Analisi di bilancio: gli indicatori finanziari della

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Analisi di bilancio: gli indicatori finanziari della
Relazione sulla gestione
di Stefano Salvadeo e Giulio Tedeschi (*)
Il D.Lgs. n. 32/2007 ha apportato rilevanti modifiche in tema di relazione sulla gestione (art. 2428
del Codice civile), documento che deve contenere un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente
della situazione della società e dell’andamento gestionale. In tal senso, l’articolo affronta il tema
dell’utilizzo degli indicatori finanziari, come ricavati dalla riclassificazione dei dati presenti nel
conto economico e nello stato patrimoniale civilistici, nell’analisi della situazione economica,
patrimoniale e finanziaria dell’azienda, tanto nell’ottica di esaminare gli andamenti e le
tendenze della società nel tempo, quanto nell’ottica di confrontarli con altre imprese operanti
sul mercato nel medesimo settore.
Premessa e scopo
L’art. 2428 del Codice civile, come novellato
dal D.Lgs. n. 32/2007 (1) (che ha recepito la
c.d. «direttiva di modernizzazione contabile»
(2)), ha apportato significative modifiche alla relazione sulla gestione (3) che, come noto, accompagna il bilancio d’esercizio.
La relazione sulla gestione è un documento
finalizzato ad integrare la lettura del bilancio, per fornire un quadro più preciso e analitico della realtà aziendale.
A tale scopo, per garantire una migliore informativa, la normativa codicistica prevede
l’esposizione di informazioni sull’andamento
gestionale, patrimoniale e finanziario dell’impresa, che possono essere fornite anche
mediante il ricorso ad indicatori di bilancio,
ricavati (rectius: riclassificati) - e quindi diversi - da quelli di immediata lettura presenti
nel conto economico e nello stato patrimoniale.
Si parla così di indicatori di risultato che
possono essere sia «finanziari» sia, se del caso, «non finanziari» (per esempio quelli attinenti all’ambiente e al personale) (4).
È opportuno subito sottolineare che il legislatore, in sede di recepimento della direttiva
comunitaria, ha tradotto il termine «finan7/2010
cial» in «finanziario», un termine che, interpretato in maniera rigidamente letterale, restringerebbe il campo d’applicazione della
Note:
(*) Dottori Commercialisti - Partners Studio Bernoni Professionisti Associati.
(1) D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 32.
(2) Si tratta della Direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica le
direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e
91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati
di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari
e delle imprese di assicurazione.
(3) L’art. 2428, comma 1 del Codice civile dispone che «Il
bilancio deve essere corredato da una relazione degli
amministratori contenente un’analisi fedele, equilibrata ed
esauriente della situazione della società e dell’andamento
e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari
settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese
controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e
agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta».
(4) L’art. 2428, comma 2 del Codice civile afferma che
«L’analisi di cui al primo comma è coerente con l’entità e
la complessità degli affari della società e contiene, nella
misura necessaria alla comprensione della situazione della
società e dell’andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli
non finanziari pertinenti all’attività specifica della società,
comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale. L’analisi contiene, ove opportuno, riferimenti agli importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi».
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Bilancio&imposte
Analisi di bilancio:
gli indicatori finanziari
della relazione sulla gestione
Relazione sulla gestione
Bilancio&imposte
ratio voluta dal legislatore europeo. Quest’ultimo, infatti, con il termine «financial» intendeva ricomprendere tutti i dati desumibili
dalla contabilità generale dell’azienda (e
quindi anche le informazioni economiche,
patrimoniali o gestionali) e non solamente
quelle tipicamente finanziarie. Pertanto, con
il termine «indicatore finanziario» si deve intendere qualsiasi dato rinvenibile nella contabilità aziendale.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in un apposito documento (5) ha fornito agli inizi del
2009 alcune utili indicazioni, di taglio operativo, per dare un contenuto espositivo alle
novità sulla relazione sulla gestione introdotte dal D.Lgs. n. 32/2007 (6).
Scopo del presente articolo è quello di illustrare come possa concretizzarsi l’informazione di bilancio sul tema al fine di dare
comprensione degli andamenti della gestione e come possano essere esposti gli indicatori finanziari (rectius, gli indicatori patrimoniali, economici e finanziari) più idonei
per lo scopo.
Per conseguire tale obiettivo, il primo passo
da compiere, in qualsiasi analisi di bilancio, è
quello di procedere ad una riclassificazione
dello stato patrimoniale e del conto economico; si propone una riclassificazione rispettivamente secondo il modello della c.d. pertinenza gestionale e quello della c.d. metodologia
finanziaria, per poi sviluppare l’analisi anche
attraverso il ricorso ad indici e quozienti.
Gli indicatori finanziari:
riclassificazione del bilancio
e analisi
Come detto, l’art. 2428 del Codice civile prevede che la relazione sulla gestione contenga
«gli indicatori di risultato finanziari e, se del
caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società».
Con riferimento ai primi, si sottolinea l’utilizzo «improprio» da parte del legislatore del
termine «finanziari», in quanto come detto
tale termine è da interpretarsi nella cognizione più ampia nel senso che deve ricomprendere tutti le informazioni e gli indicatori di
natura economica, patrimoniale ed anche finanziaria, desumibili dalla contabilità generale (7).
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Un altro punto di partenza per una adeguata
analisi del bilancio finalizzata a fornire l’informazione chiesta dal legislatore richiede,
tra le best practices, innanzitutto l’esposizione dei dati elementari e degli indicatori in
parallelo per almeno due annualità consecutive, in modo da rendere immediata la «comparabilità» tra l’esercizio in corso e quello
precedente.
Una comparazione degli andamenti nel tempo della società è fondamentale per due ordini di lettura: una per esaminare gli andamenti e le tendenze della società nel suo dinamico andamento; l’altra per confrontare gli andamenti e la struttura della società con gli
andamenti di altre società concorrenti operanti sul mercato nel medesimo settore (8).
Il primo passaggio da effettuare in ogni analisi di bilancio è quello di una «riclassificazione» del conto economico e dello stato patrimoniale in funzione dello «scopo» che
l’analisi si pone: si tratta, in sostanza, di attribuire un diverso e preciso ordine ai valori
esposti in bilancio con la finalità di ottenere
informazioni più idonee a soddisfare le esigenze di analisi (9).
Tale fase, in conformità all’interpretazione del
CNDCEC, può essere definita come «1° livello
di richieste informative - Dati necessari».
Per quanto attiene al conto economico, un
criterio per una riclassificazione è quello delNote:
(5) Documento CNDCEC «La relazione sulla gestione. Art.
2428 Codice Civile», diffuso il 14 maggio 2009. In particolare, si rimanda al Punto 4 e all’Allegato 1 del documento.
(6) Per completezza di analisi si segnala che le novità in tema di relazione sulla gestione recate dal D.Lgs. n. 32/2007
si applicavano per la prima volta con riferimento ai bilanci
chiusi dopo il 21 novembre 2008. Pertanto, per i soggetti
«solari», a far data dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2008
e relativo al medesimo esercizio.
(7) In tal senso il citato documento del Consiglio Nazionale.
(8) Così gli indici in «valore assoluto» e i relativi scostamenti
consentono di studiare la tendenza della società nel tempo; gli indici espressi in «valore percentuale» consentono
di studiare gli andamenti della società rapportati ad altre
aziende, seppur di dimensioni diverse.
(9) Per una trattazione più approfondita della materia, si
vedano, tra gli altri: P. Manzonetto, Indicatori e indici nell’analisi di bilancio, Milano, Franco Angeli, 1987; M. Cattaneo, Manuale di finanza aziendale , Bologna, Il Mulino,
1999; C. Caramiello - F. Di Lazzaro - F. Fiori, Indici di bilancio. Strumenti per l’analisi della gestione aziendale, Milano, Giuffrè, 2003; C. Teodori, L’analisi di bilancio, Torino,
Giappichelli, 2008.
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la c.d. «pertinenza gestionale» (10) che consente di individuare per ciascuna area di gestione (core business, attività accessorie, attività finanziaria, attività straordinaria, area
tributaria) il risultato economico nel suo venire a formarsi; i risultati di dette aree possono poi successivamente essere analizzati,
rapportandoli al capitale investito (o ad altre
grandezze patrimoniali).
Pertanto, una riclassificazione del conto economico condurrà al seguente schema, detto
«conto economico a costo del venduto», che
per un’impresa industriale potrebbe assumere questa struttura (11):
Aggregati
Esercizio (T)
Esercizio (T-1)
Ricavi delle vendite
+ Produzione interna
= VALORE DELLA PRODUZIONE OPERATIVA
– Costi esterni
operativi
= VALORE AGGIUNTO
– Costi del personale
= MARGINE
OPERATIVO LORDO
– Ammortamenti
e accantonamenti
= RISULTATO
OPERATIVO
+ Risultato dell’area
accessoria
+ Risultato dell’area
finanziaria (al netto
degli oneri finanziari)
= EBIT NORMALIZZATO
+ Risultato dell’area
straordinaria
= EBIT INTEGRALE
• della gestione caratteristica, vale a dire
l’attività «tipica» della società, che comprende i ricavi e la produzione propria del
core business;
• della gestione accessoria, che ricomprende
i componenti di reddito positivi e negativi
riferibili alle attività collaterali al core business (i.e.: la gestione immobiliare, la gestione mobiliare, la gestione dei crediti, etc.);
• della gestione finanziaria, ossia il complesso delle operazioni poste in essere
dall’impresa per reperire fonti di finanziamento, che include i proventi e gli oneri finanziari (12);
• della gestione straordinaria, che può ricomprendere svalutazioni/rivalutazioni,
plusvalenze/minusvalenze, eventi eccezionali e tutti quei fattori che presentano la
caratteristica di non ripetitività;
• dell’area tributaria, che include in via principale le imposte sul reddito dell’esercizio.
Per quanto riguarda lo stato patrimoniale,
Note:
(10) Sul punto, si veda il documento del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti «Il sistema delle informazioni
aziendali alla luce di Basilea 2 e del nuovo diritto societario», diffuso nel marzo 2004.
(11) Un altro valido criterio per riclassificare il conto economico è quello «a costi e ricavi del venduto». Come evidenziato dal documento dell’Istituto di Ricerca dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili n. 1 dell’ottobre
2008, in questo caso lo schema di conto economico riclassificato sarebbe:
Aggregati
- Costo del venduto
= UTILE LORDO INDUSTRIALE
- Costi commerciali e amministrativi
= REDDITO OPERATIVO
– Oneri finanziari
= RISULTATO LORDO
+- Saldo gestione finanziaria
= RISULTATO NETTO
Esercizio (T-1)
RICAVI CARATTERISTICI
+- Saldo gestione patrimoniale
– Imposte sul reddito
Esercizio (T)
+- Saldo gestione straordinaria e tributaria
REDDITO NETTO
Un simile schema di riclassificazione consente di estrapolare, al fine dell’analisi e del
confronto (sia con altri esercizi, sia con altre
aziende e/o con il segmento di mercato), la
redditività:
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(12) Tuttavia, come precisa il documento del CNDCEC,
l’area finanziaria è esposta al lordo dei proventi e al netto
degli oneri finanziari. Ciò al fine di esporre il risultato lordo
di gestione «indipendentemente dalle scelte di finanziamento dell’impresa».
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Bilancio&imposte
Relazione sulla gestione
Relazione sulla gestione
Bilancio&imposte
invece, la riclassificazione può essere effettuata principalmente sulla base di due criteri: quello finanziario (o della esigibilità), che
consiste nell’ordinare le singole poste patrimoniali e finanziarie sulla base della durata/scadenza dell’investimento/finanziamento,
e quello - già citato - della pertinenza gestionale, che riclassifica i valori sulla base delle
aree operative.
Con riferimento al primo criterio, la riclassificazione degli investimenti dei finanziamenti viene effettuata in base alla loro scadenza,
individuando attivo fisso, attivo circolante
(13), passivo consolidato, passivo corrente
(14) e mezzi propri.
Pertanto, a titolo esemplificativo, lo schema
di riclassificazione dello stato patrimoniale
sulla base del criterio della esigibilità può essere il seguente:
ATTIVO
Aggregati
Esercizio (T)
Esercizio (T-1)
Immobilizzazioni immateriali
+ Immobilizzazioni materiali
+ Immobilizzazioni finanziarie
= ATTIVO FISSO (A)
Magazzino
+ Liquidità differite
Da un simile schema è possibile ricavare informazioni rilevanti sulla gestione aziendale,
poiché la riclassificazione mette in luce il
grado di indipendenza finanziaria dell’impresa rispetto al totale delle fonti (15).
L’analisi dei dati su un orizzonte temporale
più ampio consente di comparare gli andamenti e studiare gli scostamenti. Il bilancio
prevede obbligatoriamente un confronto sulla base di due esercizi.
Giunti a questo punto è possibile accentrare
l’analisi:
(i) sulla posizione finanziaria della società;
(ii) sulla struttura patrimoniale; nonché
(iii) sulla dinamica economica.
Tale analisi può essere svolta ricorrendo a taluni indici particolarmente significativi.
Note:
(13) Con attivo circolante si intende il denaro e i valori ad
esso assimilati (saldi di c/c bancario, titoli di credito, cedole su titolo di credito a reddito fisso scaduti e da incassare), trasformabili immediatamente e senza oneri in denaro
oppure utilizzabili immediatamente in sua vece nelle transazioni con terzi, nonché, più in generale, tutti quegli asset
destinati a trasformarsi in liquidità entro 12 mesi.
(14) Includono quelle passività che generano delle uscite
finanziarie entro i 12 mesi successivi. In genere questa voce comprende debiti commerciali, debiti tributari, previdenziali e anticipi da clienti.
(15) Un altro criterio per riclassificare lo stato patrimoniale,
anche questo descritto nel citato documento dell’IRDCEC, è quello della pertinenza gestionale. In questo caso, si avrà:
ATTIVO
+ Liquidità immediate
Immobilizzazioni
= ATTIVO CIRCOLANTE
(B)
+ Capitale circolante operativo netto
- Fondi rischi/oneri operativi
TOTALE CAPITALE INVESTITO (A+B)
- Tfr
= CAPITALE INVESTITO OPERATIVO NETTO (X)
PASSIVO
Aggregati
Capitale sociale
Esercizio (T)
Esercizio (T-1)
Attività finanziarie
+ Liquidità
- Fondi rischi/oneri non operativi
+ Riserve
+ Risultato d’esercizio
= CAPITALE INVESTITO NON OPERATIVO NETTO (Y)
TOTALE CAPITALE INVESTITO (X+Y)
MEZZI PROPRI (X)
PASSIVO
PASSIVITA’CONSOLIDATE
(T)
CAPITALE NETTO (W)
PASSIVITA’CORRENTI (Z)
PASSIVITA’ FINANZIARIE A M/L TERMINE (Q)
TOTALE CAPITALE DI FINANZIAMENTO (X+T+Z)
PASSIVITA’ FINANZIARIE A BREVE TERMINE (H)
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TOTALE CAPITALE RACCOLTO (W+Q+H)
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Con riguardo alla analisi della «posizione finanziaria» si può fare ricorso a taluni «indici
della posizione di liquidità» (16).
Tra questi, si segnalano:
Indicatori in valore assoluto
• Capitale circolante netto (CCN) = Attivo
circolante - passività correnti
• Margine di tesoreria = Liquidità immediate + liquidità differite - passività correnti
• Posizione finanziaria netta (PFN) = Attività finanziarie non immobilizzate + disponibilità liquide - debiti verso banche a breve termine - debiti verso altri finanziatori
a breve termine
Indicatori in valore percentuale
• Indice di liquidità: = Attivo circolante /
passività correnti
• Indice di liquidità primaria = (Liquidità
immediate + liquidità differite) / passività
correnti
Per valutare l’adeguatezza di tali risultanze,
generalmente si considera virtuosa un’azienda con un capitale circolante netto di importo pari o leggermente maggiore alle rimanenze e così, in termini percentuali, un indice di liquidità maggiore di 1; conseguentemente il margine di tesoreria deve tendere
alla positività.
Tali indicatori consentono la conoscenza di
informazioni sulla solvibilità perché sono atti
a confrontare le uscite attese nel breve periodo (passività correnti) con la liquidità disponibile (liquidità immediata) e le entrate previste a breve periodo (liquidità differite) (17).
Passando all’analisi della «struttura patrimoniale», i principali indicatori da utilizzare
possono essere ricavati partendo dallo stato
patrimoniale civilistico della società riclassificato. Tra questi:
• Indice di indebitamento (18) = Totale passività/patrimonio;
• Indice copertura impieghi fissi = Mezzi
propri/attivo fisso;
• Margine di struttura = Mezzi propri - attivo fisso;
• Indice di indipendenza finanziaria = Mezzi propri/totale capitale investito;
• Incidenza debiti = Totale passività/totale
capitale investito;
• Quoziente di indebitamento finanziario =
Passività di finanziamento/mezzi propri.
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Anche in questo caso, si ritiene che un soddisfacente valore dell’indice di indipendenza
finanziaria si attesti tra il 55% e il 65%, mentre il margine di struttura dovrebbe essere
maggiore di zero.
È proprio sui margini di struttura, in sede di
analisi di bilancio finalizzata alla descrizione
della solidità patrimoniale dell’impresa, che
si sofferma il CNDCEC.
Secondo il documento, sulla base del concetto basilare per il quale il tempo di recupero
degli impieghi debba essere correlato logicamente al tempo di recupero delle fonti, gli
indicatori volti a studiare tale correlazione si
rivelano:
• Il già citato «Margine primario di struttura» = Mezzi propri - attivo fisso;
• Quoziente primario di struttura = Mezzi
propri/attivo fisso;
• Margine secondario di struttura = Mezzi
propri + passività consolidate - attivo fisso;
• Quoziente secondario di struttura = (Mezzi
propri + passività consolidate)/attivo fisso.
Passando, da ultimo, all’analisi della «dinamica economica» e quindi all’economicità
della gestione, si può fare ricorso ad alcuni
tipici indicatori di redditività, quali il ROI, il
ROE e il ROS.
Il ROI (19) costituisce il rapporto tra l’EBIT
e il capitale impiegato (20). Tale indicatore,
sostanzialmente, misura il risultato econoNote:
(16) Si segnala che, secondo l’interpretazione del
CNDCEC, qualora la società risulti adeguatamente capitalizzata, non sembra necessario dover fornire nella relazione sulla gestione ulteriori dettagli riguardo alla situazione finanziaria dell’impresa. Inoltre, sul punto, il documento
CNDCEC 19 gennaio 2009, pag. 18, evidenzia che «In questa prospettiva, si deve considerare che non esistono indicatori o valori generalmente accettati che siano in grado
di accertare in modo assoluto se la società risulta sottocapitalizzata; ciascun caso deve essere studiato separatamente in funzione di taluni fattori caratteristici, quali: il settore operativo, le dimensioni della società, la credibilità
creditizia, le possibilità di intervento dei soci nonché la storia e l’esperienza della struttura aziendale».
(17) Come detto, gli stessi indicatori esposti in percentuale
consentono la comparabilità del dato dell’azienda con
altre imprese del settore, anche a prescindere dalle dimensioni e dal fatturato conseguito.
(18) Nel documento CNDCEC tale indice è chiamato
«Quoziente di indebitamento complessivo».
(19) Return on investment.
(20) Per capitale impiegato, ai fini che qui interessano, devono essere intesi il valore della produzione, del magazzino e dei crediti.
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Bilancio&imposte
Relazione sulla gestione
Relazione sulla gestione
Bilancio&imposte
mico dell’impresa con riferimento alla sua
attività caratteristica. Pertanto, l’indicazione
del ROI nella relazione sulla gestione è utile
per descrivere il livello di redditività dei capitali investiti nell’azienda, a prescindere
dalle fonti di finanziamento considerate (soci, banche, creditori, etc.) (21).
Un ROI maggiore di zero testimonia un utile
operativo, quantomeno con riferimento all’attività caratteristica dell’impresa. In sede
di analisi di bilancio, come affermato dalla
dottrina, una misura soddisfacente del ROI
viene individuata al livello del costo del denaro vigente in quel momento: valori superiori, naturalmente, si rivelano ulteriormente
remunerativi, mentre un ROI negativo mette
in evidenza una perdita nel core business
aziendale.
Il ROE (22) rappresenta il rapporto tra l’utile
netto conseguito dall’azienda e il suo patrimonio netto. Pertanto, tale indicatore misura la redditività del capitale proprio investito
nell’attività imprenditoriale, considerando
non tutte le fonti di finanziamento (come il
ROI), ma solo quelle imputabili ai propri soci. Un simile parametro, quindi, è particolarmente utile agli shareholders per soppesare
la validità dei propri investimenti.
Valori adeguati del ROE sono considerati
quelli che superano di almeno 3 punti percentuali il tasso di inflazione (23).
Il ROS (24), invece, è calcolato rapportando
il reddito operativo e i ricavi netti e moltiplicando il tutto per 100. In questo modo, il valore risultante è in grado di misurare il reddito operativo medio per ciascuna unità di
ricavo netto: in altre parole, l’indicatore porta alla luce la quota di fatturato che si traduce in utile con riguardo alle vendite effettuate nell’attività tipica dell’impresa.
Anche in questo caso, la dottrina individua
valori soddisfacenti del ROS, tenendo però
presente le tipicità del settore economico in
cui l’azienda svolge la propria attività, spaziando dal 3-4% nel segmento del commercio fino al 6-7% nel mondo industriale (25).
Sul punto, il documento del CNDCEC evidenzia che, qualora l’azienda sia multi-divisionale e operi quindi in settori economici
eterogenei, può essere utile calcolare il ROI e
il ROS con riferimento a ciascun settore, anche al fine di guidare il management nelle valutazioni strategiche del caso.
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Conclusioni
Le novità introdotte con il D.Lgs. n. 32/2007,
che ha recepito la direttiva contabile n.
2003/51/CE, ha modificato in maniera significativa il disposto dell’art. 2428 del Codice
civile, inerente alla relazione sulla gestione:
quest’ultima, in un’ottica di sempre crescente necessità di trasparenza, deve essere utilizzata dagli amministratori per svolgere
un’analisi «fedele, equilibrata ed esauriente»
della situazione societaria e dell’andamento
della gestione.
A tale scopo, la normativa civilistica dispone
l’utilizzo di indicatori finanziari (rectius: desumibili dalla contabilità dell’azienda) con lo
scopo di verificare l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale della società, tanto
in un’ottica puntuale quanto in un’ottica
prospettica.
Nel presente articolo si è cercato di schematizzare quali possono essere gli strumenti e
le informazioni idonee a soddisfare il precetto, in continuità con le indicazioni fornite
dalle best practices contenute nel citato documento del Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili sulle novità intervenute in materia di relazione
sulla gestione.
Tutti gli indicatori analizzati, elencati in maniera naturalmente non esaustiva, sono ricaNote:
(21) Proprio per tale ragione, nel calcolare il ROI al numeratore viene inserito l’Ebit, e non l’utile netto, al fine di non
escludere dal conteggio gli oneri finanziari; parimenti, al
denominatore si utilizza il totale dell’attivo e non il patrimonio netto, in modo da considerare la totalità delle risorse
disponibili della società.
(22) Return on equity.
(23) Per approfondimenti, sia consentito il rimando a S. Salvadeo - G. Tedeschi, «Le operazioni straordinarie e la gestione dei processi di acquisizione», Milano, Ipsoa, 2010, cap. 3,
laddove viene evidenziata l’importanza del ROE per l’effetto leva che esso può generare: infatti, quando i tassi di interesse bancari sono inferiori rispetto alla remunerazione del
capitale proprio (per esempio 4% contro un ROE del 6%),
per la società è più conveniente indebitarsi attraverso il canale creditizio e investire le nuove risorse nella propria attività caratteristica. Tuttavia, «tale principio non è generalizzabile né attuabile a tempo indeterminato, in quanto all’aumentare dei debiti - e quindi all’aumentare dei rischi - è verosimile che i creditori accresceranno il saggio d’interesse richiesto. In questo modo lo spread tra interessi passivi e ROE
si può restringere fino anche ad annullarsi».
(24) Return on sales.
(25) S. Salvadeo - G.Tedeschi, op. cit..
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Relazione sulla gestione
7/2010
Per approfondimenti vedi anche:
Dal bilancio d’esercizio
al reddito d’impresa
• Gli indici di bilancio nella relazione sulla gestione 1.6. Relazione sulla gestione.
Di altri autori vedi anche…
• G. Greco «Gli indicatori di performance nella relazione
sulla gestione» in Amministrazione e Finanza n.
5/2010, pag. 73.
Nota:
(26) Cfr. documento IRDCEC n. 1/2008, pag. 16, laddove
afferma che una simile precisazione si rende necessaria
poiché «in funzione del criterio classificatorio adottato per
gli schemi di bilancio, muta il percorso logico di costruzione dell’indice, come pure la sua interpretazione: basti
pensare che lo stato patrimoniale può essere riespresso secondo logica finanziaria, oppure operativa, e, per ognuna, è invalso nella prassi riscontrare delle varianti inerenti
alla collocazione di certe poste».
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Bilancio&imposte
vati direttamente dalle poste del conto economico e dello stato patrimoniale civilistici,
opportunamente riclassificati nella relazione
sulla gestione per il conseguimento degli
scopi dell’analisi.
Essi, in valore assoluto sono ottenuti attraverso la somma o la differenza algebrica di
vari elementi patrimoniali e reddituali, allo
scopo di analizzare l’andamento della società nel tempo (tendenza).
Tali indicatori, tuttavia, possono essere
espressi anche in percentuale o tramite quoziente, risultando talvolta più significativi
poiché in grado di comparare l’andamento
della società con quello di altre società e/o
del mercato. Il valore in percentuale, infatti,
garantisce la confrontabilità del dato anche
al variare delle dimensioni.
Peraltro, affinché gli indicatori finanziari
possano assolvere al loro ruolo previsto dall’art. 2428 del Codice civile, la prassi consiglia di indicare nella relazione sulla gestione
(i) i criteri impiegati per la riclassificazione
dei prospetti, (ii) le modalità di calcolo dei
quozienti e (iii) il significato degli indici (26).