A norma di Legge - Studio Legale Notaro E Associati
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A norma di Legge A cura della Promotion Pubblicità (Tel. 039.9989.1, fax 039.990.80.28, e-mail: [email protected]) La parola all’avvocato Intervento su tema di stringente attualità La «guida in stato di ebbrezza» (ces) L’art. 186 del Codice della Strada punisce la guida in stato di ebbrezza, cioè sotto l’influenza dell’alcool. Per comprende appieno la fattispecie, occorre, innanzi tutto, distinguere il concetto di ‘ebbrezza’ da quello di ‘ubriachezza’, nonostante spesso, nel linguaggio comune, i due termini siano utilizzati in modo indifferenziato. Per il legislatore e per la giurisprudenza, infatti, i due concetti sono del tutto differenti, dato che «l’ebbrezza è il semplice annebbiamento delle facoltà mentali provocato da una eccessiva quantità di alcolici, che si manifesta in forma di esaltazione o di stordimento», mentre «l’ubriachezza consiste invece nella temporanea alterazione mentale conseguente ad intossicazione per abuso di alcool e si manifesta con il difetto della capacità di coscienza e spesso in forma molesta”». Invero, nel nostro ordinamen- to penale, esiste una norma ad hoc, l’art. 688 del codice penale, che appunto punisce con una sanzione pecuniaria «chiunque sia colto in stato di manifesta ubriachezza in luogo pubblico o aperto a pubblico». Le due disposizioni citate – l’art. 688 del codice penale e l’art. 186 del Codice della Strada – mirano d’altronde a tutelare interessi giuridici diversi: la prima disposizione, mira alla prevenzione dell’alcolismo ed alla tutela dell’ordine pubblico; la seconda, vuole assicurare la sicurezza della circolazione nelle strade e la incolumità di chi vi si trova. Può, quindi, affermarsi che la differenza tra ‘ubriachezza’ ed ‘ebbrezza’ consiste nel fatto che la prima comporta una più grave alterazione psico-fisica per la presenza di un maggiore tasso alcolico ed è punibile solo nei casi in cui sia, appunto, manifesta, mentre la seconda può non essere manifesta ed essere, pertanto, rilevata anche solo attraverso indagine strumentale (etilometro o analisi del sangue). Pertanto, l’ebbrezza – ai fini penalistici – può anche essere asintomatica, nel senso che può sussistere pure nei casi in cui il soggetto manifesta un’apparenza di normalità comportamentale. Le ragioni scientifiche a sostegno della ratio legis Come testé visto, anche nei casi in cui un soggetto non manifesti un comportamento anormale, può ben darsi che egli sia ‘ebbro’ ai fini penalistici, e ciò ricorrerà in tutti i casi in cui l’indagine strumentale (mediante etilometro o analisi del sangue) rileverà, comunque, un tasso alcolemico superiore a quanto prescritto dalla legge. Le ragioni di tale scelta legislativa riposano, in ultima analisi, su motivazioni scientifiche. Infatti - nonostante la variabilità individuale dovuta a molteplici fattori quali la tolleranza, l’età, le condizioni fisiche del soggetto, l’uso cronico di bevande alcoliche, etc. incida sulla capacità soggettiva di una persona di ‘reggere’ l’alcool - la letteratura scientifica è tuttavia concorde nel ritenere che a diversi gradi di concentrazione alcolica nel sangue di un individuo corrispondano altrettanti specifici effetti: - a 0,2 g/l si ha socievolezza ed espansività; - a 0,5 g/l si constata diminuzione dei freni inibitori per azione sulla corteccia cerebrale, disinibizione, euforia, apparenza normale; - a 0,8 g/l - 1,2 g/l si verifica un’azione depressiva sui centri motori, la perdita di autocontrollo e disturbi dell’equilibrio; - oltre 1,5 g/l si ha vera e propria ubriachezza, con incoordinazione motoria, ritardo nelle reazioni, atassia e agrafia; - da 2,5 a 4,00 g/l, si verifica irascibilità, nausea, vomito, perdita del tono muscolare, stato stuporoso e comatoso; - oltre 4,0 g/l, si verifica il collasso periferico e perfino la morte per paralisi dei centri respiratori. Per tali ragioni ‘cliniche’, il Legislatore ha ritenuto di dettare una normativa volta appunto a sanzionare chi si ponga alla guida sotto l’influenza dell’alcool, cioè in una condizione di ebbrezza, graduando le conseguenze sanzionatorie in ra- RAPPRESENTANZA, DIFESA ED ASSISTENZA LEGALE PER LE IMPRESE ED I PRIVATI CONSULENZA STRAGIUDIZIALE CONTENZIOSO CIVILE E PENALE 23807 MERATE (LC) - Via Statale n.5/R Tel. 039.59.82.013 Fax 039.92.70.459 [email protected] gione del diverso tasso alcolemico riscontrato. Le tre ‘fasce’ alcolemiche Lo stato di ebbrezza è stato distinto dal Legislatore in tre fasce, con sanzioni di gravità progressiva crescente. Il livello più basso, che prevede un tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l e non superiore a 0,8 g/l, è stato depenalizzato: trovarsi alla guida con un tasso alcolemico compreso in tale fascia non costituisce più un reato, ma integra una violazione amministrativa, punita con una sanzione pecuniaria da € 500 a € 2000, con la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi. Nella fascia intermedia, che prevede un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l e non superiore a 1,5 g/l, è irrogata la sanzione penale dell’ammenda da € 800 a € 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno. Nella fascia più alta, che prevede un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, le sanzioni sono state inasprite a seguito della novella del C.d.S. di cui alla L. n.120 del 29.07.2010, con la previsione della sanzione penale dell’ammenda da € 1.500 ad € 6.000 e l’arresto da sei mesi a un anno, con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni, nonché della confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea. Va peraltro ricordato che – ai sensi del comma 2-sexies dell’art. 186 C.d.S. – l’ammenda è aumentata da un terzo alla metà, quando il fatto è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7. I conducenti di età inferiore a 21 anni, i neo-patentati ed i conducenti professionali E’ da segnalare che il Legislatore ha introdotto, con la citata Legge n.120/2010, l’art. 186 bis Codice della Strada, che prevede regole molto più stringenti per alcune categorie di soggetti: si tratta dei conducenti di età inferiore a 21 anni, dei neo-patentati e dei soggetti che esercitano professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose. Per costoro, il tasso alcolico consentito è zero. Anche per queste categorie di conducenti, l’eventuale violazione della norma prevede sanzioni graduate a seconda del livello di superamento delle varie fasce alcolemiche pre- scritte dalla legge. Se i predetti conducenti vengano sorpresi alla guida con un tasso di alcool compreso tra 0 g/l e 0,5 g/l saranno soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da € 155 ad € 624. Oltre la soglia di 0,5 g/l si applicano le medesime sanzioni previste per gli altri conducenti, ma aumentate, secondo la fascia di ebbrezza, di un terzo o da un terzo alla metà. E’ molto importante sottolineare che - nei casi in cui tali soggetti vengano trovati alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o siano recidivi – si procederà nei loro confronti alla revoca della patente. Un reato di condotta e di pericolo Appare evidente come il reato di cui all’art. 186 C.d.S. - sanzionando il comportamento di chi “guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcooliche” - sia un reato di mera condotta, dal momento che non è richiesta la realizzazione di un evento tipico; inoltre, è chiaro che si tratta di un reato di pericolo, in quanto si prescinde dalla lesione effettiva del bene giuridico tutelato, dato che la fattispecie è integrata dalla semplice commissione di un comportamento potenzialmente dannoso per la collettività. Infatti, come sopra visto, il bene giuridico tutelato è rappresentato dalla sicurezza delle persone nella circolazione stradale, mentre l’elemento soggettivo (psicologico) del reato è rappresentato indifferentemente sia dalla colpa che dal dolo. Si tratta, poi, di un reato comune, avente natura di pericolo presunto ed a forma vincolata, nel senso che il ‘tentativo’ non è configurabile. Può essere utile ricordare che la Suprema Corte di Cassazione ha già chiarito che la norma di cui trattasi “si riferisce indistintamente a tutti i veicoli in circolazione, compresi i velocipedi…” e quindi “anche il ciclista che guida in stato di ebbrezza incorre, pertanto, nel reato” (cfr. Cass. 14.11.2007 n. 3454). Il lavoro di pubblica utilità Con la già citata L. 120/2010 è stato introdotto, all’art. 186 C.d.S., il comma 9 bis, che prevede ora la possibilità discrezionale, per il magistrato, di applicare - in assenza di opposizione da parte dell’imputato - il ‘lavoro di pubblica utilità’, quale causa di estinzione del reato. La disposizione prevede, tuttavia, espliciti casi di esclusione della propria applicabilità, ed in particolare essa non può trovare applicazione: - nell'ipotesi in cui il conducente, postosi alla guida sotto l'influenza dell'alcool, provochi un incidente stradale; - nelle ipotesi di reato sanzionate dall'art. 186 bis C.d.S., disciplinante il reato di guida in stato di ebbrezza per conducenti con età inferiore a ventuno anni, per i neo patentati e per chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o cose; - nel caso in cui la stessa sia stata già una volta concessa al reo. In caso di applicazione di una prestazione lavorativa non retribuita in favore della collettività, al condannato è sempre concesso il diritto di opporsi, in quanto sulla base dell'art. 5 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea “nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio”: occorrerà, quindi, sempre il benestare del reo. Il comma 9 bis citato chiarisce che il lavoro di pubblica utilità deve consistere nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività, da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze. Quanto alla durata del lavoro di pubblica utilità concretamente inflitto, essa dovrà avere una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione delle pena pecuniaria, ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità. Può ritenersi, pertanto, che “il lavoro di pubblica utilità” previsto dal comma 9 bis dell'art. 186 C.d.S., rappresenti una causa di estinzione del reato al pari della sospensione condizionale della pena prevista e disciplinata dall'art. 163 e ss. c.p., che «può» essere applicata dal giudice solo su richiesta dell'imputato. La valutazione del magistrato di concessione o meno del lavoro di pubblica utilità, sarà formulata ai sensi dell'art. 133 c.p., ove cioè il Giudice possa compiere una prognosi favorevole sull'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, l'art. 186 C.d.S. prevede che il Giudice fissi una nuova udienza e dichiari estinto il reato, disponendo la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revocando la confisca del veicolo sequestrato. Nell'ipotesi in cui il condannato non adempia alle prescrizioni imposte con il provvedimento disponente il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'art. 186 c.d.s., il giudice, tenuto conto dei motivi, delle entità e delle circostanze, “può” disporre la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della confisca. Avv. Massimo Tebaldi Studio Legale Notaro e Associati