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Lo stato di ebbrezza che non vale il licenziamento Renzo La Costa La guida di autovettura in stato alterato dall’alcool al di fuori dell’orario di lavoro e in circostanze del tutto personali, non può legittimare il licenziamento del dipendente. Così si è pronunciata la sentenza della Corte di Cassazione nr. 23063/2011. Tribunale e Corte d’appello accoglievano il ricorso di un dipendente di una società di manutenzione ascensori ,dichiarando l’illegittimità del licenziamento intimatogli con conseguente reintegro e ristoro del danno. Nel’istruttoria del caso, era risultato che il dipendente aveva comunicato per vie brevi alla datrice di lavoro di non potersi recare al lavoro perché gli era stata ritirata -la sera prima- la patente dì guida a causa di "stato di ebbrezza"; era accaduto che quella sera egli si era recato a cena con la moglie in un ristorante cittadino e, all'uscita, era stato fermato da una pattuglia di CC, sottoposto ai controlli di rito che rilevavano un tasso alcolimetrico eccedente i limiti con conseguente immediato ritiro della patente di guida. Era risultato, inoltre, che in quei giorni il medesimo si trovava inserito nei turno settimanale di "reperibilità" per eventuali interventi urgenti al di fuori dell'orario di lavoro. In considerazione delle suddette pacifiche circostanze la società - previa contestazione dell'addebito - aveva ritenuto irrimediabilmente incrinato l'elemento fiduciario, posto a base del rapporto di lavoro, procedendo al licenziamento. Nei suddetti gradi di giudizio, si era condiviso il giudizio secondo cui l’essere inserito nel turno di reperibilità non può essere equiparato all'essere in servizio effettivo e nell'espletamento delle mansioni lavorative, e che lo stato di ebbrezza non può avere automaticamente riflesso sul vincolo fiduciario senza la valutazione delle circostanze e modalità concrete del fatto e del suo contesto; anche per l'assenza di precedenti disciplinari del lavoratore, la sanzione espulsiva doveva considerarsi eccessiva e non proporzionata alla gravità del fatto. Occorreva, infatti, considerare che la srl si occupava della riparazione e manutenzione degli ascensori e quindi la squadra costituente il turno "di reperibilità" era formata da operai che, al di fuori ed oltre al loro normale orario di lavoro, possono se nel caso essere chiamati per interventi di emergenza . Era, pertanto, evidente che l’essere inserito nel turno di reperibilità non poteva essere tout-court equiparato ad essere in servizio o a svolgere attività lavorativa. Inoltre, il ccnl applicato al rapporto in questione prevedeva, tra i comportamenti per i quali viene irrogata una sanzione conservativa (che, a seconda della gravità del fatto, può andare dalla ammonizione scritta alla sospensione), tra gli altri, il fatto di chi "...venga trovato in stato di manifesta ubriachezza durante l'orario di lavoro" . I giudici di Cassazione hanno perfettamente condiviso tali risultanze processuali. Occorreva, del resto, considerare che il dipendente non era stato trovato in stato di “manifesta ubriachezza" essendo ben diverso il rilevare uno "stato di ebbrezza" sufficiente ai sensi del codice della strada per il ritiro della patente di guida; né l’episodio si era manifestato, in quella occasione, “durante l'orario di lavoro", non potendosi ad esso equiparare lo status di "reperibilità". Dunque, in base al ccnl, era prevista una sanzione meno afflittiva di quella irrogata nella fattispecie. Pertanto, era evidente la sproporzione della sanzione irrogata all'appellato in relazione al grado di lesione delle norme contrattuali da esso posto in essere. Per tali ragioni la sentenza è stata, confermata con vittoria del dipendente.