Libertà e diritti altrui - Lega italiana dei diritti dell`uomo

Transcript

Libertà e diritti altrui - Lega italiana dei diritti dell`uomo
Libertà e Diritti altrui
Ideali, Libertà di pensiero e d’azione
Gl’ideali sono le idee in sé, che la mente intuisce nel mondo intelligibile in modo puro. Ad esempio i puri
ideali del bello, del buono, del giusto e del vero, coi quali confrontiamo le cose che ci circondano per
valutare la loro armonia estetica, il bene che da esse deriva a noi, agli altri ed in genere a tutti od alcuni,
l’adeguata misura nei rapporti reciproci, la rispondenza di conoscenze e competenze coll’ideale o la realtà
materiale, o fra quello che s’esprime e quanto si pensa.
Insomma le idee in sé sono gli archetipi del nostro modo di pensare e per questo sono principi
inderogabili, un’espressione imprescindibile del nostro pensiero. Anche i Diritti dell’uomo sono degli
ideali, in quanto costituiscono per definizione Immortali Principi di libertà di coscienza, uguaglianza
sotto una legge comune, libertà di pensiero e d’espressione attraverso i mezzi di comunicazione sociale,
libertà d’associazione, divieto della tortura e di qualunque sevizia corporale, diritto d’essere giudicati da
giudici indipendenti, l’accesso a tutte le cariche pubbliche senz’altra condizione che il merito, la
temporaneità ed eleggibilità delle rappresentanze e cariche politiche, il diritto della Nazione a darsi una
Costituzione che disciplini la distinzione e bilanciamento fra potere legislativo e di governo e
funzione giudiziaria. Questi Immortali Principi sono, infatti, i presupposti antropologici, cioè legati
alla natura individuale e sociale dell’essere umano, della comunità politica e della società civile, e quindi il
fondamento d’ogni diritto pubblico e privato delle Nazioni, in quanto la natura ha fatto gli esseri umani liberi
ed eguali, e le distinzioni necessarie a l’ordine sociale sono fondate unicamente sull’utilità generale. È questo
che dota ogni essere umano di diritti inalienabili al libero pensiero, al benessere nella vita, alla proprietà sulle
sue cose, alla libera disponibilità della sua persona, delle proprie facoltà ed industriosità, nelle comunicazioni
con gli altri, nella ricerca della propria felicità e ad opporsi ad eventuali tentativi di dominio altrui o ad
indirizzi ideali che non condivida. Questi diritti si dicono naturali proprio in quanto sono fasci di facoltà,
poteri della volontà che attengono alla natura dell’essere umano come soggetto senziente, animato dalle
proprie emozioni e sentimenti, diretto nello spirito da un libero pensiero. La libertà di pensiero
consiste nello specifico diritto dell’essere umano a non subire violenza o pena da chiunque volesse coartarlo,
imporgli una qualunque dottrina religiosa, filosofica o specificatamente scientifica, politica, morale od
estetica.
La libertà d’azione è la facoltà di tradurre la propria volontà in atti orientati ad un fine liberamente
determinato. Esiste, quindi, un rapporto strettissimo fra gl’ideali e la libertà di pensiero e d’azione. Infatti
gl’ideali sono intuiti dalle coscienze come propri, hanno un valore per esse, quando il pensiero è libero
da condizionamenti e gli intuisce secondo la propria libera determinazione, ed essi allora indicano alla
volontà umana i fini della sua azione individuale e collettiva. Attraverso questa concatenazione gl’ideali
diventano realtà, cioè vengono tradotti in atti e questi in fatti, in cose realizzate. Il detto di Giorgio
Guglielmo Federico Hegel che l’Ideale è reale descrive proprio la consapevolezza che ogni cosa si vede
realizzata nel mondo lo è stata dalle azioni nelle quali un libero pensatore ha tradotto i propri ideali. Il ché
non ci obbliga affatto a farci piacere il mondo che ci circonda, in quanto i nostri ideali possono anche
contrastare colla realtà così come ci si manifesta attorno, ma allora ognuno ha il dovere di chiarirsi le idee
nel proprio libero pensiero e liberamente determinarsi ad agire di conseguenza per riformare la realtà. In
sostanza l’idealismo, come consapevolezza che la realtà è l’attuazione d’un idea maturata nello
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
spirito di qualcuno, si mostra sempre più positivo del realismo scettico, della convinzione che le
cose abbiano un valore assoluto in sé in quanto tali e vadano, quindi, accettate senza critica ed
ad esse debba adeguarsi il proprio pensiero. Così infatti non saremmo affatto liberi pensatori ma
saremmo «pensati» e non pensanti, senza ideali nostri ma solo utenti d’idee altrui, e non saremmo
neppure «uomini d’azione» ma semplicemente «agiti», cioè asserviti all’azione d’altri. Il ché non
toglie che ogni nostra libera azione, per tradurre in realtà ideali liberamente pensati non debba
confrontarsi con la realtà materiale, col libero pensiero altrui e la volontà degli altri, poiché ogni
libertà di pensiero e d’azione interagisce con la libertà di pensiero e d’azione altrui, che dobbiamo
rispettare anche quando non condividessimo, anzi contrastassimo nel principi e nelle azioni
conseguenti.
Questa è la dialettica, cioè l’antitesi d’idee, punti di vista, deduzioni logiche che se ne facciano,
azioni conseguenti, che costituisce una sorta di «realtà discorsiva» della storia, che in ogni
tempo ne è la sintesi momentanea, sempre poco dopo superata dagli ideali, dai liberi pensieri ed
azioni degli esseri umani dialoganti in società.
Libertà e Volontà
La libertà è la facoltà naturale dell’uomo di fare quel che voglia, nel rispetto della libertà
altrui e dell’ambiente naturale che garantisce la sussistenza e l’equilibrio d’ogni forma e consapevolezza
di vita. Quindi il sentimento di libertà viene alla luce, nel sé, quando s’abbia volontà di
fare qualcosa. Quando vogliamo essere liberi di fare quanto c’aggrada. È, perciò, innanzitutto, una
manifestazione di libero pensiero. Nessuno può voler fare qualcosa che non abbia pensato affatto
di fare. Occorre che ci passi per l’anticamera del cervello la volontà di fare qualcosa, e quindi di
rivendicare la sacrosanta libertà di volerlo fare. D’altra parte, se pensiamo di fare qualcosa, e poi
non abbiamo la volontà d’agire, non facciamo proprio un bel nulla. Giuseppe Mazzini mise sempre
l’accento sul pensiero e l’azione. Il suo motto fu «pensiero ed azione». Alfredo Oriani mise
l’accento sulla volontà: «pensiero→volontà→azione». Occorre pensare l’idea, volerla realizzare, ed
agire, darsi da fare, rimboccarsi le maniche per farlo. Senza volontà la libertà resta un desiderio
dell’anima. È per questo che si dice che la libertà non la si riceve mai in dono, occorre sempre
conquistarla.
Se il fato, che poi non è un caso cieco ma la risultante delle volontà in azione in un momento
storico ed in una regione dello spazio, ci ha fatto nascere in uno Stato libero, che garantisce ad
ognuno i diritti di libertà, ma non abbiamo idee da realizzare o voglia di darci da fare, abbiamo
sì garantita la libertà, ma non ne godiamo per mancanza di volontà. Quando, poi, in uno Stato
libero la grande massa degli esseri umani si mostrasse indifferente alla libertà garantita, e solo una
minoranza avesse coscienza e volontà d’agire, e ciò si consolidasse nella storia di quella Nazione,
allora di fatto si verrebbe ad istituire un’oligarchia, che in greco significa principio del governo di
pochi i quali, nel perdurare della situazione, finirebbero prima o poi per consolidarlo con forme
di privilegio per loro, e lo Stato si trasformerebbe, prima o poi, in Stato semilibero, in cui i diritti
di libertà verrebbero garantiti non a tutti, ma solo ad alcuni, al ceto di coloro che vollero darsi
da fare per tradurre in fatto sociale la loro libertà esclusiva, nella presunzione di costituire una
Libertà e Diritti altrui________________________________________________________________________________
aristocrazia, cioè la forza dei migliori che vollero e seppero, nell’indifferenza, menefreghismo,
pigrizia, comunque inazione dei più, guadagnarsi la propria libertà come privilegio esclusivo di
ceto. Se, poi, l’indifferentismo politico, l’amore per il gioco del calcio allo stadio e l’uggia per la
noia provocata dai discorsi parlamentari, le serate con gli amici all’osteria preferite a qualunque
comizio di piazza, l’attenzione al pettegolezzo nelle vicende amorose di quella che, di tempo in
tempo, si chiama l’«alta società», diventassero inclinazioni condivise dalla generalità d’una Nazione,
fidente nel Capo dello Stato o del Governo, nella sua capacità di «uomo della Provvidenza»,
che fa tutto lui e persino pensa a tutto lui, come quel Re della Casa dei Borbone Due Sicilie che
si chiese perché il popolo dovesse godere di libertà di pensiero dato che pensava lui per tutti
ed a tutto, allora lo Stato, prima o poi, degenererebbe in Stato dispotico, cioè governato da un
despota, in greco padrone, padrone assoluto dello Stato e dei suoi sudditi. Occorre ricordare che
la storia civile degli esseri umani se anche è ricca d’esempi di persone che, per ambizione o sete
di potere ovvero guadagno, hanno ambìto al potere assoluto, è altresì piena d’esempi di tiranni
che si sono ritrovati ad essere tali, qualche volta anche contro la propria volontà, per indolenza,
pigrizia, inattività, mancanza in poche parole di volontà libera e consapevole da parte delle
popolazioni stanziate nel territorio dello Stato da essi retto. S’è detto popolazioni in quanto un
popolo è tale quando è in grado d’esprimere, consapevolmente, una volontà generale, mentre
una popolazione è solo una accolita d’individui a prescindere dalla espressione o meno di questa
volontà e di simile consapevolezza, a livello individuale e collettivo. È questo indiffernentismo,
altresì, che fa degenerare la posizione del singolo da quella di cittadino, di consapevole membro
d’un popolo con una propria volontà, a suddito, soggetto passivo ed ubbidiente dell’esercizio del
potere d’un suo Signore.
Volontà e Necessità
Ripetiamocelo: la libertà è la facoltà naturale dell’uomo di fare quel che voglia, nel rispetto
della libertà altrui e dell’ambiente naturale che garantisce la sussistenza e
l’equilibrio d’ogni
forma e consapevolezza di vita. Quindi, è necessario rispettare la libertà altrui e l’ambiente naturale
che garantisce la sussistenza e l’equilibrio d’ogni forma e consapevolezza di vita, in quanto
altrimenti la nostra libertà negherebbe la libertà altrui e diverrebbe tirannia sugli altri, oppure i
nostri comportamenti e le nostre azioni comprometterebbero i delicatissimi equilibri coi quali la
natura dà vita alle varie forme dell’essere, determinando la catastrofe naturale. Intendiamoci, la
Terra è un piccolissimo globo d’un piccolo sistema solare nell’universo delle galassie, per cui qualunque
disastro ambientale il genere umano fosse in grado di produrre sulla Terra, l’evoluzione
degli infiniti mondi del cosmo proseguirebbe assolutamente imperterrita per la sua strada. Quindi
la salvaguardia dell’ambiente di vita sulla terra è principale interesse dell’essere umano, che vi
vive e senza esso non potrebbe vivere altrove, almeno secondo i parametri della nostra catena
evolutiva in questo momento storico. Condizione forse limitata e modesta, che per altro è l’unica
che c’è dato vivere, qui ed ora.
La necessità è l’espressione di sintesi, colla quale s’indica questa condizione individuale
dell’essere umano, e collettiva dell’Umanità. La libertà trova, così, i suoi limiti in questa necessità:
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
sia sociale, la convivenza in società colla libertà altrui, che cosmica, la convivenza con gli altri
esseri senzienti e le forze della natura. Questa delimitazione dei confini fra libertà e necessità dà
vita al diritto, come manifestazione oggettiva, che per tanta parte non è altro d’una regolamentazione
dei confini fra la libertà dei singoli esseri umani, fra la libertà degli individui e le esigenze
della collettività, fra la volontà degli esseri umani e le necessità di vita degli altri esseri senzienti e
d’equilibrio fra le energie. Così, per tracciare questi confini, la libertà s’articola nei distinti diritti
di libertà, la facoltà naturale dell’uomo di fare quel che voglia diviene: la facoltà di pensare liberamente,
la facoltà d’esprimersi liberamente e d’usare dei mezzi di comunicazione sociale, la facoltà
d’eleggere i propri deputati a presentare e votare le leggi che disciplinano la sua vita, la facoltà
d’associarsi con altri per perseguire scopi leciti, la facoltà d’acquistare in proprietà dei beni o di
vendere quanto si possegga, in generale la facoltà di convenire con altri su qualcosa nei reciproci
rapporti, la facoltà d’espatriare e di stabilirsi dove si voglia, la facoltà d’intraprendere un’impresa
agraria commerciale artigianale od industriale, la facoltà di prestare il proprio lavoro dietro
corrispettivo ad un impresa altrui e di contrattare le condizioni di lavoro anche in lega con altri
compagni, la facoltà di convivere secondo le norme prescritte con altro essere umano, la facoltà di
formarsi secondo l’indirizzo di studi che si gradisca, la facoltà d’esercitare in via autonoma l’arte o
mestiere che si preferisca, e via enumerando.
Naturalmente, la necessità di delimitare i confini della propria libertà fa si che ad ogni specifico
diritto di libertà disegnato come un ben determinato potere della volontà corrispondano dei
precisi doveri verso altri nello specifico e verso la comunità o la società in genere. Ad esempio, la
libertà di coniugarsi con altro essere umano comporta il correlativo dovere d’allevare, educare,
istruire e mettere in grado di camminare da sé per le vie del mondo la prole che ne nasca; la libertà
di porsi al servizio d’un impresa altrui comporta il dovere di collaborarvi con lealtà; la libertà di
avere in proprietà dei beni comporta il dovere di bene amministrarli nell’interesse dell’economia
generale; la libertà di manifestare il proprio pensiero anche con mezzi di comunicazione sociale
comporta il dovere di portare rispetto alla dignità degli altri esseri umani ed animati; il diritto di
possedere animali o vegetali implica il dovere di custodirli e rispettarne la sensibilità e la suscettibilità,
d’evitarne qualunque sofferenza ed al rispetto per ogni manifestazione della natura, e
compagnia cantando. Questo sistema complessivo di diritti e doveri soggettivi, cioè dei diversi
soggetti dell’ordinamento, costituisce il diritto in senso oggettivo, cioè l’ordinamento giuridico
nel suo complesso, che non è altro che l’insieme delle norme poste a delimitare i confini fra volontà
degli esseri umani e necessità.
Volontà degli esseri umani e Leggi della natura
Per leggi della natura s’intendono le regolarità che la ricerca scientifica, nei vari campi delle
scienze esatte, naturali, umane e sociali, ha riscontrato ricorrere nei fenomeni studiati, attraverso
calcoli od esperimenti ripetibili e quindi verificabili. È chiaro che l’essere umano, se vuole raggiungere
lo scopo prefisso con la propria volontà, deve seguirle secondo le proprie necessità.
Se gli è necessario far di conto, non può, per sua volontà, disporre che due più due non faccia
quattro; se vuole misurare l’area d’un terreno non può prescindere dalle regole della geometria;
Libertà e Diritti altrui________________________________________________________________________________
se gli è utile fare bollire dell’acqua dovrà portarne la temperatura a cento gradi centigradi, e via
enumerando per le varie leggi della fisica, della chimica, della biologia, della psicologia, dell’economia
domestica o di quella aziendale e politica, della sociologia. Le leggi della natura non sono
d’ostacolo alla volontà umana ma d’ausilio, in quanto se l’essere umano le segue ed utilizza al
proprio scopo esse disegnano la mappa delle vie ch’egli deve seguire per raggiungere gli scopi che
si prefigge per mezzo della sua volontà.
L’applicazione delle leggi della natura, delle regolarità manifestatesi nei fenomeni ripetibili,
secondo un certo metodo che ne consenta l’utilizzo per gli scopi voluti, è quanto in genere si
designa come tecnica, cioè scienza applicata a raggiungere i risultati che la volontà umana si
prefigga. Ciò vale anche per le scienze sociali. Un legislatore od un governo possono decidere, in
base al mandato ricevuto dagli elettori che hanno votato un partito che si propone come portatore
d’un certo indirizzo, se seguire nel commercio internazionale una politica liberista o protezionistica,
nella politica sociale propendere per una legislazione favorevole all’iniziativa privata o socialista,
ma qualunque politica economica che comportasse una marchiana violazione delle leggi
dell’economia politica sarebbe destinata al fallimento, mentre raggiungerebbe lo scopo prefisso
quando ne facesse un’applicazione tecnicamente corretta. Così una riforma scolastica dell’ordine
delle classi elementari e medie non raggiungerebbe gli scopi pedagogici che si fosse prefissa se
comportasse delle metodologie formative che contrastassero con le leggi della psicologia dell’età
evolutiva dell’essere umano. Od una politica sociale sarebbe destinata al fallimento qualora la sua
posta in opera venisse fatta in contrasto con i metodi scientificamente testati della pianificazione
sociale. Detto così il tutto sembra sufficientemente chiaro. Tuttavia, nella realtà della vita politica
l’essere umano è ancora, per tanti versi, così primitivo da ritenere che la «volontà politica» possa
non tenere in alcun conto delle leggi della natura fisica, chimica, biologica e psicologica e sociale
dell’uomo. Non è così assurdo assistere al varo d’una politica economica che si prefigga di soddisfare
certi strati sociali che appoggiano nelle elezioni un certo partito politico anche se essa
configge con leggi basilari e conosciutissime dell’economia politica, o ad una riforma del sistema
penale che non consideri le leggi psicologiche che si manifestano in fenomeni di devianza criminale,
perché ad essa sono favorevoli avvocati o magistrati, od una riforma scolastica non motivata
da esigenze pedagogiche ma per rendere stabili nel lavoro insegnanti precari.
Gli antichi greci consideravano tiranno chi violava le leggi della natura, nelle democrazie
moderne spesso se ne prescinde in nome della «volontà politica», questo però non è un modo per
attuare veramente quella volontà, ma solo per promulgare norme o prendere misure di governo
che non raggiungeranno gli scopi prefissi. Quando le leggi di natura coinvolte nelle decisioni
riguardino, poi, le regolarità che si manifestano nella struttura fisica, chimica, biologica allora la
situazione richiede ancora maggiori riguardi, in quanto comportamenti in contrasto con la fisica,
con la chimica o la biologia finiscono sempre col compromettere i delicati equilibri coll’ambiente
naturale che ci circonda. Ciò corre il rischio di compromettere i rapporti tra l’essere umano e la
natura circostante, e cioè la sopravvivenza della stessa specie umana. Qui un contrasto fra la volontà
umana e le leggi della natura si manifesta sempre in un modo tragico. Spesso l’essere umano
non se ne rende conto per insufficiente preparazione scientifica. È questo uno dei motivi per cui,
nella società contemporanea, l’istruzione si manifesta essere un elemento basilare per la vita e la
libertà dell’uomo in società.
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
Mia volontà e volontà dell’Altro
Il diritto nasce per delimitare i confini fra la mia volontà e la volontà dell’altro. Ciascun
essere umano non è, per fortuna, solo sul pianeta e, quindi, se ha libertà assoluta di pensiero,
quando però il pensiero si manifesta in una volontà che si traduce in atti, nel fare qualcosa, questi
atti troveranno un limite, oltre che nelle leggi della natura, anche nelle azioni che manifestano
la volontà altrui. Per questo il pensiero non è mai giuridicamente censurabile, mentre possono
esserlo le azioni nelle quali si traduce questa volontà, in quanto sono quelle azioni che possono
invadere la sfera della libertà altrui. Sono liberissimo di sentire la musica che preferisco ma non
posso, mettendo il giradischi a troppo alto volume, invadere la libertà del mio vicino che vuole,
invece, dormire. Per cui la mia volontà trova il limite nel necessario rispetto della volontà altrui. Si
chiama, pertanto, diritto soggettivo la sfera d’esercizio dei poteri della volontà dei singoli soggetti,
e diritto oggettivo le regole che delimitano le sfere di libero esercizio delle volontà dei soggetti,
per evitare che esse si urtino tra loro. È l’armonia delle sfere nell’universo sociale. Tuttavia, ciascuno
di noi può anche avere con gli altri un’utile scambio di volontà, che si possono accordare per
uno scopo comune. Ad esempio, quando voglio comprare un giornale, la mia volontà s’incontra
con quella del giornalaio che vuole vendere i giornali per guadagnarsi da vivere. Questo incontro
di volontà, che si manifesta delle scambio fra il giornalaio che mi dà il giornale e quello di noi che
gli paga il prezzo, si chiama contratto.
Solo per alcuni contratti sono previste forme particolari, ad esempio per comprare o vendere
un’immobile, cioè un terreno ad una casa costruita sopra, occorre non solo la forma scritta, cioè
mettere i termini dell’accordo per iscritto, ma anche il cosiddetto atto pubblico, cioè quello scritto
deve essere ricevuto da un pubblico ufficiale, è a dire un’ufficiale che rappresenta la collettività,
come un notaio, e pubblicato, cioè reso conoscibile dal pubblico, secondo determinate forme. Per
molti altri contratti, invece, l’incontro di volontà può essere del tutto libero, senza forme particolari,
come quando vado in libreria e compro un libro. Poi questo incontro di volontà può avvenire
anche sulla volontà di più persone d’associarsi tra loro per fare qualcosa assieme, per esempio
delle attività sportive o culturali. In questo caso la volontà sarà espressa in quello che si chiama
l’atto costitutivo dell’associazione, che deve comprendere anche lo statuto, cioè le norme che i
soci dell’associazione si danno per regolarne l’attività, ad esempio l’atto costitutivo e lo statuto
d’una associazione ginnica, cioè per fare ginnastica assieme.
Gli esseri umani usano anche accordarsi nelle volontà per mettere in comune i capitali per
produrre e commerciare qualcosa, ad esempio per fare e vendere barche. In questo caso l’organizzazione
che si danno si chiama società commerciale. Quando qualcuno cerca lavoro, tenta
d’accordare la propria volontà con qualche altro che dia lavoro, e per questo si chiama datore di
lavoro ed il contratto tra le parti contratto di lavoro. Poi, siccome coloro i quali prestano lavoro e
coloro i quali lo danno si trovano ad avere la medesima parte ed interessi nei rapporti di lavoro,
sorgono delle associazioni tra i prestatori di lavoro, che si chiamano sindacati, ed altre associazioni
fra imprenditori, che si chiamano unioni imprenditoriali. Dato questa comunanza d’interessi
dei lavoratori fra loro e degli imprenditori fra loro, ma anche fra lavoratori ed imprenditori
per condurre un dato ramo della produzione, si cerca un accordo fra la volontà dei sindacati dei
lavoratori e quella delle unioni d’imprenditori d’un dato settore. Questi accordi di volontà collet-
Libertà e Diritti altrui________________________________________________________________________________
tive fra produttori si chiamano contratti collettivi. Chiaramente, poi, perché i cittadini d’uno Stato
vivano pacificamente sotto leggi ed autorità di governo comunemente accettate, vi deve essere
un minimo di volontà generale comune per accoglierle, che si chiama consenso. Senza un minimo
di consenso di volontà gli Stati non vivono, ed è come quindi che i cittadini consentissero ad un
contratto. Così alcuni autori, dal milleseicento ad oggi, ad esempio Thomas Hobbes, John Locke,
Jean Jacques Rousseau, John Rawls, descrivono questo tacito accordo di volontà tra cittadini come
un contratto sociale, col quale essi dando alle pubbliche autorità mandato per tutelare i propri diritti
e mantenere la pace sociale. Per questo gli Stati sono rappresentativi della società civile, cioè
dei loro cittadini associatisi per dar loro il consenso a legiferare, governare e rendere giustizia.
Gli Stati esprimono, in questo modo, la volontà generale dei propri cittadini, ed anche la
volontà di queste collettività possono entrare in contatto con altre volontà collettive. Questo è il
problema del diritto internazionale, cioè della regolamentazione fra le volontà degli Stati per impedire
che entrino in contrasto fra loro. La regola universale è che gli Stati siano sovrani nella loro
volontà entro i confini dei propri territori. Poi, come i singoli esseri umani, anche fra le collettività
statali vi possono essere accordi di volontà, ed allora si avrà una sorta di contratto fra Stati, che si
suole in genere chiamare trattato o convenzione. Spesso s’associano tra loro per accordarsi sulla
gestione di singole materie e più in genere delle loro relazioni politiche, e queste associazioni fra
Stati si chiamano organizzazioni internazionali. Quando l’associazione fra Stati si risolve in
un’alleanza
con scopi stabiliti nell’atto di fondazione ed istituzioni comuni stabili con esso istituite,
allora prendono il nome di confederazione. Quando, poi, gli Stati trasferiscano competenze alla
gestione diretta delle istituzioni comuni queste si dicono non più organizzazioni internazionali,
cioè fra Stati rappresentativi delle rispettive Nazioni, ma istituzioni supernazionali, cioè in grado
d’esercitare competenze integrate ad un livello superiore rispetto a quello nazionale. Se, poi, a
queste istituzioni comuni vengano attribuite competenze di sovranità politica generale, come in
politica estera, di difesa, economico monetaria, allora si chiamano federazioni.
Per concludere, la pace tra gli individui e fra gli Stati richiede il rispetto delle rispettive sfere
di volontà e l’accordo delle volontà per scopi comuni. Invece la violazione di ciò provoca tra i
cittadini d’uno Stato gli illeciti civili ed i delitti, fra gli Stati gl’illeciti internazionali e le guerre.
Volontà individuale e Volontà collettiva
Il nostro pensiero, deve essere espresso dalla nostra volontà per farsi azione e determinare,
quindi, fatti e realtà. È la volontà che traduce il pensiero in azione, l’ideale in reale. Questo è
quanto si produce nella vita individuale, ma la realtà sociale è determinata dalla traduzione di
ideali condivisi da più individui in volontà collettività. Il pensiero d’ognuno di noi può essere
condiviso da altri, e così una forma di pensiero prodotta da un individuo, quando manifesta ideali
condivisi, può essere sostenuta da più soggetti, aggregati da quella forma pensiero, che può
tradursi in volontà e realtà sociale.
Carlo Cattaneo, ch’ebbe parte nelle cinque giornate di Milano ed in molti successivi episodi
del Risorgimento d’Italia, ritenne per questo che le scienze sociali fossero, per tanta parte, «psicologia
della menti associate», interpretazione sociale dello sviluppo dell’individuo, che appunto
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
mette in società, per così dire, le forme del suo pensiero per determinare i fatti sociali, come
prodotto d’una ideale individualità collettiva. All’attività spirituale del pensiero, però, spesso, nel
determinarsi della volontà, prendono parte i sentimenti ed anche i risentimenti, le passioni e le
emozioni, le tendenze e le inclinazioni dell’anima umana. Quante volte nel determinarci in una
volontà possono avere una parte l’affetto per i genitori ed i parenti, le gelosie che si provano verso
altri, l’amicizia per gli amici, l’avversione per qualcuno che non ci sta proprio simpatico, la passione
per la squadra del cuore, un amore. Oltre agli ideali intuiti dallo spirito ed agli affetti e passioni
della nostra anima, si può essere condizionati, nel determinarci nella volontà, dalle esigenze ed
appetiti del nostro corpo. Ad esempio, l’attivismo o la pigrizia determinata da condizioni fisiche
non padroneggiate dalla nostra anima e dal nostro spirito con la forza sufficiente che dovremmo
saper darci. Ricordiamo sempre che virtù è espressione latineggiante per significare forza, forza
d’animo e forza di spirito, quindi forza morale e forza etica. Quando questa forza viene meno, si
riduce anche l’ampiezza della libertà individuale e collettiva. Se non abbiamo la forza di dominare
le nostre passioni, finiamo coll’esserne dominati, se non comandiamo al nostro corpo ne diventiamo
alla fine servi. Si soggiace, in questi casi, molto spesso ad un inganno: si scambiano le passioni
alle quali si soggiace, gli appetiti dei quali s’è servi, per la nostra volontà, ma in questo caso non si
tratta di vera volontà, ma solo d’acquiescenza passiva. Ad esempio, si vorrebbe andare con amici
ad una bella e salutare escursione in montagna, ma il corpo e pigro e così si dice loro che non si
vuole fare una levataccia alle sei di mattina d’una giornata di festa. In realtà lo si vorrebbe, ma s’è
servi di quella pigrizia. Così si scambia per volontà la mancanza di forza di volontà. Questo si manifesta
spesso nelle volontà collettive per un chiaro motivo: le inclinazioni spirituali sono un fatto
individuale, mente le passioni e le emozioni, i bisogni del corpo sono comuni alla parte animale
e materiale di ogni essere umano, e quindi si ritrovano in tutti gli individui d’una collettività. È
questo il motivo per il quale, spesso, anche un alto ideale si trasforma in volontà collettiva frammischiandosi
con passioni ed appetiti vari. Ad esempio, una tendenza spirituale a trascendere la
nostra vita materiale ed emozionale in un’ascesi verso un trascendente, se occasionalmente si mischia
con l’emotività collettiva scatenata dal carisma d’un predicatore può manifestarsi nel gruppo
in forme di fanatismo religioso; oppure l’alto ideale civile d’una Nazione che voglia conquistare
sempre più alte vette nell’incivilimento, può frammischiarsi con bassi interessi d’accaparramento
di risorse d’altri popoli e giustificarle con un’ideologia di diffusione delle forme più progredite
di civiltà a popolazioni arretrate. In questo caso, quella moltitudine riterrà di seguire una propria
volontà collettiva, mentre invece sarà preda di fanatismo fondamentalista o d’aggressività politica
che non riesce a dominare. Invece, col dominio su sé, si può far emergere la vera volontà generale
d’un popolo che, nel caso degli esempi che si sono fatti, è quella d’una elevazione a più alti ideali
dello spirito o di operosa azione volta al bene ed al progresso della Nazione e dell’umanità.
La vera volontà generale è la forza del popolo, in espressione greca democrazia, mente
quando un popolo si fa condurre da chi, così, lo sottomette, allora con espressione greca si dice
demagogia. La prima è libertà politica, la seconda asservimento collettivo ad una tirannide, costruita
con adunate oceaniche di gente per costruire una condizione di scatenamento collettivo
d’appetiti, emozioni, bassi sentimenti e sottometterla. Talora queste situazioni si scatenano quasi
spontaneamente, si veda l’atteggiamento di molte tifoserie fanatizzatesi tra loro negli stadi.
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
l’ordine liberale, cioè il sistema di garanzie dei diritti fondamentali dell’essere umano, che non
possono essere tolte neppure dalla maggioranza.
Questi sono gli Immortali Principi, i Diritti dell’uomo e del cittadino con le sue libertà
fondamentali.
Nelle Costituzioni democratiche e liberali, quindi, questi diritti di libertà non possono
essere abrogati neppure dalla maggioranza democratica, e vanno garantiti soprattutto a chi si
trova in minoranza. La tutela delle minoranze, in una società, è la migliore garanzia della libertà di
tutti e del progresso intellettuale, scientifico e civile d’una società. Infatti ogni essere umano, nato
ed acculturatosi in una Nazione, subisce l’inevitabile influenza delle opinioni più consuete, che
si cristallizzano spesso in pre-giudizi, cioè giudizi dati prima d’un ragionevole esame della situazione.
Questo è del tutto naturale. Ciascuno di noi, per vivere, ha bisogno di punti di riferimento
senza dovere ogni volta, per forza, rimettere tutto in discussione. Quindi, è del pari del tutto
naturale che chi, magari perché compì studi innovativi, o per un’intuizione particolare, revoca in
dubbio idee o sistemi di pensiero generalmente condivisi in una certa cultura, si trovi almeno da
principio in minoranza. Come osservò già John Stuart Mill nel milleottocento, se la maggioranza
potesse esprimersi, vieterebbe il più delle volte quei pensieri stravaganti, scomodi, che mettono
in discussione quello che in genere tutti pensano. Ma quelle idee o quei sistemi di pensiero
eccentrici si potrebbero poi rilevare, come è accaduto molto spesso nella storia, ad un più approfondito
esame critico od alla luce della loro sperimentazione nella realtà, migliori di quello che la
maggioranza ritenga. Quindi la protezione delle minoranze dalla volontà generale espressa dalla
maggioranza, con metodo democratico, è indispensabile non solo a tutelare la libertà dei singoli
esseri umani, ma anche a garantire un effettivo progresso sulla via dell’incivilimento dell’umanità.
Libertà degli antichi e Libertà dei moderni
Benjamin Constant de Rebecque, nato a Losanna da famiglia rifugiatasi in Svizzera durante
la fase del terrore della rivoluzione francese, fu un acuto scrittore e pensatore politico. Militante
per il partito liberale nella Francia di Napoleone e poi della restaurazione, occupò importanti posizioni
politiche e fu legato da profonda amicizia con Madame de Staël, la grande divulgatrice del
movimento romantico del milleottocento, della cui relazione rese conto in un delicato romanzo
psicologico: Adolphe. A Benjamin Constant de Rebecque tutti noi dobbiamo, nella descrizione
storica della libertà dell’uomo in società, la chiara distinzione fra la libertà degli antichi e la
libertà dei moderni.
Come sappiamo, gli antichi vissero soprattutto in Stati di città, dove i cittadini furono totalmente
immersi nella comunità, partecipando direttamente alla vita pubblica, col votare direttamente
le leggi e spesso i provvedimenti di governo e ricoprendo incarichi. Coloro che godettero
pienamente del diritto di cittadinanza furono pochi, sollevati nei lavori materiali dagli schiavi,
e quindi con tutto il tempo per radunarsi in piazza per deliberare. Fu così ad Atene ma anche a
Roma, compreso allorché cessò d’essere uno Stato di città in quanto, con l’estensione della cittadinanza
agli italici e poi a tutti gli uomini liberi nell’Impero, divenne la Capitale d’un immenso
territorio. Infatti, fra il sistema coloniale e municipale a cui tutti parteciparono, il ruolo nelle vita
pubblica delle genti, vasti raggruppamenti di famiglie tra loro imparentate, e una carriera politica
Libertà e Diritti altrui________________________________________________________________________________
onorifica ben prestabilita, con un gioco di ruolo bene articolato, rese possibile una vita comunitaria
strettissima pur in quella parte così larga della superficie terrestre. Invece nell’epoca moderna,
in cui non esistono per fortuna più schiavi e tutti sono liberi, ognuno deve vivere per lavorare
ed ha poco tempo per la vita comunitaria. Per questo può partecipare alla vita pubblica solo per
delega, rilasciata a deputati, cioè delegati, che elegge alle camere rappresentative dei Parlamenti.
Di contro, però, mentre il cittadino antico fu così immerso nella comunità civica da non poter
avere una sua vera e propria vita privata, in quanto ogni suo atto, atteggiamento o scelta ebbe una
dimensione pubblica, l’essere umano moderno e contemporaneo ha una estesissima vita privata:
la vita familiare, quella con gli amici, il lavoro, che un tempo ebbero un ruolo comunitario, oggi
sono fatti privati.
L’uomo è meno partecipe alla comunità, ma assai più libero in società, non è strettamente
controllato in ogni sua mossa dai consorti, può mantenere una certa riservatezza sulla vita privata,
che con termine inglese diciamo spesso privacy, in quanto è in Gran Bretagna ch’essa è stata vista
per la prima volta come un diritto fondamentale d’ogni essere umano, dimensione essenziale
ed assolutamente irrinunciabile della propria libertà personale. Questo iniziò a manifestarsi con
grande chiarezza proprio all’epoca in cui Benjamin Constant de Rebecque scrisse. Infatti, in allora,
la rivoluzione industriale, cioè l’applicazione alla produzione di beni e servizi delle macchine inventate
come applicazione tecnica delle scoperte teoriche della rivoluzione scientifica, ha portato
ad un’enorme sviluppo della divisione del lavoro, e quindi approfondito il distacco fra vita privata,
nella quale nella dimensione moderna rientra la scelta del lavoro, e vita pubblica.
Oggi, tuttavia, la diffusione dei mezzi di comunicazione sociale, dell’informatica e della telematica,
ha portato di nuovo l’essere umano ad essere immerso in un’inestricabile sviluppo ed
avviluppo di relazioni comunicative, con una continua ingerenza altrui nella sfera della propria
vita privata, ma spesso senza la più pallida ombra di quella compartecipazione comunitaria che
nella grande antica «famiglia civica» costituì la contropartita affettiva a quella pressante ingerenza.
Pressante ingerenza che, nel caso d’un Socrate, arrivò anche a togliere la vita ad un membro della
comunità che risultò estravagante, ma che si legò ad un sentimento comunitario così «caldo»
che proprio un Socrate preferì sottostare alla sentenza di morte che fuggire, auto espellersi dalla
comunità e vivere di vita tra anonimi, come un pesce fuor d’acqua. Oggi che questa contropartita
non v’è, il diritto alla riservatezza nella vita privata è realmente fondamentale ed imprescindibile,
in quanto è uno dei cardini della libertà dell’uomo moderno in società, che controbilancia con la
propria libertà privata l’allentarsi della libertà pubblica in una dimensione estremamente mediata,
non più vissuta come giornaliera partecipazione al collettivo, ma come periodica elezione di rappresentanti
in propria vece.
Diritto alla partecipazione e Dovere civico di partecipare
S’è detto che la democrazia, sia antica che moderna, si concreta nel diritto del cittadino a
partecipare, nell’antica direttamente alle deliberazioni legislative, alla scelta dei governanti ed ai
pubblici uffici, nella moderna alle elezioni di propri deputati a fare le leggi e controllare i governi,
e qualche volta, nelle repubbliche presidenziali, ad eleggere il Capo dello Stato. Questa parteci-
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
pazione concreta la libertà politica, ed è quanto qualifica l’essere umano come cittadino, di tal
ché egli gode dei diritti dell’uomo, quelli che ad egli spettano in quanto essere umano, ma anche
dei diritti del cittadino, quelli di cui egli gode in quanto partecipe della cittadinanza, la quale
verrà concretamente esercitata a partire dal compimento della maggiore età, ma che comporta
il godimento d’altri diritti del cittadino sin dalla nascita. Alcuni autori, soprattutto anglosassoni,
chiamano la partecipazione alla cittadinanza libertà civile, e quelli goduti dall’essere umano in
quanto tale libertà individuale.
Le due dimensioni, coniugate assieme, formano i due aspetti della libertà in quanto tale. A
Roma, sull’Altare della Patria degli Italiani, altrimenti detto vittoriano, cioè monumento a Vittorio
Emanuele ii di Savoia che primo, dopo tredici secoli, unificò tutta la penisola italiana e le isole in
un solo Stato, vi sono, a chiudere il colonnato che incorona la costruzione, due timpani, nei cui
architravi sono incise due scritte latine che significano, rispettivamente, Libertà dei Cittadino (Civivm
Libertati), ed Unità della Patria (Patriæ Vnitati), in quanto è il godere delle medesime libertà
civili da parte di tutti gli italiani, su tutto il territorio nazionale ed anche residenti all’estero, che fa
unita la Patria in un solo Stato, del quale gli stessi sono tutti cittadini. Adesso possiamo dire, col
sociologo tedesco Ulrich Beck, che gli Italiani sono tutti figli della libertà, in quanto ne godono
da diverse generazioni, ma prima del 1861, anno della compiuta riunificazione di gran parte della
penisola e delle isole, del 1870 anno della liberazione di Roma Capitale, del 1866 allorché ebbe
di nuovo la sua libertà Venezia, e del 1918 quando vennero liberate Trento e Trieste, gli Italiani
non solo furono divisi per tredici secoli, dalla cessazione dell’Impero romano sull’Occidente fino
ad allora, ma furono per lo più sudditi di Stati dispotici, cioè che non riconobbero a nessuno la
libertà civile di partecipazione allo Stato.
La partecipazione democratica, quindi, è stata una grande conquista, per la quale molte generazioni
impegnarono la loro vita, fino a perderla, nei casi di molti patrioti. Anche per questo, e
per fare memoria di tale sacrificio, usare, poi, di questa partecipazione, combattere per la Patria
se fossimo chiamati a difenderla, andare a votare quando siamo convocati alle urne, militare per
il partito che sentiamo più prossimo al nostro sistema d’idee, partecipare alla difesa e promozione
degli interessi della categoria di produttori alla quale diamo il tempo e le energie del nostro
lavoro, è un fondamentale ed assolutamente inderogabile dovere d’un cittadino che voglia essere
degno di questo titolo, massimo segno di nobiltà civile, che ci fa essere eguali nella Nazione, e tra
i popoli affratellati nell’Unione europea, nel Consiglio d’Europa e nelle Nazioni Unite, anche se
tra queste ultime non tutte le Nazioni sono libere nella stessa misura e, quindi, dobbiamo batterci
anche per loro, ad iniziare col partecipare delle libertà democratiche di cui godiamo. Dobbiamo
farlo assolutamente, anche perché il proverbio popolare: «l’assente ha sempre torto», ha un ben
comprovato fondamento. Infatti è la partecipazione che fa la demo-crazia, cioè, con antica espressione
greca, la forza del popolo, senza la quale la libertà civile non può essere realmente difesa.
Infatti la libertà civile può sempre decadere innanzitutto, di fatto, per desuetudine, se per pigrizia,
per ignavia, per menefreghismo, i cittadini non la usano. Allora, lo si ripete, quei pochi che ne
hanno consapevolezza e la usano possono, prima o poi, con una sanzione giuridica o per via di
fatto, fare una serrata, rinserrarsi tra loro per godere in esclusiva della partecipazione alle cariche
dello Stato ed a fare le leggi, come infatti accadde nella Serenissima Repubblica di Venezia. Ciò
succede quando i cittadini non partecipano alla democrazia come avrebbero diritto, si chiamano
Libertà e Diritti altrui________________________________________________________________________________
fuori. Insomma, col nostro sistema d’idee individuali abbiamo diritto ad essere diversi, e quindi
a riconoscerci in partiti differenti; per le nostre inclinazioni fisiche ed intellettuali concorriamo a
produrre la ricchezza nazionale in categorie di lavoro diverse, ma come cittadini dobbiamo essere
militanti per la Patria comune. Questo significa essere patrioti, il titolo più bello del quale si possa
fregiare un cittadino.
Inderogabilità dei Diritti dell’Uomo
Derogàre è parola latina, composta dalla particella de, per indicare rimozione, cessazione, e
da rogare, che vuol dire decretare una norma, un principio. Quindi derogare vuol dire togliere
vigore od effetto, in certi casi e o per certe ragioni speciali, ad una norma e o ad un principio, facoltà
d’operare contrariamente a quei precetti. Inderogabile vuol dire, quindi, al contrario, che a
quelle norme o principi non si può, in nessun modo e mai, venir meno. Perciò i Diritti dell’Uomo
sono assolutamente inderogabili, in quanto essi non possono mai perdere di vigore o d’effetto,
in nessun caso e per nessuna speciale ragione; che proprio nessuno, privato o pubblica autorità,
può legittimamente, senza commettere un’imperdonabile abuso, operare in contrasto col rispetto
dei precetti sanciti come Diritti dell’Uomo. Ciò poiché si tratta d’Immortali Principi sempre e
comunque validi ed efficaci, in quanto legati alla natura stessa dell’essere umano, il quale, tutte
le volte che vi viene meno degrada in dignità, cioè non si rivela avere la forza d’esser degno del
posto che riveste fra gli esseri e le energie che si manifestano nella natura del mondo. E quando
qualcuno cercasse di sottrarci i nostri diritti fondamentali di libertà allora noi saremo degni del
posto che occupiamo nel cosmo solo se sapremo impedirglielo con: la consapevolezza dei nostri
diritti, della nostra dignità, della nostra natura d’esseri umani; l’intelligenza di contrastare l’azione
usurpatrice coi lumi della nostra ragione e la chiarezza del nostro intuito; la forza d’animo
indispensabile a resistere alle minacce, alle lusinghe, alle pressioni per farci abdicare alla nostra
libertà; la forza e la capacità fisiche per sopportare gli atti di violenza coi quali si cercasse di farci
cedere. Solo allora avremmo la certezza di essere ben riusciti come esseri umani. Altrimenti, non
potremo lamentarci di nulla, in quanto avremmo perso solo ciò che non c’apparteneva, che non
avevamo titolo per godere, che, in definitiva, fu cosa per altri e non per noi.
Questo, purtroppo, nella storia delle umane vicende si verifica non di rado, tutte le volte in
cui gli esseri umani cadono sotto il dispotismo d’uno od alcuni loro simili i quali, sempre, approfittano
delle carenze di spirito, dell’anima e d’energia fisica e morale degli altri. L’essere umano,
ben inteso, non è un dio «perfetto», ma non solo può ma deve darsi da fare per essere ciò che vuole,
seguendo la sua volontà. Deve amarsi un po’, avere per legge un poco d’amore di sé, sotto il
dominio della volontà. Altra questione, però, è qui da porsi: cosa vuole dire quanto s’è scritto sulla
storicità del modo di porsi dei Diritti dell’Uomo, ad esempio sulla distinzione fra la Libertà degli
antichi e la Libertà dei moderni. Come è possibile, dal momento che quei Diritti sono Immortali
Principi di natura dell’essere umano, ch’essi siano anche legati al progresso nell’incivilimento?
Come le altre leggi di natura, anche quelle che presiedono ai sentimenti dell’anima ed alle facoltà
dello spirito vengono scoperte, rinvenute man mano che l’uomo progredisce nella conoscenza, e
per interi periodi storici possono essere state ignorate o non ben conosciute. Questa ignoranza è
_______________________________________________________________________________ Libertà e Diritti altrui
sempre foriera d’errori. Si può fare un esempio coi principi d’una sana alimentazione. Per secoli
gli esseri umani sono vissuti o senza conoscerli o con falsi principi, ad esempio convinti che il
grasso della carne arricchisse il nutrimento ed il vino facesse «buon sangue», fosse datore d’energia.
Così, per secoli gli esseri umani sono invecchiati male per una sovrapproduzione d’acidi urici
e, quindi, tra atroci dolori della gotta, e bambini e ragazzi hanno avuto il fegato rovinato per una
troppo precoce assunzione d’alcole. Allo stesso modo, per secoli esseri umani ben intenzionati
si sono dati un gran daffare, in santa buona fede, per salvare l’anima ad intere popolazioni, convinti
che per farlo convenisse imporre loro la Verità colla forza, e quindi buttare al rogo tutti quei
perfidi esseri umani che attentassero alla salvezza dell’anima altrui dicendo eresie. Non vennero
minimamente sfiorati dal dubbio che una scelta spirituale acquistasse un minimo senso etico, cioè
fosse un merito, solo se liberamente determinatasi, e quindi avesse più valore per lo Spirito il
Libero Pensiero che la Verità in sé.
L’essere umano, inoltre, s’affeziona alle abitudini anche se sono insane: quanti non seguono
affatto l’indicazione d’un nutrizionista ma preferiscono il grasso del cotechino bollito e finiscono
quella cena con una grappa di elevata gradazione, e poi fanno diventar matti i familiari per una
precoce arteriosclerosi, e corrono ad operarsi di cirrosi epatica? Allo stesso modo, molti preferiscono
le certezze date dal fanatismo fondamentalista, alla difficile ricerca personale della verità.
Dio si presenta ad un uomo, in un dialogo di Lessing, con nelle due mani nell’una la Verità, nell’altra
la sua ricerca. Chi scrive è con quello che nel dialogo scelse la ricerca, ma v’è chi sceglie ogni
giorno la Verità preconfezionata, tra questi anche coloro i quali pensano che i Diritti dell’Uomo
siano derogabili per combattere il terrorismo di gruppi di fondamentalisti religiosi. Che senso
logico ha derogare ai Diritti dell’Uomo per difenderli?