OPD-documento_cronologia cantiere

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IL CANTIERE DI RESTAURO DELLA CAPPELLA MAGGIORE
Cronologia e storia
Il cantiere di restauro degli affreschi rappresentanti la Leggenda della Vera Croce,
realizzati negli anni ’80 del Trecento sulle pareti della Cappella Maggiore di Santa Croce dalla
feconda bottega pittorica di Agnolo Gaddi, è nato grazie al concorso di molte forze
economiche, tecnologiche e scientifiche.
La storia ebbe inizio in Giappone, con la trasmissione, nel 2002, di un documentario a
cura del prof. Takaharu Miyashita, docente di Storia dell’Arte Italiana dell’Università di
Kanazawa, in Giappone, sulla rete televisiva nazionale giapponese NHK che illustrava diversi
siti artistici italiani con particolare accento sui cicli in affresco Medievali e Rinascimentali e
l'attività di restauro in Italia.
In seguito al documentario il sig. Tetsuya Kuroda (un ricco uomo d'affari giapponese)
prese contatti con il prof. Miyashita proponendogli di offrire una considerevole somma di
denaro da devolvere al restauro di un ciclo pittorico dell'arte toscana e in particolare
fiorentina. Al prof Miyashita era affidata la scelta di questo ciclo e i contatti col mondo
italiano per avviare i restauri.
Il prof. Miyashita aveva studiato negli anni ‘70 in Italia, frequentando l'Università a
Perugia (per stranieri) e poi a Firenze. E a Firenze era rimasto anche dopo la laurea,
lavorando come lettore di giapponese con Fosco Maraini, all'Università. A Firenze sono nati i
suoi figli.
Da tempo il prof. Miyashita aveva anche contatti con l'Opificio delle Pietre Dure che
aveva organizzato delle lezioni di restauro in Giappone. Quindi il professore contatta subito
l'Opificio per questa donazione, tra il 2002-2003.
Dopo alcuni sopralluoghi fatti in Toscana e a Firenze, la cappella di Santa Croce, che
mostrava chiari segni di degrado in atto, apparve corrispondere anche ai requisiti dello
sponsor.
La vastità della superficie pittorica (circa 800 mq) richiedeva però un notevole
investimento di risorse economiche, maggiore di quelle a disposizione, e per questo fu
risolutivo il concorso dell’Opera di Santa Croce che rispose con generosità al progetto,
mettendo a disposizione una quota di finanziamento indispensabile per iniziare il cantiere.
Si giunse quindi alla firma di un contratto, l'8 novembre 2004, tra Università di
Kanazawa, Opificio delle Pietre Dure e Opera di Santa Croce.
Nella primavera del 2005 veniva così montato il ponteggio e si iniziava la rilevazione
dello stato di conservazione delle pitture murali, scoprendo una condizione di degrado assai
più grave di quella ipotizzabile ad una prima osservazione.
Una delle cause del degrado individuate era quella senz’altro più frequente negli
affreschi è cioè la presenza di gesso, un prodotto di trasformazione del carbonato di calcio (il
"legante" dell'affresco), dovuta principalmente all’interazione tra inquinamento e umidità
atmosferica. Poiché questo processo causa la scomparsa del legante, l'affresco "spolvera", cioè
perde pigmento anche perché il gesso ha un volume molare doppio di quello del carbonato di
calcio e quindi spinge verso l'esterno il pigmento. Oltre alla presenza di gesso, nelle stesure
pittoriche si rilevavano molte esfoliazioni soprattutto delle campiture ottenute con pigmenti a
base di terre (verde, rosso e giallo) e danni di altro genere causati da vecchi fissativi, polvere,
nerofumo e ritocchi pittorici ovunque. Da un punto di vista strutturale notevoli erano le crepe
di assestamento delle murature e le infiltrazioni di acqua dall’esterno.
A queste osservazioni seguivano le analisi scientifiche, che hanno coinvolto il
Laboratorio Scientifico dell’OPD e molte altre istituzioni del CNR e dell’Università, partner
dell’OPD, che hanno consentito di arrivare ad una conoscenza oggettiva della situazione di
degrado, delle sue cause specifiche e della tecnica esecutiva originaria e poter elaborare le
scelte operative più consone alla risoluzione dei problemi conservativi.
Questi, sia ben chiaro, devono andare oltre gli effetti meramente eclatanti che di solito
ci si aspettano dal restauro (la diversità estetica tra il “prima” e il “dopo”), ma soprattutto
cercare di garantire la conservazione delle opere nel tempo, rispondendo alle esigenze
strutturali, ai problemi indotti dal degrado e dall’invecchiamento dei materiali originali, dalle
condizioni atmosferiche e di inquinamento, dalla interazione tra materiali originali e
materiali, spesso non idonei, apportati nel corso di restauri antichi.
Per la documentazione dell’ intervento in tutte le sue fasi e la messa in relazione tra
loro dei risultati delle varie indagini (in forma testuale, grafica, video e web), è utilizzato il
sistema integrato Modus Operandi®, della società Culturanuova di Arezzo, che rende possibile
l’utilizzo dei dati diversi a vari livelli di fruizione, da quello dell’operatore specializzato a
quello del grande pubblico, cui le operazioni e le fasi del restauro possono essere comunicate
anche in tempo reale.
I lavori si sono conclusi nell’ottobre del 2010 e con la giornata di oggi iniziano le fasi di
presentazione al pubblico, disseminazione dei risultati e diffusione scientifica che da sempre
caratterizzano la filosofia del restauro propria dell’OPD. A partire dalla condivisa decisione
da parte dell’Opera di Santa Croce di aprire i ponteggi al pubblico per consentire quanto più
possibile la straordinaria fruizione da vicino di questo fantastico ciclo di pitture murali; per
continuare con la messa on-line dei materiali iconografici e. tecnico-scientifici all’indirizzo
web: http://www.modusexplorer.net/ModusExplorer.aspx?AppId=RestauroCappellaMaggiore,
raggiungibile sia dal sito web dell’Opificio
www.opificiodellepietredure.it,
che da quello dell’Opera di Santa Croce
http://www.operadisantacroce.it/
Ufficio Stampa: Rosi Fontana
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