato a un giornalista di Time
che «tutto il nostro sistema agricolo si fonda sul petrolio a basso prezzo», ed è persino arrivato a collegare la diffusione delle enormi monocolture industriali con la crisi energetica e quella dell’assistenza sanitaria.
Non so se Barack Obama abbia mai letto Wendell Berry. Di certo
mangiare è un atto agricolo
slow
Mangiare
è un atto agricolo
19
mo inglese il cui pensiero ha profondamente influenzato Berry fin dal
momento in cui questi l’ha scoperto nel 1964. Anzi, buona parte della
riflessione di Berry sull’agricoltura può essere vista come un’estesa elaborazione dell’idea-base di Howard, secondo cui l’agricoltura dovrebbe
imitare i processi naturali delle foreste e delle praterie, e scienziati, agricoltori e medici dovrebbero riconsiderare «il problema del benessere
del suolo, delle piante, degli animali e dell’uomo come un unico grande
tema». Nessun’altra citazione compare con più frequenza negli scritti
di Berry, e a ragione. In primo luogo essa appare palesemente vera (e
mangiare è un atto agricolo
slow
però il pensiero di Berry è arrivato fino alle labbra del Presidente.
Oggi in America esiste un dibattito nazionale su cibo e agricoltura
che soltanto pochi anni fa sarebbe stato impensabile. Molti americani probabilmente trovano del tutto nuovi i discorsi esemplari
sui costi altissimi del cibo a buon mercato, sul rapporto tra terra
e salute, sull’impossibilità che una società possa al tempo stesso
mangiare bene e mantenersi in salute senza una corretta agricoltura. I saggi di questa spumeggiante antologia, molti dei quali scritti
negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, ci ricordano però che
Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in
modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità di pensare in modo ecologico / Berry ha la capacità
gran parte di ciò che oggi noi diciamo e sentiamo è stato già scritto prima, e in modo assolutamente stimolante, da Wendell Berry.
E tra questi “noi” devo sicuramente includere me stesso, e non senza un certo imbarazzo. Sfido chiunque a trovare un’idea o un’intuizione contenute nei miei recenti scritti su cibo e agricoltura che
non siano già prefigurate (per dirla in maniera benevola) nei saggi di Berry. Può anche darsi che nei miei scritti ci sia qualche idea
originale, ma devo riconoscere che la lettura e rilettura dei saggi di
Berry mi hanno profondamente ridimensionato.
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Sono anche servite a rendermi consapevole che l’attuale dibattito
americano sul tema del cibo e dell’agricoltura in realtà è nato negli
anni Settanta dal lavoro di Berry e di un manipolo di suoi contemporanei come Frances Moore Lappé, Barry Commoner e Joan Gussow. Si tratta di quattro autori abilissimi nel mettere in evidenza le
connessioni, profondamente scettici nei confronti del riduzionismo
scientifico e molto avanzati non soltanto nella loro conoscenza
dell’ecologia, ma anche nella capacità di pensare in modo ecologico:
nel tracciare, per esempio, collegamenti tra hamburger e prezzo del
petrolio, oppure tra il brulichio della vita nel suolo e il benessere di
piante, animali e uomini che traggono nutrimento da esso.
Ritengo che tale dibattito abbia realmente avuto inizio nel 1971, quando Berry ha pubblicato su The Last Whole Earth Catalog un articolo
che presentava agli americani il lavoro di sir Albert Howard, agrono-
anche gli scienziati più riduttivisti cominciano a riconoscerlo), e in secondo luogo costituisce un’inesauribile guida di pensiero nei confronti
di parecchi dei nostri problemi.
In quello stesso anno la Lappé pubblicò Diet for a Small Planet, che
collegava la moderna produzione di carne (e in particolare l’uso di cereali per nutrire il bestiame) ai problemi dell’ambiente e della fame
nel mondo. Durante lo stesso decennio, Commoner ha poi messo in
relazione l’agricoltura industriale con la crisi energetica, mostrando
quanto petrolio mangiavamo quando utilizzavamo cibo proveniente dalla filiera alimentare industriale. E la Gussow ha spiegato ai colleghi nutrizionisti che il problema di una dieta sana non può essere
separato da quello dell’agricoltura. Riflettere su quest’importante e
fertile corpo di opere, che spiegano tutto ciò che è necessario sapere
sul vero costo del cibo a buon mercato e sull’importanza di una buona agricoltura, per me significa registrare due generi di rimpianto, di
tipo uno personale e l’altro politico: primo, come giovane scrittore avvicinatosi a quei temi due decenni più tardi, ero assai meno originale di
quanto credessi; secondo, come società presa nel suo insieme, non abbiamo prestato sufficiente attenzione a un monito che poteva evitare
o perlomeno mitigare la situazione terribile in cui ci troviamo adesso.
E infatti, che cosa daremmo oggi per tornare alla «crisi ambientale» di
cui Berry scriveva in modo tanto profetico negli anni Settanta, epoca
ancora ignara del problema dei mutamenti climatici? O alle questioni
21
Berry, anzi, con avidità, perché trovavo risposte ai problemi pratici
con cui mi scontravo nell’orto. Avevo cominciato a coltivare da solo
una certa quantità di cibo, non in una fattoria, ma nel prato di una
seconda casa in una zona residenziale alla periferia di New York,
ed ero completamente impreparato alle sfide poste da animali ed
erbacce. Seguace fedele di Thoreau ed Emerson (entrambi i quali,
sbagliando, consideravano le erbacce come simboli della natura e
gli orti come una sua degenerazione), manifestavo un sacro rispetto per la natura ed evitavo di recintare le verdure di fronte all’intrusione del bosco. Non c’è bisogno che mi dilunghi su com’è andata a
finire. Thoreau aveva seminato un campo di fagioli a Walden, ma
non era riuscito a conciliare il suo amore per la natura con la necessità di difendere le colture da erbacce e uccelli e alla fine aveva
abbandonato del tutto l’agricoltura. Era arrivato a dichiarare che
«se qualcuno mi proponesse di risiedere nelle vicinanze del più bel
giardino che l’arte umana abbia mai creato, oppure di una lugubre
palude, sceglierei di certo la seconda». Con questa dichiarazione alquanto sgradevole, la letteratura americana sulla natura ha voltato quasi del tutto le spalle al paesaggio domestico. Non sorprende
perciò che gli americani siano più bravi a preservare la natura che
a praticare agricoltura e allevamento.
Wendell Berry mi ha permesso di risolvere il dilemma posto da Thoreau, fornendomi un solido ponte per sanare la profonda frattura
americana tra natura e cultura. Utilizzando la fattoria come testo,
e non la natura, Berry mi ha fatto capire che la mia era una disputa legittima con la natura – una lite da innamorati – e mi ha indicato
come affrontarla senza ricorrere all’artiglieria pesante. Ha trasferito
mangiare è un atto agricolo
slow
relativamente più trattabili che riguardavano la salute pubblica di quel
periodo, prima che l’obesità e il diabete di tipo 2 diventassero «epidemici»? (La maggior parte degli esperti data l’origine dell’epidemia di obesità
ai primi anni Ottanta.)
La Storia tuttavia dimostrerà che abbiamo evitato di accogliere l’invito a pensare in termini ecologici. Appena il prezzo del petrolio è sceso e Jimmy Carter è ritornato a vivere nelle campagne della Georgia
col suo cardigan, il suo termostato e i suoi pannelli solari, l’America
è tornata al solito (agri)business, lasciando cadere con indifferenza il
filo del discorso che Berry aveva contribuito a tessere. A metà degli
anni Ottanta Ronald Reagan ha fatto rimuovere i pannelli solari di
Carter dal tetto della Casa Bianca, e i problemi sollevati da Berry e
dagli altri sono finiti ai margini della politica e della cultura nazionale. Negli anni Ottanta lavoravo come editor da Harper’s Magazine
e ho pubblicato occasionalmente discorsi e saggi di Berry. Durante
gli anni di Reagan, perlomeno nell’ambiente dei media di Manhattan
cui appartenevo, Berry era spesso visto come un luddista e un eccentrico, e in generale una specie di pezzo d’antiquariato letterario e
filosofico. Nel momento in cui tutti sostituivano la macchina da scrivere con il personal computer, pubblicai un breve saggio in cui Berry
spiegava il suo rifiuto di usare la macchina da scrivere che fu deriso
da un gran numero di lettori. All’epoca persino la parola “agricoltura” sembrava irrimediabilmente fuori moda, del tutto inutile per una
cultura corrosa dall’idea del post-moderno.
In effetti, quando alla fine degli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta ho cominciato a scrivere di agricoltura, ho subito pensato che
l’argomento non fosse attuale e degno di attenzione per gli editor di
La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La
parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola “agricoltura” sembrava fuori moda / La parola
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Manhattan: avrei perciò fatto meglio a evitare del tutto il termine e
a scrivere di cibo, qualcosa che anche allora la gente consumava e a
cui si interessava. Eppure, stranamente, non ho mai pensato di stabilire un collegamento con il suolo o con il lavoro degli agricoltori.
È stato allora che ho cominciato a leggere con attenzione l’opera di
la natura dai boschi «laggiù» (oltre il recinto) a una manciata di terra
o al germoglio di un pisello dell’orto, trasformandola in qualcosa che
può non soltanto essere protetto, ma anche coltivato. Ha tracciato
un sentiero che ci ha ricondotti alla natura non più come spettatori, ma come partecipanti a pieno titolo. Ho divorato tutti gli scritti di
23
Conservazionista
e agricoltore,
2002
“Perché un conservazionista, ad esempio, dovrebbe interessarsi attivamente di agricoltura? Le ragioni possono essere tante, ma la più
ovvia è che anche un conservazionista mangia. Preoccuparsi soltanto del cibo ma non della sua produzione è una palese assurdità.
I conservazionisti che vivono in città, magari, crederanno di potersi
permettere d’ignorare i problemi della produzione alimentare perché non sono agricoltori. Ma non possono cavarsela così a buon mercato, perché anche loro fanno gli agricoltori per interposta persona.
Sono in grado di mangiare soltanto se qualcuno, in qualche modo e
da qualche parte, coltiva la terra per conto loro. Se decideranno di
assumersi di nuovo la responsabilità dei propri bisogni alimentari,
scopriranno che questa li ricondurrà molto velocemente alle precedenti preoccupazioni per il benessere della natura.”
La consapevolezza che siamo tutti coinvolti nell’agricoltura – secondo
la celebre formulazione, che «mangiare è un atto agricolo» – costituisce
forse il suo contributo più esemplare all’attuale ripensamento del rapporto tra cibo e agricoltura, e rappresenta una tipica idea alla Berry, dal
punto di vista del contenuto come della forma: al tempo stesso ovvia e
del tutto sconcertante. Leggere i saggi di questo libro significa avvertire
questa tensione, trovarsi di continuo il passo sbarrato da verità assolutamente evidenti. Ecco un piccolo saggio delle idee che troverete nelle
pagine del volume:
Assurdità
concentrata,
2002
24
“Vorrei perciò proporre qui una definizione di «agricoltura sostenibile».
A mio modo di vedere, quest’espressione si riferisce a un modo di coltivare la terra che può essere portato avanti all’infinito, perché rispetta i
limiti che le vengono imposti dalla natura dei luoghi e delle persone.”
“Eccoci dunque al nocciolo del problema: il totale divorzio dell’economia
industriale da qualsiasi ideale e principio al di fuori di sé.”
In difesa della
piccola fattoria,
1986
“L’agricoltura fondata sull’energia del sole era radicalmente estranea
all’economia industriale, che era in grado di ricavarne scarsi profitti.
Perché l’industria potesse sfruttare appieno l’attività agricola era necessario, per dirla con Barry Commoner, indebolire «i legami tra fattoria e
sole» e trasformare le terre coltivabili in colonia delle grandi società. Occorreva persuadere i coltivatori a rinunciare all’energia gratuita del sole
e comprare a caro prezzo l’energia prodotta dalle macchine alimentate
da combustibili fossili.
Da un punto di vista culturale è accaduto così che le macchine hanno
sostituito gli agricoltori e l’energia ha preso il posto della perizia contadina. Mano a mano che gli agricoltori diventavano sempre più dipendenti
dall’energia prodotta da combustibili fossili, nella loro mente si produceva una radicale trasformazione. Mentre in precedenza il loro modo di
pensare era centrato sulla biologia, sulla vita e sul benessere degli esseri
viventi, ora si focalizzava su tecnologia ed economia. Una volta che gli
agricoltori hanno imboccato la strada a senso unico dell’indebitamento,
ad esempio, il credito è diventato per loro una preoccupazione pressante quanto il maltempo.”
Energia
e agricoltura,
1979
“Davvero la concentrazione della produzione nelle mani di un numero
sempre più ristretto di grandi operatori giova agli interessi della pulizia
e dell’igiene? O non rende forse più frequenti e lucrose le occasioni di
collusione tra produttori irresponsabili e ispettori corrotti?”
Norme
igieniche
per agricoltori,
1977
“Esiste poi una politica del cibo che, come qualsiasi politica, chiama in
causa la nostra libertà. Certe volte siamo ancora consapevoli del fatto
che non possiamo essere liberi se qualcuno controlla la nostra mente e
la nostra voce. Ma abbiamo dimenticato che non possiamo neppure essere liberi se qualcuno controlla il nostro cibo e le sue fonti. […] Mangiare
in modo responsabile significa anche essere liberi.”
Il piacere
di mangiare,
1989
L’opera saggistica di Berry viene spesso etichettata come «profetica».
Capisco le ragioni che stanno alla base dell’uso di questo termine: da
quarant’anni Berry ci indica con assoluta chiarezza dove porteranno i
nostri errori. In realtà, però, la sua prosa non alza mai la voce né si altera
mangiare è un atto agricolo
slow
Berry che ho potuto trovare e devo dire che mi sono sembrati tutt’altro che antiquati, anzi, li ho trovati assolutamente utili e penetranti.
Ovviamente in gioco qui c’è molto più del recinto di un orto. Il mio problema con Thoreau riformula il dilemma storico dell’ambientalismo
americano, che si è occupato assai più della necessità di lasciare in pace
la natura che di come usarla al meglio. Se oggi si comincia ad assistere a
un dialogo nuovo tra ambientalisti e agricoltori americani, e anche tra
consumatori urbani e produttori rurali, gran parte del merito spetta a
Berry e a passi come questo:
25
slow
_
Ringraziamo
Edizioni Lindau
per la gentile
concessione
della prefazione
al volume Mangiare è
un atto agricolo
di Wendell Berry.
in preda al furore. Al contrario appare sempre paziente e razionale, precisa, ordinata e scrupolosa, come un lavoro di falegnameria ben organizzato. Dalla costruzione delle frasi di Berry ho appreso tanto quanto
ho imparato dalle sue idee. Nel mio studio, i suoi libri stanno sul piccolo
scaffale che tengo sempre a portata di mano, e di cui mi servo ogni volta che scrivo e non riesco ad andare avanti: leggere poche righe a caso
spesso fa il miracolo e mi permette di superare l’ostacolo. Nella mia testa, l’inconfondibile voce di Berry produce l’effetto di un tonico capace di
dare forza a forma e contenuto, e nei casi migliori di eliminare la patina
di luoghi comuni che riveste il nostro irrazionale pensiero quotidiano.
Permettetemi di concludere quest’introduzione con una citazione di
Berry nella sua forma migliore, tratta da un editoriale pubblicato insieme al suo vecchio amico e collaboratore Wes Jackson*, poco dopo la crisi
finanziaria dell’autunno del 2008:
Per 50 o 60 anni ci siamo cullati nell’illusione che finché avremo denaro avremo cibo. Ci siamo sbagliati. Se continueremo a offendere la
terra e il lavoro che ci consentono di nutrirci, le scorte alimentari diminuiranno e ci ritroveremo con un problema molto più grave del crollo
di quest’economia di carta. Il Governo non sarà in grado di produrre
cibo semplicemente regalando centinaia di miliardi di dollari alle società di agribusiness.
Questo passo mi piace per l’idea che esprime – da solo, il termine «economia di carta» vale più di un milione di parole sulla crisi finanziaria –, ma
ancor più per la bella notizia che annuncia. Che la voce indispensabile
di Berry continuerà a farci da guida in questo momento difficile, provocatoria e stimolante come non mai.
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26
( )
* Wes Jackson è membro del World Future Council e fondatore e attuale presidente
del Land Institute, centro di ricerca, educazione e organizzazione politica non-profit
dedicato all’agricoltura sostenibile, con sede a Salina (Kansas) [N.d.T.].
theonlyparmesan
di Gabriele Rosso
28
«Se compro il caviale compro anche lo storione. E non compro
altro caviale finché non ho finito l'intero storione». Un'osservazione che a prima vista potrebbe sembrare banale, in realtà non
lo è. Potrebbe sembrare banale perché non fa altro che declinare
l'assunto fondamentale della cucina povera: fare economia vuol
dire sfruttare ogni minima risorsa a disposizione, non sprecare nulla che potrebbe essere utilizzato per riempire lo stomaco
o per un qualsiasi altro uso domestico. Non lo è perché a pronunciare questo concetto è Brett Graham, cuoco di The Ledbury, celebrato ristorante londinese che conta 2 stelle Michelin e
prezzi non propriamente alla portata di tutte le tasche. Graham
ben rappresenta una generazione di cuochi che ha dovuto fare
(e ancora sta facendo) i conti con un mondo che sta cambiando:
allo sviluppo galoppante della fine dello scorso secolo si sono
sostituite la crisi, l'incertezza, la precarietà. E niente più della
stringente necessità riesce a far cambiare mentalità e prospet-
contro lo spreco. i cuochi tra mode e sostanza
slow
Contro lo spreco
I cuochi tra
mode e sostanza
29
scarto diventa un'operazione di facciata che produce altri scarti
e altri sprechi, siamo daccapo. E, purtroppo, a volte succede.
La sostanza, quella vera, sta nel maiale, più precisamente nel
detto secondo cui «del maiale non si butta via niente». Se la cucina – alta, media o bassa – accoglie questo saggio insegnamento,
il tema della lotta allo spreco alimentare, ben più ampio e complesso rispetto al limitato mondo della ristorazione, non potrà
che giovarne. Facendo del cuoco, che sia da copertina o meno,
un esempio da seguire nel quotidiano. Perché sia così lo scarto,
l'ingrediente non considerato, il taglio meno pregiato non dovrebbero far parte di un discorso del tipo «guarda che grande
piatto riesco a fare con una materia prima povera». Dovrebbero,
semmai, essere il caposaldo su cui si basa il concetto stesso di
rispetto del cibo. Un concetto che si ritrova nell'idea di cucina
di Antonia Klugmann, talentuosa cuoca dell'Argine a Vencò, in
provincia di Gorizia: una cucina, la sua, basata sulla necessità di
una relazione profonda con ogni ingrediente, sia esso di origine
animale o vegetale, e di un cuoco a impatto zero, in grado di reperire prodotti e materie prime senza diventare un peso in termini “energetici”. Per non diventarlo, è quasi scontato, va utilizzata ogni parte dell'ingrediente di turno, limitando al massimo
contro lo spreco. i cuochi tra mode e sostanza
slow
tive: dove non c'è spazio per voli pindarici ci si arrabatta come
si può, ci si ingegna, si rimesta nel baule dei vecchi costumi alla
ricerca di soluzioni sagge e, perché no, coraggiose.
Tutto ciò vale anche per la cucina. Da un lato quella povera o
popolare, nutritasi nell'esigenza di trovare la quadratura del cerchio; dall'altro l'alta cucina, che per definizione non si pone limiti e non ha cerchi in cui stare. Estremizzazioni, certo, ma aiutano
a rendere l'idea. E aiutano a considerare ciò che sta succedendo
negli ultimi anni sotto un'ottica diversa.
Il tema della lotta allo spreco del cibo, infatti, è diventato via via
più popolare e diffuso, portando sotto lo stesso tetto sia chi la
pratica per necessità sia chi la pratica come buona abitudine e
principio etico da seguire, pur non essendovi costretto da particolari “catene” sociali ed economiche. E lo stesso è successo alla
ristorazione: con coloro che percorrono le strade della cucina
popolare, che portano avanti e arricchiscono giorno dopo giorno la tradizione del riutilizzo, della valorizzazione dello scarto,
dell'uso di ingredienti poveri e del quinto quarto, anche perché
è elemento centrale nella nostra cultura gastronomica, e quelli
che percorrono la strada dell'alta cucina che sempre più spesso
ragionano sugli stessi temi e sugli stessi principi, ma partendo
Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella
nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastronomica / Il riutilizzo è centrale nella nostra cultura gastro
30
da un punto di vista diverso.
Insomma, a sentir parlare i cuochi di oggi la cucina degli scarti e la lotta allo spreco alimentare sembrano essere diventati la
conditio sine qua non di qualsiasi ragionamento gastronomico.
Soprattutto nell'anno dell'Expo: non a caso l'ultima edizione di
Identità Golose, il congresso internazionale di cucina che ogni
anno a Milano riunisce alcuni dei più grandi cuochi italiani e del
resto del mondo, non s'è parlato quasi d'altro. La domanda che
dobbiamo porci, quindi, è: quanta sostanza e quanto rincorrere
una moda o un tema popolare c'è in tutto questo? Non tutto è
oro quel che luccica, infatti. Se cucinare ingredienti poveri o di
o addirittura azzerando lo scarto. Che poi, in un certo senso, ci
si rispecchia nella filosofia dei fratelli Damini. Il loro ristorante,
fresco di stella Michelin, si trova ad Arzignano, in provincia di
Vicenza. Più che un ristorante vero e proprio è una macelleria e
bottega con annesso ristorante. E la saggezza del macellaio Gian
Pietro Damini, il suo rispetto per il cibo, si ritrova tutto nel rapporto con il fratello (e cuoco) Giorgio, espresso in maniera esemplare proprio sul palco dell'ultima edizione di Identità Golose:
«Se Giorgio mi chiede un particolare taglio di carne prima di aver
finito l'intera “bestia” che gli avevo fornito, non glielo do. Quando ha utilizzato tutto, gli do un'altra “bestia”».
31
Terra
Madre
Giovani
terra madre giovani
02
Voi, giovani contadini di ogni angolo del globo,
siete la speranza per il futuro di questa terra
che calpestiamo, una possibilità di riscatto
per chi patisce fame e malnutrizione, i primi
in grado di sovvertire un sistema economico
mondiale che sta distruggendo la casa
che abitiamo in nome di una concezione
che confonde lo sviluppo col profitto
Carlo Petrini, Lettera ai contadini, 2015
33
di Carlo Petrini
34
Ai giovani contadini, artigiani del cibo,
pescatori, nomadi, indigeni che producono il nostro cibo quotidiano.
A Milano abbiamo bisogno di voi, il
mondo ha bisogno di voi. Dobbiamo imparare da voi, che avete deciso di dedicare la vita, o la state già dedicando, a custodire e coltivare il pianeta.
Voi, che siete vicini alla terra, ci potete
insegnare come fare per proteggere la
varietà dei semi, le piante, le razze animali, l’acqua, il suolo, le fonti insostituibili
del nostro nutrimento.
Voi ci potete insegnare come il lavoro
che fate ogni giorno sia lontano da ogni
forma di avidità, di egoismo, di guerra. Da
tutti quei mali generati da un progresso
che nulla ha più a che fare con la gioia di
vivere, con la felicità che deriva dalle cose
belle e buone, dalla condivisione, dalla
saggezza che preserva la terra per consegnarla migliore alle generazioni future.
Perché voi non fate le guerre, le subite;
non inquinate, ma siete vittime dell’inquinamento; non vi arricchite, ma siete sotto
scacco da parte degli arricchiti alle vostre
spalle; avete fame, e paradossalmente chi
vi affama sono coloro per cui lavorate, per
cui producete il cibo quotidiano.
L’uso del tempo, il significato del lavoro, il valore del cibo, il senso del limite,
l’intimo rapporto con la natura e con
l’ambiente sono caratteristiche profondamente umane, ma la nostra specie oggi
le sta perdendo per strada.
Il mondo ha bisogno di voi, del vostro
esempio, dei vostri saperi, della vostra
gioventù ed energia. Venite a Milano a ottobre, sul finire della grande Esposizione
Universale dedicata a “nutrire il pianeta”:
chi meglio di voi, che nutrite il mondo
con il vostro lavoro quotidiano, può essere il protagonista di una mobilitazione
che finalmente lancerà un messaggio
inequivocabile di speranza e di pace, di
prospettiva futura, che traccerà le rotte
di un nuovo umanesimo?
Voi, giovani contadini di ogni angolo
del globo, siete la speranza per il futuro
di questa terra che calpestiamo, una possibilità di riscatto per chi patisce fame e
malnutrizione, i primi in grado di sovvertire un sistema economico mondiale che
sta distruggendo la casa che abitiamo in
nome di una concezione che confonde
lo sviluppo col profitto, la crescita con
la competizione. Voi portate avanti una
storia millenaria scritta da ogni zappa,
ogni aratro, ogni falce, ogni rete da pesca, ogni pentola e cucchiaio, ogni fatica
spesa per la terra e per il cibo: siete coloro
che praticano e propagano il “lento contagio dell’esempio”.
Lasciate per qualche giorno i vostri
campi, le vostre barche, le vostre cucine, le
vostre botteghe, venite a Milano per riunirvi, condividere le vostre idee, far sentire a tutti le risposte che il mondo sta cercando e che mai troverà senza ascoltarvi.
Noi vi aspettiamo, Milano vi aspetta.
lettera ai contadini
slow
Lettera ai contadini
35
EDIE MUKIIBI
Agronomo
MAT THEW NEUFELD
Agricoltore / Cuoco
di Rinaldo Rava
Young People
Terra Madre Giovani
We Feed the Planet
è un evento che
riunisce migliaia
di artigiani del cibo
under 40 da tutto
il mondo
SKA MIRRIAM MOTEANE
Chef
36
terra madre giovani — we feed the planet
slow
ANTOINE BAURAIN
Agricoltore
Terra Madre
Giovani
We Feed
the Planet
Essere giovani non è facile, in qualunque epoca della storia è stato così. I giovani sono coloro che devono disegnare
il futuro, coloro ai quali è richiesto di
cambiare le storture del mondo, di immaginarne uno più bello, più giusto,
più accogliente e più piacevole.
Ma c’è una categoria di giovani che in
questo momento storico è ancora più
in difficoltà, e sono i giovani contadini,
pescatori, allevatori, pastori, nomadi,
indigeni, artigiani del cibo, ai quali la
partecipazione al disegno del mondo
che verrà è in massima parte preclusa.
Mai come in questi tempi confusi è stato così difficile abitare la terra, coltivarla per produrre il cibo quotidiano e cercare dignità attraverso questo lavoro. E
37
Dal 3 al 6 ottobre
questi giovani
che credono nel lavoro
della terra saranno
convocati a Milano
per un grande
evento mondiale:
Terra Madre Giovani
We Feed the Planet
Planet
38
mercato e competizione esasperata,
sfruttamento del lavoro e mercificazione del cibo. Occorre che chi detiene le
leve del potere sia pronto ad ascoltarlo.
Per questo lo Sfyn, la rete dei giovani
di Slow Food, sta lavorando per consentire al maggior numero possibile di
loro coetanei di raggiungere Milano dai
quattro angoli del pianeta, e sta chiamando all’azione tutto il nostro movimento, tutta la società civile, tutti coloro che credono che senza la voce forte,
chiara e globale dei giovani contadini
di tutto il mondo non si possa in alcun
modo chiudere il semestre dell’Expo.
È online sul sito www.wefeedtheplanet.
com una campagna di raccolta fondi per
fare fronte alle spese di viaggio di coloro
che verranno dal Sud del mondo, e l’invito a donare è rivolto davvero a tutti,
per consentire anche a chi sta patendo
le ingiustizie di un sistema alimentare
iniquo e aggressivo di esserci, di poter
dire che così non va, per reagire.
Il diritto al viaggio è stato sempre uno
dei valori fondativi di Terra Madre, e in
questo evento vogliamo ribadirlo con
forza e determinazione. Coinvolgiamo
i nostri amici, mobilitiamo le nostre
comunità, diffondiamo il messaggio
sui nostri social network, facciamo in
modo di rendere possibile un evento
che avrà una ricaduta politica potentissima per tutto il nostro movimento
e che potrà essere un ulteriore grande
trampolino per quella rivoluzione lenta e gioiosa che auspichiamo e inseguiamo quotidianamente.
Ma l’impegno per questo evento non si
limiterà al garantire i viaggi ai delegati,
perché come da tradizione anche l’ospitalità sarà garantita a tutti. Un grande
coinvolgimento dei milanesi farà da
contorno all’appuntamento di inizio
ottobre, con le Università, le associazioni, le istituzioni e i singoli cittadini
in prima linea per dimostrare ancora
una volta che le buone idee generano
comunità, aggregazione e solidarietà.
In quattro giorni di conferenze tematiche, workshop, laboratori, eat-in, seminari, concerti, proiezioni di film e molto
altro, Terra Madre Giovani sarà l’occasione per sperimentare sul campo una
larghissima partecipazione del territorio che si riappropria di uno spazio di
discussione e di interazione democratico e positivo, di un nuovo modo di intendere la politica e l’attivismo in modo
allegro e gioioso ma impegnato come
non mai. Possiamo mancare?
terra madre giovani — we feed the planet
slow
d’altra parte da qui bisogna ripartire,
se pensiamo che mangiare sarà ancora
un bisogno primario ineludibile in un
futuro prossimo in cui la popolazione
del pianeta raggiungerà i nove miliardi di individui.
Dal 3 al 6 ottobre questi giovani che
credono nel lavoro della terra, che credono abbia senso operare per produrre
un cibo buono, che non impatta sulle risorse ambientali e culturali del pianeta,
che non mortifica ma valorizza le specificità territoriali, saranno convocati a
Milano per un grande evento mondiale: Terra Madre Giovani – We Feed the
Planet. Sarà un’edizione straordinaria
dell’appuntamento che normalmente si svolge ogni due anni a Torino e
sarà interamente dedicato a produttori sotto i quarant’anni di età. Nell’anno
dell’Esposizione Universale e nella città dell’Esposizione Universale, questo
meeting vuole essere un momento di
riflessione e di affermazione che un
modello diverso non solo è possibile
ma già esiste, che non c’è bisogno di
appiattire la discussione sul futuro del
nostro cibo in un dialogo tra governi e
grandi imprese.
Perché chi davvero nutre il pianeta è
già all’opera, è già al largo sulle proprie
barche da pesca, è già chino sui propri
filari, è già al lavoro nei propri forni, è
già sulla strada dei pascoli con le propre greggi. E soprattutto ha le idee molto chiare su ciò che nell’attuale sistema
alimentare non funziona: malnutrizione e obesità, ogm e chimica di sintesi,
NICOLA DEL VECCHIO
Agricoltore
RAMAZ NIKOLADZE
Vitivinicoltore
Feed
39
dentro terra madre giovani — we feed the planet
slow
Dentro Terra
Madre Giovani
We Feed
the Planet
di Camilla Micheletti
Intervista a Francesco
Scaglia, coordinatore
internazionale di Slow
Food Young Network,
membro del comitato
organizzativo del grande
evento che dal 3 al 6
ottobre animerà Milano
40
Come nasce Terra Madre Giovani?
Il tema di Expo 2015 è “Nutrire il Pianeta”, ma forse la domanda più giusta,
quella che da sempre dentro Slow Food
ci facciamo, è «Come vogliamo che il
mondo venga nutrito?». Come sarà il
mondo del futuro, se contadini e pescatori sono destinati a scomparire? I
piccoli produttori, gli Small Scale Producers, sono i veri eroi moderni perché sono coloro che portano avanti un
modello di agricoltura alternativo, e lo
fanno senza alcuna garanzia. Quest’evento è dedicato a tutti ma in particolare a loro. Con Terra Madre Giovani
vogliamo mostrare al mondo il ruolo
strategico che hanno queste persone,
e che avranno sempre di più in futuro.
41
slow
dentro terra madre giovani — we feed the planet
42
43
Quali sono gli obiettivi da raggiungere?
Metteremo in contatto migliaia di contadini, produttori e giovani professionisti del cibo. Durante i giorni dell’evento
abbiamo in programma di mostrare 100
video che spieghino 100 differenti visioni
dell’agricoltura del futuro. Anche le start
up innovative saranno coinvolte, da chi si
occupa della distribuzione e della promozione ai designer del cibo e agli architetti,
tutti sotto i 40 anni. Si potrà partecipare
ai workshop e alle academy, ascoltare la
voce dei protagonisti del mondo del cibo
e, una volta tornati a casa, riproporre sul
proprio territorio l’esperienza.
L’obiettivo è creare una comunità aperta
e recettiva, capace di far fronte alle grandi sfide che ci troveremo ad affrontare
nei prossimi anni.
Siamo l’unica grande associazione che
poteva realizzare un evento del genere,
grazie alla rete che negli anni abbiamo
creato. Per questo la parola “We” nel logo
di We Feed the Planet è la più importante. Il nostro logo ha stili, caratteri e colori diversi perché la diversità è la nostra
risorsa più grande.
Come riuscirete a portare contadini e
produttori a Milano?
Per riuscire a far arrivare più persone possibili abbiamo realizzato una
campagna di crowdfunding: il ricavato servirà a pagare le spese di viaggio
dei contadini.
La campagna ha avuto il sostegno di
personalità del mondo dello spettacolo,
della cultura, dello sport e delle istituzioni; da qualche mese, inoltre, piccole
miniature di contadini realizzate dai
maestri presepai napoletani hanno iniziato a invadere pacificamente alcuni
luoghi simbolo di Milano, come la moltitudine di contadini che arriverà durante
Terra Madre Giovani.
Vuoi fare un appello ai giovani italiani?
Vorrei che i giovani italiani venissero a
vedere che cos’è Terra Madre Giovani e
in che modo stiamo costruendo lo Slow
Food del futuro. Abbiamo la possibilità
di diventare più influenti mantenendo
il nostro livello culturale ed espandendo un messaggio importante: che l’Italia sia presente e possa guidare questa
rivoluzione a fianco dei contadini di
tutto il mondo.
Sostieni Terra Madre Giovani
We Feed the Planet
Slow Food Youth Network, Slow Food e Terra
Madre hanno bisogno del tuo sostegno per dare
una possibilità unica agli Small Scale Producers,
piccoli produttori che lottano ogni giorno per dare
una speranza al futuro del cibo. Con l’evento Terra Madre Giovani – We Feed the
Planet vogliamo portare giovani contadini under
40, provenienti da tutto il mondo, sul palcoscenico
internazionale di Milano dal 3 al 6 ottobre. Saranno
tre giorni di incontri, scambi, confronti e divertimento,
all’insegna della sostenibilità e della speranza.
La campagna di crowdfunding ha l'obiettivo
di raccogliere fondi per sostenere i costi
del viaggio di questi piccoli produttori, dai loro
paesi fino in Italia. Nella campagna i produttori
sono rappresentati da statuette create dai presepai
napoletani, che invadono pacificamente Milano
in occasione dell’evento. Sono questi produttori locali,
solo apparentemente piccoli, a nutrire il pianeta.
A ogni donazione fatta corrisponde un reward:
le più generose riceveranno le esclusive statuette
di Terra Madre Giovani – We Feed the Planet,
e l'invito a partecipare all'evento da protagonisti.
Il traguardo è ambizioso, e per raggiungerlo abbiamo
davvero bisogno dell’aiuto di tutti voi. Solo insieme
riusciremo a dare una speranza al futuro del cibo.
Dona su www.wefeedtheplanet.com
dentro terra madre giovani — we feed the planet
slow
44
Perché proprio a Milano?
Terra Madre Giovani–We Feed the Planet sarà un evento che coinvolgerà tutta
la città subito dopo l’Expo: porteremo
i nostri incontri e le nostre conferenze nel cuore di Milano. Ringraziamo
l’amministrazione di Pisapia che ha
mostrato una grande disponibilità, fornendoci strutture in cui accoglieremo
contadini e attivisti che arriveranno da
tutto il mondo. Sarà una grande festa,
un evento diffuso e in gran parte aperto a tutti. Molti giovani saranno ospitati
dalle famiglie milanesi: ne siamo molto
orgogliosi perché l’ospitalità genera connessioni, aumentando la conoscenza e
la vicinanza di mondi e stili di vita apparentemente lontanissimi.
45
since 1825
03
Il nostro
cibo
quotidiano
il nostro cibo quotidiano
Italian quality glass
Si pretende di legittimare l’attuale modello
distributivo, in cui una minoranza si crede
in diritto di consumare in una proporzione
che sarebbe impossibile generalizzare, perché
il pianeta non potrebbe nemmeno contenere
i rifiuti di un simile consumo. Inoltre, sappiamo
che si spreca approssimativamente un terzo
degli alimenti che si producono, e «il cibo
che si butta via è come se lo si rubasse
dalla mensa del povero»
Bormioli Rocco porta l’eleganza e lo stile italiano sulla vostra tavola,
in ogni momento della giornata, con design e prodotti innovativi.
bormioliroccocasa.com
Papa Francesco, Laudato si’ – Enciclica sulla cura
della casa comune, 2015
47
Uno dei caratteri gustativi più
spesso collegati alla birra è la sua
componente amara. In effetti, per
molte birre l'amaro è una sensazione
ben evidente. Esistono nella birra almeno due tipologie di amaro: quello
dato dal luppolo e quello apportato
dai malti tostati. Nel primo caso si
tratta di note facilmente riconducibili alle componenti amare del carciofo,
Qualcuno potrebbe storcere il naso
pensando alla birra acida. Potrebbe pensare a un prodotto andato a
male e quindi da buttare. E invece, come
già spesso raccontato anche su queste
pagine, le birre acide sono un patrimonio importantissimo della cultura
brassicola mondiale. Come per l'amaro,
anche per l'acidità esistono diverse sfumature e intensità. Si va dalle acidità
Abbiamo solo iniziato. Con due sapori
spesso difficili. Nel prossimo numero
vedremo esempi più rari da incontrare come le birre affumicate, quelle
speziate e quelle dalla grande dolcezza. Il viaggio è solo a metà. Non vorrete perdere la fine.
48
Le mille sfaccettature
della birra consentono
di abbinarla praticamente
con ogni piatto
—
Continua nel prossimo numero.
birra e cibo. l’abbinamento quotidiano
quasi impercettibili delle weizen e delle blanche, alle acidità più importanti
delle göse (rarissimo stile tedesco che
prevede la fermentazione con acidi lattici e un'aggiunta di sale che dà alla birra anche uno spiccato carattere salato)
fino alle appuntite note acide delle birre
a fermentazione mista e spontanea. Al
primo caso appartengono per esempio
le red flemish ale, spesso segnate da vivaci note di acido acetico mitigate dalla
dolcezza dei malti. Il secondo caso è invece quello di lambic e gueuze, birre dal
profilo molto complesso in cui si va dalla morbida acidità lattica (che ricorda
un po' lo yogurt) alla pungente acidità
acetica o citrica. Il tutto reso ancora più
tagliente da una secchezza estrema. Qui
l'abbinamento è davvero molto ampio.
Si va dal pesce, da proporre con le birre
dall'acidità più sottile (provate un pesce
bianco con una blanche), ai fritti di pesce e verdure che sono perfettamente a
loro agio in compagnia di gueuze e red
flemish. Birre, queste ultime, che danno
il meglio di sé quando abbinate a cucine
speziate o esotiche come la cinese.
Amaro
di Eugenio Signoroni
delle radici (si pensi al rabarbaro), di
alcune erbe di campo o della scorza di
agrume. Si trovano soprattutto nelle
India pale ale (stile anglosassone che
fa ampio uso di luppolo) e in alcune
versioni di pils. Queste sono molto
adatte ad accompagnarsi con piatti
anch'essi amari (è questa una tendenza molto in voga nella cucina creativa) o con preparazioni in cui verdure
amare ed erbe hanno un ruolo preponderante, che sarebbe altrimenti
difficile accompagnare con qualcosa.
Nel secondo caso, invece, si tratta di
una sensazione amara più morbida,
che ricorda il caffè non zuccherato, il
cioccolato con importanti percentuali
di cacao o la parte bruciata del pane.
Queste birre vanno sotto il gruppo
delle stout e delle porter, per stare in
ambito anglosassone, o delle schwarz
spostando lo sguardo sulla Germania. Qui l'abbinamento è invece ottimo con dolci a base di cioccolato (ed
ecco un altro dei prodotti considerati
difficili da abbinare) o con formaggi
a pasta molle, piuttosto dolci e grassi.
Acido
slow
Birra e cibo
L’abbinamento
quotidiano
Come promesso, torniamo sul tema
dell'abbinamento cibo-birra, questa
volta non tanto per analizzare quanto
stia avvenendo sulla scena italiana e
internazionale – sebbene da poco l'industria abbia sferrato il suo ultimo
attacco a suon di chef stellati presenti
sull'etichetta (vedi l'articolo “I grandi
chef celebrano la Moretti, alla prossima tocca al Tavernello”, su slowine.it)
– ma per cogliere invece quali immense opportunità la birra offra a cuochi,
sommelier e osti nell'accompagnamento dei loro piatti.
La birra, a differenza di quanto si sia
comunemente abituati a pensare, è
una bevanda dalle mille sfaccettature. Si possono avere birre estremamente dolci o intensamente amare,
birre acide o profumate come un
campo di fiori. Birre dall'elevato calore alcolico o birre leggere e scorrevoli.
Questa grande variabilità consente
di abbinare la birra praticamente con
ogni piatto a seconda del risultato che
si vuole ottenere. Proviamo a entrare
più nel dettaglio.
49
di Agnese Del Canto
Sergio Fessia
è un selezionatore
di frutta e verdura
per i negozi Eataly del
Nord Italia ed è titolare
dell’azienda all’ingrosso
a Bra (Cuneo) Ortobra.
L’abbiamo intervistato
per cercare di scoprire
le storie che stanno dietro
alla frutta e alla
verdura che arrivano
sulle nostre tavole
50
Quali regole seguire per mangiare
frutta e verdura sane?
Credo che la regola aurea sia mangiare cibo locale e di stagione. Attenzione
però: dobbiamo sempre domandarci se
frutta e verdura siano di stagione, ma
dobbiamo considerare anche il luogo di
produzione. L’Italia, essendo un paese
molto “lungo”, ha tre tipi diversi di stagionalità: Nord, Centro e Sud. Le fragole italiane sono di stagione da febbraio,
a Marsala in Sicilia, a luglio, a Vipiteno
in Trentino. La stagionalità è come una
catena: si inizia a produrre al Sud, nelle
zone più calde, e man mano ci si sposta
verso Nord, e la distribuzione segue
questo percorso. Allo stesso tempo, che
significato ha la parola “locale”? L’Italia,
la regione, il Comune? Nel mio lavoro
faccio rientrare nell’aggettivo “locale” un
raggio di 200-500 chilometri dal luogo di
acquisto, anche perché in alcune regioni, come in Campania, è possibile rifornirsi di frutta e verdura davvero locali,
mentre in altre è molto più difficile.
frutta e verdura quotidiane: cosa c’è dietro lo scaffale?
slow
Frutta e verdura
quotidiane: cosa c’è
dietro lo scaffale?
51
Nella grande
distribuzione si dà
troppa importanza
all’aspetto esteriore
e al cosiddetto
“long life”, la durata
di un prodotto
ortofrutticolo
che lo zucchero fuoriesce dalla buccia
e si deposita fuori formando la classica patina. Ecco, quella mela non può
essere esportata, quindi verrà prodotta
sempre meno, e piano piano la vedremo
scomparire anche dalle nostre tavole.
Quando compriamo un frutto,
il prezzo che paghiamo è davvero
quello giusto?
Assolutamente no: la maggior parte
del costo di un frutto sta nel trasporto, quindi potete immaginare quanto
poco guadagni il produttore. La questione dei trasporti è un altro grande
problema del sistema ortofrutticolo
italiano. I trasporti sono organizzati
tramite camion, la rete ferroviaria non
viene sfruttata, eppure sarebbe molto
più conveniente. I treni merci non intasano il traffico, non distruggono le
strade e inquinano di meno. Anche in
questo caso, però, la politica industriale coinvolge interessi grossi e difficili
da smuovere.
Il prezzo di frutta e verdura alla fonte è
incomparabile con quello che include il
trasporto: se per esempio un produttore si trova in Liguria e deve far arrivare la propria merce a Torino, il sistema
impone di trasportare quei prodotti
prima a Milano. Questo perché i canali
della grande distribuzione sono pochi e
con un grande fatturato. Avremmo bisogno di regole più flessibili.
Bastano le certificazioni – Igp, Dop –
per assicurarci che un cibo sia buono,
pulito e giusto?
Il problema delle certificazioni è che tutelano e certificano il prodotto – spesso
attraverso procedimenti burocratici
complicati – ma non il contesto produttivo che spesso si svolge nell’illegalità,
coinvolgendo il mercato nero.
Dobbiamo cominciare a porci domande sul caporalato e sui metodi illegali
di produzione. I prodotti a marchio
Igp possono tranquillamente sfruttare
“schiavi” per la coltivazione. Esistono
alcuni esempi di marchi virtuosi, come
“Caporalato Free” e “No Pizzo”, ma generalmente ci troviamo di fronte a un
diffuso disinteresse, soprattutto da parte delle istituzioni.
vogliono nascondere il produttore,
per poter avere più diritti sul prodotto stesso. Capire il perché è semplice:
se produco un certo tipo di olive che
piacciono molto ai consumatori, ho
un potere rispetto a chi vende il mio
prodotto. Posso alzare i prezzi oppure
rivolgermi a un altro distributore. La
grande distribuzione cancella i nomi
dei produttori applicando il proprio
marchio, in modo che il produttore, se
non si trova più d’accordo con le regole
del distributore, non avrà alcuna possibilità di imporsi sul mercato perché
nessuno riconoscerà i suoi prodotti. In
pratica la grande distribuzione “ruba”
il valore aggiunto.
Che cosa fare, quindi?
La qualità deve essere pagata, e questo
concetto deve essere ben chiaro anche
ai selezionatori che frequentano i mercati generali. Conoscere i produttori,
pagare loro il giusto prezzo per i prodotti più buoni, è il solo metodo per garantirsi la qualità e i prodotti migliori.
Inoltre, un’educazione al gusto è fondamentale: si dovrebbe partire già con
i bambini piccoli, perché il loro gusto è
ancora intatto e molto sviluppato. Al
Salone del Gusto abbiamo fatto vari
esperimenti in questo senso, facendo
scegliere ai bambini il frutto più buono: quelli che non erano ancora stati
influenzati dalle pubblicità sceglievaNel sistema della distribuzione
no la frutta dal gusto migliore, mentre
quale ruolo hanno i produttori?
quelli un po’ più grandi si facevano conLe catene della grande distribuzione dizionare anche dall’aspetto.
frutta e verdura quotidiane: cosa c’è dietro lo scaffale?
slow
52
Quali sono i problemi legati al sistema
della distribuzione?
L’Italia è da sempre una grande produttrice di frutta e verdura, al pari della
Spagna, per fare un paragone con la
nazione europea che detiene la maggior parte del mercato ortofrutticolo.
Con la differenza che da noi il sistema
produttivo non si è mai organizzato
e questo vuoto è stato colmato dalla
grande distribuzione (Gdo). Che significa: standardizzazione, produzioni estese e monocolturali, prezzi bassi, totale
disinteresse per il gusto. Del resto per i
grandi buyer che riforniscono i supermercati è un vantaggio acquistare da
un solo fornitore. Molto più complesso
è, invece, un sistema che vede una miriade di piccoli produttori che fanno
capo a una serie di compratori diversi.
Nella grande distribuzione si dà troppa importanza all’aspetto esteriore e
alla cosiddetta “long life”, la durata di
un prodotto ortofrutticolo. Un esempio è quello degli asparagi: il mercato richiede asparagi grandi e grossi, senza considerare che quelli dal
sapore migliore sono piccoli e sottili.
E questo influenza la nostra vita più di
quello che pensiamo. Sembra un paradosso, ma non possiamo esportare la
frutta più buona a causa del suo aspetto. È il caso delle mele: avete presente
i frutti che hanno una patina scura e
ruvida sulla buccia? In gergo quella patina si chiama “ruggine”, e sta a indicare che ci troviamo di fronte a una mela
molto dolce e succosa, talmente dolce
53
di Raffaella Ponzio
e Ludovico Roccatello
54
In Europa ci nutriamo di oltre 200 litri
annui pro capite di latte. Gran parte
di questo arriva da un’unica razza, la
frisona, selezionata dall’uomo per trasformarsi in una “macchina da latte”;
a regime di produzione intensiva arriva a produrre fino a 50, 60 litri di latte
al giorno, vivendo pochi anni, reclusa
spesso in condizioni di mobilità limitata e alimentata con mangimi e integratori per massimizzare la resa anche a
scapito della qualità.
L’allevamento di questi animali è oggi
sempre più serializzato per rispondere
alle norme igieniste, alla volontà di aumentare velocità e volumi di produzione, ma anche alla richiesta di un mercato abituatosi da tempo a gusti costanti
e uniformi nel corso delle stagioni. Un
processo standardizzato implica che
anche il prodotto risulti standardizzato, presentando ovunque lo stesso sa-
Eppure il latte andrebbe declinato al
plurale. Il latte è infatti un universo
ricco e vario di cui animale, alimentazione, metodo di allevamento, possibili
trattamenti rappresentano solo le principali di molteplici variabili.
L'uomo è l'unica specie a nutrirsi di latte anche dopo la prima infanzia e che si
nutre di latte appartenente a specie diverse. A seconda dell'area (più o meno
arida o ospitale), del contesto (economico, culturale) beviamo latte di vacca,
pecora, capra, ma anche cammella, asina, yak, renna e bufala (la quarta grande specie lattifera in Italia e la seconda
per produzione a livello mondiale).
Il latte prodotto nel nostro Paese e nel
mondo oggi è però soprattutto quello
bovino (85%), prima ancora che per cultura, per produttività: la vacca unisce
infatti la capacità di produrre in grandi quantità uno dei latti più ricchi dal
punto di vista nutrizionale a una grande adattabilità a contesti ambientali
diversi (dai pascoli di montagna alle
grandi pianure).
Al fine di adattarle a condizioni ed esigenze diverse (esistono razze da lavoro,
da carne e, appunto, da latte, e razze che
uniscono più di una di queste caratteristiche), l'uomo ha contribuito alla
selezione di razze diverse all’interno
della stessa specie, generando popolazioni animali connotate da attributi
specifici. Caratteristiche che le rendono riconoscibili e adatte ai territori di
origine, quali la forza o le dimensioni
tipiche delle razze alpine (bruna, grigio
alpina, rendena o le razze valdostane,
per citare le più celebri), o la rusticità e
frugalità, nelle aree aride del Meridione
(modicana, cinisana o le razze podoliche) dove è necessario accontentarsi di
pascoli magri e poca acqua.
Una biodiversità straordinaria oggi a
serio rischio di estinzione: basti pensare che in Europa cinquant’anni fa
si contavano 180 razze bovine ma un
terzo di queste è stato sacrificato in
nome della resa e dell’omologazione
dei sistemi produttivi. Negli ultimi
trent’anni la produzione mondiale
di latte è aumentata del 43%, eppure
gran parte delle razze sopravvissute
fino a oggi rischiano di estinguersi in
poche generazioni.
Razze e adattabilità incidono significativamente anche sul tipo di allevamento praticabile: non tutte le vacche possono reggere mesi di alpeggi o terreni
scoscesi, così come non tutte sono adatte a fornire produzioni stabili e costanti o sono sufficientemente mansuete da
convivere in stalle o su pascoli limitati.
I metodi di allevamento variano quindi
notevolmente e, con essi, il cibo che gli
animali hanno a disposizione.
L’alimentazione con erba fresca donerà
al latte aromi particolari e intensi che si
possono riconoscere all’assaggio e sfumature giallastre conferite dalla parte
grassa. La composizione delle erbe del
pascolo può variare sensibilmente, così
come può variare quella dei foraggi di
bere biodiversità. la varietà dei latti dalla vacca alla caldaia
slow
Bere biodiversità
La varietà dei
latti dalla vacca
alla caldaia
pore, indifferente all'eterogeneità dei
sistemi produttivi.
55
slow
56
cui si nutrono gli animali. Un’alimentazione ricca, varia ed equilibrata garantisce la qualità del prodotto finale, che
altrimenti risulta pallido e dolciastro,
quasi insapore.
Quando il foraggio fresco non è disponibile, la vacca può essere nutrita a
fieno, ma più spesso viene nutrita con
insilati, ovvero mais o altri vegetali
acidificati in assenza di ossigeno (il metodo più comune è quello delle balle di
fieno fasciate in plastica o dei silos), o
ancora con mangimi standard.
Oltre a questi fattori, anche la fase della
lattazione, le condizioni di salute degli
animali, la tecnica e i tempi di mungitura, il clima sono importanti, ma uno dei
passaggi chiave è successivo alla produzione in sé: la conservazione.
La grande deperibilità del latte ha fatto sì che l’uomo si sia sempre posto il
problema di conservarlo. Le tecniche
più antiche hanno portato ai tanti latti
fermentati e alle produzione casearie.
Oggi i metodi più diffusi sono i trattamenti termici. Trattare termicamente il latte significa – per avere un’idea
– scaldarlo per 15 secondi a una temperatura tra 57 e 68°C (termizzazione)
oppure per 15 secondi a 72°C (pastorizzazione) o per un secondo a 135°C (sterilizzazione).
Ma perché è così importante se il latte
è trattato o meno? Perché la temperatura, oltre a variare sensibilmente il
profilo nutrizionale del latte che beviamo, incide moltissimo sulla qualità del formaggio.
Perché è così
importante se il latte
è trattato o meno?
Perché la temperatura,
oltre a variare
sensibilmente il profilo
nutrizionale del latte
che beviamo, incide
moltissimo sulla qualità
del formaggio
C
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CM
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I trattamenti termici impattano – seppur in misure diverse – sulla microflora presente nel latte, sostituita con
fermenti industriali che eliminano le
differenze e omologano i sapori, privando i prodotti artigianali della loro
unicità e quindi del legame con il territorio che consente di garantire continuità alle produzioni di aree marginali
come quelle montane, altrimenti non
competitive con le quantità prodotte
in pianura.
A Cheese vi racconteremo il percorso
del latte, dalla terra che produce l’erba
di cui si nutrono gli animali, alle molte
forme e sapori del latte diventato formaggio: visitate il percorso presso la
Casa della Biodiversità in via Marconi.
CY
CMY
K
di Michele Antonio Fino
Da aprile 2015 l’Unione
Europea ha detto addio
alle quote latte,
il sistema pensato per
garantire l’aggiustamento
del mercato
58
Il 31 marzo 2015 è finito il sistema delle
quote latte che per trentun’anni aveva
determinato il più imponente contingentamento della produzione di un
settore zootecnico europeo della storia.
La rivoluzione era stata introdotta nel
1984, quando per l'agricoltura continentale arrivò un sistema destinato a
garantire l’aggiustamento del mercato,
(uno dei cinque strumenti a disposizione dell’Ue per perseguire i suoi obiettivi
di favore per i consumatori interni con
contestuale protezione del reddito degli agricoltori/allevatori.
Prima del 1984 c’erano stati vent'anni di
sostegno diretto al prezzo del latte, il cosiddetto aiuto accoppiato: più producevi,
più la Cee ti premiava con un’integrazione al prezzo pagato dal caseificio. Adesso,
il punto sulle quote latte. quanti danni e quali prospettive?
slow
Il punto sulle
quote latte
Quanti danni
e quali prospettive?
59
sivamente ridotte a pochi tipi, con la
frisona-holstein a farla da padrona in
tutti gli areali dove l'allevamento da
latte è sopravvissuto
· diffusione a tutte le latitudini europee di
un modello intensivo di conduzione dell'azienda lattiera, basata su unifeed (generalmente insilati mescolati a fieno o paglia)
uguali tutto l’anno, allo scopo di omogeneizzare i parametri di cui sopra nel latte
· impiego di un numero sempre più ampio di integrazioni alimentari (dalla soia
Misurare il meglio solo sulla base
di quantità, capi in stalla,
controlli di un minimo numero
di parametri chimici
del latte è oggi semplicemente
inaccettabile
60
zootecnia migliore da latte trent’anni
fa non lo è più, indiscutibilmente, oggi.
Misurare il meglio solo sulla base di
quantità, capi in stalla, controlli di un
minimo numero di parametri chimici
del latte è oggi semplicemente inaccettabile, ma la visione del 1984 ha prodotto
un bel po’ di conseguenza comunque.
Abbiamo avuto in eredità:
· stalle mediamente sempre meno numerose e più grandi
· razze bovine da mungitura progres-
ai semi di lino, dai semi di cotone ad alcuni residui di lavorazione industriale),
con l’unico fine di produrre, senza alcuna sensibilità per le qualità organolettiche del prodotto tal quale e dei formaggi
che ne derivano.
Abbiamo perso in trent’anni una varietà
di sapori che solo la nostra corta memoria
ci impedisce di rimpiangere oggi, mentre,
d’altra parte, le stesse leggi dell’economia,
che trent’anni fa consigliavano concentrazione e massificazione, oggi supportano la
scelta di far rivivere formaggi fatti con il
latte di vacche divenute rare e per questo
preziose: emblematici i casi dei parmigiano reggiano Dop prodotti a partire da
latte di bianca modenese o di vacca rossa
reggiana. In una micidiale roulette russa, abbiamo via via escluso le vie di una
contemporanea biodiversità alimentare e
oggi ci rammarichiamo di questa perdita.
Il discorso fa riflettere, perché di scelte
“migliorative” pressoché sempre secondo
logiche industriali di grandi numeri ne vediamo suggerite in ogni campo dell’agroalimentare, non certo solo in quello lattiero
caseario: penso ai vitigni “migliorativi”
così come a tutte le cultivar frutticole “migliorate” che vengono proposte all’agricoltura costantemente.
Le quote sono state un freno alla produzione che l’Ue ha pagato carissimo. Gli allevatori che non potevano crescere sono
stati sovvenzionati, attraverso un sostegno al prezzo del latte tale da mantenere
artificialmente (in termini economici)
alto il differenziale tra il prodotto di diversi Stati membri. I giovani agricoltori che
hanno inteso intraprendere la zootecnia
bovina da latte, per trent’anni, sono stati
limitati fortemente dal fatto di dover disporre anche delle quote di produzione,
oltre che del know-how e dei costosissimi
mezzi di produzione (stalle, terreni, macchinari e ovviamente bovini).
Certo: il sistema, che era nato per dare
all'Europa autosufficienza alimentare, ha
svolto la propria funzione: i prezzi del latte, come quelli dei cereali, sono stati tenuti alti dall'artificiale supporto del denaro
pubblico. Nei fatti, il sistema ha spinto a
una crescita produttiva ben oltre le necessità interne europee, impossibile da
assorbire per il mercato mondiale in una
logica di libero scambio (sia per ragioni
strutturali, poiché latte e derivati non si
conservano a lungo, sia per ragioni politiche, poiché tutti i Paesi sviluppati tendono a proteggere il proprio comparto
lattiero-caseario e gli accordi Wto in vigore impediscono di fare all’estero azioni di
dumping o comunque turbative dei mercati interni) e alla fine profondamente
contraddittoria.
La contraddizione è bidirezionale: per
decenni l’Ue ha speso per ritirare dal mercato ingenti quantità di burro e latte in
polvere, allo scopo di tenere prezzi alti
(la forma più moderna di aiuto diretto) e
così facendo ha spinto il sistema di allevamento a produrre sempre di più. D’altra
parte, le quote sono state fissate nel 1984,
sulla base di consumi e produzioni nazionali poco o nulla aggiornati dopo, quindi
con tensioni che in Italia hanno visto
protagonisti gli splafonatori: quelli con le
bandiere della vacca Ercolina. Un numero significativo di medie e grandi aziende
interessate a produrre fuori quota, per
approfittare dei prezzi alti garantiti… dal
sistema basato sulle quote.
Nel 2005 - ripeto: 2005 - in un convegno
organizzato proprio dagli splafonatori
italiani sentii dire loro che con la fine del
regime delle quote il latte sarebbe andato
ai prezzi dei Paesi più competitivi: non oltre i 27 cents. Dieci anni dopo, eccoci.
Con la fine delle quote latte, il soste-
il punto sulle quote latte. quanti danni e quali prospettive?
slow
l'Organizzazione Comune del Mercato,
per garantire continuità a quel modello
di aiuti, imponeva un limite alla libertà
imprenditoriale, con l'obiettivo al contempo di far crescere e migliorare il sistema
dell'allevamento europeo.
Naturalmente, la teoria appare asettica e indubitabilmente positiva. I fatti
invece sono governati da altre sensazioni. In primo luogo, che cosa sia una
zootecnia migliore può certamente essere discusso. E quella che sembrava “la”
61
gno è ormai impensabile nelle forme
che ha avuto finora e il mercato, si
dice, troverà la propria regolamentazione. Con buona pace delle vittime,
non solo metaforiche, del processo di
"autoregolamentazione".
Come nei Paesi ex-sovietici, abbiamo abituato il nostro sistema a un contesto drogato ed è quindi durissima adesso. Gli allevatori che escono dal regime delle quote,
infatti, sono stati (da due generazioni)
abituati a pensare in termini quantitativi e poco altro. Hanno avuto per decenni
un modello di qualità a uso e consumo
dell'industria lattiero-casearia che ne ha
livellato capacità e specificità.
L’indomani della fine delle quote, il ministro Martina ha avviato l’applicazione
delle misure del “Fondo latte di qualità”,
finanziato con 8 milioni di euro nel 2015 e
50 all’anno nei successivi due. Le azioni in
obiettivo sono diverse:
1. miglioramento della qualità del latte
2. campagna di educazione alimentare
per invertire il calo dei consumi del fresco
3. promozione su mercati esteri dei grandi formaggi italiani
4. revisione della normativa sui prodot-
ti trasformati in modo da valorizzare la
qualità dei prodotti italiani
5. richiesta alla Commissione europea di
accelerare l'attuazione del regolamento
sull'etichettatura, in modo da indicare il
luogo di trasformazione e quello di mungitura del latte commercializzato.
Il quadro è chiaramente composto di misure attive per promuovere e aumentare
i consumi di latte e derivati italiani, sul
mercato interno ed estero. Questo, a prescindere da ogni considerazione sull’efficacia teorica del sostegno presentato,
pone due severi problemi al consumatore consapevole.
Il livello di consumo di latticini, nelle culture occidentali, è il più alto della nostra
storia di sapiens sapiens. Non tutti, nella
comunità scientifica, sostengono acriticamente l’opportunità di aumentare
ancora tale consumo, soprattutto indiscriminatamente: ciò che fa certamente
bene a un’età giovanissima o avanzata,
non necessariamente fa bene a tutti gli
individui nella piena maturità.
In secondo luogo, il modello appare ancora una volta un po’ stantio: invece di preferire un aumento della qualità basato non
solo su parametri chimico-fisici, ma anche
su valori immateriali, ambientali, organolettici del latte e dei suoi derivati, si predilige la logica dell’aumento della domanda
al fine di sostenere i prezzi che premiano
l’offerta.
Nel mondo finito, ipercompetitivo e interconnesso di oggi, sembra davvero difficile che una simile ricetta possa portare
i benefici attesi.
Foto: © Federica Bolla
slow
62
Abbiamo abituato
il nostro sistema
a un contesto drogato
ed è quindi
durissima adesso
Salva la biodiversità.
Salva il pianeta
5 per mille
aiutarci
non costa nulla
Quando compilerai la
dichiarazione dei redditi,
ricordati dei nostri progetti
Lo sai che sul mercato ci sono
appena 4 o 5 varietà di mele?
Eppure nel mondo ne esistono migliaia,
diverse per forma, colore e gusto.
Grazie al tuo 5x1000 la Fondazione Slow Food
tutela tante comunità di contadini in tutto il mondo e
li aiuta a coltivare e promuovere le loro piccole produzioni.
Cosa aspetti?
Unisciti a noi!
w w w . f o n d a z i o n e s l o w f o o d . i t
sull’olio: la situazione e il futuro
slow
Sull’olio:
la situazione
e il futuro*
di Francesca Rocchi
Parte seconda
Cominciamo la sessione di degustazione consapevoli che in un’annata
come quella del 2014 è necessaria
una certa maturità per degustare tra
le pieghe di sentori leggeri: non sarà
l’intensità del fruttato a farsi ricordare, ma dovremo riconoscere il lavoro di
chi è riuscito a produrre un buon extravergine in un ambito assopito, con sprazzi di autenticità nel gusto e nella tipicità.
La chiacchierata tra noi aveva già evidenziato una situazione di produzione
dimezzata, dovuta principalmente al
clima umido e ai parassiti. Qualcuno è
riuscito a raccogliere in tempi utili per
evitare la mosca olearia, la famigerata
bactrocera oleae, il parassita di cui si è
parlato diffusamente in questo periodo
ma di cui il co-produttore sa ancora poco.
Ne parliamo con Francesco Sottile,
docente di Coltivazioni arboree nel Dipartimento di Scienze agrarie e fore-
64
*continua dl numero precedente
stali dell’Università di Palermo e collaboratore della Fondazione Slow Food
per la Biodiversità.
i Come si sviluppa la mosca?
«La mosca dell’olivo, dal nome complicato bactrocera oleae, si posa sulla drupa, fa un piccolo forellino deponendo le
uova e poi vola via. Dalle uova si sviluppano le larve che si nutrono della polpa
scavando delle piccolissime gallerie fino
a completare il ciclo verso l’esterno da
dove poi sfarfalla via l’adulto. E così il ciclo ricomincia. In presenza di temperature ed umidità ideali la mosca può fare
molte generazioni in un’unica stagione.»
i Questo parassita è sempre presente
in modo latente nell’oliveto?
«Le larve della mosca rimangono nelle
drupe anche per molti mesi se queste
non vengono raccolte e quando poi ca-
65
i Quale clima favorisce lo sviluppo
della mosca?
«La temperatura è il fattore climatico
determinante. Tra 20 e 30 gradi la mosca fa i danni maggiori, soprattutto in
presenza di olive già nella fase di distensione delle cellule. Al di sotto dei
10 gradi la mosca rimane inattiva, così
come a temperature superiori a 32-33
gradi. Questo spiega perché in alcune
aree particolarmente calde la mosca
non sia in grado di svolgere un’azione
deleteria. L’umidità è importante perché contribuisce alla contrazione dei
tempi di sviluppo dei cicli generazionali dell’insetto. In sostanza, più il clima è
umido e più si riproduce.»
66
i La situazione climatica di questa
annata è casuale o potrebbe ripetersi?
«Nessuno può dirlo. Il problema dell’ultima annata olivicola nasce da una
concorrenza di fattori che hanno raggiunto il culmine con il forte attacco
della mosca. Le piogge in fioritura che
hanno influito nella bassa percentuale di allegagione, la siccità nel periodo
di accrescimento delle drupe, il clima
umido sono condizioni simultanee non
frequenti ma non c’è dubbio che il lento cambiamento che il nostro clima
sta manifestando debba farci temere
che certe condizioni possano diventare
meno eccezionali.»
i Quali sono le misure da adottare
nell’oliveto?
«In agricoltura qualsiasi prevenzione
passa per le buone pratiche agricole.
L’adozione delle cultivar più idonee
rappresenta un metodo di prevenzione: quelle autoctone hanno sviluppato la capacità di entrare in equilibrio
con l’ambiente e con gli stress biotici e
abiotici che può determinare. È fondamentale anche l’applicazione di tecniche come la corretta gestione del suolo
in cui sverna l’insetto o la rimozione di
drupe abbandonate. Sono state recentemente evidenziate alcune relazioni con
l’irrigazione che ridurrebbe l’oleuropeina, sostanza antipatica per la mosca. Le
scelte colturali devono essere oculate
perché qualunque azione dell’agricoltore corrisponde a una reazione dell’albero. Altre azioni per intervenire contro la
mosca, oggi disponibili nella chimica ma
anche in agricoltura biologica, vengono
solo dopo che l’agricoltore si è impegnato in tal senso.»
i Una cura costante dell’oliveto
è necessaria anche per la prevenzione
della diffusione del parassita?
«Le cure costanti rientrano nelle buone
pratiche agricole perché rendono l’albero equilibrato all’interno dell’ambiente.
Un suggerimento è che l’agricoltore sia
sempre vigile: il monitoraggio e il controllo dell’evoluzione quantitativa e
qualitativa della presenza dell’insetto,
come di altre problematiche biotiche,
sta in relazione a un intervento rapido
e efficace. Esistono oggi tanti metodi
per effettuare un monitoraggio accurato e l’assistenza tecnica diffusa sul
territorio è spesso molto efficiente nel
sostenere gli agricoltori in questa pratica, molto meno complessa di quanto
si possa immaginare.»
i Dal punto di vista arboreo il parassita
rovina anche l’albero o solo le drupe?
«Non ci sono evidenze di attacchi
sull’albero se non, talvolta, indirette.
Per svolgere il proprio ciclo la mosca ha
bisogno delle drupe e delle condizioni
climatiche favorevoli.»
Condizioni climatiche favorevoli: le
parole di Francesco si vanno a inserire
in riflessioni più ampie che riguardano
il futuro del pianeta e dei cambiamenti climatici. I governi di tutto il mondo
si incontreranno nel prossimo dicembre a Parigi per Cop21, conferenza sul
clima che dovrà segnare una tappa decisiva nei negoziati del futuro accordo
internazionale per il dopo 2020 e che
si prefigge lo scopo che tutti i Paesi,
fra cui quelli con maggiori emissioni
di gas a effetto serra, si impegnino in
un accordo universale costruttivo per
cercare di bloccare l’innalzamento della temperatura globale.
Un’ennesima sensazione di impoten-
Le scelte colturali
devono essere oculate
perché qualunque
azione dell’agricoltore
corrisponde a una
reazione dell’albero
sull’olio: la situazione e il futuro
slow
dono per terra possono svernare nel
terreno mantenendosi pronti e vitali
per nuove scorribande nell’anno successivo. Negli ambienti mediterranei
non si parla mai di assenza della mosca
ma solo di una scarsa presenza; è una
specie diffusa e parte integrante della
nostra entomofauna.»*
za rimane nell’aria, al pensiero di come
il futuro dell’agricoltura che amiamo,
quello che appartiene anche ai piccoli olivicoltori, possa essere fatalmente
compromesso per colpa di scelte dissennate portate avanti a favore di una modernità che lascia molti dubbi.
Nel mondo dell’olio italiano, fatto di microaziende familiari, le prime drastiche
conseguenze sono diventate evidenti
nell’annata 2014. Per questo ringraziamo tutte le 380 aziende che con tanta
fatica sono riuscite a proporci, per questa edizione della guida, 571 oli di qualità che diventano una vera alternativa
alla marea di olio “costruito” – e tollerato dalla legge italiana – che riempie gli
scaffali della grande distrubuzione.
Nel piccolo c’è la forza del futuro, nella
nostra guida uno strumento per la scelta del vero cibo quotidiano.
(*)Insieme degli insetti di una data zona.
67
Della Tavola
mondo slow
04
Mondo
slow
“Biodiversità, tutela delle produzioni locali,
educazione delle nuove generazioni a un consumo
consapevole per favorire la creazione di modelli
di produzione del cibo più sostenibili dal punto
di vista ambientale: come sempre queste
sono le priorità fondamentali su cui Slow Food
Italia si concentrerà nei prossimi mesi,
rafforzando e coinvolgendo direttamente la rete
e l’associazione sul territorio”
Nino Pascale, Presidente di Slow Food Italia
69
agenda
slow
Agenda
luglio - settembre
2015
Eventi, incontri,
manifestazioni,
presentazioni di libri:
il mondo slow giorno
per giorno
70
6, 13 e 20 luglio
Mercato della Terra – Edizione serale
— Fabbrica del Vapore
via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano
ore 18.30-22.30
Aperitivo e spesa al Mercato della Terra di Milano con i produttori del Parco
Agricolo Sud Milano e il meglio della
provincia di Milano e dalla Lombardia.
Street Food, frutta e verdura stagionali,
pane con lievito madre, formaggi al latte
crudo, salumi di cascina, vino, gelati artigianali e tanta birra.
10-12 luglio
Cala Lenta, profumi e sapori
della Costa dei trabocchi
— San Vito Chietino (Ch)
Il grande evento itinerante anima la costa teatina con mercati, laboratori del
gusto, cene tematiche, cene sui trabocchi, spettacoli, pescaturismo. L'organizzazione è a cura di Slow Food Lanciano
con il contributo di Assessorato all'Agricoltura dell’Abruzzo, Arssa, Provincia di
Chieti, Camera di Commercio di Chieti,
Comune di San Vito Chietino.
16 luglio
Aspettando Cheese – Francia
— Giardino Expo, Palazzo Mathis
piazza Caduti per la Libertà, Bra (Cn)
ore 19
Per conoscere meglio il mondo della filiera lattiero-casearia incontriamo produttori dei Paesi ospiti a Cheese 2015
e scopriamo i loro formaggi, accompagnati dai vini del Consorzio del Roero.
L’ingresso è gratuito.
16 luglio 2015
Caput Gusti - La Festa delle Osterie
di Roma e del Lazio
— Ara Pacis, Roma
Per i 25 anni della guida Osterie d'Italia, una serata dedicata al racconto
della gastronomia romana e delle sue
contaminazioni, con i prodotti e i produttori, i vini e i vignaioli, gli osti laziali.
In una delle più belle e suggestive location del mondo, con gli artigiani del
cibo per nutrire il pianeta e sostenere il
progetto We Feed the Planet. Serata a
inviti e riservata ai soci.
13 settembre
Cantine a Nord Ovest – Andar per Gavi
— Gavi (Al)
Nell’ambito di Cantine a Nord Ovest i
visitatori potranno costruire un percorso
tra le aziende produttrici di Gavi coinvolte. Per info e prenotazioni: [email protected]
Slow Food @ Expo 2015
Venite a trovarci nel padiglione Slow
Food a Expo 2015! Ogni giorno tanti appuntamenti diversi e tante attività per le
famiglie e per le scuole. Scoprili sul sito
www.slowfood.com/expo2015
27 agosto
Aspettando Cheese – Regno Unito
— Giardino Expo, Palazzo Mathis
piazza Caduti per la Libertà, Bra (Cn)
ore 19
Per conoscere meglio il mondo della fi- Appuntamenti Unisg
liera lattiero-casearia incontriamo produttori dei Paesi ospiti a Cheese 2015 8 luglio
e scopriamo i loro formaggi, accompa- Chiusura preiscrizioni Master in Cucina
gnati dai vini del Consorzio del Roero. Popolare Italiana di Qualità e Master in
L’ingresso è gratuito.
Food Culture & Communications
28 agosto
Fratelli in Italia. Stati generali
di Slowfolk
— Villa San Lorenzo al Prato
Sesto Fiorentino (Fi)
Settima edizione dell’evento che unisce
musica e cibo, nato a Scandicci in collaborazione con l’Istituto Ernesto De Martino, diffuso ormai in numerosi territori
della Toscana. Per info e programma:
www.slowfolk.it
31 agosto-5 settembre
Festa della Rete Locale
— Parco del Castello dell’Acciaiolo
Scandicci (Fi)
In occasione del ventennale della condotta Slow Food Scandicci, le associazioni aderenti al forum Cittadinanzattiva propongono una festa nel Parco con
spettacoli musicali, dibattiti, iniziative
per i bambini e, naturalmente, cibo.
17 luglio
Open day Unisg
Università degli Studi
di Scienze Gastronomiche
— Pollenzo, Bra (Cn)
30 luglio
Apertura preiscrizioni Corsi di Alto
Apprendistato Mastri Birrai, Panettieri
e Pizzaioli
26 agosto
Chiusura preiscrizioni Laurea Triennale
in Scienze Gastronomiche
1 settembre
Apertura preiscrizioni Master in Cultura
del Vino Italiano
15 settembre
Chiusura preiscrizioni Laurea Magistrale
in Promozione e Gestione del Patrimonio Gastronomico e Turistico
71
la campania del grand tour
slow
La
Campania
del
Grand Tour
di Antonio Puzzi
72
«Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia,
il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine
campagne, i castelli, le passeggiate…
Io scuso tutti coloro ai quali la vista
di Napoli fa perdere i sensi!» Scriveva
così Johann Wolfgang von Goethe al
tempo del suo Grand Tour, il viaggio
che gli intellettuali europei erano soliti intraprendere in Italia tra fine Settecento e metà Ottocento, rimanendo
affascinati dal Belpaese. Oggi, a circa
due secoli e mezzo di distanza, l’Assessorato al Turismo e ai Beni Culturali
della Regione Campania, in collaborazione con Scabec, suo braccio operativo per i progetti di promozione e valorizzazione dei beni culturali, ha deciso
di ridare vita al viaggio in Campania,
ripercorrendo sulle orme del Grand
Tour i luoghi che conquistarono la
borghesia ottocentesca.
73
«Slow Food è un partner importante
per il Grand Tour in quanto foriero di
competenze e professionalità nel racconto e nella valorizzazione del settore agroalimentare – sostiene Rosanna
Romano, direttore generale per le Politiche sociali e culturali della Regione
Campania –. Siamo certi che l’associazione fondata da Carlo Petrini sarà in
grado di condurre tutti alla scoperta
del cibo buono, pulito e giusto della
Campania Felix». Per rispondere alle
attese, Slow Food Campania ha messo
in campo la sua formazione migliore:
dal carciofo violetto di Castellammare che concluderà la visita a Villa San
Marco (9 maggio), alla cipolla alifana
(10 ottobre), passando per la colatura
tradizionale di alici di Cetara raccontata nella Villa Romana Marittima di Minori (16 maggio), gli antichi grani delle
colline beneventane ospitati al Museo
del Sannio e al Palazzo Paolo V di Benevento (20 giugno) e gli antichi pomodori di Napoli che saranno presenti alla
Certosa di San Martino (4 luglio) e alla
Reggia di Capodimonte (5 settembre).
Tappe anche in Irpinia per conoscere
il broccolo aprilatico di Paternopoli (16
maggio) e in Cilento, dove – tra gli altri
appuntamenti – a Pollica (8 agosto) si
presenterà il Presidio Slow Food dell’oliva salella visitando il Museo della Dieta Mediterranea.
Come ogni Grand Tour che si rispetti
non si poteva però trascurare il Vesuvio: a fine agosto dunque la papaccella napoletana sarà ospite alla Villa
di Augusto di Somma Vesuviana e un
mese dopo il pomodorino del piennolo sarà protagonista all’Antiquarium
di Boscoreale. A completamento del
percorso, Slow Food Campania ha poi
coinvolto i principali Consorzi di tutela della regione, in primis quello della
mozzarella di bufala che sarà protagonista il 13 giugno a Sant’Angelo in Formis (frazione di Capua). E non mancheranno appuntamenti con la pizza
napoletana e la pasta di Gragnano.
Per partecipare agli eventi sono di-
sponibili cinque card, una per ciascun
tema. La Grand Tour Card, nelle sue
versioni, è acquistabile nei punti vendita Artecard (Capodichino, Stazione
Centrale, principali musei) e online
su www.campaniartecard.it al costo
di 12 € per le card Musica, Sapori, Vini
e Artigianato e 16 € per la card degli
eventi notturni a Ercolano e Paestum.
torio campano la possibilità di scoprire
le tipicità agroalimentari e vivere l’esperienza dell’incontro con i produttori.
«Slow Food Campania e Scabec vogliono
restituire al cibo la sua valenza di bene
culturale – afferma Giuseppe Orefice,
presidente Slow Food Campania e Basilicata – ponendolo su un piano di equivalenza sia rispetto alle risorse storico-
la campania del grand tour
slow
74
Nato nel 2014, il progetto “Viaggio in
Campania – Sulle orme del Grand Tour”
ha l’obiettivo di diffondere, grazie a una
serie di iniziative, la ricchezza storica,
artistica, culturale e ambientale della
Terra Felix. In questa seconda edizione,
in programma da maggio 2015 a marzo
2016, il Grand Tour si declina in cinque
percorsi tematici (musica, artigianato,
vini, sapori e percorsi notturni) con 110
appuntamenti in 80 siti culturali. In
particolare, per la sezione “La Campania dei Sapori”, Regione e Scabec (Società campana beni culturali) hanno chiesto a Slow Food Campania di definire
un calendario di appuntamenti che, insieme a visite guidate nei luoghi dell’arte e della cultura, porti alla scoperta
dei Presìdi Slow Food. Sono nati così 23
incontri che vedono protagonisti, ogni
sabato dal 9 maggio a fine ottobre, le
Condotte campane e i produttori dell’agroalimentare d’eccellenza presenti sul
territorio regionale.
In questa seconda edizione il Grand Tour
si declina in 5 percorsi tematici
(musica, artigianato, vini, sapori
e percorsi notturni) con 110 appuntamenti
in 80 siti culturali campani
Le prime quattro prevedono l’ingresso gratuito per i più giovani.
L’attività condotta da Slow Food Campania si inserisce nel programma quadriennale dell’associazione regionale
che pone tra i suoi obiettivi il progetto
Slow Tour, con il quale si intende offrire
ai flussi turistici che giungono nel terri-
artistiche sia rispetto alle potenzialità di
grande attrattore che possiede. Il fine ultimo è dunque restituire dignità ai tanti
artigiani, agricoltori, gastronomi che
hanno conservato intatti i patrimoni di
biodiversità, sapere e conoscenze e che
devono avere la possibilità di vedere riconosciuto il valore del loro lavoro e del
loro impegno».
75
Da marzo a giugno 2015
siamo entrati nella mensa
del Parlamento europeo
per spiegare la nostra idea
di biodiversità
76
Cosa succede se 18 formaggi a latte crudo riescono a varcare le soglie del Parlamento europeo a Bruxelles?
Succede che le papille gustative di parlamentari europei, assistenti, consiglieri e funzionari scoprono un ventaglio
di sapori. Ma soprattutto scoprono che
la biodiversità alimentare europea è
spesso messa a repentaglio dall’agricoltura industriale e dalle stesse politiche
europee, che avrebbero al contrario il
potenziale di promuovere un sistema
alimentare sostenibile. Scoprono che
esiste un patrimonio di biodiversità
protetto ogni giorno da contadini, allevatori e artigiani, esempi concreti che
un sistema alimentare sostenibile è
possibile ed è la vera chiave di volta per
nutrire il pianeta.
formaggi a latte crudo europei. C’erano
alcuni sconosciuti al grande pubblico,
come il tcherni vit bulgaro, esempio di
resistenza casearia incarnata dal sindaco del Comune omonimo del formaggio, che ha ripreso la produzione quando l’ultimo casaro ha gettato la spugna,
ormai anziano. Oppure l’oscypek, un
formaggio unico al mondo per la sua
forma affusolata e i disegni geometrici
impressi con stampi in legno sulla crosta, esempio dell’unione fra tradizione
casearia e grazia estetica. Ma c’erano
anche formaggi conosciuti come il gouda: il gouda del Presidio ha lasciato di
stucco più persone, vista la differenza
così evidente e abissale con la sua versione industriale.
Tre tavoli carichi di formaggi davanti all’entrata del ristorante del Parlamento e poco più di due ore di degustazione (giusto il tempo della pausa
pranzo) sono bastati per far conoscere
Slow Food a più di 500 persone – persone che ogni giorno dibattono con la
Commissione e il Consiglio dell’Unione Europea le proposte legislative, anche quelle che riguardano agricoltura
e cibo. A questa degustazione hanno
fatto seguito altre due: ad aprile, con
pani e confetture a base di varietà tradizionali di cereali e frutta, e mieli di
api a rischio di estinzione, e a maggio,
con salumi di razze tradizionali europee allevate nel massimo rispetto
dell’ambiente e del benessere animale.
Intanto, i cuochi del ristorante del Parlamento si sono impegnati assieme a
papille gustative istituzionali
slow
Papille
gustative
istituzionali
di Marta Messa
Mentre la lobby industriale spinge nei
corridori delle istituzioni europee per
più ogm, a favore di una sempre maggiore produzione di cibo (nonostante a
oggi già si produca cibo per 12 miliardi
di persone per un pianeta dove siamo
in 7 miliardi e dove circa un terzo del
cibo è sprecato), Slow Food si piazza
negli stessi corridoi per dare un esempio concreto della sua visione di sostenibilità con una degustazione di prodotti dell’Arca del Gusto, per parlare di
biodiversità, agricoltura sostenibile su
piccola scala, agroecologia, benessere
animale, produzioni artigianali, filiera
corta, trasparenza in etichetta. E chiede
che questo patrimonio di saperi e sapori
sia salvato e promosso da politiche che
non schiaccino i piccoli produttori con
regole adatte alla produzione industriale e che riconoscano il valore – sociale,
culturale, ambientale, economico – delle
produzioni tradizionali.
Questa primavera Slow Food ha messo
in pratica il lobbying a modo suo: per
tre mesi ha collaborato con i servizi di
catering del Parlamento europeo, proponendo tre degustazioni di prodotti
recensiti sull’Arca del Gusto e piatti in
linea con i valori Slow Food nel menù
del ristorante del Parlamento, che serve
ogni giorno una media di 2500 portate.
I suoi clienti principali sono i deputati
europei e i loro consiglieri. Una semplice degustazione e un buon piatto in
questo contesto risultano strategici.
Protagonisti della prima degustazione,
organizzata a fine marzo, sono stati 18
77
slow
Slow Food a preparare piatti a base di
prodotti locali, di stagione e di qualità:
per esempio pollo di Bastogne a crescita lenta, asparagi di Malines, verdure
locali, di stagione e biologiche. Non è
stata una passeggiata: gli accordi contrattuali della gara di appalto danno indicazioni severe rispetto ai distributori
accreditati da cui si possono acquistare
gli ingredienti, e spesso le informazioni sulle qualità dei prodotti (intese alla
Slow Food: tipologia di allevamento
e coltivazione) sono difficilmente reperibili. Ma i cuochi del ristorante del
Parlamento si sono impegnati per ga-
Ogni mercoledì sono
state scelte più di
350 porzioni di ogni
piatto Slow Food
78
rantire l’autenticità dei piatti e la collaborazione con i servizi di catering è
stata un successo. In media, più di 350
porzioni di ogni piatto Slow Food sono
state scelte ogni mercoledì tra i piatti
offerti dal ristorante del Parlamento.
I nostri deputati europei legifereranno
diversamente dopo queste degustazioni e dopo i piatti Slow Food? Chissà. In
ogni caso avere la pancia piena di cibo
genuino e buono rende felici e aiuta
a ragionare meglio. E alcuni deputati
hanno già contattato Slow Food per saperne di più sui nostri progetti e sulle
nostre proposte.
di Salvatore Taronno
Pubblichiamo la versione
estesa dell’introduzione
a Ricette di Puglia, in
cui abbiamo raccontato
la cucina tipica pugliese
80
La Puglia riassume in sé territori diversi ed esprime abitudini gastronomiche
policrome, influenzate dalle culture del
mare e dell’entroterra che spesso si incontrano nelle ricette tradizionali. È la
regione più orientale d'Italia, un lembo
di terra lungo oltre 400 chilometri, con
ben 784 chilometri di costa. Nell'ordinamento del Regno di Napoli, il territorio
pugliese, chiamato anche le Puglie, era
diviso in tre province: Capitanata, Terra
di Bari e Terra d'Otranto.
Una regione vasta e complessa, con
un’anima comune, l'accoglienza, e con i
valori tipici della civiltà contadina: senso profondo della famiglia, laboriosità,
grande spirito di adattamento, sobrietà, attaccamento alla terra. Una terra
meravigliosa, modellata dalla natura e
dall’uomo, che vi risiede da tre millenni
prima di Cristo.
Partendo da nord incontriamo l’arcipelago delle isole Tremiti, parco marino protetto, dalle acque cristalline e
con ricche varietà di pesci. Di fronte
alle Tremiti, sulla terraferma, si estendono i laghi di Lesina e di Varano,
pescosi di anguille e cefali, molto apprezzati da Federico II. Documenti del
IX secolo attestano la produzione di
ottime bottarghe di muggine dal sapore delicato. Il piatto simbolo di Lesina
Molfetta, si incontrano ancora importanti marinerie e edifici in stile romanico, come la cattedrale di Trani.
Tra l’incanto dei trulli della valle d'Itria
e l'oscurità ipogea delle grotte di Castellana si mantiene intatta la tradizione
del fornello, macellerie che, nelle giornate in cui è disponibile un vasto assortimento di carni fresche, espongono
all’esterno il cartello «fornello pronto», a
indicare che nel retrobottega il fornello
è acceso, e chi vuole può farsi arrostire
le carni scelte e consumarle direttamente nel negozio.
Il candore di Ostuni lascia il posto
all’oasi di Torre Guaceto, dove grazie al
lavoro di Slow Food ora c’è una cooperativa di pescatori che fa della sostenibilità il suo faro.
E ancora lo splendore della Magna Grecia a Taranto e i bei giardini di agrumi
di Palagiano. Il colore turchese del mare
del Salento, il nobile barocco leccese e la
splendida Gallipoli con i suoi prelibati
gamberi rossi.
La cucina casalinga tradizionale è ricca
di paste fresche, verdure ed erbe spontanee, olio extravergine di oliva, pomodori; fonte principale di proteine sono (o
erano) i legumi, seguiti da pesci e molluschi, specialmente crudi, e carni ovine,
equine e suine. Una cucina lineare, senza fronzoli, con sapori decisi e ben riconoscibili, nonché facilmente adattabile
alle diete vegetariane, visto il grande
uso di verdure, legumi e cereali.
Il frumento principalmente, nelle tipologie grano duro (usato, come in tutto il
terra e mare
slow
Terra
e mare
è la minestra d’anguilla, una preparazione legata alla necessità dei pescatori di vivere per mesi in rudimentali
capanne di canne costruite sulla laguna (pagliai) mangiando quanto c'era
sul posto. Nient'altro che anguille, a
colazione, pranzo e cena. Ancora oggi
la minestra si fa con quel che offre il
bosco: cicorie, lattughe selvatiche (poi,
secondo la ricetta, si possono aggiungere sedano, peperone, patate, melanzane) e un’erba spontanea che cresce
in questa zona, la salicornia.
Il Gargano, con il suo splendido mare, è
una terra selvaggia con una delle biodiversità più alte in Europa. Ci regala innumerevoli varietà di erbe spontanee,
funghi e tartufi, oltre agli agrumi e alle
fave di Carpino. Percorrendo queste
strade è facile imbattersi in mandrie di
mucche podoliche e capre garganiche
che pascolano allo stato brado.
Il Tavoliere è la seconda pianura italiana per estensione dopo la pianura
padana: qui immensi campi di grano
e di pomodori si perdono a vista d’occhio, mentre sui Monti Dauni, tra dolci
colline e piccoli borghi immacolati, si
conserva la tradizione del soffritto di
maiale, il piatto che celebrava il passaggio a miglior vita dell’animale allevato in famiglia. La Murgia, con le
erbe spontanee e i funghi cardoncelli,
è dominata dall'austero e magico Castel del Monte: si assaggia qui l’ottimo
pane di Altamura e si porta avanti la
produzione di eccellenti grani duri.
Spostandosi sulla costa, da Barletta a
81
sale e quando era raffermo lo si bolliva in brodo vegetale ottenendo il pancotto: piatto poverissimo, di recupero,
diremmo oggi.
La pasta fresca (strascenate, recchie,
làgane, capunti, cavatelli, minchiarieddi, troccoli, stacchjodde) si abbinava e si
abbina molto spesso – oltre che a pesci,
crostacei, molluschi – a verdure o legumi: notissime le orecchiette alle cime di
rapa, un unicum i salentini ciceri e tria,
dal termine arabo itriya ossia vermicelli secchi, tagliatelle di farina e acqua in
parte fritte e in parte lessate nel brodo
di ceci. Solo la domenica si condiva la
pasta con il classico ragù del macellaio
(di cavallo, manzo, maiale) comprensivo
di brasciola, involtino condito con aglio
prezzemolo e pecorino, cotto lentamente sin dalle prime ore del mattino. Un
interessante uso di cereali tal quali, non
ridotti a farina, è la tiella di riso (o di grano o orzo), patate e cozze.
Peculiari sono poi le verdure, in particolare quelle di campo, cui possiamo assimilare altri prodotti spontanei come
i funghi: il preferito è il cardoncello.
Cicorielle, cimamarell, marasciul, cime
dolci, cascigni, senapi, rucola, salicornia,
finocchi selvatici, lampascioni si lessano
e si condiscono con olio. A crudo si gustano alcuni ortaggi: sedani, cime di cicoria, finocchi, carote, cipolle, pomodori.
Sulla tipologia da salsa di questi ultimi,
coltivata perlopiù intensivamente, si
regge una florida industria conserviera;
ma persiste l’abitudine di seminare i pomodori nell’orto di casa e di raccoglierli
per preparare la conserva, bollendoli o Riguardo al pescato, oltre all’incidenza
– quelli di varietà adatta – essiccandoli. del consumo crudo soprattutto di molLe verdure recitano da protagoniste nei luschi e crostacei, è da sottolineare l’imprimi piatti, cotte da sole per corrobo- piego di molte specie cosiddette povere,
ranti minestre oppure assieme alla pa- in particolare di pesce azzurro. Un vasta o ai legumi, tra i quali svetta la fava. riegato plateau di frutti di mare – cozze,
L’accoppiata di cicorielle e fave è un piat- cozze pelose, ostriche di Taranto, mussoto delizioso, che è d’obbligo rifinire con li, cannolicchi, polpi di scoglio arricciati,
un ottimo extravergine.
seppioline, ricci e altri – apre ogni pranColpisce chiunque attraversi l’agro pu- zo importante. Tra le preparazioni cotte
gliese la presenza massiccia e costante merita citare le cozze ripiene, il sugo di
degli olivi. Esemplari secolari, addirit- polpi per la pasta e a ciambotte, zuppa
tura millenari, si alternano ad alberi di pesce povero.
di impianto anche molto recente: gli I piatti di carne sono legati alla cultura
uni e gli altri assicurano alla regione della transumanza per gli ovicaprini e
il primato nelall’allevamento in
la
produzione
famiglia per i suini;
I pecorini e caprini
italiana (quinsi consumano con
sono
legati
alla
di mondiale) di
una certa frequentransumanza: servivano za carni di cavallo,
olio. Le cultivar
più rappresentaai pastori come merce raramente di mantive sono la pezo. Abbiamo già ridi
scambio
ranzana, l’ogliacordato la cultura
rola (garganica,
del fornello in valle
barese – o cima di Bitonto –, salentina), d’Itria, in Salento e in Murgia, dove la
la coratina, la cellina di Nardò. Cinque sera, alla chiusura del banco di macellele Dop di extravergine: Dauno, Collina ria, si preparano bocconi a base di cardi Brindisi, Terra di Bari, Terra d’Otran- ne di agnello, capretto e maiale.
to, Terre Tarentine.
Altrettanto interessante l’uso che si fa
Nella vitivinicoltura la Puglia eccelle di budella e frattaglie, soprattutto ovida sempre per quantità e, da qualche ne, trasformandole in torcinelli, marre,
tempo, anche per qualità, attestata da cazzemarre, ’mbotu, gnummeridde. In
una fitta schiera di prodotti Docg, Doc e continuità con la tradizione dell’allevaIgp. Tre le varietà principali della pian- mento per autoconsumo del maiale, si
ta che, assieme all’olivo e al grano, dà è sviluppato un artigianato norcino di
al paesaggio della regione un’impron- alto livello di cui è leader Martina Franta irripetibile: a nord l’uva di Troia, a ca, dove si producono capicollo (Presisud i vitigni negroamaro e primitivo. dio Slow Food), soppressate, pancette e
terra e mare
slow
82
Sud, anche per la panificazione), semiduro e tenero, e in subordine l’orzo e il farro
sono una presenza saliente, attestata sia
dall’estensione delle colture sia dagli innumerevoli mulini, diffusi un tempo in tutti
i centri abitati della regione. Un mulino
ad acqua ancora funzionante si trova nel
comune di Bovino in provincia di Foggia e
solo a Cerignola, agli inizi del Novecento,
se ne potevano contare 87: oggi è possibile
visitare le fosse granarie dove venivano
conservati i cereali.
Inoltre, il Foggiano può considerarsi
la culla della pregiata varietà di grano
duro senatore Cappelli, selezionata nel
Centro Ricerche per la Cerealicoltura
di Foggia agli inizi del Novecento dal
genetista Nazareno Strampelli. Questa
tipologia si diffuse per la sua rusticità
e per l’eccellente qualità della sua semola; entrata in crisi negli anni Sessanta per la concorrenza di nuove varietà
più produttive, in tempi recenti è stata
fortemente rivalutata. Così come si è riscoperto il grano arso, i chicchi rimasti
a terra dopo la mietitura e la bruciatura
delle stoppie, che l’estrema povertà induceva a raccogliere, macinare e unire
alla farina bianca. Oggi lo stesso effetto,
un sapore gradevolmente affumicato, si
ottiene con la tostatura.
Elencare le innumerevoli forme di
pane e di pasta citate dallo storico
Luigi Sada nel suo volume sulla cucina pugliese in questa sede sarebbe
impossibile: il pane accompagnava
anche la frutta, ci si schiacciava a merenda un pomodoro condito con olio e
83
altri salumi. Ottimi prosciutti crudi si
trovano a Faeto, comune in provincia di
Foggia a 800 metri di altitudine sopra il
livello del mare.
Sono legati alla transumanza anche i
formaggi pecorini e caprini che servivano ai pastori come merce di scambio:
quello che ha fatto più strada, ottenendo la Dop, è il canestrato, da latte crudo
ovino (razze gentile di Puglia e altamurana), ma è doveroso citare almeno le
scamorze, il cacioricotta e l’ascquante,
ricotta ovicaprina fermentata.
I pugliesi mangiano di rado carni di vitello ma producono e apprezzano i formaggi vaccini, specie se a pasta filata.
Molto ricercato è il caciocavallo podolico del Gargano, la cui versione originaria (da latte crudo di mucche podoliche
allo stato brado) è protetta da un Presi-
sumendo in poche righe l’importante
capitolo dei dolci delle ricorrenze.
Alcune preparazioni sono legate alle
feste comandate, alle cerimonie importanti e al culto dei defunti. Il 2 novembre si celebra con un’usanza ereditata
dai cristiani di rito greco, il grano dei
Morti – grano bollito con melagrana,
noci tritate, scaglie di cioccolato amaro, cedro candito e mosto cotto –, e con
un’autentica bomba calorica, la pizza
sette sfoglie, inframmezzate da una
farcitura di frutta secca e cioccolato. Il
dolce natalizio per antonomasia sono
le cartellate (crustoli, frinzele, scarole,
’ncartiddati, scartagghiate, carangi...),
frittelle condite con mosto cotto o cotto di fichi oppure miele e mandorle
tritate. A Pasqua, oltre a specialità a
base di ricotta si prepara la scarcella
(cuddhura), pasta variamente sagomata a forma di canestro, galletto, cuore
o donna impettita, guarnita da uova
sode con il guscio. Il dolce del fidanzamento e del matrimonio è il peperato
(puprete, prupate ), un grosso tarallo
speziato: se ne dava uno a ogni invitato, che ne faceva un bracciale da esporre con orgoglio.
Le novità
di Slow Food Editore
le novità di slow food editore
dio Slow Food, così come un suo parente, il pallone di Gravina. Sono da consumare freschissime la giuncata leccese e
la burrata di Andria (Igp), sacchetto di
pasta filata riempito con crema di siero
e ritagli di mozzarella.
Ragioni di spazio ci impongono di
rinviare la trattazione della frutta
(agrumi, uva, mandorle, fichi...), rias-
Ricette di Puglia
9,90 €
slow
84
Le verdure sono
protagoniste nei primi
piatti, da sole per
corroboranti minestre
oppure assieme
alla pasta o ai legumi
Il volume che
racconta la cucina
casalinga della
tradizione pugliese
In questo libro troverete
i consigli per preparare
i piatti simbolo
di un ricchissimo
patrimonio gastronomico
In Puglia tante culture gastronomiche si
traducono in gustose ricette tradizionali,
espressione di territori diversi. Il vantaggio di poter fare un’accurata selezione
di ottime materie prime locali – verdure,
farine, olio extravergine di oliva, pesci –
rende unici i grandi classici delle tavole
pugliesi come le orecchiette con le cime
di rapa, i salentini ciceri e tria o i tanti dolci delle ricorrenze.
85
Un libro orientato
a chi fa la spesa
e deve quotidianamente
scegliere il proprio cibo
86
le novità di slow food editore
Biodiversi
10,00 €
Fare la spesa con Slow Food
19,90 €
slow
→ In libreria e in offerta
sullo store di slowfood.it
A casa nostra
o in viaggio,
una guida
per l’acquisto
di cose buone
e sostenibili
Fare la spesa con Slow Food è la guida
che raccoglie gli indirizzi dei produttori, degli artigiani, delle botteghe e dei
mercati di tutta Italia dove è possibile
acquistare generi alimentari di qualità
e di stagione. Per comprare dove fare la
spesa è un piacere.
Un dialogo
che ci esorta
a far interagire
l'intelligenza umana
e quella vegetale
Con un fertile scambio
di idee gli autori tracciano
scenari da cui ripensare
la vita sul pianeta
Biodiversi nasce dall’incontro tra Stefano
Mancuso, professore di neurobiologia
vegetale, e Carlo Petrini. Dal loro dialogo, il dialogo tra scienze gastronomiche e
scienze botaniche, emergono nuove idee
per mettere il cibo e l’agricoltura al centro
di un progetto di difesa dell’umanità.
87
→ In libreria e in offerta
sullo store di slowfood.it
Ricette dell’Alto Adige
9,90 €
slow
difendi il cibo vero.
88
Da una parte la realtà
contadina, dall’altra
la necessità di rispondere
ai bisogni, anche
alimentari, del gran
numero di forestieri
in transito
Il ricettario
che racconta
la cucina tipica
della tradizione
altoatesina
La cucina altoatesina ha indubbiamente
una matrice austriaca, principalmente
tirolese con alcune influenze viennesi;
poche, e relativamente recenti, le contaminazioni mediterranee (solo negli ultimi
anni pastasciutte e risotti hanno fatto
capolino tra le minestre brodose, tuttora
dominanti) o tedesche in senso stretto
(crauti, würstel, Brezel).
coi denti.
Con Slow Food SOSTIENI
la buona agricoltura, la biodiversità
alimentare, il paesaggio e i prodotti
buoni, puliti e giusti.
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Riso di GRumolo delle AbbAdesse
A Grumolo delle Abbadesse, un piccolo comune a metà
strada tra Vicenza e Padova, il riso, introdotto dalle
monache dell’abbazia benedettina di San Pietro di
Vicenza, si coltiva dal Cinquecento. Il vialone
nano di Grumolo ha chicchi medio-piccoli,
ma la qualità, grazie alle caratteristiche del
terreno e delle acque, è eccellente. Il vialone
si gonfia molto con la cottura e assorbe molto
bene i condimenti. I risotti sono eccezionali: dal
tradizionale risi e bisi (una minestra densa di
riso e piselli) al risotto con i fegatini – il classico
piatto dei pranzi di nozze in campagna.
FAGiolo cosARuciARu di scicli
A Scicli, nella parte sudoccidentale della Sicilia, un gruppo di agricoltori
sciclitani ha custodito un fagiolo: il cosaruciaru (in dialetto “cosa
dolce”) che si riconosce per via del suo colore bianco-panna
con piccole screziature marroni intorno all’ilo.
Coltivato fin dai primi anni del ‘900 si
vendeva in grandi sacchi presenti in tutti
i negozi di alimentari della città. Poi è
quasi scomparso e solo alcuni affezionati
contadini lo hanno coltivato nei propri orti per non
perdere la possibilità di mangiarlo in una buona zuppa
di verdure, o con le cotiche.
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l’importanza di chiamarsi bukovo
slow
L’importanza
di chiamarsi
Bukovo
Foto di Ivo Danchev
Reportage fotografico
da Bukovo, in Macedonia,
la patria di un’eccezionale
varietà di peperoni,
oggi soggetta a diverse
imitazioni. Un Presidio
Slow Food ne tutela
l’autenticità
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slow
l’importanza di chiamarsi bukovo
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l’importanza di chiamarsi bukovo
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di Francesco Martino
Foto di Ivo Danchev
«Da noi si dice
che la belvica
è nata per nuotare
tre volte: la prima
nell'acqua, la seconda
nel burro e la terza...
nel vino»
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Vanco Vasilevski, o meglio Koki, come
lo chiamano tutti in paese, è il pescatore proprio così come te lo aspetti. Sotto il berretto rosso calcato fin sopra le
orecchie, gli occhi color nocciola, di un
caldo profondo, si muovono sornioni.
Solo di tanto in tanto, quando racconta di vita e fatica sull'acqua, s'accendono improvvisi e gli illuminano il volto,
intagliato da interminabili giornate di
vento, di lago e di sole.
Da quasi cinquant'anni, da quando era
un bambino o poco più, Koki getta le reti
e un pezzo di cuore nel lago di Prespa,
specchio d'acqua misterioso e poco conosciuto nel cuore della penisola balcanica,
oggi attraversato dai confini che dividono Macedonia, Albania e Grecia.
sul lago di prespa a pesca di biodiversità
slow
Sul lago di Prespa
a pesca di biodiversità
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«Pescare è mestiere
duro, ma il nostro lago
è generoso.
Qui si pescano la mrena
(barbo di Prespa),
l'anguilla, il naso, la trota,
il som (pesce siluro)»
pesci, li raccoglie in un grosso catino
colmo fino all'orlo d'acqua bollente.
«Un tempo però si usava il pezol, una
rete circolare perlata di biglie di piombo,
che poi è stata vietata, perché troppo
impattante sui pesci, soprattutto nella
stagione della riproduzione. Col pezol,
se hai la mano e l'occhio allenato, di belvica ne prendi una tonnellata al giorno.
Davvero» conclude Koki con un'espressione vaga che non riesce a nascondere
un filo di nostalgia.
Intanto però i cironki, dopo la scottatura (che serve ad ammorbidirli) e
l'ammollo (che elimina il sale in eccesso) sono pronti per la cottura. Koki li
pulisce con cura, eliminando interiora e scaglie, e li adagia in un grosso
tegame, dove iniziano a rosolarsi nel
burro. Poi ecco cipolla, nane (menta
piperita) e peperoncino dolce, che regala al piatto riflessi color porpora.
«Da noi si dice che la belvica è nata per
nuotare tre volte: la prima nell'acqua,
la seconda nel burro e la terza...nel
vino.» E il volto di Koki si allarga in un
malizioso sorriso d'intesa.
Usciamo a fare due passi in paese con
Vanco Stojanovski, rappresentante della
comunità del cibo di Stenje. Anche lui ha
iniziato a pescare da bambino, sotto gli
occhi attenti del padre, per poi lavorare
per anni nelle strutture turistiche sviluppate nell'area a partire dagli anni settanta. Il rapporto col lago e con la tradizione
dei cironki, però, è rimasto vivo e forte.
«Oggi il patrimonio ittico del lago di Prespa è ancora vitale. Molte varietà, belvica compresa, si pescano in abbondanza,
anche se alcune, come la mrena sono
visibilmente diminuite» ci dice Vanco
mentre camminiamo sulla spiaggia sabbiosa che, digradando dolcemente, porta
dalle ultime case di Stenje alle rive del
lago. «La questione, però, è come gestire
queste risorse. Negli ultimi sette anni la
situazione è fuori controllo, visto che il
lago non ha avuto un concessionario in
grado di controllare le quantità di pescato. Da pochi mesi ne è stato nominato
uno nuovo, ma è ancora presto per vedere le conseguenze a lungo termine».
Ma non è solo la pesca incontrollata a
mettere a rischio il lago e i suoi tesori,
cironki compresi. Negli ultimi anni, per
esempio, si è registrato un forte aumento degli agenti inquinanti nelle acque di
Prespa: soprattutto pesticidi usati nella coltivazione dei frutteti, impiantati
sempre più numerosi sulle rive del lago.
Ancora più preoccupante, però, è l'emorragia di giovani, spinti all'emigrazione
da una condizione economica, quella della Macedonia, che resta difficile.
«Molti pescatori non arrivano a guadagnare più di duecento euro al mese. È un
miracolo che a Stenje ci siano ancora alcune decine di persone che si dedicano
al mestiere. Fino a oggi, il paese è stato
in parte salvato dalla presenza di una
piccola fabbrica tessile, che dà lavoro
alle donne – è lo stringato punto della
situazione di Vanco –. “La situazione resta però complicata e molti continuano
a emigrare, anche perché le strutture
turistiche ereditate dalla Jugoslavia,
purtroppo, sono in gran parte abbandonate e in rovina». Motivo per cui, se oggi
a Stenje e nella vicina Konjsko c'è ancora chi è in grado di pescare e produrre
cironki, nei villaggi circostanti – come
Dolno Dupeni e Ljubojno – questa antica tradizione è andata ormai perduta.
«Oggi i cironki, come altri prodotti tipici
del lago, hanno un buon potenziale di
sviluppo, indispensabile per sopravvivere nel lungo periodo. Sempre più persone
li conoscono e li apprezzano, e sono quindi potenziali acquirenti. Quello che manca però è un riconoscimento formale dei
pescatori come piccoli produttori tradizionali – argomenta Vanco –. La mancanza di autorizzazioni, soprattutto da parte
delle autorità sanitarie, rende la vendita
diretta un esercizio spesso complicato».
sul lago di prespa a pesca di biodiversità
slow
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Mentre parla, Koki muove appena gli
angoli della bocca carnosa, nascosta
sotto corti baffi spioventi, da dove pende eternamente accesa una sigaretta.
Ci sediamo a parlare nel basso locale
della sua cantina: con le mani forti e
rugose, il pescatore volta e rivolta le sagome argentee e snelle di piccoli pesci
essiccati sulla cucina economica, mentre il basso locale si riempie d'un odore
intenso, aspro e fragrante.
«Pescare è mestiere duro, ma il nostro
lago è generoso. Qui si pescano la mrena
[barbo di Prespa, NdA], l'anguilla, il naso,
la trota, il som [pesce siluro]. E poi, naturalmente, la belvica, che ha un posto
tutto speciale. Soprattutto qui a Stenje
che insieme a Konjsko, è da sempre
famosa per la produzione di cironki».
Cironki. È questo il nome bizzarro e
dall'etimologia incerta (che sembra
però provenire da un'antica parola macedone che significa “piccolo”) che indica
appunto la forma essiccata della belvica
o nivicka (Alburnus alburnus belvica),
minuto e gustoso pesce autoctono del
lago di Prespa.
La tradizione dei cironki, racconta Koki,
mentre continua a rosolare pesci sulla
stufa arroventata, è qui così antica da
perdersi nel tempo. La belvica si pesca
da primavera inoltrata, quando si accosta alla riva per depositare le uova, fino
al tardo autunno. «Oggi la pesca avviene
attraverso basse e lunghe reti che gettiamo nel lago la sera, per raccoglierle
la mattina successiva» dice ancora Koki
mentre, dopo aver finito di scottare i
99
dieci giorni in una botte di legno, coperti
di foglie di loboda [un'erba locale, NdA]
e schiacciati da un peso. Quando sono
pronti, allora si legano in nisi [corone]
da circa tre chili, e si stendono ad asciugare al sole».
L'essiccamento dipende dalle condizioni
atmosferiche, ma in genere va da una
settimana a quindici giorni. I cironki, poi,
vengono riposti in un luogo asciutto e
ombreggiato, dove possono conservarsi
per uno o due anni.
«Qui a Stenje, i cironki fanno parte della
vita, della tradizione, è impossibile farne
senza – dice convinta baba Sota mentre
continua a riannodare con pazienza i fili
della rete –. L'esistenza in riva al lago può
essere dura. Anche gli inverni più freddi,
però, sembrano più brevi quando la casa
è piena di ospiti e nel camino scoppietta
un bel fuoco. Ma soprattutto, quando in
cantina pendono fitte fitte tante corone
di cironki profumati».
“Pur non essendo
profondo, il lago
di Prespa può essere
molto insidioso: quando
le raffiche di vento
si fanno più intense,
raramente i pescatori
hanno l'ardire di mettere
i loro chamec in acqua”
sul lago di prespa a pesca di biodiversità
slow
100
Sulla spiaggia, spazzata da un vento
freddo, una decina di barche dai colori
vivaci giacciono sulla sabbia come grosse testuggini rovesciate. Sono i chamec,
imbarcazioni tipiche dei pescatori di
Prespa. Intorno, il paesaggio ricorda vagamente quello di un fiordo norvegese:
da una parte i monti della Baba Planina, con l'alta vetta del Pelister ancora
coperta di neve, dall'altra il profilo scuro e ingombrante del massiccio della
Galičica, che separa Prespa dal più famoso e frequentato lago di Ohrid. Pur
non essendo profondo, il lago di Prespa
può essere molto insidioso: quando le
raffiche si fanno più intense, raramente i pescatori hanno l'ardire di mettere i
loro chamec in acqua.
Torniamo verso casa la di Koki, non
lontano dal basso campanile quadrato
della chiesetta dei santi Cirillo e Metodio. All'ingresso del cortile, un'anziana
seduta su un basso sgabello di legno,
con in testa il tradizionale fazzoletto legato sotto al collo, è tutta intenta a rammendare l'intrico di una rete da pesca.
È baba (nonna) Sota, la madre di Koki.
Sediamo a farle compagnia, sorseggiando lentamente un caffè turco, denso e
dall'odore robusto.
«In casa, sono io che preparo i cironki.
Ogni anno, da più di settantacinque
anni. La procedura non è complicata, ma
solo con l'esperienza si affina il risultato
e si evitano errori – racconta baba Sota,
senza nascondere un pizzico orgoglio –.
“La belvica deve essere prima salata. Poi
bisogna che i pesci passino dai sette ai
101
a cura di
Noemi Reina
e Paolo Tosco
102
Si è chiusa l’edizione
2015 di Slow Fish,
l’appuntamento che
ogni due anni punta
l’obiettivo sul ruolo
fondamentale di mari,
fiumi, laghi e oceani.
Vi offriamo qualche
spunto sugli argomenti
e sui temi che abbiamo
provato ad affrontare
insieme nelle nostre
conferenze, nei
Laboratori e nelle Scuole
di Cucina con i Master
of Food, con l’aiuto
di chef, biologi
e operatori della filiera
ittica provenienti
da tutto il mondo.
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Tra gli effetti di un mercato
impazzito che ha sempre
meno attenzione per la qualità
rispetto alla quantità ci sono
innumerevoli occasioni e tipi
di truffa, ai danni
dei consumatori ma anche
dell’ambiente. Conseguenza
della crisi economica, ma anche
di una regolamentazione
non equilibrata del mercato
che sfavorisce sempre e solo
la pesca artigianale.
Pietro Parisi è ambasciatore
di una cucina coraggiosa
che punta su tradizione
e territorialità. Ha fatto inserire
la sua Terra dei fuochi negli
itinerari della buona tavola,
sperimentando la tecnica
della vasocottura con i classici
della gastronomia campana
e nazionale.
Lo stato d’inquinamento dei
nostri mari è ormai protagonista
nelle discussioni in Europa.
Sono diverse e articolate le idee
confluite nell’ultima direttiva
sulla Marine Strategy da
adottare a livello nazionale per
l’ambiente marino: al centro del
dibattito il raggiungimento del
buono stato ambientale delle
acque marine entro il 2020.
Creare sinergia tra cibo, vino,
arte, cultura e tradizioni:
è questo l’obiettivo di Descu
Rundu, un’associazione di
amici ristoratori liguri nata per
organizzare occasioni conviviali
e offrire l’immagine di un
tessuto sociale compatto, fatto
di reti dalle maglie strette
e alleanze forti.
«Se non cambiamo le regole
dominanti del libero mercato
provocheremo effetti negativi
sui contadini, i pescatori,
gli operatori di tutte le realtà
che producono cibo curando
la qualità, la sostenibilità
e la legalità. Se non si fa
qualcosa vedremo la scomparsa
di piccole realtà virtuose.
È come liberare volpi
in un pollaio». (Tavola rotonda
Le frodi: dal mare alla tavola,
giovedì 14 maggio)
«Rivalutare il proprio territorio,
porlo sempre al centro della
propria vita e nei propri piatti
per dare il giusto valore
alle tradizioni, ai produttori
e alle materie prime».
(A Scuola di Cucina con
i Master of Food, Boccaccielli
di mare, giovedì 14 maggio)
«La Strategia Marina
rappresenta un’opportunità, un
punto di partenza fondamentale
per raggiungere l’obiettivo della
salvaguardia dei nostri mari.
Purtroppo il mare nostrum
è parecchio bistrattato:
sono 100 000 i frammenti
di microplastiche per kmq,
38 ml gli idrocarburi per kmq,
e per di più il Mediterraneo
raccoglie il 30% del traffico
navale e il 60% delle petroliere».
(Laboratorio dell’acqua La pesca
strategica, giovedì 14 maggio)
pillole di slow fish
slow
Pillole
di Slow
Fish
«Il cappon magro è una
composizione fantasiosa,
barocca, ricca di strati, sapori
e profumi. Questo piatto
è testimonial di una cucina
povera solo nell’apparenza».
(Laboratorio del Gusto
I cavalieri di Descu Rundu,
giovedì 14 maggio)
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Gianfranco Bruno è un giovane
e talentuoso chef lucano. Ci ha
accompagnati in un viaggio nel
mondo della conservazione del
pesce con metodi tradizionali,
come l’affumicatura a caldo
e a freddo, da realizzare
tranquillamente in casa, senza
bisogno di strumentazioni
professionali.
Ognuno di noi mangia 12 chili
di sostanze chimiche ogni
anno: medicine, metalli pesanti,
microplastiche e tossine
che periodicamente invadono
i nostri mari. Abbiamo fatto
il punto sulla situazione del
Mediterraneo e degli altri mari
grazie alla testimonianza di
pescatori e biologi, presentando
un sondaggio per verificare
quanta consapevolezza ci sia
tra le persone sullo stato
di salute dell’acqua.
L’ultimo rapporto redatto
da Ministero dell’Ambiente e
Unioncamere e i primi risultati
del progetto FishMpaBlue
curato da Federparchi hanno
evidenziato come le aree marine
protette siano un modello
produttivo più efficiente, oltre
che più sostenibile. Un esempio
di eccellenza da sviluppare
ed esportare, che abbiamo
illustrato attraverso l’esperienza
di Torre Guaceto, in Puglia.
Il cianciolo è la pesca
tradizionale delle isole Pelagie,
un’arte tramandata oralmente
di generazione in generazione
che rischia di scomparire:
oggi solo una famiglia si occupa
di pescare alacce, sgombri
e acciughe per circuizione.
«L’affumicatura è uno dei
metodi di conservazione più
antichi, utilizzato fin dalla
preistoria: tuttavia non è
sempre salutare, bisogna farlo
bene. Il segreto è scegliere
i giusti tipi di legno e di erbe,
e stare attenti ai tempi».
(A Scuola di Cucina con
i Master of Food, L’affumicato
e il confit, giovedì 14 maggio)
«Con questa iniziativa
vogliamo da un lato verificare
la percezione che le persone
hanno di rischi e benefici
legati al consumo del pesce
in diversi Paesi europei,
dall’altro dimostrare che
incentivare la ricerca è il primo
passo di qualsiasi percorso
positivo su questa materia».
(Laboratorio dell’acqua La pesca
avvelenata, venerdì 15 maggio)
«Le risorse naturali non si
possono pensare secondo
le logiche economiche
tradizionali: esiste un limite
portante, oltre il quale la
produzione non solo non crea
più ricchezza, ma causa danni
spesso irreversibili».
(Laboratorio dell’acqua La pesca
protetta, sabato 16 maggio)
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pillole di slow fish
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«Vogliamo sensibilizzare
il grande pubblico e la politica
nazionale ed europea affinché
i pescatori dell’isola, seppur
in numero esiguo, siano davvero
supportati e tutelati. Vorremmo
anche che questa realtà
diventasse un Presidio».
(Convegno Slow Food Sicilia
L’unicità della pesca
di Lampedusa, domenica
17 maggio)
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Angelo Pumilia, carismatico
chef siciliano, è riuscito
a creare una cucina fusion
fra Trinacria e Sol Levante.
Ai partecipanti alla Scuola
di Cucina ha proposto un
viaggio cosmopolita in cui le più
celebri salse giapponesi hanno
sposato gli ingredienti più
classici della cucina siciliana.
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«Ci sono molte più analogie
tra le due cucine di quelle che
si possano pensare, come il
meraviglioso accostamento di
sapori agri e dolci che esalta
la freschezza degli ingredienti
scelti nel rispetto dei tempi
della natura».
(A Scuola di Cucina con i
Master of Food, Salse di mare,
sabato 16 maggio)
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L’incontro tra il marsigliese
Pierre Giannetti e il vietnamita
Christian Qui ha dato nuova
identità ai piatti simbolo della
cucina francese, tra cui la
bouillabaisse, zuppa di mare,
profumata con finocchio
e zafferano, in cui si accostano
il pescato cotto e crudo.
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Scopri il mondo
Scopri il mondo
con Slow Food
con Slow Food
Scopri il mondo attraverso le sue tradizioni
iScopri
suoi prodotti,
gusti. le sue tradizioni
il mondoi suoi
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Scopri
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Scopri il mondo con Slow Food Planet.
Slow Food Planet è il compagno di viaggio
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per vivere
ogni meta.
Slow Food
Planetappieno
è il compagno
di viaggio
Con
tempo.
Con ogni
il giusto
spirito.
idealeil giusto
per vivere
appieno
meta.
Quello
di Slow
Food.
Con il giusto
tempo.
Con il giusto spirito.
Quello di Slow Food.
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«Nel mio ristorante servo solo
ciò che il mare offre in giornata.
Sono molto pignolo negli
acquisti, non prendo tutto
da un solo pescatore, ma scelgo
in base a quello che decido
di cucinare. In giapponese
esiste addirittura un termine
preciso per le scelte dello chef,
omakase. È il consiglio
che mi sento di dare a chi
va al mercato ittico».
(Laboratorio del Gusto Pierre
Giannetti e Christian Qui:
bouillabaisse 2.0, domenica
17 maggio)
A Slow Fish abbiamo
presentato le ultime tre novità
di Slow Food Editore:
innanzitutto Il pesce,
un percorso per imparare
a conoscere e amare
i protagonisti dei nostri mari,
scritto da di Silvio Greco
e illustrato da Sergio Staino.
Inoltre Fare la spesa con Slow
Food, che con quasi tremila
indirizzi tra cui scegliere,
intende aumentare la
consapevolezza nella spesa
di tutti i giorni,
obiettivo cui punta anche –
terza novità – la nuova Guida
agli extravergini 2015.
planet.slowfood.com | [email protected]
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planet.slowfood.com | [email protected]
di Carmelo Maiorca
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Considerata una delle prime e più celebri tarantelle napoletane, la canzone
“Lo Guarracino” include un numero
davvero straordinario di pesci e di altre
creature marine. Un variegato e incalzante elenco in versi e musica scritto
da un evidente conoscitore della fauna
ittica nella lingua napoletana di oltre
due secoli fa, come tutto il testo che riproduciamo integralmente, seguito dai
nomi in italiano delle specie citate.
L’originario canto di estrazione popolare e di autore ignoto, risalente secondo alcune fonti al 1768, fu più volte
trascritto e arrangiato melodicamente
da musicisti locali e forestieri a partire dai primi decenni dell’Ottocento,
nell'ambito del crescente interesse
al narratore non rimane più fiato per
cantare ed egli si congeda dai presenti
bevendo un bicchiere di vino.
In un vecchio e interessante articolo
che abbiamo scovato, pubblicato sulla rivista «Didattica delle Scienze» nel
febbraio 2003 col titolo “Una finestra
sulla biodiversità di un ecosistema
marino”, il professore Vincenzo Boc-
re interpretato da molti artisti. Tra le
esecuzioni più note sono da ricordare
quella solista di Roberto Murolo e la
stupenda versione polistrumentale
della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Ispirato alla canzone c’è pure
un cortometraggio di buon livello realizzato qualche anno fa dal regista Michelangelo Fornaro.
Il personaggio del Guarracino, che dà
il nome alla vicenda ambientata nel
golfo di Napoli, è un piccolo pesce della famiglia dei pomacentridi. Il nome
scientifico attribuitogli da Linneo è
Chromis chromis, mentre in italiano
è detto castagnola (niente a che vedere con il pesce castagna). Nel Mare
in pentola di Alan Davidson, ampia e
dettagliata guida di pesci, crostacei e
molluschi commestibili del Mediterraneo pubblicato la prima volta nel 1972
e tuttora di utile consultazione, l’autore gli dedicò appena due righe, non
ritenendolo sufficientemente interessante dal punto di vista gastronomico.
In effetti, a causa delle sue carni troppo ricche di spine a fronte delle ridotte
dimensioni, è difficile trovare a Napoli
estimatori del guarracino. Che invece,
tanto parte per cercare d’impossessar- cardi scriveva, tra l’altro: «Lo guarrasi del primo centesimo portafortuna cino è un canto che può essere considi Paperon de’ Paperoni).
derato come un originale inventario
della fauna marina che popolava il
Nella canzone non si parla di po- Golfo di Napoli nel XVIII secolo, e ha
zioni e filtri magici; al Guarracino, valore come testimonianza storica
andando per mare, era venuta vo- della biodiversità di un ecosistema
glia di sposarsi: la scintilla d’amo- marino del passato (…). Da qui si può
re scatta appena vede la Sardella che passare alla considerazione di una
gorgheggia affacciata al balcone. Il pe- serie di problematiche di tipo ecologiscetto innamorato si rivolge alla vec- co, legate da un lato all’inquinamento
chia e maliziosa Bavosa affinché porti delle acque costiere e dall’altro allo
l’ambasciata alla Sardella la quale, su- sfruttamento irrazionale delle risorse
perata l’iniziale vergogna, fa capire al ittiche come il problema delle specie
Guarracino che il suo interesse è cor- in rarefazione e di quelle minacciate
risposto. Appostata da quelle parti c’è di estinzione.»
però la Patella ficcanaso che avverte il Per molto tempo biologi e naturalitonnetto Alletterato, precedente cor- sti si sono cimentati nel tentativo di
teggiatore della Sardella. L’Alletterato far corrispondere l’esatta definizione
s’infuria, si arma di tutto punto, esce scientifica a ognuno degli organismi
a cercare il Guarracino, e, una volta riportati nel canto con nomi in napotrovato, lo riempie di botte. La lite in- letano. Il lavoro d’identificazione più
nesca il coinvolgimento di parenti e preciso è stato quello della biologa
amici dell’uno e dell’altro spasimante- marina e ricercatrice del Cnr di Ischia
contendente, «pisce gruosse e picceril- Maria Cristina Gambi, che raccolse
le d’ogni ceto e nazione», che arrivano dalla viva voce dei pescatori ischitani
numerosi trasformando la rissa in una molte notizie riportate nel volume Gli
travolgente guerra sottomarina. Il lun- organismi marini ne Lo Guarracino,
go racconto finisce soltanto perché Benincasa Editore, Napoli.
la biodiversità del golfo di napoli ai tempi del guarracino
racconta il bravo e divertente cantastorie Stefano Serino – performance
visibile su You Tube – era utilizzato
dalle fattucchiere della zona di Mariannella per la preparazione di fatture d’amore (da suggerire agli autori
Disney di Amelia «la fattucchiera che
ammalia», che giusto alle pendici del
Vesuvio ha la sua base da dove ogni
La storia
slow
La
biodiversità
del golfo
di Napoli
ai tempi del
Guarracino
verso la musica e la canzone popolare
che si diffuse nella città partenopea.
La trascrizione più conosciuta arrivata fino ai giorni nostri è attribuita
al compositore ed editore Guglielmo
Cottrau (1797-1847), nato a Parigi e vissuto sin dall’adolescenza a Napoli. Diventato un classico senza tempo, “Lo
guarracino” è stato e continua a esse-
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Lo Guarracino
Lo Guarracino ’nche la guardaje
de la Sardella s’annammoraje;
se ne jette da na Vavosa
la cchiù vecchia maleziosa;
l’ebbe bona rialata
pe’ mmannarle la mmasciata;
la Vavosa pisse pisse
chiatto e tunno nce lo disse.
Tu mme lieve la nnammorata
e pigliatella sta mazziata».
Tuffete e taffete a miliune
Lle deva paccare a secazzune,
schiaffe, ponie e perepesse,
scoppolune, fecozze e connesse,
scerevecchiune e sicutennosse
e l’ammacca osse e pilosse.
Capitune, sàure e anguille,
pisce gruosse e piccèrille,
d’ogne ceto e nazione,
tantille, tante cchiù tante e tantone!
Quanta botte, mamma mia!
Che se dèvano, arrassosia!
A centenare le barrate!
A meliune le petrate!
La Sardella ’nch’a sentette
rossa rossa se facette
pe’ lo scuorno che se pigliaje
sotto a no scuoglio se ’mpizzaje;
ma la vecchia de la Vavosa
subeto disse: «Ah, schefenzosa!
De sta manera nun truove partito
ncanna te resta lo marito.
Venimmocenne ch’a lo rommore
pariente e ammice ascettera fore,
chi co’ mazze, cortielle e cortelle,
chi co’ spate, spatune e spatelle,
chiste co’ barre, chille co’ spite,
chi co’ ammennole e chi co’ antrite,
chi co’ tenaglie e chi co’ martielle,
chi co’ torrone e sosamielle.
Muorze e pìzzeche a beliune!
A delluvio le secuzzune!
Non ve dico che bivo fuoco
se faceva per ogne luoco!
Te, tte, tte, ccà pistulate!
Ttà, ttà, ttà, llà scoppettate!
Ttù, ttù, ttù, ccà li pistune!
Bù, bù, bù, llà li cannune!
Lo Guarracino che jeva pe‘ mmare
lle venne voglia de se nzorare
se facette no bello vestito
de scarde de spine pulito pulito
co na perrucca tutta ngrifata
de ziarelle mbrasciolata
co lo sciabò scolla e puzine
de ponte angrese fine fine.
Se aje voglia de t’allocà
tante smorfie non aje da fà;
fore le zeze e fora lo scuorno,
anema e core faccia de cuorno».
Ciò sentenno la Sardella
s’affacciaje a la fenestella,
fece n’uocchio a zennariello
a lo speruto nnammoratiello.
Patre, figlie, marite e mogliere
s’azzuffajeno comm’a fere.
A meliune correvano a strisce
de sto partito e de chillo li pisce.
Che bediste de sarde e d’alose!
De palaje e raje petrose!
Sarache, dienteche e achiate,
scurme, tunne e alletterate!
Ma de cantà sò già stracquato
e me manca mo lo sciato;
sicchè dateme licienza,
graziosa e bella audienzia,
nfì che sorchio na meza de seje,
co’ salute de luje e de leje,
ca se secca lo cannarone
sbacantànnosse lo premmone.
Cu li cazune de rezza de funno
scarpe e cazette de pelle de tunno,
e sciammeria e sciammerino
d’aleche e pile de voje marino,
cu buttune e buttunera
d’uocchie de purpo, secce ’e fera,
fibbia, spata e schiocche ndorate
de niro de secce e fele d’achiata.
Ma la Patella che steva de posta
la chiammaje faccia tosta,
tradetora, sbrevognata
senza parola, male nata,
ch’avea nchiantato l’Alletterato,
primmo e antico nnammorato,
de carrera da chisto jette,
e ogne cose lle dicette.
Pisce palumme e piscatrice,
scuorfene, cernie e alice,
mucchie, ricciole, musdee e mazzune,
stelle, aluzze e storiune,
merluzze, ruòngole e murene,
capodoglie, orche e vallene,
capitune, aùglie e arenghe,
ciefere, cuocce, tràccene e tenghe.
Ddoje belle cateniglie
de premmone de conchiglie,
no cappiello aggallonato
de codarino d’aluzzo salato
tutto posema e steratiello
jeva fecenno lo sbafantiello,
gerava da ccà e da lla
la nnamorata pe’ se trovà.
Quanno lo ntise lo poveriello,
se lo pigliaje Farfariello;
jette a la casa, s’armaje a rasulo
se carraje comm’a no mulo
de scoppette e de spingarde,
pòvere, palle, stoppa e scarde,
quattro pistole e tre bajonette
dint’’a la sacca se mettette.
Treglie, trèmmole, trotte e tunne,
fiche, cepolle, laùne e retunne,
purpe, secce e calamare,
pisce spate e stelle de mare,
pisce palumme e pisce martielle,
voccadoro e cecenielle,
capochiuve e guarracine,
cannolicchie, ostreche e ancine.
La Sardella a lo barcone
steva sonanno lo calascione;
e a suone de trommetta
jeva cantanno st’arietta:
«E llare’ lo mare e lena
e la figlia de la zi’ Lena
ha lassato lo nnammorato
pocca niente l’à rialato».
’Ncopp’a li spalle sittanta pistune,
ottanta bomme e novanta cannune;
e comm’a guappo Pallarino
jeva trovando lo Guarracino.
La disgrazia a chisto portaje
che mmiez’a la chiazza te lo ncontraje…
Se l’afferra po’ cravattino
e po’ lle dice: «Ah malandrino!
Vongole, còcciole e patelle,
pisce cane e grancetielle,
marvizze, màrmure e vavose,
vope prene, vedove e spose,
spìnole, spuònole, sierpe e sarpe,
scàuze, ’nzuòccole e cò le scarpe,
sconciglie, gàmmere e ragoste,
vennero nfino cò le poste.
canto popolare
napoletano, testo
di autore anonimo
della seconda metà
del Settecento
→ I nomi in italiano delle specie
elencate nel canto
Castagnola, tonno, alghe, foca monaca,
polpo, seppia, delfino, occhiata, luccio
di mare/barracuda, sardina, bavosa,
patella, tonnetto alletterato, alosa/
cheppia, sogliola, razza, sarago, dentice,
sgombro, pesce palombo, rana pescatrice,
scorfano, cernia, alice/acciuga, trigone
(o pastinaca?), ricciola, musdea, motella,
ghiozzo, leccia stella, storione, nasello,
grongo, murena, capodoglio, orca, balena,
anguilla/capitone, aguglia, alaccia, cefalo,
capone coccio, tracina, tinca, triglia,
torpedine, trota, merluzzetto, cepola,
latterino, zerro, calamaro, pesce spada,
stella di mare, pesce martello, bocca
d’oro, bianchetto, seppiola, cannolicchio,
ostrica, riccio di mare, vongola, cuore
edule/cocciola, pescecane, granchio, tordo,
marmora, boga, spigola, spondilo,
pesce serpente (o pesce sciabola?), salpa,
murice, gambero, aragosta, sauro/suro.
slow
Da 15 anni a questa parte Slow Fish con
le sue campagne permanenti promuove il consumo del pesce locale, quello
che impropriamente viene definito “povero” e che, in realtà, annovera specie
di indubbio valore organolettico e dai
tanti possibili usi culinari. Pesci spesso
sconosciuti, comunque trascurati da
ricordati dal biologo marino e dirigente di ricerca Ispra Silvio Greco nel suo
ultimo libro pubblicato da Slow Food
Editore e presentato a Slow Fish: Il pesce, sottotitolo come conoscerlo, amarlo, pescarlo e cucinarlo senza guasti
per le specie ittiche, per noi e per l’ambiente. Si tratta di un utile almanacco
PER LA PRIMA VOLTA ECCO LA
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112
un mercato che li ritiene di scarso interesse commerciale, e che vede la maggior parte dei consumi limitata a poche
varietà. In Italia la richiesta è orientata
su una decina di specie di pesci, crostacei e molluschi, nonostante i nostri
mari ci offrano oltre 250 specie consumabili. Concetti e numeri che vengono
di divulgazione scientifica – e non solo
– arricchito dai disegni di Sergio Staino
e da belle foto che fanno da corredo a
ricordi, schede, ricette, curiosità, versi
di poesie e di canzoni sul tema, fra cui
l’incipit di “Lo guarracino”, un canto popolare napoletano del Settecento di cui
scriviamo nelle pagine precedenti.
Ogni quindici giorni approfondimenti tematici dedicati ai libri, alle novità e alle offerte
della settimana sullo store di slowfood.it. Potrai sfogliare gratuitamente le prime
pagine del libro in vetrina.
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Venerdì 18
alle sorgenti del latte
Cheese torna a Bra (Cuneo), dal
18 al 21 settembre, organizzato
da Slow Food Italia e dalla Città
di Bra, in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole,
alimentari e forestali.
Focus dell’edizione 2015 è la montagna nella filiera del latte, con le
storie dei giovani che hanno scelto
di vivere e lavorare tra le vette, le
valli e gli alpeggi.
Li incontreremo tra le centinaia di
stand nel Mercato dei Formaggi, assieme ai tanti Presìdi Slow
Food e agli affinatori da tutto il
mondo che ogni due anni si danno
appuntamento a Bra. Ma anche
nelle proposte della Gran Sala
dei Formaggi, dove ospite sarà la
produzione lattiero-casearia della Spagna, a cui abbinare i calici
dell’Enoteca, con centinaia di etichette italiane scelte dalla Banca
del Vino di Pollenzo. Non mancano i punti ristoro con le Cucine di
Strada, i Food Truck, la Piazza
della Birra e quella della Pizza.
116
Tornano le degustazioni guidate
nei Laboratori del Gusto, 35 imperdibili appuntamenti attraverso
il mondo della biodiversità casearia e non solo; gli Appuntamenti
a Tavola, occasione unica per incontrare alcuni tra i migliori chef
del panorama nazionale e internazionale e assaggiare le loro specialità; gli incontri curati da Slow
Food Educazione, con i consueti
appuntamenti per scuole e famiglie e un Master of Food dedicato
ai giovani under 30 per scoprire gli
abbinamenti tra formaggi e birre
artigianali. Non mancano gli approfondimenti, grazie alle Conferenze sulla filiera lattiero-casearia,
alle presentazioni dei libri firmati
dalla Chiocciola e alla lettura quotidiana dei giornali. Torna anche la
Casa della Biodiversità, che oltre
agli incontri con i produttori propo-
Laboratori del Gusto
ne un’esposizione di prodotti che ci
aiuterà a conoscere meglio gli ecosistemi montani e la loro influenza
diretta e indiretta sulla nostra vita.
Un programma ricchissimo che
vi terrà impegnati dall’alba al tramonto, anzi anche oltre: quando
cala il sole, infatti, scende in campo
Cheese on stage, con proiezioni e
appuntamenti musicali.
Stay tuned su www.slowfood.it
per tutte le novità!
Info utili
Bra (Cuneo)
dal 18 al 21 settembre
Cheese è una manifestazione a ingresso libero tra le vie e le piazze
del centro storico di Bra dove si
trovano il Mercato, spazi incontri
e momenti ludici. Sono a pagamento i buoni per la Gran Sala dei
Formaggi e l’Enoteca, i Laboratori
del Gusto, gli Appuntamenti a Tavola e i Master of Food.
Per contattarci:
Slow Food
via Mendicità Istruita, 14
12042 Bra (Cuneo), Italia
tel +39 0 172 419611
fax +39 0 172 421293
mail: [email protected]
Gli appuntamenti contrassegnati
vedono la partecipazione rispettivamente dei Presídi Slow Food
e dei prodotti dell'Arca del Gusto.
Per saperne di più sul progetto:
www.fondazioneslowfood.it
CHB01
L’allevatore di formaggi
ore 16 - Banca del Vino, Pollenzo
20 €
Qual è precisamente il lavoro
dell’affinatore? Quali sono le conoscenze necessarie per questo
mestiere? L’affinatore deve saper
selezionare i formaggi sul luogo di
produzione, individuando quelli rispettosi della tradizione. Poi dovrà
prendersene cura continuamente, ripetendo gesti manuali per il
tempo necessario, come un vero e
proprio allevatore. Ne parlerà Giovanni Fiori della Guffanti di Arona
attraverso la degustazione di diversi formaggi da lui affinati. In abbinamento una selezione di vini Borgogno & Figli di Barolo (Cn), Brandini di La Morra (Cn), Fontanafredda di Serralunga d'Alba (Cn) e Le
Vigne di Zamò di Manzano (Ud).
CHLB01
Young boys, old school
ore 16 - Sala Liceo Scientifico
25 €
Il Rinascimento dei formaggi britannici, iniziato negli anni Ottanta grazie a Randolph Hodgson di
Neal’s Yard Dairy, continua ancora
oggi. Il laboratorio riunirà tre dei
migliori giovani produttori britannici che hanno iniziato la loro
attività nello scorso decennio.
Durante la degustazione guidata da Bronwen Percival, buyer e
technical manager di Neal’s Yard
Dairy, si discuterà di come questi
giovani produttori siano andati oltre il semplice uso del latte crudo,
esplorando tecniche di produzione
volte a valorizzare le qualità specifiche del latte della loro fattoria.
Unitevi a noi in questa discussione
sul promettente futuro del mondo
caseario artigianale britannico.
CHLB02
Dal fiore al formaggio:
formaggi e mieli dai prati
di montagna
ore 16 - Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
25 €
Dai buoni pascoli si ottengono
buon latte e buon miele: un assaggio di territorio per capire al meglio la biodiversità vegetale dietro
questi prodotti e il legame tra
api, pascoli, pastori e formaggio.
Il canestrato di Castel del Monte
incontra il miele di santoreggia
aquilano, il macagn si sposa con
il miele di rododendro dalle montagne piemontesi e il bitto storico
con il millefiori di alta montagna.
E dai pascoli siciliani arrivano la
provola dei Nebrodi e il miele di
astragalo da ape nera sicula.
CHLB03
Sweet home Erbusco
ore 16 – Istituto Velso Mucci
20 €
Nel cuore della Franciacorta, a
Erbusco (Bs), una delle capitali
italiane degli spumanti, opera uno
dei più grandi pasticcieri italiani,
Giovanni Cavalleri. Nell’accogliente pasticceria Roberto (Accademia Maestri Pasticcieri Italiani)
si possono assaggiare le specialità
che Giovanni sforna ogni giorno,
per la delizia degli appassionati.
Cheese 2015 ospita questo talento della pasticceria italiana
affidandogli un tema non semplicissimo, il formaggio in pasticceria. Giovanni risponde con alcune
ricette uniche, come la torta ai tre
formaggi, una sorta di cheesecake all’italiana. Si prosegue con alcune novità: per l’occasione verrà
preparato un dolce dedicato all’evento. In degustazione il Moscato
d’Asti Docg in più versioni (tappo
raso, Asti e passito).
CHLB04
Whiskey e formaggi
dall’Irlanda… la nuova era!
ore 19 – Sala Liceo Scientifico
30 €
Alla scoperta di due prodotti irlandesi che stanno vivendo un periodo di rinascita: whiskey e formaggio a latte crudo. Il whiskey
irlandese, dopo aver rischiato l’estinzione, sta vivendo un periodo
di gloria: esportazioni in impennata e nuovi produttori, tra cui i
progetti di nuove microdistillerie,
che stanno riportando questo
distillato ai fasti dell’Ottocento. In questo Laboratorio avremo
l’occasione di degustare quattro
formaggi irlandesi selezionati dai
fratelli Seamus e Kevin Sheridan
– fondatori di Sheridans Cheesemongers – in abbinamento a
quattro versioni di whiskey, dal
blended all’irish pot still, passando per il single malt. In collaborazione con il WhiskyClub Italia.
CHLB05
Le forme della pasta filata
ore 19 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
20 €
Un viaggio nel Sud Italia alla scoperta dei formaggi a pasta filata:
dal classico caciocavallo podolico della Basilicata, realizzato con
il latte vaccino, alla vastedda del
Belice in Sicilia, che è l’unico formaggio italiano a pasta filata ottenuto da latte ovino, entrambi tutelati da un Presidio Slow Food. Assaggeremo anche il caciocavallo a
due teste di Ciminà e il burrino, in
cui la pasta filata avvolge e conserva un cuore di burro, per arrivare infine alla mozzarella di bufala campana e al pallone di Gravina, Presidio Slow Food. In abbinamento una selezione di birre artigianali di microbirrifici del Sud.
CHLB06
I formaggi delle Asturie,
un tesoro nascosto
ore 19 – Istituto Velso Mucci
30 €
La regione spagnola delle Asturie
è da sempre una zona di grandi
formaggi artigianali a latte crudo,
ma l’isolamento geografico ha
contribuito alla scarsa diffusione
di questi eccellenti prodotti nel
resto della penisola iberica, riservando a pochi eletti la possibilità
di assaggiare decine di incredibili
formaggi. Grazie al lavoro di persone come Enrique Ojanguren,
appassionato conoscitore del
settore e presentatore di questo
Laboratorio, i formaggi asturiani
stanno acquisendo un posto di
primo piano nelle carte dei ristoranti e nelle cantine degli affinatori più sensibili. Ne assaggerete
diversi, tra cui il casín – da poco
salito a bordo dell’Arca del Gusto
di Slow Food – abbinati a sidro
secco e dolce e a vini asturiani.
CHSG01
Un viaggio in Veneto in
compagnia di un Toscano
ore 21 – Stand Sigaro Toscano
15 €
La Capreria e la Distilleria Fratelli Brunello di Montegalda, in
collaborazione con il Club Amici
del Toscano, animeranno questo
incontro dedicato alla grappa, ai
formaggi e all’immancabile sigaro toscano. Il fumo del Toscano
Pastrengo vi accompagnerà in
un abbinamento spregiudicato
e intrigante, tra grappe giovani e
formaggi di capra, alla scoperta
di tradizioni agricole e artigiane
che rappresentano il territorio
dinamico e vivace della provincia di Vicenza.
La degustazione è riservata ai
maggiori di 18 anni.
cheese 2015
slow
Cheese 2015
117
Master of Food
Laboratori del Latte
Sabato 19
Appuntamenti a Tavola
Formaggi e birre, in tutti i sensi
Special edition under 30
ore 18 – Stand Slow Food Educazione
Durata 1 ora e mezza
10 € / gratuito soci
Ttip: il Trattato Transatlantico
e il nostro cibo quotidiano
ore 10 – Palco di Cheese
Laboratori del Gusto
CHAP01
Tre storiche Chiocciole
“alleate” con l’Albergo
dell’Agenzia di Pollenzo
ore 20.30 – Albergo dell’Agenzia,
Pollenzo
60 € / 50 € soci
L’Albergo dell’Agenzia di Pollenzo
ospita, nelle storiche sale carloalbertine, tre osterie del progetto
dell’Alleanza tra cuochi e contadini. La Locanda delle Tre Chiavi del
Trentino, Amerigo dal 1934 dell’Emilia-Romagna e Dispensa Pani e
Vini della Lombardia sono osterie
storiche, da sempre insignite della
Chiocciola, il simbolo che distingue le migliori realtà della guida.
Una cena a base di piatti tipici dei
territori di provenienza degli osti,
impreziositi da ricette a base di
formaggio rivisitate e perfezionate
dagli chef. Un ricco buffet di prodotti dei Presìdi, curato dall’Albergo dell’Agenzia, aprirà le danze.
Bollicine Franciacorta a tutto pasto.
Per le scuole
I mestieri del latte
ore 9.30 / 11 / 12.30 / 14
Stand Slow Food Educazione
Durata 1 ora
20 € a classe
118
Ogni giorno, dalla mattina alla
sera, qualcuno lavora affinché il
latte possa conservarsi più a lungo, assumendo forme e sapori
diversi: yogurt, formaggi, gelati,
latticini. Ma conosciamo davvero
chi trasforma il latte in tutte queste
saporite forme? Le classi saranno
coinvolte in un divertente laboratorio didattico, in cui si potranno
conoscere tutti i personaggi, le
attività e gli ingredienti utili a declinare il latte in mille consistenze e
sfumature di bianco.
Riuscireste a riconoscere un formaggio solo dall'aroma o dalla consistenza, rintracciando stile, territorio, stagionatura o affinamento?
Mettetevi alla prova indovinando
le tipologie di formaggi a occhi
chiusi e proponendo il miglior abbinamento con le birre in assaggio.
I palati più talentuosi riceveranno
in premio una selezione di birre!
Casa della Biodiversità
Aperitivo ad alta quota
ore 12 – Casa della Biodiversità
Vi raccontiamo la biodiversità delle
montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza,
abbinandola a un vino locale.
Il formaggio e la terra
ore 15 – Casa della Biodiversità
Cosa c’entra la terra con il formaggio? La vita che si svolge sotto i nostri piedi garantisce varietà e qualità
ai pascoli, e quindi al latte. Ci vogliono 2000 anni per creare 10 centimetri di terreno fertile, e bastano
pochi decenni per ucciderlo con
pesticidi, fertilizzanti chimici e dilavamento. Per fare un buon formaggio ci vuole anche rispetto per la
salute della terra e dei suoi abitanti.
Alle cinque della sera…
Ore 17 – Casa della Biodiversità
Conversazione sul viaggio e la
montagna in compagnia dell’associazione Dislivelli e rete sostenibile
Sweet Mountains e di Willy Fassio
di Tucano Viaggi.
I cittadini europei hanno detto
un chiaro no al Trattato Transatlantico commerciale con gli
Usa. Le ragioni per opporsi al
trattato toccano il cuore della
democrazia e della sostenibilità. L'accordo vuole favorire il
commercio armonizzando i regolamenti europei e statunitensi, molto diversi tra loro. Quali
sono i possibili impatti sul cibo
quotidiano?
Sfumature di Giallo: latti,
prezzi e fieno
ore 14 – Cortile Palazzo Garrone
La biodiversità dei prati, ricchissimi di erbe diverse, apporta
pigmenti e sostanze aromatiche e nutritive che modificano
composizione e aspetto del latte. Questa ricchezza si ritrova
anche nei prodotti come burro,
yogurt e formaggio. Non sempre
la qualità è ripagata da un prezzo equo: il latte perfettamente
bianco viene preferito da consumatori poco informati. Come far
prevalere le ragioni della qualità
su quelle della semplificazione?
Latte sì, latte no
ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone
Il latte è il primo alimento assunto alla nascita e molti continuano ad assumerlo in ogni fase
della vita. Altri ritengono che,
come gli altri mammiferi, anche
gli umani dovrebbero nutrirsi di
latte solo nella primissima infanzia. Il dibattito è aperto tra chi
ritiene che il latte non sia un alimento adatto agli adulti e chi invece sostiene che sia una risorsa
base della nutrizione.
CHLB07
I formaggi transfrontalieri:
a est dell’arco alpino
ore 13 – Sala Liceo Scientifico
25 €
Una degustazione dedicata ai prodotti dei territori transfrontalieri del
Nordest italiano, dell’Austria e della Slovenia. Nel laboratorio metteremo a confronto alcune produzioni virtuose che valorizzano l’economia di montagna ed evitano lo spopolamento delle aree alpine. In assaggio troverete il formadi frant del
Friuli Venezia Giulia, il Graukäse
della Valle Aurina in Trentino Alto
Adige e il morlacco del Grappa
di malga del Veneto, Presìdi Slow
Food. Degusteremo anche il tolminc della Valle Soca-Isonzo in
Slovenia, prodotto dell’Arca del
Gusto, e il Bergkäse Vorarlberg
austriaco di Hermann Berchtold.
CHLB08
Giovani casari italiani
crescono
ore 13 – Scuola Primaria Rita
Levi Montalcini
20 €
Sono giovani e hanno scelto di vivere una vita in piena sintonia con
la natura. Amano e accudiscono i
loro animali, dai quali ricavano formaggi di ottima qualità. Quello del
casaro è un mestiere duro, ma questi ragazzi riescono ad affrontare
in maniera positiva le criticità, con
il savoir faire tipico di un trentenne
dei nostri giorni. Ruben Lazzoni di
La Chèvre Hereuse, azienda agricola di Saint-Marcel (Ao) a 1350 metri
di altitudine, e Agitu Ideo Gudeta,
ragazza di origine etiope che in
Trentino ha iniziato ad allevare una
razza in via d’estinzione, la capra
pezzata mochena, sono due delle
quattro storie che assaggerete.
CHLB09
Le forme della pasta Di Martino
incontrano le forme del latte
ore 13 – Istituto Velso Mucci
30 €
Lisci, rigati, concavi e bucati, i
formati di pasta di Gragnano Igp
sposeranno le differenti forme del
latte, disegnando una mappa con
le varianti dei maccheroni con
il cacio. Partendo dalla “cacio e
pepe” scopriremo gli abbinamenti
della pasta di Gragnano Igp, con le
indicazioni del pastificio Di Martino e di chef stellati italiani.
CHB02
Superciuk: storie
di formaggi ubriachi
ore 16 – Banca del Vino, Pollenzo
20 €
Secondo la tradizione, il metodo
dell’ubriacatura ha avuto origine
durante la ritirata di Caporetto,
quando, per nascondere i formaggi ai soldati austroungarici, i contadini li avrebbero coperti con vinacce. Vi condurremo tra i formaggi
più ubriachi d’Italia tra Veneto,
Piemonte e Campania, abbinati ai
loro vini di affinamento.
CHLB10
I formaggi catalani diventano
indipendenti
ore 16 – Sala Liceo Scientifico
30 €
La Catalogna è stata per anni produttrice di formaggi senza uno stile
e una personalità marcati. Da un po’
di tempo le cose sono cambiate:
i formaggi catalani stanno diventando un punto di riferimento in
Spagna. Ce lo racconterà Francesc
Portet, di Caseus Affinadors. In abbinamento una selezione di vini naturali catalani, a cura del bistrot vegetariano barcellonese Rasoterra.
CHLB11
Naturale rEsistenza
ore 16 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
25 €
Cellulari, macchine, tecnologia,
rumore… la nostra quotidiana frenesia. Eppure ci sono persone che
hanno naturalmente scelto – non è
stato loro imposto o tramandato –
un’esistenza differente. Hanno i loro
animali, vivono in posti isolati, mungono manualmente, si sostengono
con ciò che producono. Quattro
casari con storie affascinanti sono i
protagonisti di questo Laboratorio:
Silvio Pistone di Cascina Pistone
a Borgomale (Cn) e il suo pecorino, Luca Grasselli di Cascina Lago
Scuro a Stagno Lombardo (Cr) con
il suo formaggio vaccino, Enrico
Rossello di Roccaverano (At) e il
suo caprino, Sara Moscariello della
Cooperativa Agricola del Pecorino
Bagnolese a Bagnoli Irpino (Av).
CHLB12
Le donne del latte
ore 16 – Istituto Velso Mucci
20 €
Donne e latte: il legame con il più
alto valore reale e simbolico che
la natura ci possa offrire. In questa
degustazione sei produttrici di formaggio dal Nord al Sud del Paese
vi condurranno alla scoperta delle
loro storie. Partendo dal Nord con
il macagn di Manuela Ceruti, ci fermeremo in Toscana per il pecorino
di Angela Sargentoni e nel Lazio per
un altro pecorino, quello di Maria
Pia, per giungere al Sud con il cacioricotta del Cilento di Filomena Merola. Non mancheranno neanche il
provolone delle Madonie di Grazia
Invidiata e il caciocavallo di Agnone di Serena Di Nucci. Un incontro
per conoscere il ruolo femminile
nella produzione casearia, con il
suo bagaglio territoriale e culturale.
cheese 2015
slow
Venerdì 18
119
CHSG02
Un assaggio di…
analisi sensoriale
ore 18 – Stand Sigaro Toscano
15 €
Un viaggio di piacere per riscoprire le caratteristiche di ciò che
ci circonda, risvegliando la nostra
sopita memoria gusto-olfattiva.
Un’esperienza sensoriale unica
dove il Sigaro Toscano Antica Tradizione incontra il formaggio castelmagno d’alpeggio Dop dell’azienda La Bruna, il Barbaresco di
Paitin e il miele di Dario Pozzolo.
Sarete accompagnati in questo
percorso da Gianni Basso per il
sigaro toscano, da Dario Pozzolo, esponente dell’Albo nazionale
degli esperti in analisi sensoriale del miele, e da Maria Cristina
Crucitti di The Cheese Storyteller,
cantastorie di formaggi e territori.
La degustazione è riservata ai
maggiori di 18 anni.
120
CHLB13
In blu, tra formaggi e distillati
made in Italy
ore 19 – Sala Liceo Scientifico
30 €
In Italia stiamo assistendo alla
crescita dell’interesse verso il
mondo dei distillati, frutto della
curiosità e della costante ricerca di prodotti stranieri da parte
di barman – più o meno famosi – che li propongono in carta
lisci o interpretati in cocktail
classici e innovativi. Basta pensare a quanto è aumentata l’offerta di bottiglie di gin nei bar
nel giro di qualche anno. Tuttavia, non tutti sanno che anche
nello Stivale si producono distillati eccellenti. Assaggerete
un gin, una vodka, una grappa e
addirittura un rum bianco made
in Italy, abbinati a una selezione
di formaggi erborinati.
CHLB14
Formaggi di razza: Presìdi
a latte ovino e caprino
ore 19 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
20 €
Che cosa lega una razza presidiata da Slow Food a una tipologia di formaggio? Lo scopriremo incontrando i produttori di
formagin e matuscin, i formaggi
ricavati dal atte di capra orobica in Lombardia, oltre ai casari
che producono il saras di pecora
frabosana in Piemonte e le tome
di pecora brigasca in Liguria.
Dalla Toscana arriva il formaggio di pecora garfagnina, razza
a rischio di estinzione segnalata
nell’Arca del Gusto. E poi ci dirigeremo al Sud per degustare i
formaggi di capra girgentana in
Sicilia e di garganica in Puglia.
CHLB15
Riso in fermento, dalle birre
al piatto
ore 19 – Istituto Velso Mucci
25€
Il riso può essere un ingrediente
fondamentale per dare un’intrigante caratterizzazione alle
birre, che si possono accompagnare a piatti o prodotti del
territorio. Ovviamente è compito del birraio scegliere un riso
di qualità e utilizzarlo nel modo
migliore all’interno della ricetta.
Attraverso l’assaggio di quattro
birre prodotte da Croce di Malto
(Trecate, No), Birrificio Sant’Andrea (Vercelli) e Le Baladin (Piozzo, Cn) analizzeremo questa
micronicchia. Le birre saranno
accompagnate da formaggi, da
prodotti locali e da un risotto
“taleggio e liquirizia” preparato
da uno chef d’eccezione: Eugenio Signoroni, curatore della
Guida alle Birre d’Italia.
CHSG03
Facciamo un... Contratto
con il Sigaro Toscano
ore 21 – Stand Sigaro Toscano
15 €
Le grandi tradizioni toscane e
quelle piemontesi si incontrano attraverso tre storiche eccellenze: la cantina Contratto
di Canelli fondata nel 1867, il
Sigaro Toscano datato 1815 e il
Caffè Converso, a Bra dal 1838.
Lo spumante For England pas
dosé 2010, il vermut rosso e il
fernet in versione cocktail vi
accompagneranno durante la
fumata del Toscano Originale.
Dulcis in fundo le creazioni del
Caffè Converso. Giorgio Rivetti, Stefano Fanticelli e Federico
Boglione vi condurranno in questa sorprendente degustazione,
riservata ai maggiori di 18 anni.
Appuntamenti a tavola
CHAP02
Fran Heras: il principe
delle Asturie
ore 20.30 – Albergo dell’Agenzia,
Pollenzo
70 € / soci 60 €
Francisco “Fran” Heras rappresenta senza dubbio il futuro della
cucina asturiana, una bellissima
regione nel Nord della Spagna.
Nativo di Avilés, con un passato
in molte cucine blasonate – da
Ferran Adrià a Ramon Freixa –,
propone piatti tradizionali rivisitati e alleggeriti, in cui le materie
prime sono protagoniste assolute. Lo sanno bene i clienti che
ogni giorno affollano il Llamber,
taverna gastronomica aperta e
gestita da Fran sia nella sua città
natale sia a Barcellona. In questa
cena assaggerete piatti “classici”,
nei quali non mancherà il formaggio prodotto nel Principato.
Per le famiglie
Casa della Biodiversità Laboratori del Latte
I mastri trasformatori del latte
ore 11.30 / 14.30 / 16
Stand Slow Food Educazione
Durata 1 ora
adulti 10 € / soci 5 €
bambini 5 € / gratuito per i soci
Aperitivo ad alta quota
ore 12 – Casa della Biodiversità
Si dice che tra il dire e il fare ci
sia di mezzo il mare. Lo stesso
vale anche per chi, ogni giorno,
lavora il latte: è necessario un
mare di saperi e di azioni per
trasformare la materia prima da
liquida a solida o semi-solida.
Ogni giorno tre appuntamenti si
susseguiranno per insegnare –
muniti di caglio – come lavorare il
latte per farlo diventare formaggio, mozzarella, yogurt o gelato.
Il nostro latte quotidiano
ore 18 – Stand Slow Food
Educazione
Durata 1 ora e mezza
10 € / soci 5 €
Il latte è un alimento sano e consigliabile oppure no? In un momento di forte demonizzazione
di tutte le proteine di origine animale, anche il latte sta subendo
un calo di popolarità sulle nostre
tavole. È necessario, quindi, fare
un po’ di chiarezza in merito, con
l’aiuto di esperti nutrizionisti. Assumerne? Se sì, quanto? Prodotto in che modo?
Adulti e bambini saranno divisi in
due gruppi e, a suon di cucchiai, si
cimenteranno in preparazioni, degustazioni, lettura delle etichette.
A fine laboratorio grandi e piccini
metteranno alla prova le loro capacità, affrontandosi in un quiz.
Vi raccontiamo la biodiversità delle
montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza,
abbinandola a un vino locale.
C’è fermento!
ore 15 – Casa della Biodiversità
I fermenti industriali appiattiscono la qualità dei formaggi, ma
la soluzione esiste: ogni casaro
può produrre in casa i propri
fermenti, partendo dal proprio
latte.
Giampaolo Gaiarin ci presenta la
prima fermentiera pensata per le
esigenze dei piccoli produttori.
Alle cinque della sera…
ore 17 – Casa della Biodiversità
Un incontro con produttori di
formaggi a latte crudo che arrivano dal Brasile e dall’Argentina.
Un viaggio alla scoperta delle
tradizioni artigianali, dei saperi
e dei territori legati alla produzione casearia d’eccellenza di
oltreoceano.
Quale patto per il
futuro degli alpeggi
ore 10 – Sala CRB
cheese 2015
slow
Sabato 19
Come sarebbero le Alpi senza gli
alpeggi? Qual è il futuro di un territorio così legato all’allevamento
e ai suoi prodotti? È possibile immaginare un patto tra istituzioni,
territori e malgari per superare gli
ostacoli? Ne parliamo con sindaci, allevatori e l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero.
Quote latte addio!
Ma con quali prospettive?
ore 14 – Cortile Palazzo Garrone
Dal 1° aprile, nell’Ue, il regime
delle quote latte ha lasciato il
posto al libero mercato. Per i
piccoli produttori si apre una
nuova sfida, perché devono far
fronte alla concorrenza di realtà
con enormi capacità produttive.
La qualità, il recupero della filiera locale e l’indicazione di origine possono essere una risorsa
per distinguersi? Cosa ne pensano gli addetti del settore?
Animali e alpeggi. La libertà
è il criterio più efficace
per giudicare il benessere
animale?
ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone
Nell’immaginario del consumatore gli animali al pascolo e in
libertà vivono in condizioni ottimali di benessere. Ma libertà è
sinonimo di benessere animale?
Gli animali allo stato selvatico
e al pascolo hanno una qualità
della vita migliore rispetto agli
animali di allevamento? Quanto
può incidere l’uomo sul benessere della vita degli animali?
Durante l’incontro cercheremo
di rispondere a queste e a molte
altre domande.
121
Laboratori del Gusto
CHB03
I principi delle Orobie e
i grandi rossi della Valtellina
ore 11 – Banca del Vino, Pollenzo
25 €
Le storiche cantine dell’Agenzia
di Pollenzo, nate per volontà del
re Carlo Alberto e riportate agli
splendori dalla Banca del Vino,
non possono che ospitare formaggi reali, come i principi delle
Orobie. Cinque straordinari formaggi di montagna – stracchino
delle valli orobiche, bitto storico, agrì di Valtorta (tutti Presìdi
Slow Food), strachitund (pasta
del taleggio erborinata) e branzi
– sono gli interpreti di una nuova
agricoltura di montagna, sostenibile e di alta qualità. Anche i
vini non saranno da meno, completando la degustazione con
le migliori denominazioni della
Valtellina.
CHL16
Giovani casari dal mondo
ore 13 – Sala Liceo Scientifico
25 €
122
La professione del casaro rischia
di scomparire e con essa rischiano di svanire per sempre sapori
e tecniche che fanno parte delle
culture e delle identità di intere
comunità, dalle malghe dei Balcani ai pastori delle Alpi, dagli
alpeggi baschi al Caucaso. Una
volta dimenticati i gesti necessari per produrre formaggi e
latticini, nessuno potrà mai più
recuperarli. Per questo vi proponiamo un appuntamento con i
giovani casari della rete di Terra
Madre, alla scoperta di sapori,
immagini e racconti che narrano
la storia di chi presidia questo
antico mestiere.
CHLB17
Formaggi di razza:
Presìdi a latte vaccino
dalle Alpi alla Sicilia
ore 13 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
20 €
Sono razze rustiche dal manto
bruno, grigio oppure bianco.
Offrono poco latte ma dalle ottime qualità organolettiche, come
potrete verificare in questo percorso. Un viaggio tra prodotti
d’eccellenza e poco conosciuti:
dai formaggi d’alpeggio di vacca
grigio alpina del Trentino Alto
Adige al caciocavallo di razza
cinisara in Sicilia, passando per
i formaggi freschi di cabannina
in Liguria, il parmigiano reggiano di vacca bianca modenese e
il caciocavallo di vacca podolica
del Gargano.
CHLB18
Il latte fa il suo giro
in Ciociaria
ore 13 – Istituto Velso Mucci
20 €
Viaggio nella storica produzione casearia ciociara, capace di
raccontare la generosa tipicità
di un territorio in cui si fa largo
uso di latte ovino, caprino, vaccino e bufalino per dare vita a
eccellenti formaggi a latte crudo. Ogni prodotto è legato ad
antiche e sapienti lavorazioni:
dalla marzolina (Presidio Slow
Food) al conciato di San Vittore,
dal cacio di Morolo alla rosina.
A partire dalla degustazione di
quattro latti assaggerete altrettanti formaggi in abbinamento
a due rossi ciociari, Cabernet di
Atina e Cesanese del Piglio.
CHB04
La riscossa del burro
ore 16 – Banca del Vino, Pollenzo
20 €
Tradizionalmente molto utilizzato
in cucina e altrettanto bistrattato
dalle diete moderne, il burro resta
un prodotto di grande identità e
interesse culinario. I fratelli Brazzale, con il marchio “Alpi” datato
1784, hanno inaugurato un percorso di qualità del famoso panetto e oggi scendono in campo
con il “manifesto per la riscossa
del burro”. Ne assaggerete diversi
tipi, da quello naturale a quello salato, accompagnati da altrettanti
pani, preparati dallo staff delle
Tavole Accademiche di Pollenzo.
In abbinamento una selezione di
vini della cantina Masciarelli di
San Martino sulla Marrucina (Ch).
CHLB19
La Compagnia
dell’Auvergne
ore 16 – Sala Liceo Scientifico
30 €
L’Auvergne, nel Massiccio Centrale, è patria di alcuni tra i più famosi
formaggi francesi, quali il saintnectaire, il salers e il cantal. Nonostante le tradizioni e le tecniche
casearie tramandate nei secoli, le
maglie larghe dei disciplinari hanno intaccato sensibilmente la qualità dei formaggi. Nel 2013 Hervé
Mons – miglior affinatore di Francia – installa proprio qui una cave
d’affinage, per tutelare e sostenere i produttori tradizionali. È nata,
così, la Compagnie d’Affinage des
Arvenes (gli antichi abitanti della
regione), che lavora nel rispetto
di un disciplinare attento: all’agricoltura, all’alimentazione delle
vacche, all’utilizzo del latte. Venite
ad assaggiare gli eccezionali saintnectaire, salers e cantal, prodotti
al 100% con latte di vacca salers.
CHLB20
Non di sola Campania
vive la bufala
ore 16 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
25 €
Al di fuori della Campania, negli
ultimi tempi operano allevatori e
produttori di mozzarelle di bufala di tutto rispetto, che puntano
sulla qualità del prodotto e sulla
sostenibilità
dell’allevamento.
Dal Piemonte alla Lombardia,
dal Lazio alla Sicilia, assaggerete cinque mozzarelle di bufala
e altrettante storie virtuose di
produttori che hanno saputo
realizzare piccoli capolavori caseari. In abbinamento vini e birre
artigianali dei territori di appartenenza.
CHLB21
Valle d’Aosta sola andata
ore 16 – Istituto Velso Mucci
20 €
Viaggio di sola andata tra i pascoli e i pendii della Valle d’Aosta. Vi immergerete negli odori
e nelle immagini di una natura
incontaminata, dalla valle di
Gressoney agli alpeggi del Parco Nazionale del Gran Paradiso, con le tome che profumano
di biodiversità vegetale; dalle
interessanti produzioni caprine
a pasta pressata di una piccola
azienda vicino ad Aosta che stagiona i suoi formaggi a Pila, allo
yogurt magro prodotto ai piedi
del Monte Bianco. In chiusura un
confronto tra una fontina d’alpeggio di due mesi e una risalente al 2014.
CHSG04
Pizza jam session
ore 16 – Stand Sigaro Toscano
15 €
Una serie di grandi attori per un
incontro di gusto, al sapore di
fumo, nello spazio del Club Amici del Toscano. Gennaro Esposito, la famosa pizzeria, con le sue
meravigliose creazioni, Beppino
Occelli con i suoi formaggi, fra
cui quello introvabile al tabacco
Kentucky, e la Compagnia dei
Caraibi con straordinari cocktail,
saranno i protagonisti di un appassionante viaggio assieme al
Sigaro Toscano Originale.
La degustazione è riservata ai
maggiori di 18 anni.
CHLB22
Frizzanti accordi:
il Comté e le bollicine
ore 19 – Sala Liceo Scientifico
35 €
Il comté è un formaggio vaccino
a latte crudo del Nordest della Francia i cui aromi variano in
funzione della stagione (estate
o inverno), del luogo di produzione (ubicazione delle fruitières,
i caseifici cooperativi) e della
durata dell’affinamento. In questo Laboratorio ne assaggerete
diversi abbinati a un sidro della
Normandia, a una birra arigianale della Franche-Comté e a tre
Champagne della Maison Steinbrück. Incontri sorprendenti ed
esplosivi vi aspettano.
CHLB23
Alti incontri:
il parmigiano reggiano
di montagna e il Barolo
ore 19 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
35 €
Dalla prima metà del ventesimo
secolo, i tentativi di diffondere
la produzione del parmigiano
reggiano nelle zone dell’Appenino emiliano hanno dato risultati eccellenti, grazie ai prati e
ai pascoli situati fino a 700-800
metri di altitudine e alle condizioni ottimali per l’allevamento
dei bovini. Guidati dal Consorzio del Parmigiano Reggiano,
degusterete alcuni parmigiani
prodotti in montagna in diverse
stagionature che incontreranno
altrettanti Baroli, di produttori e
annate differenti.
cheese 2015
slow
Domenica 20
CHLB24
Le (nuove) birre trappiste
del mondo!
ore 19 – Istituto Velso Mucci
25 €
Tutti conoscono le birre trappiste del Belgio, ma forse non
tutti sanno che oggi possiamo
assaggiare anche birre trappiste
austriache, americane e, dulcis
in fundo, italiane! Andremo alla
scoperta delle nuove trappiste
di Engelszell (Austria), Zundert
(Olanda), Spencer (Usa), Tre Fontane (Roma), senza dimenticare
di riassaggiare qualche grande
classico belga, da Achel a Westmalle. Accompagneranno le
grandi birre trappiste altrettanti
formaggi delle rispettive zone.
123
Tavole Accademiche
Per le famiglie
Casa delle Biodiversità
Laboratori del Latte
CHSG05
Cheese, si ride…
ore 21 – Stand Sigaro Toscano
15 €
Teo Musso di Le Baladin vi presenterà le sue birre da meditazione – Xyauyù, Barrel, Fumè e
Kentucky – abbinate alle creazioni di Andrea Magi, grande affinatore di formaggi: dalla riserva numerata del pecorino fatto
in onore del Club Maledetto Toscano, affumicato con foglie di
tabacco Kentucky, a un formaggio erborinato, il briacacio. Il sigaro toscano Antica Tradizione
accompagnerà la degustazione,
guidata da Stefano Fanticelli.
La partecipazione è riservata ai
maggiori di 18 anni.
Le Tavole Accademiche sono la
mensa dell’Università degli Studi
di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Una mensa unica nel suo
genere, che coniuga educazione,
alta cucina, costi equi e prodotti
locali e che per l’occasione si trasformerà in un temporary restaurant giovane e informale.
I mastri trasformatori del latte
ore 11.30 / 14.30 / 16
Stand Slow Food Educazione
Durata 1 ora
Adulti 10 € / soci 5 € – bambini
5 € / gratuito per i soci
Aperitivo ad alta quota
ore 12 – Casa della Biodiversità
Storie di montagna: prodotti
e progetti per rilanciare
le terre “altre”
ore 14 – Cortile Palazzo Garrone
CHAP04
Swiss pest from East London
ore 20.30
Università degli Studi di Scienze
Gastronomiche, Pollenzo
60 € / soci 50 €
Giorgio Ravelli, 31 anni, origine svizzero-italiana. Dopo varie
esperienze in giro per l’Europa,
tra le quali spicca il 2 stelle londinese The Ledbury, dal giugno
2012 fino a poco tempo fa ha capitanato la cucina del Ten Bells,
gastropub storico dell’East London, zona Spitalfields; si dice che
le vittime di Jack lo squartatore
fossero clienti abituali del pub.
Giorgio ha da poco intrapreso
una nuova avventura, aprendo il
Brooksby’s Walk, a Clapton, Londra, in un ex bagno pubblico. Sicuramente è un tipo dalle scelte
stravaganti, e da buon svizzero
sostiene che il formaggio, per lui,
non ha segreti.
Si dice che tra il dire e il fare vi
sia di mezzo il mare. Lo stesso
vale anche per chi, ogni giorno,
lavora il latte: un mare di saperi
e di azioni è necessario per trasformare la materia prima da liquida a solida o semi-solida.
Ogni giorno tre appuntamenti
si susseguiranno per insegnare
– muniti di caglio – come lavorare il latte per farlo diventare
formaggio, mozzarella, yogurt o
gelato.
Il nostro latte quotidiano
ore 18
Stand Slow Food Educazione
Durata 1 ora e mezza
10 € / soci 5 €
Il latte è un alimento sano e consigliabile oppure no? In un momento di forte demonizzazione
di tutte le proteine di origine animale, anche il latte sta subendo
un calo di popolarità sulle nostre
tavole. È necessario quindi fare
un po’ di chiarezza in merito, con
l’aiuto di esperti nutrizionisti. Assumerne? Se sì, quanto? Prodotto in che modo?
Adulti e bambini saranno divisi
in due gruppi e, a suon di cucchiai, si cimenteranno in preparazioni, degustazioni, lettura
delle etichette. A fine laboratorio
grandi e piccini metteranno alla
prova le loro capacità, affrontandosi in un quiz.
Vi raccontiamo la biodiversità delle
montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza,
abbinandola a un vino locale.
Pecore addio
ore 15 – Casa della Biodiversità
Che cosa sarebbe il paesaggio
senza le greggi di pecore? E che
cosa sarebbe l’universo caseario
senza i pecorini? L’allarme nasce
dalla consapevolezza che il mondo della pastorizia è in crisi, non
solo in Italia. Cala il numero degli animali, sempre meno pastori
mungono, la lana delle razze non
specializzate è considerata un
rifiuto e diminuisce il consumo
di agnelli. Il mondo ovino vive
dunque un lento, tragico declino. Che fare? Ne parliamo con
vari protagonisti della filiera,
degustando alcuni pecorini d’eccellenza.
Al termine, degustazione.
Alle cinque della sera…
ore 17 – Casa della Biodiversità
Alla scoperta del caffè dei Presìdi:
in Etiopia, Uganda, Mozambico,
São Tomé, Guatemala e Honduras. I Presìdi Slow Food regalano
caffè unici, diversi per specie e
varietà, territori di origine (dall’alta montagna alle isole), tecniche
di lavorazione e tostatura.
Al termine, degustazione.
cheese 2015
slow
124
Domenica 20
Le Alpi e gli Appennini conservano uno straordinario patrimonio
di culture e produzioni, ma chi
vive in queste zone deve affrontare quotidianamente molte difficoltà. Quali sono gli strumenti
per tutelare i contadini che scelgono di restare in montagna e
promuovere il lavoro delle nuove
generazioni che investono sul
futuro in questi territori? “Resistenza casearia” difende i casari
e i pastori che lavorano in malga,
tutela i pascoli e le razze locali,
mette in rete i piccoli caseifici di
montagna.
Quesos? Duecento modi per
dire formaggio in Spagna
ore 16.30 – Cortile Palazzo Garrone
Dai prati asturiani ai paesaggi
vulcanici delle isole Canarie, i
formaggi spagnoli sono figli del
proprio territorio: una tradizione che conta circa duecento
varianti, a testimonianza della
sapienza casearia iberica e delle
tante identità e culture di quella
terra. Una biodiversità insidiata
dalla spinta alla standardizzazione, per un malinteso concetto di
salubrità e igiene. La Spagna è
il Paese ospite di Cheese 2015:
piccoli produttori, allevatori, veterinari ed esperti del settore ci
aiuteranno a conoscere il panorama caseario spagnolo di oggi
e le sfide che devono essere affrontate.
Per i soci Slow Food sconti su tutti
gli appuntamenti a pagamento e
molti altri vantaggi.
Per tutte le info: www.slowfood.it
125
Laboratori del Gusto
CHLB25
Wanted: formaggi a latte crudo
cercasi
ore 13 – Sala Liceo Scientifico
25 €
Per quale ragione è così importante preservare i formaggi a
latte crudo? Il latte crudo trasferisce aromi, profumi e sapori
tipici di un territorio; racconta le
erbe e i fiori dei pascoli; rende i
formaggi più buoni, complessi e
interessanti. Ma che succede se
la lavorazione a latte crudo viene
bandita? Le legislazioni di molti
Paesi come Stati Uniti, Canada,
Australia limitano o vietano in
toto la commercializzazione di
prodotti a latte crudo. In questo
Laboratorio potrete incontrare
casari che combattono ogni giorno per poter proporre ai loro connazionali un prodotto di qualità.
CHLB26
Con la birra di montagna
il gusto ci guadagna!
ore 13 – Scuola Primaria
Rita Levi Montalcini
25 €
Parafrasando una vecchia réclame del caffè, andremo a scoprire sette birrifici “di montagna”. A
ogni birraio chiederemo di parlarci del suo territorio, portandoci una birra da assaggiare e
scegliendo un formaggio locale
da abbinare. Ci racconteranno la
loro idea di montagna i birrifici
Aleghe di Coazze, Beba di Villar
Perosa, Birra del Borgo di Borgorose, Elvo di Graglia, Foglie
d’Erba di Forni di Sopra, Troll di
Vernante e Kauss di Piasco.
126
CHLB27
La fondue chez Hervé Mons
ore 13 – Istituto Velso Mucci
30 €
Un inno alla convivialità e un arrivederci alla prossima edizione
di Cheese con un evento imperdibile, a metà tra il ludico e l’educativo. Hervé Mons, miglior
affinatore di Francia, vi preparerà una fonduta speciale, fatta
con formaggi di altissima qualità
e di stagionature diverse, scelte
per trovare nel prodotto finale
il gusto migliore. La fondue sarà
accompagnata da pani artigianali e da verdure di stagione dei
Presìdi Slow Food. In apertura
una degustazione dei formaggi
che finiranno in pentola. Il tutto
sarà abbinato a vini bianchi di
alcune cantine chiocciolate sulla
guida Slow Wine.
Tavole Accademiche
Le Tavole Accademiche sono la
mensa dell’Università degli Studi
di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Una mensa unica nel suo
genere, che coniuga educazione,
alta cucina, costi equi e prodotti
locali e che per l’occasione si trasformerà in un temporary restaurant giovane e informale.
CHAP05
Paolo Griffa:
verso l’infinito e oltre
ore 20.30
Università degli Studi di Scienze
Gastronomiche, Pollenzo
60 € / soci 50 €
Segnatevi questo nome: Paolo
Griffa. A soli 24 anni è il sous
chef di Marco Sacco al ristorante Piccolo Lago di Verbania
(2 stelle Michelin) e ha recentemente vinto il contest che lo ha
decretato migliore chef italiano
under 30. Ambizioso, determinato e dal talento non comune,
è una delle grandi promesse
dell’alta cucina italiana. Ahinoi,
con un difetto: non mangia formaggio. Tuttavia questo non è
un problema bensì uno stimolo
per lui, che vi accompagnerà in
un curioso viaggio tra le molteplici forme del latte.
Per le scuole
I mestieri del latte
ore 9.30 / 11 / 12.30 / 14
Stand Slow Food Educazione
Durata 1 ora
20 € a classe
Ogni giorno, dalla mattina alla
sera, qualcuno lavora affinché il
latte possa conservarsi più a lungo, assumendo forme e sapori
diversi: yogurt, formaggi, gelati,
latticini. Ma conosciamo davvero chi trasforma il latte in tutte
queste saporite forme?
Le classi saranno coinvolte in un
divertente laboratorio didattico,
in cui si potranno conoscere tutti
i personaggi, le attività e gli ingredienti utili a declinare il latte
in mille consistenze e sfumature
di bianco.
Casa delle Biodiversità
Laboratori del Latte
Orari
Aperitivo ad alta quota
ore 12 – Casa della Biodiversità
I migranti nella filiera del latte
e del formaggio
ore 14 – Cortile Palazzo Garrone
Venerdì 18
• Mercato dei Formaggi 10 – 22
• Gran Sala dei Formaggi
ed Enoteca 12.30 – 23
• Piazza della Birra 11 – 23
• Cucine di Strada 11 – 23
• Piazza della Pizza 11 – 23
Vi raccontiamo la biodiversità delle
montagne con la proposta gastronomica di un cuoco dell’Alleanza,
abbinandola a un vino locale.
Le piccole produzioni casearie
e l’Europa
ore 15 – Casa della Biodiversità
Cosa accomuna due vecchi Paesi
dell’Unione Europea e due suoi
futuri membri? Tutti devono affrontare sfide importanti per produrre e commercializzare i propri
formaggi. Nell’ambito del progetto Erasmus Plus, Slow Food Italia
collabora con Spagna, Turchia e
Macedonia per promuovere le
piccole produzioni casearie e far
sì che i custodi delle tradizioni
possano continuare a produrre
formaggi sicuri ed economicamente sostenibili per i consumatori, senza comprometterne
l’artigianalità.
Al termine, degustazione.
I migranti danno un contributo
importante al settore lattiero-caseario italiano perché conoscono
mestieri che richiedono un’elevata specializzazione, come la
cura degli animali, la gestione
della stalla e la mungitura. Negli
alpeggi, dove è difficile trovare
manodopera per via delle condizioni di lavoro disagevoli, la loro
presenza permette di mantenere
in vita tradizioni che altrimenti
scomparirebbero. La parola ai
protagonisti, che ci racconteranno storie, esperienze e difficoltà.
Diamoci un taglio: scegliamo
una carne buona, pulita e giusta
ore 16.30 ­– Cortile Palazzo Garrone
cheese 2015
slow
Lunedì 21
Sabato 19 e domenica 20
• Mercato dei Formaggi 10 – 22
• Gran Sala dei Formaggi
ed Enoteca 11 – 23
• Piazza della Birra 11 – 23
• Cucine di Strada 11 – 23
• Piazza della Pizza 11 – 23
Lunedì 21
• Mercato dei Formaggi 10 – 20
• Gran Sala dei Formaggi
ed Enoteca 11 – 20
• Piazza della Birra 11 – 20
• Cucine di Strada 11 – 20
• Piazza della Pizza 11 – 20
Le cifre sono inesorabili: continuare a mangiare carne ai livelli
attuali è insostenibile. La produzione veloce ed economica di
carne va a scapito dell’ambiente,
della salute, del benessere animale e del gusto. La campagna
Slow Meat invita a cambiare rotta, consumando meno carne e
di migliore qualità e rivalutando
i tagli meno noti, per non sprecare nulla.
Seguici su:
SlowFoodItalia
#Cheese
SlowFoodItalia
Per Cheese 2015
Progetto grafico
BODÀ - www.boda.it
Per la rivista Slow
Grafica
Undesign - www.undesign.it
127
settembre - novembre 2015
corrente di pagina
slow
128
Nel prossimo numero
—
Cheese 2015 alle porte: vi racconteremo
tutte le novità di questa edizione
dedicata alla montagna e ai giovani.
Continueremo a parlare di Expo,
giunto ormai alla fine, ma sopratutto
entreremo nel vivo dei preparativi
per Terra Madre Giovani - We Feed
the Planet, a Milano dal 3 al 6 ottobre.
E ancora la sezione cibo quotidiano,
questa volta dedicata a formaggio,
gelati, legumi e aceto.
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corrente di pagina