Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui…

Transcript

Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui…
Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui…
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.
I versi appartengono al canto XVII del Paradiso dantesco, il terzo del trittico dedicato al trisavolo
Cacciaguida.
Inizia la spiegazione della profezia sull’esilio del poeta, che dovrà lasciare Firenze per colpa della
Curia papale romana.
Dante dovrà abbandonare ogni cosa più amata e ciò costituisce la prima pena dell'esilio, quindi
proverà com'è doloroso accettare il pane altrui, com’è gravoso mettersi al servizio di vari signori.
In questa terzina di grande intensità viene descritta l'angoscia di ogni esule, di chi è costretto a
lasciare la propria patria e le cose più care, per andare a cercar fortuna in luoghi sconosciuti,
trovando la compagnia di gente straniera, diffidente e ostile.
Siamo assuefatti alle notizie degli sbarchi di migranti sulle nostre coste, alle morti che a volte
accompagnano le traversate di mari che non conoscono alcuna pietà, alla condizione disumana dei
campi profughi.
Con superficialità ascoltiamo la TV senza essere nemmeno turbati, anzi a volte infastiditi, da
questo “ulteriore” problema tra i tanti che accompagnano le nostre giornate.
Morti e dispersi sono ridotti, per la cronaca, alla stregua di numeri, e i numeri, si sa, sono freddi,
non danno emozioni , non inducono pietà.
Ma ci domandiamo cosa c’è nel loro cuore? quali angosce? quali speranze?
Non dimentichiamo che fino a qualche generazione fa eravamo noi nella loro condizione.
Chi ha qualche anno sulle spalle ricorderà ancora i bastimenti che partivano carichi di nostri
parenti, diretti verso paesi lontanissimi per l’epoca, in cui l’aereo era un privilegio di pochi. E ancor
prima ci raccontavano della grande ondata migratoria di fine Ottocento - inizio Novecento.
Viaggi che duravano settimane e mesi, verso terre di speranza, come Stati Uniti, Sudamerica,
Australia, in cui la possibilità di un viaggio di ritorno era remota e quei saluti potevano essere gli
ultimi tra persone che potevano non incontrarsi mai più.
Ancora oggi molti dei nostri giovani, anche se in condizioni diverse, laureati e con qualifiche
professionali, sono costretti per mancanza di lavoro in patria a “ provare come sa di sale lo pane
altrui…”.
Lasciano la loro terra, non sui barconi della disperazione, ma in aereo, verso mete di un mondo
globalizzato: ma, “globalizzazione” è un termine solo economico che non vale per il cuore.
Chi parte per “scendere e ‘l salir per l’altrui scale” prova nell’animo gli stessi sentimenti e lo stesso
dolore che ha provato Dante nel suo esilio e che ogni essere umano prova, quando è costretto a
lasciare le proprie radici.
Il messaggio del Poeta, in questo senso, è universale e vale in ogni tempo, perché tutto cambia,
tutto si evolve, ma l’uomo è e rimarrà sempre un essere che avrà bisogno di amicizia, di amore, del
calore dei propri cari, dei profumi della propria terra. Nessuna globalità lo renderà insensibile a
quelle emozioni che hanno accompagnato la nostra storia e che ci rendono quelli che siamo e
saremo sempre.
Giuseppe De Luca