Consiglio di Stato

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Numero 01882/2016 e data 09/09/2016
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 8 settembre 2016
NUMERO AFFARE 01657/2016
OGGETTO:
Ministero della salute.
Schema di regolamento recante norme in materia di manifestazione della volontà
di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, in attuazione
dell'articolo 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40.
LA SEZIONE
Vista la relazione, trasmessa con nota, prot. n. 8361, del 31 agosto 2016, con la
quale il Ministero della salute ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare
consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Gabriele Carlotti;
PREMESSO E CONSIDERATO:
A) Lo schema di regolamento.
1.) Con nota, prot. n. 8361, del 31 agosto 2016, pervenuta il 5 settembre 2016, il
Ministero della salute ha trasmesso lo schema di regolamento in oggetto, insieme
alla relazione illustrativa, alla relazione A.I.R. (analisi di impatto della
regolamentazione) e alla relazione A.T.N. (analisi tecnico-normativa).
2.) Ha riferito il Dicastero della salute che, sullo schema sottoposto al vaglio
consultivo della Sezione, è stato acquisito il parere favorevole del Ministero della
Giustizia. In ogni caso, con nota, prot. n. 8367, del 10 agosto 2016 il Ministero
della giustizia ha espresso il formale assenso alla prosecuzione dell’iter del
provvedimento di cui al predetto schema.
3.) Lo schema di regolamento trova base legislativa nell’articolo 6, comma 3, della
legge 18 febbraio 2004, n. 40, recante “Norme in materia di procreazione medicalmente
assistita” e assume la veste formale di un decreto (interministeriale) dei Ministri
della giustizia e della salute.
B) L’oggetto dello schema di regolamento.
4.) In sintesi, lo schema di regolamento è volto a disciplinare gli elementi
minimi di conoscenza necessari alla formazione del consenso informato, in
caso di richiesta di accesso alle tecniche di procreazione medicalmente
assistita (d’ora in poi anche “PMA”); le modalità con cui le strutture
autorizzate allo svolgimento di tali tecniche devono fornire ai richiedenti,
per il tramite dei propri medici, le predette informazioni, comprensive di
quelle relative ai costi economici derivanti dalle procedure in questione e le
modalità con cui deve essere espressa la volontà di accedere alle tecniche di
procreazione medicalmente assistita.
C) Le ragioni dell’intervento normativo.
5.) In ordine alle ragioni dell’intervento normativo occorre premettere che, in
attuazione del comma 3 del citato articolo 6, fu adottato un precedente decreto dei
Ministri della giustizia e della salute del 16 dicembre 2004, n. 336. Sennonché si è
posta l’esigenza di aggiornare siffatta disciplina in considerazione di plurime
sopravvenienze sulle quali si intrattiene diffusamente la relazione illustrativa. In
particolare, l’amministrazione ha rappresentato che la richiamata esigenza di
aggiornamento è derivata dalla necessità a) di adeguare la relativa disciplina alle
sentenze della Corte costituzionale 8 maggio 2009, n. 151 e 10 giugno 2014, n. 162,
con le quali è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di talune norme della
legge n. 40/2004, nonché b) di tener conto di quanto previsto dall'Accordo StatoRegioni del 15 marzo 2012, sui requisiti minimi strutturali, organizzativi e
tecnologici dei Centri di PMA, ai fini della qualità e sicurezza nella donazione,
approvvigionamento, controllo, lavorazione, conservazione e stoccaggio di cellule
umane e c) di recepire le disposizioni europee relative agli esami e ai test sui
donatori di cellule riproduttive a scopo di procreazione medicalmente assistita di
tipo eterologo, recate dalla direttiva 2006/17/CE dell’8 febbraio 2006 (Direttiva
della Commissione che attua la direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l'approvvigionamento e il
controllo di tessuti e cellule umani), e, in particolare, dall'allegato III alla stessa, come
modificato dalla direttiva 2012/39/UE del 26 novembre 2012 (Direttiva della
Commissione che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate
prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani) precedentemente
non recepite in ragione del previgente divieto del ricorso alle tecniche di PMA di
tipo eterologo.
6.) Più in dettaglio, la sentenza della Corte costituzionale n. 151/2009 ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, della legge n. 40/2004, il
quale prevedeva che "le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione
tecnico- scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di
embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto,
comunque non superiore a tre"; la citata sentenza della Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale disposizione limitatamente alle
parole “ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre”. La medesima
sentenza ha, inoltre, dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 3 dello
stesso articolo 14, il quale statuiva che "qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni
non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute
della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli
embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile". In
particolare, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale norma nella
parte in cui non prevedeva che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non
appena possibile, dovesse essere effettuato senza pregiudizio della salute della
donna.
La sentenza della Corte costituzionale n. 162/ 2014 ha, invece, dichiarato
l'illegittimità costituzionale del divieto di procreazione medicalmente assistita di
tipo eterologo, originariamente recato dalla legge n. 40/2004. Segnatamente, la
predetta pronuncia ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, comma
3, della predetta legge, nella parte in cui stabiliva per la coppia di cui all'art. 5,
comma 1, della stessa il divieto del ricorso a tecniche di procreazione
medicalmente assistita di tipo eterologo, nonché dell'articolo, 9, commi 1 e 3,
limitatamente alle parole “in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3”, e dell'art.
12, comma 1, della medesima legge, che comminava sanzioni amministrative
pecuniarie per la violazione del predetto divieto.
Il sunnominato Accordo Stato-Regioni del 15 marzo 2012 applica allo specifico
settore della PMA i requisiti di qualità e sicurezza previsti dal decreto legislativo 6
novembre 2007, n. 191, recante “Attuazione della direttiva 2004/23/CE sulla
definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il
controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule
umani”, dando attuazione all'articolo 6, comma 1, di quest'ultimo decreto, secondo
cui i requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici degli istituti dei tessuti e
le linee guida per l'accreditamento, sulla base delle indicazioni all'uopo fornite dal
CNT, dal CNS e dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province
autonome, per le rispettive competenze, sono definiti con Accordo da stipularsi in
sede di Conferenza Stato-Regioni.
D.) Il contenuto dello schema di regolamento.
7.) Il regolamento si compone di tre articoli e un allegato.
L’articolo 1, nel comma 1, indica gli elementi minimi di conoscenza necessari alla
formazione del consenso informato in caso di richiesta di accesso alla PMA. Tali
elementi concernono:
a) la possibilità di ricorrere agli strumenti offerti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184,
in tema di affidamento ed adozione, come alternativa alla procreazione
medicalmente assistita;
b) la disciplina giuridica della procreazione medicalmente assistita, con specifico
riferimento ai seguenti profili: i requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alle
tecniche di procreazione medicalmente assistita, ai sensi degli articoli 1, commi 1 e
2, 4, comma 1, e 5, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40; le conseguenze
giuridiche per l’uomo, per la donna e per il nascituro, ai sensi degli articoli 8, 9 e
12, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40; le sanzioni di cui all'art. 12,
commi 2, 4, 5 e 6, legge 19 febbraio 2004, n. 40;
c) i problemi bioetici conseguenti all’applicazione delle tecniche;
d) le diverse tecniche impiegabili, incluse le tecniche di PMA di tipo eterologo, e la
possibilità per uno dei componenti della coppia di donare gameti, nonché le
procedure e le fasi operative di ciascuna tecnica, con particolare riguardo alla loro
invasività nei confronti della donna e dell’uomo, ai sensi dell’articolo 6 della legge
19 febbraio 2004, n. 40;
e) l’impegno dovuto dai richiedenti, con riguardo anche ai tempi di realizzazione,
all’eventuale terapia farmacologica da seguire, agli accertamenti strumentali e di
laboratorio da esperire, alle visite ambulatoriali e ai ricoveri, anche in day hospital, da
effettuare;
f) gli effetti indesiderati o collaterali relativi ai trattamenti;
g) le probabilità di successo delle diverse tecniche espresse come possibilità di
nascita di un bambino vivo;
h) i rischi per la madre e per il nascituro, accertati o possibili, quali evidenziabili
dalla letteratura scientifica;
i) i rischi associati alle tecniche di PMA di tipo eterologo e i provvedimenti presi
per attenuarli, con particolare riferimento agli esami clinici cui è stato sottoposto il
donatore, inclusa la visita di genetica medica, e ai relativi test impiegati,
rappresentando che tali esami non possono garantire, in modo assoluto, l’assenza
di patologie per il nascituro;
l) l’impegno di comunicare al centro, in caso di accesso a tecniche PMA di tipo
eterologo, eventuali patologie insorte, anche a distanza di tempo, nella donna, nel
nascituro o nel nato, e di cui sia ragionevole ipotizzare la presenza
antecedentemente alla donazione;
m) la possibilità che il nato da PMA di tipo eterologo, una volta adulto, possa
essere oggetto di anamnesi medica inappropriata, se non a conoscenza delle
modalità del proprio concepimento;
n) la volontarietà e gratuità della donazione di gameti, ai sensi dell’articolo 12 del
decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191, nonché la non rivelabilità dell’identità
del o dei riceventi al donatore o alla sua famiglia e viceversa, ai sensi dell’articolo
14, comma 3, del medesimo decreto legislativo;
o) i possibili effetti psicologici per i singoli richiedenti, per la coppia e per il nato,
conseguenti all’applicazione delle tecniche di PMA, con particolare riguardo alle
specificità delle tecniche di PMA di tipo eterologo;
p) la possibilità di crioconservazione dei gameti maschili e femminili per successivi
trattamenti di fecondazione assistita, ed eventualmente anche al fine della
donazione per fecondazione di tipo eterologo;
q) la possibilità di revoca del consenso da parte dei richiedenti fino al momento
della fecondazione dell’ovulo;
r) la possibilità, da parte del medico responsabile della struttura, di non procedere
alla procreazione medicalmente assistita esclusivamente per motivi di ordine
medico-sanitario, motivata in forma scritta;
s) i limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni, di cui all’articolo 14 della
legge 19 febbraio 2004, n. 40;
t) la possibilità di crioconservazione degli embrioni in conformità a quanto
disposto dall’articolo 14 della legge n. 40/2004 e dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 151 del 2009, chiarendosi che, a tal fine, deve essere precisato che
le tecniche di produzione degli embrioni non devono creare un numero di
embrioni superiore a quello strettamente necessario alla procreazione, e che il
trasferimento degli embrioni così creati deve essere effettuato non appena
possibile, senza pregiudizio della salute della donna, e altresì che deve altresì essere
illustrato e discusso il rischio di produrre embrioni soprannumerari, con la
conseguenza di destinare quelli in eccedenza alla crioconservazione. Ogni
decisione deve essere motivata in forma scritta e deve esserne conservata copia
nella cartella clinica;
u) i costi economici totali derivanti dalla procedura adottata.
Il comma 2 dell’articolo 1 prevede che le strutture autorizzate ai sensi dell’articolo
10 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, e dell’Accordo Stato-Regioni del 15 marzo
2012 siano tenute, per il tramite dei propri medici, a fornire ai richiedenti, in
maniera chiara ed esaustiva, nel corso di uno o più colloqui, gli elementi
informativi di cui al comma 1 preliminarmente alla sottoscrizione del consenso
informato e al conseguente avvio del trattamento di procreazione medicalmente
assistita. Tale consenso è acquisito unitamente al consenso relativo al connesso
trattamento dei dati personali, qualora quest’ultimo atto di consenso non sia già
stato precedentemente e separatamente acquisito.
Infine, il comma 3 stabilisce che le strutture private autorizzate sono altresì tenute
a fornire con chiarezza ai richiedenti i costi economici totali derivanti dalle diverse
procedure, preliminarmente alla sottoscrizione del consenso informato e al
conseguente avvio del trattamento di procreazione medicalmente assistita.
L’articolo 2 prescrive, al comma 1, che la volontà di accedere al trattamento di
procreazione medicalmente assistita è espressa con apposita dichiarazione,
sottoscritta e datata, in duplice esemplare, dai richiedenti congiuntamente al
medico responsabile della struttura autorizzata ai sensi dell’articolo 10 della legge
19 febbraio 2004, n. 40, e dell’Accordo Stato-Regioni del 15 marzo 2012 e che una
delle copie sia consegnata ai richiedenti e una trattenuta agli atti della struttura, che
provvede alla sua custodia nel tempo.
Il comma 2 del medesimo articolo prevede che l’allegato costituisce parte
integrante del regolamento e che esso contiene gli elementi minimi che devono
essere riportati nel modello di dichiarazione di consenso informato di cui al
comma 1.
L’articolo 3 dispone l’abrogazione del regolamento di cui al decreto del Ministro
della giustizia e del Ministro della salute 16 dicembre 2004, n. 336.
E.) Sui tempi occorsi per la predisposizione dello schema.
8.) Prima di ogni altra considerazione, il Collegio prende atto che lo schema in
oggetto è stato inoltrato alla Sezione oltre due anni dopo la pubblicazione della
sentenza della Corte costituzionale n. 162/2014, con la quale fu espunto
dall’ordinamento il divieto di fecondazione eterologa. Già nel 2014 sarebbe stato,
pertanto, altamente opportuno individuare, in via normativa, tra gli elementi
minimi di conoscenza necessari alla conoscenza per la formazione di un consenso
informato, quelli indicati nell’articolo 1, comma 1, lettere i), l), m) e o).
F.) La documentazione di corredo.
9.) Va, invece, rilevato con soddisfazione che la documentazione, pervenuta
insieme al testo dell’articolato e alla relazione ministeriale, si presenta
particolarmente approfondita (come sempre dovrebbe essere). Soprattutto si
apprezza la relazione A.I.R. nella quale, oltre a darsi conto dell’avvenuto
svolgimento di consultazioni con gli esperti del settore e del loro oggetto, si sono
anche offerti utili elementi informativi di carattere comparativo. Si coglie qui
l’occasione per ribadire che l’accuratezza dell’attività di A.I.R. concorre a rafforzare
l’effettività di qualunque regolazione, agevolando in tal modo la compliance dei
destinatari.
G.) La base legislativa e la natura del provvedimento normativo.
10.) Come sopra accennato, la base legislativa dell’intervento va rinvenuta nel
richiamato articolo 6 della legge n. 40/2004, secondo cui:“1. Per le finalità indicate dal
comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita il medico informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all'articolo 5 sui
metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti
all'applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti,
nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro. Alla
coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento
ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla
procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti
il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell'uomo devono essere fornite per
ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole
e consapevolmente espressa.
2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell'intera procedura
qualora si tratti di strutture private autorizzate.
3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita
è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità
definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l'applicazione della tecnica deve intercorrere
un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti
indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo.
4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può
decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di
ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.
5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita,
devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizionele conseguenze giuridiche di cui
all'articolo 8 e all'articolo 9 della presente legge.”.
11.) Non vi è dubbio poi che il regolamento interministeriale sia riconducibile alla
previsione di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
giacché in tal senso è l’esplicito richiamo contenuto nel corso della previsione
legislativa.
H.) Le scelte regolatorie compiute e la tecnica redazionale.
12.) Due sono le scelte regolatorie che caratterizzano, dal punto di vista giuridico,
lo schema di decreto in esame.
13.) La prima, già compiuta in occasione del precedente decreto n. 336/2004 (sul
quale questa Sezione rese il parere favorevole nella seduta del 26 luglio 2004), è
consistita nell’estendere il contenuto della regolazione a tutti gli aspetti del
consenso informato interessati dalle previsioni del succitato articolo 6 della legge n.
40/2004. Ed invero, sebbene il primo periodo del comma 3 del sunnominato
articolo 6 circoscriva apparentemente l’area affidata alla fonte secondaria alla sola
determinazione delle modalità con cui esprimere la volontà di accedere alle
tecniche di PMA, nondimeno è evidente che il consenso informato debba
involgere anche le altre previsioni dell’articolo 6. Difatti, come chiarito nella
relazione A.I.R., la finalità dell’intervento normativo è quella di raggiungere
l’obiettivo di rendere le coppie che intendano accedere alle tecniche di PMA
pienamente consapevoli sui rischi di dette tecniche e sulle possibili conseguenze
negative che potrebbero derivare dal ricorso alle stesse.
14.) La seconda scelta regolatoria ha riguardato l’opzione per la riscrittura
dell’intero provvedimento in luogo della interpolazione delle nuove previsioni in
quelle del precedente decreto interministeriale n. 336/2004, ricorrendo al metodo
della novellazione. Anche tale scelta è condivisibile in ragione dell’importanza
dell’intervento in relazione alle rilevanti sopravvenienze delle quali si è dato sopra
conto e, in particolare, dei pronunciati del Giudice delle leggi in ordine al numero
di embrioni che possono essere creati (essendo venuto meno il limite massimo di
tre o l'obbligo di un unico e contemporaneo impianto degli stessi); alle modalità di
impianto degli embrioni crioconservati, nei casi in cui sia consentita la
crioconservazione (essendo stato specificato che il trasferimento in utero degli
embrioni crioconservati, da effettuare comunque non appena possibile, debba
avvenire senza pregiudizio della donna) e la necessità di recepire le disposizioni
europee relative agli esami e ai test sui donatori di cellule riproduttive a scopo di
procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.
15.) Coerente con detta scelta è, quindi, l’articolo 3 dello schema che reca
l’abrogazione del precedente decreto interministeriale.
16.) Sul piano del drafting si segnala l’opportunità di corredare gli articoli di
apposite rubriche, in modo da agevolare la lettura del futuro provvedimento.
I.) Sul contenuto sostanziale dello schema di regolamento.
17.) Alla stregua delle precedenti considerazioni in merito alle scelte regolatorie alla
base dell’intervento normativo la Sezione ritiene che i nuovi contenuti precettivi,
specialmente gli elementi minimi introdotti nel comma 1 dell’articolo 1, siano
coerenti con le finalità di consentire alle coppie interessate di compiere una scelta
consapevole circa il ricorso alle tecniche di PMA sulla scorta di un’adeguata
informativa, tenuto conto delle modifiche dell’ordinamento giuridico nel frattempo
intervenute.
18.) Non compete ovviamente alla Sezione verificare se siano corrette, dal punto di
vista medico-scientifico, le scelte implicitamente sottese ad alcune previsioni, ad
esempio con riferimento agli esami da effettuare ai fini dello screening genetico dei
donatori nel caso delle tecniche di PMA di tipo eterologo. A tal riguardo la
Sezione, investita di un mero vaglio tecnico-giuridico, deve limitarsi a verificare se
sia ragionevole e non manifestamente carente l’istruttoria presupposta. Al riguardo,
dunque, si osserva che, nella relazione A.I.R. si è dato conto dello svolgimento di
non brevi consultazioni di esperti del settore e dell’ottenimento anche di un parere
del Consiglio superiore di sanità, al quale l’amministrazione si è conformata. Tali
circostanze consentono di escludere - sul piano strettamente giuridico e sulla base
della sola documentazione pervenuta dal Ministero della salute - che il
provvedimento, sotto il profilo indicato, presti il fianco a vizi di sorta.
19.) Si suggerisce unicamente una integrazione dell’articolo 1, comma 2, dello
schema di decreto. Si è già riferito, invero, che l’articolo 6, comma 1, della legge n.
40/2004 impone al medico di informare le coppie che intendano accedere alle
tecniche di PMA sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali
sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche stesse, sulle
probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative
conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro. Sennonché
l’articolo 6 precisa che l’informazione in ordine a tali aspetti debba essere
fornita “prima del ricorso”, ma anche “in ogni fase di applicazione delle tecniche di
procreazione medicalmente assistita”. Orbene, l’intero testo del regolamento prende in
considerazione solo la fase dell’accesso alle tecniche di PMA, mentre, per dare
completa attuazione al dato positivo di rango primario, l’informativa in questione
dovrebbe essere assicurata anche nelle fase successive dell’applicazione delle
tecniche di PMA. Il Collegio reputa, invece, che l’attenzione alla necessità di
un’informativa che segua tutte le fasi dell’applicazione delle tecniche di PMA possa
risultare particolarmente utile – nell’interesse sia delle strutture sia delle coppie
coinvolte – nell’eventualità in cui dette fasi si collochino temporalmente prima
della fecondazione, giacché fino alla fecondazione dell’ovulo la legge n. 40/2004
(articolo 6, comma 3, ultimo periodo) ammette la revocabilità del consenso già
espresso. Onde, dunque, adeguare lo schema di regolamento alla volontà legislativa
desumibile dai commi 1 (che impone l’obbligo di ulteriore informativa) e 3 (che
limita l’espressione per iscritto del consenso al solo accesso alle tecniche di PMA)
del citato articolo 6, si ritiene sufficiente aggiungere, nel comma 2 dell’articolo 1, in
fine, il seguente periodo: “Senza necessità di integrare il consenso già acquisito, gli elementi
informativi di cui al comma 1, lettere c), f), g), h) ed o), sono forniti in ogni fase di applicazione
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.”.
L.) Ulteriori considerazioni di contesto.
20.) Il Collegio ravvisa, nell’occasione rappresentata dalla richiesta di parere,
l’opportunità di sottoporre all’attenzione dei Ministri della giustizia e della salute
due osservazioni le quali, sebbene non strettamente attinenti al vaglio sullo schema
in oggetto, potrebbero comunque incidere sulla futura applicazione della disciplina
e che meriterebbero un intervento, seppur non di carattere normativo, dei due
Dicasteri.
21.) In primo luogo si segnala che il combinato disposto degli articoli 5 e 12,
comma 2, della legge n. 40/2004, per come sono formulate le due previsioni,
potrebbe dar luogo a soluzioni esegetiche non condivisibili. Più in dettaglio, si
osserva che l’articolo 5 dispone che:“…possono accedere alle tecniche di procreazione
medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età
potenzialmente fertile, entrambi viventi.”. L’articolo 12, comma 2, recita: “Chiunque a
qualsiasi titolo, in violazione dell'articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente
assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia
minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi
è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.”. Orbene, se
l’interpretazione letterale dell’articolo 5 conduce pacificamente a ritenere che
possano accedere alle tecniche di PMA anche i coniugi non conviventi, per contro
il successivo articolo 12, a causa della ben nota indefinitezza semantica della
disgiunzione “o” (che logicamente può avere indifferentemente valore “inclusivo”
o “esclusivo”), si presta a esegesi che, in scongiurate ipotesi, potrebbero approdare
alla conclusione della sanzionabilità della condotta di chi abbia applicato le
tecniche della PMA a coniugi non conviventi, sanzionabilità per contro da
escludersi (stante la riferita previsione dell’articolo 5) in forza del principio di non
contraddizione che permea l’ordinamento giuridico.
Ove non si sia già provveduto, sarebbe pertanto utile che la problematica
ermeneutica appena illustrata fosse affrontata in un atto ministeriale (ad esempio,
una circolare o delle linee guida o delle istruzioni).
22.) In secondo luogo si rileva il comma 4 del succitato articolo 12 della legge n.
40/2004 commina una sanzione pecuniaria (da 5.000 a 50.000 euro) a chiunque
applichi tecniche di PMA senza aver raccolto il consenso secondo le modalità di
cui all’articolo 6 della stessa legge. Orbene, pur nella piena consapevolezza che
rimangono riservate al Legislatore le scelte dosimetriche nella definizione dei limiti
edittali di una misura punitiva, il Collegio non può astenersi dal considerare che la
condotta illecita descritta nel precetto del ridetto comma 4 è gravissima e che essa
può dar luogo a devastanti conseguenze di ordine psicologico, sanitario e giuridico
per una coppia che sia stata sottoposta a tecniche di PMA, in assenza di
un’adeguata informativa di carattere preventivo. L’interesse pubblico è, quindi, nel
senso di impedire - là dove il responsabile dell’illecito sia un medico o un altro
sanitario appartenente a una professione regolamentata - ogni recidivanza in
condotte illecite siffatte. Un obiettivo del genere non è assicurato dal ricordato
comma 4 dell’articolo 12, mentre potrebbe essere in parte realizzato, in via
amministrativa e di prassi, qualora i due Ministri, sempre con un atto di natura
interpretativa o, comunque, di soft law (qualora non abbiano già provveduto in tal
senso), stabiliscano un raccordo automatico tra il ricevimento dellanotitia
criminis relativa all’illecito di cui al comma 4 dell’articolo 12 e la tempestiva
informativa dell’Ordine di appartenenza del responsabile (ove iscritto a un albo) ai
fini dell’avvio del relativo procedimento disciplinare.
M.) Conclusioni.
23.) In ragione di tutto quanto sopra premesso e considerato, la Sezione esprime
parere favorevole sullo schema in oggetto.
P.Q.M.
Nei sensi sopra espressi è il parere favorevole della Sezione.
L'ESTENSORE
Gabriele Carlotti
IL PRESIDENTE
Franco Frattini
IL SEGRETARIO
Maria Luisa Salvini