dispensa di finanza aziendale

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dispensa di finanza aziendale
Appunti di Analisi Fondamentale
CORSO DI
ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE
MODULO 2
Prof. Alfio Cariola
Prof. Maurizio La Rocca
Prof. Daniele Monteforte
Dispensa
DISPENSA DI FINANZA AZIENDALE
APPROCCIO FINANZIARIO AL PERCORSO DI ANALISI DI BILANCIO
MAURIZIO LA ROCCA
ANNO ACCADEMICO 2007/2008
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Appunti di Analisi Fondamentale
1. Evoluzione Della Finanza Aziendale
La Finanza d'Azienda è una disciplina che si caratterizza per una storia breve, ma intensissima. È
comparsa concretamente fra le funzioni di management negli ultimi trenta-quaranta anni e solo
nell'ultimo decennio ha unanimemente riconosciuto nella creazione del valore l'obiettivo ultimo del
proprio operato.
Sono in molti a ritenere la Finanza una funzione di quasi esclusiva pertinenza delle grandi aziende.
In sostanza si pensa talvolta che sia necessario raggiungere una certa soglia, per poter alimentare dei
meccanismi che solo le grandi dimensioni sembrano giustificare. In assenza di questa condizione,
sarà l'Amministrazione a svolgere quei pochi, irrinunciabili compiti tipici della Finanza. Proprio
questi atteggiamenti producono situazioni di tensione, se non di vera crisi finanziaria, che con tanta
frequenza caratterizzano il nostro sistema economico.
In mancanza di una corretta previsione della dinamica di incassi e pagamenti, o di un'accurata
valutazione dei flussi di cassa addizionali che un progetto di investimento sarà in grado di liberare,
solo per citare due esempi, un'azienda incorrerà assai facilmente in problemi di liquidità ed in
momenti di affanno nei rapporti con le banche e con gli altri enti finanziatori. E i due esempi citati si
riferiscono tipicamente ad ambiti di pertinenza della Finanza d'Azienda. Non esiste alcuna
limitazione di origine dimensionale all'istituzione di una funzione finanziaria. Esistono invece delle
implicazioni organizzative che possono manifestare effetti tutt'altro che trascurabili.
I rapporti fra la Finanza e le altre funzioni aziendali sono infatti assai spesso caratterizzati da
un'intensa dialettica. E' il caso delle vendite (o del Marketing), relativamente ai rapporti con la
clientela (e, ancora una volta, si tratta soltanto di un'esemplificazione). La funzione commerciale
tende normalmente a favorire i clienti, concedendo dilazioni di pagamento assai generose.
Un'impostazione di segno opposto segue la Finanza: è infatti chiaro che, quanto più lontani sono
vendita ed incasso, tanto più critico sarà il reperimento delle risorse monetarie necessarie a finanziare
l'attività d'impresa, risorse che permangono per lungo tempo a disposizione della clientela. Non è
infrequente l'insorgere di situazioni di tenore simile a quello appena descritto, anche nei rapporti con
la funzione di produzione o di ricerca e sviluppo, entrambe alla continua ricerca delle risorse
necessarie al sostegno ed allo sviluppo della propria attività. Una dinamica di questo tipo non deve
comunque lasciare sorpreso il lettore: è intuitivo che una funzione comunemente delegata a gestire il
denaro sia bersagliata da continue richieste, se non da vere e proprie politiche consolidate, tendenti a
"conquistare" porzioni considerevoli della risorsa scarsa più tipica.
Non con tutte le funzioni peraltro i rapporti sono improntati ad un'intensa dialettica. I Sistemi
Informativi, per citare un esempio, traggono dalla Finanza numerosi e rilevanti spunti per lo sviluppo
di nuovi modelli e meccanismi, oltre all'opportunità di ampliare verso l'esterno il proprio ambito di
manovra. Basti pensare alle sempre più intense connessioni delle imprese con il sistema bancario,
con operatori del mercato mobiliare e con banche dati, dai contenuti finanziari. Sempre stretti e
frequenti sono poi i rapporti con i vertici aziendali: non potrebbe essere altrimenti, visto il tipo di
risorse che tipicamente la Finanza si trova a gestire. E questo è tanto più vero nel contesto italiano,
dove la ritrosia ad aprire la proprietà a nuovi investitori fa sì che siano gli stessi imprenditori a
gestire in prima persona la Finanza d'Azienda.
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Appunti di Analisi Fondamentale
È possibile affermare che obiettivi e strumenti della Finanza sono stati modellati in funzione delle
esigenze espresse dal contesto di riferimento. Due fattori dirompenti sconvolgono improvvisamente,
nel corso della prima metà degli anni '70, il ruolo della funzione Finanza producendo una radicale
modifica del ruolo e degli obiettivi della funzione finanziaria. Si tratta dell'impennata dei costi delle
materie prime, il petrolio in particolare, e dell'imporsi di tassi inflazionistici anomali. L'impennata
nei costi della materie prime comporta un quasi rovesciamento nei rapporti di forza fra stati
produttori e stati trasformatori di materie, con una progressiva riduzione nella disponibilità di risorse
a condizioni economicamente accettabili. La forte inflazione, sia internazionale che, soprattutto,
domestica, produce impatti drammatici sulla dimensione dei fabbisogni finanziari e sui risultati
economici delle imprese. Questo quadro ambientale, profondamente modificato rispetto al periodo
descritto in precedenza, non impone di per sé un radicale cambiamento negli obiettivi assegnati alla
Finanza d'Azienda. Quest'ultima deve infatti continuare a reperire risorse di capitale, ma in
condizioni di strutturale carenza del medesimo, ed in presenza di costi di approvvigionamento
talvolta insostenibili. Diviene dunque indispensabile cercare di quantificare con largo anticipo le
dimensioni dei fabbisogni, onde provvedere alla raccolta con tempestività e alle migliori condizioni
possibili. Intorno a questo bisogno si sviluppano la pianificazione e la programmazione finanziaria,
proprio con lo scopo di prevedere importi, tempi di manifestazione e durata dei fabbisogni, e di
consentire una negoziazione anticipata dei tre elementi, all'interno ed all'esterno delle aziende. In
particolare, la programmazione finanziaria è orientata al breve periodo, normalmente al singolo
esercizio e, almeno inizialmente, si basa in modo pressoché esclusivo sul budget di tesoreria. La
pianificazione finanziaria invece, si estende nel medio-lungo periodo, coprendo generalmente dai tre
ai cinque anni, secondo lo schema consolidato del fonti-impieghi, seppure in forme sempre più
raffinate. Posta dinanzi ad obiettivi via via più precisi ed impegnativi, in quanto cruciali per la
sopravvivenza stessa delle imprese, la Finanza inizia in questi anni il processo di distacco dalla
funzione di contabilità-amministrazione, assumendo dei contorni e un'identità propria sempre più
definiti. Alla gestione del passivo poi, inizia ad associarsi un ruolo attivo (seppure di tipo
eminentemente consultivo) nella gestione degli investimenti. La scarsità di risorse finanziarie impone
infatti un'attenta valutazione dei rapporti fra i flussi generati ed assorbiti da ciascun progetto.
L’ultimo quarto di secolo è stato caratterizzato da un grande sviluppo della funzione finanziaria che
ha assunto un ruolo fondamentale nella formulazione delle decisioni aziendali che, per quanto ben
delineate da un punto di vista strategico, necessitavano di un maggiore supporto finanziario. La
complessità crescente e l’elevata competitività dei contesti ha reso necessaria lo sviluppo della
finanza come supporto strategico al governo dell’impresa.
1. Le fonti informative: problemi di definizione e di classificazione
1.1 Introduzione
Di seguito verranno proposti due criteri di riclassificazione, l'uno relativo allo Stato Patrimoniale e
l'altro al Conto Economico, che permettono di isolare alcune quantità aziendali di uso corrente nelle
analisi e nelle decisioni finanziarie. La normativa in tema di informazione societaria, dovendo
conciliare le esigenze di molteplici destinatari del bilancio, propone schemi rigidi e standardizzati
che, sebbene ricchi di informazioni, si fondano su criteri di classificazione diversi da quelli propri
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Appunti di Analisi Fondamentale
dell'analisi finanziaria. Di qui l'esigenza di sfruttare le informazioni contenute negli schemi civilistici
del bilancio ma di adottare criteri di riclassificazione allineati alle esigenze dell'analista finanziario.
Dopo una breve descrizione delle fonti informative contemplate dalla normativa, di seguito vengono
esposti i criteri che consentono di riclassificare lo stato patrimoniale ed il conto economico,
evidenziando alcune utili relazioni tra le voci di stock del primo prospetto e le voci di flusso del
secondo. La descrizione di tali criteri è seguita da un esempio di riclassificazione.
1.2 Le fonti informative contemplate nella normativa
Secondo le disposizioni della normativa civile, che ha recepito l'attuazione della IV e della VII
Direttiva Cee, le società di capitali che svolgono attività commerciale ed industriale) debbono
redigere i seguenti documenti:
1)
Stato Patrimoniale. Lo schema civilistico (art. 2424 c.c.) recepisce contemporaneamente due
diversi criteri di riclassificazione, ovvero il criterio "finanziario" ed il criterio "funzionale". Il primo
prevede l'aggregazione delle poste dell'attivo sulla base del loro grado di liquidità e l'aggregazione
delle poste del passivo in relazione alla loro esigibilità;
2)
Conto Economico. Si tratta di un Conto Economico esposto in forma scalare (art. 2425 c.c.)
che evidenzia in modo aggregato il valore della produzione, i costi della produzione, i proventi ed
oneri finanziari, le rettifiche di valore delle attività finanziarie e, infine, i proventi e gli oneri
straordinari;
3)
Nota Integrativa. Ha lo scopo di illustrare in modo dettagliato il contenuto degli schemi di
bilancio ed i criteri di valutazione utilizzati per la loro redazione. La legge (art. 2427 c.c.) prescrive
le informazioni che devono essere contenute nella nota integrativa e l'ordine in cui esse devono
figurare anche se lascia all'estensore una certa libertà nella scelta del modo con cui presentarle;
La Nota integrativa, insieme agli schemi contabili obbligatori, costituisce parte integrante del
bilancio; essa ha lo scopo di superare l’”ermetismo” o, se si vuole, la “reticenza” dei valori di
bilancio, quindi di rendere più “trasparente” e più comprensibile il bilancio stesso, fornendo ulteriori
dati e informazioni ed, al tempo stesso, chiarendo i motivi di talune scelte effettuate dagli
amministratori.
4)
Relazione sulla gestione (art. 2428 c.c.). Tale relazione deve illustrare i profili gestionali
dell'impresa, descrivendo ad esempio il posizionamento competitivo e le prospettive di futuro
sviluppo. In particolare sono richieste sia informazioni gestionali di natura generale (ad esempio il
posizionamento nei diversi settori, le politiche di investimento, ...) sia informazioni più mirate (quali
ad esempio i rapporti con le consociate, l'eventuale acquisto di azioni proprie, i fatti di rilievo
avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio . ...).
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Appunti di Analisi Fondamentale
Sono peraltro previste alcune semplificazioni per le società minori (art. 2435-bis c.c.)1. Queste ultime
hanno la facoltà di presentare nello Stato Patrimoniale un numero più ridotto di voci e di omettere
alcune informazioni nella nota integrativa. oltre ad essere esonerale dalla redazione della relazione
sulla gestione2.
1.3 La classificazione dei valori dello stato patrimoniale secondo il criterio della
pertinenza gestionale
Mediante il criterio della pertinenza gestionale le voci di bilancio sono classificate in relazione al
loro collegamento ad alcune aree gestionali bene identificabili.
Il criterio della “pertinenza gestionale” mira ad isolare in seno ad attivo e passivo tutte le poste
afferenti la gestione corrente (o caratteristica), permettendo di far risalire le rimanenti alle altre aree
gestionali, ovvero l'area degli investimenti/disinvestimenti e quella dei finanziamenti/rimborsi.
L'aggettivo corrente non è qui riferito alla dimensione temporale delle poste, ma al loro collegamento
con le tre fasi del ciclo di acquisto-trasformazione-vendita caratteristico della gestione industriale.
Le attività totali sono state ripartite in due categorie: le attività operative e le attività non operative.
Le prime comprendono, oltre alle attività correnti, tutti quegli immobilizzi che sono funzionali allo
svolgimento dell'attività caratteristica.
Nell'attivo non operativo, invece, sono incluse tutte quelle attività, non importa se a breve o
immobilizzate, che non sono strettamente collegate allo svolgimento delle operazioni correnti.
Entrando nel merito delle poste dell'attivo abbiamo attività operative direttamente riferibili alla
gestione cosiddetta "caratteristica" ed attività riferibili alle gestioni accessorie.
Le attività operative sono strettamente necessarie e funzionali allo svolgimento della gestione
aziendale: senza di esse l'impresa non potrebbe realizzare quel processo produttivo che costituisce il
nucleo centrale della sua operatività. Nelle imprese industriali rientrano tipicamente tra le attività
operative i crediti commerciali e le scorte, ma anche i fabbricati, gli impianti ed i macchinari che
sono strettamente vincolati al processo produttivo.
Nell'ambito delle attività operative è possibile operare una distinzione tra attività commerciali ed
immobilizzazioni nette. Le prime sono costituite da investimenti originati direttamente dalle
operazioni di acquisto-trasformazione-vendita, che costituiscono la cosiddetta gestione corrente
dell'impresa. Rientrano tipicamente tra le attività commerciali i crediti commerciali ed il magazzino.
Le immobilizzazioni nette sono invece collegate alle decisioni di investimento e di disinvestimento,
come ad esempio le immobilizzazioni materiali, immateriali e Finanziarie (queste ultime solo se di
carattere operativo e relative a partecipazioni in società legate da stretti rapporti industriali).
Le attività accessorie possono essere definite per differenza rispetto a quelle operative e sono
costituite da impieghi che potrebbero essere alienati senza compromettere le esigenze di gestione.
Sono ad esempio tipiche attività accessorie le partecipazioni non strategiche, gli immobili civili ed in
generale tutti gli investimenti non strettamente vincolati al processo produttivo. Ad esempio,
supponiamo di svolgere un’attività di produzione di sedie nel centro storico di una città. Dopo alcuni
anni decido, approfittando di una legge di agevolazione, di espandere la mia attività trasferendomi e
1
Sono tali le imprese che per due esercizi consecutivi noti abbiano superato due dei seguenti limiti: a) totale dell'attivo dello stato
patrimoniale (4.700 Mio Lire); b) ricavi delle vendite e delle prestazioni (9.500 Mio Lire); c) dipendenti occupati in media durante
l'esercizio (50 unità).
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Almeno alla condizione che presentino nella nota integrativa le informazioni concernenti l'acquisto, l'alienazione od il possesso di
azioni proprie o di società controllanti.
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Appunti di Analisi Fondamentale
costruendo la mia sede operativa in un’area industriale. Fitto i locali nel centro storico perché ritengo
che in un futuro tale locale aumenterà il suo valore. Io, quindi, continuo a mantenere il vecchio locale
nelle mie attività, ma adesso non costituirà più un bene a supporto dell’attività caratteristica; invece,
andrà inserito fra le attività accessorie.
Le attività accessorie possono, a loro volta, essere suddivise in attività non strumentali ed in attività
monetarie eccedenti rispetto alle strette necessità gestionali. Le attività monetarie che sono di
supporto alla gestione aziendale, senza le quali non si potrebbe portare a termine il ciclo
acquisto-trasformazione-vendita, come ad esempio la cassa, rientrano tra le attività commerciali, nei
limiti del "volano" richiesto dalle operazioni gestionali; cioè, bisognerebbe essere capaci di poter
discernere fra la parte di liquidità collegate al ciclo acquisto-trasformazione-vendita e quella, invece,
da inserire fra le attività monetarie3.
Le poste del passivo sono riconducibili alla seguenti aree gestionali:
- le passività commerciali e il debito verso dipendenti costituito dal Fondo TFR;
- le passività finanziarie;
- il patrimonio netto.
Alcune di queste aree meritano un breve approfondimento.
Le passività commerciali, cosi come le attività commerciali, rientrano nell'ambito della gestione
corrente e sono originate direttamente dalle operazioni di acquisto-trasformazione-vendita. Rientrano
tipicamente tra le passività commerciali i debiti di fornitura e gli altri costi riferibili al ciclo di
acquisto-trasformazione-vendita che non avranno dato luogo ad uscite monetarie, quali ad esempio i
ratei passivi.
Poiché una parte degli investimenti che rientrano tra le attività commerciali è finanziata dalle
passività commerciali, è possibile esprimere le attività commerciali al netto delle passività
commerciali. In tal modo si ottiene il Capitale Circolante Netto Commerciale (C.C.N.C.), che
rappresenta l’investimento netto in attività commerciali necessario ad attivare il processo di
acquisto-trasformazione-vendita.
Questa definizione di capitale circolante è molto diversa, sia concettualmente sia numericamente, da
quelle ricavabili mediante criteri di riclassificazione alternativi a quello qui esposto. Nei testi di
contabilità ed analisi di bilancio viene, ad esempio, utilizzato il termine “capitale circolante netto”
3
nella riclassificazione del bilancio in base al criterio della “pertinenza gestionale” la riaggregazione delle voci avviene
considerando il collegamento (appunto la “pertinenza”) con le fasi del ciclo di acquisto-trasformazione-vendita
caratteristico della gestione industriale. Vengono mantenute separate dalle decisioni operativo-industriali, le decisioni
finanziarie. Infatti, nella definizione del CCNC i crediti finanziari , anche se a breve, ed i debiti verso le banche a breve,
Medio e Lungo (…su cui matura un interesse) vengono esclusi. Per la Cassa bisogna fare un discorso a parte, se la nostra
è un’impresa industriale la voce cassa rappresenta della mera liquidità che aspetta di essere utilizzata per esempio per
investimenti speculativi o semplicemente bot o comunque rappresenta una sacca di liquidità incidentale che non
riguarderà il ciclo acquisto-trasf-vendite; invece, se la nostra impresa svolge (in maniera affiancata) anche attività
comm.le (per esempio, un negozio o uno spaccio a fianco dello stabilimento) la cassa servirà per poter concludere le
transazioni e, quindi, “chiudere” il ciclo acq-trasf-vendita (ad esempio, servirà per poter dare il “resto” ai clienti che
acquistano nel negozio. Senza la cassa la transazione potrebbe non essere completata … non tutti usano la carta di
credito).
In generale, il trattamento della cassa dipende dal tipo d’imprese che si analizza (ma questo principio vale per la maggior
parte delle voci di bilancio che devono essere riclassificate – la riclassificazione non è mai un’operazione meccanica ma
bisogna sempre contestualizzarla in base all’impresa in oggetto ed all’attività da essa svolta), ma trattando imprese
industriali si ipotizza sempre la cassa fra le attività non operative (insieme con le atre attività monetarie).
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Appunti di Analisi Fondamentale
per individuare la differenza tra attività disponibili e passività a breve termine. In particolare le
attività disponibili e le passività a breve sono ricavate mediante il criterio di riclassificazione della
liquidità delle poste dell'attivo e della esigibilità delle poste del passivo, ovvero un criterio che si
basa sul periodo entro il quale un valore di bilancio si tradurrà in una entrata od in una uscita
monetaria. Se si adotta tale classificazione il capitale circolante indica una proporzionalità od una
sproporzionalità tra la struttura dell'attivo e quella del passivo e, dunque, verifica l'esistenza di un
equilibrio finanziario di breve termine.
Le passività che non rientrano tra quelle commerciali costituiscono il capitale finanziario acquisito
temporaneamente o durevolmente dall'azienda. Se questo è evidente per le passività finanziarie (a
breve ed a medio termine) ed il patrimonio netto, è opportuno un breve approfondimento
relativamente al debito verso i dipendenti costituito dal Fondo TFR.
Esistono due diversi approcci per considerare tale posta. Il Fondo TFR può essere interpretato sia
come un elemento che concorre alla formazione del costo complessivo del lavoro (con liquidazione
differita nel tempo) sia come un finanziamento accordato dai dipendenti all'impresa contestualmente
alla retribuzione periodica. In particolare la remunerazione di tale finanziamento è definita da un
coefficiente di rivalutazione stabilito per legge (2120 c.c.) in misura pari al 75% dell'indice Istat del
costo della vita per operai ed impiegati, aumentato di 1,5 punti percentuali. Nel primo caso il Fondo
TFR potrebbe essere assimilato ad una passività corrente, considerata la propria natura di passività
legata al ciclo acquisti-trasformazione-vendite. Nel secondo caso il Fondo TFR potrebbe, invece,
essere enucleato a parte tra le passività non commerciali in quanto assimilato ad un vero e proprio
debito finanziario, sebbene caratterizzato da una remunerazione stabilita dalla legge. Quest'ultima
alternativa ha il pregio di semplificare l'analisi della dinamica del circolante commerciale e di
agevolare i confronti tra imprese anche se, come vedremo, comporta alcune complicazioni nella
riclassificazione del conto economico.
La Fig. 1 propone una visione grafica semplificata della riclassificazione dello stato Patrimoniale ora
esposta. Muovendo da tale Figura é possibile isolare ulteriori grandezze di uso comune nella finanza
aziendale e precisamente il capitale investito netto operativo e la posizione finanziaria netta. Il
Capitale Investito Netto Operativo (CIN) è pari alla somma tra il capitale circolante commerciale
(CCC) e le immobilizzazioni nette operative (IN), come esposto in forma grafica nella Fig.1.
Attraverso un passo successivo si espone, invece, sia gli impieghi sia le fonti di finanziamento,
evidenziando la posizione finanziaria netta (o anche indebitamento finanziario netto) come
differenza tra debiti finanziari e attività monetarie (conti bancari attivi, titoli negoziabili, crediti
finanziari).
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Appunti di Analisi Fondamentale
Fig. 1 - Rappresentazione dello stato patrimoniale con il criterio della Pertinenza
Gestionale.
Attività
Comm.li
Attività Operative
Crediti
commerciali
Debiti verso
fornitori
Magazzino
Debiti finanziari
Passività
Comm.li
Immobilizzazioni
Operative Nette
Attività Accessorie
(non Operative)
Attività
Non strumentali
Attività
monetarie
Patrimonio netto
(Equity)
La Fig 1 vuole essere una rappresentazione sintetica delle principali poste di bilancio che, quindi,
attraverso tale riclassificazione vengono disaggregate e riaggregate rispettando la natura e la
pertinenza gestionale di ogni voce. È, quindi, un compito molto importante riuscire a risalire
all’origine di ogni voce per poter procedere ad una attribuzione gestionale della stessa. Ad esempio,
non è possibile posizionare i ratei ed i risconti, in maniera meccanica, in una di tali aree ma è
necessario riuscire a risalire alle poste che li hanno originati; così, se un risconto è legato ad
un’assicurazione sui furti dei materiale in magazzino, esso sarà da attribuire alle attività operative e
caratteristiche. Al contrario, se un risconto è riferito ad un premio assicurativo su un immobile civile
esso andrà inserito fra le attività accessorie.
Il margine che si ottiene confrontando le attività correnti con le passività correnti costituisce il CCN
Commerciale, che fornisce delle informazioni molto interessanti in termini di risorse finanziarie.
Il CCNC rappresenta una “spugna” nel senso che nel momento in cui si allarga, espandendosi,
assorbe risorse finanziarie mentre, nel momento in cui si riduce genera risorse, disponibili per
l’impresa.
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Appunti di Analisi Fondamentale
Fig. 3 - Rappresentazione analitica dello stato patrimoniale con il criterio della
Pertinenza Gestionale.
Criterio della Pertinenza Gestionale
Impianti
Attrezzature
Macchinari
(Fondi di Pertinenza)
Brevetti
Ricerche
(Fondi di Pertinenza)
Partecipazioni Operative
Titoli negoziabili
C/C
Immobili non Operativi
BOT
Passività Correnti
Passività NON Correnti
o
Finanziarie
Scorte
(F.do Svalut. Magazzino)
Risconti Attivi (Risc Pass.)
Anticipi a Fornitori per beni
a fecondità semplice
(Antic. Pass)
Altre attività Correnti
Crediti Commerciali
(F.do Svalut. Crediti)
PASSIVITA'
Capitale Netto
Attività Correnti
Attività NON Correnti
Attività NON Operative
Attività Operative
ATTIVITA'
Debiti verso Fornitori
TFR
Debiti Tributari
C/C passivo
Debiti verso Banche
Mutui
Prestiti Obbligazionari
Prestiti da soci
Altri debiti Finanziari
Capitale Sociale
Riserve
Utile (perdita)
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Appunti di Analisi Fondamentale
1.4 La classificazione dei valori dello stato patrimoniale secondo il criterio della
liquidità esigibilità
Per un approfondito studio dello stato di salute di un'azienda è interessante riclassificare le voci di
stato patrimoniale, utilizzando un’altra metodologia generalmente nota come “criterio della
liquidità/esigibilità”, nonostante i limiti informativi di tale tipo di analisi.
L'elemento discriminante per l'aggregazione dei valori patrimoniali, secondo questa metodologia è il
tempo. L'obiettivo è, infatti, quello di raggruppare le poste di attivo e passivo secondo i loro tempi di
trasformazione in moneta, esponendo le singole attività in funzione della liquidità decrescente, e le
passività secondo il grado di esigibilità.
Questo tipo di riclassificazione è generalmente utilizzato per accertare se esista una corrispondenza
tra le scadenze temporali degli investimenti e dei finanziamenti, ovvero se vi sia equilibrio
finanziario nell’accezione comunemente accettata, secondo cui durate-omogenee di attivo e passivo
sono necessarie per evitare tensioni indesiderate.
Le attività patrimoniali sono suddivise in due macro aggregati: l'attivo a breve e l'attivo consolidato
(o a lungo). La soglia temporale che viene posta a separazione dei due aggregati coincide di solito
con i dodici mesi.
Le attività a breve sono costituite da liquidità immediate, liquidità differite e disponibilità.
Si tratta, quindi, di tutte quelle voci che entro l'esercizio potranno trasformarsi in liquidità. Resta,
comunque, inteso che tutte queste attività verranno normalmente rimpiazzate da altre eguali, se
l'attività caratteristica proseguirà.
La liquidità immediata comprende tutte quelle poste che sono già moneta.
Le liquidità differite comprendono, invece, i crediti di qualsiasi natura che si prevede vengano
liquidati entro la fine dell'esercizio.
Le disponibilità, fra le quali inseriremo le rimanenze finali di esercizio e gli anticipi a fornitori, sono
di poste il cui grado di liquidità è più limitato delle precedenti.
L'attivo consolidato (o immobilizzato) comprende tutti gli investimenti di lungo periodo. Ne fanno
dunque parte le immobilizzazioni tecniche (macchinari, impianti etc.), quelle finanziarie detenute per
periodi prolungati (si pensi alle partecipazioni in società controllate o collegate) e le
immobilizzazioni immateriali (marchi, brevetti, licenze, spese di ricerca e sviluppo - il cui
ammortamento viene effettuato in modo « diretto »).
Seguendo, infine, la più comune interpretazione contabile corrente, tutte le poste dell'attivo, per le
quali sia stato costituito un corrispondente fondo al passivo, saranno esposte al netto del medesimo.
Ciò accade, ovviamente, anche per i beni immateriali oppure attraverso una riduzione del valore
della posta, praticata direttamente in ogni esercizio.
La somma delle attività a breve e a lungo dà il totale del capitale investito al netto dei fondi
rettificativi.
I debiti con scadenza entro l'esercizio sono inclusi tra le passività a breve termine (scoperti di conto
corrente bancario, debiti nei confronti di fornitori, fondo imposte e quote di debiti a più lunga
scadenza che saranno liquidate durante i dodici mesi successivi alla chiusura dell'esercizio).
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Appunti di Analisi Fondamentale
Le passività consolidate includono tutti i debiti che non procureranno esborsi entro il breve periodo.
Si tratta di mutui, prestiti obbligazionari, debiti verso soci per somme prestate alla società, debiti
verso il personale.
Infine, il capitale netto comprende il capitale sociale, talune tipologie di fondi (come i fondi di
rivalutazione ed eventuali contributi a fondo perduto), le riserve e gli utili d'esercizio che non sono
stati differentemente destinati. Le eventuali perdite sono inserite a detrazione.
La somma delle passività totali e del netto è naturalmente ancora una volta pari al capitale investito
netto.
Pregi e difetti del criterio della Liquidità/Esigibilità:
- Popolarità fra analisti finanziari di tale schema di riclassificazione;
- È più facile il confronto fra diverse realtà;
- È alla base per il calcolo di numerosi indici di bilancio;
- È buono per fotografare in maniera statica la situazione patrimoniale ma non informa sulle
modalità di reperimento e di impiego delle risorse finanziare;
- Va bene per analisi di tipo esterno volte ad analizzare la capacità di far fronte agli impegni
(misurare il grado di equilibrio finanziario inteso come corrispondenza fra scadenze degli
investimenti e dei finanziamenti);
- Non considera il collegamento con le aree aziendali di gestione
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Appunti di Analisi Fondamentale
PASSIVITA'
Liquidità Immediate
Debiti verso Banche C/C passivo
Cassa – C/C
Debiti verso Fornitori
Titoli negoziabili
Debiti < 12 mesi
Partecipazioni Speculative
Fondo Imposte
BOT
Quote debiti Consolidati in scadenza
Liquidità Differite
Quota TFR per dipendente che va via
Crediti Commerciali
Cambiali Passive
Passività a Breve
Attività a Breve
ATTIVITA'
(F.do Svalut. Crediti)
Crediti < 12 mesi
Cambiali attive
Ratei Attivi
Disponibilità
Scorte
(F.do Svalut. Magazzino)
Risconti Attivi (Risc Pass.)
Anticipi a Fornitori per beni
a fecondità semplice
(Antic. Pass)
Differenziale 12 Mesi
Impianti
Macchinari
(Fondi di Pertinenza)
Immobilizzazioni Finanziarie
Mutui
Debiti Consolidati
Prestiti Obbligazionari
TFR
Azioni
Quote Società
Altri titoli in Pf
Immobilizzazioni Immateriali
Marchi
Brevetti
Riceche
Capitale Sociale
Capitale Netto
Attività Consolidate
Immobili "Operativi"
Passività Consolidate
Immobilizzazioni Tecniche
Riserve
Utile (perdita)
(Fondi di Pertinenza)
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Appunti di Analisi Fondamentale
In Sintesi:
Riclassificazione FINANZIARIA => Criterio della liquidità/esigibilità
indaga l’equilibrio finanziario (Solvibilità)
Riclassificazione FUNZIONALE => Criterio della pertinenza gestionale
classifica le poste di bilancio a seconda dell’area nelle quali possono essere
destinate le risorse.
Previsione e programmazione finanziaria
CCN Finanziario => Differenza fra attività e passività a breve.
Capacità di fronteggiare i debiti a breve con le attività che si rendono disponibili a breve
CCN Commerciale => Differenza fra attività e passività operative e caratteristiche (commerciali)
inerenti il ciclo acquisto-trasformazione-vendita
CCNC >0 => emerge un Fabbisogno Finanziario da soddisfare.
CCNC <0 => il ciclo acquisto-trasformazione-vendita si autofinanzia ed anzi genera risorse disponibili
1.5 La riclassificazione dei valori del conto economico
Le stesse motivazione che ci portano a riclassificare lo Stato Patrimoniale vengono applicate
nell’analisi del Conto Economico. È necessario rendere più agevole la comprensione delle logiche di
formazione del risultato economico d’esercizio.
Tramite la riclassificato al Costo del Venduto è possibile indagare la redditività secondo tre aspetti:
-efficacia dell’attività produttiva;
-redditività dell’attività caratteristica;
-redditività delle attività aziendali diverse da quella caratteristica.
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Appunti di Analisi Fondamentale
C/E Riclassificato a Costo del Venduto
Ricavi Netti di Vendita
- Costo del Venduto
+
Rimanenze Iniziali di MP, semilavorati e PF
+
Acquisti MP
+
Energia
+
Retribuzioni, oneri relativi (Acc. TFR, Ind. Lic.)
+
Costi Industriali
+
Amm. Beni destinati alla produzione
+
Canoni di leasing (relativi a beni destinati alla produzione)
+
altri costi industriali
+
Produzioni interne capitalizzate
Rimanenze Finali di MP, semilavorati e PF
Risultato Industriale Lordo
- Costi Com.li e Distrib.
- Costi Amm. e generali
RO
+\- Oneri\proventi finanziari
+\- Costi\proventi della gestione accessoria
Risultato di Competenza
+\- Oneri\proventi straordinari
Risultato ante imposte
Imposte
Utile Netto
Utilizzando, invece, il criterio del Valore Aggiunto indaghiamo la dimensione della produzione.
Mettiamo in luce quanto valore l’azienda è in grado di aggiungere alle MP e a tutti i fattori esterni
acquisiti. Il VA ci dice quanta parte della produzione è imputabile all’attività svolta internamente. In
sintesi, il Valore Aggiunto:
• non è un indicatore di redditività;
• Permette analisi di natura industriale (Integraz. Vert.);
• È utile per valutare le strategie di approv., prod. e distribuzione;
• Permette di fare considerazioni sul Rischio Operativo
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Appunti di Analisi Fondamentale
Riclassificazione a Valore Aggiunto
( + ) Fatturato per beni e servizi prodotti
( +/- ) Variazione del magazzino prodotti in corso di
lavorazione,
semilavorati e finiti
( + ) Costruzioni in economia
( - ) Acquisti di prodotti finiti destinato alla
commercializzazione
(=) Produzione dell'esercizio
( - ) Acquisti dell'esercizio
( +/- ) Variazione del magazzino materie prime
( - ) Altri oneri
( _ ) Valore Aggiunto
( - ) Costi per il personale
( - ) Accantonamenti
( _ ) Margine operativo lordo 'a
( - ) Ammortamenti
(=) Reddito Operativo
(+/- ) Risultato della gestione finanziaria
( +/- ) Risultato della gestione straordinaria
( +/- ) Risultato della gestione accessoria
(=) Reddito onte-imposte
( - )Imposte sul reddito
(=)Reddito netto
È ora opportuno individuare un criterio di riclassificazione che permetta di operare un collegamento
tra le grandezze "stock" sopra individuate nello stato patrimoniale ed i flussi di risultato ritraibili dal
conto economico. A tal fine viene esposta una riclassificazione di tipo scalare, che muove dal valore
della produzione e dal valore aggiunto e giunge sino al reddito netto. Nel percorrere questo itinerario
vengono specificamente commentate alcune grandezze intermedie di particolare utilità per le analisi
finanziarie.
Il valore della produzione esprime meglio del fatturato la reale dimensione dell'attività svolta
dall'impresa. In effetti l'impresa potrebbe aver prodotto per il magazzino o, anche, aver dedicato una
parte importante della sua attività alla realizzazione di impianti e macchinari destinati ad uso interno.
Il valore della produzione rende conto della produttività dell'impresa mentre il fatturato segnala
soprattutto la collocabilità della produzione aziendale. La produzione è data dalla somma di:
fatturato, più o meno la variazione di magazzino (semilavorati e prodotti finiti), più il valore dei beni
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Appunti di Analisi Fondamentale
costruiti in economia, meno gli acquisti di prodotti finiti destinati alla commercializzazione. È
appena il caso di precisare che se il magazzino è aumentato, la sua variazione va sommata al
fatturato; se, invece, il magazzino è diminuito la sua variazione va sottratta poiché si è venduto più di
quanto si sia prodotto nel corso dell'esercizio.
Il valore aggiunto segnala appunto il valore che l'impresa aggiunge ai materiali ed ai servizi
acquistati attraverso la propria attività ed è dato dalla differenza tra il valore della produzione ed i
costi sostenuti per l'acquisizione di materiali e servizi. Il valore aggiunto è costituito dal lavoro
incorporato nei prodotti, dal consumo dei beni capitali (impianti, macchinari, etc.), dalla
remunerazione del capitale finanziario di terzi, nonché dal risultato netto e dalle imposte dirette.
Sottraendo dal valore aggiunto il costo del lavoro si ottiene il margine operativo lordo (MOL), che
rappresenta il margine disponibile per il reintegro del capitale fisico consumato nella produzione
(contabilmente, gli ammortamenti), per la remunerazione del capitale finanziario nonché per il
pagamento delle imposte. Il MOL può essere definito anche come differenza tra ricavi monetari e
costo monetario del venduto, ovvero come differenza tra i ricavi ed i costi monetari riconducibili al
processo di acquisto, trasformazione e vendita4. In tal senso il MOL assume un rilievo particolare
nell'ambito dell'analisi della dinamica finanziaria aziendale poiché, come si avrà modo di chiarire più
oltre, esprime il flusso monetario "potenziale" della gestione corrente.
Sottraendo dal MOL gli ammortamenti si giunge al reddito operativo, vale a dire la quota di risultato
disponibile per la remunerazione del capitale (di finanziamento ed azionario) e per il pagamento
delle imposte. Evidentemente, in presenza di perdite operative, il valore aggiunto prodotto non è
neppure sufficiente per recuperare i consumi di capitale fisico imputati contabilmente alla
produzione di esercizio. Sottraendo, infine, dal reddito operativo gli oneri finanziari netti, gli
oneri/proventi relativi alle gestioni accessorie e le imposte, si ottiene il reddito (o la perdita) netto.
Tra i costi imputati alle rimanenze di prodotti finiti e in corso di lavorazione vengono compresi dalle
aziende industriali anche gli ammortamenti. In caso di variazione di dette rimanenze tra l'inizio e la fine
dell'esercizio, il MOL risulta inquinato anche da costi non monetari.
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4
Appunti di Analisi Fondamentale
2. Approccio Finanziario al Bilancio (analisi dinamica)
2.1 La lettura del bilancio in chiave finanziaria
La lettura del bilancio da un punto di vista economico consente di formulare giudizi sull'efficacia
della gestione degli investimenti aziendali in capitale fisso e circolante.
In ottica finanziaria, invece, il bilancio rappresenta la principale fonte informativa circa le modalità
di approvvigionamento e impiego delle risorse, le attività sono interpretate come impieghi di capitale
finanziario e le passività, il capitale e le riserve ne costituiscono le fonti.
Attività = Passività + Patrimonio Netto
viene riletta in termini finanziari come
impieghi di capitale finanziario = fonti di capitale finanziario
L'analisi della dinamica finanziaria, innanzitutto, si basa sulla predisposizione di un documento, il
prospetto delle fonti e degli impieghi, che è la ricostruzione a sistema dei flussi finanziari in entrata
ed in uscita prodotti dalle scelte aziendali nel corso dell'esercizio.
Lo studio della dinamica finanziaria consiste, quindi, nell'analisi delle destinazioni assegniate in
azienda alle risorse finanziarie e dalle origini dei medesimi mezzi finanziari. Nell'ottica finanziaria
sono irrilevanti tulle quelle operazioni contabili che non sottendono effettivi movimenti di risorse.
Tecnicamente, il prospetto fonti-impieghi pone a confronto due stati patrimoniali relativi ad esercizi
successivi e classifica le variazioni delle grandezze in essi rappresentate. Le voci dello stato
patrimoniale costituiscono delle grandezze-fondo a cui corrispondono dei flussi che sono costituiti
dalle loro variazioni. Tali flussi sono di natura differenziale, ovvero riassumono tutti i flussi di segno
opposto originati dalle singole operazioni intervenute nel periodo considerato.
Per definizione si avrà un impiego di risorse finanziarie o in corrispondenza dell'aumento dì una
delle attività o in corrispondenza della diminuzione di una delle passività e degli elementi del
patrimonio netto.
Specularmene, si avrà una fonte di risorse finanziarie:
•
in corrispondenza dell'aumento dì una delle passività o degli elementi del patrimonio netto;
•
in corrispondenza della diminuzione di una delle attività.
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Appunti di Analisi Fondamentale
Tale figura schematizza i concetti sopra esposti
Impieghi
Fonti
- Aumento di attività
- Diminuzione delle attività
- Diminuzione delle passività e del patrimonio - Aumento delle passività e del patrimonio netto
netto
Passività
Attività
Impieghi
Fonti
Aumenti
Diminuzioni
Diminuzioni
Aumenti
Graficamente, la dinamica delle fonti e degli impieghi di risorse finanziarie può essere
rappresentata come da Figura
Aumento di
Passività
Aumenti di PN
Diminuzione di
Attività
Fonti di gestione
(MOL)
Fonti
Impieghi
Aumenti di
Attività
Diminuzione di
Passività
Diminuzione di PN
Impieghi di gestione
Si osservi come nella figura compaiano in aggiunta tra le fonti e gli impieghi anche le voci
fonti (impieghi) di gestione indicano le risorse finanziarie generate (assorbite) dalla gestione
reddituale nel periodo considerato.
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