Il D.lgs 231/07 contro il riciclaggio Impatti sulle persone - MOTI

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Il D.lgs 231/07 contro il riciclaggio Impatti sulle persone - MOTI
Il D.lgs 231/07 contro il riciclaggio
Impatti sulle persone giuridiche
1. INTRODUZIONE AL D.LGS 231/07
Il decreto legislativo 21 novembre 2007 n. 231 ha attuato la direttiva 2005/60/CE per la prevenzione dell’utilizzo del
sistema finanziario internazionale a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del
terrorismo. Lo stesso decreto ha recepito anche i contenuti della direttiva 2006/70/CE contenente le misure di
esecuzione.
Da alcune settimane gli effetti di questo decreto sono diventati evidenti per tutti i cittadini viste le novità che, dal 30
aprile ultimo scorso, tutte le banche hanno comunicato ai propri clienti, relativamente all'emissione di assegni
trasferibili o di importo superiore ai € 5.000. L'articolo 63 del decreto ha però introdotto delle modifiche alle
disposizioni normative vigenti che hanno impatto non solo sui comuni cittadini ma anche sulle persone giuridiche e,
anche su altri soggetti quali società e associazioni anche prive di personalità giuridica, con l'esclusione dello Stato,
degli enti pubblici territoriali, degli altri enti pubblici non economici nonché di enti che svolgono funzioni di rilievo
costituzionale.
Il comma 3 del suddetto articolo (riportato a seguire) ha infatti inserito nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
231, l'articolo 25-octies relativo ai reati di “ricettazione, riciclaggio e l'impiego di denaro, beni o utilità di
provenienza illecita” (artt. 648, 648-bis e 648-ter del codice penale).
L'introduzione dell'articolo 25-octies implica, per le persone giuridiche e per quelle società e associazioni indicate
nell'articolo 1 del decreto legislativo 231/01, il rischio di sanzioni pecuniarie tra 200 e 1000 quote e sanzioni
interdittive fino a due anni. Il comma in questione è citato a seguire:
Nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo l'articolo 25-septies e' inserito il seguente:
“Art. 25-octies (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita). - 1. In relazione ai reati di cui agli
articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il
denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale e' stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque
anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote.”
In conseguenza dell'introduzione dell'articolo 25-octies, tutti i destinatari degli obblighi contenuti nel decreto
legislativo 231/07, se rientranti nei soggetti previsti all'articolo 1 del decreto legislativo 231/01 e sopra richiamati,
dovrebbero adeguare il proprio modello organizzativo indicato nell'articolo 7 del decreto legislativo 231/01.
I destinatari del decreto antiriciclaggio sono classificati in quattro categorie generali:
o Intermediari finanziari (articolo 11)
o Professionisti (articolo 12)
o Revisori contabili (articolo 13)
o Altri soggetti (articolo 14)
1.1. INTERMEDIARI FINANZIARI
L'articolo 11 enumera quali soggetti o attività formano la categoria identificata come "intermediari finanziari" e
definisce le specifiche modalità di comportamento e le procedure che devono essere eseguite per rispettare gli
obblighi previsti dal decreto.
Art. 11.
Intermediari finanziari e altri soggetti esercenti attività finanziaria
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1. Ai fini del presente decreto per intermediari finanziari si intendono:
a) le banche;
b) Poste italiane S.p.A.;
c) gli istituti di moneta elettronica;
d) le società di intermediazione mobiliare (SIM);
e) le società di gestione del risparmio (SGR);
f) le società di investimento a capitale variabile (SICAV);
g) le imprese di assicurazione che operano in Italia nei rami di cui all'articolo 2, comma 1, del CAP;
h) gli agenti di cambio;
i) le società che svolgono il servizio di riscossione dei tributi;
l) gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del TUB;
m) gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale previsto dall'articolo 106 del TUB;
n) le succursali italiane dei soggetti indicati alle lettere precedenti aventi sede in uno Stato estero nonché le
succursali italiane delle società di gestione del risparmio armonizzate e delle imprese di investimento;
o) Cassa depositi e prestiti S.p.A.
2. Rientrano tra gli intermediari finanziari altresì:
a) le società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966;
b) i soggetti operanti nel settore finanziario iscritti nelle sezioni dell'elenco generale previste dall'articolo 155,
comma 4, del TUB;
c) i soggetti operanti nel settore finanziario iscritti nelle sezioni dell'elenco generale previste dall'articolo 155, comma
5, del TUB;
d) le succursali italiane dei soggetti indicati alle lettere a) e c) aventi sede all'estero.
3. Ai fini del presente decreto, per altri soggetti esercenti attività finanziaria si intendono:
a) i promotori finanziari iscritti nell'albo previsto dall'articolo 31 del TUF;
b) gli intermediari assicurativi di cui all'articolo 109, comma 2, lettere a) e b) del CAP che operano nei rami di cui al
comma 1, lettera g);
c) i mediatori creditizi iscritti nell'albo previsto dall'articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108;
d) gli agenti in attività finanziaria iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 25 settembre 1999,
n. 374.
4. I soggetti di cui al comma 1, lettera n), e comma 2, lettera d), osservano gli obblighi di adeguata verifica della
clientela e di conservazione anche attraverso misure e procedure equivalenti a quelle stabilite dal presente decreto,
fermo restando quanto previsto dall'articolo 5 del Codice in materia di protezione dei dati personali.
Qualora la legislazione del Paese terzo non consenta l'applicazione di misure equivalenti, gli intermediari finanziari
sono tenuti a darne notizia all'autorità di vigilanza di settore.
5. I soggetti esercenti attività finanziaria di cui al comma 3, adempiono agli obblighi di registrazione con la
comunicazione di cui all'articolo 36, comma 4.
6. Le linee di condotta e le procedure applicate in materia degli obblighi stabiliti dal presente decreto dagli
intermediari finanziari a succursali e filiali controllate a maggioranza situate in Paesi terzi, sono comunicate
all'autorità di vigilanza di settore.
1.2. PROFESSIONISTI
L'articolo 12, al pari del precedente, elenca quali soggetti o attività possano essere inclusi nella classe identificata
come "professionisti" e specifica delle peculiarità relative agli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette. Da
questa categoria sono stati esclusi i revisori contabili a cui è stato dedicato un articolo specifico, il 13.
Art. 12.
Professionisti
1. Ai fini del presente decreto per professionisti si intendono:
a) i soggetti iscritti nell'albo dei ragionieri e periti commerciali, nell'albo dei dottori commercialisti e nell'albo dei
consulenti del lavoro;
b) ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgono in maniera
professionale attività in materia di contabilità e tributi;
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c) i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura
finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni
riguardanti:
1) il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche;
2) la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;
3) l'apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;
4) l'organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all'amministrazione di società;
5) la costituzione, la gestione o l'amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi;
d) i prestatori di servizi relativi a società e trust ad esclusione dei soggetti indicati dalle lettere a), b) e c).
2. L'obbligo di segnalazione di operazioni sospette di cui all'articolo 41 non si applica ai soggetti indicati nelle
lettere a), b) e c) del comma 1 per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo
stesso, nel corso dell'esame della posizione giuridica del loro cliente o dell'espletamento dei compiti di difesa o di
rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la
consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute
prima, durante o dopo il procedimento stesso.
3. Gli obblighi di cui al Titolo II, Capo I e II, non si osservano in relazione allo svolgimento della mera attività di
redazione e/o di trasmissione della dichiarazione dei redditi e degli adempimenti in materia di amministrazione del
personale di cui all'articolo 2, primo comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12.
1.3. REVISORI CONTABILI
Rispetto alla disciplina previgente, che le includeva nei professionisti, il decreto introduce una norma ad hoc che
qualifica come destinatari degli obblighi sia le società di revisione vigilate dalla Consob, sia le persone fisiche iscritte
nell'apposito registro.
Per i revisori contabili valgono gli obblighi indicati nell'articolo 12 comma 2.
Art. 13.
Revisori contabili
1. Ai fini del presente decreto per revisori contabili si intendono:
a) le società di revisione iscritte nell'albo speciale previsto dall'articolo 161 del TUF;
b) i soggetti iscritti nel registro dei revisori contabili.
2. I soggetti indicati nel comma 1 osservano le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2.
1.4. ALTRI SOGGETTI
L'articolo 14 riunisce una serie di destinatari eterogenei tra i quali: recupero crediti conto terzi; gestione di case da
gioco; agenzie di affari in mediazione immobiliare.
Art. 14.
Altri soggetti
1. Ai fini del presente decreto per «altri soggetti» si intendono gli operatori che svolgono le attività di seguito
elencate, il cui esercizio resta subordinato al possesso delle licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero
alla preventiva dichiarazione di inizio attività specificatamente richieste dalla norme a fianco di esse riportate:
a) recupero di crediti per conto terzi, in presenza della licenza di cui all'articolo 115 del TULPS;
b) custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate, in presenza della
licenza di cui all'articolo 134 del TULPS;
c) trasporto di denaro contante, titoli o valori senza l'impiego di guardie particolari giurate, in presenza
dell'iscrizione nell'albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi, di
cui alla legge 6 giugno 1974, n. 298;
d) gestione di case da gioco, in presenza delle autorizzazioni concesse dalle leggi in vigore, nonché al requisito di cui
all'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27
febbraio 1998, n. 30;
e) offerta, attraverso la rete internet e altre reti telematiche o di telecomunicazione, di giochi, scommesse o concorsi
pronostici con vincite in denaro, in presenza delle autorizzazioni concesse dal Ministero dell'economia e delle finanze
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- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 539, della legge 23 dicembre
2005, n. 266;
f) agenzia di affari in mediazione immobiliare, in presenza dell'iscrizione nell'apposita sezione del ruolo istituito
presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi della legge 3 febbraio 1989, n. 39.
2. EFFETTI DELLA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO SULLE PERSONE GIURIDICHE
L'emanazione del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una
novità significativa: la possibile configurazione della responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle
associazioni per illeciti amministrativi dipendenti da reato, comportando, come conseguenza, l'insorgere di una
responsabilità diretta per gli enti a fronte di comportamenti illeciti di persone che agiscono per loro conto.
Una persona giuridica, ad esempio, può quindi trovarsi attribuita la responsabilità di reati commessi da individui
con funzioni amministrative o direttive di una sua unità organizzativa. Un ente può essere indicato come
responsabile di un illecito penale anche nel caso che questo sia stato commesso non dagli individui suddetti ma da
altri da loro diretti o vigilati.
Aspetto essenziale di tale responsabilità è che la condotta illecita sia avvenuta al vantaggio o nell'interesse esclusivo
dell'ente stesso. Questi, di conseguenza, sarà chiamato a rispondere solo in tal caso se le persone che ricoprono
funzioni direzionali, amministrative o gestionali, abbiano commesso dei reati tra quelli di pertinenza, risultando
esonerato da ogni responsabilità nel caso in cui essi abbiano, al contrario, agito nel proprio esclusivo interesse (o di
terzi). Ciò nonostante, interpretando in maniera restrittiva l'articolo 5 comma 2 e l'articolo 12 comma 1 del decreto
legislativo 231/2001 si può determinare che l'ente possa essere imputato anche parzialmente di responsabilità
qualora la persona giuridica abbia tratto un seppur minimo vantaggio dal reato commesso.
Da un punto di vista meno soggettivo, la legge definisce quali reati possono essere ricondotti alla responsabilità
dell'ente. Tali reati sono principalmente di impatto economico e commerciale ma si stanno rapidamente
estendendo anche ad altri tipi di delitti.
Se il reato, supposto rientrare tra quelli previsti dal Dlgs 231/01, è stato commesso da persone "apicali", l'ente ha la
possibilità di escludere la propria responsabilità se, come indicato nell'articolo 6, riesce a dimostrare che
l'organismo dirigente abbia adottato un modello organizzativo e gestionale adeguato al prevenire l'esecuzione del
reato in questione. In parole povere, la commissione del reato non può essere imputato all'ente se questo si è dotato
di un apposito modello organizzativo che prevedesse un organismo di vigilanza con poteri autonomi di iniziativa e
controllo per cui il regno ha potuto commettere l'illecito penale soltanto eludendo in maniera fraudolenta tale
organizzazione.
Relativamente agli aspetti di riciclaggio, la direttiva 2005/60/CE, ossia la direttiva recepita mediante il Dlgs 231/07,
si pone come obiettivo la lotta ad attività criminose e terroristiche colpendone una delle modalità di finanziamento.
Il riferimento all'articolo 648-bis del codice penale deve essere integrato, nel definire il reato di riciclaggio, anche
dalla considerazione, emersa in Cassazione, che in esso vanno incluse anche tutte le operazioni miranti a ostacolare
l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle utilità sospetti. Di conseguenza tutte quelle attività
finalizzate a operare sostituzioni o trasferimenti di proventi di delitto non colposo ovvero a compiere operazioni
aventi per scopo l'ostacolo l'impedimento della corretta identificazione della provenienza delittuosa di mezzi di
pagamento, possono essere classificate come reato di riciclaggio.
In caso di reati relativi agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, l'ente potrà vedersi imputata una
sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote che, nel caso in cui il denaro, i beni o le utilità provenissero da un delitto
per cui è prevista una pena di reclusione superiore nel massimo a cinque anni, la sanzione sarebbe calcolata da 400
a 1000 quote.
Da non trascurare sono anche le sanzioni interdittive prevista dall'articolo nove, comma due, del decreto legislativo
231/2001 che comportano il rischio di interdizione dall'esercizio dell'attività, sospensione o revoca delle
autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, divieto di contrarre con la pubblica
amministrazione, esclusione da agevolazioni di natura finanziaria, contributi ed eventuale revoca dei
precedentemente concessi, il tutto per una durata non superiore ai due anni.
Il decreto legislativo 231/2007 identifica degli organi specifici deputati all'attività di vigilanza di settore aventi il
compito di comunicare, tempestivamente, alle autorità competenti, atti o fatti "sospetti" dal punto di vista della
normativa antiriciclaggio e di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio delle proprie funzioni. Di conseguenza la
loro attività di controllo consisterà sia nell'adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela sia in
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quelli di organizzazione, registrazione e controllo interno finalizzati alla prevenzione dell'utilizzo di intermediari e di
altri e svolgono attività finanziaria ai fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Altro aspetto rilevante degli
organi deputati all'attività di vigilanza è la segnalazione, senza ritardo, delle infrazioni riscontrate nell'espletare la
propria attività di controllo.
Dal punto di vista del decreto legislativo 231/2001, assume particolare rilevanza l'inosservanza da parte di persone
"apicali” dell'ente o delle persone giuridiche rientranti nell'elencazione degli articoli 10, 11 e 14, dell'obbligo di
segnalazione di operazioni sospette. La normativa si riferisce, in particolare, a operazioni relative a prestazioni in
corso, compiute in precedenza o, più semplicemente, tentate e aventi come "sospetta" finalità il riciclaggio o il
finanziamento del terrorismo.
Gli specifici obblighi di vigilanza imposti dalla normativa vigente agli organi societari chiamano in causa il collegio
sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di gestione e l'organismo di vigilanza ai sensi del decreto legislativo
231/2001 e, più in generale, tutti gli incaricati della funzione di controllo di gestione. Tutti questi soggetti appena
elencati sono investiti dell'obbligo di vigilanza rigorosa sull'adempimento puntuale delle disposizioni contenute nel
testo unico antiriciclaggio.
Un aspetto molto importante relativo al riconoscimento di una responsabilità secondo il decreto legislativo
231/2001 è relativo all'omessa comunicazione al ministero dell'economia delle violazioni delle disposizioni
dell'articolo 49 del testo unico antiriciclaggio (commi 1, 5, 6, 7, 12, 13, 14), tutte relative ai limiti imposti all'utilizzo
di denaro contante e di titoli al portatore.
Anche la tardiva o omessa comunicazione all'unità di informazione finanziaria di infrazioni non armate nell'articolo
36 può comportare la responsabilità dell'ente.
3. CONCLUSIONI
L'introduzione dell'articolo 25-octies nel decreto legislativo 231/2001 e le responsabilità degli organi di controllo di
settore indicati nell'articolo 52 del testo unico antiriciclaggio dovrebbero avere, come effetto primario, l'adozione da
parte di tutti gli enti interessati di strumenti organizzativi, di gestione e controllo in grado di ridurre drasticamente il
rischio di riciclaggio al fine di salvaguardare l'ente stesso dal vedersi attribuire una responsabilità nei confronti
dell'illecito penale specifico. Tale "stratagemma" dovrebbe avere come conseguenza una riduzione significativa del
fenomeno del riciclaggio stesso, vero obiettivo del legislatore.
La mancata adozione di un modello organizzativo di gestione e controllo adeguato (o il suo mancato
aggiornamento) può comportare sanzioni veramente pesanti, non soltanto sul piano pecuniario, quanto anche su
quello interdittivo.
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